TRAGICA ALBA A DONGO (Italia, 1950, DCP da copia 35mm di 1.015 metri, 38’, bn, sonoro) Le immagini del film contenute nel dossier sono tratte dalla copia 35mm in nitrato di Tragica alba a Dongo (Vittorio Crucillà, 1950), Deposito Famiglia Paternò-Pelos, Coll. Museo Nazionale del Cinema. 1 Regia e soggetto: Vittorio Crucillà Sceneggiatura: Ettore Camesasca Cronaca e commento: Vittorio Crucillà Fotografia: Duilio Chiaradia Musica: Ferruccio Martinelli Interpreti e personaggi: attori non professionisti, tra i quali i coniugi De Maria Doppiaggio: Voci della Compagnia di prosa della RAI di Milano con la direzione di Enzo Convalli Produttore: Emilio Maschera e Ugo Zanolla Segretari di produzione: Milli Bahar, Antonio Zanni Produzione: National Film, Milano, Italia 1950 L. o.: dichiarata 1.150 metri, accertata 1.040 metri. Dati tratti dal film e dalla documentazione di censura. 2 SINOSSI Il 25 aprile 1945, ricorrenza ora celebrata in Italia come Festa della Liberazione, è la data che segna per il nostro paese la fine della Seconda Guerra Mondiale. In quel giorno il Comitato di Liberazione Nazionale, con comando a Milano, proclamò l’insurrezione delle forze partigiane in tutti i territori ancora non liberati dagli alleati e occupati dai nazifascisti con l’ordine di condanna a morte per Benito Mussolini e i gerarchi fascisti. Nel pomeriggio del 25 aprile il Duce lasciò Milano per tentare di raggiungere la Svizzera. Differenti i resoconti dei fatti accaduti in quei giorni e tuttora contrastanti le interpretazioni. In Tragica alba a Dongo la voce di Vittorio Crucillà contestualizza gli eventi nel filmato che ricostruisce le ultime ore di Benito Mussolini. Dopo i titoli di testa a scorrimento, le inquadrature di due soldati alla guida di un camion si alternano a riprese in movimento del paesaggio sulle rive del lago di Como. Il commento, mentre la colonna militare percorre un lungo tratto di gallerie, riassume il ventennio fascista dall’ascesa della dittatura il 28 ottobre 1922 al tragico epilogo di Dongo. Sull’entrata in Guerra dell’Italia il 10 giugno 1940, un montaggio d’immagini – le uniche di repertorio documentario inserite nel film, creato con riprese realizzate in pochi mesi appositamente per la ricostruzione - mostra gli aerei in volo che sganciano bombe e le città distrutte dai bombardamenti, con file di soldati e mezzi militari. Il filmato ritorna poi al racconto dei fatti avvenuti nell’aprile del 1945, a partire dall’arrivo della colonna di soldati tedeschi e gerarchi fascisti sulla strada che costeggia il lago. Mussolini viene catturato nel pomeriggio del 27 aprile con uno sbarramento a Musso, riconosciuto da una brigata partigiana mentre tenta di passare il confine travestito da soldato tedesco. Raggiunto nella notte da Clara Petacci nella caserma della Guardia di Finanza di Germasino, viene portato nella casa di una coppia di contadini – i coniugi De Maria - nella frazione di Giulino di Mezzegra. Per impedirne il riconoscimento i partigiani gli hanno bendato il capo, ma la signora De Maria scopre la vera identità del prigioniero. Il giorno seguente, 28 aprile, Mussolini e la Petacci – mai inquadrati in volto, se non fugacemente vengono trasferiti in un luogo isolato e fucilati; dopo questa esecuzione, sarà la volta di diversi gerarchi fascisti a Dongo. Il film si chiude con le immagini del camion che si allontana con i corpi dei giustiziati per raggiungere all’alba del 29 aprile Milano. “È una tragica alba, un’alba che attende la sua aurora”, così chiude il suo commento alle immagini Crucillà. 3 LA REALIZZAZIONE DEL FILMATO E IL BLOCCO DELLA CENSURA “Gli interpreti di questo film-documentario sono, in gran parte, gli stessi interpreti e testimoni oculari dell’episodio storico. Hanno collaborato il Comune di Dongo, partigiani, volontari della guerra di liberazione, ex soldati della SS e i coniugi De Maria, i contadini presso i quali l’allora duce del fascismo trascorse le ultime ore. […] La macchina da presa ha ricostruito e ripete fedelmente fatti, cose, ambienti e uomini così come apparvero e agirono in quelle tragiche giornate di aprile. Il tempo, i luoghi, i costumi e financo i gesti sono gli elementi che caratterizzano il valore essenzialmente documentaristico di questa minuziosa ricostruzione della più misteriosa tragedia politica del secolo. Ogni riferimento personale appartiene alla storia dei fatti”. Vittorio Crucillà, dai cartelli in apertura del film. Tragica alba a Dongo si presenta con le caratteristiche di una produzione semiamatoriale, un audio non privo di imperfezioni e immagini talvolta sfocate, buie o polverose, realizzata da un gruppo di giornalisti in soli quattro mesi a pochi anni di distanza dalla morte del Duce. Il filmato venne subito bloccato dalla censura italiana e mai distribuito né in Italia né all’estero. Le riprese iniziarono nel 1949 su iniziativa di due ex partigiani (U. Zanolla ed E. Maschera) che s’improvvisarono produttori. Della regia e della sceneggiatura s’incaricarono due giornalisti (V. Crucillà ed E. Camesasca) dei quali non sono note altre esperienze cinematografiche. L’operatore (D. Chiaradia) fu uno dei pochi professionisti impiegati nel progetto che coinvolse anche coloro che avevano realmente preso parte ai fatti. Il film, terminato nel 1950, nonostante i ripetuti tentativi fatti dalla produzione non ottenne alcuna autorizzazione alla proiezione; l’improvvisata casa di produzione fallì, gli autori si arresero e Tragica alba a Dongo fu quasi dimenticato. Poche le notizie biografiche di Vittorio Crucillà: secondo alcune fonti, nacque nel 1917 a Catania e morì il 4 luglio 2008. Questi dati s’intrecciano e confondono con quelli di un altro Crucillà, Alberto, che lavorò come giornalista e fondò nel 1948 la rivista Cinecorriere, bimestrale distribuito agli addetti ai lavori del mondo del cinema. Alberto Crucillà rivestì il ruolo di direttore responsabile fino alla sua morte, a 91 anni. Le date potrebbero essere una coincidenza o frutto di confusione. Infatti, alcuni documenti dattiloscritti su carta intestata “Omnibus settimanale d’attualità e di cultura” sono firmati nel 1951 da Vittorio Crucillà con la qualifica di “Redattore di Omnibus”, una rivista di attualità con sede a Milano edita come nuova serie dal 1948. Duilio Chiaradia (1921-1991), al quale si deve la qualità della fotografia del film, è noto come pioniere della ripresa sportiva. Chiaradia fece il suo apprendistato a Milano nello Stabilimento Cortometraggio e Pubblicità. Durante la Seconda Guerra Mondiale prestò servizio presso i nuclei foto cinematografici di guerra come operatore di ripresa. Terminata la guerra, collaborò alla realizzazione di alcuni filmati, tra cui Tragica alba a Dongo. All’inizio degli anni Cinquanta entrò alla Rai dove si affermò come operatore di importanti servizi giornalistici in Italia e all’estero. 4 STORIA DELLE COPIE La pellicola sembrava ormai scomparsa, fatta eccezione per una proiezione alla fine degli anni Ottanta (Zanolla presentò il film alla 7a edizione del Festival Internazionale Cinema Giovani, invitato da Alberto Farassino) e la circolazione tra amatori di un riversamento in bassa definizione. Un articolo del 2010 indicava come possibili luoghi di conservazione della pellicola l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza a Torino e a Roma la Scuola Nazionale di Cinema. Il Museo già nel 2011 contattò entrambe le istituzioni e con l’aiuto di Mario Musumeci e Paola Olivetti potemmo verificare che purtroppo non vi era e non vi era mai stata in questi due archivi alcuna traccia della pellicola, se non appunto un riversamento in dvd di bassissima qualità. Il recente ritrovamento di una copia d’epoca 35mm affidata al Museo del Cinema dalla Famiglia Paternò-Pelos e il restauro conservativo realizzato dal Museo presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata sollevano il velo da Tragica alba a Dongo, che è tornata in anteprima alla 33a edizione del Torino Film Festival per narrare al pubblico con rigorosa semplicità la sua storia. È lo stesso signor Paternò a raccontare come sia avvenuto il ritrovamento: “Il padre di mia moglie, qualche anno prima di morire, mi mostrò alcune pellicole che aveva acquistato a un mercatino dell'antiquariato di Trieste, negli anni Sessanta o Settanta. Nel 2005 morì, ma quando svuotammo la sua personale soffitta di quelle pellicole non vi era alcuna traccia; nessuno sapeva dove fossero, neppure la moglie. Solo qualche anno dopo le ritrovai in Austria, nel bunker costruito sotto la loro casa. Chiesi alla moglie cosa ne volesse fare e, non avendo alcuna idea in proposito, mi disse di portarle in discarica. Non le diedi ascolto: le riportai in Italia e a casa controllai fotogramma per fotogramma, non sapendo che le pellicole in nitrato sono altamente infiammabili. Nel complesso non era molto chiaro ciò di cui il film parlasse e il titolo mi era sconosciuto; facendo delle ricerche su internet ho capito che questa pellicola era il filmdocumentario realizzato tra il 1949 e il 1950 in cui si narra cosa avvenne durante le ultime ore di Benito Mussolini. Dopo l'interessante scoperta, mi misi in contatto con alcune Cineteche tra le quali il Museo Nazionale del Cinema di Torino che fu subito interessato al film Tragica Alba a Dongo, me ne propose la preservazione e il restauro e io, entusiasta, affidai la pellicola in deposito al Museo di Torino. La famiglia Paterno'- Pelos ringrazia il Museo del Cinema, il direttore Alberto Barbera e in particolare tutto il personale della Cineteca per l'ottimo lavoro svolto. Ed è una grande emozione che la pellicola ora restaurata possa finalmente essere proiettata in pubblico, a partire dalla presentazione in anteprima alla 33a edizione del Torino Film Festival”. 5 RESTAURO CONSERVATIVO L’intervento si è basato su un’unica copia matrice, depositata dalla Fam.a Paternò-Pelos al Museo Nazionale del Cinema: due rulli di pellicola nitrato 35mm, bn, sonora, formato immagine 1:1,37, metri 1.060 ovvero circa 90 metri in meno (corrispondenti a 3’) rispetto il presunto metraggio originale del film. Qualche ulteriore dato tecnico dall’ispezione in laboratorio: i principali film stock dal negativo sono Ferrania, Pancro e Ansco Supreme Pan. Il film stock della copia positiva è uno solo, Ferrania. Dalle tracce di stampa il laboratorio ha potuto stabilire che si tratta di una copia nitrato di prima generazione, stampata dunque direttamente dal negativo camera. La colonna sonora è ottica ad area variabile singola bilaterale RCA Duplex. Le giunte presenti sulla copia positiva sono in maggioranza stampate ed erano dunque presenti sul negativo montato. La presenza di sporadiche giunte fisiche è sempre interna a una scena e presuppone la perdita di alcuni fotogrammi con corrispondente lacuna “interna” sia d’immagine sia di suono. Al momento dell’ispezione la copia era in buone condizioni di conservazione, con un restringimento fisiologico del 0,6 % e alcune rotture sull’area delle perforazioni che sono state riparate con nastro adesivo per film a doppia perforazione. Sulla pellicola erano presenti numerosi aloni che hanno reso necessario un lavaggio in Lipsner Smith 8200 con Hidrofluoroetilene. Le informazioni sia sul film sia sulla copia nitrato raccolte e confrontate non hanno lasciato alcun dubbio circa l’obiettivo dell’intervento: garantire la conservazione dell’elemento e realizzarne un restauro che pur migliorandone per quanto possibile la fruibilità ne mantenesse tutte le caratteristiche, dall’originale ordine di montaggio alle particolarità dell’audio. La copia riparata e sottoposta a lavaggio chimico è stata poi preparata per il passaggio di stampa sotto liquido per la realizzazione di un 35mm controtipo negativo in bianco e nero di conservazione. Per quanto riguarda il restauro dell’immagine, il negativo è stato scansionato in alta definizione (2k) e i files sono stati sottoposti a stabilizzazione e color correction al fine di correggere i difetti più evidenti migliorando, laddove possibile, definizione e luminosità. Per quanto riguarda il restauro dell’audio, è stata acquisita digitalmente la colonna ottica ed è stata sottoposta a un intervento non invasivo per equilibrare musica e voci con una minima riduzione degli elementi di rumore. Effettuate dal laboratorio con il Museo differenti prove al fine di scegliere il grado d’intervento più adatto alle caratteristiche della copia di partenza, è stato infine realizzato un DCP in 2k proiettato in anteprima al Cinema Massimo il 23 novembre 2015 in occasione del Torino Film Festival. La versione restaurata di Tragica alba a Dongo è ora inoltre accessibile, per la consultazione a fini di ricerca e studio, in supporti digitali che possono essere visionati contattando la Cineteca del Museo Nazionale del Cinema (www.museocinema.it). Le lavorazioni sono state realizzate presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna (www.immagineritrovata.it), uno tra i migliori laboratori specializzati in restauro cinematografico all’avanguardia nell’uso di tecnologie sia fotochimiche sia digitali. 6 DOCUMENTAZIONE D’EPOCA Documentazione di censura da gennaio 1951 a ottobre 1961 [file accessibile sul sito/mostra virtuale permanente "Cinecensura.com"]. Qui di seguito alcuni estratti selezionati dai documenti riordinati cronologicamente. 1. Su carta intestata Presidenza del Consiglio dei Ministri Ufficio Centrale per la Cinematografia domanda di revisione presentata dalla National Film con sede in Via Col. Moschin, 3, Milano in data 20 gennaio 1951. Alla dicitura prestampata “la pellicola stessa vien per la prima volta sottoposta alla revisione”, ha l’aggiunta manoscritta “soltanto ai fini dell’esportazione”. Lunghezza dichiarata: 1.150 metri. Lunghezza accertata: 1.040 metri [la lunghezza della copia restaurata dal Museo corrisponde alla lunghezza accertata al primo passaggio in censura]. Il sunto con i dati manoscritti è seguito dalla seguente nota della censura, con timbro del 24 gennaio 1951: “Revisionato il film il giorno 24 gennaio del 1951 si esprime parere contrario all’esportazione, in quanto si ritiene che il film possa ingenerare all’estero errati e dannosi apprezzamenti sul nostro Paese (art. 4 del R. D. 24 settembre 1923, n. 3287)”. 2. Foglio interno dattiloscritto. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Direzione Generale dello Spettacolo, Revisione Cinematografica Definitiva, Appunto per il sottosegretario di stato [l’Onorevole Giulio Andreotti] a firma del Presidente della 1° Commissione: - La 1° Commissione ha revisionato in data 24 gennaio 1951 il film dal titolo: “ALBA TRAGICA A DONGO” [sic], Marca: Nationalfilm, Nazionalità: italiana. Giudizio: com’è detto in una didascalia, all’inizio del film, il documentario (metri 1.040) riproduce “la nuda cronaca dei fatti, cose, ambienti e uomini, così come apparvero e agirono in quelle tragiche giornata di aprile. Il tempo, i luoghi, i costumi e financo i gesti e le parole sono gli elementi che caratterizzano il film”. I personaggi centrali del documentario (Mussolini e Clara Petacci), visti quasi sempre di spalle, sono abbastanza rassomiglianti. La Commissione, in relazione alla richiesta di esportazione del film, ha considerato se il film stesso possa ingenerare o meno, all’estero, errati e dannosi apprezzamenti sul nostro Paese (art. 4 del R. D. 24 settembre 1923, n. 3287). Dopo ampia discussione ha però dovuto concludere che il film può di fatto danneggiare moralmente il nostro Paese, pur tenendosi conto delle particolari circostanze nelle quali si sono svolti i fatti narrati nel documentario. Per tal motivo la Commissione ha espresso parere contrario all’esportazione del film -. 3. 3.a Su carta intestata della redazione della rivista Omnibus Settimanale di Attualità e di Cultura la richiesta a firma di Vittorio Crucillà di un’udienza all’Onorevole Giulio Andreotti, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roma: “Illustre Onorevole, sarei molto lusingato e altamente onorato se la S. V. mi concedesse una udienza per un breve colloquio in merito alla cronaca cinematografica TRAGICA ALBA A DONGO – di cui sono l’umile regista e soggettista – realizzata unicamente per l’estero da un gruppo di giornalisti milanesi. RingraziandoLa, La prego di gradire i sensi della mia grande ammirazione. Con 7 cordialità, Vittorio Crucillà, redattore di Ominibus, Via Pietro Masetri I, Milano”. Due appunti manoscritti: il primo “giovedì ore 18h30” cancellato [probabilmente il primo appuntamento con l’Onorevole annullato per mano di De Pirro], e sopra “Venerdì ore 12,30” [ovvero, il secondo appuntamento fissato da e con De Pirro]. 3.b Telegramma [timbro del 27 febbraio 1950, ma i dati lasciano supporre che il timbro rechi l’anno sbagliato, che sia invece del 1951] di De Pirro a Crucillà che segnala l’impossibilità dell’On. Andreotti a riceverlo e fissa un appuntamento per il 2 marzo alle 12h30. 4. 4.a Foglio interno dattiloscritto datato Roma, 3 marzo 1951. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Servizi Spettacolo Informazioni e Proprietà Intellettuale, ufficio coordinamento Appunto per S. E. il Sottosegretario di Stato – Come da Suo incarico ho ricevuto il Sig. Crucillà il quale a nome della “National Film” è venuto a parlarmi circa il diniego di visto della prima Commissione di Censura per l’esportazione all’estero del documentario “Tragica alba a Dongo”. Ho fatto presente al Sig. Crucillà che non era possibile ritornare sulla deliberazione della Commissione e pertanto gli ho consigliato di rimettersi al giudizio della Commissione di secondo grado. In relazione a ciò, il Sig. Crucillà ha fatto pervenire il ricorso in carta legale accompagnandolo con una lettera diretta a V. E. e che io allego al presente appunto unitamente al ricorso, [nota manoscritta aggiunta] dove egli illustra la penosa situazione che avrebbe voluto di persona segnalare a V. E. Con ossequio, il Direttore Generale.” 4.b Domanda di I° Appello film “Tragica alba a Dongo” del 2 marzo 1951 su carta legale che in sette punti illustra le ragioni che spingono la produzione a insistere nella richiesta del rilascio della nulla osta compresa la disponibilità ad apportare eventuali modifiche richieste (al punto 4). 4.c Lettera datata Milano, 2 marzo 1951, firmata [stessa firma che ricorre nei documenti successivi] come il ricorso dal legale rappresentante per la National Film e indirizzata all’On. Giulio Andreotti. “ Eccellenza, non è una supplica – ma quasi – la nostra, dato che ci troviamo in una situazione veramente critica a causa del negato visto da parte della 1° Commissione di Censura per la esportazione all’estero del documentario: TRAGICA ALBA A DONGO. La medesima Commissione ha motivato tale diniego citando l’art. 4 della legge del 24.9. 1923 n. 3287. È ben vero che questa citazione ha ignorato tranquillamente un discreto numero di articoli della Costituzione Italiana, tra i quali non ultimo l’art. 21 [dedicato alla libertà di stampa]. Comunque non ne vogliamo ad alcuno per questo. Chiediamo soltanto a V. E. di personalmente intervenire con la Sua ben nota visione obiettiva e con autorevolezza affinché la Commissione di 2a Istanza, cui abbiamo ricorso in data odierna, a termini di legge, nell’esaminare il nostro film tenga conto dei seguenti principii: 1) La ben più sanguinaria rivoluzione francese ha partorito fra gli altri il principio cristiano più alto che illumina tutta la civiltà moderna, I DIRITTI DELL’UOMO; 2) Creare, noi Italiani, un film a carattere documentario su quel periodo storico che all’estero è stato già duramente falsato a tutto discapito dell’onore del nostro Paese. Come vede, Eccellenza, è superato ogni concetto preventivo che neghi una illustrazione obiettiva, fedelmente esatta, su fatti a tutti noti che magari ne hanno deformato, in mala fede, la sostanza. Questo film, 8 a differenza degli altri, qualche volta sovvenzionati, è una iniziativa scaturita da un gruppo di giornalisti (ventitré) appartenenti a diverse idealità politiche, ma accomunatisi nell’intendimento di creare un documentario sereno, scevro da alcuna passione di parte, che valga ad illustrare allo stesso tempo, al mondo intero, come oggi si sappia da parte di noi Italiani, guardare al recente passato senza partigianerie ma con occhio democratico e con finalità, se mai, volte al miglioramento della Nazione attraverso le dure lezioni della storia. I giornalisti in questione non hanno esitato, perciò, a sacrificare in questa impresa tutte le loro economie personali sì che un rifiuto ripetuto significherebbe, per essi, e per le loro stesse famiglie, la certa rovina essendosi essi stessi, fra l’altro, anche indebitati pur di realizzare questo film. Vostra Eccellenza, che proviene dal giornalismo, non mancherà di valutare in pieno e con competenza la portata di questo rifiuto il che inoltre si ripercuoterebbe sulle famiglie di questi Suoi ex colleghi. Anche a V. E. sottolineiamo che noi siamo disposti ad apportare al documentario tutte quelle modifiche che verranno suggerite dalla Commissione. Ma, soprattutto, chiediamo a V. E. di personalmente vedere il film: in quanto è in noi certezza assoluta che soltanto dopo ciò l’E. V., non ristretto nelle idee da limitatezze burocratiche, potrà valutare in pieno, a ragion veduta, la fondatezza e l’importanza per noi della nostra richiesta e il perché per ora noi abbiamo chiesto il visto soltanto per l’estero che ci farebbe rientrare gran parte del capitale impiegato. Con ossequio, per National Film.” 5. Appunto senza data che fa riferimento all’appunto del 3 marzo 1951. Il Direttore per la Direzione Generale dello Spettacolo – Cinematografia – segnala al Sottosegretario di Stato che la Società National Film ha presentato nuova istanza per sollecitare il nulla osta. 6. Atto di Diffida della Famiglia Mussolini redatto a Roma il 30 giugno 1951, notificato alla National il 6 luglio 1951 e consegnato per conoscenza alla Direzione Generale dello Spettacolo e al Presidente dell’ANICA. - Rachele Guidi ved. Mussolini, Edda Mussolini ved. Ciano, Anna Maria Mussolini e Romano Mussolini, rispettivamente vedova e figli di Benito Mussolini […]. Premesso: che essi sono venuti a conoscenza che la National Film di Milano ha prodotto un film dal titolo “Tragica alba di Dongo” [sic] [… ] non intendono consentire che, con il detto film, venga comunque alterata la verità storica per quanto attiene al loro Congiunto. DIFFIDANO la National Film […] a non alterare arbitrariamente nel detto film la realtà storica in modo da attribuire al loro Congiunto fatti e comportamenti diversi da quelli derivanti dalle sue effettive azioni.” 7. Stralcio della Delibera del Consiglio Comunale di Dongo in data 28 luglio 1951, n.22. - Premesso che nel decorso anno 1950 qui giunse varie volte una carovana cinematografica per un film dei fatti svoltisi alla fine aprile 1945 e che dalle Autorità locali, onde prevenire errori eventuali, furono comunicate le notizie del caso. Constatata invece con sdegno, quale primo deprecabile risultato di quel lavoro, la recente pubblicazione annunziatrice del 9 film, di un “numero unico” illustrato, intitolato “DONGO” (come già quello coscienzioso del 1945 per opera di locali dirigenti civili e religiosi) e tale da affermare gravi errori di fatto; gravissima la falsa affermazione che le fucilazioni perpetrate avvennero per opera “di un plotone di esecuzione formato da Partigiani del luogo”; ciò premesso, IL CONSIGLIO a pieni voti: 1° Altamente protesta contro tale alterazione della verità, deplorandola e smentendola in pieno, mentre la denuncia alle Autorità tutorie competenti, anche per l’annunciato film, ed alla ingannata pubblica opinione, essendo ben noto che l’eccidio fu voluto e comandato personalmente da uno sconosciuto colonnello “Valerio” accorso da fuori con una scorta di suoi fucilatori e persino con un autofurgone pel già previsto trasporto dei cadaveri (sedici e non quindici come stampato) in violento tragico contrasto coll’Autorità insurrezionale, questa sì del luogo; come pure in netto dissidio con quella appositamente venuta da Como. 2° Rievoca il rifiuto eloquente del capitano partigiano “Pedro” dato al “Valerio”, che gli aveva chiesto uomini da aggiungere alla dozzina e mezza da esso “Valerio” portata; rifiuto anche di recente confermato in persona a questa Autorità Comunale dal medesimo capitano “Pedro”. […] 8. Corrispondenza tra Comune di Dongo, Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno tra il 1° agosto e il 7 settembre 1951 in riferimento alla Delibera di luglio. Il Sottosegretario di Stato [l’Onorevole Giulio Andreotti] in data 10 agosto comunica al Sindaco di Dongo che “questa Presidenza non ha mai autorizzato la pubblica programmazione di detto film, del quale vietò, a suo tempo, anche l’esportazione, in quanto avrebbe potuto ingenerare all’estero errati e dannosi apprezzamenti sul nostro Paese.” 8.a In un documento un’affermazione pare dare maggiore luce a tutta la vicenda. Il Direttore per la Direzione Generale dello Spettacolo – Cinematogr. in un Appunto per il Sottosegretario di Stato del 28 agosto scrive: - Si fa riferimento alla nota apposta da E.V. in calce al ritaglio riportante l’informazione data dal quotidiano “Il Momento” del 12.8.1951 relativa alla protesta del consiglio Comunale di Dongo, contro un film sugli episodi insurrezionali del 1945, girato nella zona di Dongo. […] – Dopo avere riepilogato i divieti imposti al film Tragica alba a Dongo e la diffida, il direttore aggiunge: - Com’è poi noto all’E.V. la casa “National Film” fu tempestivamente avvertita, prima dell’inizio della lavorazione del film, che difficilmente sarebbe approvato in sede di censura. – [forse non accidentalmente non vi è alcuna traccia di questo avvertimento tra la documentazione rimasta, ma appare qui evidente quanto ne fosse per contro al corrente il Sottosegretario di Stato]. 9. Blocco corrispondenza dal 20 settembre al 30 luglio 1953 in cui la National Film chiede risposta al ricorso già presentato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, indirizzando più comunicazioni a Giulio Andreotti, Sottosegretario di Stato e a Nicola De Pirro, Direttore Generale Servizio Spettacolo. La National da un lato sottolinea le difficoltà economiche e il 10 rischio di fallimento, dall’altro tenta di far leva su due punti in particolare. Il primo, è segnalare all’On. Giulio Andreotti che l’atteggiamento sinora corretto non ha dato risultati e che: “L’ E.V. consideri che la pellicola in oggetto è di facile smercio su qualsiasi mercato ed i produttori hanno quindi dovuto resistere pressioni e lusinghe intese a dar luogo ad un’esportazione clandestina. Essi sono rimasti tanti mesi in attesa disciplinata di decisioni superiori e si augurano che essa attesa non venga delusa”. Il secondo punto fa riferimento a più antichi rapporti tra la produzione e la Presidenza del consiglio dei Ministri, come nella comunicazione del 27 marzo 1952 anche questa indirizzata all’On. Giulio Andreotti: “ Eccellenza, come volevasi dimostrare siamo giunti alla liquidazione della ns. società. E purtroppo a questo ci siamo arrivati spendendo e impegnandosi fino all’ultimo limite delle ns. risorse economiche mentre i molti risorsi presentati sono stati tranquillamente ignorati sebbene le ns. visite e i ns. scritti si sono costantemente susseguiti dall’8 gennaio 1951 a tutt’oggi. […] Le confessiamo con ciò la ns. amarezza tanto più sentita in quanto da parte ns. ci riteniamo in perfetta regola perché prima di iniziare il film Vi abbiamo inviato con lettera raccomandata il copione, in seguito a ciò abbiamo seguito scrupolosamente le Vs. istruzioni impartiteci tramite l’Ufficio Stampa di Milano, durante la lavorazione poi Vi abbiamo chiesto se il film si doveva interrompere della qual cosa gli interpellati hanno sempre invitato a continuare; abbiamo pagato le tasse di censura oltre a quelle di visione copione, e con tutto ciò abbiamo avuto il noto esito, mentre assistiamo alla tranquilla proiezione di un numero infinito di films storico-esplosivi sul tipo di Romel [sic] etc. Nell’aprile del 1953, dopo averne ricevuta richiesta con un telegramma, la produzione (ormai in liquidazione) invia una copia del film al Direttore Generale del Sott. allo Spettacolo per la revisione in appello: “Segnaliamo frattanto che la copia in parola presenta alcuni difetti (rigature, fondù, dissolvenze, musica, parole ecc.) dovute al numero rilevanti di visioni effettuate (prove) come pure al fatto che la copia in oggetto è il primo positivo realizzato.” Il 19 giugno 1953 la Commissione di Revisione Cinematografica di Secondo Grado, presieduta dall’On. Giulio Andreotti conferma il parere contrario all’esportazione della pellicola. 10. Corrispondenza tra maggio 1959 e ottobre 1961, dalla quale si deduce che gli autori di tragica alba a Dongo abbiano compiuto altri tentativi di ottenere il passaggio in censura, ma senza successivi passaggi o riscontri positivi. Su carta intestata “Ugo Zanolla Stampa Press Milano” U. Zanolla con Vittorio Crucillà ed Emilio Machera inviano una raccomandata in data 15 giugno 1961 a S. E. prof. Renzo Helfer, Sottosegretario Ministero Turismo e Spettacolo, con la speranza di attirare a distanza di dieci anni un’attenzione positiva sul progetto del film. Ma i fatti confermano che nessun divieto venne cancellato e il film “scomparve”. 11 11. Copertina del “Copione definitivo Ultimissimo Copia approntata mt 1.150” con una serie di fìdati sul cast e sulla realizzazione del film. Qui compare il metraggio di 1150 metri associato a una durata di 57’. In altri documenti, riportato metraggio di 1040 metri ma anche una durata di 51’. Opuscolo “Dongo!”, Nuove Edizioni A, Milano, giugno 1951 [Collezioni Museo Nazionale del Cinema, Dono Giorgio Milani 2015] [scaricabile da www.museocinema.it/museo_e_scuola.php?id=29 ] In copertina, oltre l’indicazione “200 foto” e il costo di “Lire 100”, si legge: “Dongo! Per la prima volta nel mondo un’impressionante documentazione fotografica sulla fine di Mussolini e dei gerarchi a Dongo”. Nell’ultima di copertina, poi: “La più grande tragedia storica in un eccezionale documento cinematografico sulle ultime ore di Mussolini, il film che tutto il mondo attende”. Si tratta di un opuscolo in carta povera bianco e nero, a parte l’utilizzo a effetto del colore rosso a inizio e fine pubblicazione, offre 35 pagine ricche di immagini – seppur riproduzioni di pessima qualità – correlate da didascalie e testi. A parte poche immagini di repertorio che non compaiono in Tragica alba a Dongo, tutte le altre sono tratte dal filmato. Nelle prime pagine è riproposto, con alcune varianti, il testo del commento di Vittorio Crucillà con dovizia di dati e di date. Nel complesso, sia nell’impostazione grafica sia nella descrizione delle immagini, la pubblicazione ricorda lo stile popolare dei cineromanzi. Per inciso, se i testi sempre sono costruiti nell’intento di attrarre l’attenzione con il sensazionale, non sempre la narrazione è coerente con quanto mostrato nel film, in particolare in più punti appaiono arricchimenti di tono melodrammatico. Un’ambiguità amplificata anche dai primi piani di Benito Mussolini e Claretta Petacci inseriti tra i fotogrammi riprodotti nonostante i loro volti non mai appaiano mai nelle riprese. Breve trafiletto non firmato tratto da “La voce dello spettacolo”, a. V, n. 9 nuova serie, 15 luglio 1951, pag. 3. “ A Roma temono le ombre del passato? I censori della Direzione Generale Dello Spettacolo si palleggiano, spaventati, da oltre 6 mesi il film-documentario ALBA TRAGICA A DONGO [sic]. Come è noto, un gruppo di giornalisti italiani ha realizzato una cronaca cinematografica della fine del fascismo e del suo capo: essa, prima ancora di apparire, suscitò un’eco internazionale e disparati 12 commenti. Niente paura, signori Censori della Direzione Dello Spettacolo: si tratta soltanto di un film-documentario assolutamente obbiettivo sulla fine di Mussolini e dei suoi fedelissimi.” Articolo dal fascicolo di "Tempo" del 1953, firmato C.F., pag. 14-15, 53 con 5 fotografie e relative didascalie. “LA MORTE DI MUSSOLINI IN UN FILM CHE NON SI E’ VISTO MAI. Tragica alba Dongo realizzato tre anni fa sui luoghi stessi della tragedia e la partecipazione, fu misteriosamente inghiottito dal silenzio: oggi riappare e forse potrà essere proiettato. Si torna a parlare di Tragica alba a Dongo, il film che racconta le ultime ore di Mussolini e della Petacci, dalla cattura alla fucilazione. La censura, dopo più di due anni di veto ostinato e silenzioso, è tornata improvvisamente sull’argomento. Vuole rivederlo in sede di appello, subito, e così è possibile che da un giorno all’altro vengano incollati sui muri i primi manifesti. Fu un gruppo di giornalisti indipendenti, nel 1950, a elaborare l’idea di un documentario da girarsi in loco. Un’idea come tante altre, con il vantaggio di non essere stata ancora sfruttata. Prospettarono l’affare a uno sparuto gruppetto di finanziatori un tantino ingenui, i quali, profani di cinematografo, dapprima rifiutarono, poi ci ripensarono, diedero una piccola somma con molta reticenza, poi un’altra, poi un’altra ancora, finché si trovarono seriamente impegnati. Tragica alba a Dongo riuscì ottimamente, tanto da “sembrar vero”. Non soltanto venne girato sui luoghi autentici, ma furono ingaggiati veri partigiani che agirono nella zona. La regia venne affidata allo stesso giornalista che aveva steso il soggetto, Vittorio Crucillà, coadiuvato da un regista di professione, Enzo Convalli, il quale impiegò le voci della compagnia della radio per il doppiaggio (le voci dei partigiani autentici vennero conservate tali e quali): la sceneggiatura fu di un altro giornalista, Ettore Camesasca, a sua volta aiutato da uno specialista francese, Paul Remy. Ferruccio Martinelli, musicista cinematografico, venne chiamato per il commento musicale, e a Duilio Chiaradia, uno dei migliori operatori italiani, venne affidata la macchina da presa. Forte di questo eterogeneo complesso di giornalisti ed esperti del cinema, la spedizione partì alla volta di Dongo, tallonata dai produttori che si preoccupavano di non spendere troppo. Ma dimenticavamo le figure di Mussolini e della Petacci: il primo personaggio venne affidato a un attore di professione, noto per la sua somiglianza col Duce, Nino Poli; il secondo, a una completamente sconosciuta allieva di una scuola di recitazione di Milano. Né l’uno né l’altra vengono mai fatti vedere in faccia, perciò la loro recitazione è limitata ai piedi e alla schiena. Ciò non toglie che a volte l’illusione sia ugualmente perfetta. […] Il film termina facendo vedere il camion carico dei diciassette cadaveri che, seguendo una fila di pioppi, si dirige verso Milano, verso Piazzale Loreto. È l’alba del 29 aprile e la visione di questo tragico fardello umano suggerisce il significato allegorico di tutta un’epoca che se ne va per dar luogo a una nuova, che porti nuove speranze. Così, secondo tutte le cronache, accadde nella realtà, e il film che la riproduce secondo una tecnica all’italiana di toni grigi, nudi, realistici, riesce a tratti assai suggestivo. I dialoghi sono ridotti all’essenziale. Il commento musicale è incalzante e basato su un tema che si ripete come un leitmotiv alla Terzo uomo. La ricostruzione dei luoghi e delle date è stata veramente lodevole, grazie non soltanto al comunicato a suo tempo diramato dal Ministero degli Interni e ai vari scritti pubblicati, ma anche alle testimonianze degli abitanti lungamente 13 interrogati. Nessuna polemica emerge da questo film, il cui scopo è stato puramente commerciale alla maniera di un sensazionale “fumetto”. Naturalmente la cosa arrivò alle orecchie della famiglia Mussolini che, Rachele in testa, inviò una diffida alla Casa produttrice avvertendola di guardarsi bene dall’alterare i fatti. Ma nessuno si era mai sognato di farlo. Era proprio con la scrupolosa osservanza dei fatti che i produttori si erano messa la coscienza a posto e meglio di così non si poteva fare. La censura però, dopo aver tuttavia approvato tacitamente soggetto e sceneggiatura, pose il veto. Ora vedremo se, come pare, si è decisa a ricredersi. Certo è che gli improvvisati produttori di questo film difficilmente si occuperanno ancora di industria cinematografica.” C.F. RIAPPARIZIONI E SPARIZIONI DI UN FILM Scheda catalogo del 7° Festival Cinema Giovani, 1989 Il neorealismo in cinquanta film Una ricostruzione della fuga, dell'arresto e dell'esecuzione di Benito Mussolini, Claretta Petacci e dei gerarchi fascisti realizzata nei luoghi dove si svolsero i fatti. Su questo film, mai uscito pubblicamente e che non ha mai ottenuto il nulla osta di circolazione, non esiste ovviamente alcuna documentazione critica. Nel giugno 1951 fu tuttavia pubblicato e messo in vendita a Milano un fascicolo, intitolato Dongo!, che annunciando l'imminente uscita del film ne pubblicava "200 fotografie" come illustrazioni a una drammatizzata narrazione giornalistica degli ultimi giorni di Mussolini. Esiste inoltre un testo dattiloscritto anonimo risalente al 1953 che ripercorre le vicende produttive e giuridiche del film nella forma di un articolo d'appoggio per aiutare l'uscita del film stesso e denunciarne il presunto boicottaggio operato dalla burocrazia e dalla politica "romane". È sulla base di tali documenti e della testimonianza, pur velata a distanza di tempo da alcune dimenticanze, del produttore Ugo Zanolla, che sono state compilate le note informative che seguono. Le riprese di Tragica alba a Dongo iniziarono nel 1949 su iniziativa di due ex partigiani e successivamente agenti del PWB americano, Ugo Zanolla e Emilio Maschera, facenti parte all'epoca di una banda che agiva nella zona degli avvenimenti ma separatamente da quella che condusse le operazioni di arresto del duce. Si incaricarono della regia e della sceneggiatura due giornalisti di cui non si conoscono altre esperienze cinematografiche mentre era un professionista l'operatore Duilio Chiaradia. "Neorealisticamente" non professionisti furono anche gli attori, ma con una curiosa particolarità: erano in molti casi gli stessi che avevano partecipato ai fatti: alcuni dei partigiani che avevano arrestato Mussolini e Claretta Petacci, un soldato tedesco che faceva parte della colonna in fuga e i coniugi De Maria presso cui i due prigionieri avevano passato la loro ultima notte di vita. Il film, realizzato evidentemente con tecniche e tempi più amatoriali che professionali, doveva essere pronto già nel 1950. In quell'anno furono fatti comunque vari passi per dargli una identità giuridica: dichiarazione di "inizio lavorazione", presentazione della sceneggiatura per l'approvazione preventiva, presentazione del film finito al Ministero per l'ottenimento del visto di censura. Nel frattempo tuttavia oltre alle pratiche ufficiali vi sarebbero stati vari contatti informali fra la produzione, la Prefettura di Milano e la Presidenza del Consiglio per "trattare" il problema di un soggetto giudicato ancora pericoloso, e che forse rivelava episodi poco graditi. Il primo parere della Commissione di censura fu comunque negativo sulla base del R.D. 24/9/1923 e cioè per motivi di "ordine pubblico". Il film fu ripresentato alla Commissione d'appello, presumibilmente in una 14 versione accorciata di alcuni minuti e da cui erano state eliminate le allusioni più sgradite, ma pare che la pratica restasse insabbiata per almeno due anni, fino cioè all'aprile 1953 quando in occasione delle elezioni politiche si pensò che il film potesse ritrovare motivi di interesse. Fu infatti proprio in questa circostanza che la Commissione di revisione invitò con un telegramma la produzione a ripresentare copia del film per un nuovo esame. Non è chiaro a questo punto se il film rimase ancora bloccato perché ritenuto ancora pericoloso, o per il motivo opposto (forse era diventato invece inoffensivo e politicamente non utilizzabile) o per semplici ragioni di mercato, derivanti da una lunghezza anomala e da una mediocre qualità spettacolare. Non è nemmeno chiaro se il visto di censura fu ancora negato o se i due improvvisati produttori semplicemente si stancarono di sollecitarlo ulteriormente. Il foglio dattiloscritto sopra citato, unico documento d'epoca, ricorda solo "la tragicommedia di due uomini pacifici che non volevano essere produttori cinematografici e che in effetti, dopo questa esperienza, giurano solennemente che non lo faranno mai più". Il giuramento fu mantenuto e il film è rimasto per oltre 35 anni, e fino ad ora, nel magazzino di uno di loro. A. F. (Alberto Farassino) Articolo del 19 giugno 2010 di Elena D’Ambrosio. Quel film sul duce caduto nell'oblìo. Il nostro giornale alla fine del 2009 ha condotto un'inchiesta circa un misterioso fascicolo pubblicato nel 1951 e intitolato "Dongo", una raccolta di 200 fotografie sulla fuga, l'arresto e l'esecuzione di Mussolini, della Petacci e dei gerarchi fascisti. Sono state formulate diverse ipotesi su queste immagini. Ora sappiamo per certo che Dongo fu una sorta di "promo" per il lancio di un film che poi non uscì nelle sale cinematografiche e sparì nel nulla. Si tratta di "Tragica alba a Dongo". "La Provincia" ha trovato la pellicola: la custodisce la Cineteca Nazionale di Roma e una copia è posseduta dall'Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino. Ricostruiamo in dettaglio la vicenda davvero singolare di questo film rimasto a lungo nell'ombra. A riaprire la questione è stata innanzitutto la casuale lettura di un articolo pubblicato il 6 giugno 1953 sul periodico "Tempo", dal titolo: «La morte di Mussolini in un film che non si è mai visto». Il film è, appunto, "Tragica alba a Dongo", realizzato tre anni prima proprio negli stessi luoghi dove si svolsero i fatti. La pellicola - rivela il rotocalco bloccata dalla censura nel 1951, si apprestava ad essere sottoposta di nuovo, in sede d'appello, al giudizio della Commissione di revisione cinematografica. La rivista pubblica anche alcuni fotogrammi del film che risultano praticamente identici alle foto comparse sul fascicolo Dongo. (Estratto dall'articolo di Elena D'Ambrosio, pubblicato nell'edizione de "La Provincia" del 20 giugno) Il “Dossier Tragica alba a Dongo” è stato realizzato da Claudia Gianetto (Responsabile della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema) con la collaborazione di Gianna Chiapello e i contributi di Salvatore Paternò e del Laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna a documentazione del restauro curato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino. Museo Nazionale del Cinema, Torino 1 febbraio 2016. 15 TRAGICA ALBA A DONGO - RASSEGNA STAMPA 2015 Rassegna stampa relativa alla presentazione in anteprima del restauro nell’ambito del 33° Torino Film Festival, a cura di Veronica Geraci, Responsabile Ufficio Stampa del Museo Nazionale del Cinema. [scaricabile da www.museocinema.it/museo_e_scuola.php?id=29] 16