INDAGO SUL PRESENTE
On line
p. 84, vol. 2
Il personaggio dell’anno:
Ernesto Olivero
L’uomo che volle il Sermig
 Ernesto Olivero,
il fondatore del Sermig.
Una fraternità di laici che viveva radicalmente il Vangelo
Ernesto ricorda un gruppetto di giovani amici: “Nascevamo il 24 maggio 1964: volevamo combattere la fame ed eliminare le grandi ingiustizie. Conoscevamo alcuni missionari: a uno servivano fondi per i lebbrosi, a un altro un pozzo d’acqua, a un altro ancora una scuola agricola…”.
Cercarono aiuti e racimolarono fondi organizzando mostre, concerti, spettacoli. Ebbero l’incoscienza di invitare gente nota, Adriano Cementano, Al Bano… Ci riuscirono, lavorando molto e
“pregando sodo”. Nei primi dieci anni Ernesto e gli altri scoprirono la “restituzione”.
“Il tempo libero, la professionalità, i beni materiali devono essere considerati patrimonio da
condividere con i meno fortunati”, afferma Ernesto.
Unità 2 La nascita della Chiesa
T. Chiamberlando, Lo specchio dei cieli © SEI 2011
È un uomo non più giovane, dall’aspetto tranquillo ma fermo; un impiegato di banca con moglie
e figli. Sulla porta del suo ufficio, un cartello esorta a “entrare senza bussare”. Dentro, ci sono
pietre sparse qua e là, raccolte ovunque in giro per il mondo: ricordano a Ernesto la creazione.
La presenza di un bastone e di uno zaino ricordano a lui e a chiunque entri la sua disponibilità a
partire in qualsiasi momento “in missione”. Ernesto è stato impiegato di banca; si è sposato, ha
avuto tre figli; avrebbe potuto evitare ulteriori responsabilità. Lui ritiene di essere stato chiamato
da Qualcuno… a esagerare.
Il Sermig (Servizio Missionario Giovani) è nato in una metropoli industriale del Nord Italia, a
Torino, presso la Curia vescovile: si tratta di un’esperienza di volontariato cristiano, o meglio di
Vangelo vissuto, forse unica nel suo genere.
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INDAGO SUL PRESENTE
Il Servizio Missionario Giovani divenne una “fraternità di laici” che tentava di vivere radicalmente il Vangelo. Nel 1998 c’era una cinquantina di persone a tempo pieno, circondate da un centinaio di giovani “in formazione” e da altre centinaia di persone pronte a dare una mano.
Un arsenale di pace
L’obiettivo divenne gradualmente quello di sconfiggere la fame e di aiutare i poveri con opere
di giustizia e sviluppo, iniziando dalla metropoli di Torino: “barboni”, anziani soli, prostitute,
immigrati, ex-carcerati…
L’altro obiettivo divenne la formazione, la sensibilizzazione dei giovani perché amassero e costruissero la pace.
Nel 1983 Ernesto ottenne il primo dei
dieci edifici dell’ex-arsenale militare
di Torino, fabbrica di armi diventata,
dopo anni di estenuanti restauri dovuti al lavoro volontario di un grandissimo numero di persone – tecnici, impresari, artigiani e soprattutto
ragazzi – l’“Arsenale della Pace”, una
piccola città nella città, sede di moltissime iniziative. Lì si trova oggi la
sede del Sermig, con l’ingresso in
Piazza Borgo Dora; chi entra viene
accolto da una grande scritta: “La
bontà è disarmante”.
Alcuni ragazzi e ragazze – la prima fu  Il cortile interno dell’Arsenale della Pace a Torino.
Rosanna, decisa a dare la sua vita a
Dio nel Sermig – decisero di pronunciare i voti di povertà, castità e obbedienza… Nacque una nuova comunità monastica all’interno
della Fraternità di laici, sposati e no, che dopo un lungo corso di formazione sceglievano di dedicarsi totalmente agli altri, in unione con Cristo.
Ernesto è un uomo sorprendentemente capace di prendere contatti, di coinvolgere gli altri nei
suoi sogni di giustizia e solidarietà, con la sua caparbia determinazione ad andare avanti comunque, armato di fede e volontà. Migliaia di persone diverse per cultura, religione, professione,
uomini di potere e sconosciuti si sono affiancati alla “Fraternità” negli anni, per sostenerla economicamente e per collaborare praticamente.
La ristrutturazione dell’edificio
Ernesto ricorda: “Coinvolsi i presidenti del Consiglio e della Repubblica, istituzioni locali, autorità civili e militari… scrissi lettere, inviai messaggi, telefonai. Iniziò una catena di preghiera con
migliaia di giovani per trasformare un Arsenale Militare in un Arsenale di Pace. Il primo edificio
era un rudere come tutti gli altri del resto, ma con le sue alte capriate aveva il respiro di una cattedrale: un monastero a cielo aperto.
All’epoca il nostro bilancio annuale era di cinquanta milioni di lire, destinati quasi interamente
al Terzo Mondo e quindi non utilizzabili per altri scopi, ma soprattutto nessuno tra noi aveva
esperienze di ristrutturazioni edilizie. Eppure cominciammo.
Mentre procedeva la ristrutturazione di questo edificio, accoglievamo i giovani che venivano
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La nascita di una comunità
monastica
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da tutta l’Italia per aiutarci a lavorare, la gente che si riuniva a pregare o che veniva a conoscerci, le prime persone allo sbando che
bussavano alla nostra porta. E soprattutto assistevamo al miracolo della Provvidenza che
ogni giorno non finiva di stupirci.
Qualche anno dopo, un secondo capannone
e poi un terzo e un quarto… fino alla superficie attuale di quarantamila metri quadrati,
oggi quasi interamente recuperata per accogliere gli stranieri della nostra città, i giovani
e la gente che cerca uno scopo per vivere, per
offrire lavoro, ospitalità, occasioni di incontro e per continuare a restare aperti ai bisogni
dei più poveri e lontani.
 L’ingresso dell’Arsenale.
Ogni capannone ha richiesto una spesa pari al
primo. Quindi, il Miracolo continua. L’Arsenale è ora un luogo di dialogo tra mondi distanti tra loro,
un luogo che favorisce il continuo scambio tra culture e in questo contesto è spesso visitato da personalità religiose e politiche italiane e straniere, da esponenti del mondo della cultura, dell’economia e della scienza” (da Sermig ‘98, opuscolo divulgativo, contributo di R. Druetto al Sermig, p . 24).
Un luogo di pace profonda
Il Sermig è presente a Torino, Mondovì, Grotta di Castello, Roma e San Paolo del Brasile. Nel
1996 è nato a San Paolo l’“Arsenale della Speranza”: sia il Cardinale Arns che i responsabili politici della città chiesero al Sermig di gestire l’accoglienza degli “uomini di strada” nell’ex casa
della quarantena degli emigranti europei. Oggi, più di duemila persone vi ricevono pasti caldi,
ospitalità notturna, cure sanitarie, avviamento al lavoro…
Oggi, l’Arsenale di Torino è un monastero metropolitano aperto 24 ore su 24: è un luogo di pace
profonda, “pieno di Dio”; in esso si può cercare il silenzio della preghiera, ma è anche un luogo
d’incredibile attività.
Ecco alcune strutture del Sermig:
 Costanza: è un gruppo di ragazzi, ragazze, adulti che desiderano conoscere la Fraternità per
iniziare a farne parte. Seguono un cammino di formazione di almeno cinque anni, personalizzato, per entrare nella spiritualità, nella filosofia, nella manualità del Sermig.
 Assindes Brasile: in Brasile identificano il Sermig con questo nome che significa Associazione
Internazionale per lo Sviluppo. In questo grande Paese sono stati realizzati più di 400 interventi e progetti.
 Centro Come Noi. Organismo di Volontariato: dal 1988 offre accoglienza notturna alle persone – italiane o straniere – che non sanno dove passare la notte. È gestito esclusivamente da
volontari che si alternano ogni notte, tenendola aperta 365 giorni all’anno. Dal 1995 diventa
Associazione “Centro Come Noi”, organismo di volontariato creato all’interno del Sermig per
curare le accoglienze e organizzare i rapporti con il volontariato.
 Nuovo Progetto: è la rivista mensile a cura del Sermig, realizzata fin dal 1978 insieme a
giornalisti, filosofi, scrittori, vescovi, per ricercare e diffondere speranza. Non ha paura delle
novità, ha scelto un linguaggio semplice, per entrare nelle famiglie e contribuire ad affrontare
i difficili problemi di oggi. Non accetta pubblicità ed è realizzata in totale gratuità da tutti gli
amici che vi lavorano.
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Le iniziative del Sermig
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 La Fontana: sono volontari che condividendo la spiritualità e il metodo del Sermig sono
Ernesto ricorda l’inizio: “Nell’ottobre 1987, durante un incontro alla Casa della Speranza in cui si
stava parlando di pace, un marocchino ci fissa negli occhi e ci interpella: ‘Ma voi dove dormite
stanotte?’. Era il periodo in cui uno sfortunato
etiope era stato bruciato a Roma. Quel giovane
del Marocco aspettava una risposta. La nostra
Torino, scopriamo quella sera, dava da dormire
ad una ventina di persone.
Potevamo, davanti a quegli occhi, prendercela
con la Chiesa, con la Giunta Comunale? Che
fare? Noi eravamo già pieni zeppi di persone e
di attività, però non potevamo rimanere estranei a quella domanda. Non avevamo una stanza
disponibile, ce la saremmo inventata; ma aprire un’accoglienza è come aprire un albergo: chi
ti dà il permesso? Il corso della burocrazia, si
sa, è lento, ma agli sprovveduti e agli ingenui la
fantasia non manca. Scrivo una lettera al signor
Prefetto, al signor Sindaco, al signor Questore”  Al Sermig la porta è sempre aperta a tutti coloro che sono
in difficoltà.
(dall’opuscolo Sermig ‘98, pp. 22-23-26).
I volontari, coloro che hanno detto sì
In una “giornata tipo” all’“Arsenale della Pace” si alternano decine di volontari semplicemente
per l’accoglienza, i pasti, le pulizie; dieci persone per volta sono impegnate nel delicato compito
di assistere persone malate o bisognose di conforto particolare; il centro “Come Noi” richiede
la presenza di volontari in più per l’accoglienza notturna; almeno sette persone al giorno preparano indumenti e generi destinati ai Paesi poveri o in situazione di calamità (Ernesto ha organizzato più di 100 missioni umanitarie, in ogni angolo del mondo). Otto tra medici, infermieri e
organizzatori fanno funzionare il Centro medico…
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disponibili e pronti a farsi carico dei problemi delle persone che bussano alla nostra porta.
Accompagnano persone in difficoltà e aiutano persone che vogliono cambiare vita, purché
accettino un metodo, una famiglia, una severità.
 Centro Medico e dentistico: aperto nel novembre 1988 fornisce cure mediche a persone in
difficoltà, soprattutto immigrati. Gestisce più di dodicimila cartelle cliniche. Vi operano medici, specialisti nelle varie branche della medicina, farmacisti, infermieri e volontari per l’accoglienza, per lo smistamento delle medicine, le pulizie. Dal 1988 vi opera un ambulatorio
odontoiatrico e una sezione ove è possibile effettuare esami clinici di base.
 C.I.S. Cooperativa Internazionale per lo Sviluppo e Re.Te. Restituzione Tecnologica: è formato
da un gruppo di ricercatori, tecnici, artigiani, che mettono le loro esperienze, le loro capacità
tecniche e professionali a disposizione del Sermig, per i suoi progetti di sviluppo nel Terzo
Mondo. Individuano e realizzano soluzioni tecnologiche, ricercano risorse materiali per uno
sviluppo globale dell’uomo. Preparano inoltre spedizioni di aiuti di emergenza nei paesi più
poveri.
 Incontro del martedì: sono gli amici e sostenitori che si ritrovano ogni settimana a pregare e
restituire, secondo la spiritualità del Sermig. Sono il nostro tam-tam per le emergenze.
Oltre 500 sono gli amici che si alternano in questo incontro settimanale.
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I volontari sono… coloro che hanno detto
sì.
 Si può dire sì come le decine di anziani
che hanno scoperto al Sermig la ricchezza del tempo di un pensionato. Hanno
fatto di tutto, oltre all’offerta della loro
professionalità, per le tante attività del
Sermig. Soprattutto si sono fatti amare,
per la loro costanza, per la loro umiltà,
per il loro dare una mano camminando
in punta di piedi.
 Dire sì come le mamme-cuoche che ci
assistono quotidianamente, con sapiente semplicità.
 O come le casalinghe che ospitano tem-  Una raccolta alimentare organizzata dai giovani volontari
del Sermig.
poraneamente bambini che hanno bisogno di una casa e del calore di una famiglia, che li portano in vacanza, che si accollano le cure mediche, che li aiutano nei compiti,
che sostengono le loro mamme spesso sole.
 O come i commercianti, dai verdurieri ai panettieri, che spesso ci portano in dono i loro prodotti, così come gli artigiani, dai calzolai ai parrucchieri, che ci offrono gratuitamente il loro
lavoro.
 Dire sì come decine di professionisti e tecnici (ingegneri, architetti, geometri, muratori, falegnami, idraulici, vetrai, fabbri) che donano la loro opera per il Sermig, un lavoro che richiede
una grande disponibilità e pazienza, perché al Sermig i lavori cominciano e si fermano a
seconda dell’afflusso di denaro e dei permessi, entrambi fluttuanti secondo il vento della
Provvidenza. Le stesse imprese di costruzione lavorano o gratuitamente o a prezzo di costo
o sono pagate da amici esterni.
 Dire sì come i medici, che visitano gratuitamente.
Come i dentisti che ci ricevono a tutte le ore senza
protestare.
 Come i farmacisti che offrono le medicine gratis o a
prezzo di costo e che convogliano sul Sermig campioni di medicinali per il valore di decine di miliardi
e la salvezza di centinaia di vite umane.
 O come i consulenti del lavoro, come i notai, come
gli avvocati e gli agenti immobiliari che risolvono tutti i problemi delle varie realtà del Sermig, pagando
perfino i bolli di tasca propria.
 Si può dire sì come i creativi che realizzano gratuitamente per noi tutto ciò che contribuisce a creare
l’immagine del Sermig nel mondo, o come gli specialisti dei media che fanno emergere la realtà vera
del Sermig nel campo della comunicazione, o come
tutti gli uomini e le donne di pensiero che collaborano con noi nelle forme più svariate.
 Dire sì come i malati che offrono la loro sofferenza per
l’opera del Sermig… (dall’opuscolo Sermig ‘98, p. 14).
 Lo smistamento dei vestiti destinati ai poveri.
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I giovani
Ad Ernesto stanno a cuore specialmente i giovani: per loro soprattutto ha lanciato la “Marcia
della Pace” di Capodanno e il “Cenone del digiuno”, con cui si rinuncia al classico “cenone” per
offrire l’equivalente in denaro ai poveri. I ragazzi del Sermig hanno scritto la Carta dei Giovani.
Per la formazione giovanile, il Sermig ha attivato:
 Settimane di formazione per singoli e gruppi: approfondimenti su preghiera, Sacra Scrittura,
mondialità e sviluppo, tematiche giovanili.
 Laboratorio del Suono: insegnamento, approfondimento e ricerca in ambito musicale.
 Università del Dubbio: dibattito a confronto sui grandi temi dell’esistenza, educazione alla
convivenza tra culture.
 Scuola per Artigiani Restauratori: proposta di formazione al lavoro nell’ambito degli antichi
mestieri.
 L’assistenza temporanea ai bambini
che hanno bisogno di una famiglia.
CHE COSA DICE…
“
Voglio trovare il senso per la mia vita, che è unica ed irripetibile, per viverla senza guerra,
violenza, paura e sperare nel futuro.
Mi impegno perché ogni uomo e donna possa valorizzare le proprie potenzialità e perché nessuno sia sfruttato.
Voglio capire cosa è il bene e cosa è il male, voglio vivere in un Mondo dove esiste il
perdono e dove la vendetta sia abolita.
Mi impegno a cambiare vita se ho sbagliato.
Voglio lottare contro quelle schiavitù che ci hanno proposto come libertà e che hanno
ucciso troppi ragazzi e ragazze.
Mi impegno perché tutti abbiano accesso agli strumenti per comunicare e l’informazione
sia al servizio della persona.
Voglio amare e capire, nella libertà, che cosa è la verità.
Mi impegno perché il lavoro possa essere un bene per tutta l’umanità.
Voglio avere la libertà di coscienza e di professare la mia fede in ogni parte del Mondo.
Mi impegno perché tutte le risorse e le ricchezze siano usate ed equamente distribuite
per contribuire a costruire un Mondo migliore, e voglio che la terra sia rispettata.
”
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La Carta dei Giovani
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Una bandiera per la pace
Il 6 aprile 1997, quando mancavano mille giorni al Duemila,
Ernesto e i suoi hanno presentato al mondo la “bandiera della
pace”.
La parola “pace” si staglia sui colori delle bandiere di tutto il
mondo: Ernesto l’ha inviata a moltissimi capi di Stato. La bandiera è stata consegnata al Santo Padre Giovanni Paolo II, proclamato “Uomo di pace del secolo”, a Madre Teresa di Calcutta
non molto prima della sua morte, a esponenti civili e religiosi. Affidata alla città di Torino e poi
a quella di Palermo, che l’ha esposta sul Palazzo Comunale, è arrivata anche a San Paolo del
Brasile, portata dai giovani.
A fine anno P. Berrettoni, il custode della basilica di San Francesco d’Assisi, ha chiesto il gemellaggio con il Sermig, nell’unità degli intenti.
“Eravamo cattolici, ma senza una grande formazione teologica e spirituale; come tanti – purtroppo – eravamo i cristiani della domenica e di qualche opera di misericordia. L’ombra del campanile ci dava la sicurezza di essere nel giusto e tra i giusti. Era forte in noi il desiderio di andare
verso gli altri, e volevamo imparare dal Vangelo.
Questo desiderio è diventato amore e gli amori veri trovano tempi impensati, trovano gesti pieni
di significato, fanno nuove cose antiche. In un modo naturale abbiamo capito così il senso della
preghiera e la preghiera è diventata un fatto. Non più formule astratte, litanie senza scopo, ma
dialogo con l’amato ovvero Dio.
Lentamente abbiamo capito la cosa più ovvia, che Dio era presente ventiquattro ore su ventiquattro nella concretezza delle nostre azioni. Da quel momento gli avvenimenti li abbiamo visti
alla luce di Dio.
Gli steccati di protezione sono spariti. Parole come odio, avversari, rancore, le abbiamo eliminate dal nostro vocabolario e dalla Sua parola hanno preso avvio i nostri gesti di solidarietà, il nostro amore per l’uomo, l’opera incessante per promuovere giustizia, pace, amore tra gli uomini.
Il nostro impegno quotidiano si è allargato: da poche ore settimanali, fino al dono della vita.
Quando la presenza di Dio è diventata un fatto quotidiano e così pure la presenza degli altri, dai
profughi ai bambini di strada, allo straniero allo sbando nella nostra Torino, ecco il più grande
imprevisto della nostra storia: ragazzi, ragazze, uomini e donne che lasciano tutto, per buttarsi
in questa avventura con Dio e con i poveri.
Ritrovare e riconoscere Dio negli avvenimenti, nelle persone, nella storia di oggi, è vivere la spiritualità della Presenza: Dio non ha abbandonato l’uomo a se stesso; il segno della sua presenza
è l’uomo. E se l’uomo fa sua la Presenza di Dio nella propria vita, dà speranza, dà indicazioni di
umanità, fa lievitare la pasta dell’umanità. Se l’uomo usa l’intelligenza, non si appropria dei suoi
doni, ma se li fa consumare dalla vita; l’orgoglio, che è il male maggiore e vuole dominarlo, non
lo prenderà” (dall’opuscolo citato Sermig ‘98, p. 30).
La nostra forza è la provvidenza
“Provvidenza non è l’incoscienza di aspettarsi tutto dall’alto. È mettercela tutta e poi, conoscendo il proprio limite, affidarsi totalmente a Dio.
A volte la provvidenza ha un volto umano: è un amico che si mette al tuo fianco al momento giusto.
Dio e gli amici che manda Lui, non hanno mai tradito e non tradiranno mai nessuno che si fidi
di loro. Se l’abbandono è sincero, non mancheranno mai soldi, energie, idee, giovani che diano
la vita con gratuità, totalmente, con un sì incondizionato” (dall’opuscolo divulgativo Sermig - 30
anni, p. 30, a cura di Rosanna Tabasso).
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La forza che ci spinge
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Le quattro culture
Gli amici del Sermig sognano di costruire un mondo nuovo, seguendo il soffio, le indicazioni
dello Spirito, senza paura. Cercano di stimolare nell’opinione pubblica quattro grandi, rivoluzionari orientamenti del pensiero.
 La cultura della fratellanza.
Il credere di essere tutti uomini, tutti uguali, tutti destinati a ereditare lo stesso Regno di Dio,
ci educa a pensare di essere fratelli anche di persone molto distanti, molto diverse da noi.
 La cultura della interdipendenza spirituale e materiale.
Se vogliamo avere lo sviluppo, abbiamo bisogno di estenderlo a tutti gli uomini; se vogliamo
una vita serena e tranquilla bisogna che tutti abbiamo una vita serena e tranquilla nella pace e
la pace non è divisibile: o tutti siamo in pace, o non ci sarà pace per il mondo intero. Questa è
la cultura della interdipendenza materiale. Se vogliamo essere figli di Dio, se vogliamo arrivare al Regno di Dio, dobbiamo cercare di arrivarci insieme. Gesù ci ha fondato come umanità,
come famiglia: il nostro destino è un destino che passa attraverso i nostri fratelli. Ed è questa
l’interdipendenza spirituale.
 La cultura del valore della diversità.
Ogni differenza tra persone, tra gruppi sociali rappresenta una ricchezza: per vivere questo
valore fino in fondo, bisogna accettare il rischio dell’essere insieme e dello scambio sociale
con tutti e non pensare di dividere la comunità in compartimenti stagni. Nella nostra società
le diversità si completano e integrano fra di loro.
 La cultura di un’unica solidarietà.
Solidali con tutti e per tutti. Non
esiste il “problema del Terzo Mondo” o del “Sud del mondo”; esiste
un problema del mondo che è un
“nostro” problema (dall’opuscolo
citato, Sermig - 30 anni, p. 48).
Mettiti alla prova
Fai una ricerca su una grande associazione di volontariato della tua città.
•
Evidenzia:
•gliobiettivi;
•leiniziativepratiche;
•leideeispiratricisulsensodellavita;
•spiegaconparoletue“lequattroculture”delSermig.Checosanepensi?
Unità 2 La nascita della Chiesa
T. Chiamberlando, Lo specchio dei cieli © SEI 2011
 Un’esperienza comunitaria di lavoro.
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