La genetica del
comportamento
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Un cenno alle basi teoriche
Conclusioni “affrettate”
Esempi di influenze note di geni sul
comportamento
Cenni ai disturbi d’ansia e dell’umore
Schizofrenia
Conclusioni
Definizione di comportamento
 Ogni
insieme di manifestazioni di un
organismo vivente che siano osservabili
dall’esterno, che siano dotate di un
certo carattere di uniformità, e che
avvengano in risposta ad uno stimolo.
Tipi di comportamenti
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Un fenotipo
comportamentale
spesso è discontinuo,
ad es. è il caso dello
stirarsi di un
mammifero dopo aver
dormito.
Caratteri come
altezza, QI e
aggressività sono
invece continui o
approssimativamente
tali.
Basi teoriche: la genetica
quantitativa.

La genetica quantitativa è lo studio della
genetica dei caratteri che variano in modo
continuo (es. altezza, QI…) o
approssimativamente tale (ocelli di
Drosophila).
Genetica quantitativa
la variazione continua di un carattere non è una
prova inconfutabile di un controllo multigenico
(ipotesi multifattoriale o poligenica)
 anche un solo gene con due alleli può dar luogo
ad una distribuzione fenotipica continua. Questo
accade quando la varianza ambientale è grande in
confronto alle differenze tra le medie
genotipiche.
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Carattere qualitativo
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Il fenotipo si dispone su
una gaussiana
Se la varianza è piccola
rispetto alle differenze
tra le medie genotipiche
il carattere è qualitativo in
quell’ambiente
Carattere quantitativo
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I fenotipi compresi nell’intervallo tra le 2 freccette possono
risultare da 3 combinazioni alleliche diverse
Se facciamo incrociare aa con Aa la prole non cadrà in 2 classi
discrete ma potrà coprire l’intero intervallo
Ereditabilità
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Si definisce
ereditabilità di un
carattere in una
popolazione la
proporzione della
varianza fenotipica
dovuta a differenze
genetiche.
H 
2
Vg
Va  Vg
Ereditabilità, questa sconosciuta

Psicologi, sociologi, medici ed altre categorie di studiosi
si sono occupati più volte dell’ereditabilità di alcuni
caratteri umani nell’erronea credenza che la
dimostrazione dell’ereditarietà di un carattere fosse
equivalente alla dimostrazione della sua non
modificabilità da parte dell’ambiente e della società.
L’esempio forse più famoso è la pubblicazione nel 1969
di un articolo dello psicologo e pedagogo A. R. Jensen
sulla Harvard Educational Review in cui si dice che il
QI non può essere molto aumentato a causa della sua
elevata ereditabilità. L’errore sta nell’equazione:
ereditabilità = non modificabilità, che è falsa.
Ereditabilità, questa sconosciuta
Si potrebbe pensare che un carattere con
ereditabilià 1 (totale) non sia
influenzabile dall’ambiente
Ma ha senso parlare di ereditabilità senza
un substrato ambientale?
No.
Ereditabilità: esempio
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L’ereditabilità acquista un senso solo in
funzione di un ambiente o un insieme di
ambienti. Non è una caratteristica
universale di un carattere.
Un alto valore di ereditabilità non
implica che il carattere non possa
essere modificato dall’ambiente.
Ereditabilità non è l’opposto di
plasticità fenotipica.
Ereditabilità
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Negli organismi da laboratorio possiamo
stabilire se un certo carattere sia
ereditario, mentre negli esseri umani
ciò è molto difficile.
Ereditabilità non deve essere confusa con
familiarità.
I caratteri soglia
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Sono quei caratteri discontinui che non mostrano
semplici modelli mendeliani di eredità. Esempi di
tali caratteri sono: diabete, schizofrenia, ecc.
Nella determinazione di questi caratteri è probabile
che siano coinvolti geni multipli e influenze
ambientali, attraverso il concetto di soglia.

Ad esempio supponiamo che un fenotipo X derivi da molte
diverse combinazioni genetico-ambientali (difficilmente
individuabili). Certe combinazioni invece produrranno un
fenotipo non-X.
Le malattie mentali
Salute e malattia sono concetti relativi
compresi lungo un continuum di funzioni
corporee possibili.
 Lo stesso si può dire riguardo alla salute e
malattia mentale, che sono oggi
scientificamente riconosciute come malattie
del corpo.
 Si parla di malattia mentale quando sussiste
un disturbo diagnosticabile del pensiero,
dell’umore o del comportamento, che porta
angoscia e disfunzioni.
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La genetica e le malattie
mentali
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Esistono esempi di fenotipi
comportamentali patologici in cui
l’influenza genetica è semplice ed è nota
Per molte altre malattie c’è molto da
scoprire
Alterazioni di un solo gene
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Sindrome di Lesch-Nyhan
Porfiria
Deficit di CREST
La sindrome di Lesch - Nyhan
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E’ dovuta ad un gene recessivo, sul cromosoma X, il cui
allele normale controlla la produzione dell’enzima
HGPRT (ipoxantina-guanina fosforibosiltransferasi),
necessario per il metabolismo delle purine
Maschi emizigoti per questo allele mutato si
automutilano
Altri sintomi sono deficienza mentale, spasticità e gotta.
La patogenesi è ignota.
Sono note le conseguenze biochimiche:
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elevati livelli di PRPP
aumentata velocità di biosintesi di purine dalla via de novo
La sindrome di Lesch - Nyhan
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elevati livelli di urato
Inoltre è noto che nel cervello i livelli normali di
HGPRT sono più alti che negli altri tessuti ed è
più basso il livello dell’enzima amidotransferasi.
Manca la comprensione a livello neurobiologico.
Questa sindrome comunque dimostra che quadri
anormali come automutilazione e aggressività
possono essere causati dall’assenza di un singolo
enzima.
La proteina CREST
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In uno studio pubblicato sul numero del 9 gennaio
2004 della rivista "Science", il biologo Arnivan Ghosh e
colleghi presentano la scoperta del primo gene, CREST,
che media i cambiamenti nella struttura dei neuroni in
risposta al calcio.
“Il cervello di topi privi della proteina CREST sembra
del tutto normale alla nascita, ma non si sviluppa in
modo normale in risposta all'esperienza sensoriale.”
Sbilanciamenti genici (mutazioni
genomiche)
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Sindrome di Down
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Sindrome di Turner (monosomia XO)
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Socievolezza, giovialità, amore per la musica, QI compreso tra
20 e 50.
QI normale ma problemi in test in cui si deve visualizzare una
certa forma nello spazio; spesso basso rendimento in
matematica a dispetto di un normale rendimento nelle altre
materie.
Trisomia XYY
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Un’indagine negli anni ’60 concluse che uomini con un
cromosoma Y in più fossero predisposti ad un comportamento
criminale, ma studi successivi hanno indicato che questa
predisposizione non sussiste, sebbene questi uomini siano
tendenzialmente più alti e meno intelligenti.
I disturbi d’ansia
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Un’espressione inappropriata (patologica) della
paura è ciò che caratterizza un disturbo d’ansia, che
è il più comune disturbo psichiatrico.
La paura è un meccanismo di risposta automatico
mediato dalla divisione simpatica del sistema
nervoso autonomo.
Spesso è innata (un topo non deve imparare a
temere un gatto), ma può anche essere appresa
(cavallo e staccionata elettrica).
E’ stato stimato che in Italia ogni anno più del 22%
dei maschi e del 9% delle femmine soffrono di un
disturbo d’ansia.
I disturbi d’ansia
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Attacchi di panico
Agorafobia
Disturbo ossessivo - compulsivo
Disturbi d’ansia generalizzati
Fobia specifica
Fobia sociale
Disturbo post-traumatico da stress
L’ansia dal punto di vista
biologico
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E’ stato stabilito che esiste una
predisposizione genetica per molti
disturbi d’ansia, sebbene non sia stato
individuato alcun gene specifico.
Per altri disturbi d’ansia sembra che
questa si origini dagli eventi stressanti
della vita.
Il substrato biologico
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Ogni risposta di paura provoca il rilascio di cortisolo
da parte del surrene. Il cortisolo ha un effetto di
autoinibizione andando ad agire sui recettori
glucocorticoidei dell’ippocampo.
L’esposizione continuativa al cortisolo, come accade
in casi di stress cronico, può portare, negli animali
da laboratorio, al deperimento o alla morte dei
neuroni dell’ippocampo.
Questo fenomeno che ha come conseguenza
l’inattivazione del meccanismo di controllo a
feedback e quindi un ipersecrezione di cortisolo,
cioè una risposta allo stress amplificata che
accentua i danni all’ippocampo dando luogo a un
circolo vizioso (feedback positivo).
I disturbi dell’umore
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La depressione
Colpisce circa il 7% della popolazione in un
anno.
 La componente genetica sembra evidente
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La depressione
 La
neurofisiologia
 L’ipotesi
monoaminica dei disturbi
dell’umore afferma che la depressione è
la conseguenza di un deficit a livello dei
sistemi modulatori diffusi monoaminici
(serotonina e/o noradrenalina).
La schizofrenia
Descrizione della schizofrenia
Una mente ridotta a un “puro movimento browniano”
E’ questa la descrizione data dal neuropsicologo
Aleksandr Lurida della schizofrenia, che sta ad
indicare la frantumazione dell’Io
Ciò non significa una divisione della personalità
(malattia ben più rara), ma la scissione della psiche
(1908) in un uniforme brulichio di pensieri sconnessi
ed allucinazioni.
Descrizione della schizofrenia
E’ caratterizzata da una perdita di contatto con la
realtà e da una distruzione del pensiero, della
percezione, dell’umore e del movimento. La s. è la
malattia che più di tutte si identifica con la follia.
 non è una malattia rara : colpisce circa l’1% della
popolazione (USA 2 milioni di persone)
 non è necessariamente demolitrice: un terzo dei
pazienti dopo la conclusione di un episodio psicotico
isolato è in grado di tornare ad una vita normale
quasi senza inconvenienti.
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Sintomi positivi
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Illusioni
I pazienti possono:
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Allucinazioni
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credere che poteri estranei influenzino i loro pensieri o le loro azioni
credere che qualcuno possa leggere loro il pensiero e inserirsi nella loro vita intima
credere che le idee vengano introdotte nel loro cervello da trasmittenti segrete o
raggi soprannaturali, o inversamente che qualcuno rubi loro le idee
avere la certezza che fatti casuali, come le targhe delle auto, nascondano messaggi
segreti
ritenere di essere al centro di una missione importante, per esempio come agenti
di potenze mondiali o extraterrestri (es. John Nash)
Uditive (caratteristiche le voci), ottiche e perfino tattili.
Eloquio disorganizzato
Comportamento fortemente disorganizzato e caotico
Sintomi negativi
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Ridotta espressione e sperimentazione delle emozioni
Povertà di linguaggio
Difficoltà di attuare comportamenti finalizzati
Mancanza di energia e quindi isolamento
Altri più sottili disturbi cognitivi
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dell’attenzione
di indebolimento della memoria di lavoro
Nessuno sintomo da solo identifica la schizofrenia
La neurobiologia della
schizofrenia

Oggi si dà per scontato che almeno 3
neurotrasmettitori siano coinvolti nella determinazione
dei sintomi psicotici: dopamina, glutammato e
serotonina.
La neurobiologia della
schizofrenia
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“Ipotesi della dopamina”
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Nel cervello degli schizofrenici si libererebbe troppa
dopamina. Due fatti a sostegno:
1.
2.
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un overdose di anfetamine porta ad episodi psicotici indistinguibili
da quelli caratteristici della s.
dei farmaci usati per trattare la schizofrenia vanno ad agire
bloccando i recettori per la dopamina.
Tuttavia questi farmaci non agiscono sui sintomi negativi.
Inoltre con tecniche di brain imaging si è osservato che la
situazione è più complessa: a seconda dell’area cerebrale
sembra dominare una situazione ora eccesso, ora di difetto di
dopamina.
La neurofisiologia della
schizofrenia
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“Ipotesi del glutammato”
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E’ stato visto che sono importanti anche i recettori NMDA
del glutammato. Topi transgenici con ridotta espressione dei
recettori NMDA presentano sintomi, comportamentali (non
si sa ovviamente nulla sui loro pensieri), simili a quelli della
schizofrenia umana.
Attualmente si sta indagando per vedere se gli schizofrenici
soffrano di una carenza di glutammato.
“Ipotesi della serotonina”
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Analoghi della serotonina, quali LSD e psilobicina, inducono
in soggetti sani sintomi positivi simili a quelli della s.
Queste sostanze si legano a recettori della serotonina, ma
operano attivando o inibendo in modo area-specifico.
La neurobiologia della
schizofrenia

Unificare le ipotesi
Probabilmente la causa risiede nella combinazione di queste tre
ipotesi, ma cosa hanno in comune?
E’ stata avanzata un’ipotesi (Broadbent, 1958),
recentemente supportata da dati sperimentali, secondo
cui alla base della schizofrenia vi sia un’incapacità del
cervello di filtrare gli stimoli, il che porta ad un
affollarsi patologico di informazioni che alla fine sono
irrilevanti per elaborare comportamenti definiti
normali.
La neurobiologia della
schizofrenia

Esiste un riflesso, denominato inibizione da preimpulso (PPI) del
riflesso di spavento o trasalimento (chiusura delle palpebre
nell’uomo) che si manifesta ad es. in occasione di un forte
rumore. Se però questo è preceduto da un suono appena
percettibile (preimpulso), il riflesso si indebolisce.

Questa inibizione viene considerata una misura del filtro
cerebrale.
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Nel 2002 è stato dimostrato che pazienti schizofrenici mai trattati
con antipsicotici presentano un chiaro deficit della PPI.
Inibizione da preimpulso del
riflesso di spavento
La neurobiologia della
schizofrenia
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Su modelli animali è stato dimostrato che il filtro cerebrale
dipende dal funzionamento di almeno 3 strutture: talamo, striato
e corteccia frontale. Probabilmente il talamo è il principale
responsabile, dato che integra gli stimoli sensoriali per poi
trasmetterli al cervello.
Secondo Carlsson, premio Nobel per la medicina o la fisiologia
nel 2000, il filtro del talamo si attua attraverso 2 vie con i
mediatori glutammato e dopamina. Una recente estensione
comprende la serotonina.
Inoltre se la corteccia frontale, essenziale per la memoria di
lavoro e iperattiva negli schizofrenici e nei consumatori di
droghe, subisce un crollo da sovraccarico, non è più in grado di
classificare correttamente le informazioni in arrivo provocando
la perdita del rapporto con la realtà.
Un modello del filtro cerebrale
La componente genetica
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La s. sembra
avere una discreta
componente
ereditaria. Infatti
la probabilità di
contrarre la s.
aumenta con
l’aumento del
numero di geni
condivisi con un
membro della
famiglia
schizofrenico.
Il peso della genetica
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Se il nostro gemello omozigote è schizofrenico abbiamo
circa il 50% di probabilità di esserlo anche noi.
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le percentuali cambiano a seconda delle ricerche ma in tutti gli
studi è stata osservata una correlazione più elevata tra i
gemelli identici rispetto a quelli fraterni, quindi
qualitativamente i risultati sono in accordo.
non sono ancora stati individuati precisi fattori
scatenanti, né genetici (soprattutto) né ambientali.
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E’ stato però ad esempio notato che, tra altre cose, il servizio
militare favorisce l’insorgenza di questa malattia
Si ritiene che uno o più geni difettosi favoriscono l’insorgenza
della malattia
Conclusioni
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E’ indubbio che vari disturbi mentali, quali
schizofrenia,autismo e sindromi maniacodepressive, abbiano una componente genetica.
Questo non minimizza il ruolo dell’ambiente
(compresi eventi critici)
Non sono stati individuati geni cruciali
coinvolti, malgrado qualche risultato
interessante
Probabilmente c’è una componente poligenica
interagente in modo complesso con l’ambiente
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