Periodico trimestrale di informazione e cultura dell’Associazione Italiana Fisioterapisti
Regione Puglia n. 40 (1º Trimestre 2012) - Registrazione c/o il Tribunale di Taranto n 584 del
27.06.01- Spedizione in A.P.-45% art. 2 comma 20/B Legge 662/96 DC/DCI aut. N. 310 del 17.04.01
Per sempre presente
“...Quando il dolore ha il sopravvento e la voce di chi mi vuol bene
Ti giuro non sento
Quando mi sembra che questa vita segua una strada
Che non ha via d’uscita
Per sempre presente
Per sempre presente
Per sempre presente
Per sempre presente
Così voglio dire a questo bel cielo sereno che si colora d’azzurro
Che sono sempre presente
E che non è vero come dice qualcuno: quello è diventato un po’
scemo
Non capisce più niente ...”
1
L’ANNO CHE VERRÀ
C
ari colleghi,
appare doveroso esordire in
quest’editoriale con un tributo alla
sensibilità e alla grandezza umana
ed artistica di Lucio Dalla che, attraverso le sue parole e musiche ha
saputo trasmettere imperituri messaggi di speranza, accompagnando i momenti più salienti di
intere generazioni. Grazie Lucio.
L’anno che è appena iniziato ci vedrà impegnati
su diversi fronti per migliorare la crescita professionale e raggiungere quegli obiettivi agognati
ormai da molto tempo.
L’obiettivo principale per il futuro rimane sempre
quello dell’Ordine professionale, ma non meno
importanti sono la lotta all’abusivismo in difesa
della professionalità e della salute dei nostri
pazienti, la riforma del corso di laurea, l’accreditamento diretto del fisioterapista, la riforma
del sistema ECM, come pure la revisione dei
LEA. Dunque quello dell’Ordine deve essere un
approccio focalizzato sul ruolo determinante che
la professionalità degli operatori del settore, nei
suoi molteplici aspetti, svolge quotidianamente.
Appare evidente che, in tale ottica, l’obiettivo
che si intende perseguire è quello di valorizzare
le professionalità interne e le risorse offerte dal
territorio in uno stretto rapporto sinergico, in cui
il punto di forza diventa l’ A.I.Fi. configurandosi
non solo come mero ordine professionale ma
anche come organo rappresentante della categoria in sede di confronto istituzionale.
A proposito dell’Ordine professionale, voglio
ricordarvi che in questo momento, comunque,
come spesso ribadito dal presidente nazionale
Antonio Bortone, nel nostro Paese le professioni
sanitarie convivono dentro il sistema dell’O.C.A.,
ovvero esistono gli ordini, i collegi e le associazioni professionali.
Traguardo di notevole rilevanza è la rappresentatività di tale “ordine professionale” riconosciuta
dal Ministero della Salute attraverso i decreti del
14 aprile 2005 e del 19 giugno 2006.
Ma cosa differenzia ordini, collegi e associazioni professionali? Ovviamente la peculiarità
che contraddistingue e differenzia non può non
essere l’iscrizione alla nostra associazione che
nasce in maniera volontaria e sancisce l’utilità,
la competenza e la serietà professionale ed in-
tellettuale della nostra professione il cui unico e
primario scopo è quello di contribuire al benessere e alla salute delle persone che si affidano
fiduciosi e speranzosi alle nostre cure. Tutto ciò
non può che ampliare e migliorare il panorama
professionale nonché le singole performance
di ciascuno.
Aderire, dunque, all’ associazione equivale
senza dubbio alcuno alla crescita della professione del fisioterapista e contribuisce a delineare un’azione politica istituzionale più mirata,
consapevole ed efficace, trasformando il lavoro
del singolo in un continuo work in progress
collettivo in cui ognuno trae vantaggio, forza e
crescita professionale. Allora ci si chiede: ”A chi
è rivolto tale invito?”
L’invito è rivolto a tutti i colleghi ed in particolare alle nuove generazioni, intellettivamente
vivaci, capaci di processi di cambiamento rapidi
e veloci, in grado di penetrare nel perché delle
cose. Entrare nel nostro sistema significa venire avanti, essere positivi, diventare portatori
di interessi per la collettività. Aderire al nostro
sistema associativo significherà apportare la
forza delle vostre opinioni, con i desideri legittimi della nuova generazione, con la grinta e la
determinazione che avete dentro di voi.
“L’anno che sta arrivando tra un anno passerà”,
l’A.I.Fi. è pronta per andare avanti e non è una
novità. E voi?
Il Presidente
Dott. Ft. Fabio Domenico Mazzeo
Segreteria Redazionale:
A.I.FI. - Puglia
Via Alcide De Gasperi, 389 - 70125- BARI
Direttore Responsabile: Vincenzo Italiano
Comitato di Redazione: Denis Pennella
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Concetta Pesce
Alessandro Rahinò
Redattore capo:
Marco Cordella
Rappresentante Legale: Fabio Domenico Mazzeo
Stampa:
2
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CONVENZIONI AIFI 2012
3
PIÙ VALE PIÙ VALI
Il Coordinamento regionale delle
professioni Sanitarie chiede pari
dignità per tutte le professioni
Il Coordinamento Regionale delle Professioni Sanitarie che rappresenta 19 delle 22 professioni
sanitarie istituite ai sensi del Dls
502/92, e che mi onoro di presiedere, ha chiesto al Presidente
della Regione Puglia, on. Nichi
Vendola, con una nota inviata anche ai mass
media, il motivo della mancata attuazione della
Consulta Regionale delle Professioni Sanitarie,
la cui delibera n. 1454 è datata 1 agosto 2008.
La delibera, fortemente voluta dal coordinamento, fu il frutto di una lunga azione di confronto con l’allora Assessore alla Salute, dott.
Tedesco, che non “disdegnava” di incontrare
tutte le professioni sanitarie, indipendentemente dalla loro portata numerica. Egli prese
semplicemente atto dell’evoluzione normativa, messa in atto dalle leggi 42/99, la 251/00
e dalla legge 43/06, che ha promosso queste
professioni a “professioni liberali” riconoscendo
loro autonomia e responsabilità professionale,
e ritenne assolutamente legittimo deliberare la
costituzione della Consulta, al cui interno erano rappresentate tutte le professioni sanitarie,
quale organo tecnico consultivo dell’Assessorato alle Politiche della Salute.
L’obiettivo della Consulta era, infatti, quello
di fornire consulenze e proposte in materia di
organizzazione e programmazione sanitaria,
esprimere pareri tecnico-sanitari sugli schemi
di provvedimenti normativi ed amministrativi
che riguardano l’area delle professioni sanitarie, promuovere l’attivazione di “tavoli di confronto” etc.
Con il cambiamento del quadro politico regionale, l’applicazione della delibera ha subito
inizialmente un rallentamento poi un definitivo
stallo perchè fortemente osteggiata dal Collegio degli Infermieri, che in virtù della loro forza,
solo numerica, ha tenuto e continua a tenere
in ostaggio la Regione, che garantisce solo a
questi “…formali incontri …finalizzati a rendere
produttivo e funzionale il rapporto …con l’assessorato, come dichiarato dallo stesso Presidente del Collegio.
Il coordinamento, nonostante tutto, ha continuato a spingere per rendere esecutiva la delibera ed il Collegio delle Ostetriche, che è parte
integrante del Coordinamento delle professioni
sanitarie, ha ritenuto di ricorrere al TAR di Bari
per pretenderne l’applicazione. Il TAR ha accolto il ricorso …“dichiarando l’obbligo di provvedere conformemente all’istanza, attesa la fondatezza della stessa”...
La Regione, per tutta risposta, decide di revocarla con delibera n. 1680 del 26.7.2011.
Per il Coordinamento è stato un atto di forza
che non rende assolutamente merito al Governo regionale, anzi. E’ per questo che ha deciso
di chiedere a Vendola, pubblicamente, di garantire pari rispetto e pari dignità a tutte le professioni sanitarie, indipendentemente dal loro
peso numerico.
Attendiamo gli sviluppi.
Concetta Pesce
4
55
Norme per gli autori
IMPORTANTE
Si invitano tutti i soci a produrre
articoli e ad inviarli alla Redazione, ricordando a tutti che è
proprio grazie alla collaborazione
e dedizione di tanti colleghi che
questa pubblicazione mantiene
sempre aggiornati ed interessanti
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1 Valutazione e trattamento dell’adulto con
disturbi neurologici (Bobath)
dal 27 aprile al 16 settembre (h. 110)
2 L’approccio riabilitativo nel bambino con P.C.I.
2º modulo - La riabilitazione della funzione
del cammino: gli strumenti terapeutici
3-4-5 maggio 2012
3 Terapia Manuale secondo il concetto
Kaltenborn-Evjenth (5 Moduli)
dal 29 maggio al 2 giugno 2012 (1º Modulo)
dal 9 al 13 dicembre 2012 (2º Modulo)
4 Fisioterapia dello sport
secondo semestre 2012
5 Corso base di linfodrenaggio
secondo semestre 2012
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iscrizioni: fax: 080.2145698
6
Grande soddisfazione per il successo della
1° Giornata Regionale di Educazione
e Prevenzione “La schiena va a scuola”
Dott. Ft. Rosa Anna Fanelli - Resp.le
e Ufficio Formazione
Grande successo è stato riscontrato da parte dei dirigenti, docenti e
genitori delle cinque provincie della
Regione Puglia per la giornata dedicata all’educazione e prevenzione
dal titolo “la schiena va a scuola”.
L’obiettivo del progetto era quello di fornire informazioni e strumenti per promuovere comportamenti e stili di vita corretti, a genitori, docenti
ed alunni, allo scopo di prevenire problematiche
a carico dell’apparato muscoloscheletrico, sopra ttutto della
colonna dei bambini.
L’iniziativa, promossa dall’AIFI nazionale e realizzata dall’AIFI regionale nella giornata del 24 gennaio,
ha coinvolto un buon numero di docenti e genitori ed ha avuto grande
rilievo nella stampa locale e web,
tanto che è stata richiesta, in tutte
le provincie, la possibilità di ripetere
l’iniziativa. Degli opuscoli, realizzati
dall’AIFI e presentati nel corso del
convegno nazionale di Pacengo del
Garda (Verona), ne sono stati distribuiti 7.000 nelle scuole di 5 province
pugliesi; in esso sono contenuti suggerimenti
di comportamento preventivo e di stili di vita
corretti, utili nella prevenzione delle malattie
dell’apparato muscolo-scheletrico, in particolare
a livello della colonna vertebrale, dei
bambini e adolescenti.
La giornata è stata un occasione di
formazione e confronto e ha dato
la possibilità a genitori e docenti
di chiedere tutte le informazioni da
utilizzare per i propri figli/studenti da
utilizzare per la prevenzione di alterazioni a carico dell’apparato muscoloscheletrico.
L’AIFI si è posta, in questo progetto,
come punto di riferimento per tutti i
cittadini che hanno bisogno di informazioni a tutela della propria salute,
sia sul territorio che a livello naziona
Nelle foto
alcuni
momenti della
1ª Giornata
Regionale
“La schiena
va a scuola”.
7
Quelli che la
Puglia…
Dott. Ft. Denis Pennella
C
Materiali e metodi. È stata fatta una revisione
della letteratura fino ad aprile 2011 sulle banche
dati biomediche MEDLINE, TRIP DATABASE,
OVID, CINAHL, Pedro. È stata valutata quale
era la riduzione dell’edema e del volume del
moncone espressa sia come circonferenza del
moncone che giorni trascorsi tra l’operazione e
la protesizzazione.
Risultati. Sono stati identificati 10 articoli, di cui
5 studi randomizzati controllati, 1 studio comparativo non randomizzato, 1 studio comparativo
retrospettivo multicentrico, 1 audit retrospettivo,
1 studio caso-controllo, 1 revisione sistematica
della letteratura. I pazienti trattati con bendaggio elastico hanno tempi di riduzione del volume
del moncone più lunghi rispetto a quelli trattati
con bendaggio rigido o semirigido rimuovibile
anche se il vantaggio era registrabile solo nelle
prime due settimane.
Discussione. Il bendaggio semirigido e semirigido rimovibile è più efficace nella riduzione dell’edema del moncone dell’arto inferiore rispetto al bendaggio elastico, ma solo nel
breve e medio periodo. Restano, invece, contrastanti i risultati sulla maggiore efficacia del
bendaggio semirigido nella riduzione dell’edema anche nel lungo periodo (>3 settimane).
ome Associazione, ma prima ancora come Fisioterapisti, siamo sempre estremamente
contenti quando un collega raggiunge importanti risultati; quando
un collega vive la sua professione appieno. Ebbene, quando i colleghi sono
addirittura 4 la nostra soddisfazione è ancora
maggiore. Per questo inseriamo in rivista l’abstract di un articolo recentemente pubblicato su
Assistenza Infermieristica e Ricerca [2011 OctDec;30(4):208-14] ed indicizzato su PubMed, i
cui autori sono i nostri colleghi pugliesi Filippo
Maselli, Michele Cannone, Alessandro Rahinò
e Giuseppe Giovannico.
Titolo dello studio: The effectiveness of the
elastic bandage in reducing<BR>residual limb
volume in patients with lower limb amputation:
literature review
Autori: Antonella Punziano,1 Sara Martelli,1 Vittorio
Sotgiu,1 Giuseppe Giovannico,2 Alessandro Rahinò,3
Michele Cannone,4 Massimiliano Bullo,5 Filippo Maselli6
Inail Roma Centro, Roma, 2Coordinatore Divisione di
Riabilitazione Ortopedica Istituto “Santa Chiara”, Lecce.
3
Istituto “Sant’Agostino” Bari, 4Centri di Riabilitazione
Fondazione “Padre Pio”, Foggia. 5Inail Venezia Terraferma. 6Sovrintendenza Medica Regionale Puglia Inail, Bari.
1
Colgo l’occasione per sottolineare l’importanza del risultato raggiunto dal momento che, in
Italia, fare ricerca e pubblicare rappresenta un
grosso impegno mai remunerato ma che costa
fatica, passione per la professione e sacrificio
di tanto tempo libero. Per
Aifi è un orgoglio annoverare tra i suoi soci colleghi
di alto profilo e valorizzare
con la comunicazione l’impegno profuso.
Ci aspettiamo quindi numerose segnalazioni di pubblicazioni su riviste specializzate ed i vostri articoli originali, perché tutta la comunità possa goderne.
Abstract
“L’efficacia del bendaggio elastico nel ridurre il
volume del moncone nei pazienti con amputazione degli arti inferiori: revisione della letteratura”.
Riassunto
Introduzione. Esistono svariate tecniche di
bendaggio per contenere e ridurre l’edema del
moncone nei pazienti amputati ma c’è molta incertezza su quale sia la più efficace.
Obiettivo della revisione di valutare l’efficacia
del bendaggio elastico rispetto ad altri tipi di
bendaggio nella riduzione del volume del moncone nei pazienti che subiscono l’amputazione
degli arti inferiori.
8
Il paziente con malattia di Alzheimer:
dal curare al prendersi cura
Dott.ssa Claudia Pati (*) - Dott.ssa Vita Ligorio (**)
“... non mi sento nessuna età
[...]. Se dovessi sentirmi un’età qualunque, questa sarebbe
semmai l’infanzia, l’eternità e
l’infanzia”.
A differenza di altre malattie non esiste un esame specifico per diagnosticare la malattia di
Alzheimer, la diagnosi è spesso un percorso
che richiede molto tempo, diverse visite di valutazione del malato e l’esecuzione di numerosi
esami clinici e strumentali (TAC, RMN, ecc.).
In ogni caso non è possibile arrivare ad una
certezza diagnostica, effettuabile solo dopo la
morte in seguito ad esame autoptico, ma si può
arrivare ad una diagnosi di malattia di Alzheimer “probabile”.
M. Yourcenar - “Ad occhi aperti”
Da un punto di vista strettamente
medico-fisiologico, la demenza
è una disfunzione cerebrale che
determina una progressiva compromissione delle facoltà mentali
(memoria, ragionamento, linguaggio, orientamento) tale da interferire significativamente con le occupazioni giornaliere della
persona affetta; nella maggior parte dei casi,
l’aggravarsi della sintomatologia porta alla perdita dell’autonomia e alla crescente necessità
di assistenza.
Ai sintomi che riguardano le funzioni cognitive,
si accompagnano quasi sempre delle alterazioni della personalità e del comportamento, tra le
quali predominano i disturbi psichici, l’irritabilità
e aggressività, insonnia e apatia.
La demenza è una sindrome, cioè un insieme
di sintomi, che possono insorgere in seguito ad
alcune malattie o condizioni fisiche; la forma
clinica più frequente è la malattia di Alzheimer,
che è responsabile della sintomatologia in oltre
il 50% dei casi di demenza.
L’Alzheimer è definita la malattia delle quattro A: amnesia perdita significativa di memoria;
afasia incapacità di formulare e comprendere i
messaggi verbali; agnosia incapacità di identificare correttamente gli stimoli, riconoscere
persone, cose e luoghi; aprassia incapacità di
compiere correttamente alcuni movimenti volontari, per esempio vestirsi.
La malattia di Alzheimer prende il nome dal
famoso neurologo tedesco Alois Alzheimer,
che per primo la descrisse (1906) ed è causata da un processo degenerativo patologico che
distrugge lentamente e progressivamente le
cellule cerebrali. Ancora oggi non se ne conoscono chiaramente le cause, la maggior parte
degli scienziati ritiene che non si tratti di un’unica causa, ma di una serie di fattori e che tra
questi il principale fattore di rischio è l’età, anche perché la malattia di Alzheimer non è l’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento, ma
una patologia vera e propria con caratteristiche
cliniche specifiche che richiedono specifici interventi diagnostici, terapeutici e riabilitativi.
Anche se il decorso della malattia è unico per
ogni individuo, ci sono molti sintomi comuni e
può essere suddiviso con molta approssimazione in tre fasi. Nella fase iniziale sono prevalenti i disturbi della memoria, ma possono
essere presenti anche disturbi del linguaggio,
nella fase intermedia il malato si avvia a una
progressiva perdita di autonomia, può avere
confusione, allucinazioni e aggressività e ri9
chiede un’assistenza continua, nella fase severa si assiste ad una regressione allo stato fetale con una completa perdita dell’autonomia.
1) Tecniche mirate al comportamento
Attualmente la malattia di Alzheimer non è guaribile, ma esistono farmaci che possono migliorare alcuni sintomi cognitivi, funzionali e comportamentali quali gli inibitori della acetilcolinesterasi che risultano efficaci nelle prime fasi
della malattia e la memantina che dovrebbe
essere impiegata nelle forme moderatamente
gravi o gravi.
In assenza di risposte terapeutiche risolutive
diventa sempre più importante il “prendersi
cura” della persona affetta da Alzheimer per
migliorarne la qualità della vita sotto tutti gli
aspetti.
A tal proposito, risultano essere utili le tecniche
riabilitative che, secondo De Routrou e Forette, hanno come obiettivo non il prevenire la
lesione cerebrale, ma il ritardare o prevenire il
manifestarsi dei sintomi, in modo da limitare il
danno funzionale e migliorare la qualità di vita
dei pazienti e dei familiari.
Un principio fondamentale da tenere presente,
è inoltre quello che ogni tecnica riabilitativa ha
indicazioni diverse relativamente ai vari stadi
dell’evoluzione della malattia di Alzheimer; tecniche utili per pazienti in fasi lievi di malattia
sono improponibili nelle fasi più avanzate del
deterioramento demenziale, mentre tecniche
utili in tali fasi, potrebbero non essere adeguate per pazienti in fasi iniziali di malattia.
I trattamenti non farmacologici per le demenze possono essere suddivisi (in linea di
massima) in quattro categorie, seguendo i
suggerimenti dell’American Psychiatric Association APA: tecniche mirate al comportamento, alla sfera emotiva, alla stimolazione e alle
funzioni cognitive.
2) Tecniche mirate alla sfera emotiva
10
Queste tecniche si propongono di ridurre i problemi comportamentali, di incrementare i livelli
di attività, stimolare la cura personale e controllare l’incontinenza.
Nell’ambito delle terapie mirate al comportamento, possono essere inserite tecniche definite quali “Milieu Therapy” e “Gentle Care”,
queste tecniche si basano sull’adattamento dei
materiali e dell’ambiente sociale alle modificazioni causate dalla malattia e si propongono
di indebolire gli effetti negativi della demenza
(quali comportamenti disturbanti o scorretti),
rafforzando le abilità residue e promuovendo
il benessere del malato.
Questo tipo di approccio comprende:
- Psicoterapie si possono distinguere tre
diversi approcci psicoterapeutici e possono essere applicati sia individualmente
che in gruppo;
- Terapia della Reminescenza questa
tecnica utilizza il ricordo strutturato, per riportare alla coscienza le esperienze passate e i conflitti irrisolti, aiutando l’anziano
a mettere le proprie esperienze di vita in
prospettiva e a prepararsi alla morte. L’idea è che, poiché la memoria remota è a
lungo conservata nel paziente demente, il
suo utilizzo possa rappresentare un efficace mezzo di comunicazione;
- Validation Therapy venne proposta
come tecnica di comunicazione con i malati di demenza da Naomi Feil. L’ipotesi
che sostiene la validation therapy è che la
demenza riporta il malato a episodi passati del suo vissuto e a conflitti relazionali,
specie familiari o con figure significative.
Quindi non si tratta di riportare il malato
alla realtà attuale, ma di seguirlo nel suo
mondo per cercare di capire quali sono i
sentimenti, le emozioni e i comportamenti
che derivano da questo suo rivivere conflitti passati;
- Tra le tecniche mirate alla sfera emotiva,
citiamo inoltre la Terapia della Presenza
Simulata, costituita dall’uso di un nastro
registrato che riporta una conversazione
telefonica dei familiari del paziente riguardo a care memorie.
3) Tecniche mirate alla stimolazione
Con questo termine l’APA indica trattamenti
basati su attività ricreative, quali giochi, contatti con animali, espressioni artistiche (musica,
danza, arte figurativa) che si propongono di
stimolare e arricchire il paziente, mobilizzando
suo ambiente stimolandolo ogni giorno,
individualmente o in gruppo, a focalizzare l’attenzione su argomenti semplici e/o
eventi (storia,vacanze, cibo, denaro, religione, ecc.);
- Terapia di Risocializzazione oltre a rinnovare l’attenzione per l’ambiente, stimola
le abilità sociali e l’iniziativa nelle relazioni
tra i partecipanti e i gruppi di trattamento,
in particolare durante le discussioni, che
riguardano l’ambiente circostante e temi
sociali generali, l’espressione di pensieri
e opinioni viene enfatizzata di proposito,
allo scopo di rinforzare l’identità personale
(ego) dei partecipanti.
4) Tecniche mirate alle funzioni cognitive
in tal modo le sue risorse cognitive.
In quest’ambito va citata inoltre la
- Terapia Psicomotoria che si propone
espressamente di contenere i problemi
psichici e sociali del paziente anziano attraverso attività di movimento e/o particolare attenzione per le esperienze corporee
e comprende diversi metodi, che differiscono per i presupposti teorici e per gli
scopi perseguiti oltre che, per le tecniche
impiegate;
- Terapia di Rimotivazione originariamente sviluppata per trattare i pazienti
schizofrenici, è stata utilizzata successivamente anche per i pazienti istituzionalizzati con problemi psicogeriatrici, si propone
di rinnovare l’interesse del paziente per il
11
In quest’ ambito distinguiamo le tecniche ad
approccio globale e le tecniche specifiche di
training per la memoria.
- Tecniche globali :
Reality Orientation Therapy (ROT) ha
come obiettivo il riallenamento del paziente attraverso una stimolazione continua mirata all’orientamento nei confronti
dell’ambiente, ciò indurrebbe nel paziente
una migliore comprensione dell’ambiente
circostante, migliorando il senso del controllo e la sua autostima. Di solito si distingue in formale e informale, a seconda che
le informazioni siano date in sessioni specifiche oppure come rinforzo dei messaggi
ambientali e relazionali.
Programmi di training cognitivo delle
funzioni neuropsicologiche “residue” si
propongono di stimolare la memoria autobiografia ( rievocazione di informazioni
riguardanti la memoria del sé, l’identità
del paziente e quella dei componenti della
famiglia) e semantica (l’identificazione di
alcune immagini e la loro successiva classificazione in categorie), il linguaggio, le
prassie e l’attenzione.
- Skill o memory training:
Tecniche che si propongono di facilitare la
memoria esplicita prevedono l’ottimizzazione di ricordi autobiografici con l’utilizzo
di un supporto sia in fase di codifica (uso di
effetti personali, di attività motorie o altre
abilità precedentemente apprese, attività
autogenerate), sia in fase di rievocazione
con fornitura di cure supplementari (input
di azione) e riconoscimento forzato.
Tecniche mirate alla memoria implicita
comprendono varie metodiche quali la stimolazione della memoria procedurale, lo
spaced retrieval, il metodo delle vanishing
cues e lo errorles learning tenendo conto
che la memoria implicita o non dichiarativa, è una memoria inconscia che viene
messa in evidenza quando si esegue una
prestazione specifica, come ad esempio
andare in bicicletta, andare in bagno o riassettare la casa. L’espressione dell’avvenuto apprendimento si realizza attraverso
il comportamento, sia esso un’ottimizzazione o comunque una modificazione di un
comportamento
già presente o
l’acquisizione
di uno nuovo
senza che sia
richiesta
una
rievocazione
consapevole di
quanto precedentemente appreso.
- UTILIZZO DI
AUSILI ESTERNI
L’utilizzo di ausili e supporti esterni, quali sveglie, segnaposti,
diari, lavagne, cartelli colorati, ecc, sembra utile per migliorare la memoria di fatti personali,
la memoria prospettica e l’abilità di sostenere
una conversazione nei pazienti con demenza.
In questa necessariamente “sintetica revisione” è stato messo in luce quanto sia neces-
VIA FUMARULO, 2
70029 SANTERAMO IN COLLE - BA
12
sario un approccio alla malattia di tipo multidimensionale, intendendo in questo un’analisi
che vada al di là dei fattori organici, ma che
includa anche il valorizzare quello che la persona ancora sa fare ed evitare di sottolineare
i suoi deficit, rafforzando in tal modo sia le sue
capacità cognitive che il senso di autostima e
di autoefficacia.
La dignità della persona deve rimanere centrale, come il suo intero essere …. bisogna aiutare il malato di Alzheimer a fare e non sostituirsi a lui facendo!!!
(*) Fisioterapista, ASL BR - Osp. “A. Perrino” - Brindisi
(**) Fisioterapista, Casa di cura “Clinica Salus” - Brindisi
Bibliografia
Bottino CM., Carvalho IA., Alvarez AM, Camargo CH
et al., Cognitive rehabilitation combined with drug treatment in Alzheimer’s disease patients: a pilot study,
Clin Rehabil. 2005
Clare L, Woods RT, Moniz Cook ED, Orrel M, Spector A,
Cognitive rehabilitation and cognitive training for earlystage Alzheimer’s disease and vascular dementia, The
Cochrane Library, Issue 1, 2004
Liscio, Cavallo, “La malattia di Alzheimer”, McGraw-Hill,
2002
Lowenstein DA, Acevedo A, Czaja SJ, Duara R. Cognitive rehabilitation of mildly impaired Alzheimer disease
patients on cholinesterase inhibitors. Am J Geriatr Psychiatry . 2004
Olazaran J, Muniz R, Reisberg B, Pena-Casanova J et
al., Benefits of cognitive-motor intervention in MCI and
mild to moderate Alzheimer disease. Neurology. 2004;
63:2348-53.
Spector A, Thorgrimsen L, Woods B, Royan L, Davies S,
Butterworth M, Orrell M., Efficacy of an evidence-based
cognitive stimulation therapy programme for people with
dementia: randomised controlled, Trial. Br J Psychiatry.
2003 Sep;183:248-54.
Sentire
prima di
toccare
Dott.ssa Ft. D. Pentassuglia, Dott. Ft. A. Rahinò
Il nostro è un lavoro nobile, possediamo infatti
la capacità potenziale di poter condizionare in
maniera positiva la qualità di vita dei nostri pazienti, ma al contempo, è un lavoro che sfianca,
sfinisce, logora sia dal punto di vista fisico che
intellettivo che emotivo. E capita a volte, mi
auguro sempre meno, di non prestare la giusta
attenzione al paziente che abbiamo sotto le
nostre audaci mani, magari chiacchierando col
paziente stesso o addirittura con colleghi lontani
da noi di argomentazioni non sempre inerenti la
salute dell’assistito. Ma in questo modo siamo
veramente potenzialmente capaci di modificare
la qualità di vita del paziente? Fino a poco tempo fa pensavo che fosse sufficiente solo saper
ascoltare clinicamente ed emotivamente il mio
paziente e appropriatamente trattarlo per produrre in lui una reale modifica del suo assetto comportamentale e sociale. Mi sbagliavo, non basta!
Il racconto che segue ha dello straordinario, ci
mette di fronte ad uno specchio e ci fa riflettere
di quanto bisogno c’è di capire altro ancora e di
“Sentire prima di toccare“! Esperienza fatta da
una brillante collega che ha avuto l’intuizione
e anche il “coraggio” di sperimentare in prima
persona le sensazioni che si provano ad essere
una persona con disabilità.
A.Rahinò
sato di riuscire a superare il disagio personale,
affrontare l’intervento, oltrepassare la chemioterapia, guardarsi allo specchio… Il malessere
nasce, invece, dal rapporto con gli altri, al supermercato, al negozio, al ristorante: “Signora!
Ma il suo braccio è gonfio!” oppure “Signora
sicuramente non le va questa giacca, la manica
sarà stretta…” e ancora “Ma cosa ha fatto al
braccio signora? Quanto è gonfio!”.
Ciò che conduce l’uomo ai valori è l’esperienza
delle emozioni: per questo ho voluto sentire,
provare, vivere per un giorno, capire, e informare
la gente che forse non sa. Difendermi nelle vesti
di queste donne.
Sabato 17/09/2011.
05:35 - Sveglia, colazione, doccia e via!
06:36 -Treno diretto Alberobello-Bari. Destinazione? Policlinico.
07:45 - Arrivo alla stazione di Bari Centrale,
dieci minuti di cammino, come ogni altro giorno, ed eccomi al Policlinico. Solite facce, soliti
movimenti, o forse sono io ad essere sempre
la stessa, che vede le cose sempre allo stesso
modo. Lo scopo di questa giornata? Guardare
il mondo con “occhi diversi”.
08:30 - Già comincio a preoccuparmi dei 28
gradi fuori… guardo il sole e guardo il lettino.
Per la prima volta sono io ad essere supina, a guardare quell’ambiente dal basso
verso l’alto e già questo fa crescere dentro di me una strana sensazione. L’unica differenza è che io lo faccio per scelta.
09:30 - Sono spudoratamente con le maniche
corte, testa alta e sguardo dritto negli occhi di
chi incontra i miei.
Il mio braccio è bendato: sento la famosa “spremitura dei muscoli dentro il bendaggio”, sono in
uno scafandro che mi fa sentire protetta.
Neanche il tempo di mettere gli occhiali da sole,
ecco il primo commento in verace dialetto bare-
…di Debora Pentassuglia
Ho sempre creduto di dover provare prima di
parlare: non si capisce mai abbastanza qualcosa
se non la si vive in prima persona. Sentire.
Dopo uno studio sulla definizione di un questionario per la valutazione della Qualità di Vita del
paziente con linfedema‫‏‬, ho constatato una realtà
poco felice. Una delle 27 domande recita così:
“…a causa del suo braccio si è sentita a disagio
nella sua vita sociale…”?
Tutte le persone intervistate mi hanno confes13
se. Pronta la mia prima spiegazione: “Questo sai
cos’è? È il bendaggio che si fa quando le donne
vengono operate di tumore al seno, fa parte del
trattamento del linfedema, e si associa sempre al
drenaggio linfatico manuale. La prossima volta
non chiedere ancora… non è gradevole…”
Seconda destinazione: reparto di Pediatria.
Devo incontrare un medico, lui mi vede arrivare
lungo il corridoio, mi guarda ma non saluta. La
sua attenzione è tutta al mio braccio bendato;
i suoi occhi? Sbarrati: “Ehi ciao! Non ti avevo
riconosciuta! Ma cosa hai fatto??”
“Eh… un’esperienza. Mi son fatta bendare
per sentire cosa significa indossare il bendaggio e rispondere alle domande della
gente… sembra sia questo il disagio più
grande delle donne che ho incontrato…”
“Ma tu sei pazza!! Sei incredibile”
Comincio a collezionare commenti, è ciò che volevo. Tutta l’equipe medica accorre… e davanti
agli sguardi di chi si preoccupa, per lavoro o per
essere, di guardare il paziente come un nome
e un cognome, io invece gli ho dato ascolto e
voce. Questa nuova prospettiva suscita non
poco stupore.
Ok ora dritti per il centro della città di Bari, una
passeggiata fuori dall’ambiente ospedaliero.
“Gli altri” ti guardano in maniera diversa, e tu sei
più sensibile, riesci a cogliere ciò che di solito
neanche guardi di sfuggita.
-Alla rotonda infernale del Policlinico due auto
si fermano per farmi attraversare. Prima volta
in tre anni.
Chi mi viene incontro, passa a fianco e poi si
volta ancora. Le signore mi sorridono affettuose. Un affetto che a me non dà fastidio, ma che
potrebbe trasformarsi in pietà, e quella invece
potrebbe ferire.
14
C’è chi poi, nonostante tutto, urta anche contro
di te, senza chiedere scusa.
-Sottopassaggio della stazione centrale? Non tendono la mano verso di me per chiedere elemosina!
-Via Sparano, mano tesa verso di me come per
tutti, ma al gesto non segue alcuna parola: il
ragazzo da me non vuole l’offerta per la spilla.
Imbarazzato la porta a sé e si allontana.
-Al negozio: “Buongiorno!” Ris:“Buongiorno!”
“Ma cosa hai fatto sei caduta??”
Ris:“…(Spiegazione numero 3)…”
“Ah… non lo sapevo… Scusa… non l’ho mai
visto!”
Il viaggio prosegue verso casa… ancora il
sottopassaggio della stazione e via sul treno.
Nessuno mi chiede il biglietto, i ragazzini a fine
giornata scolastica continuano a scherzare indifferentemente… ed ecco l’arrivo.
Mi accolgono sconvolti a casa e dopo le dovute
spiegazioni, pranzo (non c’è cosa più difficile
che mangiare gli spaghetti) e partenza per la
Fiera del Levante.
In mezzo a tanta gente poche le cose che restano impresse: gli sguardi silenziosi di chi prova
dispiacere, l’imbarazzo di chi mi guarda come
una ragazza “sfortunata”, i gesti gentili di chi si
accorge e qualcuno che si ferma quasi cominciando a chiedere… ma non lo fa.
La pesantezza comincia a farsi sentire, ma la
notte devo passarla ancora così.
Tagliare la carne a tavola richiede più raffinatezza… ma nonostante il tempo maggiore, ci riesco.
Chiudo gli occhi e penso ai passi del giorno…
quante cose si riescono a vedere con occhi
diversi. Dovremmo più spesso immaginare di
essere nei panni di qualcun altro, per giudicare
meno, per capire più cose, per apprezzarne
altre. Per essere forse migliori.
STRIZZARE
il cervello
fa bene
Dott. Ft. A.Rahinò, Dott.Ft. F.Maselli, Dott. Ft. M.Cannone, Dott. Ft. G.Giovannico
S
econdo un recente studio sui meccanismi
cerebrali, strizzare il cervello sembra fare
bene, ovvero portare in una situazione di alto
stress la mente sembrerebbe avere effetti benevoli sui meccanismi di riparazione del cervello. Gli scienziati della Columbia University affermano che, in condizioni di stress, le cellule
staminali neurali dell’ ippocampo sono in grado
di produrre non solo i neuroni, ma anche nuove
cellule staminali. Lo studio dimostra come l’ambiente forma esperienza di sviluppo e riparazione neuronale. Gli studiosi hanno osservato
che ambienti poveri di stimolazioni e ambienti
arricchiti hanno avuto effetti opposti sulla popolazione di cellule staminali e neuroni. I cervelli
dei topi socialmente isolati tendono ad accumulare le cellule staminali neurali, ma non i neuroni. I cervelli dei topi invece, alloggiati in ambienti arricchiti producono molti più neuroni. Il
giro dentato medio del cervello del topo, dove si
svolge l’area della neurogenesi dell’ippocampo
ha circa 500.000 neuroni, e in condizioni di ambiente arricchito ha causato un aumento di circa
70.000 neuroni. I risultati dello studio mostrano
che l’ippocampo si adatta agli stress ambientali,
inoltre, la conoscenza di come le cellule staminali neurali possano produrre neuroni potrebbe
portare al potenziale trattamento per le malattie
neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson. Nella malattia di Alzheimer, l’ippocampo
è una delle prime regioni del cervello a subire
danni. Problemi di memoria e disorientamento
sono tra i primi sintomi. L’ippocampo è coinvolto
nella memoria, nell’apprendimento e nell’emozione. Il gruppo di ricerca della Columbia University Medical Center ha utilizzato una tecnica
che traccia le cellule staminali dalla loro formaErrata Corrige
zione alla loro eventuale differenziazione in tipi
cellulari specifici, per vedere quale percentuale
di cellule staminali neurali producono neuroni.
Che l’ambiente ricco di stimoli producesse degli
adattamenti favorevoli sul cervello adulto è cosa
risaputa, ma che in condizioni di stress si producessero nuove cellule staminali che poi danno
vita a nuovi neuroni quando le condizioni ambientali ritornano alla normalità ha dell’incredibile se pensiamo poi a molti dei nostri pazienti in
cui la loro stimolazione ambientale si riduce tra
casa e trattamento o peggio ancora nei pazienti
domiciliati, allora comprendiamo bene come il
loro cervello oltre a non produrre nuovi neuroni
o cellule staminali, viene corroso dalla morìa
neuronale che sia essa fisiologica o patologica.
“Sapevamo già che gli ambienti arricchiti sono
neurogeni, ma il nostro è il primo rapporto che
le cellule staminali neurali, attualmente considerate come “quiescenti”, può accumularsi nel’
animale vivo”, ha detto il Dott. Dranovsky, responsabile del gruppo di ricerca. “Dal momento
che questo è stato rivelato semplicemente cambiando le condizioni di vita dell’animale, pensiamo che si tratta di un adattamento ad ambienti
stressanti. Quando le condizioni tornano più favorevoli, le cellule staminali accumulate hanno
la possibilità di produrre più neuroni, una forma
di “neuroni su richiesta”. L’obiettivo a lungo termine secondo il dottor Dranovsky, è di capire
come istruire le cellule staminali neurali per la
produzione di neuroni o più cellule staminali,
ciò potrebbe portare all’eventuale utilizzo delle cellule staminali nella terapia di sostituzione
neuronale per le malattie neurodegenerative e
di altre condizioni del sistema nervoso centrale.
Buon lavoro.
References: Experience dictates the fate of stem cells
in the adult. Dranovsky, Alyssa M. Picchini, Tiffany Moadel, Alexander C. Sisti, Atsushi Yamada, Shioko Kimura, David E. Leonardo, e Rene Hen. Neuron Volume
70, Issue 5, 908-923, 9 giugno 2011. doi.10.1016/j.neuron.2011.05.022
Si comunica che nell’articolo
“il Sistema dei neuroni a specchio”
presente nella rivista n. 39 (4º Trimestre 2011) pag. 13-14
fra gli autori manca il nome del Dott. FT Filippo Maselli
Ci scusiamo per il disguido
La redazione Aifi Puglia
15
La Terapia Manuale
secondo il concetto OMT
Kaltenborn-Evjenth
Estratto da www.aifiliguria.org/Documenti/Presentazione-OMT-2009.pdf e proposto da G. Conticelli*
L
a terapia manuale ortopedica (OMT = Orthopedic Manipulative Therapy) è un concetto per l’esame e il trattamento dei disturbi
delle funzioni dell’apparato locomotore. Questi
si presentano con sintomi tipo dolore e debolezza e con segni clinici come una mobilità alterata e dei cambiamenti tessutali (Kaltenborn
2002: 57; Kaltenborn 2003: 1 und 65; Schomacher 2004: 1).
La Terapia Manuale ci offre un approccio manuale con una metodologia scientifica che ci da
risultati visibili, misurabili e controllabili senza
perdersi in troppe ipotesi teoriche. Il suo procedimento logico è basato sulle scienze fondamentali in medicina come l’anatomia funzionale e la neurofisiologia. Così ci permette una
comunicazione chiara con pazienti, colleghi e
medici con un ragionamento clinico fondato e
praticabile nel lavoro quotidiano.
L’insegnamento della terapia manuale secondo il concetto Kaltenborn-Evjenth si concentra
sugli aspetti fisici senza trascurare l’importanza degli aspetti psicosociali. L’esame comprende 6 classificazioni del paziente e segue
16
una logica chiara e argomentata con obiettivi precisi. L’esame è basato a livello internazionale sul principio dello “SOAP” (Subjective, Objective, Assessment, Plan), in Italiano:
SOMP (Soggettivo, Oggettivo, Misure, Progetto) (Viel 1998: 33). Un esame d’orientamento
permette di focalizzare il problema, che è poi
analizzato in un esame specifico. Dopo avere
trovato il “nucleo del problema” si cercano i fattori che influenzano o causano il problema. In
più le conseguenze della patologia per la vita
del paziente sono analizzate secondo l’ICF. Il
risultato è una diagnosi fisioterapica che è verificata con un trattamento di prova.
Il trattamento nella terapia manuale può essere classificato in 6 categorie, fra le quali il terapista sceglie secondo i bisogni del paziente:
1. trattamento dei sintomi; 2. mobilizzazione
dell’ipomobilità; 3. mantenere la mobilità; 4.
stabilizzazione e controllo motorio dell’ipermobilità e allenamento fisico; 5. influenzare
il cambiamento tessutale; 6. informazione e
istruzione (Schomacher 2001 a: 114).
Una caratteristica tipica della terapia manuale
del Concetto OMT KaltenbornEvjenth è la considerazione
della meccanica articolare. L’esame e il trattamento non sono
guidati soltanto dalla reazione
del paziente per quanto riguarda il dolore oppure un altro sintomo, ma anche dalla disfunzione del movimento.
Bisogna tener conto dunque di
due aspetti:
1. L’analisi e il trattamento del
dolore per il quale la terapia
manuale si basa sulla fisiologia
del dolore nella sua complessità utilizzando il modello biopsicosociale (Engel 1977).
2. L’analisi e il trattamento della disfunzione
che è in correlazione con i sintomi (Kaltenborn
2002: 57).
Il dolore
La fisiologia del dolore c’insegna a distinguere tra il dolore del recettore (= nocicettivo) e il
dolore neuropatico (Weiß e Schaible 2003: 4).
L’ultimo può nascere nel sistema nervoso sia
da una lesione dell’assone oppure a causa di
un’ipersensibilizzazione del sistema nervoso.
Questa ipersensibilizzazione è una caratteristica del dolore cronico. La sua intensità
non è più necessariamente proporzionale alla
lesione (come nel dolore acuto) e può rappresentare una patologia propria (Schomacher
2001 b + c).
Questa ipersensibilizzazione è spesso suscitata da un dolore nocicettivo e influenzata da
diversi fattori psicosociali. Il dolore cronico
richiede perciò un approccio specifico che
va oltre il trattamento semplice analgesico
con mezzi fisici e anche oltre il solo trattamento della lesione periferica (Vlaeyen et
al. 1999; Gifford 1998). La nocicezione rappresenta quindi soltanto una parte del fenomeno
complesso del dolore. Il modello biopsicosociale e il modello dell’ICF dimostrano che l’esperienza del dolore è influenzata da vari fattori che interagiscono tra loro. La fisioterapia e
anche la terapia manuale non devono perciò
limitarsi all’analisi ed al trattamento di una lesione (nocicezione). Devono anche considerare e occuparsi di una persona complessa e
sofferente nel suo ambiente. In lingua inglese
si parla di dover trattare il paziente manualmente (“hands on”), ma che in certi casi è più
utile una gestione del modo di vivere il dolore
in un trattamento che guida il paziente anziché
del trattarlo manualmente (“hands off”) (Jones
e Rivett 2004: 44).
La disfunzione
Il concetto di base del dolore del recettore si
fonda da un punto di vista meccanico sull’ipotesi che l’origine del dolore è in gran parte dovuta da una tensione eccessiva dei tessuti (lesi)
(vedi Cyriax 1982: 43). Questo vale soprattutto
per il dolore acuto. Nel dolore cronico (vedi sopra) bastano spesso piccoli stimoli e dunque
piccole disfunzioni per mantenere lo stato d’ipersensibilizzazione del sistema nervoso (Gif17
ford 2004). Questi stimoli possono addirittura
essere clinicamente non visibili (Giamberardino 2003). Oltre dal sistema locomotore possono provenire anche da altre strutture (Fig. 1).
L’esame di un
paziente cronico richiede
dunque delle
capacità
sviluppate
per
scoprire anche
delle disfunzioni minime che
in una persona
sana non provocano nessun
dolore.
“Il modello concettuale
della
disfunzione del
movimento parte dall’idea che
c’è una mobilità fisiologica la
quale permette
una funzionalità
soddisfacente alla persona senza mettere in
eccessiva tensione le strutture del sistema locomotore. Tensione nel senso meccanico può
essere provocata sia da un allungamento dei
tessuti che da una loro pressione oppure addirittura da forze di taglio.”
Una disfunzione del movimento significa o
una riduzione oppure un eccesso di movimento riguardante la quantità (iper e ipomobilità)
e della qualità (controllo motorio) (O’Sullivan
2005). Queste disfunzioni possono aumentare la tensione dei tessuti e quindi causare
stimoli nocicettivi che a loro volta creano
un dolore. Questo all’inizio è acuto, ma può
diventare rapidamente cronico quando il sistema nervoso subisce una ipersensibilizzazione.
Alterazioni tessutali accompagnano spesso
una disfunzione del movimento come l’edema o l’atrofia. La disfunzione del movimento
insieme con l’alterazione tessutale e il sintomo (dolore) sono chiamati anche con il termine osteopatico “disfunzione somatica” (Kaltenborn 2002: 57). Questa disfunzione è la meta
principale dell’approccio manuale (“hands
on”) oltre all’approccio più generale del doFig. 1
Il dolore
può
“nascere”
in
quasi
tutte
le strutture
lore che spesso comprende anche la strategia “hands off”. L’obiettivo è di trovare e di
trattare la disfunzione del movimento e l’alterazione tessutale che sono correlati con i sintomi
(in inglese: signs and symptoms; Kaltenborn
2002: 57).
L’immagine seguente da una visione d’insieme delle possibilità fisioterapiche per il trattaFig. 2
Possibilità fisioterapiche
per il trattamento del
dolore
(Dis. Réné Descartes,
1664)
mento del dolore (Fig. 2). Il trattamento della
disfunzione non elimina soltanto lo stimolo nocicettivo, ma agisce anche sugli altri livelli e li
favorisce.
Modello concettuale della disfunzione del
movimento
La visione meccanica di Kaltenborn è stata
influenzata molto da MacConaill che sottolinea gli aspetti artrocinematici del movimento
(MacConaill e Basmajian 1977; MacConaill
1989). Secondo una ipotesi fondamentale di
Kaltenborn una limitazione dello scivolamento
tra le superfici articolari è la causa principale
di tante disfunzioni di movimento (Kaltenborn
2005: 37). Di conseguenza l’asse fisiologico
del movimento si sposta verso la rima articolare, dove si verifica una pressione puntiforme mentre d’altra parte avviene un’apertura
dell’articolazione. Sia l’uno che l’altro possono
causare un aumento di tensione eccessiva e
quindi dolore sia nelle strutture articolari che
periarticolari come muscolo e nervo (Fig. 3)!
Diversi fattori possono suscitare questa limitazione dello scivolamento. Da una parte ci sono
fattori che aumentano la pressione articolare
limitando cosi lo scivolamento delle superfici.
18
Questo succede in generale nelle articolazioni ipomobili a causa di una capsula articolare
retratta, uno spasmo muscolare, delle superfici articolari ruvide, aderenze tra le superfici,
ecc… Questo fatto meccanico è conosciuto da
tanto tempo in ortopedia (Jordan 1963: 22).
D’altra parte c’è l’insufficienza dei fattori che
normalmente inducono lo scivolamento delle
superfici articolari – spesso in
articolazioni ipermobili. Esempi sono la rottura del legamento
crociato nel ginocchio e la debolezza (coordinativa) dei muscoli
della cuffia dei rotatori nella spalla. Nel rachide questo fenomeno
è stato spiegato con il modello
della zona neutra per il segmento vertebrale (Panjabi e White
2001: 66; Panjabi 1992; 1990: 21
und 88). Questa spiegazione è
probabilmente applicabile anche
sulle articolazioni periferiche.
La limitazione dello scivolamento delle superfici articolari può
dunque risultare sia nell’articolazione ipomobile che ipermobile! La valutazione dei movimenti
delle superfici articolari rappresenta allora una
parte essenziale dell’esame. In esso bisogna
distinguere fra movimenti rotativi (intorno ad
un’asse) e movimenti traslatori (rettilinei con
riferimento à un piano). La quantità, la qualità
con la sensazione di fine movimento e i sinto-
Fig. 3
Estensione fisiologica nel ginocchio e con una limitazione dello scivolamento a causa di aderenze
(secondo Jordan 1963: 22)
mi che sono associati sono criteri importanti di
valutazione durante l’esame.
* Dott., B.Sc., PT, M.Sc., OMT, Master in Terapia Manuale e Riabilitazione Muscoloscheletrica, Master in
Managment e Funzioni di Coordinamento delle Professioni Sanitarie, Responsabile Aifi Puglia per la provincia
di Foggia.
UN POLO RIABILITATIVO ALL’AVANGUARDIA, ANCHE IN PUGLIA.
Dott. Giacomo Francesco Forte, Dott. Michele Cannone
L
a Fondazione Centri di Riabilitazione Padre Pio Onlus riveste da tempo un ruolo di
eccellenza nel panorama riabilitativo pugliese
ma, dal 18 dicembre 2011, giorno di inaugurazione del Presidio Residenziale “Gli Angeli di Padre Pio”, rappresenta qualcosa di più:
un polo riabilitativo tecnologico d’avanguardia
unico nel sud Italia e tra i pochi a livello nazionale.
La forte tradizione riabilitativa nel campo delle patologie neurologiche; la presenza di un
team interprofessionale di alto profilo (medici
specialisti, operatori della riabilitazione, personale infermieristico e di supporto); la dotazione di strumentazioni d’avanguardia nella
valutazione dei disordini del movimento legati
anche alle lesioni neurologiche ed ortopediche
(Laboratorio Clinico di Analisi del Movimento)
e nell’ integrazione delle attività riabilitative tradizionali con le potenzialità diagnostiche e terapeutiche offerte dalla tecnologia robotica per
le qualità di misurabilità, ripetitività, intensività
e motivazione nella valutazione e nel training
della performance motoria (Laboratorio Riabilitativo Tecnologico) nonché l’esistenza di percorsi assistenziali fortemente caratterizzati e
condivisi per questi pazienti, rendono ragione
di questa scelta profondamente innovativa, caratterizzata da un alto contenuto sia scientifico
che manageriale.
Il Laboratorio di Analisi del Movimento mette a disposizione un servizio di valutazione e
diagnosi funzionale del cammino e della postura.
L’analisi multifattoriale permessa dal moderno
sistema e la valutazione dei dati effettuata con
l’interazione di competenze, consentono di individuare le cause e le conseguenze delle al19
terazioni presenti nel cammino e nella postura.
Viene pertanto integrato nel processo riabilitativo dei pazienti ricoverati quando si ritiene
opportuno rispondere ad un preciso quesito
diagnostico e/o valutativo a cui può seguire
un’indicazione terapeutica di tipo riabilitativo,
chirurgico-correttiva, farmacologica o compensativa anche attraverso opportuni ausili.
Nel Laboratorio Riabilitativo Tecnologico,
invece, sono presenti:
Il Lokomat Pro (1,2)
http://www.hocoma.com/en/products/lokomat/
lokomatpro/
Una tecnologia
avanzatissima:
un supporto che
si applica alle
gambe, collegato a un computer
che permette simultaneamente
di scaricare in
parte o in toto
il peso del paziente, assiste in
modo motorizzato il suo cammino, variandone
i vari parametri
(velocità,
frequenza, lunghezza del passo, escursione articolare del ginocchio e delle anche), fornisce assistenza diversificata in un arto rispetto al controlaterale, valuta e misura i vari parametri del
movimento (angoli articolari, forza muscolare,
spasticità) e fornisce, sotto forma di feedback
visivo, informazioni di ritorno al paziente, che
possono essere utilizzate per modificare i mo-
vimenti attivati
ed apprendere una migliore
abilità motoria
deambulatoria.
L’attività
del
paziente con i
relativi dati vengono visualizzati su un PC
Lokontrol per
un controllo da
parte dell’Operatore e possono
essere
salvati in un
file per un’analisi successiva.
Serve per:
•
migliorare la velocità del cammino nei
soggetti emiplegici affetti dagli esiti di ictus
cerebrale;
L’Armeo Power (3)
http://www.hocoma.com/en/products/armeo/
armeo-power/
L’Armeo supporta la terapia per pazienti che
hanno perso (o ridotto) la funzionalità degli arti superiori a causa di danni cerebrali,
neurologici, spinali, muscolari o ortopedici.
Viene utilizzato nei seguenti casi:
• stroke;
• emiplegia;
• sclerosi multipla (MS);
• paralisi cerebrale (CP);
• follow up post operatorio per tumori al
cervello;
• spinal cord injuries (SCI);
• traumatic brain injuries (TBI);
• endoprotesi (spalla e gomito);
• atrofia muscolare;
• debolezza muscolare dovuta ad assenza di movimento.
•
migliorare la velocità, la resistenza e la
funzionalità nel cammino nelle persone con
lesioni del midollo spinale;
•
migliorare l’equilibrio;
•
misurare la performance motoria, la spasticità, la forza e l’articolarità;
•
migliora la mobilità dei pazienti;
•
progressi più rapidi con un training regolare e ripetibile;
•
risultati mantenuti più a lungo;
•
riproduzione dello schema del passo;
•
adattamento, controllo in tempo reale e
monitoraggio dei parametri del passo.
Il Lokomat è anche dotato del modulo “Realtà
Virtuale (augumented fedback)”
Il modulo “Augumented Feedback” aggiunge
potenzialità al robot e consente la visualizzazione di ambienti coinvolgenti e accattivanti
per i pazienti. Il movimento virtuale attraverso
questi ambienti può essere controllato interattivamente dal paziente.
Inoltre, il Lokomat è dotato di modulo pediatrico, un set di esoscheletri intercambiabili progettati per ospitare bambini con lunghezza femorale (trocantere-cavità del ginocchio) comprese tra 210 e 350 mm.
20
Le evidenze emerse dalla ricerca, suggeriscono che una terapia intensa ed orientata al
raggiungimento di obiettivi è efficace per aumentare la funzionalità dell’arto superiore in individui colpiti da stroke, traumatic brain injurie
e altre malattie o lesioni neurologiche. Le terapie attuali hanno capacità limitate di trattare un
arto molto debole, con mobilità residua ridotta,
mediante training funzionale. L’Armeo unisce,
ad un supporto modellabile per il braccio, un
feedback aumentativo e un ampio spazio di lavoro 3D che permette di svolgere la terapia in
un ambiente di realtà virtuale.
Handtutor (4)
http://www.handtutor.com/
È un guanto sensorizzato per
la riabilitazione della
mano che
permette di
migliorare
la disabilità motoria,
sensoriale
e cognitiva,
attraverso
esercizi attivi intensi con un feedback aumentativo. Gli esercizi sono stimolanti e motivanti
e permettono un training ripetitivo “su misura”
per il paziente. Il sistema HandTutor include
una valutazione quantitativa e oggettiva che
permette di creare una documentazione delle
performance del paziente e consente al Riabilitatore di adattare il programma riabilitativo
alla storia e alle abilità del paziente.
forza inserito nella calzatura Smart Step analizza, registra tutti i parametri chiave e offre un
feedback immediato al paziente e al terapista
per ottenere il corretto pattern del passo.
Studi clinici attestano
la validità dello Smart
Step nel processo
accelerato del controllo della distribuzione del peso e nel
miglioramento significativo
dell’impatto
piede-suolo durante
la deambulazione autonoma o assistita.
Il grafico illustra i risultati tra gruppi di pazienti trattati con Smart Step
e gruppi di controllo. Si evidenzia nei soggetti
trattati un significativo incremento delle funzioni del passo in stazione eretta, durante il cammino e durante lo step test.
Il Balance SD (6)
http://www.biodex.com/physical-medicine/products/balance/balance-system-sd
È una pedana propriocettiva statica e dinamica per la valutazione ed il training e, quindi, per
poter realizzare efficaci programmi di prevenzione delle cadute negli anziani a domicilio e
negli ospedalizzati.
Lo Smart Step (5)
h t t p : / / w w w. a n d a n t e . c o . i l / s m a r t .
asp?cat=17&in=0
Lo Smart Step è un innovativo sistema di
feedback ideato per offrire al clinico l’esatta
valutazione del passo e monitorare l’evolvere
della terapia. Smart Step consente al paziente
di migliorare le prestazioni durante la riabilitazione degli arti inferiori e il recupero del cammino in genere. Per mezzo di un sensore di
La FES – Armoergometro
La stimolazione elettrica funzionale (FES) favorisce il recupero spontaneo poiché influisce
sulla riorganizzazione neuronale spontanea.
Essa può migliorare la vita dei pazienti affetti
da patologie che comportano deficit della funzionalità motoria, pazienti in cura nel reparto di
21
neuroriabilitazione, come quelli affetti da mielolesioni, paralisi cerebrali, traumi cerebrali,
sclerosi multiple o colpiti da ictus cerebrale.
La FES può essere integrata con successo alle
tecniche riabilitative convenzionali, per prevenire la nascita di indesiderate strategie motorie di compensazione e per facilitare il compito
motorio al paziente, in misura regolabile dal
fisioterapista, soprattutto nelle prime fasi della
rieducazione funzionale. Inoltre, l’utilizzo della
FES associata alla riabilitazione robotica garantisce i massimi risultati funzionali.
le vibrazioni in medicina risalgono al 1949,
ma solo mezzo secolo più tardi ne venne riconosciuto il valore terapeutico, anche grazie
alla realizzazione di apposite apparecchiature
in grado di generare vibrazioni a frequenze e
ampiezze controllate e trasmesse all’intero organismo o localmente ai muscoli.
Il BTS Nirvana per la Realtà Virtuale (8)
http://www.btsbioengineering.com/ita/BTSBiomedical/riabilitazione/BTSNIRVANA/btsnirvana.html
Il BTS NIRVANA è una soluzione terapeutica
innovativa per la riabilitazione di pazienti affetti
da patologie neuromotorie. Il sistema include
esercizi specifici per le diverse problematiche
attentive e motorie associate alle disabilità: il
terapeuta può quindi utilizzare soluzioni riabilitative predefinite che definirne di nuove, mirate
alle criticità del paziente.
L’efficacia di BTS NIRVANA è nel suo approccio motivazionale: la natura ludica, target oriented, delle attività e la ricchezza dei
feedback sensoriali, stimolano proattivamente
il paziente.
Il Vibra (7)
E’ attualmente l’unica apparecchiatura oggi
esistente in Italia. Lavora in modalità non invasiva attraverso stimolazioni meccaniche caratterizzate e controllate per frequenza e ampiezza dell’oscillazione indotta. Le vibrazioni
generate ed applicate localmente ai muscoli
(fino a 28 punti di applicazione) interagiscono
principalmente con i recettori sensoriali, ognuno con una diversa sensibilità alla frequenza di
vibrazione.
Le afferenze attivate portano l’informazione
del segnale meccanico applicato localmente
al muscolo ai circuiti nervosi midollari dove si
miscelano con il comando di origine corticale
generato dal paziente.
Il risultato di tale sovrapposizione di segnali
è una riprogrammazione degli “engram” motori, seguita nel tempo da una ricircuitazione
neuronale vera e propria. Ne conseguono miglioramenti riscontrabili a livello propriocettivo,
prestativo e rieducativo, con ottimizzazione
del tono muscolare, aumento della resistenza
e della coordinazione motoria.
I primi lavori scientifici relativi all’impiego del22
Ogni esercizio proposto è corredato da una
metrica che permette al fisioterapista di monitorare la performance del particolare esercizio
e di decidere quando variarne il livello di difficoltà. Inoltre, lo score, visualizzato anche dal
paziente durante l’esecuzione dell’esercizio,
costituisce un’ ulteriore spinta motivazionale.
L’ acquisizione via webcam di ogni sessione,
unitamente all’opportunità di valutare secondo
parametri quantitativi il lavoro svolto, rendono
possibile un’analisi nel tempo dell’attività del
paziente, i cui dati anagrafici e medici sono
contenuti nella scheda RFID.
Alla fine di ogni sessione di lavoro, è possibile generare un report con l’elenco degli esercizi svolti e i punteggi ottenuti per ognuno. È
possibile, inoltre, avere una rappresentazione
temporale dei risultati del ciclo riabilitativo per
poter evidenziare i progressi del paziente e i
benefici ottenuti con il trattamento.
Il Laboratorio Riabilitativo Tecnologico,
quindi, fortemente voluto dalla Provincia dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini di Sant’Angelo
e Padre Pio di
Foggia,
perché anche la
Puglia fosse
dotata
delle
più moderne
tecnologie in
ambito riabilitativo e per
contribuire,
così, a ridurre fortemente i cosiddetti
“viaggi della speranza” degli utenti pugliesi, si
è posto i seguenti obiettivi terapeutici e di management:
• garantire l’appropriatezza delle cure;
• esplorare le potenzialità applicative
delle strumentazioni acquisite;
• costruire ed implementare database di
riferimento per la valutazione dei trattamenti;
• massimizzare l’efficacia dei trattamenti
convalidata dal monitoraggio e registrazione quantitativa della performance motoria dei pazienti;
• massimizzare l’efficienza dei tratta
menti attraverso l’integrazione dei di
spositivi robotici nei percorsi riabilitativi;
• diffondere, all’interno e all’esterno
dell’Ente, le conoscenze sull’utilizzo e
sull’utilità della tecnologia robotica in
riabilitazione.
Inoltre, il L.R.T. risponde efficacemente a tutte le indicazioni rinvenenti dal Piano di Indi-
rizzo per la Riabilitazione 2011; dal nuovo
Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 in via
di approvazione definitiva; dalle raccomandazioni spread relative alla riabilitazione postictus (15.2.4.1.4); alle esigenze della ricerca
anche in ambito riabilitativo e alle aspettative
della Sanità regionale (e questo lo sottolinea
chiaramente il Piano di Rientro della Regione Puglia 2010-2012) che prevede una spesa per le prestazioni di riabilitazione in regime
residenziale e semiresidenziale determinata
dalle AASSLL che devono procedere all’individuazione dei volumi di prestazioni e alla conseguente assegnazione del tetto di spesa per
ciascuna struttura, tenendo conto della dislocazione territoriale onde assicurare facilità di
accesso all’utenza ma anche della potenzialità
di erogazione con riferimento alla dotazione
tecnologica, organizzativa e dei mezzi che
deve essere adeguata al livello e tipologia di
prestazioni da contrattualizzare.
Chiunque fosse interessato può contattare i nn.
0882/451195 - 454099
1. Westlake KP, Patten C. Pilot study of Lokomat versus manual-assisted treadmill training for locomotor recovery poststroke. J Neuroeng Rehabil. 2009;6:18.
2. Swinnen E, Duerinck S, Baeyens J, Meeusen R, Kerckhofs
E. Effectiveness of robot-assisted gait training in persons with
spinal cord injury: A systematic review. J Rehabil Med. 2010
Jun.;42(6):520–526.
3. Neurorehabilitation and neural repair.
4. Liepert J, Bauder H, Wolfgang HR, Miltner WH, Taub E,
Weiller C. Treatment-induced cortical reorganization after stroke in humans. Stroke. 2000 Jun.;31(6):1210–1216.
5. Aydoğ E, Bal A, Aydoğ ST, Cakci A. Gait rehabilitation by
means of a new body-weight measuring system. Clin Rheumatol. 2006 Jul.;25(4):462–467.
6. Aydoğ E, Bal A, Aydoğ ST,
Cakci A. Evaluation of dynamic postural balance using
the Biodex Stability System
in rheumatoid arthritis patients. Clin Rheumatol. 2006
Jul.;25(4):462–467.
FIG. - LAYOUT
DEL LABORATORIO
RIABILITATIVO
TECNOLOGICO
7. Lau RWK, Teo T, Yu F,
Chung RCK, Pang MYC. Effects of whole-body vibration
on sensorimotor performance in people with Parkinson disease: a systematic
review. Physical Therapy.
2011 Feb.;91(2):198–209.
8. Holden MK. Virtual environments for motor rehabilitation: review. Cyberpsychol
Behav. 2005 Jun.;8(3):187–
211; discussion 212–9.
23
RUOLO STATICO E DINAMICO
DI L3 NEL DOLORE LOMBARE
David Pomarici D.O.
Introduzione
Con questo lavoro mi propongo di porre all’attenzione di tutti gli operatori della riabilitazione ed in particolare nel campo della terapia
manuale e dell’osteopatia sull’importanza ed
il ruolo che ricopre la terza vertebra lombare
nell’equilibrio statico e dinamico del segmento
vertebrale lombare e più in generale sulla correlazione tra la disfunzione di L3 ed il dolore
lombare (lombalgia).
Qual’è il ruolo bio-meccanico di L3?
Il ruolo della terza vertebra lombare all’interno dell’arco vertebrale, gioca un’importanza
primaria nel mantenimento della stabilità della
curva lombare, ed in presenza di una disfunzione/lesione della terza vertebra lombare si può
avere una ricaduta sintomatologica a livello del
rachide lombare (lombalgia) con perdita dell’equilibrio dell’intera curva vertebrale.
Cosa comporta una disfunzione di L3?
In presenza di una disfunzione metamerica del
corpo di L3 all’interno della colonna vertebrale
si può determinare una serie di squilibri biomeccanici, quali, l’alterazione dei punti di appoggio
delle linee di forza e lo spostamento delle linee
anti-gravitarie generali del corpo. Queste modificazioni strutturali andranno successivamente
ad alterare la morfologia delle curve fisiologiche del rachide, con conseguente adattamento
24
dell’intero assetto posturale. La terza vertebra
lombare (L3) è considerata il centro di gravità
generale del corpo da cui si dipartono le linee
di forza verso il bacino e gli arti inferiori. Situata
al vertice della lordosi lombare, sottende l’arco vertebrale ed è la prima vertebra realmente
mobile del rachide lombare, dal punto di vista
anatomico è la vertebra che si presenta perfettamente orizzontale. Possiamo considerarla
l’impugnatura dell’arco vertebrale. Essendo la
vertebra più mobile è anche considerata più
soggetta a disfunzioni osteopatiche, spesso è
l’unica vertebra che troviamo in disfunzione per
il suo ruolo gravitario. Infatti, è considerata il
supporto delle forze discendenti, (rachide del
tronco), ed il sostegno delle forze ascendenti,
(base di appoggio). In realtà è il punto di convergenza delle forze statico-dinamiche del corpo, ed infatti, tutti i movimenti del corpo passano per tale vertebra. Quando la terza vertebra
lombare è in disfunzione, i normali rapporti articolari e faccettali non sono più garantiti rispetto
alle altre vertebre lombari, e non solo, in questa
situazione di squilibrio biomeccanico il corpo di
L3 non può svolgere al meglio tutte le funzioni
ed i compiti fisiologici a cui è predisposta. Il risultato di questo squilibrio disfunzionale di L3
genera una serie di conseguenze e adattamenti del sistema muscolare tonico (propriocettivo)
e posturale globale che si riflette sulla dinamica
del segmento vertebrale ma anche sulla statica
le singole articolazioni e
successivamente i muscoli
risultati positivi ai test.
Quali tecniche manuali e
osteopatiche sono state
utilizzate?
in generale. Infine questo meccanismo lesionale della terza vertebra lombare può comportare il manifestarsi della sintomatologia algica
del segmento lombare (lombalgia) con conseguente limitazione funzionale.
In che modo è stato strutturato lo studio
sperimentale?
Lo studio di alcuni casi di pazienti con algia riferita alla zona lombare sono stati sottoposti alla
mia attenzione, ho potuto, mettere in relazione, attraverso una valutazione diagnostica la
disfunzione di L3 con il sintomo algico lombare.
Da un attento esame obiettivo e palpatorio, associato allo studio approfondito dell’esame radiologico del segmento lombare, ho riscontrato
in tutti i pazienti una positività disfunzionale di
L3. L’esame generale di questo studio ha permesso di valutare i pazienti utilizzando tre tipi
di strumenti diagnostici:1) pedana stabilometrica 2) l’osservazione radiografica 3) i test palpatori e funzionali manuali e osteopatici che mi
hanno permesso di diagnosticare le condizioni
muscolari ed articolari dei distretti interessati
dal dolore. Nella totalità dei casi, gli esami dei
pazienti effettuati sulla pedana stabilometrica
eseguita senza escludere nessun recettore
posturale, hanno evidenziato quanto segue: 1)
una marcata differenza dei carichi podalici 2)
uno spostamento del baricentro 3) ampie oscillazioni in direzione antero - posteriore e latero
- laterale. Dopo questa prima parte valutativa,
ho deciso di approcciare la disfunzione vertebrale indirettamente andando a trattare prima
25
La tecnica utilizzata inizialmente è stata quella di
Mitchell. Le tecniche miotensive di Mitchell, sono delle manovre manuali di rieducazione corporea generale
per detendere le strutture
osteo-mio-articolari. Inoltre
la tecnica di Mitchell ha una
peculiarità, può essere applicata favorevolmente nei
pazienti in fase acuta. La particolarità di queste tecniche manuali è quella di applicare una
tensione minima, imprimendo una forza estremamente ridotta, per intervenire sempre nel rispetto dei limiti articolari fisiologici, delle difese
muscolari e dello stato psico-fisico del paziente. Le manovre di Mitchell vengono eseguite
attraverso una contrazione del sistema mio-fasciale, questo network aponeurotico possiede
un ruolo multiplo all’interno dell’organismo, che
va oltre il concetto bio-meccanico e comunque
sempre legato alla sua caratteristica anatomica
e isto-fisiologica. Successivamente, dopo avere trattato in generale la zona del dolore lombare, ho scelto una tecnica manuale (Pompages) che mi permetteva di approcciare profondamente il sistema mio-fasciale del segmento
lombare, ed infine, ho utilizzato una tecnica
diretta più specifica (trust) e tutti i pazienti sono
stati sottoposti ad una manipolazione vertebrale su L3.
Quali risultati sono stati ottenuti?
Alla fine del trattamento, ho valutato nuovamente la statica corporea dei pazienti servendomi
nuovamente dell’esame della pedana stabilometrica. L’esame stabilometrico ha evidenziato
un significativo cambiamento: 1) in tutti i casi
trattati ho verificato una maggiore simmetria
dei carichi su i due arti inferiori, quindi una migliore stabilità della base di appoggio, 2) una
netta riduzione delle oscillazioni del tronco 3)
un migliore baricentro generale del corpo. I risultati di questo esame-trattamento sono stati
i seguenti: la maggior parte dei pazienti non
ha lamentano più alcun dolore lombare (lombalgia), mentre alcuni dei pazienti riferisce solamente una leggera “tensione” alla fine della
giornata. Successivamente, l’esame obiettivo e
palpatorio dei pazienti ha evidenziato l’assenza
di limitazioni articolari del segmento lombare
in generale, ed in particolare di L3, oltre ad un
netto miglioramento funzionale generale del
tronco. L’osservazione generale della statica
del corpo mi ha permesso di verificare come
anche le curve del rachide del tronco abbiano
modificato positivamente la loro conformazione, ora sicuramente più armoniche ed equilibrate.
Il trattamento manuale e osteopatico può avere un riflesso di riequilibrio sulla postura?
La presenza delle curve e delle lordosi fisiologiche, ha permesso di normalizzare anche
L3 in una posizione più congruente e corretta
dal punto di vista anatomo-funzionale nell’arco
vertebrale. Il riequilibrio di L3 ed il suo ritorno
all’orizzontalità fisiologica ha potuto riequilibrare, di conseguenza, le linee generali anti-
gravitarie del corpo e quindi migliorare anche
la proiezione del baricentro generale all’interno
del poligono di appoggio. Tutto questo processo di riequilibrio generale ha permesso di
ritrovare la corretta perpendicolarità della linea
di gravità del corpo. Il riequilibrio muscolare
propriocettivo ha permesso di normalizzare le
oscillazioni del tronco rendendo più funzionale la stabilità nei pazienti. La distribuzione dei
carichi gravanti sugli arti inferiori è notevolmente migliorata con conseguente liberazione di
quelle zone muscolari evidentemente retratte,
le quali prima venivano eccessivamente iperstimolate perché la linea di gravità esercitava
su di esse la forza peso, mentre, adesso sono
più detese ed equilibrate. I risultati ottenuti da
questo studio sperimentale mostrano una chiara ed evidente correlazione tra il ruolo bio-meccanico della terza vertebra lombare e la funzione statica e dinamica del segmento vertebrale,
oltre alla relazione con la patologia lombare
(lombalgia) della colonna.
In che modo l’approccio manuale e osteopatico si differenzia dalla terapia classica?
Il ruolo del riabilitatore, ed in particolare
della terapia manuale e dell’osteopatia, è
quello di avere una visione globale e unitaria del corpo che permetta di capire meglio la sintomatologia algica del segmento
lombare, spesso iscritta nello squilibrio posturale del corpo. L’approccio terapeutico
più classico a base di anti infiammatori e
analgesici, apporta sicuramente un certo
beneficio o quanto meno ad una riduzione
della sintomatologia, senza però intervenire sulla causa primaria. In questo modo
a distanza di tempo e sospendendo la terapia farmacologia, il dolore può ripresentarsi sotto la stessa forma o in forma diversa. La patologia algica lombare è molto
frequente ed è uno dei motivi più frequenti
di assenza dalla attività lavorativa per malattia, con evidenti costi sociali e sanitari. Il
trattamento manuale e osteopatico iscrive
il sintomo algico in un quadro più generale, permette di approcciare la patologia
vertebrale attraverso un ottica globale e
mai settoriale, questa visione unitaria del
paziente insieme ad un trattamento osteopatico mirato è destinato ad avere una risoluzione immediata ed a mantenere i suoi
effetti nel tempo.
26
BRILLANO IN PUGLIA
I CINQUE CERCHI OLIMPICI
1ª TAPPA DEI CAMPIONATI ITALIANI
DI SERIE A1 E A2 DI GINNASTICA ARTISTICA
L’A.I.FI. sempre presente con i suoi soci
Dott.ssa Ft. De Donno D. – Dott. Ft. Poppa L. – Dott. Ft. Conticelli G. – Dott. Ft. Rahinò A.
due pugliesi: La Rosa Brindisi, in competizione
nella massima serie femminile e La Ginnastica Brindisi, impegnata invece nella sezione di
trampolino elastico.
La nostra attività si è svolta insieme al medico
di gara e all’associazione NOERE che ha messo a disposizione dell’evento un’ambulanza e 4
soccorritori. Fortunatamente la manifestazione
non è stata segnata da gravi infortuni ma solo
da lievi contusioni che hanno necessitato semplicemente dell’applicazione di ghiaccio. La
grande assente della giornata è stata l’atleta
pugliese Serena Licchetta (ottava alle paralle-
nche quest’anno il PalaFlorio di Bari è tornato ad ospitare la 1° tappa dei campionati italiani di serie A1 e A2 di ginnastica artistica e
trampolino elastico. L’evento sportivo, svoltosi
il 10 marzo scorso, si è rivelato un successo di
pubblico con 2500 spettatori presenti ad ammirare lo spettacolo di tiratura olimpica che le
ginnaste e i ginnasti presenti hanno regalato.
Con immenso piacere l’AIFI anche quest’anno ha preso parte alla manifestazione con la
presenza a bordo campo di ben 5 fisioterapisti
pugliesi. Il palazzetto ha ospitato complessivamente 400 atleti e tecnici appartenenti alle 44
squadre iscritte alla competizione tra cui ben
27
le asimmetriche ai Campionati
del Mondo di Londra del 2009),
ai box a causa della rottura del
LCA agli scorsi Campionati
Italiani in seguito ad un arrivo
infelice in uscita dalle parallele
asimmetriche. La ginnasta di
livello olimpico sta svolgendo
un’intensa riabilitazione per ritornare al top e portare sempre
più in alto il nome della sua terra e della sua società La Rosa.
La Puglia è orgogliosa di poter vantare tra i suoi atleti una
ginnasta di questo calibro e i
suoi tanti sostenitori attendono
il suo ritorno in campo gara.
Tra i protagonisti in pedana
per la sezione femminile vanno ricordate Vanessa Ferrari,
Erika Fasana e Carlotta Ferlito che prenderanno parte alle
Olimpiadi di Londra e che hanno dato dimostrazione della
loro forma e del loro grande talento
facendo brillare gli occhi dei tanti
spettatori accorsi ad ammirarle. In
particolare Vanessa (per i fan Vany),
caporal maggiore dell’Esercito Italiano, è la punta di diamante della
nostra nazionale, prima italiana della storia a vincere la medaglia d’oro
al concorso generale ai Mondiali di
Aarhus del 2006 e pronta a regalarci
grandi emozioni alle imminenti olimpiadi. La splendida forma di Vany
unita all’eccellente prestazione delle sue compagne di squadra hanno
permesso alla società della Brixia
Brescia di aggiudicarsi il gradino più
alto del podio nella competizione,
successo che ha lanciato le ragazze
del Presidente Donati verso la conquista del 12° scudetto.
28
Nelle fila maschili spiccano i nomi di Matteo
Morandi, Enrico Pozzo
e Alberto Busnari che,
non essendo da meno
alle loro colleghe, sono
riusciti a centrare la qualificazione alle Olimpiadi
di Londra lo scorso gennaio. A questa prima tappa del campionato è la
squadra della Ginnastica
Meda guidata da Matteo
Morandi ad avere la meglio conquistando un meritatissimo 1° posto.
Nella sezione del trampolino elastico prestazione eccellente per la
Ginnastica Brindisi che si
è piazzata seconda alle
spalle della AG Milano
Nella foto, da sinistra: L. Poppa, Vanessa Ferrari, G. Conticelli,
2000.
D. De Donno, A. Rahinò
La giornata è trascorsa
in maniera serena ed emozionante tra voli e
volteggi eseguiti dai vari atleti e fragorosi aptecnici, Barbara Spagnolo e Luigi Piliego, e di
plausi che hanno accompagnato tutte le esitutto il palazzetto.
bizioni, in particolar modo quelle delle atlete
Speriamo che eventi di così alto livello vengabrindisine che gareggiando in casa avevano
no sempre più spesso organizzati nella nostra
al loro seguito un folto tifo. La squadra paPuglia in modo tale da diffondere sempre di più
drona di casa nonostante l’assenza del turbo
la cultura dello sport e del movimento.
Serena Licchetta, è riuscita con onore ad esL’AIFI sarà sempre lieta di collaborare e partesere all’altezza della competizione svolgendo
cipare con l’entusiasmo e la professionalità che
un ottima gara con grande soddisfazione dei
contraddistingue i membri dell’associazione.
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30
SEGNALA DIRETTAMENTE
L’ABUSO PROFESSIONALE
SEGNALAZIONE DI SOSPETTO ABUSIVISMO FISIOTERAPICO
(art. 348 codice penale e Decreto Ministero Sanità nr. 741/1994)
AL COMANDO CARABINIERI NAS DI ............................................................
via ……............................................................................................................……..
(competente per le province di ………………………)
Segnalo a codesto Comando NAS Carabinieri, per le opportune verifiche di competenza,
tese a contrastare il dilagante fenomeno dell’abusivismo fisioterapico nella Regione Puglia da
parte di persone non abilitate alla professione di “Fisioterapista”, quanto segue:
in ________________________________________________________________________
_______________________ (indicare indirizzo completo luogo di svolgimento dell’attività abusiva che si
intende segnalare, precisando se si tratta di abitazione privata od altra tipologia di esercizio);
il ____________________________________________________________ (indicare i presumibili
giorni della settimana ed orari nei quali il soggetto da segnalare eroga le prestazioni abusive);
tale ______________________________________________ (indicare nome e cognome della persona segnalata
che procederebbe all’attività abusiva, con tutte le ulteriori informazioni utili ad individuarlo ed a comprendere se
riveste un particolare ruolo all’interno ad esempio di una palestra, poliambulatorio, ecc.);
dalle informazioni raccolte e dalle verifiche eseguite sembrerebbe che eserciti abusivamente,
in quanto, molto probabilmente, non in possesso di titolo abilitante – D.M. Sanità nr. 741 /1994
ed equipollenti) – le seguenti tipologie di prestazioni d’esclusiva competenza del Fisioterapista:
________________________________________________________________________
(indicare se effettua terapie manuali, se usa particolari apparecchiature, farmaci, ecc.);
e le ha erogate anche nei confronti delle seguenti persone________________________
________________________________________________________________________
(inserire il nome e cognome dei soggetti che risulta che siano stati “trattati” dall’abusivo, indicando tutti i dati in
possesso per poterli in qualche modo individuare, ovvero un numero di telefono oltre al nome e/o cognome, il
luogo di residenza con l’eventuale presumibile età, ecc.).
che si erano rivolte al su indicato____________________________________________
allo scopo di ottenere un intervento terapeutico rispetto ad una specifica patologia
N.B. - SENZA TALE INFORMAZIONE LA PRESENTE SEGNALAZIONE AVRA’ POCHE POSSIBILITA’ DI
OTTENERE UN VALIDO RISULTATO DA PARTE DEI CARABINIERI. E’ inoltre utile indicare se il paziente ha
ottenuto la prestazione in relazione ad una patologia specifica.
Segnalo anonimamente quanto sopra, affinché venga comunque perseguito l’illecito
esercizio abusivo di professione sanitaria, anche con grave rischio dei pazienti che ottengono
tali prestazioni d’esclusiva competenza del “Fisioterapista” giuridicamente abilitato.
Luogo e data ______________________
31
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in Direzione Brindisi, uscita 16.
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Per sempre presente “...Quando il dolore ha il sopravvento e la voce