Breve Storia del Social Banking*
di Riccardo Milano*ª
1 - Premessa
Quali le origini sociali delle Banche? Su quali connotati possono porsi le
esperienze storiche delle Banche etiche, le Banche sociali in genere, di
Microcredito, e così via?
Il cammino che ci si propone di seguire è quello di dimostrare sia la
proficua esperienza italiana (dove sono state costituite le prime banche e la
tecnica relativa e che nasce da un cammino storico lontano ma non troppo,
che vede – nel suo territorio – la creazione delle Banche, di origine pubblica
e dei Banchi, di origine privata – realtà spesso affini ma differenti – come
prime forme mondiali aggregate per l'intermediazione finanziaria) e sia
quella austro/tedesca (che ha dato origine alle Casse di Risparmio e alle
Banche Cooperative che ancor oggi esercitano la loro funzione sui territori
di tutto il mondo)1.
*
Titolo originale: Social Banking: a brief history. Pubblicato in: Olaf Weber and Sven
Remer: Social Banks and the Future of Sustainable Finance. Routledge International
Studies in Money and Banking, Taylor & Francis Group, Abigdon, Oxon OX14 4SB.
*ª Riccardo Milano è Responsabile delle relazioni Culturali di Banca popolare Etica.
1 Tale lavoro si concentrerà prevalentemente su tali aspetti, ben sapendo che ci sono
numerosi altri esempi di social banking in altre parti del mondo (per esempio negli Usa,
etc.) che sarebbe interessante studiare. Si faranno solo accenni paradigmatici su alcune
1
Successivamente una nuova consapevolezza sociale e un ripensare il ruolo
dell'intermediazione finanziaria ha dato origine all'esperienza delle Banche
Etiche nelle sue varie forme sia in tutta l'Europa e sia in molte parti del
Mondo.
È del tutto evidente la complessità dell'argomento e le innumerevoli tracce
che si possono seguire: qui si è preferito, anche per brevità di spazio, un
metodo
semplice
di
narrazione
piuttosto
che
di
un
generale
approfondimento ermeneutico.
Le sorprese non mancano: si spera solo che la lezione economico/sociale di
ieri possa essere valida sia per l'oggi e sia per il domani, vista la grave crisi
del sistema bancario/finanziario che l'attuale umanità sta vivendo.
2 - La realtà storica remota: la costituzione delle
prime banche nel Medio Evo
2.1 - L'uso del denaro, i banchi e l'usura
L’attività monetaria dei banchi e dei banchieri nel Medioevo era già una
pratica antica: in tale periodo, però, tutto ciò si consolida e prende il via
quella che è una rivoluzione del credito che trasformerà pian piano la storia
stessa dell'umanità. Ma ciò non senza contrasti: infatti, l’attività dei
esperienze canadesi e giapponesi. Ci si augura che prossimi lavori potranno riguardare
tutti questi aspetti.
2
banchieri era in parte limitata dalle leggi della Chiesa Romana, per la quale
chi prestava denaro con richiesta d'interessi, era considerato peccatore2.
Il motivo era semplice e complesso allo stesso tempo: poiché il tempo è di
Dio, l’usuraio trae profitto dal tempo impiegato nella restituzione della
somma prestata ad usura. L’usuraio specula su una proprietà di Dio ed è un
peccatore, anzi il peggiore di essi. Così si esprime chiaramente frate
Remigio de Girolami, domenicano, nel suo scritto: “Determinatio utrum sit
licitum vendere mercationes ad terminum”3, che ci testimonia quanto fosse
infimo il mestiere dell’usuraio tra quelli del Medioevo e di come venisse
accostato al mortale peccato di rubare il tempo di Dio4.
Ma cos’era l’usura per i medievali? Ambrogio afferma: “Usura est plus
accipere quam dare”5. Viene detta usura tutto ciò che viene richiesto in
cambio di un prestito oltre al prestito stesso; implicitamente lo sono i prezzi
più alti per la vendita a credito. Tommaso d’Aquino6 afferma: “Pecunia
2 Si rammenta che non meno di sei Concili hanno trattato e condannato il tema dell'usura
e varie lettere Encicliche sono state scritte per questa pratica. L'ultima di tali encicliche
fu la Vix Pervenit di Benedetto XIV del 1745.
3 O. CAPITANI, La venditio ad terminum nella valutazione morale di san Tommaso
d’Aquino e di Remigio de’ Girolami "Bullettino dell'Istituto storico italiano per il Medio
Evo e Archivio Muratoriano", 70 (1958), pp. 298-355.
4 J. Le Goff e G. Ardenna citano Tommaso di Chambave che conferma la medesima
posizione. Cfr. J. Le Goff, La borsa e la vita, p. 34; G. Ardenna, Riflessioni canonistiche
in materia economica dal XII al XV secolo, pp. 28-29.
5 “Usura è prendere più di quanto si sia dato”. J. Le Goff, op. cit., p. 20 (citando
Ieronimus, Breviarium in psalmos, LIV –PL 26, col. 1042–). Così si esprime anche
Gerolamo (347-420), cfr. M. Giacchero, L’atteggiamento dei concili in materia d’usura
dal IV al IX secolo, p. 319.
6 S. Tommaso segue l'ottica economica aristotelica per la quale il denaro è sterile non può
fare frutti. Aristotele distingueva, infatti, tra un’economia che lui definiva chrematistiké
3
autem […] principaliter est inventa ad commutationes faciendas: et ita
proprius et principalis pecuniae usus est ipsius consumptio sive distractio,
secundum quod in commutationes expeditur. Et propter hoc secundum se
est illicitum pro usu pecuniae mutuatae accipere pretium, quod dicitur
usura.” 7.
L'usura era quindi peccato ed era vietata ai cristiani: a causa di ciò la
maggior parte degli usurai era di religione ebraica, cui era consentito
prestare ad interesse al di fuori dalla loro comunità8. Da qui una dicotomia:
(creazione di ricchezza conseguente all’accumulo di denaro per se stesso) e la
oikonomiké (funzionale al soddisfacimento dei bisogni della famiglia e della comunità).
È evidente che solo quest'ultima era per la comunità, mentre la prima era
individualistica. L'interesse, di conseguenza, non era lecito in quanto non era funzionale
alla comunità.
7 “La moneta [...] è stata in primo luogo inventata per gli scambi; il suo uso naturale e
primo è dunque di essere utilizzata e spesa negli scambi. Pertanto è in sé ingiusto
ricevere un prezzo per l’uso del denaro prestato; è in ciò che consiste l’usura” (San
Tommaso d'Aquino: Summa Teologica, II-II, q. 78). Anche per San Bonaventura, il
denaro è di per sé improduttivo: “... quia pecunia, quantum est de se, per se ipsam non
fructificat, sed fructus venit aliunde;...”. Ossia: “Il denaro, di per sé, non dà frutto, ma il
frutto proviene da altrove” (Tertium Sententiarium dist XXXVII, dub. VII) . Cfr. per
entrambe le citazioni J. Le Goff, op. cit., p. 23.
8 Tra i passi della Torah che si pronunciano esplicitamente contro l’esazione dell’interesse
finanziario vanno ricordati l’Esodo, il Levitico e il Deuteronomio. In esso si formò uno
dei cardini dell’etica basata sulla fratellanza di sangue delle comunità ebraiche: in esso
si statuiva la solidarietà del mishpaha (clan) e l’esclusione del nokri (lo straniero) dai
privilegi e dagli obblighi della comunità; inoltre si proibiva all’ebreo di ritrarre
qualunque neshek (interesse) dal proprio fratello, rendendolo lecito, invece, nei
confronti del nokri. Le proibizioni che riguardano l’usura nell’Antico Testamento sono:
1) nell’Esodo: “Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con
te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse” (Es
22,24); 2) nel Levitico: “Se tuo fratello che è presso di te cade in miseria ed è privo di
mezzi, aiutalo, come un forestiero e inquilino, perché possa vivere presso di te; non
prendere da lui interessi né utili; ma temi il tuo Dio e fa vivere il tuo fratello presso di
te; non gli presterai denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura” (Lv 25, 35-37); 3)
nel Deuterenomio: “Non farai al tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro né di
viveri, né di qualunque cosa che si presta ad interesse. Allo straniero potrai prestare ad
interesse, ma non al tuo fratello, perché il Signore tuo Dio ti benedica in tutto ciò a cui
4
mentre la società civile e le leggi positive non condannano l’usura per
opportunità politiche ed economiche, le leggi ecclesiastiche non potevano
tollerare nessuna forma permissiva verso tali attività9. Con l’evoluzione dei
traffici e con lo sviluppo di una nuova società mercantile di tipo
capitalistico, l’accezione del termine usura venne sempre più restringendosi,
fino a indicare la richiesta e la corresponsione di tassi esorbitanti applicati ai
prestiti in denaro, laddove un tasso moderato viene solitamente chiamato
interesse. Infatti, con lo sviluppo delle tecniche produttive, con
l’intensificarsi delle comunicazioni e dei commerci, il panorama
dell’Europa mutò profondamente: si sviluppò sempre di più un’economia di
tipo mercantile in cui anche il denaro diventava una merce come le altre e
metterai mano, nel Paese in cui stai per andare a prendere possesso” (Dt 23, 20-21).
9 Interessante la posizione di J. M. Keynes al riguardo il quale nella sua opera The
General Theory of Employment, Interest and Money, scrive (libro VI, cap 23, V):
"... Sono stato educato a ritenere che l'atteggiamento della Chiesa medioevale nei
confronti del tasso d'interesse fosse essenzialmente assurdo, e che le sottili discussioni
intese a distinguere il reddito dei prestatori monetari dal reddito dell'investimento attivo
fossero soltanto tentativi ipocriti per trovare una via d'uscita pratica ad una teoria
insensata. Ma adesso considero quelle discussioni come un onesto sforzo intellettuale
per tener separato ciò che la teoria classica ha confuso inestricabilmente assieme, il
tasso d'interesse e l'efficienza marginale del capitale. Adesso mi pare infatti chiaro che
le disquisizioni degli scolastici erano dirette a chiarire una formula che permettesse
alla scheda dell'efficienza marginale del capitale di essere alta, pur impiegando la
norma e la consuetudine e la legge morale per tenere basso il tasso d'interesse. Perfino
A. Smith fu estremamente cauto nel suo atteggiamento nei confronti della leggi
sull'usura. Egli infatti si rendeva ben conto del fatto che i risparmi individuali possono
venir assorbiti o da investimenti o da prestiti, e che non vi nessuna garanzia che
troveranno uno sbocco nei primi. Inoltre egli era favorevole ad un tasso d'interesse
basso quale mezzo di aumentare la probabilità che il risparmio trovasse sblocco
nell'investimento nuovo invece che nei prestiti; e, per questa ragione, in un brano per il
quale fu severamente redarguito da Bentham, difese una moderata applicazione delle
leggi sull'usura...". La rivalutazione del pensiero medioevale di Keynes sarebbe da
commentare, se fosse possibile, proprio ai fini del nostro tema.
5
che aveva un prezzo costituito dal tasso di interesse10. I mercanti, i primi
imprenditori della storia, sono state figure importanti per lo sviluppo
economico del Medioevo: essi commerciavano con le comunità a breve o
lungo raggio e contribuirono alla ricchezze delle loro città. Erano benestanti
e contribuivano a mantenere nello stato una bilancia commerciale positiva
grazie all'accumulo in patria di oro e argento. Saranno loro gli inventori del
metodo del registro a partita doppia, applicato nell'economia aziendale (con
fra' Luca Pacioli) delle cambiali o lettere di cambio, delle assicurazioni11.
Essi si esponevano ai rischi di impresa nel commercio, disponevano di
buone riserve finanziarie ed uscivano dalla staticità del sistema economico
attraverso due modalità d'intervento: quello del Verlagsystem (sistema
dell'anticipazione)
e
quello
del
Kaufsystem
(sistema
del
commissionamento). Da qui il passo di alcuni dall'essere mercanti a quello
d'essere banchieri è breve: i primi furono i genovesi, i pisani, i veneziani, i
10 Sarebbe qui da ricordare la nozione di “riserva di valore del denaro”, ma si rimanda ad
altre fonti più idonee.
11 Secondo l’opinione più corrente le lettere di cambio o cambiali furono un’invenzione
italiana del Medioevo, allo scopo di rendere più facile ed agevole la circolazione del
denaro. La personalità al riguardo più spiccata fu Francesco Datini che è generalmente
ritenuto l'inventore dell'assegno; secondo una scuola di pensiero risulterebbe invece più
corretto riconoscergli un largo uso, unico per l'epoca e quindi moderno, della lettera di
cambio, piuttosto che attribuirgliene l'originaria invenzione. Per questo molti ritengono
che la lettera di cambio fosse l'antenata della cambiale: in realtà codesta permetteva al
possessore di ricevere, presso una banca designata sulla lettera, l'equivalente della
somma indicata nella lettera. Tale funzione è tipica dell'assegno. La più antica cambiale
che si conosca risale al lontano 1207 e in essa si legge: “Nell’anno 1207 Simone Rubens
banchiere dichiara di aver ricevuto L.34 in danari di Genova, con 32 danari di quali,
Simone Rubens, fratello di lui, deve dare in Palermo 8 marchi di buon argento a colui
che presenterà questa carta”. Il primo protesto noto, invece, risale al 1384 e venne
elevato da un notaio genovese contro un tal Antonius Laurentius.
6
fiorentini che, con tali loro attività, portarono le loro sedi sin in Inghilterra,
Francia, Spagna, ecc., e si dedicarono tutti indistintamente al traffico del
denaro.
Il bisogno del popolo era però grande: il Feudalesimo prima e le Signorie
poi non riuscirono a migliorare la qualità del vivere, né a limitarne la
povertà.
La
scarsezza
delle
produzioni
agricole,
la
difficoltà
d'approvvigionamento dei beni, ecc., non permettevano una crescita
dell'economia e dell'uomo così come la cristianità poteva auspicarsi. “Per i
poveri c'era la ricompensa nell'Aldilà” si diceva, proprio perché era difficile
migliorare la vita terrena12. L'elemosina divenne sempre più una pratica di
lusso chiamata l'elemosina delle briciole perché non portava a privazione il
superfluo13, ed era la caratteristica dei grandi signori e delle corti (compresa
quella papale di Avignone).
Tali situazioni e problematiche non potevano che generare studi e riflessioni
sia dal punto di vista civile che teologico e si attendevano risposte per la vita
quotidiana delle persone: l'approfondimento su tali temi iniziò, con riflessi
importanti, grazie ai Francescani14.
12 A proposito di quest'epoca si è soliti affermare che la parola povero comincia a
contrapporsi alla parola ricco in luogo di altri vocaboli (quali potente, soldato, …),
rispetto ai quali in precedenza si contraddistingueva. Nel contempo, il contrario di
povertà non è più alterigia, ma avidità.
13 Milano R., La finanza e la banca etica. Economia e solidarietà, Milano, Ed. Paoline,
2001, p. 52.
14 Sant'Antonio da Padova durante la quaresima del 1231 a pochi mesi dalla sua morte, ed
7
L'Ordine francescano, dopo aver approfondito i concetti economici del
monachesimo Benedettino (con il suo motto Ora et Labora) e proprio per la
necessità di chiarire come dovessero essere considerati sia i beni nella vita
dei frati e sia nella vita dei laici che si rivolgevano ai frati – ma erano
chiamati a continuare la vita nelle loro famiglie e nella loro professione –,
divenne una scuola importantissima della riflessione cristiana sull’economia
(ben prima del pensiero di Calvino) nella chiarificazione della differenza fra
usura e prestito a rischio del denaro, fra lusso e giusto uso dei beni,
nell’orizzonte del bene comune che richiede non una mera enunciazione di
intenzioni, ma una “organizzazione”, una “istituzionalizzazione” che lo
sostenga e lo renda concretamente possibile. In altri termini i Francescani,
proprio grazie alla scelta di una povertà volontaria, hanno elaborato un
linguaggio economico che ha contribuito alla formazione delle categorie
basilari del pensiero economico occidentale; ciò per risolvere l'imbarazzo
della ricchezza che deve circolare e non restare immobilizzata. Con i
in quello che fu il suo testamento spirituale, scrisse relativamente ai poveri e alle vittime
dell'usura (con particolare riferimento alla famiglia degli Scrovegni, noti usurai di
Padova): “Razza maledetta! Sono cresciuti forti e innumerevoli sulla terra, e hanno
denti di leone. L'usuraio non rispetta né il Signore, né gli uomini; ha i denti sempre in
moto, intento a rapinare, maciullare e inghiottire i beni dei poveri, degli orfani e delle
vedove… E guarda che mani osano fare elemosina, mani grondanti del sangue dei
poveri. Vi sono usurai che esercitano la loro professione di nascosto; altri apertamente,
ma non in grande stile, onde sembrare misericordiosi; altri, infine, perfidi, disperati, lo
sono apertissimamente e fanno il loro mestiere alla luce del sole”. Il linguaggio della
sua predicazione, che in buona parte ci è stata tramandata, era semplice e diretto: “La
natura ci genera poveri, nudi si viene al mondo, nudi si muore. È stata la malizia che ha
creato i ricchi, e chi brama diventare ricco inciampa nella trappola tesa dal demonio”.
8
Francescani nacque così l'Economia di mercato civile, intesa come struttura
di governo delle transazioni economiche. ”Francesco, fondatore di un
movimento eremitico, trasformatosi, con uno sviluppo folgorante, in ordine
mendicante, recepisce da Bernardo (di Clairvaux, fondatore del movimento
Cistercense, n.d.r.) sia il principio secondo cui i contemplantes devono
diventare anche laborantes, sia la regola per la quale i frati dovevano
rinunciare anche alla proprietà comune. Se ne distacca però su un punto
fondamentale: se si vuole trovare uno sbocco al sovrappiù generato in
agricoltura e nella mercatura, e così ovviare all’imbarazzo della ricchezza,
occorre dilatare lo spazio dell’attività economica facendo in modo che tutti
possano parteciparvi. Occorre cioè arrivare alle città dove vive la più parte
della popolazione da evangelizzare, creando appunto mercati. (Si rammenti
l’insistente domanda di J. Le Goff sul perché i nuovi Ordini mendicanti –
domenicani e francescani – fossero così attratti dalle città sviluppatesi in
Europa a partire dal secolo XI)”15. Un importante studioso italiano,
Giacomo Todeschini16, ci ha permesso di capire che la legittimazione
morale e giuridica del profitto derivava dalla disponibilità del mercante ad
usare nei confronti della propria controparte un riguardo consistente nel non
15 Zamagni S., L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo, Working Paper n. 49 del
Febbraio 2008. In www.aiccon.it.
16 Todeschini G., Credibilità, fiducia, ricchezza: il credito caritativo come forma della
modernizzazione economica europea in P. Avallone (a cura di), Prestare ai poveri,
Roma, CNR, 2007.
9
fargli pagare il prezzo più alto possibile, date le condizioni di mercato. Il
differenziale tra i due prezzi (quello in teoria esigibile e quello in realtà
praticato) costituiva un dono, espressione non di una generica carità, ma
della necessità di definire con certezza uno spazio economico occupato da
soggetti che si riconoscevano reciprocamente come appartenenti ad un
medesimo universo ideologico. È in questo senso che carità e profitto
potevano apparire ai magistri francescani (Olivi, Duns Scoto, Bernardino da
Siena, Bonanventura da Bagnoregio, Ockham e altri ancora) e ai più attenti
commentatori della civiltà cittadina come le due facce della medesima realtà
economica. Si rammenti poi la massima francescana, già nota negli ambienti
popolari dell’epoca, secondo cui “l’elemosina aiuta a sopravvivere, ma non
a vivere, perché vivere significa produrre, e l’elemosina non aiuta a
produrre”17: tale affermazione era di fatto un’implicita condanna
dell’assistenzialismo, incapace di dare dignità alla vita umana e a iniziare un
percorso di economia sociale e partecipata che potesse veramente dare
dignità alla stessa.
2.2 - I banchieri
Nel secolo XV per tutta l’Italia fiorirono ricche e stimate compagnie
17 Zamagni S.: L'emergenza dell'Economia Civile. In : ZABBINI E., DALLARI F., SALA
A. M. Emilia-Romagna. Regione della coesione e dell'ospitalità. La didattica della
geografia. Metodi ed esperienze innovative. Pàtron Editore, 2008
10
bancarie18: a Venezia il famoso Banco Soranza, seguito da quello di Casa
Priuli, e dal Banco Pisani, per non citare che i maggiori; a Genova il grande
Banco di San Giorgio (1407); a Milano quello di Sant’Ambrogio (1593); a
Napoli il Banco di Napoli, il più antico istituto di credito d’Europa. I
banchieri fiorentini furono quelli che maggiormente si distinsero per abilità,
intraprendenza
e
capacità
organizzativa.
Le
grandi
famiglie
di
commercianti, quali i Bardi, i Peruzzi, gli stessi Medici, costituirono vere e
proprie società familiari, riunendo il capitale posseduto da ogni membro
fino a formare colossali aziende che divennero, nel volgere di pochi
decenni, arbitre della storia non solo commerciale, ma spesso anche politica,
di mezza Europa. Avevano succursali in tutta Europa, Africa, Asia Minore:
sovvenzionavano guerre, lotte tra famiglie rivali, commerci in grande stile
con i più lontani paesi dell’Oriente19.
La loro attività bancaria aveva inizialmente tre settori d'azione:
18 Ben presto le loro pretese divennero eccessive e gli interessi richiesti parvero addirittura
passibili di pena; così nel 1291 il re Filippo IV li espulse dalla Francia; nel 1240
Eduardo III li cacciò dall’Inghilterra, ove poterono far ritorno solo dieci anni dopo sotto
l’egida del Papa per essere, però, nuovamente espulsi dopo poco tempo.
19 Quando, nel secolo XIV il re d’Inghilterra rifiutò di pagare ai banchieri fiorentini Bardi
e Peruzzi la (favolosa) somma di 1 milione e 365.000 fiorini d’oro che doveva loro, nel
crollo che seguì l’aspra contesa furono travolte infinite altre compagnie fiorentine:
quelle degli Acciaiuoli, dei Corsini, dei Bonacorsi e via dicendo; ma tanto ricca e tanto
capaci erano in quel tempo i toscani che, nel volgere di pochi anni, la città si risollevò
dal crollo pauroso e i suoi banchieri ripresero il loro posto di preminenza nel mondo. La
compagnia di Lorenzo e Giuliano dei Medici fu costituita nel 1461, con un capitale di
12.000 fiorini d’oro. Nel 1475 furono in grado di prestare ad Edoardo IV d’Inghilterra
ben 30.000 fiorini d’oro e divennero, poi, banchieri e sovvenzionatori dell’arciduca
d’Austria e del duca di Borgogna. In Paolo Rota Pure le banche hanno una storia.
Rivista Historia nr. 46 settembre 1961
11
1.: Prestiti su pegno: sebbene la riscossione di interesse era in contrasto con
la cultura dominante secondo cui era ingiusto guadagnare sulle somme
prestate (tesi sostenuta già da Aristotele), i prestiti erano con interessi e di
solito svolti da ebrei.
2.: Cambiavalute: considerato che solo in Italia esistevano 270 specie di
monete era un compito fondamentale che permetteva il commercio tra
diverse regioni.
3.: Banchi pubblici: nascono dalle maggiori esigenze del XVI secolo dello
Stato in campo finanziario di medio e lungo termine (mantenimento eserciti,
apparato burocratico). Tali risorse finanziarie vengono fornite dai proprietari
terrieri che avevano interesse, attraverso l'iniezione di denaro nelle casse
dello Stato, ad accumulare potere politico.
I prestiti venivano di solito assicurati da banchi di credito ebrei, lombardi
(la dizione “lombardi” comprendeva indistintamente tutti i banchi italiani),
fiamminghi e, pian piano, di famiglie francesi e tedesche. Il tasso d'interesse
praticato da loro era tra il 30/40% e veniva ridotto in modo considerevole
quando il cliente era un Comune, una Signoria o il Principato che ospitava
l'istituto di credito, dettandone le regole di permanenza sul territorio.
Tra tali banchieri e gli usurai classici che “servivano” il popolo, lo sviluppo
di una economia mercantile civile (di cui abbiamo detto) era di fatto
impossibile. Si affermò così la differenza tra prestiti alla produzione e agli
12
Stati (banchi antesignani delle odierne merchant banks) e prestiti al
consumo, pervenendo a giustificare l’interesse nei prestiti accordati a grandi
operatori economici, mentre continuava ad essere riprovato il compenso
pagato per i prestiti di sopravvivenza e al consumo per tutti gli altri.
Cominciarono così a delinearsi due mercati finanziari distinti: l’uno legale,
che favorì lo sviluppo dei grandi banchieri e di un efficiente sistema
creditizio; l’altro, clandestino, ad opera degli usurai, nel quale si
manifestavano gli abusi più odiosi.
2.3 - I Monti di Pietà
Gli ordini mendicanti (Domenicani20 e Francescani), che si scagliavano
sempre apertamente contro il tasso d'interesse considerandolo usuraio e
teologicamente illecito21, non potevano rimanere inerti e dovevano
intervenire. Infatti, in una società in cui i prestiti erano necessari per il
prosperare della produzione e dei commerci, e talvolta per la sopravvivenza,
condannare
l’interesse
significava
semplicemente
relegarlo
nella
clandestinità22. La svolta ci fu con la predicazione di un francescano, fra'
20 Interessanti, e valide ancor oggi, le riflessioni sull'etica del denaro di Sant'Antonino,
Vescovo di Firenze, nella sua Summa Teologica.
21 In particolare, per i francescani dei primi tempi, quelli della regula non bullata, il
danaro era considerato “polvere da calpestare con i piedi”. Dio non ammetteva che si
lucrasse sui bisogni degli individui.
22 I mercanti e i grossi imprenditori ricorrevano ad ingegnosi artifici per mascherare
l’interesse.
13
Bernardino da Siena, quando si diffuse un suo scritto intitolato: Tractatus de
Contractibus et Usuris (a seguito anche degli studi dei personaggi sopra
citati) in cui giustificò la proprietà privata (con le sue restrizioni), l'etica del
commercio, la determinazione del valore e del prezzo e infine la possibilità
di un interesse equo sui prestiti. La teologia di Bernardino da Siena teorizza
che l'uomo intraprendente viene dotato da Dio di quattro qualità: laboriosità,
responsabilità, efficienza e propensione al rischio. Tali qualità sono tipiche
dei mercanti e degli artigiani, perciò ognuno di costoro ha il diritto di
guadagnarci sopra per proseguire nel suo negozio e in ricompensa dei rischi
che corre.
Gli Ordini mendicanti dei Francescani e dei Domenicani si posero, quindi, il
problema dei servizi di credito sia per ampliare le possibilità di soccorso dei
poveri, sia come alternativa ai prestiti ad interesse dei banchieri ebrei. Per
rispondere a queste istanze e prendendo spunto dagli stessi banchi ebraici e
con l'intento di soppiantarli, essi avviarono attività creditizie operanti con
fini solidaristici e soprattutto senza scopo di lucro: i Monti di Pietà. La
nuova dottrina prese vigore nel convento di Monteripido di Perugia e
conseguì un risultato universale: la creazione delle banche moderne basate
sul fondo di rotazione del denaro. Il primo banco di prestito su pegno fu
14
quello di Ascoli Piceno nelle Marche fondato il 15 Gennaio 145823, seguita
da quello di Perugia. Infatti, tra i frati che frequentavano Monteripido,
divenuto sede dello Studium generale di teologia di Bernardino da Siena, ci
fu fra' Barnaba Manassei che veniva da una famiglia di mercanti e
amministratori della città di Terni e unì in sé il momento contemplativo e
quello pratico, per cui è stato definito “asceta ed economista”. L'importanza
universale del Manassei risale al 1460-1462, quando predicò a Perugia,
insieme a fra' Michele da Milano e, esecrando l'usura, convinse gli
amministratori della città a dar vita a un banco, che usasse il tasso
d'interesse unicamente per conservare il monte del denaro necessario a
mantenere il flusso dei prestiti, secondo la teologia di Bernardino da Siena e
applicando la regola del fondo di rotazione.
Tale banco, formatosi con i proventi di donazioni ed elemosine prese il
nome di Monte di Pietà24 e faceva prestiti a mercanti e artigiani ed
escludeva prestiti per spese di lusso25. Il tasso d'interesse non doveva
23 L'atto di costituzione del Banco di Ascoli contiene un'affermazione che sembra essere
uscita dalla penna di A. K. Sen o da un documento dell'Onu: l'istituzione veniva istituita
“per sostenere e alimentare i cittadini poveri di Ascoli e di altri luoghi, specialmente dei
vergognosi e di coloro che arrossiscono e provano disagio nel cercare l'elemosina di
porta in porta”.
24 Nello Statuto del Monte di pietà di Perugia si legge: “… per subventione et aiutorio de
le povere persone... nelle loro estreme necessità”.
25 Non si finanziavano quindi tutti, ma solo coloro che avevano già qualcosa ed erano in
grado di sviluppare una prassi economica. Per gli esclusi si continuava la pratica
assistenziale fino a quando la loro cultura e disponibilità non permettevano un salto di
qualità. Oggi, nella pratica del Microcredito, non si finanziano tutti indistintamente, ma
solo coloro che sono disponibili ad un organico percorso formativo.
15
superare il 6%. Il nuovo istituto bancario divenne la bandiera contro l'usura
dei francescani osservanti e si diffuse rapidamente in mezza Italia: a
Orvieto, nel 1463, a Foligno nel 1465, a Terni nel 1467, ad Assisi nel 1468.
nel 1471 a Viterbo, nel 1473 a Bologna, nel 1479 a Savona, nel 1483 a
Milano, nel1484 a Mantova, Brescia e Ferrara, nel 1486 a Vicenza, nel 1510
a Forlì, e ben presto altri ne seguirono negli anni successivi. A Velletri
risulta che già prima del 1477, si costituì il primo Monte di pietà non
sponsorizzato dai francescani e uno dei primi dell’Italia centrale.
Successivamente si allargarono in tutt'Italia e nel resto d'Europa26.
Monte di pietà è un nome composto: monte significava (nel linguaggio
finanziario dell'epoca) cumulo di prestiti, mentre pietà rimandava ad una
delle immagini della passione di Cristo. I poveri, visti come vera immagine
26 A Partire dal '500 si ebbero istituzioni di Monti in Belgio, in Francia e poi in Spagna. I
Monti restarono comunque un fenomeno essenzialmente italiano del centro-nord (anche
perché nei paesi della Riforma, come l'Inghilterra, dire Mons Pietatis era sinonimo di
cattolicità). Diversi dai Monti, perché non derivanti dal principio di reciprocità, sono le
esperienze di “economia sociale” ante litteram come la Fuggerai di Hausburg, un
villaggio costruito dai ricchissimi Fugger per le famiglie povere: questo tipo di
esperienze, nate non a caso contemporaneamente alla Riforma protestante, daranno vita
alle forme di “capitalismo filantropico” di stampo anglosassone. La Fuggerei fu fondata
nel 1521 da Jakob Fugger il Ricco come quartiere residenziale per cittadini augustani
bisognosi. Essa è il complesso di case popolari più antico esistente al mondo. L´affitto
annuale (escluse le spese accessorie) per appartamento ha fino ad oggi il controvalore
nominale di un fiorino renano, attualmente 88 centesimi, così come di tre preghiere
giornaliere per il fondatore e la sua famiglia. Nei 140 appartamenti delle 67 case vivono
oggi circa 150 persone. L´abitante più famoso della Fuggerei fu il capomastro Franz
Mozart, bisnonno del compositore W.A. Mozart. Attualmente la Fuggerei è una “città
nella città” con una chiesa, delle mura e tre porte. Il complesso di case popolari viene
finanziato ancor oggi quasi esclusivamente tramite il patrimonio della fondazione
(economia forestale ed immobili). Il quartiere viene amministrato dalla “Fürstlich und
Gräflich Fuggersche Stiftungs-Administration“.
16
del Cristo sofferente: questo il senso della pietà. I maggiori propagatori dei
Monti furono Bernardino da Feltre, Bernardino da Feltre (Monti di pietà
pecuniari) e Andrea da Faenza (Monti frumentari). La differenza tra questi
ultimi è riferita alla natura, non ai destinatari. Quelli di pietà servivano per
calmierare il costo del denaro a vantaggio delle forze di lavoro, mentre
quelli frumentari servivano per calmierare il prezzo del grano, favorendo la
parte povera della classe degli agricoltori. Le norme che regolarono
definitivamente i Monti di Pietà furono dettate da Papa Leone X il 4 Maggio
1515 con la bolla Inter Multiplices prodotta nel V Concilio Lateranense27,
pur confermando la condanna generale dell'usura28. Il Concilio di Trento
pose i Monti di Pietà tra gli Istituti Pii.
Le peculiarità dei Monti di Pietà sono così riassumibili: legame stretto col
territorio, cioè prestito di denaro solamente ai residenti o a chi abitava in
alcune località limitrofe (espressamente indicate negli Statuti); concessione
in prestito solo di somme di entità piuttosto modesta con la garanzia di
pegni costituiti da oggetti di valore di proprietà; giuramento dei beneficiari
27 L'approvazione non fu senza contrasti di alcuni moralisti che definirono le nuove
istituzioni come... Monti di empietà.
28 Negli stessi decenni anche Martin Lutero prende di mira l’ usura attaccando tale pratica
con la stessa risolutezza dei padri della Chiesa e dei papi. Anzi, nei suoi due Sermoni
sull’usura del 1519 e del 1520, Lutero non solo ribadisce che il prestito di denaro deve
essere gratuito, ma condanna anche quel pagamento di un compenso previsto e
ammesso dal diritto canonico. Inoltre la messa in scena del Mercante di Venezia di
Shakespeare ebbe in Inghilterra l’effetto di ravvivare ulteriormente le dispute dottrinali
sull’usura: al nucleo ideale della commedia, il rapporto dell’uomo col denaro, la critica
rivolse l’attenzione al tema dell’usura che si presentava come un importante problema
sia economico che morale.
17
nel prendere le somme per necessità e per usi moralmente ineccepibili;
coinvolgimento nelle attività sociali del territorio in cui operavano in vario
modo; accettazione dei depositi volontari, remunerati con un tasso di
interesse; concessione di prestiti alle magistrature cittadine, in occasione di
crisi alimentari o di passaggi di truppe; accensione dei mutui ipotecari con
privati; concessione di doti alle fanciulle povere; svolgimento di funzioni di
tesoreria per conto degli istituti assistenziali delle comunità29.
I Monti furono, così ed inoltre, gli antesignani della raccolta dei risparmi,
che si stavano formando sia nelle classi aristocratiche che in quelle della
piccola e media borghesia. Nel 1611, infatti, Hugues Delestre pubblicò in
Francia un opuscolo30 nel quale presentava la proposta di inserire nei Monti
due nuovi settori: uno per la raccolta del risparmio delle classi ricche
(aristocrazia, alto clero borghesia commerciale), l'altro per la raccolta del
risparmio minuto. In Inghilterra la stessa proposta fu lanciata dallo scrittore
Daniel Defoe nel 1697.
Cominciò quindi una evoluzione verso il modello Casse di risparmio che
però fu interrotta quasi ovunque in Italia e in Europa dall'arrivo nel 1796
delle truppe francesi di Napoleone che, informate della ricchezza contenuta
29 In modo molto compito i francescani, benché attivi nella promozione dei Monti di pietà,
non ebbero quasi mai parte nella gestione degli stessi, che invece vennero affidati ai ceti
dirigenti locali.
30 Delestre H., Le premier plan du mont de piété françoise consacré à Dieu. Egli presentò
il progetto alla regina Maria de' Medici.
18
nelle casse degli istituti, se ne appropriarono in nome del “diritto di
conquista”. Dopo la spoliazione, i Monti vennero raggruppati nelle
Congregazioni di carità napoleoniche, istituite con un provvedimento del
1807.
Dopo il 1815 la Restaurazione restituì ai Monti la loro autonomia, ma a
questo punto essi non erano più protagonisti: lo furono le Casse di
Risparmio, di basilare matrice austriaca, che, come vedremo, ebbero il
compito storico di sviluppare le nuove idee di credito e di impegno sociale.
2.4 - Una conduzione della banca orientata al sociale.
È evidente che quest'analisi storica ha dimostrato che le origini del social
banking è da riscontrarsi nei Monti di Pietà che furono anche, come avrebbe
teorizzato il grande economista Schumpeter31, banche locali che agirono
come veri e propri agenti di sviluppo del territorio. Dal XIV al XVI secolo
essi furono una vera rivoluzione, che in molti casi pose le basi della
prosperità non solo delle regioni italiane del centro-nord fino ai giorni
nostri, ma anche di buona parte dell'Europa. Oltre ciò, i Monti furono anche
centri di cultura civica e non è difficile ritrovare nelle loro attività, e in molti
casi anche nelle origini dei patrimoni, le radici delle Fondazioni bancarie in
Italia. Le attività al servizio del territorio non si limitavano infatti ai
31 History of Economic Analysis, Vol. II, 1954.
19
finanziamenti e alla raccolta, ma si estendevano al supporto di attività
politiche e culturali, al sostegno delle attività religiose, all'assistenza ai
poveri e ai malati. Si può poi tranquillamente affermare che i Monti erano il
corrispondente di quelle che oggi sono chiamate banche etiche, con il loro
business etico: tale caratteristica non va ricercata nella dispensa di
elemosine obbligatorie a fine esercizio. È il modo stesso di fare banca che
viene a configurarsi come etico in sé: viene richiesto un tasso di interesse
del 5 o del 6% a fronte di un erogazione di interessi sui depositi del 4%.
Uno spread del 2%: qui sta l’eticità dell’operatività dei Monti di Pietà. A ciò
bisognerebbe riferirsi anche oggi quando si parla di etica (e se ne parla
tanto, anche troppo!): non alla devoluzione residuale di esigue somme a
favore di qualche pia causa, ma ad un modo di fare banca che abbia in sé le
caratteristiche per essere considerato tale. Ripeto: i Monti non furono un
esempio di attività etica perché distribuivano gli utili, ma perché facevano
banca senza fare usura. Purtroppo su questo punto c'è ancora molto da
imparare.
Si può dire in conclusione che, nella creazione di queste prime banche
sociali, i Monti di Pietà, che i francescani ebbero una felice intuizione:
“Finché c'è un povero – un povero non per scelta ma perché subisce la
20
povertà – la città non può essere fraterna”32 .
3 - La realtà storica delle banche sociali (XVIII, XIX,
XX secolo)
3.1 - Le Casse di Risparmio
Con l'era Napoleonica in Europa i Monti subirono un cambiamento
importante, ma la sostanza della loro attività, specie quella del credito,
rimaneva. Ma per tempi nuovi c'era bisogno di attività nuove: era finito il
monopolio fondativo e creativo delle realtà economiche italiane e le
economie forti erano altrove. La rivoluzione industriale era agli inizi e
occorrevano nuove idee e capacità. I vari Monti doveva trasformarsi e
riprendere vigore. Non a caso, quindi, la nascita33 delle Casse di Risparmio
si colloca nel secondo XVIII secolo grazie alla passione e all’impegno di
filantropi, specie inglesi e francesi. Costoro sostennero la necessità di
convogliare il risparmio cittadino dei ceti medio-piccoli in istituzioni
dedicate al sostegno delle iniziative locali di tali ceti: ciò sia per
incoraggiarne lo sviluppo economico che si andava delineando nel quadro
della incipiente rivoluzione industriale, sia perché era fortemente avvertita
32 Bruni L. Il prezzo della gratuità. IdeEconomia, Città Nuova, 2006. Pag 15
33 Schlesinger P.: Riforma o controriforma della disciplina sulle Fondazioni bancarie?
Considerazioni di un civilista, convegno Cesifin “Le fondazioni bancarie dopo la
legge finanziaria 2002” Firenze, 1 marzo 2002.
21
l’esigenza di soccorrere le classi meno abbienti con iniziative assistenziali, e
sia di promuoverne lo spirito di previdenza e di risparmio. La realizzazione
di questo modello ebbe successo soprattutto nelle città mercantili della
Germania nordoccidentale di fine secolo (Sparkasse), e da lì andò
diffondendosi anche in Austria e in Svizzera e poi nell’Italia del nord
nell’ambito dell’Impero austro-ungarico. Analogamente in Spagna ( Caja o
Caixa), in Francia (Caisse d’Epargne), in Gran Bretagna34 (Savings banks),
negli Stati Uniti (Savings and loans associations e Credit Unions)35 e così
via.
Più precisamente nell’anno 1778 venne fondata la Cassa di Risparmio di
Amburgo, considerata convenzionalmente la capostipite, con lo scopo di
34 Determinante fu l'apporto di Sir George Rose. Durante la seduta alla Camera dei
Comuni il 15 Novembre 1957 il segretario finanziario al tesoro Britannico, J. Enoch
Powell a proposito del Trustee Savings Banks Bill (vol 577 cc1269-99) disse: “I beg to
move, that the Bill be now read a Second time. This Bill relates to the fortunes of a very
remarkable institution, an institution which, I think, may be fairly described as
characteristic of the British - characteristic of the British in its long continuity, in its
power to combine sturdy independence with common sense, cooperation, and in the
ability which it has shown over a long period to adapt itself to changing circumstances.
The origin of the trustee savings bank goes back to the very last years of the eighteenth
century, to the middle of the first Industrial Revolution. It took its origin in
circumstances which socially, politically and economically are about as different from
those of today as can well be imagined, yet over all that period it has survived and its
usefulness has grown rather than diminished until today there are 84 of these trustee
savings banks, with a total of £1,250 million invested in them. It is ironical to note that
in these recent weeks, which have not been a very easy period for national savings,
those forms of national savings which have done best have been the very newest and the
very oldest - the Premium Bonds and the savings banks.This is an institution in which
almost from the beginning hon. Members of this House have taken a special interest. Its
earliest legislative basis was given to it by a Bill of 1817, which was moved by my
predecessor the right hon. George Rose, friend and colleague of the younger Pitt.”
35 La prima cassa di risparmio negli Stati Uniti, il Philadelphia Savings Fund Society è
sorto il 20 dicembre 1816, e dal 1830 è stato emulato da numerose altre analoghe
società.
22
fornire alle “persone industriose di più umile condizione… l’opportunità di
mettere da parte alcunché, depositare in modo sicuro i risparmi duramente
guadagnati, con qualche interesse36”.
Non essendoci grandi problemi (a parte la onnipresente povertà) negli Stati
europei, è interessante il caso italiano proprio a causa della presenza di più
regni sul suo territorio. Infatti, in Italia le prime Casse di Risparmio vennero
istituite fin dal 1822 nei territori dell’Impero austro-ungarico, come
emanazione dei locali Monti di Pietà. A Milano nel 1823 venne fondata la
Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde dalla Commissione centrale
di beneficenza37, su sollecitazione delle autorità di governo. Nell’Italia
centrale – Granducato di Toscana e Stato pontificio – l’iniziativa fu invece
assunta da associazioni di cittadini, mentre in quella meridionale le Casse di
Risparmio sorsero per derivazione dai Monti Frumentari ed ebbero uno
sviluppo molto contenuto. Il fatto che l’iniziativa per la costituzione delle
36 Le frasi tra virgolette sono tratte dal par. 94 dell’originario statuto della Cassa
amburghese, trascritto in Clarich M., Le Casse di risparmio verso un nuovo modello,
Bologna, Il Mulino, 1984, p. 13.
37 La Commissione Centrale di Beneficenza era una emanazione della Congregazione
centrale, istituita dalla Amministrazione asburgica durante la crisi economica del 18151818, con il compito di organizzare e gestire un’attività filantropica a sostegno dei
poveri e di promozione dell’economia locale. Quando nel 1823 la Commissione
concluse il suo mandato si pose il problema di come utilizzare le risorse rimaste
disponibili grazie agli oculati investimenti compiuti negli anni precedenti.
L’Amministrazione asburgica propose allora la costituzione della Cassa di Risparmio di
Milano, sul modello di quella di Vienna. Negli anni successivi, il successo di questa
iniziativa è testimoniato dall’espansione dell’attività in tutto il territorio lombardo, e
sancito dall’assunzione del nome Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde.
Attualmente Commissione Centrale di Beneficenza è la denominazione tuttora utilizzata
per indicare l’organo di indirizzo della Fondazione Cariplo.
23
Casse di Risparmio fosse partita da diversi soggetti (Governi, Comuni,
autorità ecclesiastiche, associazioni di cittadini) determinò una pluralità di
tipi istituzionali, tra i quali quello a struttura associativa e quello a struttura
di fondazione38; quest’ultima distinzione è tuttora applicabile alla struttura
delle fondazioni bancarie. Le Casse di Risparmio erano regolate
fondamentalmente dallo Statuto, atto di natura eminentemente privata, che
determinava la struttura organizzativa nonché il grado di autonomia
patrimoniale e amministrativa. Lo Statuto, grazie alla sua flessibilità,
consentì il tempestivo adattamento di ciascun istituto alla realtà economica e
sociale in cui operava.
3.2 – L'operatività delle Casse di Risparmio
Fin dall’inizio, la funzione principale che contraddistinse le Casse di
Risparmio fu la raccolta di denaro risparmiato tra le classi meno abbienti,
che versavano piccoli importi a scopo previdenziale e non avevano intenti
speculativi. La funzione di impiego dei depositi fu caratterizzata, come in
parte visto, dalla necessità di garantire due risultati: la sicurezza degli
investimenti, mediante una gestione prudente del denaro raccolto, e un
38 Vedi Matteucci N., L’origine storica delle casse di risparmio, in Roversi Monaco F. A.
(a cura di), Le fondazioni casse di risparmio, Rimini, Ed. Maggioli, 1998, p. 23, che
distingue tra Casse a base associativa, il cui consiglio di amministrazione è nominato
dall’assemblea dei soci, e Casse a base istituzionale, il cui consiglio è nominato
dall’ente fondatore.
24
grado di redditività minima come forma di incentivo. Tale aspetto è poi
legato indissolubilmente con la importante funzione pedagogica che le
Casse assunsero nei riguardi della frazione povera della popolazione,
cambiando i comportamenti delle persone. Col successivo emergere di una
componente bancaria, le Casse di Risparmio seguirono schemi operativi
distinti non solo rispetto alle grandi banche private, ma anche rispetto alle
Banche Popolari che, come vedremo, tendevano ad assumere rischi più alti,
tanto che svolsero un ruolo di stabilizzatori del sistema finanziario nei
periodi di crisi economica.
Già dopo pochi decenni dalla loro istituzione, le Casse di Risparmio
raccoglievano la maggior parte del risparmio disponibile. Nel 1880 in Italia
erano 18339, distribuite in tutto il paese40. La diffusione e la crescita dei
nuovi Istituti spinsero il governo a regolamentarne in modo più chiaro
l’istituzione ed il funzionamento con una legge del 1888 che distingueva e
chiariva la definizione giuridica di Cassa di Risparmio e che le sottoponeva
alla vigilanza da parte del Ministero dell'Agricoltura, Industria e
39 In Inghilterra se ne contavano nel 1830 ben 122.
40 Ai fini storici è interessante un aneddoto: in Umbria l'idea di adottare i mezzi e lo
Statuto delle Casse di Risparmio fu portata da mons. Gioacchino Pecci nel 1843. Pecci
era allora Delegato Apostolico a Perugia. In seguito diverrà Vescovo di tale Diocesi ed
infine divenne Papa con il nome di Leone XIII (nel 1878). Nel 1843, era stato nominato
vescovo di Terni Don Vincenzo Tizzani, un amico, tra l'altro, del poeta romano
Gioachino Belli, sposato con una ternana. Tizzani prese spunto da Pecci e scrisse una
lettera, in data 30 gennaio 1846, a Giuseppe Massarucci, gonfaloniere di Terni per
chiedere uno sforzo concorde per la istituzione di una banca popolare, ovvero di una
cassa di risparmio, denunciando “le avarie che continuamente si fanno dagli usurai a
danno della povera classe industriale”.
25
Commercio41. Tale legge le considerava come istituzioni ben definite e
distinte, anche per la loro funzione sociale, dalle altre aziende di credito.
Negli stessi anni però esse dovettero affrontare la concorrenza nella raccolta
del risparmio da parte delle Poste Italiane42 e delle Banche Popolari.
3.3 - Le Banche Popolari e le Casse Rurali come
banche cooperative: le loro origini
Dal punto di vista ideologico e storico il pensiero da cui nascono le
cooperative, che sarà la ragione giuridica delle Banche Popolari e delle
Casse Rurali, prende le mosse dall’Inghilterra di Robert Owen e dei Pionieri
di Rochdale. In Francia, i primi esperimenti di cooperative di lavoro o di
consorzi risalgono al periodo tra il 1830 ed il 1840 ad opera di Philippe
41 Le Casse Italiane si diffusero sul territorio nazionale in modo diverso, specie tra Nord
e Sud. La ristrettezza dello spazio non consente l'amplificazione di tale problema che è
stato reale e di rilevanza economica.
42 Il 1876 vedeva in Italia il successo del Risparmio postale, divenuto legge dello Stato
l'anno prima, il 27 maggio 1875. Il numero dei libretti postali era salito in un solo anno
a quota 57mila. Ma 20 anni dopo, nel 1912, i risparmiatori postali divennero 6 milioni.
Il Servizio delle Casse Postali di Risparmio erano amministrate dalla Direzione
Generale delle Poste. Con questo provvedimento il legislatore regolamentava e
rilanciava il grande successo del servizio di depositi e prestiti, lanciato nel 1861, quando
era entrato in vigore il Regolamento sul servizio dei depositi di denaro e per il
pagamento dei vaglia postali. Alimentato dalle rimesse degli emigranti, il servizio era
diventato una significativa fonte di entrate per l'amministrazione postale, che dal 1862,
erogavano anche il servizio dei vaglia internazionali. L'attività delle Casse Postali di
Risparmio ebbe una crescita costante, nel periodo che va dal 1876, anno in cui vi erano
circa 300 casse, fino ai primi anni del Novecento. Alla fine dell'Ottocento, poi, furono
introdotti anche i libretti postali per gli italiani residenti all'estero, la raccolta del
risparmio nelle scuole e le Casse di risparmio sulle navi militari. I capitali erano
collocati, come ancora oggi, in opere di pubblica utilità e usati per l'estinzione dei debiti
locali.
26
Bouchez, che promosse alcune forme di associazioni cooperative tra
mobilieri ed orafi, e di Louis Blanc (1848), il quale presentò al governo un
disegno di legge per la costruzione di laboratori gestiti in forma cooperativa.
Al 1848 risale anche l’istituzione di una prima embrionale forma di banca
“popolare” ad opera di Pierre Joseph Proudhon nello stesso periodo in cui,
in Belgio, François Haeck tentava un analogo esperimento di banca
cooperativa. Importante è ricordare anche Charles Gide, fondatore della
Scuola di Nîmes, che arrivò a teorizzare una “repubblica cooperativa” in cui
il profitto fosse completamente bandito dal regime economico 43.
I motivi per cui si sono creati questi Istituti bancari sono sostanzialmente
due: combattere l’usura che (ancora) colpiva soprattutto le classi più povere
e dare la possibilità anche alle più modeste categorie economiche produttive
di avvalersi di validi organismi di erogazione del credito. Proprio per questo
venne scelta la forma associativa della cooperazione di credito, ritenuta la
più adatta a raccogliere i modesti mezzi finanziari degli associati, a
consentire una migliore remunerazione ai piccoli risparmiatori e a procurare
il capitale ai piccoli imprenditori alle condizioni più favorevoli, escludendo
perciò le categorie che potevano ottenere capitale monetario da altre banche.
Le banche cooperative nascono quindi secondo due diversi schemi, quello
43
GIDE Charles, Coopération et économie sociale, 1886-1904, Paris/Budapest/
Torino, l'Harmattan; Paris, Comité pour l'édition des oeuvres de Charles Gide, 2001
[présenté et annoté par Patrice Devillers]
27
delle Banche Popolari e quello delle Casse Rurali che trovarono campi
diversi di applicazione e apparirono subito fortemente diversificati.
3.4 - Le Banche Popolari
Intorno al 1850 anche la Germania cominciò, in una fase di profonda crisi
economica, a dare attuazione pratica ai principi della cooperazione. I primi
tentativi di Hermann Schulze-Delitzsch, un avvocato prussiano liberista
convinto e deputato all’Assemblea Nazionale, si mossero nella direzione
della costituzione di cooperative tra piccoli imprenditori, per l’assicurazione
contro le malattie e la morte e per l’acquisto di materie prime.
Successivamente scelse la strada delle cooperative di credito che avrebbero
dovuto essere fortemente radicate nel loro territorio con un elevato livello di
autonomia, superando il rigido e classista individualismo proprio della
società aristocratica prussiana detentrice di tutte le leve del potere politico e
economico; ciò anche per privilegiare il principio della mutualità, per il
quale molti, mettendosi insieme, potevano ottenere meglio ciò che, per le
regole del credito vigente, era negato al singolo. Veniva così stimolata e
premiata la loro capacità imprenditoriale, la loro voglia di crescita
economica e sociale. La sua dottrina economica ebbe un notevole riscontro
nella popolazione urbana: già nel 1859 si contavano 183 banche con 18 mila
28
soci in Pomerania e Sassonia44. Nello stesso anno venne istituito un primo
ufficio centrale col compito di coordinare, pur nel rispetto dell’autonomia
funzionale delle singole unità, l’attività delle diverse cooperative di credito
lontane fra loro. Nascevano quelle che poi avrebbero preso il nome di
Volksbank (Banche Popolari).
Il pragmatismo di Schulze45 espresso in un suo testo base del 1855 Delle
unioni di credito ossia delle banche popolari non ignorava lo sviluppo della
cooperazione che già nel 1844 a Manchester aveva fissato i primi principi di
una solidarietà estesa del mondo del lavoro per l’acquisto dei beni di
consumo e di produzione. Il suo liberalismo lo spingeva però a rifiutare
decisamente il modello socialista di Lassalle di un “associazionismo coatto”
che si traduceva in cooperative strettamente controllate dallo Stato e
finanziate con fondi pubblici. Per lui le Banche Popolari Cooperative
dovevano fondarsi sulla capacità di risparmio e di previdenza dei singoli
44 Quando Schulze muore nel 1883 sono oltre 3000 con un milione e 200.000 soci.
45 Il grande merito di Schulze-Delitzsch fu la fiducia nell’uomo, nelle sue capacità e nelle
relazioni tra gli individui e scelse come modo di operare il principio partecipativo e
colloquiale, anziché quello fondamentalista e rigido, e senza escludere a priori chi non
avesse merito di credito all’accesso ai mercati finanziari, che era allora presente nel
mondo cooperativo. La Banca Popolare, viene alla luce, infatti, in un contesto
caratterizzato dall’impellente necessità di risolvere una “questione sociale” che
significava povertà, analfabetismo, assenza di qualunque prospettiva per masse inurbate
la cui numerosità cresceva, in coincidenza con la rivoluzione industriale, a velocità
esponenziale. Coniugare il progresso tecnologico e lo sviluppo economico delle classi
meno abbienti era la sfida dell’epoca alla quale si cercava di rispondere con logiche di
tipo assistenziale e filantropico oppure, sul versante opposto, con la ricerca di un
associazionismo estremo da parte dei socialisti utopisti. La persona come individuo era
destinata a scomparire nella moltitudine degli assistiti oppure nella anonimità del
collettivismo.
29
soci azionisti senza alcun contributo o dello Stato o della carità privata,
come spesso era prassi nelle Casse di Risparmio.
La diffusione in tutt'Europa e nel mondo fu enorme, modificandosi ovunque
per adattarsi alle diverse realtà locali. Si svilupparono soprattutto all’interno
dei centri urbani e diventarono le banche di commercianti, artigiani,
professionisti, a differenza delle Casse Rurali che si diffusero nei centri
agricoli, operando quasi esclusivamente con clienti agricoltori.
3.5 - Loro filosofia ed operatività
La vocazione tra gli operatori creditizi che operavano principalmente in
base regionale o locale, è stata svolta tradizionalmente dalle Casse di
Risparmio e dalle Banche Popolari.
Queste ultime si svilupparono, come visto, all’interno di contesti urbani
costituendo una risposta alla domanda di finanziamenti che proveniva da
piccoli imprenditori e dai piccoli artigiani, i quali in questo modo riuscivano
a difendersi dal pericolo di essere espulsi dal mercato dalle maggiori
imprese manifatturiere, data la loro migliore organizzazione e maggiore
concentrazione. In questo senso gli Istituti di Credito Popolare si distinsero
rispetto alle preesistenti Casse di Risparmio che invece inizialmente
perseguivano il fine di combattere la povertà e di educare i meno abbienti al
risparmio. In secondo luogo le Popolari assunsero la struttura di società a
30
responsabilità limitata, peculiarità che consentì loro di raggiungere
maggiori dimensioni rispetto alle Casse che adottavano il regime di
responsabilità illimitata, che rappresentava un vincolo al loro sviluppo
dimensionale e geografico. La maggiore disponibilità di capitali e il più
ampio raggio d’azione delle Banche Popolari indusse le stesse a offrire i
propri servizi anche a clienti non soci, attenuando in tal modo il carattere
mutualistico di questi istituti. Sebbene le Banche Popolari costituiscano una
categoria estremamente eterogenea, comprendente sia istituti di grosse
dimensioni che piccoli è tuttavia rintracciabile, nella quasi totalità di esse, il
persistere di una forte vocazione al localismo.
Le Banche Popolari, secondo il progetto di Schulze, avevano un capitale
proprio formato da azioni di grosso taglio che i soci non abbienti potevano
pagare a rate; erano soci i sottoscrittori di almeno una azione e solo a questi
la banca poteva concedere prestiti. Il capitale doveva costituire il primo
fondo di esercizio, ma la banca avrebbe potuto raccogliere depositi anche
dai non soci corrispondendo su di essi un interesse, purché tali depositi non
superassero il triplo o il quadruplo del capitale sociale. I prestiti sarebbero
stati concessi ad un interesse basso, per somme limitate e verso garanzie
esclusivamente personali. Infine, gli utili avrebbero dovuto essere per la
massima parte accantonati a riserva.
La
specificità
delle
Banche
Popolari
31
è
data
dalla
loro
realtà
giuridica/partecipativa: il voto capitario in base al quale ciascun socio, a
prescindere dal numero e dal valore delle azioni detenute, dispone di un solo
voto; il limite al possesso di azioni della banca in cui si prevede che nessun
socio può detenere azioni in misura superiore allo 0,50% del capitale
sociale; la previsione di un numero minimo di soci che non può essere
inferiore a duecento; l’istituto del gradimento, per cui il Consiglio di
Amministrazione può rigettare la domanda di ammissione a socio
motivandolo con l’interesse della società, alle prescrizioni statutarie e allo
spirito della forma cooperativa.
Grazie a una grande esperienza e solidità, le Banche Popolari continuano
oggi a crescere e innovarsi, pur mantenendo intatti i valori e i principi
originari. Il successo del sistema cooperativo è testimoniato anche da una
sua rilevante presenza in ambito europeo ed internazionale. A conferma di
questo si pone l'istituzione di organismi come la European Association of
Cooperative Banks (EACB) e la Confederazione Internazionale delle
Banche Popolari (CIBP) con sede a Bruxelles, alla quale aderisce l'ICBPI e
che raggruppa istituti e organismi bancari e finanziari la cui vocazione
consiste nel favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese e delle
famiglie.
32
3.6 - Le Casse Rurali
Sebbene l'attività delle Banche Popolari fosse in crescita, vi era un
problema: la loro dislocazione era cittadina e non raggiungeva il popolo
rurale e delle campagne che non potevano beneficiare di un credito adeguato
sia per la lontananza fisica e sia per le asimmetrie informative tra banca e
ruralità. Si necessitava, perciò, di un tipo di banca che fosse radicata nei
piccoli paesi, nelle piccole comunità per permettere, col credito, un giusto
lavoro e un giusto guadagno, nel rispetto della persona umana. Più o meno
contemporaneamente all’attività di Schulze Delitzsch, emerse un altro
personaggio del social banking tedesco: Friedrich W. Raiffeisen che aveva
appunto iniziato la sua attività nelle campagne e che dopo alcuni anni di
attività basata su fondazioni di tipo solidaristico e caritativo, si era convinto
a dare vita a ulteriori cooperative di credito sul modello proposto dallo
Schulze-Delitzsch. Nasce così nel 1862, ad Anhausen la prima Cooperativa
Bancaria Raiffeisen46. Lo spirito che animava la sua opera era però diverso
(e questo origina la differenza tra il modo di operare delle Popolari e quello
delle Casse Rurali): Raiffeisen, infatti, rispetto alle ragioni economiche
privilegiava le motivazioni etiche di ispirazione cristiana; dar vita alle
cooperative di credito era un preciso dettato della volontà divina poiché esse
46 In Ferraresi G., Laboratorio di Progettazione Ecologica-Politecnico di Milano (a cura
di), 2007 Iniziativa Comunitaria Equal – Nuovi Stili di Vita Macrofase 2 Individuazione dei modelli condivisibili e degli indicatori territoriali: rapporto di
ricerca. La filiera corta come strumento di sviluppo locale. Pag 83
33
altro non erano che un mezzo per aiutare gli uomini a mettere a frutto i beni
materiali e spirituali che Dio aveva donato loro e dei quali un giorno
sarebbero stati chiamati a rendere conto47. Esteriormente, però, le Casse
Raiffeisen ben poco differivano dalle Cooperative di Schulze-Delitzsch:
vigeva il principio della società aperta, del voto unico per ogni socio, della
responsabilità illimitata (che fu poi corretta in una responsabilità multipla
rispetto al capitale sottoscritto, ed infine nella responsabilità limitata).
Dopo un primo periodo di scarsa diffusione iniziò una rapida crescita
numerica delle Casse che nel 1888, alla morte di Raiffeisen, erano già 425.
Negli anni successivi la loro diffusione crebbe a ritmi molto più sostenuti
delle Popolari: alla vigilia del primo conflitto mondiale assommavano a ben
16.927 unità, contro le 980 delle Cooperative che si ispiravano a SchulzeDelitzsch.
In Italia, luogo simbolo per le banche, il modello importato permise la
nascita nel 1883 della prima Cassa Rurale a Loreggia (Padova) a opera di
Leone Wollemborg. Successivamente, nel 1888 venne costituita la
Federazione fra le Casse Rurali e Sodalizi affini, cui aderirono 51 Casse.
Poco dopo e grazie ad un giovane sacerdote, don Luigi Cerutti di Venezia,
47 L'idea base fu semplicemente quella d'insegnare alla gente povera come migliorare le
proprie condizioni. Ciò significava sostituire la carità, con l'auto-aiuto: avvicinare le
persone per aiutarsi l'un l'altro in modo cooperativo. Una struttura era necessario per
mettere in pratica questa idea. Il sistema di credito cooperativo si basava sulla
solidarietà reciproca tra i piccoli agricoltori ed per soddisfare le loro esigenze.
34
nasce la prima Cassa Rurale Cattolica. Nel 1891 l'enciclica Rerum
Novarum di papa Leone XIII, sollecitando i cattolici all'azione sociale e a
forme di tipo solidaristico per vincere la solitudine dei più poveri, diviene il
manifesto di un ampio e diffuso movimento. Prende avvio un vasto processo
di nascita e diffusione delle Casse Rurali di matrice cattolica in diverse
regioni italiane. Già nel 1897 esse erano oltre 900, di cui 775 quelle
cattoliche; le Federazioni, a carattere diocesano, cominciano a darsi una
prima struttura organizzativa. Nel 1905 inizia ad operare la Federazione
Italiana delle Casse Rurali: nasce con funzioni di rappresentanza e tutela
del gruppo, di promozione e perfezionamento delle banche associate, con
una struttura di supporto alle Casse di tipo sindacale, tecnico e finanziario.
Nei primi quindici anni del XX secolo la cooperazione continuò a crescere,
al pari di tutta l’economia italiana, dimostrando di essere un fenomeno
destinato a consolidarsi. Sopravvisse sia alla crisi economica che segue la I
guerra mondiale che alla politica del regime fascista. Quest’ultimo, infatti,
la contrastò fortemente, determinandone un generale ridimensionamento:
mentre nel 1922 raggiungono quota 3.540, si scese a 986 nel 1940 e a 804
nel 1947.
Successivamente numerosi provvedimenti ne modificano le caratteristiche
operative: durante il fascismo 1928 vennero escluse, per comprensibili
motivi politici, dall’esercizio del credito federale agricolo; con le leggi del
35
1932-1934 e con la Legge Bancaria del 1937 ne venne limitata l’attività al
credito agrario e artigiano e venne prevista la possibilità di finanziare i non
soci solo fino a un massimo del 40% del credito totale erogato. Nel 1936
infine venne istituito l’Ente Nazionale delle Casse Rurali Agrarie ed Enti
Ausiliari. Il rilancio delle Casse Rurali avvenne nel periodo repubblicano
con l’emanazione della Carta Costituzionale che, all’articolo 45, riconobbe
il ruolo della cooperazione con finalità mutualistiche. Nel 1950 venne
costituita la Federazione Italiana delle Casse Rurali e Artigiane, che nel
1967 aderì a Confcooperative.
Il modello Raiffeisen ha poi costituito per tutta l'Europa un modello di
riferimento con una recente implementazione dovuta alla ricostituzione dei
paesi dell'Est dopo il 1989.
3.7 - Loro filosofia ed operatività
Mutualismo e democrazia economica sono caratteri specifici delle Casse
Rurali, società cooperative per azioni che esercitano l’attività bancaria.
Imprese mutualistiche senza fini di lucro, per le quali una parte del
patrimonio è attribuito a riserva indivisibile. Ciò significa che il patrimonio
non è disponibile che per i soci che investono nell’impresa in una logica di
scambio mutualistico e non in termini di vantaggio capitalistico, cioè di
ritorno sul capitale. Il mutualismo, che si configura come un loro elemento
36
distintivo, non esiste per nessun’altra banca, neppure per le Banche
Popolari formalmente cooperative e ha un carattere interno, che si esprime
verso e tra la base sociale, e un carattere esterno, verso la comunità locale.
L’ultimo aspetto unisce solidarietà, localismo, fiducia e sviluppo e viene
descritto nel Bilancio Sociale e di Missione, che è realizzato autonomamente
da moltissime Casse e che il Credito Cooperativo elabora come sistema. È
la testimonianza del fatto che il benessere della comunità ai nostri giorni
non è solo dato dalla ricchezza materiale, bensì anche dalle maggiori
opportunità e possibilità, dalle occasioni e dalle relazioni che si creano
all’interno dei territori in cui esse sono presenti. Il nucleo di un’impresa
cooperativa mutualistica è rappresentato dunque dai soci in quanto persone,
cioè non azionisti che pesano nella società in relazione al capitale versato.
Le radici storiche del Credito Cooperativo parlano, come visto, di piccoli
agricoltori ed artigiani che, unendo scarsi mezzi a disposizione, costituivano
la Cassa Rurale e riuscivano a sopravvivere nonostante le non poche
avversità. La loro buona riuscita e la loro crescita coincidevano con quella
del piccolo paese in cui vivevano. Così, oggi come in passato, cooperazione,
mutualità e localismo sono le colonne portanti delle stesse, anche nella
generale evoluzione del sistema. In pratica attraverso l’erogazione del
credito esclusivamente ai soci e all’applicazione di un tasso di interesse
contenuto, le Casse Rurali si proponevano, e si propongono, di favorire gli
37
investimenti e la modernizzazione sia del settore artigianale manifatturiero e
sia del settore agricolo, caratterizzato dalla presenza di imprese di piccole e
piccolissime dimensioni.
La loro dinamicità, la possibilità di costituzione con un capitale sociale più
basso di quello delle Popolari, il reinvestimento degli utili, un fisco
adeguato per diffondere benessere, ecc., hanno permesso a questa istituzione
di essere fortemente presente nella ricostruzione europea dopo la II guerra
mondiale. Infatti non solo non si è perso lo spirito originario, ma si è
rafforzata la loro capacità di generare una ricchezza stabile e sociale.
Successivamente la finanziarizzazione dell'economia ha interessato anche
loro: tuttavia un ritorno all'etica, prerogativa delle nuove banche sociali (di
cui diremo), ha fatto sì che molte Casse avessero un rigurgito di coscienza
che le ha fatte spesso non solo tornare alla filosofia primaria di vita, ma
impegnare in modalità di finanza sociale avanzata come nel caso del
Microcredito.
Scrive Rifkin: “Le banche locali senza scopo di lucro hanno a cuore
l’identità e la cultura del territorio. Possono restituire alla finanza il fine del
servizio alla società. Mantenere il denaro all’interno di una comunità è un
ruolo importante. I soldi che noi mettiamo in banca devono essere
riutilizzati a livello locale. Anche questo è un modo con il quale le banche
locali possono contribuire a rafforzare la cultura locale, che genera fiducia e
38
senza fiducia non c’è mercato48”.
Il modello cooperativo che ha dato origine alle Casse Rurali è stato ripreso
da molte altre banche sociali, come le banche etiche, che si sono formate
negli ultimi decenni del XX secolo. Molto spesso la mission e la vision di
tali banche hanno attinto dai loro Statuti.
3.7 - Le Banche sociali cattoliche
In questo breve excursus sulle banche sociali, anch'esse antesignane in un
certo senso, alle moderne Banche etiche non si possono ignorare altre
tipologie di Banche che nascevano dalla visione cattolica sia in Italia e sia in
Europa ad opera della neonata Dottrina Sociale della Chiesa grazie a Papa
Leone XIII con la sua Enciclica Rerum Novarum.
In Italia, oltre a molte Casse Rurali e Banche Popolari, tali banche erano
per lo più private, ossia in forma di S.p.A., anche se inizialmente molte di
loro vennero create come Società di Mutuo Soccorso, come la Banca
Cattolica del Veneto che fu fondata nel 1892 con il nome di Banca Cattolica
Vicentina: l'istituto inizialmente si ispirava a principi di solidarietà e
collaborazione tra i cittadini e le forze produttive di area, appunto,
confessionale presenti nella Diocesi di Vicenza. Non si può poi dimenticare
48 Rifkin J., in rivista “Credito Cooperativo” n. 1, gennaio 2003 nell'articolo La banca
locale, motore del nuovo rinascimento.
39
l'opera importantissima di Giuseppe Tovini di Brescia che, convinto della
necessità di assicurare piena autonomia finanziaria alle istituzioni cattoliche,
specie quelle educative, nel 1888 fondò a Brescia la Banca S. Paolo e, nel
1896 a Milano, il Banco Ambrosiano. Sull'onda dell'Ambrosiano, i cattolici
facenti capo all'Opera dei congressi, dettero così vita a molte banche: tra
esse, il Piccolo credito bergamasco, Banco San Marco, Banco di Roma,
Banca Antoniana, Banca di Desio e Brianza, Banco di San Gimignano, il
Credito romagnolo (successivamente Credito Romagnolo), che annoverava
fra i suoi fondatori il cattolico Giovanni Acquaderni, 120 preti, il cardinale
di Bologna, Domenico Svampa e il vescovo di Cesena, monsignore
Vespignani.
Tre ordini di motivazioni hanno portato alla nascita di questi istituti: quella
di aiutare lo sviluppo di iniziative che erano portate avanti da categorie
allora prive di capacità di ricorso al credito; quella di destinare mezzi
finanziari al sostegno di opere benefiche (assistenza, istruzione e così via),
mediante la destinazione di una parte degli utili (il che vuol dire con parziale
rinuncia degli azionisti) che rappresenta una evidente anticipazione di una
delle forme in cui si manifesta oggi la cosiddetta finanza etica; quella di
corrispondere ad esigenze e interessi di comunità locali. La distinzione tra
pubblico e privato non aveva allora quel significato di contrapposizione che
ha assunto successivamente. Tali banche hanno avuto inizi decisamente
40
promettenti, ma si sono – dopo non tanto tempo – modificate e la
coniugazione tra momento della produzione di ricchezza e la sua immediata
distribuzione, data anche da un forte spirito etico e sociale, si è man mano
assottigliata senza tornare ad essere più quelle realtà di affrancamento della
povertà e dell'esclusione finanziaria.
4 - La realtà storica contemporanea delle banche sociali: le
banche etiche e di microcredito
4.1 - Problemi preliminari
La disanima della nascita di alcune categorie di banche dal XV secolo in poi
ha permesso di capire come che la loro genesi era più che altro legata ad
un'idea di sviluppo umano e sociale di tutte le persone nella loro realtà più
sacra: il rispetto per la vita e per l'esistenza di ogni uomo tramite il lavoro.
Di fatto i Monti di Pietà, le Casse di Risparmio, le Banche Popolari, le
Casse Rurali, ecc., avevano questo scopo: indirizzarsi specialmente verso le
persone più povere ed emarginate, per lo più in forma aggregata/caritatevole
e cooperativa. Per gli altri, i benestanti, vi erano i Banchi e le banche private
che curavano i loro investimenti e, in linea con le concezioni capitalistiche
(sia classica e successivamente marginalistica), hanno permesso il
finanziamento delle varie “rivoluzioni industriali” con un incremento
notevole, quasi esponenziale, della ricchezza globale prodotta specie dalle
41
potenze occidentali49.
Ciò ha portato man mano ad un quasi abbattimento delle intuizioni
etico/filosofiche sulla realtà umana e l'avvento dell'Utilitarismo (ad iniziare
da Jeremy Bentham) ha man mano condotto l'economia, con la relativa
finanza, a far divenire l'uomo più un homo oeconomicus che un homo
socialis. Le varie crisi economico/finanziarie, che sono state sempre più
ricorrenti e gravose per il vivere quotidiano della gente normale, erano
spesso originate dalla voglia egoistica di arricchimento e di potere
utilizzando gli strumenti economici in modo distorto e non certo per il bene
della comunità: a testimonianza di ciò vi è la nascita di alcune Banche
Centrali di Stato (famoso il caso della Banca d'Italia alla fine dell'800)
proprio per mettere ordine ad un malcostume economico. Di fatto sino alla
grande crisi del 1929 la situazione bancaria era complessa e con molti
problemi che bisognava affrontare; dall'emissione di moneta, alla
concessione di crediti a breve ed a lungo termine, all'impegno in prima
persona nelle attività finanziarie (cosa che sussiste anche oggi negli Usa con
la connessione interna tra banche ed hedge funds), ecc. Tali problematiche
49 Di certo non si vuol qui sostenere un manicheismo bancario: le banche private e i grandi
istituti hanno avuto un grande ruolo per il supporto della grande industria e delle grandi
infrastrutture. Ma questi meriti ed obiettivi, sono cosa diversi rispetto a quelli sociali.
Con un orientamento commerciale puro viene meno anche l’attenzione per la presenza
sul territorio rurale, ma è possibile essere presenti nelle città. Ciò ha indubbiamente
favorito, ma forse non nel modo giusto, una ricchezza dovuta ad un'industrializzazione e
commercializzazione importante, ma non ridistribuita equamente tra tutti i lavoratori.
42
hanno poi trovato una risposta nelle leggi e negli accordi internazionali che
sono stati più volte rivisitati e non sempre con efficacia.. In tale quadro
anche le banche sociali sopra descritte non sempre hanno rispettato la loro
vision: si pensi al problema delle Casse di Risparmio negli Usa con i loro
fallimenti verso la fine del secolo scorso, la problematicità di molte Banche
Popolari50 già più o meno dalle origini, le difficoltà operative delle Casse
rurali51, il pratico venir meno delle prerogative sociali che avevano fatte
nascere le banche cattoliche, hanno di fatto chiuso un ciclo di attività
bancaria che vedeva nella loro gestione il momento della produzione legato
intimamente con quello della distribuzione. La nuova formula economica
dopo il '29, che separava la creazione di ricchezza dalla sua distribuzione
che veniva affidata a terzi (in primis lo stato e il welfare), fu foriera di
un'altra separazione: quella con l'etica che diveniva non più sociale e di bene
comune, ma solo personale e senza più interesse collettivo nella res
pubblica oeconomica.
La fine della II guerra mondiale e le risoluzioni prese dai vincitori con le
50 Un altro aneddoto italiano è illuminante a tal proposito: l'operatività nel Veneto delle
Banche Popolari, inizialmente volute ed apprezzate come attività di credito sociali col
criterio della mutualità, non era stata suffragata successivamente nei fatti. Infatti Don
Manzini, un prete veronese che fondò molte Casse Rurali, affermava: ”...da una parte il
socialismo che grida al popolo immiserito: sollevati, ché è tempo! Ed è un delitto.
Dall'altra la legge che dice al popolo affamato: abbi pazienza e paga! E si muore di
fame. Da una parte le Banche Popolari che sono ridotte e corrotte in banche borghesi,
perché difficilmente il povero contadino ci trova lo sconto, dall'altra l'usura più
schifosa ed esiziale...” Cit. in Milano R., La Finanza … op. cit., p. 57.
51 Nella prima metà del XX secolo molte Casse Rurali fallirono trascinando nella
disperazione migliaia di persone.
43
politiche economiche di Bretton Woods hanno permesso una ripresa
economica robusta nel mondo, grazie anche ad un'espansione delle politiche
di welfare e la fine del del colonialismo. Tuttavia la guerra fredda tra le due
superpotenze – che incarnavano due pensieri economici diversi – e il
conflitto medio orientale con il problema petrolifero, hanno bloccato una
situazione economica in itinere che non aveva ancora prodotto i suoi frutti.
Successivamente, la nascita nel 1975 della Globalizzazione con il primo G7
a Rambouillet in Francia, nel quale si posero le basi per una politico
capitalistica/liberista, diede avvio alla finanziarizzazione dell'economia
(grazie anche all'avvento dell'informatica). Da quel momento, grazie
all'elevatissima circolazione del denaro, che non aveva più confini, e la
rendita derivante dagli investimenti puramente finanziari in cui era investito,
hanno trasformato l'attività d'intermediazione finanziaria in genere e quella
bancaria in particolare. Il risparmio delle famiglie cominciò a non essere più
allocato in attività che divenivano produttive, ma veniva investito più che
altro in modo speculativo. I grandi guadagni che si ottenevano hanno
permesso un cambio di vita e di lavoro per molte persone e le crisi
finanziarie, frequentissime, hanno originato una crescita darwiniana che,
man mano, ha portato alla grande ed inevitabile crisi attuale sbocciata nel
2008. E ciò nella più totale assenza di un pensiero etico che è stato sia
dimenticato e sia sconvolto nelle sue formulazioni originarie.
44
La nascita di molte banche “etiche ed alternative” dopo il 1975 ha cercato, e
sta ancora cercando di riprendere in mano quei fili del pensiero sociale, e di
un'etica conseguente, e che non si sono mai spezzati52. Ciò per trovare una
terza via a pensieri economici che o sono scomparsi (come il collettivismo
di matrice marxista/leninista) o sono in grave difficoltà teorico/operativa
(come il capitalismo e, in particolare, il liberismo) per ridare slancio a
quell'Economia Civile che fa del mercato un ruolo di relazioni sociali ed
economiche e non solo di massimizzazione dei profitti.
4.2 - Le varie specie di social banking
Le Vision e le Mission messe in atto dai fondatori nel creare queste nuovi
istituti di social banking sono tante e fanno riferimento ai criteri delle prime
banche che sono stati messi in luce. In ogni caso è possibile dividerle in
questi settori: i) banche (e similari) che continuano un'attività bancaria
sociale, implementandola in modo moderno e dedicata a ceti deboli della
popolazione (i cosiddetti non-bancabili) o ad attività al di fuori
dell'ortodossia bancaria; ii) banche (e similari) che percorrono una strada
nuova dal punto di vista economico (abolizione dell'interesse); iii) banche (e
similari) che aprono nuovi mercati (il Microcredito e la Microfinanza in
52 Non si può di certo dimenticare, anche se di sfuggita, l'influenza esercitata sui fondatori
delle varie banche sociali dal pensiero di Hans Jonas, del Club di Roma, ecc. per
l'impegno anche ecologico e della tecnica conseguente che avrebbe dovuto essere messo
in atto nel nuovo modo di far banca.
45
genere); iv) banche speciali che svolgono attività assistenziali (le banche dei
bambini).
In generale però, e salvo alcuni distinguo, tali nuovi intermediari percorrono
tutti quel nuovo filone economico/finanziario che si rifà all'Etica finanziaria,
che ha avuto origine, modernamente, negli anni '20 negli Usa ad opera dei
Mennoniti con la gestione degli ethical funds e che applicavano criteri
inclusivi o esclusivi dei titoli da inserire nei loro portafogli. Grazie al
successo mondiale degli stessi si è iniziato un percorso di rivisitazione delle
politiche di credito bancario all'interno di molti circoli di pensiero e che ha
portato alla creazione di nuovi intermediari finanziari.
4.3 - Le banche Etiche ed Alternative
L'origine di questi intermediari è riconducibile a persone che sono partite da
concezioni e motivazione sia di origine filosofico/teologica e sia da un
cammino economico/sociale. Esse sono attualmente una ventina, di cui dieci
sono vere e proprie banche. Ciò che le accomuna è lo sforzo quotidiano di
usare il denaro come “mezzo e non come fine” per dare credito alla
cooperazione nazionale ed internazionale, alla tutela dell’ambiente, alla
cultura, all’arte, all’integrazione sociale, ecc. Quasi tutte sono trasparenti
nella loro gestione rendendo noti i finanziamenti che concedono e danno al
cliente la possibilità di scegliere il tasso d'interesse, il settore o il progetto
46
che preferisce sostenere con i suoi risparmi.
4.3.1 - Banche di natura filosofico/teologica
Tali banche sono state le prime a nascere e si sono rapidamente diffuse. La
concezione di riferimento è quella steineriana, ossia quella iniziata da
Rudolf Steiner che si definì cittadino di due mondi: il fisico e lo spirituale, e
fondò una scienza, l'Antroposofia 53, volta a favorire lo sviluppo dell'essere
umano sia nei suoi aspetti fisici/materiali che in quelli interiori/spirituali54.
53 Dal greco “anthropos”, uomo, e “sophia” saggezza: una vera e propria scienza
dell’umano.
54 L'idea basica è che ogni persona ha, individualmente, la possibilità di evolvere
moralmente e conoscitivamente e di conoscere ed agire sul mondo con mezzi
progressivamente più perfetti. Questa evoluzione individuale porta all'esperienza che
esiste in una realtà nascosta all'attuale percezione sensoria e che però la sottende, la
completa e ne è la causa. Il mondo quindi è conoscibile e il fatto che la nostra
conoscenza sia oggi limitata dipende dai nostri limiti sensori. I limiti della percezione
sensibile e del pensare legato al cervello possono però progressivamente venire superati
dall'uomo che procede nel suo processo evolutivo e sviluppa per forza propria facoltà
percettive e conoscitive che ora gli sono precluse. Tale realtà è testimoniata nella storia
da personalità particolarmente evolute che hanno anticipato l'evoluzione: costoro
vengono definiti Santi od Iniziati. L'esperienza di questa realtà, a cui tutti si è
progressivamente chiamati, fa incontrare e riconoscere per esperienza propria il mistero
del Golgota e la resurrezione di Gesù Cristo come il punto centrale di tutta l'evoluzione
della terra e l'Essere del Cristo come la guida ed il centro di tutta l'esperienza umana su
questo pianeta. Tale capacità conoscitiva nasce dall'evoluzione delle facoltà che l'uomo
ha sviluppato attraverso il pensare scientifico e che se educato ed evoluto, può portare
verso un autoeducazione del sentimento e alla volontà che permettono l'investigazione
del mondo dello Spirito. Da qui la definizione di Scienza dello Spirito o Antroposofia.
Essendo nel tempo di ogni persona necessario non solo il contemplare e il conoscere il
mondo spirituale, ma – con queste facoltà – operare e trasformare la materia, vengono
dall'Antroposofia alcune indicazioni pratiche per operare nei diversi campi dell'agire
umano e sociale. Per l'agricoltura si parte dalla consapevolezza che l'azienda agricola
non è un insieme di pezzi o di funzioni tra se indipendenti, ma opera come un
organismo vivente in cui ogni azione sul terreno, sulla pianta, sull'animale sono
correlate ed interdipendenti. La cura del terreno e la cura delle sue correlazioni con le
forze che vengono dal cosmo sono la base per avere piante sane, animali sani e uomini
sani. In un azienda agricola l'uomo è il direttore di questa orchestra di suoni cosmici e
47
Da queste idee nasce nel 1974 la prima banca etica ad essere stata fondata in
Europa, la GLS-Bank, a Bochum, in Germania, nella regione della Ruhr.
GLS sta per Gemeinschaft fuer Leihen und Schenken, comunità per prestare
e donare55. Lo scopo della nuova banca era quello di permettere a tutti di
realizzare grandi progetti di coesione sociale, mettendo insieme molti
piccoli contributi. “Iniziative promosse da gruppi di persone e non da
interessi anonimi alla ricerca di capitali o del massimo profitto possibile”, si
terrestri e con questo suo operare crea nuove correlazioni tra gli organismi viventi e crea
un nuovo organismo con al centro l'uomo e la comunità umana come mediatori di forze
morali spirituali. Analogo principio vale per la medicina ove il medico cerca di operare
non solo sul corpo fisico, ma sulla parte animica del paziente stimolando il risveglio di
forze individuali spirituali che sono la vera possibilità che ci è concessa per superare la
malattia ed il vero obiettivo della malattia stessa. Particolare attenzione è posta al
mondo della Pedagogia perché un sano sviluppo dell'essere umano è la base non solo
per il benessere e la realizzazione personale, ma per il progresso sociale e naturale di
tutto il pianeta. A questo scopo la Pedagogia cura non solo l'aspetto intellettuale o la
conoscenza astratta, ma lo sviluppo di tutte le potenzialità dell'essere umano, in
particolare del sentimento, attraverso la pratica artistica e la cura del bello e della
volontà attraverso tutte le attività manuali e pratiche e l'operare per il bene comune.
Contemporaneamente ad essa, che si rivolge alla persona nella sua prima fase di vita,
viene posta particolare attenzione all'operato dell'adulto e consapevole sulla società
umana. Qui si inseriscono le conoscenze e le indicazioni sul senso del lavoro comune e
sull'uso consapevole del denaro nonché su una struttura sociale adeguata ai tempi
moderni ed alla funzione che ha la persona oggi nei confronti di se stesso, dell'altro e
della terra tutta. Oggi persona è quindi chiamata ad essere motore della trasformazione
della terra in tutti i suoi aspetti a cominciare da quelli sociali. La divinità o la natura ha
portato la persona fino ad un certo punto della sua evoluzione: ora dovrebbe lei in
libertà e con amore prendere in mano la propria crescita individuale, la propria
organizzazione sociale e quella del mondo naturale nel quale vive. Se la persona parte
da questa consapevolezza e con essa cerca di collegarsi alle forze attive e positive per
l'evoluzione del mondo in ogni suo agire pratico, troverà motivo ed occasione per un
nuovo operare. Il denaro, la natura, “l'altro” assumeranno un significato nuovo e
diverranno per la persona e una occasione per operare nel senso dell'evoluzione di se
stessa e della terra.
55 L'idea è stata di un gruppo di genitori di Bochum che avevano un sogno: costruire una
scuola per i propri figli, che applicasse la pedagogia steineriana. Lo Stato non
concedeva contributi e servivano molti soldi, ma le banche erano restie a concedere
finanziamenti. Gli antroposofi di Bochum si organizzarono e decisero di mettere in
piedi loro stessi un istituto bancario.
48
legge nei primi dépliant informativi56.
L'attività della banca era tramite le nuove Leihgemeinschaften (comunità di
credito), che permettono di spezzettare grossi finanziamenti in tante piccole
quote, una per ogni socio che si impegna a restituire la sua parte e senza
bisogno di fornire garanzie. La GLS era ed è una banca cooperativa che col
tempo ha esteso le sue attività, pur rimanendo legata all’antroposofia: parchi
eolici, tetti solari, agricoltori biologici, case del parto, imprese femminili,
orchestre.
La svolta della GLS è stata accelerata nel 2003 dall’acquisizione della
Ökobank, una banca etica fondata a Francoforte nel 1988 dai movimenti
ambientalisti tedeschi. Nata come Bank der Bewegung (banca del
movimento), la Ökobank, che ora non esiste più, era appunto sorta in seno al
movimentismo pacifista e al partito verde più forte d’Europa per offrire la
possibilità di destinare i risparmi al finanziamento di progetti di utilità
socio-ambientale. I soci della banca non volevano correre il rischio di
sostenere, sia pur indirettamente e con i depositi presso le banche
tradizionali le attività stesse contro le quali stavano lottando.
Sull'esempio della GLS-Bank si sono man mano fondate altre cinque banche
steineriane: nel 1980 l’olandese Triodos Bank; nel 1982 la danese Merkur;
56 La nuova banca si trova presto a far fronte a decine di richieste, provenienti da scuole e
asili di analoga ispirazione, ma anche da fattorie bio-dinamiche, comunità di
accoglienza, corsi di euritmia, progetti per la promozione della medicina alternativa e
altre iniziative legate al movimento di Steiner.
49
nel 1984 la svizzera Freie Gemeinschaftsbank BCL, nel 1997 la norvegese
Cultura e, nel 1998, la svedese Ekobanken. A queste va aggiunta la
Cooperativa di finanza solidale francese La Néf, fondata nel 1989. Il
riferimento ai valori dell’antroposofia varia da banca a banca. La più fedele
alle origini è sicuramente la BCL di Basilea. Triodos, la più grande, ha sede
a Zeist, una cittadina vicino Utrecht, in Olanda, ha aperto nel 1993 filiali a
Bruxelles, a Bristol, in Inghilterra e ultimamente a Madrid e a Francoforte.
Il nome della banca è di origini greca e significa “tre vie”, o “crocevia a tre
strade”57. Attualmente la banca olandese, che impiega quasi 500 persone è
cresciuta a ritmi vertiginosi, puntando su un modello di sviluppo molto
simile a quello delle banche tradizionali, diventando in pochi anni la banca
etica più grande e più internazionale d’Europa. A differenza di GLS e BCL,
Triodos è una società per azioni che ogni anno stacca il dividendo ai suoi
soci, molti dei quali sono grandi banche, assicurazioni e fondi pensione.
4.3.2 - Le banche di natura economico/sociale
Le banche (e similari) appartenenti a questa categoria sono decisamente
57 Ciò è per ricordare che tutte le attività della banca si ispirano a tre condizioni basilari: i)
tutti gli esseri umani hanno il diritto di svilupparsi e di esercitare in tutta libertà le
proprie capacità individuali; ii) tutti gli esseri umani hanno il diritto, se lo desiderano e
se credono di averne la capacità, di partecipare alla vita sociale; iii) per essere durevole
un’economia non può essere concepita e svilupparsi se non attraverso dei progetti
responsabili che tengano conto dell’importanza dell’interesse generale, come pure dei
bisogni di ciascuno e del rispetto delle leggi della natura.
50
numerose ed in continua crescita, anche a causa delle difficoltà di
erogazione del credito da parte delle banche classiche per attività non solo
considerate non strettamente ortodosse ai loro fini e bilanci, ma anche
perché a torto ritenute rischiose in seguito ai vari provvedimenti legislativi
internazionali. Lo spazio così lasciato si è logicamente riempito da nuovi
soggetti che hanno una presenza, anche culturale, capillare sul territorio.
I principi sono spesso quelli della Finanza Etica che, sebbene spesso
coniugati in maniera specifica da parte di ogni realtà bancaria (in base ad
una disamina locale delle esigenze e della storia), hanno una generalità
comune58. Altre Istituzioni hanno cammini con più motivazioni sociali che
58 In Italia si fa riferimento al Manifesto della Finanza etica che fu promosso
dall’Associazione Finanza Etica in occasione del Convegno “Verso una carta d’intenti
per la finanza etica italiana”, Firenze 1998. I principi erano e sono: 1. Ritiene che il
credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano: non discrimina tra i destinatari degli
impieghi sulla base del sesso, dell’etnia o della religione e neanche sulla base del
patrimonio curando perciò i diritti dei poveri e degli emarginati. Finanzia quindi attività
di promozione umana, sociale ed ambientale, valutando i progetti con il duplice criterio
della vitalità economica e della utilità sociale. Le garanzie sui crediti sono un’altra
forma con cui i partner si assumono la responsabilità dei progetti finanziati. La finanza
etica valuta, al pari delle garanzie di tipo patrimoniale, altrettanto valide quelle forme di
garanzie personali, di categoria o di comunità che consentono l’accesso al credito anche
alle fasce più deboli della popolazione. 2. Considera l’efficienza una componente della
responsabilità etica: non è una forma di beneficenza: è un’attività economicamente
vitale che intende essere socialmente utile. L’assunzione di responsabilità, sia nel
mettere a disposizione il proprio risparmio, sia nel farne un uso che consenta di
conservarne il valore, è fondamento di una partnership tra soggetti con pari dignità. 3.
Non ritiene legittimo l’arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro: il
tasso di interesse, in questo contesto, è una misura di efficienza nell’utilizzo del
risparmio, una misura dell’impegno a salvaguardare le risorse messe a disposizione dai
risparmiatori e a farle fruttare in progetto vitali. Di conseguenza il tasso di interesse, il
rendimento del risparmio, è diverso da zero, ma va mantenuto il più basso possibile,
sulla base di valutazioni economiche, ma anche sociali ed etiche. 4. È trasparente:
l’intermediario finanziario ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni sui
risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il rapporto
51
etiche in quanto pervengono dall'ambito sindacale: in ogni caso in tutte vi è
un'alta tensione di servizio piuttosto che una ricerca di profitto.
In Europa l'archetipo di tale tipo d'istituzione è Banca Popolare Etica, che è
anche la più grande. Essa nasce dai principi della Finanza Etica la cui
filosofia si può così riassumere, premettendo cosa essa non è: non è una
finanza specializzata nel Non Profit; non è una finanza specializzata in
interventi prettamente locali; non è finanza che si basa sul concetto di
donazione. S’intende per Finanza Etica un modo di fare finanza che mette
al centro del proprio intervento la persona. Come conseguenza di ciò lo
Statuto, all’art.5, rivela la sua Vision e Mission59. L’esperienza quotidiana fa
trasparente con il cliente impone la nominatività dei risparmi. I depositanti hanno il
diritto di conoscere i processi di funzionamento dell’istituzione finanziaria e le sue
decisioni d’impiego e di investimento. 5. Prevede la partecipazione alle scelte
importanti dell’impresa non solo da parte dei soci, ma anche dei risparmiatori: le
forme possono comprendere sia meccanismi diretti di indicazione delle preferenze nella
destinazione dei fondi, sia meccanismi democratici di partecipazione alle decisioni. La
finanza etica è così portatrice di un messaggio forte e coraggioso di democrazia
economica. 6. Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale
ed ambientale: individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi
privilegiati, introducendo nell’istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla
promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale ed ambientale. Esclude
per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che ostacolano lo
sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona, come la
produzione e il commercio di armi, le produzioni gravemente lesive della salute e
dell’ambiente, le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione
delle libertà civili. 7. Richiede un’adesione globale e coerente da parte del gestore che
ne orienta tutta la attività: qualora invece l’attività finanziaria eticamente orientata fosse
soltanto parziale, è necessario spiegare, in modo trasparente, le ragioni della limitazione
adottata. In ogni caso l’intermediario si dichiara disposto ad essere monitorato da
istituzioni di garanzia dei risparmiatori.
59 Si evidenzia inoltre che: il valore fondante di Banca Etica è costituito dalla trasparenza
dal momento della raccolta al momento dell’impiego; i processi assumono la stessa
importanza dei prodotti; i finanziamenti vengono valutati non solo da un punto di vista
economico finanziario, ma anche da quello etico sociale; gli strumenti finanziari
52
sì che la Banca si trovi, di fatto, al centro di tutta una serie di relazioni di
tipo finanziario, economico, culturale e sociale che impongono di fare
chiarezza sul disegno complessivo per cui sta lavorando. Dovendo gestire
questo insieme di rapporti complessi e a volte conflittuali, è di fondamentale
importanza avere ben chiari gli obiettivi che si ritengono necessari per
riuscire a costruire, assieme a tante altre persone ed organizzazioni, un
nuovo modo di fare economia: è, dunque, importante il lavorare in rete ed
essere ligi ai concetti di etica sopra espressi che uniscono la teoria con
l’operatività. Ne deriva che si può creare un nuovo slogan: “una banca per la
comunità, non una comunità per una banca”. Tutto ciò viene poi messo in
atto dalla sua operatività, sia che si tratti di raccolta di risparmio (attività
tramite la quale i cittadini/depositanti possono esprime le loro idee
decidendo sia sul dove convogliare i propri risparmi e sia sul quanto, inteso
come interessi, avere come guadagno; tutto ciò nella certezza che non sarà
fatta alcuna operazione sui versanti dello sfruttamento sia umano,
ambientale e sociale – per es.: no al commercio di armi, no a pratiche varie
contro la persona umana, no a tutto ciò che minacci, sia direttamente e sia
vengono studiati come ultimo elemento del processo di pianificazione aziendale: la
banca si propone, come interlocutore privilegiato nella valutazione delle problematiche
aziendali e nella definizione e copertura dei fabbisogni finanziari; il radicamento
territoriale sta alla base dell’operatività della banca e permette alla stessa di cogliere i
bisogni reali delle persone e di studiare nuove ipotesi di intervento; la democrazia,
partecipazione e sobrietà rappresentano i valori fondanti della banca, sia nei rapporti
interni che nei rapporti esterni.
53
indirettamente, l’ambiente), e sia che si tratti di impieghi o finanziamenti
diretti: alla cooperazione nazionale, alla cooperazione internazionale, alla
cultura e alla società civile, all’ambiente.
Le modalità sono stringenti: sia nella remunerazione del risparmio e sia nel
saggio d'interessi per l’impiego, i tassi sono uguali per tutti. È poi prevista la
raccolta di risparmio per i finanziamenti diretti sul proprio territorio
d’appartenza, sì da collegare in maniera solidale sia il surplus dei datori di
denaro e sia il deficit dei prenditori del denaro con tassi i più possibile bassi
per tutti. Così si possono realizzare progetti che nascono oggettivamente
nelle comunità ed in cui ognuno si fa carico dell’altro. In questo modo si
sono potuti finanziare una quantità di progetti sociali che non disponevano
sia di garanzie piene e sia di fondi sufficienti.
Banca Etica, quindi, e a ragione del suo nome nel quale si trova sia una
realtà di tipo giuridico (banca) e sia di tipo filosofico (etica), svolge la sua
attività in modo duplice: da una parte opera strenuamente e dinamicamente
come intermediario finanziario nei confronti di tutte quelle situazioni di
difficoltà che non ricevono aiuto da un sistema economico/finanziario
classico (cercando così di contribuire ad uno sviluppo integrato nel territorio
e nell’ambiente, ridando dignità alla parola credito e fiducia nel domani
nelle persone e creando anche occupazione lì dove non c’era); dall’altra
contribuisce ad una riflessione su quale economia e quale finanza attende
54
l’uomo del terzo millennio; tale attività è parte indispensabile del suo essere
tanto che ha voluto creare al suo interno strutture apposite atte a colloquiare,
capire, ascoltare e discernere il fare, ma sempre a favore di coloro che
vogliono pienamente vivere in modo che ci si possa democraticamente
esprimere. Banca Etica, dunque, come mezzo di costruzione e di sviluppo
per gli stakeholders e per il sistema e non come fine di pura rendita, sì da
appagare se stessa e accontentare gli shareholders60.
4.3.3 - Banche economico/sociali Europee
Sarebbe interessante, ma difficile in questa sede, raccontare il lavoro delle
altre tante istituzioni e si rimanda ai loro siti e alla loro letteratura. Alcune
sono molto antiche e datano la loro origine in movimenti cattolici, Banche
Popolari e Casse Rurali.
In Europa oltre la Banca Popolare Etica (Italia) ci sono: le Mag (Verona,
Milano, Piemonte, Reggio Emilia, Venezia) (Italia)61; Banca Etica Adriatica
60 Incredibilmente, ma non tanto per chi la frequenta e la vive, i bilanci ed i vari ratios
sono assolutamente positivi, tanto che, ad esempio le sue sofferenze sono molto meno
dello 0,5%.
61 La vicenda delle Finanza Etica in Italia è una storia nella storia: in Italia la finanza etica
nacque con le Mag (mutua auto gestione), cooperative finanziarie autogestite che
raccoglievano il risparmio tra i propri soci per finanziare progetti con elevata utilità
sociale, secondo i principi di trasparenza e partecipazione tra la fine degli anni Settanta
e gli anni 90 (Per utilità sociale s'intende quell'insieme di attività e servizi volti al
miglioramento della qualità della vita delle persone e dell'ambiente e che spesso non
trovano un interlocutore abbastanza attento e sensibile nel circuito finanziario
tradizionale). La loro attività era, ed è, esclusivamente sul territorio dove sono nate. Ma
il proliferare delle leggi creò una serie di restrizioni alle loro attività; in particolare la
55
(Italia); APS Bank Ltd. (Malta); Bank Für Sozialwirtschaft (Germania);
OekoGeno eG (Germania); Banque alternative Swisse BAS (Svizzera); Sifa
(Francia); Caisse Solidaire (Francia); Colonya, Caixa Pollença (Spagna);
Fiare (Spagna); Fets (Spagna); Charity Bank (Regno Unito); Cooperative
Bank (Regno Unito)62; Groupe Crédal (Belgio); Réseau FA (Belgio);
Soficatra (Belgio); Netwek Vlaanderen (Belgio); Ekobanken Medlemsbank
legge 197 del 1991, nota come legge antriciclaggio, rese obbligatorio l'iscrizione delle
Mag all'UIC (Ufficio Italiano Cambi), in quanto riconosciute come intermediari
finanziari, ma impose un vincolo di capitale importante (che non avevano) e un breve
periodo per adeguarsi. Ciò rappresentò un serio ostacolo data la loro scarsa
capitalizzazione. Il Testo Unico in materia bancaria e creditizia entrato in vigore 1/1/94
vietava,poi, la raccolta del risparmio alle cooperative finanziarie esercenti attività
finanziaria. Un'altra delibera dello Stato italiano, vietava, ancora la raccolta presso soci
alle coop. esercenti attività finanzia, ma prevedeva la possibilità di raccogliere denaro
nell'ambito dei gruppi di impresa e dalle persone fisiche. Le Mag si adeguarono;
qualcuna riuscì ad aumentare il capitale sociale, altre sospesero temporaneamente, e poi
ripresero, l'attività finanziaria, altre, ancora trasferiscono i libretti di deposito a capitale
sociale. In questo contesto nacque per alcune Mag e per alcune tra le principali
organizzazioni di terzo settore presenti in Italia l'esigenza di creare una banca che a
livello nazionale poteva fare quello che facevano le Mag sul territorio e per dare
un’opportunità di sviluppo al Terzo Settore. Si riscontrò, poi, il fatto che un crescente
numero di risparmiatori erano disposti ad investire il proprio denaro in attività positive
dal punto di vista sociale ed ambientale. L'insieme di questi fattori portò, nel dicembre
del 1994, alla costituzione dell'Associazione Verso la Banca Etica. In questa
associazione furono coinvolte le realtà più significative del Terzo Settore Italiano, con
l'obiettivo di definire il progetto per la creazione di una banca alternativa.
Successivamente fu costituita la Cooperativa verso la Banca Etica per lo sviluppo del
progetto imprenditoriale, la raccolta del capitale sociale e l'individuazione di un
soggetto più definito nei rapporti con Banca d'Italia. Successivamente raggiunto il
capitale necessario, il 16 marzo 1999 apre a Padova il primo sportello della Banca
Popolare Etica, da lì a poco seguito da Milano, Brescia, Roma, fino a coprire il territorio
nazionale.
62 La Cooperative Bank è un caso interessante. È l'unica istituzione finanziaria di rilievo
correlata al settore dell'economia sociale nel Regno Unito e si prefigge come obiettivo
di “rendere etico il sistema bancario”. Dal 1992 ha dato prova di una politica etica
rigorosissima, definita in una Carta elaborata in base ad un'inchiesta condotta presso i
suoi clienti che intendono abbinare etica e finanza. I principali criteri etici contenuti
nella Carta sono la difesa dei diritti della persona, il commercio equo e solidale e la
lotta contro l'industria degli armamenti. Con oltre 2.300 sportelli disseminati nel Paese,
la Cooperative Bank vanta all'incirca un milione e mezzo di clienti tra cui, come indica
il suo nome, numerose cooperative.
56
Ekobanken (Svezia); Femu Quì (Francia); Hefboom (Belgio); Integra Cooperative (Slovenia); Tise (Polonia); Takuu Säätiö (Finlandia); Osuuskunta
Eko-Osuusraha (Finlandia); Clann Credo - The Social Investment Fund
(Irlanda); Etika - Initiativ fir Alternativ Finanzéierung asbl (Lussemburgo);
ecc.
A queste vanno aggiunte una serie di Banche che, pur non rifacendosi
direttamente all'ottica etica e sociale, di fatto operano nel settore No Profit
quali: Banca prossima (Italia), CFI Compagnia Finanziaria Industriale
(Italia), ecc.
4.3.4 - Banche economico/sociali nel mondo
Nel Mondo cominciano ad esistere molti istituti di questo genere63. Molte di
questi appartengono ai network europei Febea64 e Inaise65. Inoltre è recente
63 Poiché non è pensabile in questa sede si rimanda ad altri lavori una catalogazione ed
elencazione dei soggetti. Si vedano, di conseguenza e per maggiori informazioni, i vari
network aggregativi.
64 Febea (Federazione Europea banche etiche ed alternative) è un'associazione senza
scopo di lucro, di diritto belga, nata nel 2001, al fine di promuovere e sviluppare in
Europa la finanza etica ed alternativa. Febea è stata creata da 6 istituzioni finanziarie
europee eticamente orientate quali: Banca Popolare Etica (Italia), Crédit Coopératif
(Francia), Credal (Belgio), Hefboom (Belgio), Caisse Solidaire du Nord Pas de Calais
(Francia), TISE (Polonia). Oggi i soci sono 24 provenienti da 13 paesi europei, di natura
giuridica, origini e dimensioni differenti. Tra le istituzioni finanziarie socie, infatti,
risultano istituzioni bancarie di grandi dimensioni e con una forte propensione al
sostegno dell'economia sociale, banche etiche e società finanziarie di finanza etica e
microfinanza. Chi aderisce a Febea, deve aderire alla “Charte de la Febea”, una carta di
valori in cui tutti i sottoscrittori si impegnano ad operare per mettere l'economia al
servizio dell'uomo, per contribuire alla solidarietà, alla coesione sociale e allo sviluppo
durevole, per rifiutare esclusivamente il rendimento finanziario nelle proprie attività e
per favorire la realizzazione di iniziative ad alto valore innovativo dal punto di vista
57
(2009) la costituzione di un network mondiale del social banking: The
Global Alliance for Banking on Values66. Degni di menzione, per la loro
ambientale e sociale, impegnati soprattutto negli ambiti dell'impiego sociale, dello
sviluppo sostenibile, della solidarietà internazionale e del commercio equo. La nascita
di Febea è stata dettata, sin dall'inizio, non da scopi puramente di rappresentanza, ma
dal bisogno concreto e reale dei soci di realizzare strumenti e servizi finanziari specifici,
mirati al sostegno di istituzioni, esistenti o in fase di creazione, operanti nella finanza
etica in Europa. Fare rete per un sostegno maggiore. Successivamente Febea ha
costituito SEFEA (Società Europea della Finanza Etica e Alternativa) per fornire
supporto finanziario agli Istituti di credito etici e solidali europei attualmente esistenti
ed in corso di creazione, per favorirne la crescita e lo sviluppo. Sefea, inoltre, finanzia i
progetti di portata europea che si collocano nell’ambito della promozione di uno
sviluppo economico e sociale che valorizza e tutela il patrimonio naturale, culturale ed
umano in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Per maggiori informazioni si visiti
www.bancaetica.com.
65 Inaise (the International Association of Investors in the Social Economy) è un network
internazionale di istituzioni finanziarie che si orientano verso una socialità finanziaria
ed uno sviluppo sostenibile. Costituito nel 1989, Inaise è cresciuto rapidamente, così
come il movimento degli investitori sociali sia in Europa e sia in quelli non europei.
Attraverso Inaise gli investitori sociali, dalla Norvegia al Sud Africa e dalla Costa Rica
al Giappone hanno potuto operare in rete e scambiare esperienze, diffondere
informazioni e dimostrare al mondo che il denaro può effettivamente essere un mezzo
per raggiungere un positivo cambiamento sociale e ambientale. I suoi aderenti,
attraverso la loro politica di investimenti, cercano di favorire e di promuovere lo
sviluppo delle organizzazioni e delle imprese: i) ambiente e sviluppo sostenibile:
energia rinnovabili come eolico, solare e idroelettrico; l'efficienza energetica,
l'agricoltura biologica, l'industria alimentare e il commercio al dettaglio, la
conservazione della natura, costruzione di eco-edifici, le tecnologie pulite; etc. ii)
Economia sociale: cooperative, imprese di Comunità, partecipazione attiva dei
lavoratori, favorire il buy-out dei dipendenti, creazione di microimprese e piccole
imprese, in particolare tra i disoccupati, i migranti, le donne. iii) Assistenza sanitaria:
centri di salute, assistenza della comunità, cliniche e ospedali, programmi per i disabili;
terapie preventive. iv) Sviluppo sociale: alloggi sociali, comunità alloggio, servizi
sociali, trasporti di comunità, volontariato, gruppi di comunità e volontariato. v)
Istruzione e formazione: edifici scolastici, corsi di formazione, sviluppo organizzativo,
scuole alternative. vi) UPS Nord-Sud: Commercio Equo e Solidale, piccole startenterprise attraverso programmi di microcredito, formazione e consulenza alle piccole
imprese, artigianato, agricoltura, ecc. vii) Cultura e arte: attività artistiche con mostre,
teatro, cinema, danza, radio locali. Per maggiori informazioni si visiti: www.inaise.org.
66 La Global Alliance for Banking on Values (GABV) è stata fondata nel 2009. È un
network indipendente di banche che utilizzano il finanziamento per conseguire lo
sviluppo sostenibile a favore delle persone ai margini della società, delle comunità e
dell'ambiente. La nuova partnership cercherà di metterà a punto nuovi metodi di lavoro,
di creare organizzazioni adatte ad affrontare a medio/lungo termine il concetto di
sostenibilità e le nuove forme di proprietà e di cooperazione economica. Di fatto si
58
storia, due esperienze particolari che sono la canadese Caisse d'économie
Desjardins des travailleuses et travailleurs du Québec67 e la giapponese
mette a punto un'alleanza tra una serie di banche, e di loro affiliati, che si sono costituite
in tutto il mondo per offrire prodotti innovativi per soddisfare, olisticamente, le esigenze
di tutte le loro comunità. Nel più recente passato, infatti, il settore finanziario si è
trovato in una crisi di dimensioni multiple, tra cui spicca la mancanza di fiducia, una
visione complessiva dei problemi e ella complessità economica in generale, con un
impatto negativo sull'attività economica mondiale. The Global Alliance for Banking on
Values ha stabilito di utilizzare le conoscenze di queste banche innovative per fornire
valide alternative per affrontare la crisi in corso, e i tempi futuri, che incidono
fortemente nella sostenibilità complessiva della società. I suoi soci sono, quindi, Istituti
bancari innovativi il cui obiettivo principale sono rivolti a: i) fornire prodotti di finanza
sociale e di servizi finanziari di base; ii) effettuare finanziamenti comunitari a favore di
iniziative di sviluppo basate su imprenditori sociali; iii) implementare la promozione
delle imprese sostenibili e rispettose dell'ambiente e che soddisfano il potenziale di
sviluppo umano, tra cui la riduzione della povertà; iv) generare un triple bottom line per
“People, Planet e Profit” (P,P,P). I valori comuni tra i partners sono: a) l'utilizzo del
denaro come uno strumento per migliorare la qualità della vita per le persone, lo
sviluppo sociale, culturale e ambientale; b) una co-responsabilità per l'impatto delle
attività umane sull'ambiente e sulle comunità interdipendenti da esso, specie a lungo
termine; c) dare trasparenza, fiducia, chiarezza e inclusività alle persone nella
realizzazione dei propri prodotti e servizi. La missione comune è quella di 1) fornire
joint venture per avvalorare uno sviluppo sostenibile, il cambiamento sociale e quello
ambientale; 2) fornire agli associati un forte pensiero culturale e scientifico ed
innovativo nella gestione finanziaria; 3) mettere insieme i punti di forza, le proprie
peculiarità, le capacità e le risorse per migliorare le posizioni competitive di ciascun
associato. In conclusione il suo lavoro assume un ruolo di primo piano nel dibattito su
come costruire un futuro sostenibile nella finanza e di promozione di progetti comuni
tra i suoi membri per aiutare il genere umano e l'ambiente.
67 La Caisse d'économie et des travailleurs Travailleuses (Quebec) è stata costituita nel
1971 dalla Federazione Nazionale dei Sindacati (CSN) della regione del Québec. E fa
parte della rete di Banche Popolari che prende il nome dal suo fondatore Desjardin (la
prima fu aperta nel 1900). La rete Desjardin è la prima istituzione istituzione finanziaria
nella provincia del Québec e la sesta in Canada. La motivazione principale che ha spinto
la CSN a costituire la Caisse d'économie è quella d'estendere l'azione del sindacato
anche nell'ambito del credito, favorendo un maggior controllo nella gestione del
risparmio da parte dei lavoratori e orientandolo verso attività economiche più rispettose
dell'uomo e dell'ambiente. La Caisse è sorta per consentire il finanziamento di progetti
collettivi e cooperativi volti a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e di
contribuire, insieme all'azione della CSN, ad una equa crescita del Québec favorendo lo
sviluppo di un'economia solidale e cooperativa facente perno su una cultura
imprenditoriale sociale e collettiva. In tale ottica la Caisse opera principalmente in
quattro settori: le iniziative sindacali, le cooperazione e l'impresa sociale di prossimità,
le comunità locali e la cultura. Per aiutare gli imprenditori a sviluppare i loro progetti, si
sono stabilite partnership con enti pubblici, fondi locali o reti (Social Investment
59
National Association of Labour Banks68.
La particolarità positiva di queste banche è la loro voglio di concretizzare
percorsi alternativi alla finanza ordinaria che non riesce a dare risposte
soddisfacenti alle popolazioni, specie a quelle rurali e delle enormi periferie
delle città. Il coraggio e la determinazione di tanti sostenitori stanno dando,
tramite esse, un inimmaginabile sviluppo ai territori poveri ed abbandonati.
In tal modo si ritorna ad esprimere quella capacità bancaria di sostenere con
il credito (che implica la fiducia) che si è persa nel corso del tempo. Ci si
augura che la vitalità e la sempre maggior presenza di tali Istituzione
possano poi portare a quella diffusione bancaria che, grazie al risparmio
locale rastrellato, storicamente contribuisce alla crescita umana e
territoriale.
Network in Quebec, RISQ,, la Caisse Centrale Desjardins, FondAction, altri fondi di
sviluppo locale, ecc. I clienti possono operare per telefono, tramite la rete di sedi locali,
ATM e tramite il loro web. La Caisse ha prodotti e servizi specifici per molte esigenze
sociali: programmi per la creazione di cooperative, risparmi di solidarietà a disposizione
per tutti i membri, prestito di solidarietà per le organizzazioni co-op, prestiti di
emergenza per le cooperative, organizzazioni sindacali e culturali che si trovano in una
situazione finanziaria critica, ecc. Dal 1ottobre 2004 la Caisse cambiato il suo nome in
Caisse d'économie solidaire Desjardins.
68 La National Association of Labour Banks, fondata ne 1950. Come si legge nel loro
dépliant informativo, “è un consorzio di cooperative finanziarie che coltivano il sogno e
gli ideali dei nostri lavoratori: la loro promozione economica, il welfare, lo sviluppo e le
attività culturali e di creare, tramite il lavoro comune, una società nella quale tutte le
persone possano vivere nella felicità”. Da tali principi ne discende un operare che si
avvicina molto ai concetti di social banking.
60
4.3.5 - Banche (e similari) di Microcredito
L'attività della Microfinanza e del microcredito è ormai una realtà assodata69
e, in linea di massima, sta dando dei contributi molto interessanti allo
sviluppo delle nazioni e delle popolazioni povere ed impoverite. Non
sempre tali attività sono etiche: lo sono solo se rispondono ai requisiti della
Finanza etica; diversamente non sono altro che attività bancarie che
vogliono, ed in un certo senso, riproporre uno spirito capitalista, anche se
compassionevole. In ogni caso lo sviluppo è talmente elevato che molte
banche ordinarie cominciano a praticarlo, così come si cominciano a trattare
titoli nelle Borse valori titoli derivati ed affini a tale attività.
La prima esperienza è quella della Grameen Bank, nel Bangladesh, nel 1976
che fu ideata e realizzata dal premio Nobel per la Pace 2006 Muhammad
Yunus. Da questa prima banca ne sono nate tantissime (con molte specificità
giuridiche) ed in tutto il mondo (interessante la costituzione di banche ed
affini per le sole donne, come l'indiana Sewa Bank); non solo: si è iniziato
ad operare con il microcredito anche nei ricchi paesi occidentali, facendo sì
che si mettesse concretamente in dubbio la qualità e la bontà di un'economia
incapace di dare risposte alle situazioni di difficoltà che spesso essa stessa
ha contribuito a creare. Oltre la Grameen Bank ci sono tantissime esperienze
69 Considerando la notorietà della Microfinanza e del Microcredito non si ritiene qui di
spiegare nel dettaglio cosa esse sono e si rinvia all'abbondantissima letteratura in merito.
Per una catalogazione ed elencazione dei soggetti di queste attività si rimanda ai
numerosissimi siti dei vari network e delle Ong.
61
in tutto il mondo che è difficile elencare. Molte di esse sono inserite in
consorzi Europei (come MFM – Micro Finance Network), l'italiano
Consorzio Etimos, etc.. Infine, la maggior parte delle Ong internazionali,
hanno costituito associazioni specifiche che si occupano deil Microcredito.
4.4 - Banche che non utilizzano gli interessi
In tale gruppo possono essere comprese sia quelle che fanno riferimento alla
Finanza Islamica e sia quelle occidentali che non usano il metodo degli
interessi. Tali banche sono di fatto presenti sul territorio e finanziano in
modo (quasi sempre) attività locali e, in ogni caso, affatto speculative. Nel
caso della Finanza Islamica due sono i concetti fondamentali che plasmano
il suo economico: la proibizione del tasso di interesse, equiparato a usura
(entrambi i termini si traducono con riba) e la proibizione di tutto ciò che è
incertezza (gharar), proibizione che influisce direttamente sul mercato
assicurativo. Il Profeta Maometto, commerciante di successo, aveva
affermato che “Dio ha permesso la compravendita e ha proibito l’usura”,
contrapponendo i due termini ed esprimendo la predilezione per le
transazioni reali.
La condivisione del rischio è invece alla base del profit and loss sharing:
per raggiungere equità distributiva, si condividono sia le perdite che i
guadagni di un investimento (e in base a questa regola, un finanziatore non
62
può imporre al debitore un tasso di interesse, poiché questo non tiene in
conto l’effettivo risultato dell’investimento). Le banche islamiche, che
seguono questi e altri concetti della shari'ah, sono istituzioni piuttosto
recenti nella lunga tradizione islamica, ma che stanno diffondendo molto
negli dieci ultimi. In un certo senso si può dire che molte sono le affinità
della Finanza Islamica con la Finanza Etica, in particolare il fatto di
considerare il denaro come mezzo e non come fine per la persona umana.
L'altra esperienza è la svedese Jak Bank che ha la peculiarità di non
applicare interessi attivi e passivi, considerando il tasso di interesse la causa
del progressivo impoverimento della società e dell’instabilità economica. Le
premesse in base alle quali Jak opera sono: i) la rendita da interesse è
nemica di un'economia stabile; ii) l'interesse è causa disoccupazione,
inflazione
e
distruzione
dell'ambiente;
iii)
l'interesse
sposta
matematicamente denaro dai poveri verso i ricchi; iv) l'interesse favorisce
progetti che tendono a raggiungere alti profitti in poco tempo. Il fine ultimo
di Jak è l'abolizione dell'interesse speculativo e la creazione di una società
libera dal tasso di interesse. Sull'onda di questa banca si sta pensando di
costituire altre analoghe iniziative in molti paesi europei70.
70 Per maggiori informazioni si veda: Ana Carrie: How interest-free banking works: The
case of JAK. In www.feasta.org
63
4.5 - Banche dei Bambini
Una particolarissima esperienza legata per lo più al mondo povero è la
Children's Development Bank, la prima banca al mondo creata per venire
incontro alle esigenze dei bambini lavoratori indiani. Essa opera secondo
principi bancari e cooperativi e ha come obiettivo tutelare i risparmi dei
giovani lavoratori e al contempo svolgere una funzione educativa. La Banca
è stata avviata nel 2004 dall’associazione Butterflies a Nuova Delhi,
organizzazione che opera in India a favore dei bambini lavoratori, convinti
che ogni bambino abbia il diritto di godere di una infanzia curata,
caratterizzata dal rispetto della persona. La consapevolezza di tale dura
realtà ha spinto Butterflies a lanciare iniziative che possano tutelare i piccoli
guadagni dei ragazzi e, allo stesso tempo, educarli ad una cultura del
risparmio, necessaria per far fronte alle avversità giornaliere. Prima
dell’esperimento della Banca dei Bambini, i ragazzi infatti non ritenevano
utile risparmiare il loro guadagno, viste le aspettative di vita molto basse,
preferendo spenderlo immediatamente. Inizialmente, nei primi anni novanta,
Butterflies aveva avviato un programma di risparmio e di credito, che
garantiva elevati interessi ai ragazzi che versavano denaro senza poi
prelevarlo per undici mesi; ma i bambini ritenevano il periodo di deposito
troppo lungo, per cui, a seguito di una riunione, si ridusse il periodo a sei
mesi. Lo sviluppo successivo fu l’istituzione di una Unione di Credito, con
64
un capitale sociale alimentato dai versamenti quotidiani dei ragazzi, con lo
scopo di fornire ai loro membri vari servizi: educazione, corsi di
formazione, cure mediche, crediti per avviare attività lavorative. La
Children's Development Bank (Bal Vikas Bank in lingua indiana) è stata la
naturale prosecuzione dell’Unione di Credito. Avviata formalmente nel 2004
grazie al capitale fornito dall’ente indiano National Foundation of India, è
interamente gestita dai bambini, mentre gli operatori di Butterflies svolgono
un ruolo di facilitatori. Ogni ragazzo è dotato di un libretto personale e,
come per il programma di risparmio, chi deposita una somma e non preleva
per sei mesi gode di interessi vantaggiosi. Inoltre, oltre a garantire un luogo
sicuro in cui custodire il denaro, la Banca prosegue il suo obiettivo di creare
nei ragazzi una cultura del risparmio; ancora, i bambini sopra i quindici anni
possono chiedere piccole somme di denaro in prestito per avviare piccole
attività. Fino ad ora, tutti i prestiti richiesti sono stati poi restituiti. Oltre ad
espletare le funzioni tipiche di una banca, la Children Development Bank
finanzia programmi per l’istruzione, per l’assistenza sanitaria e per creare
spazi associativi e ricreativi per i ragazzi. Rapidamente questa iniziativa si è
estesa in molte zone dell’India, e in seguito anche in altri paesi come il
Nepal e l’Afghanistan, lo Sri Lanka, ecc.
5 – L'attuale stato dell'arte in Europa e nel mondo
65
delle banche rappresentative della Finanza Etica e
sociale. Considerazioni
Non vi è alcun dubbio, da questa disamina, che il settore del Social Banking
è vegeto e vitale e che ha davanti a se un futuro più che roseo. I
risparmiatori e la gente in genere si stanno loro avvicinando sia per una
sicurezza intrinseca che tali banche sono in grado di offrire (hanno e
raccolgono “denaro vero” e non fanno operazioni speculative), sia per una
rinnovata coscienza sociale nella quale il denaro deve concorrere a
realizzare una economia concreta e non quella di “carta” che ha
caratterizzato gli ultimi trent'anni di attività finanziaria mondiale e sia per
una forte richiesta di trasparenza sul buon uso dei mezzi che vengono dati e
messi a loro disposizione.
Non solo: il bisogno di sviluppare nuove tecnologie rispettose dell'ambiente
e della natura in genere, e che vede solo marginalmente l'impegno delle
banche commerciali ordinarie, fa sì che il futuro sostenibile e solidale sia un
pensiero portante. Molte serie analisi statistiche di mercato hanno
dimostrato che esiste (ed è in aumento) una “voglia di etica” e che solo la
relativa conoscenza di queste modalità finanziarie blocca una crescita ancor
più grande71. Ci sono poi all'orizzonte nuove possibilità: l'inizio attività,
71 Su tale aspetto è utile ricordare l'indagine promossa e affidata da Banca Etica alla
Società di Ricerca Demos & Pi e presentata ufficialmente presso il Parlamento Italiano
66
verosimilmente tra qualche anno, della Banca Etica Europa (BEE) – tra la
l'italiana Banca Popolare Etica, la francese La Nef e la spagnola Fiare con
la prima realizzazione della Società Cooperativa di diritto Europeo72 a
livello bancario – segnerà sicuramente l'avvio di aggregazioni e accordi di
soggetti finanziari etico/sociali europei, per dare più prontamente risposte
atte a migliorare sia la diffusione di un idea della finanza etica e sia a fornire
strumenti operativi adeguati e socializzanti agli shareholder e agli
stakeholder.
Tutto bene? Certamente ancora no: vi sono ancora molti problemi da
affrontare
e
risolvere,
specialmente
a
livello
di
teoria
economico/finanziario/sociale. Alcuni di questi sono importanti ed urgenti e
bisogna risolverli al più presto in modo “alto e convergente” per evitare che
non si vada da soli quando occorre un lavoro comune, come già si sta in
parte verificando. Si possono, così, evidenziare alcuni punti:
i) Se la finanza “classica” (quella che si fonda sulla ricerca del
massimo profitto), che è attualmente egemone e ben difesa, viaggia
su dei binari ben conosciuti ed è difficile metterla in discussione (a
causa della teoria economica sottostante che ha dato origine a leggi
ed accordi internazionali chiari e condivisi), quella del social
il 20 Ottobre 2009. Le risultanze sono di una voglia generalizzata di etica nella finanza.
72 Regolamento (CE) n° 1435/2003 del Consiglio d'Europa del 22 luglio 2003 relativo allo
statuto della Società Cooperativa Europea (Sce).
67
banking è ancora in formazione e non senza differenze sostanziali tra
soggetti. Non basta solo voler “far del bene” e a finanziare i “non
bancabili” a qualificare la realtà teoretica di tale nuova disciplina:
occorre
anche
la
formulazione
di
un
nuovo
pensiero
economico/etico/sociale comune che porti a cambiare quelle
situazioni obiettivamente non accettabili che la dottrina economica
vigente offre ai suoi consumatori. Detto in altri termini il pensiero
sottostante al social banking non dev'essere di nicchia, ma deve
riuscire a correggere, con politiche adeguate, le storture dell'intero
sistema economico.
ii) Il “fare rete” tra diversi soggetti europei e mondiali sta portando ad
una stagione di attività economico/finanziaria nuova con il
coinvolgimento di Istituzioni politiche e finanziarie di primaria
grandezza: non basta. Bisogna lavorare nel contesto legislativo per
nuove leggi che facciano riconoscere agli Stati nuove opportunità di
strumenti veramente economici (nel senso di oikonomiké73), come la
Microfinanza, il Microcredito, l'housing sociale, ecc., che non sono
presenti in molti contesti legislativi.
iii) Bisogna che i concetti economici di Economia Civile, Finanza etica
(o sociale o solidale), di Bene Comune, ecc., siano più studiati,
73 V. nota 4.
68
ragionati e discussi in quanto il cammino che è stato fatto fino ad ora
è insufficiente per una loro ampia diffusione74. Il coinvolgimento
delle Università e delle accademie in genere è sempre più
indispensabile, così come la formulazione di un pensiero forte che
non dev'essere solo teorico, ma fortemente teoretico. Ciò sempre
nell'ottica di mezzo e di servizio e non di fine: bisogna fare in modo
che le attività economiche correnti che hanno portato alla crisi in atto
siano impregnate e coinvolte in un cambiamento di profonda
trasformazione in senso etico. A quel punto non dovranno esserci
due pensieri economici paralleli (quello cosiddetto etico e quello
canonico/ortodosso classico), ma solo uno che possa rispondere in
pieno alle vere richieste del genere umano per una crescita adeguata
e solidale.
iv) Non si può immaginare che il Social banking dia infatti per scontata
(e quindi terminate) le riflessioni, da cui esso stesso è nato e che la
sua unica attività sia quella “caratteristica” di far banca. Così
facendo ci si “bancarizza” e si potrebbe ricadere in una “tranquillità
74 Interessante è a questo riguardo la nuova posizione della Chiesa Cattolica Romana che,
con l'ultima Enciclica di Papa Benedetto XVI Caritas in veritate del Luglio 2009, ha
espresso una decisa opzione verso l'economia di mercato civile con l'auspicio che temi
quali l'economia della felicità e del dono (intese come reciprocità) possano fare da
pendant allo scambio di equivalenti, tipico della realtà contrattuale dell'economia
capitalistica. Nella stessa Enciclica vi è il plauso verso la Finanza Etica, l'Economia di
Comunione, ecc.
69
operativa” che tacita le coscienze (si crede di far bene) ma che non
risolve quei problemi che portano le persone ad essere socie e clienti
delle banche sociali. Le banche dovranno, invece, essere
costantemente “in ascolto” e “recettive”, anche dal punto di visto
pratico/operativo, delle nuove idee e dinamiche date dalle riflessioni
di cui sopra. A lungo andare, inoltre, la non applicazione di questi
concetti rischia di far decadere le stesse banche, così come
storicamente è successo per le banche create con alti ideali, e presto
trasformate in istituti assolutamente uguali a quelli commerciali.
v) Le nuove frontiere date dai network del social banking devono e
dovranno essere sempre a contatto con le basi comunitarie di
provenienza e non dovranno mai sganciarsi “dal basso”, così da
attingere a quella linfa vitale reale che vive quotidianamente le
problematiche sociali e che detta, in un certo senso, l'agenda dei
lavori: essere mezzo è anche questo. Le inevitabili diversità saranno,
doverosamente, sempre presenti, perché varie e diverse sono le
culture di provenienza, ma non si dovrà mai cadere nel problema
delle asimmetrie informative (volutamente date e amplificate dal
sistema economico vigente) e nell'incomprensione in quanto non
dovrà mai esserci una guerra tra poveri.
In definitiva (ma si potrebbe continuare tranquillamente ad elencare nuovi
70
punti), se lo stato attuale del social banking è buono, non si può abbassare la
guardia e non bisogna dare per scontato che lo sia per il futuro: troppa gente
ha messo a disposizione di tali banche ed istituzioni non solo il proprio
denaro, ma il loro proprio presente ed il loro proprio futuro; ci si è affidati
completamente, ma non ciecamente, a coloro che portano avanti le istanze
di una nuova economia: tutti costoro non possono e non devono essere
delusi.
6 - Conclusione
Il breve excursus storico che si è tentato di fare ha permesso di far emergere
alcune considerazioni comuni: una continuità storico/sociale tra le vecchie e
le nuove banche, sebbene ci sia stata un'interruzione temporale piuttosto
lunga, specie nell'affrontare i problemi basici dati da una mancanza di
erogazione di credito75. È del tutto evidente che mentre nel Medio Evo i
Monti di pietà, le prime banche, hanno veramente costituito una novità
assoluta con la creazione di nuovi intermediari, nei secoli successivi si è
ampliata l'offerta di credito con nuovi settori sia ancora marginalizzati e sia
non compiutamente raggiunti dalle banche borghesi e d'affari. Il novecento
75 Ciò nonostante, molte di esse – specie le Casse di Risparmio e quelle Rurali – hanno
continuato ad operare con discreti risultati (ed in ogni caso sono state le uniche) nel
mercato bancario sociale e territoriale. Ma questa (con i suoi alti e bassi) è un'altra
storia, di cui sarebbe bello dire.
71
ha visto un mischiarsi di tutte le prassi bancarie con la creazione di
ordinamenti legislativi con una filosofia più operativa che rispettosa del
benessere collettivo. Il social banking, ancora giovane, in quanto nato negli
ultimi trentanni circa, ha cercato e lo sta ancora facendo, di riprendere una
filosofia importante basata più sulla domanda di credito (anche come
relazione sociale) che sull'offerta: esattamente il contrario della finanza
classica. Ma il non rispetto delle idee economiche storicamente portanti
della necessità di una giusta e sana gestione economica e finanziaria per
l'applicazione di una vera economia, data dall'attuale attività economica
mondiale, può veramente far definire “canonica/ortodossa” (ossia quella cui
tutti devono riferirsi) tale operatività mentre viene definita “alternativa”
quella promossa dal social banking? Probabilmente no, in quanto la finanza
attuale è essa stessa non discendente dal pensiero economico classico, ma
solo soggetta ad una voglia di arricchimento di alcuni che sta creando
povertà per molti (ossia si è affrancata da qualsiasi idea etico/sociale
sottostante). Non è, allora, tale finanza affatto canonica, ma veramente
“alternativa”, ma nel senso meno bello del termine?
In ogni caso sarà la qualità delle risposte, teoriche e pratiche, che il social
banking saprà dare, a dire se è possibile una rivoluzione culturale
economica che molti si auspicano, ma che ancora non è così scontata.
Lo studio del passato ci ha detto che è stato possibile: ora che, in un certo
72
senso, la vita economica è più complicata lo sarà ancora? Forse, anzi
sicuramente sì, purché la capacità, la scienza, la coscienza e l'impegno dei
ricercatori/lavoratori/risparmiatori sia sincero e coerente.
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di Riccardo Milano - Diocesi di Verona