Ottobre 2013
Poste Italiane Spa
ospedaleniguarda.it
Sped. abb.post. Dl n. 353/2003
art 1 (comma1) D&B Milano
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Continua a battere
Dalla prima valvola al cuore artificiale
iale
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Edito
Q
I fatti prima
delle parole...
uesto numero del Giornale è ricco, ricchissimo di fatti. Come sempre, direte.
Ma a mio modo di vedere la prevalenza
di fatti rispetto alle parole in questo numero assume una luce diversa, un valore emblematico.
Perchè di fronte all’esigenza di cambiamento che
in modo diffuso (e spesso confuso) sale ad ogni
livello fino a condensarsi in ipotesi e proposte di
riordino del sistema sanitario regionale, a me pare
sempre più chiaro che ogni vero cambiamento,
che sia all’interno di Niguarda o nel sistema regionale, in realtà consiste nell’approfondimento
di risorse e doti già possedute che vengono rinnovate con nuove consapevolezze e da orientamenti frutto delle circostanze attuali. Per questo
motivo l’editoriale è una finestra sull’apporto del
prof. Rovelli allo sviluppo delle cure del cuore a
Niguarda. Ringrazio la d.ssa Frigerio di averlo
scritto a beneficio di tutti.
CONTINUA A PAGINA undici
Riflessioni sul contributo del Prof.
Fausto Rovelli all’Ospedale di
Niguarda e alla Cardiologia
A
nni fa, in un’intervista, il Professor
Fausto Rovelli, primario emerito di
cardiologia e nostro maestro, riassumeva
così gli inizi della sua storia professionale...
CONTINUA A PAGINA tre
Attualità a pag. 2
La visita dell’Arcivescovo
Sommario
Sanità a pag. 3
Un “super reparto”
per la riabilitazione
E
’ stato un settembre intenso per il
Dipartimento Cardiotoracovascolare “De Gasperis”, sospeso tra
tradizione e innovazione. 50 anni fa nel nostro
Ospedale ci fu il primo impianto valvolare
realizzato in Italia: un passo decisivo per la
storia della cardiochirurgia, compiuto da un
Dipartimento che nel corso degli anni ha
vissuto diverse riorganizzazioni mantenendo
inalterata la vocazione per l’eccellenza.
Per rendersene conto è bastato un faccia
a faccia, al Meet me tonight, un evento
dedicato alla divulgazione scientifica su scala
europea, in cui i professionisti di Niguarda
sono stati protagonisti. Ci hanno raccontato
i pericoli dello scompenso cardiaco e come
oggi la medicina ci metta a disposizione due
alternative, entrambe valide: il trapianto e il
cuore artificiale.
Infine là dove c’è innovazione non può
mancare la formazione. Il 1967 è l’anno
in cui per la prima volta si organizza il
Corso di aggiornamento in cardiologia, un
appuntamento di cui si è appena conclusa
la 47° edizione e che si è confermato come
uno dei primi congressi a livello nazionale
per afflusso e partecipazione. Il cuore di
Niguarda continua a battere.
APPROFONDIMENTI A PAGINA tre e cinque
La visita dell’Arcivescovo Angelo Scola
Un saluto ai pazienti
“Grazie alla comunità ospedaliera”
Centri Specialistici a pag. 5
Cardio Center: uno storico
50°, “biologico o meccanico?”
e il 47° convegno
Malattie dalla A alla Z
a pag. 6
Allergici all’anestesia
Gli Specialisti Rispondono
da pag. 8 a 12
L’urologo, il pediatra,
l’oncologo
Volontariato a pag. 13
AISM, contro la sclerosi multipla e AMOR,
per far respirare la vita
Arte e Storia a pag. 14
Emilio Tadini:
uno scrittore che dipinge,
un pittore che scrive
U
n saluto alla “gloriosa istituzione della nostra città”, che è il Niguarda, e un sentito
ringraziamento “all’intera comunità ospedaliera: malati, familiari, medici, personale
e volontari”.
CONTINUA A PAGINA due
NIGUARDA CANCER CENTER
Città dell’Arte
Meglio la chemioterapia
per il tumore al polmone
Tadini: uno scrittore che
dipinge, un pittore che scrive
CONTINUA A PAGINA due
CONTINUA A PAGINA quattordici
Periodico di informazione dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda
Il giornale di Niguarda
Anno 8 - Numero 4
due
Un saluto ai pazienti
SEGUE DALLA PRIMA
Il piazzale di fronte alla chiesa dell’Annunciata,
dove la messa è stata celebrata
A loro è andato il primo pensiero nell’omelia pronunciata
da Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, che martedì
17 settembre ha visitato il nostro Ospedale nell’occasione
del passaggio dell’assistenza religiosa, dal clero diocesano
ai camilliani. All’arrivo l’Arcivescovo è stato accolto dal
Commissario Straordinario Marco Trivelli e dal Direttore
Sanitario Giuseppe Genduso. La prima sosta è stata alla
cappella “Beato Giovanni Paolo II”, quindi la visita ai
degenti di Medicina accompagnato dal primario Fabrizio
Colombo. L’Arcivescovo ha salutato e benedetto i malati, i
familiari, il personale, recando loro parole di conforto.
Nel piazzale di fronte alla chiesa dell’Annunciata, dove
Attualità
Le parole dell’Arcivescovo*
Carissime sorelle e carissimi fratelli,
in Cristo Gesù Nostro Signore. Voglio
anzitutto porgere il mio saluto agli
ammalati, ho potuto salutarne di persona
solo una piccola parte. Ma voglio dare il
mio abbraccio a ciascuno di loro, uno ad
uno, ed assicurare loro la mia preghiera.
Attraverso loro saluto i familiari, che sono
un po’ come il secondo polo, il secondo
pilastro, di un’istituzione come questa. La
malattia tocca i cari nell’affetto profondo ed
apre ad una domanda sul senso della vita, sul
suo significato, sulla direzione che stiamo
dando al nostro cammino. E saluto infine
il terzo pilastro di questa istituzione che
sono gli operatori sanitari di vario livello,
che soprattutto in una struttura articolata,
complessa e di eccellenza in molti ambiti
come questa, portano una responsabilità
e documentano una dedizione veramente
straordinaria. Al mio saluto, al mio grazie
per questo invito, unisco tutti i volontari
delle tante associazioni che so operare
in questo ospedale. Non soltanto coloro
che professano la fede cristiana, ma tutti
coloro che si sentono mossi dal bisogno
e dalla domanda del prossimo, degli altri,
e la condividono già in questo gesto.
Essi esprimono una vicinanza profonda
a Dio che ogni giorno condivide la nostra
debolezza, la nostra fragilità e la nostra
sofferenza. Ringrazio poi tutti i sacerdoti
che sono qui convenuti, ovviamente in
modo speciale i cappellani che partono e
quelli che arrivano, ma anche i parroci e
le parrocchie vicine. Questo è l’abbraccio
dell’Arcivescovo a questa preziosa
istituzione, gloriosa istituzione della nostra
città, che come ci è stato ricordato fa
tutt’uno, al di là della sua autonomia, per la
storia e per lo sviluppo scientifico e culturale
con la Ca’ Granda. Perché celebriamo
l’eucarestia? Possiamo entrare a fondo
nelle due letture di questa Santa Messa, che
abbiamo voluto dedicare a Maria Salute
degli Infermi. Ma certamente il brano del
profeta ha riportato l’esperienza del dolore
e della sofferenza che sempre sono anticipo
di morte, già nel suo solco giusto, l’ha già
messa in positivo. Ci ha aiutati a capire, a
comprendere che anche in questo aspetto
ombroso, talora tragico, della nostra vita
c’è un senso e soprattutto ci ha lasciato
intuire che non è inutile; ciò non significa
che la nostra vita finisce nel niente, ma
paradossalmente proprio la provocazione
che è contenuta nell’esperienza del dolore
e della malattia, ci fa capire che la morte
stessa, per la vittoria che Gesù ha compiuto,
è una condizione di passaggio. I salmi che
approfondiscono con varia intensità i diversi
aspetti della vita dell’uomo, giungono a dire
ad un certo punto: “l’uomo nella prosperità
non comprende, è come gli animali che
periscono”. È vero che la malattia se portata
nella condivisione dei nostri cari e degli
operatori sanitari, come espressione della
vicinanza di Dio, è come affidamento a
Maria Nostra Madre. È vero che la malattia
può farci superare il rischio di una perdita
di fiducia in Dio e negli altri, e diventare al
contrario una grande occasione e possibilità
di capire che il senso della vita umana è
il dono totale di sé. Che la vita si compie
donandosi perché la vita ci è data, e che se
non ci decidiamo a donarla, la vita ci viene
rubata dal tempo. Allora l’Arcivescovo
vuol dire una parola d’incoraggiamento a
tutti coloro che sono la prova, vuole pregare
per la guarigione di tutti, almeno per quel
livello di guarigione stabile e definitivo a
cui tutti noi siamo chiamati che è la nostra
salvezza nelle braccia del Padre. Il Santo
vangelo di oggi, anche senza dover entrare
ora nel commento della straordinaria
pagina delle beatitudini, è come riassunto in
un’espressione di due parole, con la quale
l’evangelista descrive il modo in cui Maria
va da Elisabetta, dice “in fretta”. Mi pare
che in queste due piccole parole ci sia il
senso di quello che voi qui fate, “in fretta”
è l’espressione della cura, ciò a cui voi tutti
siete dedicati in modo passivo o attivo.
Cioè è il desiderio di una tensione positiva
verso l’altro, come altro, che sia espressione
non solo dell’umanissima compassione,
che tutti ci tocca quando l’altro soffre, ma
ben di più della disponibilità ad amare, per
imparare ad amare. Della disponibilità a
lasciarsi amare definitivamente, per poter
la messa è stata celebrata, poco prima dell’inizio della
funzione c’è stato il saluto del Commissario Straordinario
dell’azienda ospedaliera, Marco Trivelli, a ricordare come il
Niguarda è il frutto dell’incontro di “carità cristiana e senso
civico” e ad invitare Scola a tornare nell’estate del 2014 per
l’inaugurazione del Blocco Nord. Durante la celebrazione,
poi, non sono mancate le parole di ringraziamento e commiato
per la cappellania uscente e il suo rettore Monsignor Vittorio
Bruni, che per tanti anni sono stati un punto di riferimento a
Niguarda. Allo stesso modo si è dato il benvenuto al nuovo
vicario rettore Padre Giacomo Bonaventura e ai confratelli
camilliani che subentrano ai diocesani.
amare definitivamente. La cura legata alla
fretta della Vergine, esprime così in modo
autentico tutto ciò che i rapporti tra scienze
e tecniche hanno realizzato nel campo
dell’arte medica e lo esprime manifestando
l’importanza del soggetto che riceve la
cura e del soggetto che la presta. Da questo
punto di vista realmente è un’arte più che
una scienza. È un’arte che somma in sé
molte scienze e molte tecniche. Ed è un’arte
perché nell’arte, nell’atto di arte, il soggetto
la persona che lo compie e che lo riceve non
si nasconde. Non possiamo nasconderci
dietro le tecniche più sofisticate, non
possiamo nasconderci nell’atto clinico,
perché la nostra azione sia pienamente e
autenticamente terapeutica. Deve passare
l’apertura del nostro cuore verso l’altro
che soffre e che è nel bisogno, e ci deve
essere una disposizione all’accoglienza
della prova dell’altro tesa a cambiare la
nostra vita, proprio nella direzione del dono
così come il servo sofferente ce lo indica.
Da qui nasce il Magnificat, nasce il canto
di ringraziamento a Dio per ciò che fa
nelle nostre umili persone, nonostante noi,
nonostante le nostre fragilità, i nostri peccati
e i nostri limiti. Ma nasce anche il canto,
come nella seconda parte del Magnificat,
nasce il canto del ringraziamento per il
popolo che egli raduna, perché la verità
di ciascuno di noi edifica tutto un popolo.
Ebbene la nostra Milano, in questa fase di
transizione, in questa fase di passaggio, di
grande cambiamento che è in atto in tutto
il mondo, in questa fase ci incontra europei
stanchi e provati dalla complessa vicenda
che abbiamo dovuto portare sulle spalle
per molti secoli, ha bisogno di luoghi di
autentica umana esperienza come può
essere questo ospedale, come può essere un
luogo di cura. Siamo una realtà scheggiata,
come se alla fine del secolo scorso, con la
caduta dei muri e con il compimento della
modernità, fossimo esplosi. Schegge di
verità da tutte le parti, ma manca ancora
un senso, un’unità, abbiamo bisogno di
un umanesimo nuovo. Milano deve dire
la sua, in questa grande impresa che tutti
aspettiamo. Deve coniugarsi a tutte le
altre città europee e non solo, per poter
portare il suo contributo all’unica grande
La visita ai pazienti
sinfonia dell’uomo nuovo. E allora quale
luogo più di questo può essere un segno di
questa costruzione e di questa edificazione.
Chiediamo quindi a Maria Santissima che
prenda nel suo cuore, nel suo abbraccio ciò
che ora preme sul nostro cuore, di bisogno,
di desiderio, di dolore, di sofferenza, di
fatica, di peccato, di contraddizione e lo
rigeneri questo cuore, che talvolta diviene
insensibile, ostinato e duro, e lo riapra allo
sguardo del suo figliolo crocifisso. Lo
riapra in questo luogo di croce e di prova,
perché la speranza, virtù bambina, ci faccia
guardare e camminare verso il futuro. Chi
ha la responsabilità della guida della società,
nella nostra regione, nel nostro paese, deve
sentire quale fatto di civiltà rappresentano i
luoghi della cura. I luoghi in cui il bisogno,
tanto più l’uomo è fragile, viene assunto e
condiviso con un senso. Noi siamo certi che
questa coscienza si farà sempre più acuta nel
nostro paese e ci aiuterà in questo momento
di travaglio, entro il quale possiamo soltanto
tentare di decifrare anche l’aspetto di crisi
economica, che tocca molte famiglie, che
sembra togliere prospettive ai giovani. Tutti
quanti, tutti insieme in uno spirito di unità
rispettandoci dentro la società plurale, ma
confrontandoci incessantemente.
Cerchiamo la strada di una Milano dal volto
umano, nella metropoli del futuro, e sta già
iniziando a pronunciare i primi balbettii.
E chiediamo all’aiuto della Vergine
Santissima e del suo figliolo benedetto che
questo cammino possa far ricadere, il prima
possibile, frutti benefici su ciascuno degli
abitanti di questa terra ambrosiana.
Amen.
*Trascrizione della registrazione
dell’omelia non rivista dall’autore
NIGUARDA CANCER CENTER
Meglio la chemioterapia per il tumore al polmone
Tra gli autori della ricerca anche l’Anatomia Patologica del nostro Ospedale
U
no studio italiano e con un contributo
significativo del Niguarda è stato
pubblicato su The Lancet Oncology.
La ricerca dimostra che per il trattamento
dei tumori al polmone non a piccole cellule
(un particolare istotipo), la chemioterapia standard
è più efficace, nel 90% dei casi, rispetto al trattamento
con i più costosi farmaci a bersaglio molecolare. Il
lavoro dimostra in particolare che i pazienti trattati con
la chemioterapia hanno una sopravvivenza decisamente
superiore rispetto a quelli trattati con erlotinib, uno dei
farmaci di ultima generazione.
Lo studio, lanciato dal team dell’Oncologia dell’Ospedale
Fatebenefratelli di Milano, è stato realizzato in
collaborazione con i Dipartimenti di Anatomia patologica
dello stesso Fatebenefratelli, dell’Ospedale
Niguarda, e con l’Istituto Mario Negri
di Milano. La ricerca ha dimostrato che il
farmaco a bersaglio molecolare erlotinib non
è per tutti. “Non tutti i tumori del polmone
sono legati al fumo- spiega Marcello Gambacorta,
Direttore dell’Anatomia Istologica Patologica e
Citogenetica a Niguarda-. I pazienti che non hanno mai
fumato spesso presentano una mutazione di un particolare
gene, EGFR, che rende su di loro particolarmente efficaci
alcuni farmaci molecolari come erlotinib e gefitinib, e
ora anche afatinib. Viceversa, nei pazienti fumatori o ex
fumatori queste mutazioni sono estremamente rare”. A
distanza di 5-6 anni dall’immissione in commercio dei
farmaci a target molecolare non era ancora chiaro se
questa tipologia di pazienti beneficiasse veramente di
erlotinib. Grazie a questo studio si è visto che nei pazienti
senza le mutazioni di EGFR, la parte numericamente
più consistente, la chemioterapia tradizionale ha un
maggiore beneficio. Si tratta di uno dei primi studi al
mondo sul tumore del polmone che ha analizzato il DNA
di oltre 700 persone. “L’analisi del profilo genetico di
tutti i pazienti, che hanno preso parte allo studio, è stata
portata a termine nel nostro laboratorio- ci spiega Silvio
Veronese, Responsabile della Patologia Molecolare a
Niguarda- grazie all’impiego dei più avanzati test di
biologia molecolare”. Il lavoro conferma ancora una
volta l’importanza dell’analisi genetica per poter arrivare
a individuare potenzialmente il miglior farmaco per ogni
singolo paziente.
Maria Frigerio
Direttore Dipartimento
Cardiotoracovascolare
“Ho cominciato a frequentare le corsie degli
ospedali nel 1939 e mi sono laureato nel
1943, l’anno dei bombardamenti su Milano.
Negli stessi anni Angelo De Gasperis,
assistente in Clinica Chirurgica, decise, dopo
una permanenza all’estero, di dare inizio alla
chirurgia toracica e cardiaca. Dopo qualche
anno ottenni la nomina di assistente chirurgo
e, nel 1955, di aiuto cardiologo. Nel luglio
1962, dopo la morte di De Gasperis, fu istituito
e a lui dedicato il Centro che tuttora porta il
suo nome, allora composto dalla divisione di
chirurgia toracica e cardiovascolare e dalla
divisione di cardiologia.”
Negli anni successivi si è assistito a un
grande sviluppo della cardiologia e della
cardiochirurgia, quest’ultima diretta da
Renato Donatelli e, dal 1969, da Alessandro
Pellegrini. Il Centro De Gasperis guidato
dal Prof. Rovelli ha segnato alcune tappe
storiche, tra cui va ricordato almeno lo studio
GISSI che, oltre a portare un miglioramento
significativo alla prognosi dell’infarto acuto,
ha rappresentato un modello di ricerca clinica
indipendente e diffusa sul territorio, di valore
riconosciuto a livello internazionale.
Già dal 1968, come attesta una sua
pagina di appunti, il Prof. Rovelli aveva
prefigurato il Dipartimento Cardiologico
come
organizzazione
dinamica
e
multidisciplinare, incardinato nell’ospedale
ma aperto all’esterno, in relazione con
enti di ricerca, il volontariato, e l’industria,
dotato di strumenti informatici oltre che
della tecnologia finalizzata all’attività clinica
e chirurgica, che si andava sviluppando in
senso superspecialistico, e orientato non
solo alla diagnosi e alla cura, ma anche alla
formazione e alla ricerca. La realizzazione
del Dipartimento si è poi svolta per tappe,
come Rovelli aveva immaginato, arrivando
a compimento in forma simile all’attuale
nella seconda metà degli anni ‘80, e
rappresentando all’interno di Niguarda e
dell’ospedalità italiana una sorta di prototipo
di organizzazione dipartimentale. Se dice che
alle parole dovrebbero seguire i fatti, ma si
deve dare atto al Prof. Rovelli di aver anticipato
nei fatti alcune delle parole utilizzate (e forse
talora abusate) per descrivere la visione
della cura della salute nel corso degli ultimi
decenni: l’universalità, la multidisciplinarietà,
la sussidiarietà, l’innovazione, la ricerca come
strumento per migliorare la qualità delle cure,
l’organizzazione dipartimentale, la medicina
centrata sul paziente...
Che cosa, oltre alla sua intelligenza del
futuro, alla sua determinazione e alla sua
leadership, ha reso possibile questa avventura
straordinaria? Ricorriamo alle parole del
Professore: “L’assistenza, le cure, ma anche
il modo di dedicarsi ai malati sono ora del
tutto diversi e si sono ottenuti risultati che un
tempo non si sarebbero potuti immaginare.
Questo sviluppo della medicina è avvenuto
singole persone. Se vogliamo
per il progresso scientifico e
portare avanti l’insegnamento
tecnologico, ma anche altri
di Rovelli e degli altri maestri
fattori sono stati determinanti e
che abbiamo avuto la fortuna di
fra questi la ripresa economica,
conoscere, possiamo ripartire
l’evoluzione dello stato sociale e
ancora dalle sue parole: “Questa
la consapevolezza acquisita del
professione io la rispetto e l’ho
diritto alle cure.” In occasione
Il Professor
sempre rispettata per quello che
dell’intervista che Rovelli ha
Fausto Rovelli
rappresenta sul piano umano
accordato a una giovane collega
pochi giorni fa, nella sessione speciale e sul piano sociale, ed è per questo che
“Incontro con i Maestri” all’interno del 47° ritengo debba essere considerata e definita
convegno di Cardiologia del Centro De come servizio. Servizio al prossimo. Servizio
Gasperis (anch’esso continuazione di un’idea alla società. E non può essere che così, dato
del Professore), egli ha fatto intendere che, quello che la gente si aspetta dalla medicina,
ai suoi esordi, ad una condizione di minori dato quello che la medicina chiede allo Stato,
risorse, minori conoscenze, e minori in organizzazione e in costi economici”. La
strumenti di diagnosi e cura, corrispondeva medicina. Noi. Responsabili non solo verso
una condizione di maggiore libertà e di gli altri, ma anche verso noi stessi: in ospedale
maggiore ascolto da parte delle direzioni esperienze, successi, e fallimenti non sono
ospedaliere nei confronti delle proposte dei mai individuali ma sempre di gruppo, o
medici. Una situazione palesemente diversa della squadra - anche se vissuti da ciascuno
dall’attuale alla quale sarebbe sbagliato, oltre a suo modo. Dipendiamo gli uni dagli altri,
che inutile, guardare con nostalgia -se non e non c’è gerarchia che tenga. A tutti i livelli
altro perché non vorrebbero tornare indietro i come minimo ci vuole l’impegno al lavoro
nostri pazienti. Guardiamo dunque alla storia fatto bene (“la parte del nostro dovere”,
per costruire il presente e progettare il futuro: avrebbe detto mia nonna - però in dialetto
la realizzazione del dipartimento (con i suoi milanese). A livello professionale, e ancora
limiti, i suoi squilibri, i suoi errori che tocca di più nei ruoli dirigenziali, si aggiunge la
a noi, ora e domani, superare compensare e responsabilità delle scelte organizzative,
correggere) non è stata una “fusione fredda” prima e oltre che puramente economiche o
di componenti tra loro slegate o addirittura di spesa. Questo il nostro compito (uno dei
contrapposte, ma l’esplicitazione di nostri compiti), se crediamo che il “governo
un’esperienza quotidiana di lavoro comune, clinico” (altra espressione di moda che deve
di un confronto (talora anche aspro) tra essere riempita di contenuti) sia la migliore
individualità o gruppi, con la convinzione garanzia per raggiungere il punto d’equilibrio
di tutti -o almeno di molti- della necessità e tra individuo e società. Equilibrio sui cui si
della validità di condividere gli obiettivi, a fonda, anche al di fuori del campo sanitario,
partire dalle persone ma anche al di là delle quello che siamo soliti chiamare civiltà.
Al via un nuovo modello per un’assistenza efficiente
Un “super-reparto” dedicato alla riabilitazione
trasversale, che conterà sulle risorse messe in
condivisione da queste 4 aziende e il paziente
sarà indirizzato nel centro che risponde
meglio alle sue necessità.
Si parla di coordinamento tra le
aziende ospedaliere ma sarà
importante anche quello con le ASL?
Davide Croce,
Professore dell’Università Liuc
di Castellanza
I
n un periodo in cui si sente spesso
parlare di ridefinizione delle reti di
assistenza, un primo significativo passo
è stato compiuto. Si tratta del Dipartimento
Interaziendale di Riabilitazione (DIR), un
progetto sperimentale che da poco ha preso
il via in Lombardia e che vedrà cooperare le
diverse aziende ospedaliere (provincia per
provincia)- insieme alle ASL- per rispondere
meglio alle esigenze dei cittadini in materia
di riabilitazione. Abbiamo incontrato
Davide Croce, docente e direttore del
CREMS (Centro di Ricerca in Economia
e Management in Sanità e nel Sociale)
all’Università Liuc (Libera Università Carlo
Cattaneo) di Castellanza, uno dei 12 saggi
della commissione chiamata dal governatore
Maroni a valutare il sistema socio-sanitario.
Ci siamo fatti spiegare le caratteristiche di
questo nuovo modello che affonda le sue
radici in uno studio condotto dal professore
sul funzionamento della riabilitazione in
Lombardia.
Riabilitazione non vuol dire solo ospedali,
ma anche una componente socio-sanitaria
significativa. E in quest’ottica le ASL sono gli
snodi più indicati per la lettura della situazione
sul territorio. Per questa condivisione,
così come per quella che coinvolge le
aziende sanitarie, lo sviluppo di un sistema
informatico integrato sarà la base necessaria
per permettere l’attuazione di questo modello.
Questo ripensamento deriva anche
dalla razionalizzazione dei costi?
No, questo sarà un risultato dell’attuazione
di questo nuovo modello, ma non è la
motivazione stringente che sta alla base
di questo nuovo assetto. La questione va
vista nell’ottica del miglioramento delle
prestazioni. Ormai la riabilitazione, in
Lombardia, raggiunge il 21% del totale delle
giornate di degenza (dati riferiti al 2011),
assorbendo il 13,35% della spesa sociosanitaria complessiva. E’ un ambito che è
diventato sempre più richiesto anche a fronte
di una popolazione che vede innalzarsi anno
dopo anno l’età media. Per cui è necessario un
ripensamento di questo settore per assicurare
ai cittadini prestazioni di livello.
sulla base di questo che i pazienti vengono
indirizzati. Ad esempio se il caso richiede
un percorso di riabilitazione ortopedica
e parallelamente anche una sorveglianza
infettivologica, perché il paziente è anche
affetto da HIV, allora si opterà per un centro
che possa fornire assistenza da entrambi i
punti di vista.
Insomma è una mossa necessaria
per fare fronte ad una “fame di
riabilitazione” che cresce e che
deve essere sempre più multispecialistica?
Sì e per farlo è necessario che il paziente sia
valutato nella sua dimissione da un esperto
della riabilitazione. In altre parole è necessario
raccordare in maniera più efficiente l’acuto
con il post-acuto. Facciamo un esempio:
un paziente ricoverato in ortopedia per un
impianto di una protesi all’anca. Dopo 3-4
giorni deve essere spostato in una struttura
per la riabilitazione. Fino ad oggi la scelta è
stata operata dal direttore dell’ortopedia che
invia il paziente in centri che offrano in quel
momento la disponibilità e che ritiene validi
sulla base della propria esperienza. Con il
DIR a regime la scelta dovrà essere fatta da un
professionista della riabilitazione, un fisiatra
molto probabilmente, che sappia valutare le
richieste specifiche del caso e che in base a
queste scelga la struttura più consona.
Come viene valutato il paziente?
Sulla base di 4 parametri. L’evento indice, la
Per farlo occorre un sistema di diagnosi principale, la comorbidità con altre
coordinamento e valutazione del patologie e la fragilità. Quest’ultimo è un
Cosa prevede questo nuovo paziente…
indicatore che tiene conto di diverse variabili
modello?
Sono due elementi fondamentali per lo come la presenza a casa di qualcuno che
Facendo riferimento alla provincia di Milano,
entreranno a far parte di questo DIR 4 aziende
ospedaliere, nello specifico il Niguarda,
l’Istituto Gaetano Pini, l’ospedale Sacco e
gli Istituti Clinici di Perfezionamento. Quello
che si andrà a creare è un unico reparto
sviluppo del DIR, che deve saper leggere
le esigenze del paziente per poterlo trattare
nella maniera più adeguata, condividendo
questa valutazione. In sostanza il modello
si fonda sulla capacità di riconoscimento
delle specializzazioni di ciascun centro ed è
SEGUE DALLA PRIMA
può prendersene cura oppure le condizioni
socio-economiche. Quindi la scelta deve
tenere conto non solo di esigenze sanitarie ma
anche personali. Fino ad oggi non è stato così
e si devono iniziare a gettare le basi perché
diventi la pratica comune.
Come cambia la
riabilitazione a Niguarda
Abbiamo fatto qualche domanda a
Giovanna Beretta, Direttore della
Medicina Riabilitativa e Neuroriabilitazione
che mediamente ogni anno si prende cura
di 400 pazienti.
Prende il via il Dipartimento
Interaziendale di Riabilitazione (DIR):
questa unione cosa favorisce?
E’ necessaria per aumentare la disponibilità
e per favorire i percorsi di riabilitazione
per i pazienti, potendo contare sulle
diverse specializzazioni di ogni singolo
ospedale che fa parte del Dipartimento
Interaziendale.
Quali saranno gli obiettivi?
La priorità è quella di migliorare il
collegamento per il paziente tra la fase
acuta e il percorso di riabilitazione che ne
consegue. Per farlo bisogna considerare
il nostro intervento non solo come una
risposta alla malattia, ma alla persona con
quella “ malattia” . Quindi sapere se il
paziente abita al terzo piano, in una casa
senza ascensore, da solo o con qualcuno
che lo può assistere, per noi, professionisti
della riabilitazione, diventano dati
imprescindibili per organizzare al meglio il
percorso riabilitativo.
Niguarda è il centro di coordinamento
del DIR…
Niguarda
coordina
l’attività
del
Dipartimento che può contare sulla
collaborazione tra la nostra riabilitazione e
quelledell’OspedaleGaetanoPini,delSacco
e degli Istituti Clinici di Perfezionamento.
Questa condivisione è possibile grazie
ad un passaggio d’informazioni che
riguardano la gestione dei pazienti e che in
futuro favoriranno anche un interscambio
di formazione del personale. In un
momento di razionalizzazione dei costi
per la sanità, ci sembra un’ottima risposta
per mantenere un’assistenza di livello,
mettendo insieme, risorse, competenze e
conoscenze qualificate.
tre
Sanità
Riflessioni sul contributo del Prof. Fausto Rovelli all’Ospedale di Niguarda e alla Cardiologia
Biologico o meccanico?
Trapianto o cuore artificiale al “Meet me tonight”
L
a scienza è scesa in piazza e ha incontrato il
grande pubblico ed è stata un’occasione unica
per ritrovarsi faccia a faccia con la ricerca,
vedere i suoi passi in avanti e confrontarsi con chi
tutti i giorni ne sostiene il cammino. E’ stato il “Meet
me tonight”: un appuntamento, promosso in oltre 300
città europee e interamente dedicato alla divulgazione
scientifica.
A Milano, a fare parte dell’evento - voluto dalla
Commissione Europea e promosso dai più importanti
atenei lombardi, tra cui il Politecnico, l’Università
degli Studi e Bicocca- c’è stato, da protagonista, anche
il Dipartimento Cardiotoracovascolare.
La “missione”? Informare su una patologia molto
diffusa ma non molto conosciuta come lo scompenso
cardiaco .“Questa condizione- spiega Maria Frigerio,
Direttore del Dipartimento Cardiotoracovascolareè la via ultima comune di diverse patologie come
l’ipertensione, l’ischemia, le malattie primitive del
muscolo cardiaco, danno da antiblastici e altre ancora.
Colpisce in larga misura gli anziani -ma non solo-,
ed è la prima causa medica di ricovero in altri paesi
come nel nostro, dove sono circa 200.000 i ricoveri
all’anno. Eppure la percezione sociale del problema è
decisamente bassa in rapporto al suo peso”.
Le storie dei pazienti: guarda il video
“Trapianto cardiaco
e assistenza meccanica”
sul canale OspedaleNiguardaTV
“Biologico o meccanico?”, sono, infatti, due le strade
possibili percorribili per trattare i casi più gravi: il
trapianto e il cuore artificiale, due soluzioni valide
che negli ultimi anni hanno visto una convergenza di
risultati. A ricordarcelo ci sono stati i dati divulgati
dai medici, chirurghi, ricercatori, infermieri e tecnici, a
dargli un volto ci sono state le storie dei pazienti, che
hanno raccontato la loro esperienza durante l’evento.
“A quasi 30 anni dal primo intervento- ricorda
Frigerio-, il trapianto in Italia offre ottimi risultati:
sopravvivenza a 1 e 5 anni dell’84% e 75%. Ma per la
scarsa disponibilità di donatori si rivolge a un numero
limitato di soggetti, una quota dei quali si deteriora e
muore durante l’attesa”.
Per fortuna la tecnologia non è stata a guardare e ha
messo a disposizione dei dispositivi che aiutano
il paziente nell’attesa del trapianto o che possono
diventare la soluzione definitiva. “Oggi per questi
casi- continua la cardiologa- e anche per una parte di
quelli non idonei al trapianto per età o comorbilità,
sono disponibili sistemi meccanici affidabili almeno
nel medio periodo. Spesso indicati tutti con il termine
di “cuore artificiale”, ma che consistono per lo più
in dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (in
inglese LVAD: left ventricular assist device)”.
cinque
L’evoluzione tecnologica degli ultimi anni ne ha
migliorato la performance e i passi in avanti sono
stati straordinari. “La sopravvivenza a un anno è
passata dal 50% nel primo trial pubblicato nel 2001
all’80-90% ed oltre negli studi più recenti. Non si
ricorda altro settore della medicina o della chirurgia
nel quale vi sia stato un tale miglioramento degli esiti
in solo poco più di 10 anni. Presso il nostro Centro, la
sopravvivenza a 2 anni supera il 70%; alcuni vivono
con il proprio LVAD da oltre 3 anni; un paziente,
operato nel 2007 in condizioni di dipendenza da
inotropi endovena, ha sostituito il dispositivo dopo
circa 4 anni e si avvicina ormai ai 7 anni complessivi
di terapia- conclude Frigerio-”.
50 anni fa iniziava l’era della chirurgia valvolare
Q
uest’anno a Niguarda
biglia oscillante. La notizia fu
ricorre un anniversario
divulgata solo il 4 ottobre, dopo
importante per la storia
la dimissione della paziente dalla
della cardiochirurgia italiana.
terapia intensiva. Una settimana
Di cosa si tratta? Ci spiega
dopo il primo intervento, il prof.
tutto il cardiochirurgo Claudio
Donatelli operò con successo
Russo.
un’altra
giovane
donna
Il 25 settembre del 1963,
bresciana, sostituendo anche in
presso
la Cardiochirurgia
questo caso la valvola mitralica
dell’Ospedale Niguarda, veniva
con una protesi artificiale.
eseguito con successo dalla
Era cominciata in Italia l’era
equipe diretta dal prof. Renato
della chirurgia valvolare: da
Donatelli il primo impianto in
quel momento, grazie ai nostri
Italia (il secondo in Europa) di
Maestri, i viaggi della speranza
Renato Donatelli
una protesi valvolare mitralica.
all’estero non avevano più
in una foto dell’epoca
La paziente di 43 anni era
ragione di esistere. Questi
stata ricoverata qualche giorno prima nella “pionieri” aprirono quella via che ci ha permesso
Cardiologia, diretta dal prof. Fausto Rovelli, di raggiungere traguardi un tempo neppure
in condizione di scompenso cardiaco a causa immaginabili come i trapianti di cuore, i cuori
di una malattia mitralica di origine reumatica, artificiali ed il trattamento delle cardiopatie con
nonostante fosse stata già sottoposta alcuni anni approcci sempre meno invasivi.
prima ad un trattamento di commissurolisi a cuore Come eredi di quella Scuola, con orgoglio,
chiuso, in altra sede. L’operazione cominciò rivolgiamo un doveroso omaggio ed un sincero
alle ore 8.30. Durante l’intervento, durato circa ringraziamento verso tutti coloro che ci hanno
10 ore, il prof. Donatelli, vista l’impossibilità di preceduto e che con il loro impegno ci hanno
procedere ad ulteriore riparazione della valvola permesso di curare quotidianamente le malattie
nativa, impiantò una protesi modello Starr, a cardiache con risultati in continuo miglioramento.
Ieri e oggi
50 anni fa a Niguarda in un contesto pioneristico
si gettavano le basi per la moderna cardiochirurgia.
Oggi la sostituzione valvolare è ormai una realtà
consolidata nel trattamento delle valvulopatie e sono
stati molti i passi in avanti fatti da quel settembre
del ‘63. “Negli ultimi 5 anni- ci spiega Luigi
Martinelli, Direttore della Cardiochirurgia- abbiamo
sviluppato un intenso programma di trattamento
delle valvulopatie, utilizzando le tecniche miniinvasive e l’applicazione delle protesi più avanzate
tecnologicamente”. Attualmente Niguarda è uno dei
centri più importanti sia per la chirurgia della valvola
mitrale, sia per l’aortica. “Per entrambe siamo in
grado di intervenire, sia per la plastica sia per la
sostituzione, attraverso dei mini-accessi percutaneicontinua Martinelli-; si tratta di piccoli incisioni
sul petto che dopo poche settimane non sono più
visibili. A questo si affianca la collaborazione con
la cardiologia interventistica per l’impianto delle
valvole trans-catetere. In questo settore siamo stati
i primi ad ideare una procedura innovativa, che
utilizza un catetere inserito attraverso una piccola
incisione sul torace, qualora il classico accesso
dall’arteria non sia praticabile”.
Cardiologi a convegno all’insegna della multidisciplinarietà
Convegno di Cardiologia, la 47a edizione
4
7 anni fa ci fu la prima edizione, oggi quella che
ormai è diventata una tradizione continua: anche
quest’anno il Dipartimento Cardio-toracovascolare dell’Ospedale Niguarda ha organizzato il Convegno di Cardiologia 2013, tenutosi dal 23 al
27 settembre al Centro Congressi del Milan Marriott
Hotel.
L’obiettivo è sempre quello: offrire ai colleghi
provenienti da tutta Italia - più di 850 partecipanti
ed un panel di 270 relatori - una settimana di
aggiornamento e di confronto su temi di stretta
attualità e di sicuro interesse scientifico, in materia di
cardiologia e cardiochirurgia.
Il filo conduttore di questa edizione è stata la
multidisciplinarietà nell’approccio ai problemi
cardiovascolari, così nelle stesse sessioni si sono
visti avvicendarsi il cardiochirurgo ed il cardiologo
interventista, l’elettrofisiologo e lo specialista
nello scompenso, ma anche il cardiologo dell’unità
coronarica e il rianimatore, il clinico e l’esperto di imaging; il tutto con ampi focus dedicati alle terapie
ed alle metodiche diagnostiche più innovative.
La formula scelta è stata quella degli ultimi anni:
sessioni plenarie su argomenti di interesse generalecome ad esempio la cardiopatia ischemica cronica,
l’approccio al paziente adulto con cardiopatia
congenita e i nuovi anticoagulanti orali nella
fibrillazione atriale- seguite da Mini Corsi incentrati
su temi più specifici, tra cui (solo per citarne alcuni)
l’ipertensione arteriosa polmonare, il dolore toracico
in pronto soccorso e la chirurgia non cardiaca nel
cardiopatico.
Un’importante novità dell’edizione 2013 è stata
la sessione dedicata alle Interviste ai Maestri
(Dalla storia al futuro), dove i giovani colleghi
del Dipartimento hanno potuto incontrare e
intervistare eminenti figure scientifiche del campo
cardiovascolare.
Il corso per gli infermieri
Nelle giornate del 26 e 27 settembre 2013 si
è svolto, come di consueto, in concomitanza
con il Convegno, il “Corso per Infermieri in
Cardiologia” organizzato dal Dipartimento
Cardiotoracovascolare
e
la
Direzione
Infermieristica. EGC avanzato, ventilazione
non invasiva e role playing sulle dinamiche
relazionali, sono solo alcuni dei temi affrontati
durante il corso, che è stato inoltre l’occasione per
dare spazio ad argomenti di rilevante attualità per
la professione infermieristica come: le opportunità
professionali in ambito extra ospedaliero, la
riflessione critica sulle segnalazioni ricevute dagli
utenti e la responsabilità nei riguardi dell’utilizzo
dei Social Network.
Centri Specialistici
NIGUARDA CARDIO CENTER
sei
Allergologia e Anestesiologia
Allergici all’anestesia
Reazioni rare da non sottovalutare
S
Malattie dalla A alla Z
e chiediamo al paziente cosa è
successo, è impossibile che ci dia
risposta: sedato, immobilizzato,
addormentato per effetto dell’anestesia,
il diretto interessato non può ricordarsi
di nulla, ma l’anestesista, insieme ai suoi
collaboratori, ha visto tutto, è intervenuto e
al risveglio segnala la necessità di ulteriori
indagini da svolgersi nei successivi mesi
per approfondire.
A grandi linee è questo ciò che succede in
caso di una risposta allergica all’anestesia
generale, una reazione molto rara che
può insorgere in camera operatoria. “La
frequenza è di 1 caso ogni 3500 anestesie per
gli eventi lievi- indica Andrea De Gasperi,
Direttore dell’Anestesia e Rianimazione
2-; mentre se si restringe il cerchio agli
eventi più gravi, siamo nell’ordine dell’1
ogni 10/20.000 interventi”. Si tratta di
un’eventualità remota ma da non trascurare,
visto che molto spesso si palesa in maniera
inaspettata al tavolo operatorio. “Può essere
causata da un’ipersensibilità ai farmaci
usati per indurre l’anestesia, e si presenta
con diverse manifestazioni. Nelle forme più
gravi compaiono difficoltà respiratorie,
broncospasmo, oppure ci possono essere
degli improvvisi cali della pressione
arteriosa- continua l’anestesista-. Talvolta la
reazione può comparire sotto forma di rash
cutanei e in casi rarissimi può verificarsi
Senza lattice
Da quasi 15 anni Niguarda è un ospedale con
numerosiservizi“latexfree”,cioèincuilamaggior
parte dei materiali utilizzati per visite e interventi
chirurgici sono privi di lattice, un forte allergene
a cui sono ormai sensibili in Italia l’1% della
popolazione adulta e il 2% di quella pediatrica.
Merito di un programma di sostituzione di quei
dispositivi e di quelle attrezzature contenenti
lattice, dai guanti, alla mascherina per la
respirazione assistita, ai cateteri vescicali, di uso
comune nella pratica interventistica.
Breve storia dell’anestesia
Già nel 3000 a.C. in Mesopotamia si
“narcotizzava” il paziente comprimendo le
uno shock anafilattico. E’ fondamentale
l’intervento tempestivo dell’anestesista,
che in sala operatoria è nelle condizioni
migliori per monitorare i parametri vitali
del paziente predisponendo le misure
necessarie, anche quelle rianimatorie”.
Altrettando scrupoloso deve essere l’iter
diagnostico nella fase post-operatoria.
Infatti per risalire a cosa ha scatenato la
reazione occorre la più precisa ricostruzione
dei fatti, basata su una documentazione
clinica dettagliata che riporti tutti i farmaci
utilizzati nell’approccio all’intervento:
anestetici e non solo. Infatti, a ridosso
dell’operazione, quasi sempre, vengono
somministrati anche degli antibiotici per
carotidi per fargli perdere coscienza, ma per
parlare di anestesiologia moderna si deve
aspettare il XVIII secolo. È infatti nell’ultimo
decennio del Settecento che Joseph Priestly e
Sir Humpry Davy sperimentano il protossido
d’azoto (il cosiddetto “gas esilarante”). Dopo
circa vent’anni Faraday conduce esperimenti
sull’etere dietilico.
Nonostante tutto, solo nel 1842 il dottor
Crawford Williamson Long iniziò a usare con
successo l’etere nelle operazioni chirurgiche.
Tuttavia il più famoso medico, nel campo
dell’anestesiologia, è il dottor William T. G.
Morton, dentista di Boston del XIX secolo, che
lavorava al Massachusetts General Hospital e
che pubblicò innumerevoli articoli sulla narcosi.
Gastroenterologia
Il morbo di Crohn
E’ una infiammazione che colpisce l’intestino
I
l morbo di Crohn è
un’infiammazione cronica che
può interessare tutto il canale
alimentare, dalla bocca all’ano, ma
che si localizza più frequentemente
nell’ultima parte dell’intestino
tenue e nel colon. I tratti colpiti si
presentano infiammati, ulcerati con
perdita di tessuto e tipicamente le
lesioni interessano la parete intestinale in tutto il suo
spessore.
La causa di queste alterazioni è riconducibile ad
un’inappropriata e continua aggressione del sistema
immunitario contro le cellule dell’intestino in
soggetti geneticamente predisposti.
L’incidenza del morbo di Chron è in incremento
nel mondo occidentale ed in Italia attualmente
si osservano circa 10 nuovi casi ogni 100.000
individui. La malattia colpisce prevalentemente gli
adolescenti e i giovani adulti (15-35 anni) ed ha una
preferenza per il sesso femminile.
Quali sono i sintomi?
“I sintomi all’esordio sono in genere aspecificispiega Luca Belli, Direttore dell’Epatologia e
Gastroenterologia-; tra questi sono frequenti il
dolore addominale associato ad irregolarità
dell’alvo- alternanza di stipsi e diarrea- talora
accompagnato da febbre”. In circa un terzo
dei casi possono essere presenti manifestazioni
extraintestinali per interessamento dell’occhio
(uveite ed episclerite), delle articolazioni (artrite),
della cute (eritema nodoso) e del fegato (alterazioni
degli indici di colestasi).
Diagnosi
La diagnosi del morbo di Chron può non essere
facile a causa dei sintomi spesso poco specifici.
Per questo gli esami strumentali a disposizione
giocano un ruolo importante.
E’ fondamentale l’esame
endoscopico, in particolare la
colonscopia estesa all’ultima
ansa ileale, che consente di
studiare tutto il grosso intestino
(colon) e l’ultimo tratto
dell’ileo, che frequentemente
è coinvolto nella malattia.
“Per un inquadramento completo dell’estensione
della patologia spesso è indicata la Risonanza
Magnetica Nucleare che permette di esaminare
a fondo tutto il piccolo intestino. Un esame molto
utile, prima di procedere alle indagini radiologiche
ed endoscopiche più complesse, è l’ecografia delle
anse intestinali - continua Belli- che, se condotto da
mani esperte, è in grado di orientare la diagnosi”.
La terapia
Nella fase acuta è certamente utile il cortisone
utilizzato anche a dosi elevate e protratto per diverse
settimane. “Per limitare gli effetti collaterali di una
terapia cortisonica prolungata, come il diabete,
l’ipertensione, l’obesità e l’osteoporosi, è opportuno
associare altri farmaci immunosoppressori
quali l’azatioprina o la 6- mercaptopurina che
consentono nella maggior parte dei casi di
sospendere il cortisone e di mantenere la malattia
in una situazione di remissione clinica- spiega
Belli-”.
Esiste una possibilità chirurgica? “Sì ed è riservata
per i casi più gravi, quando la malattia evolve verso
complicanze di tipo stenotico, ovvero ostruzioni
intestinali di tipo fibrotico, o di tipo fistoloso,
laddove si venga a creare una comunicazione
diretta dell’intestino con altri visceri o direttamente
con la cute. Da ricordare, infine, che una delle
più importanti prescrizioni è smettere di fumareconclude il gastroenterologo-”.
la profilassi e, nel 6% dei casi, possono
essere questi a scatenare l’allergia. Nel
14% dei casi può capitare che la reazione
sia provocata dal lattice, per questo da
diversi anni negli ospedali (e anche a
Niguarda è così) sono stati predisposti dei
percorsi latex-free appositamente pensati
per i soggetti allergici. Per identificare con
precisione la causa del disturbo è bene
procedere con i test diagnostici il prima
possibile nella finestra temporale compresa
tra 1 e 6 mesi dall’evento. “Più si aspetta
più è difficile circoscrivere con precisione
la causa- commenta l’allergologo
Corrado Mirone-”; vanno eseguiti una
visita allergologica e, se è il caso, esami di
laboratorio e cutireazioni. L’allergologia
di Niguarda è centro di riferimento
regionale per questo tipo di indagini
e nel corso degli anni ha sviluppato
un’ampia casistica. “Dall’analisi di
questa emerge che c’è una maggiore
frequenza di reazioni gravi tra le donne
con un’età compresa tra 15 e 50 anni.
Tra i farmaci anestetici quelli per cui
si registra la maggiore percentuale di
positività al test sono i curari, farmaci
miorilassanti, necessari per bloccare
la muscolatura volontaria durante
l’intervento. Assolutamente da smentire
che la presenza di asma, atopia o di
allergia ad altri farmaci comporti una
predisposizione a queste reazioniconclude Mirone-”.
Farmaci biologici
Già da diversi anni sono disponibili due nuovi farmaci
antinfiammatori, Infliximab e Adalimumab (in “fascia H”, quindi
disponibili solo a livello ospedaliero). Si tratta di anticorpi
monoclonali anti-TNF (il mediatore dell’infiammazione), la cui
azione è diretta a bloccare il processo infiammatorio della malattia
di Crohn.
Perché si chiama così?
La malattia fu descritta in modo accurato per la prima volta nel
1932 in un articolo pubblicato sulla rivista JAMA (Journal of the
American Medical Association) da tre medici di specialità diverse
che operavano al Mount Sinai Hospital a New York: Burrill B.
Crohn, Leon Ginzburg e Gordon Oppenheimer. Il nome Crohn fu
usato per la prima volta l’anno successivo da Brian Brook in un
Editoriale sulla rivista Lancet. Da allora è rimasto per identificare
la malattia.
Dona il sangue
Salva una vita
I
l sangue è una risorsa preziosa
e insostituibile perché non
riproducibile artificialmente.
I progressi della medicina ed
il continuo ricorso a terapie trasfusionali necessarie per il trattamento
di malattie ematologiche, neoplastiche, cardiochirurgiche e per i
trapianti, hanno portato ad un consistente aumento dell’uso del sangue.
L’unico modo per far fronte a tutte queste necessità e garantire il diritto
alla vita all’ammalato è la donazione volontaria. In questo modo avrai
l’occasione non solo di dare il tuo contributo per superare la carenza di
sangue, ma anche di ricevere un prezioso aiuto per la tua salute, con una
visita medica preventiva ed una serie di esami personalizzati.
Come diventare donatori
Per diventare donatore è possibile rivolgersi al nostro Centro Trasfusionale
attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 12.00 presso il primo piano del
padiglione 3. Per saperne di più guarda la video-intervista su You Tube a
Silvano Rossini, Direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina
Trasfusionale, e sfoglia l’opuscolo nella sezione “Consensi, Moduli
Esami, Opuscoli e Video Informativi” su www.ospedaleniguarda.it.
Segui la videointervista sul
canale OspedaleNiguardaTV
sette
Niguarda Centro di Riferimento per le Malattie Rare
Se il colesterolo è alle stelle e la colpa è dei geni
Per la rarissima ipercolesterolemia omozigote nuovi farmaci a disposizione
Quel recettore difettoso
L’ipercolesterolemia si annovera tra le
patologie metaboliche più frequenti: circa
il 20% degli italiani ha il colesterolo oltre
i 240 mg, un valore a rischio. “Esiste però
un numero esiguo di persone che presenta
forme di ipercolesterolemia genetica,
correlata ad anomalie del recettore Ldl
delle lipoproteine- spiega Cesare Sirtori,
Direttore del Centro Dislipidemie-”. Di
norma, il colesterolo viene, infatti, captato
dalle cellule tramite un sistema recettoriale
che ne riduce la sintesi. In Italia circa
20.0000 persone presentano però un
difetto genetico, localizzato su uno dei due
cromosomi 11, che codificano il recettore.
Eterozigote e omozigote
Come conseguenza di questo, il colesterolo
supera quota 400 mg. Un numero molto
esiguo di persone (circa 50-100 in Italia)
presenta un difetto ancor più raro e grave
che coinvolge entrambi i cromosomi 11; in
queste persone il colesterolo supera i 500 mg,
arrivando anche fino a quota 1000. I primi
pazienti (mutazione su un solo cromosoma
11) sono i cosiddetti “eterozigoti”, i secondi
(mutazione su entrambi i cromosomi 11)
sono gli “omozigoti”. Se questi ultimi non
vengono trattati, il colesterolo si accumula
nelle arterie, causando la morte per malattia
coronarica prima dei trent’anni. “Purtroppo
non sono mancati i casi eclatanti- continua
Sirtori- come quello di qualche anno fa
cha ha coinvolto un bambino in cura
all’ospedale Bambin Gesù di Roma,
che alla nascita presentava un valore di
colesterolo superiore ai 500 mg. Ha avuto
problemi coronarici fin dai primi anni
di vita ed è deceduto per infarto a cinque
anni”.
Diagnosi e trattamento
“La diagnosi di ipercolesterolemia
familiare- afferma Giuliana Mombelli,
specialista del Centro Dislipidemie- può
essere fatta clinicamente, sulla base
dell’anamnesi personale e familiare del
soggetto ed in presenza di alcuni segni
clinici che sono indicativi della patologia.
Un sintomo tipico è la comparsa di xantomi,
accumuli di grasso, che si possono formare
a livello dei tendini, della cute, dei gomiti e
delle ginocchia”.
Fino ad oggi la strategia terapeutica
disponibile includeva le statine, che però
sono poco efficaci, e la Ldl- aferesi (o
plasmaferesi), una tecnica simile alla dialisi
che ha la funzione di ripulire le arterie
dall’eccesso di colesterolo.
Un nuovo farmaco
La novità è costituita dall’introduzione di
nuovi prodotti, che possono risultare efficaci
nel trattamento dell’ipercolesterolemia
omozigote. Tra i più promettenti c’è la
Lomitapide che è stata sperimentata
in Italia su 7 pazienti, tra cui 2 seguiti
nel Centro di Niguarda. “I risultati
sono stati molto buoni- dice Sirtori-. In
alcuni casi è stato addirittura possibile
interrompere l’aferesi. La molecola non
agisce direttamente sul colesterolo, ma sul
sistema di impacchettamento chiamato Mtp
(Microsomal transfer protein), presente
sia nel fegato che nell’intestino, facendo in
modo che i lipidi non vadano in circolo”.
Tra gli effetti collaterali del farmaco, ci sono
steatosi (accumulo di grassi nel fegato), che
può essere prevenuta attenendosi a una dieta
rigorosa, e disturbi di tipo gastroenterico.
“Per questi pazienti- ci spiega la dietista del
centro Dislipidemie, Raffaella Bosisio- è
importante seguire una dieta personalizzata
e a bassissimo tenore di grassi, sia per
mettere il farmaco in condizioni ottimali
per essere efficace sia per ridurre gli effetti
indesiderati sul fegato”.
Intervista
Valentina ha 21 anni, quasi 22. La scoperta della malattia
avviene quando lei è piccolissima, da allora inizia la
battaglia contro quel numero, la colesterolemia, che senza
trattamenti è destinato a schizzare alle stelle. Si attesta
sugli 800 mg, quando la diagnosi le conferma che lei è
uno dei rarissimi casi di ipercolesterolemia omozigote. Si
prova di tutto: farmaci, plasmaferesi e una vita sempre
a dieta. I tanti momenti passati in ospedale, attaccata
ad una macchina che le purifica il sangue, sembrano,
però, averle lasciato dentro un segno su cui costruire le
sue aspirazioni e forse non è un caso che oggi studia per
diventare infermiera. Intanto può dire grazie alla ricerca: i
nuovi farmaci funzionano molto bene e quel numero non
sembra essere più una minaccia così grande.
Quando ti è stata diagnosticata la malattia?
All’età di 1 anno e mezzo mi sono comparsi degli strani
“bozzi” sulla pelle: dietro le cosce, sulle ginocchia e sui
gomiti. Sono stata portata dal pediatra, dal dermatologo,
ma nessuno sapeva dare una spiegazione. Poi in un
grande ospedale di Milano, chi mi ha visitato ha iniziato
a sospettare la malattia chiedendo informazioni sul
colesterolo in famiglia. Sono stati fatti degli accertamenti
ed è emerso che entrambi i miei genitori erano affetti da
ipercolesterolemia eterozigote; per me la malattia era
nella forma più rara: quella omozigote.
Inizia il trattamento con i farmaci e, attorno ai 4 anni,
anche i tuoi viaggi a Roma…
Sì, perché lì c’era l’unico centro che all’epoca trattava i
bambini, così ho iniziato a fare la plasmaferesi. E’ una
sorta di dialisi e sei attaccata ad una macchina che ti
ripulisce il sangue. Andavo ogni 15 giorni. Essendo molto
piccola, c’erano dei problemi con le mie vene, per cui la
procedura durava anche 8 ore, più del doppio del normale.
Avanti e indietro da Milano a Roma per 11 anni, poi
inizi ad essere seguita al Niguarda…
Sì, a Roma mi sono sottoposta ad un piccolo intervento:
la fistola arterovenosa, una procedura che facilitava
l’accesso per la plasmaferesi. Questo mi ha permesso di
continuare con la procedura per ripulire il sangue anche
a Niguarda, inoltre grazie alla fistola le sedute duravano
meno, 2 ore e mezzo- 3 ore.
In tutto questo la dieta non ti ha mai abbandonato?
Sì, sono sempre stata controllata, praticamente da quando
sono nata. Devo evitare tutto quello che può essere fonte
di grassi: per cui niente fritto, solo carni magre come
pollo e tacchino. Assolutamente niente burro e olio molto
limitato. Pochissimi dolci. Qualcuno ogni tanto, ma è
proprio un’eccezione. Tra l’altro a farmi rispettare la dieta,
ci pensa mia mamma che, avendo anche lei il colesterolo
alto, cerca di portare a tavola solo cibi sani.
Poi la sperimentazione…
Dopo un anno, a Niguarda. Mi si è chiusa la fistola, perché
comunque non è permanente. Questo, insieme ai problemi
delle mie vene, non mi ha permesso di continuare con
la plasmaferesi. Per cui l’unica cura possibile erano i
farmaci. Quando sono diventata maggiorenne c’è stata
la possibilità di accedere alla sperimentazione con una
nuova molecola: la Lomitapide. Ho iniziato con 20 mg e
tuttora la prendo, 60 mg al giorno.
Ha funzionato?
Sì e per capire quanto ti dò “i miei numeri”.
Quando ero molto piccola e mi hanno diagnosticato
l’ipercolesterolemia omozigote, prima di iniziare la
plasmaferesi, i miei esami del sangue indicavano un
colesterolo di 800 mg. Nel periodo in cui mi sottoponevo
alla procedura di purificazione, il valore oscillava tra i 100
mg, appena terminata la procedura, e i 400 mg, appena
prima di una nuova sessione dopo due settimane. Oggi
con il farmaco riesco a tenere il colesterolo anche sotto
i 150.
LE ALTRE STORIE
Niguarda è uno dei 34 Presidi della Rete regionale dedicata alle malattie rare ed è in grado di
garantire la diagnosi, la terapia e l’assistenza per
più di 120 differenti patologie. Leggi le storie
degli altri pazienti nella sezione dedicata sul
sito:
www.ospedaleniguarda.it
Malattie Rare
I
l colesterolo, lo sappiamo ormai da
diversi anni, è un importante fattore di
rischio da tenere controllato per evitare
gravi malattie cardio-vascolari. Un po’
più di attenzione all’alimentazione e una
sana attività fisica possono essere decisivi
per mettere all’angolo questo nemico
silenzioso delle nostre arterie. Ma ci sono
persone per cui le raccomandazioni possono
essere altrettanto valide, ma non sufficienti.
Questo succede quando la genetica
“ci mette lo zampino”, come nel caso
dell’ipercolesterolemia omozigote, una
malattia rara, anzi rarissima che colpisce 1
persona su 1 milione.
otto
NIGUARDA CANCER CENTER
PSA e tumore alla prostata: quando preoccuparsi
Segui la videointervista sul
canale OspedaleNiguardaTV
La tecnica robotica per risultati migliori
I
Gli Specialisti Rispondono
l PSA - acronimo di Prostate Specific Antigen - è una
proteina sintetizzata dalle cellule della prostata.
Piccole concentrazioni di antigene prostatico sono
normalmente presenti nel siero di tutti gli uomini e si
possono valutare tramite un semplice esame del sangue.
Alti livelli di PSA possono essere messi in relazione con
varie malattie, come il tumore alla prostata, l’ipertrofia
prostatica benigna e varie forme di prostatite. E’ un
indicatore facile da dosare, molto utile per orientare una
diagnosi precoce del tumore, ma è bene ricordare che non
sempre alti livelli indicano una neoplasia. Ne abbiamo parlato
con Aldo Bocciardi, Direttore dell’Urologia e ideatore della
prostatectomia robotica che ha rivoluzionato l’approccio a
questo tipo di interventi.
Che cos’è il PSA e come va “letto” il suo valore?
Il PSA corrisponde ad un campanello di allarme, una spia
che si accende quando ci possono essere dei problemi alla
prostata, fra i quali il carcinoma che può colpire questa
ghiandola. Il valore del PSA di per sé è poco significativo,
quello che conta è la sua stabilità o variazione nel tempo.
Ovvero il PSA patologico è quello che ha una crescita
molto rapida: più è rapida più è probabile che dietro questo
incremento ci sia un tumore della prostata.
Ci può fare un esempio?
Tra le varie cause di rialzo del PSA, la più frequente, oltre il
carcinoma prostatico, è un’infezione. Spesso in questi casi a
fronte di un valore che cresce in maniera acuta si associano
sintomi minzionali. Perciò è indicato procedere con una
terapia antibiotica per poi ripetere l’esame del PSA. Se il
valore si è abbassato, viene confermata la causa infettiva, se
invece il PSA continua a salire c’è qualcosa di più serio che
va accertato con una biopsia prostatica eco-guidata.
Per questo è un indicatore molto dibattuto?
Sì, perché non è specifico, ovvero un PSA elevato non
sempre è indicativo di un tumore alla prostata. Viceversa
tutti i tumori della prostata che operiamo hanno valori fuori
soglia. Inoltre questo marker è un indicatore per tutte le forme
di tumore ma senza discernere tra le forme poco aggressive,
asintomatiche e stabili nel tempo, e quelle più aggressive che
andranno in progressione.
Da quando il PSA è da tenere sotto controllo?
Dai 45 anni in avanti. L’età in cui si diagnostica il tumore alla
prostata sta scendendo e questo grazie anche alla diffusione
del PSA come esame di facile impiego.
Il tumore alla prostata colpisce ogni anno in Italia 25.000
uomini. Qual è la casistica operatoria del vostro centro?
Sono circa 200 i pazienti operati ogni anno per prostatectomia
dalla nostra équipe. Al di là dei numeri il vero problema
su cui concentrarsi è quello della qualità della vita. Per la
rimozione chirurgica della prostata, una volta, l’alternativa
era solo un intervento demolitivo, molto invasivo con gravi
conseguenze sull’erezione e sulla continenza. Mentre oggi
con la chirurgia robotica e il nuovo approccio che adottiamo
nel nostro centro, l’operazione è mininvasiva e molto più
conservativa.
In cosa si differenzia dall’intervento “classico” e con
quali vantaggi?
La differenza sta nell’approccio chirurgico a cui abbiamo
pensato per primi e che ora si sta diffondendo in molti
altri centri - siamo stati invitati ad operare in altre strutture
milanesi, a Roma, Firenze, Pechino, Stoccolma- visti gli
ottimi risultati. In pratica per operare questi casi utilizziamo
il robot e un accesso nuovo, quello retro-vescicale. Così il
paziente può essere dimesso già all’indomani dell’operazione
oppure dopo 2 o 3 giorni, al massimo, di degenza; il 90%
esce dalla sala operatoria senza catetere e la continenza totale
a 3 mesi dall’intervento è per il 98% dei casi operati. Infine il
40% dei pazienti in attività sessuale riesce ad avere rapporti
già a un mese dall’intervento.
Aldo Bocciardi
Con il robot
E’ simile ad un “ragno” con quattro
braccia ed è manovrato a distanza
mediante una consolle di comando: è il
robot Da Vinci ed esegue i movimenti
che il chirurgo gli impartisce grazie ad
appositi joystick di comando. L’area di
intervento appare su uno speciale visore
tridimensionale grazie alla ripresa di una
mini-telecamera 3D introdotta insieme agli
strumenti nell’addome del paziente per via
laparoscopica.
Per info e prenotazioni
Numero verde
di prenotazione regionale
800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
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areaprivata.ospedaleniguarda.it
PEDIATRIA
In arrivo il vaccino contro il meningococco B
Una possibilità in più contro questa pericolosa infezione
D
opo il via libera da parte della Commissione
Europea lo scorso gennaio, è arrivata anche
l’autorizzazione dell’Agenzia Italiana del
Farmaco (AIFA) per l’immissione in commercio del
primo vaccino contro il meningococco B. E’ un passo importante nella lotta contro la temuta infezione
che può essere letale o che può lasciare strascichi
gravissimi. Ne abbiamo discusso con Costantino De
Giacomo, Direttore del Dipartimento Materno Infantile.
Con questo vaccino la lotta alla meningite si rafforza…
Sì, viene ad essere colmata una lacuna importante.
La meningite può essere causata sia da virus sia da
batteri. Per questi ultimi esisteva già una copertura
vaccinale disponibile per i meningococchi dei ceppi
A, C, Y, W135, per l’ Haemophilus gr. B e per i 13
ceppi di Pneumococco.
Quando parliamo di meningite di cosa parliamo?
Di un’infezione che colpisce le membrane che rivestono il cervello. E’ una malattia grave. La morta-
lità, nonostante ci sia a disposizione un trattamento
antibiotico, è intorno al 10% dei casi e quando non
è letale, può avere degli esiti altrettanto devastanti,
come sordità, idrocefalo e ritardo mentale.
Quali sono i numeri di questa patologia?
Nella forma meningococcica colpisce nel mondo circa 500.000 persone l’anno e sono soprattutto i bambini quelli che più spesso ne pagano le conseguenze.
Nel nostro Paese sono registrati una media di 200 casi
di meningite meningococcica ogni anno. Tra questi i
ceppi più frequentemente isolati, soprattutto nell’età
pediatrica, sono il B e il C. Per quest’ultimo era disponibile già da diversi anni il vaccino ed è anche per
questo motivo che più del 60% dei casi, stando ai dati
del 2011, era dovuto al ceppo B.
Solo di recente l’Italia ha adottato un Piano Nazionale Vaccinazioni che detta una politica centralizzata e uguale per tutte le regioni?
Sì, è dalla fine del 2011 che c’è una situazione uniformata per tutte le aree d’Italia. Prima ogni regione aveva una sua politica: decideva autonomamente quali
coperture fornire gratuitamente e quali no ai suoi cit-
La Pediatria
e Niguarda
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E’ concepito come un reparto multi-specialistico dove, accanto alle patologie generali vengono trattati anche problemi complessi di tipo chirurgico, cardiologico e neuropsichiatrico.
Un’area importante è dedicata alle malattie infettive che necessitano di isolamento e di cure
sotto stretto controllo medico. Il reparto, inoltre, è tra i primi due centri italiani ad aver acquisito la certificazione di “Ospedale all’altezza di bambino”, rilasciato da Fondazione ABIO
Italia per il bambino in ospedale e da SIP (Società Italiana di Pediatria).
asta mandarci una mail e
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cui recapitare il giornale. Sarai
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casa il nostro periodico.
niguardanews@
ospedaleniguarda.it
tadini. Ed è un bene che oggi ci sia uniformità: infatti,
non era giusto che ci fossero disparità nel livello di
attenzione per il paziente. Inoltre la mancanza di una
linea comune, rischiava di vanificare l’efficacia della
profilassi visto che viviamo in una società caratterizzata dai frequenti spostamenti dei singoli individui.
Quando si parla di vaccini, il tema è piuttosto controverso: c’è chi li reputa non abbastanza sicuri,
è così?
Innanzitutto quando si parla di vaccini si parla di prodotti dell’industria farmaceutica che, sebbene molto
raramente, possono indurre effetti collaterali e nella
letteratura scientifica non mancano i casi documentati. Inoltre è difficile parlare di vaccini generalizzando,
bisognerebbe sempre entrare nello specifico del caso,
del paziente e del rapporto rischi/benefici nella popolazione di riferimento. A fronte di questo e se dobbiamo dare un giudizio complessivo, è acclarato che i
vaccini sono stati un importante passo in avanti nella
medicina, perché hanno contribuito a debellare alcune malattie che solo fino a qualche decennio fa erano
molto temute, pensiamo solo al vaiolo o alla polio.
Per info e prenotazioni
Costantino De Giacomo
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nove
Chirurgia Plastica e Centro Grandi Ustionati
Scottature e primo soccorso
Quali sono le mosse giuste da fare
Raffreddare la zona interessata è la
prima mossa da fare: vero o falso?
Vero. La scottatura, dovuta al contatto
con una fonte di calore più o meno
intensa, provoca un innalzamento
della temperatura della pelle e, di
conseguenza, una lesione che varia anche
in base al tempo di contatto e alla zona
di cute interessata. Ecco perché la prima
cosa da fare consiste nel raffreddare
la pelle, in modo da ridurre il dolore
locale e rimuovere l’eventuale sostanza
medicare la lesione una volta al giorno o
a giorni alterni. Se il dolore è intenso e
la zona appare arrossata, dietro consiglio
del medico si può assumere un farmaco
a base di chetoprofene, ibuprofene o
paracetamolo, il tutto per un paio di
giorni.
Bisogna proteggere la zona lesionata:
vero o falso?
Vero. Ma con attenzione, le ustioni
più profonde, infatti, vanno protette
dall’eventuale contatto con microrganismi e polvere, ma al tempo stesso la
pelle deve respirare in modo che i tessuti
possano rigenerarsi. E’ quindi opportuno
realizzare una medicazione costituita da
un quadrato di garza medicata, avvolto
da garza sterile e ricoperto da una benda.
L’ustione di grado profondo deve essere
sempre valutata da un medico sia per la
possibilità d’infezione sia per la necessità
di eseguire una medicazione adeguata,
così da evitare complicanze, come la
comparsa di cicatrici evidenti.
Dalla parte del paziente
Antonella Citterio
Per chi soccorre e per le
ustioni più gravi
Se la zona ustionata è piuttosto ampia,
indipendentemente dalla profondità, è
opportuno rivolgersi al Pronto soccorso o
al 118. Mentre si attendono i soccorsi, far
sdraiare la persona ustionata in un luogo
fresco, cercando di raffreddare la pelle lesa
con acqua. Infine va ricordato che per le
ustioni estese, che interessano il volto, le
mani, le articolazioni o i genitali e tutte le
ustioni di grado profondo vanno trattate nei
reparti ospedalieri specializzati.
Per informazioni
ospedaleniguarda.it
Dalla Carta Regionale
a quella Nazionale
Consulta e prenota i tuoi esami on-line
D
a oggi è più facile poter vedere i risultati dei tuoi esami su pc o
tablet. Per farlo occorre richiedere una password che permette
la visualizzazione on-line. Con questa modalità di accesso puoi
consultare il fascicolo sanitario elettronico con i tuoi esami utilizzando una
password ed un codice “usa e getta” che riceverai, su richiesta, sul tuo telefono
cellulare. Grazie alla password potrai anche prenotare on-line le tue visite e i tuoi esami presso la
struttura ospedaliera che preferisci.
PER INFO E PER ACCEDERE AI SERVIZI ONLINE
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DOVE RICHIEDERE LA PASSWORD
Riconoscimenti
Filomena Marino vince... E’ un’amica per la vita
F
ilomena Marino, infermiera capo-sala della Dialisi e Trapianti, ha ricevuto recentemente l’importante premio nazionale “Amici per la Vita”; premio promosso annualmente dal Ministero della Salute in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti.
Il riconoscimento “Amici per la Vita” (che è stato conferito nella cornice del Festival di Spoleto dal direttore del Centro Nazionale Trapianti, Nanni Costa) premia “le personalità che si
sono maggiormente distinte per impegno, dedizione e professionalità, nei campi dell’informazione sul tema e del sistema trapianti”.
Periodico d’informazione dell’A.O.
Ospedale Niguarda Ca’ Granda
Direttore Responsabile:
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In redazione: Giovanni Mauri,
Andrea Vicentini,
Maria Grazia Parrillo
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• accettazione del Blocco Sud (lun-ven: 6.45-19.30/sab: 8.30-13.00);
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• sportelli del Pad.16 (lun-ven: 7.00-19.30);
• Centro Prelievi, Pad. 9 (lun-ven: 7.30-15.00);
• front office del Triage (Blocco Dea, aperto tutti i giorni, h24).
R
egione Lombardia ha deciso di uniformare la Carta
Regionale dei Servizi (CRS) alla Tessera Sanitaria
Nazionale, perciò dalla fine di settembre ha avviato il
progetto di convergenza. La decisione è stata presa dopo aver
verificato la piena compatibilità tra i due strumenti.
Le CRS attualmente in circolazione hanno una durata di 6 anni e
resteranno valide sino alla loro naturale scadenza. La sostituzione
avverrà progressivamente e gradualmente: infatti, riguarderà solo i
nuovi iscritti e gli eventuali duplicati.
Pubblicato online sul sito:
www.ospedaleniguarda.it
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t
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Via G. Pergolesi, 8
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Ortopedia Subema - Rho
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20017 Rho (MI)
Tel. 02 931 821 80
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P.zza dell’Ospedale Maggiore, 3
20162 Milano
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Multimedica Sesto S. G
Via Milanese, 300
20099 Sesto S. Giovanni (MI)
Tel. 02 242 090 84
Gli Specialisti Rispondono
I
responsabile dell’ustione. Il semplice
raffreddamento è spesso sufficiente per
trattare le lesioni meno serie. Le ustioni
di secondo grado più profonde e quelle
di terzo di dimensioni limitate vanno
invece sciacquate a lungo, per almeno tre
minuti, con acqua corrente.
E’ indicato applicare del burro o
dell’olio sulla zona ustionata: vero o
falso?
Falso. Semmai quando la cute è arrossata
o sono presenti vescicole, ma la zona
interessata è piccola e non coinvolge il
volto o la regione genitale, è possibile
applicare una pomata di automedicazione
o una garza antiaderente a base di
sostanza anestetica, acido ialuronico
Nel caso si tratti di bambini, è meglio
comunque chiedere il parere del
pediatra. La pomata va spalmata con le
mani pulite, andando a creare un velo
uniforme, ripetendo l’applicazione nel
corso della giornata, per uno-tre giorni;
se viene applicata della garza, è meglio
l fornello incandescente, il forno che
tradisce o l’acqua bollente che non
perdona: le scottature sono tra gli
incidenti domestici più frequenti. Ma
cosa fare in questi casi? Raffreddare
subito con dell’acqua? E’ meglio
applicare sulla bruciatura l’olio o una
pomata? Abbiamo sottoposto al nostro
“vero o falso” Antonella Citterio,
medico del Centro Grandi Ustionati, per
essere pronti ad ogni evenienza.
dieci
Visite gratuite - 20 ottobre
gli ospedali italiani
che fanno parte del
Network Bollini
Rosa e che, in
questa occasione,
forniranno servizi gratuiti di
prevenzione rivolti alle donne, tra
cui visite ed esami specialistici. La
Reumatologia del Niguarda anche
quest’anno
aderirà
all’iniziativa
offrendo la possibilità di eseguire visite
e esami MOC (Mineralometria Ossea
Opendayosteoporosi
I
l 20 ottobre, in occasione della
Giornata mondiale sull’osteoporosi, si terrà la quarta edizione
dell’iniziativa “Ospedali a Porte
Aperte”, promossa da O.N.Da
(Osservatorio Nazionale sulla salute
della donna). Alla giornata aderiscono
Computerizzata), che saranno
condotte presso l’ambulatorio
della Reumatologia (Area
ingresso-Padiglione 3).
L’osteoporosi definisce una
condizione per cui lo scheletro, a
seguito di una significativa perdita
di massa ossea, è più fragile e poroso
e quindi più soggetto al rischio di
fratture. L’osteoporosi è difficile da
riconoscere in quanto è generalmente
priva di sintomi. Viene infatti definita
“ladro silenzioso” perché ruba massa
ossea per anni senza farsi scoprire.
Prenotazioni
Le prestazioni sono prenotabili,
a partire dal 7 ottobre
(fino ad esaurimento posti),
chiamando il numero
verde regionale 800.638.638
(lun-sab: 8.00-20.00).
La parola allo Specialista
La celiachia
Gli Specialisti Rispondono
In Italia una persona su 100-150 è intollerante al glutine
L
a celiachia è una malattia nota da molti anni, anzi
da secoli, già nell’antica Grecia si parlava dei
koiliakos, per indicare “coloro che soffrivano negli
intestini”, ma solo in tempi recenti è stata riconosciuta
come un problema piuttosto diffuso. Secondo alcune
stime in Europa, la celiachia sarebbe la più comune
malattia di origine genetica. Per l’Associazione italiana
celiachia (AIC) l’incidenza di questa intolleranza in Italia
è di un caso ogni 100-150 persone (fonte: www.epicentro.
iss.it). Ma da cosa e scatenata? Come si scopre e come ci
si convive? Ci spiega tutto Paola Onida, specialista della
Dietetica e Nutrizione Clinica.
Cos’è
E’ una malattia autoimmune, di cui non si conoscono con
precisione le cause, scatenata, dall’ingestione del glutine,
presente nel grano e in altri cereali. Negli individui
geneticamente predisposti l’assunzione di cibi contenenti
questa sostanza provoca alterazioni caratteristiche della
mucosa dell’intestino tenue, causando malassorbimento.
Sintomi
I sintomi tipici della celiachia sono la perdita di peso, la
diarrea, il dolore addominale e il malessere generale. In
alcuni casi queste avvisaglie possono essere lievi o del
tutto assenti e prevalere manifestazioni dovute ai deficit
nutritivi conseguenti al malassorbimento come anemia
da carenza di ferro, crampi e debolezza muscolare,
dolori ossei e predisposizione alle fratture, accumulo di
liquidi nelle gambe e nei piedi. I bambini possono subire
rallentamenti nella crescita per il mancato assorbimento
di calcio e vitamina D. La malattia può inoltre provocare
disturbi riguardanti organi diversi dall’intestino (cute,
fegato, sistema nervoso e riproduttivo) o accompagnarsi
ad altre malattie autoimmuni, come il diabete giovanile o
la tiroidite.
Diagnosi
La diagnosi di celiachia si effettua mediante esami
del sangue per la ricerca di anticorpi specifici: AGA
(anticorpi antigliadina), EMA (anticorpi antiendomisio)
ed TGA (anticorpi antitransglutaminasi). Per la diagnosi
definitiva è però necessaria una biopsia dell’intestino
tenue, che permette di evidenziare l’atrofia dei villi
intestinali e altre alterazioni istologiche tipiche. La
diagnosi è confermata poi dalla risposta all’eliminazione
del glutine dall’alimentazione. Sono anche disponibili
kit rapidi per la diagnosi di celiachia (presenza di TGA),
acquistabili in farmaci senza ricetta medica. I risultati di
questi test sono affidabili, ma vanno sempre affiancati da
esami tradizionali.
Cure
L’unico trattamento esistente per la celiachia
consiste nell’eliminare completamente il glutine
dall’alimentazione. Ciò porta a un miglioramento dei
sintomi entro alcune settimane: l’intestino guarisce
completamente, ma l’intolleranza è permanente e la
malattia ricompare se il glutine viene reintrodotto.
Talvolta può essere indicata l’assunzione di integratori
vitaminici o di minerali per aiutare a correggere le carenze
nutrizionali. Sono, inoltre, consigliabili periodici controlli
specialistici dopo che la presenza della celiachia è stata
riconosciuta e la cura è stata impostata.
Alimentazione
Un’alimentazione equilibrata, in cui sia garantito il
corretto apporto di nutrienti, può essere seguita utilizzando
fonti di carboidrati naturalmente privi di glutine, come
il riso e le patate, e i prodotti dietetici destinati ai celiaci,
certificati come privi di glutine, reperibili in farmacia, nella
grande distribuzione e nei negozi specializzati. Il Servizio
Sanitario Nazionale assicura una fornitura mensile di
questi prodotti per i soggetti con diagnosi confermata di
malattia celiaca. Il nutrizionista e il dietista possono fornire
tutte le informazioni relative agli alimenti privi di glutine e
anche ai metodi per cucinarli.
undici
NIGUARDA CANCER CENTER
NIGUARDA CANCER CENTER
Tumore colon-retto:
una nuova sperimentazione
Osteoporosi
e tumore mammario
N
iguarda è uno dei centri mondiali più importanti per
la terapia del tumore al colon retto con metastasi.
Recentemente è partita una nuova sperimentazione.
Ce ne parla Salvatore Siena, Direttore dell’Oncologia di
Niguarda e del Niguarda Cancer Center.
Negli ultimi anni sono stati numerosi i contributi del centro
da lei diretto nel trattamento del tumore al colon-retto?
Sì, grazie alla collaborazione tra l’Oncologia e l’Anatomia
Patologica di Niguarda e l’Istituto per la Ricerca e la Cura
del Cancro di Candiolo e alle le sperimentazioni cliniche
qui condotte, negli anni scorsi, siamo riusciti a fare entrare
nell’uso clinico farmaci come cetuximab, panitumumab e
più recentemente regorafenib. Si tratta di farmaci a bersaglio
molecolare che rappresentano un significativo passo in avanti
per la terapia di questo tipo di tumore.
In alcuni casi però il trattamento con questi “farmaci
intelligenti” non sembra andare a buon fine a causa di
resistenze: voi avete analizzato questa evidenza e ne avete
scoperto le cause, riscontrando che dipende dal profilo
genetico delle cellule tumorali…
Abbiamo pubblicato diversi studi in merito, su tutti quello
apparso su Nature nel 2012. Questa ricerca, condotta, insieme
ai colleghi di Candiolo, ha fatto luce sui meccanismi di
resistenza e abbiamo potuto stabilire che la mancata risposta ai
farmaci molecolari è ascrivibile a particolari mutazioni nei geni
KRAS, NRAS e BRAF.
Proprio per i pazienti il cui tumore presenta questo profilo
genetico (mutazione BRAF) è attiva nel nostro Ospedale
una sperimentazione clinica molto importante. Di cosa si
tratta?
E’ un trial che ha preso il via nei mesi precedenti. Si tratta di
una terapia sperimentale, che combina diversi farmaci per
“aggirare” la resistenza. E’ un trattamento sul quale contiamo
per un’efficacia sulla base di dati iniziali che già abbiamo.
Quindi chi sono i pazienti candidabili e cosa bisogna fare
per prendere parte alla sperimentazione?
Possono prenderne parte i pazienti con carcinoma del colonretto, con metastasi, nei quali il tumore stesso o le metastasi
abbiamo la mutazione BRAF e che non hanno avuto vantaggio
definitivo dalle terapie convenzionali precedenti. Per accedere
alla sperimentazione consiglio di andare sul sito di Niguarda
www.ospedaleniguarda.it e seguire le istruzioni per prendere
un appuntamento per “prima visita di oncologia”.
Segui la videointervista sul canale OspedaleNiguardaTV
Tumore del colon-retto e terapie personalizzate
In Italia si ammalano di questo tumore 35.000 persone ogni anno, 17.000
delle quali raggiungono la fase metastatica. Negli ultimi anni molti di questi
pazienti sono stati sottoposti al test messo a punto nel 2009 dal Cancer Center di
Niguarda e dal Centro di Candiolo in modo da poter essere indirizzati verso una
terapia personalizzata con ridotti effetti collaterali.
Per info e prenotazioni
Numero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
Salvatore Siena
ospedaleniguarda.it - areaprivata.ospedaleniguarda.it
ARRESTO CARDIACO E PRIMO SOCCORSO - 19 OTTOBRE
D
a circa tre anni la Reumatologia e
l’Oncologia di Niguarda hanno messo
insieme le loro capacità diagnostiche
ed assistenziali per offrire un percorso di
prevenzione e cura dell’osteoporosi alle
donne che, guarite dal tumore mammario,
sviluppano un depauperamento dell’apparato
scheletrico a causa della menopausa precoce
(spesso connessa con le cure oncologiche).
Oggi la cura dell’osteoporosi è più efficace
ma complessa e si avvale anche di anticorpi
monoclonali a bersaglio molecolare come il
denosumab anti-RANKL.
I risultati di queste cure, che richiedono un
approccio multidisciplinare, saranno l’oggetto
del seminario del 19 novembre “Risultati
dell’attività multidisciplinare OncologiaReumatologia per la cura dell’osteoporosi
associata a tumore mammario”.
La partecipazione, aperta a personale medico
e infermieristico, è gratuita.
Il seminario fa parte del ciclo di incontri
promossi dall’Oncologia Falck nell’ambito
del Gruppo di Miglioramento in Oncologia
(“Seminari del martedì: Discussione
Collegiale di Casi Clinici e Problematiche
Cliniche Inerenti la Pratica dell’Oncologia
Medica”) con accreditamento ECM.
Dove e quando
19 novembre
Martedì 19 novembre
ore 14.00-15.00
Area Sud, Blocco Sud, 3° piano Ponti Est
Aula Anna Palange
Posti limitati
NEWS
In piazza con gli esperti dell’emergenza Donare il cordone ombelicale
L’uso del defibrillatore e il massaggio cardiaco
L
e mosse giuste da fare in attesa dell’ambulanza:
spesso è questo a fare la differenza tra la vita e
la morte in caso di arresto cardiaco. Lo sanno
bene i professionisti del 118 di Milano che insieme ad
AREU (Azienda Regionale Emergenza Urgenza),
hanno dato appuntamento ai cittadini, per il 19 ottobre
in piazza del Duomo, per un corso-base sulle manovre
di primo soccorso.
L’evento rientra nell’ambito del progetto “Viva!
2013 - settimana europea dedicata alla rianimazione
cardiopolmonare” (dal 14 al 20 ottobre), voluta
dal Parlamento Europeo, e vedrà protagonisti 250
istruttori, pronti a scendere in piazza, all’ombra della
Madonnina, per insegnare tutto sul massaggio cardiaco
e le altre manovre salva-vita. A fare pratica con i
manichini, a disposizione per la simulazione, ci saranno
anche i ragazzi di diverse scuole di Milano che hanno
risposto all’appello. Nel nostro Paese le morti cardiache
improvvise, in cui il decesso avviene entro un’ora
dall’insorgenza dei sintomi, colpiscono ogni anno tra
i 45.000 e i 60.000 italiani. Questi numeri potrebbero
essere drasticamente ridotti se molti più cittadini
sapessero utilizzare un Defibrillatore Semiautomatico
Esterno (DAE), per cui il corso rilascerà il certificato
di utilizzo. “Un DAE è una macchina di piccole
dimensioni- spiega Giovanni Sesana, Direttore del 118
Milano- che contiene al suo interno due piastre adesive
in grado di rilevare le alterazioni dell’attività elettrica
del cuore ed erogare una scarica elettrica quando
necessario”.
Sono sempre di più i luoghi molto frequentati (come
stazioni, aeroporti, centri commerciali) che si sono
dotati di defibrillatore, utile per queste evenienze. “I
DAE sono semplici da utilizzare in quanto è la macchina
stessa che, attraverso una voce elettronica, guida
passo per passo l’operatore- continua Sesana-. Il DAE
stabilisce se è necessario erogare la scarica elettrica e
suggerisce con messaggi vocali le successive modalità di
intervento sulla vittima. È sempre importante ricordare
come la sola defibrillazione possa avere un’efficacia
limitata: è importante che venga associata anche ad un
corretto massaggio cardiaco”.
I
l suo taglio è spesso l’ultimo passo che conclude il “rito” della
nascita: è il cordone ombelicale, da tagliare, ma soprattutto da
donare, perché ricco di cellule staminali, nuova frontiera di
cura per un numero sempre maggiore di patologie. A Niguarda si
è appena concluso l’accreditamento che ha coinvolto l’équipe
dell’Ostetricia e Ginecologia e che oggi consente a tutte le neomamme di donare il cordone del loro piccolo. Perché è importante
incentivare la donazione? “Il sangue del cordone ombelicale- ci
spiega il ginecologo Maurizio Bini- viene normalmente scartato
assieme alla placenta, è però ricco di cellule staminali in grado di
generare globuli rossi, bianchi e piastrine ed è dunque una risorsa
preziosa, utilizzabile per il trapianto di midollo in pazienti con
malattie del sangue e del sistema immunitario”.
Il servizio è disponibile 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno.
Occorre, però, dare il proprio assenso alla donazione almeno un
mese prima della nascita. “Questo intervallo di tempo è necessario
per poter raccogliere i dati dell’anamnesi e per poter procede con
i controlli che valutino lo stato di salute della madre; il tutto per
scongiurare il rischio di malattie genetiche e infettive, che potrebbero
essere trasmesse al ricevente. La donazione- ricorda Bini- non
comporta nessun costo e nessun rischio per la mamma”.
Editoriale
Marco Trivelli
Commissario Straordinario
Niguarda
www.adisco.it
SEGUE DALLA PRIMA
L’Arcivescovo di Milano, nell’omelia
pronunciata durante la commovente
visita al nostro ospedale per l’ingresso
della nuova cappellania, ha detto che la
cura è un’arte, perchè come è proprio
di ogni atto artistico, il soggetto che
cura e quello che riceve la cura non si
nascondono.
Queste parole sono non solo una
constatazione, ma un invito a non
nascondersi, a tirare fuori, insieme,
ciascuno il proprio talento. Mi permetto
di segnalare in questa direzione il
riconoscimento internazionale dei
progressi nella cura del tumore al
colon, maturati a Niguarda, nella
collaborazione con l’istituto Candiolo
di Torino, che segnano e consolidano
un punto di non ritorno non solo
nell’ambito specifico, ma più generale
nel metodo di perseguire l’efficacia
delle cure oncologiche (vedi articolo
in questa pagina) e i riconoscimenti
europei ai nostri giovani ricercatori
in ambito cardiologico e dei trapianti
addominali (a pagina 15).
Marco Trivelli
Commissario Straordinario
Niguarda
Gli Specialisti Rispondono
Per i pazienti con mutazione BRAF che non rispondono alle terapie convenzionali
I risultati dell’approccio
multidisciplinare
dodici NIGUARDA CANCER CENTER
Mammografia in 3D e biopsie con il microrobot
Due alleati in più contro il tumore al seno
C
Daniela Abbati
Gli Specialisti Rispondono
La Radiologia
E’ una disciplina medico chirurgica che si occupa
della diagnosi e della terapia delle malattie con
l’impiego di attrezzature radiologiche in cui
vengono utilizzate energie di vario tipo (raggi
X, ultrasuoni, campi magnetici). Il reparto a
Niguarda esegue circa 150.000 prestazioni
l’anno in ambito diagnostico.
Per info e prenotazioni
Numero verde di prenotazione regionale
800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
ospedaleniguarda.it
areaprivata.ospedaleniguarda.it
ontro il tumore al seno giocare d’anticipo è fondamentale.
Per farlo Niguarda può contare sull’utilizzo di due alleati
per la diagnosi precoce: la tomosintesi, ovvero una
mammografia in 3D che in molti casi permette di vedere meglio
le lesioni sospette, ed il mammotome, un micro-robot che entra in
azione per biopsie mininvasive, un tempo eseguibili solo attraverso
un intervento chirurgico. Abbiamo incontrato chi usa queste
tecnologie tutti giorni Daniela Abbati, specialista in radiologia
dedicata alla senologia, per saperne di più.
Niguarda è stato uno dei primi centri in Italia a disporre della
tomosintesi. Di cosa si tratta?
E’ una tecnica digitale tridimensionale, che rappresenta
un’evoluzione della classica mammografia. Le immagini del
seno sono acquisite da diverse angolature e vengono stratificate
e ricostruite in 3D diversamente dai sistemi tradizionali in cui le
immagini sono proiettate in 2 dimensioni.
Si tratta sempre di una radiografia, come lo è la mammografia,
solo che l’acquisizione delle immagini assomiglia a quella di
una Tac…
Sì, è uno strumento diagnostico che permette di studiare la
mammella “a strati”: tante immagini che poi, sovrapposte,
ricostruiscono la figura della mammella nella sua completezza.
Tutto questo si traduce in un grande vantaggio per i seni più difficili
da leggere, come ad esempio quelli in cui predomina la componente
ghiandolare.
Un aiuto arriva anche dal micro-robot. Che cos’è?
E’ uno strumento diagnostico alternativo all’intervento chirurgico
che viene utilizzato per effettuare biopsie di lesioni non palpabili
della mammella, evidenziate precedentemente attraverso esami
radiologici ed ecografici.
Il tutto con più mininvasività e precisione…
Sì, un computer guida l’inserimento dell’ago e controlla la sua
corretta posizione; la sonda, una volta inserita, preleva più campioni
di tessuto mammario. Il punto in cui incidere e la profondità alla
quale effettuare il prelievo vengono determinati in automatico dalla
macchina.
In pratica, grazie a questa procedura si evita alla paziente
di sottoporsi all’intervento chirurgico che prima era l’unica
opzione a disposizione per prelevare ed analizzare le lesioni
sospette?
Se ci si pensa, con questa tecnica si evita un intervento in anestesia
generale a tutte le donne con formazioni di natura benigna. Da non
trascurare, poi, che dopo il prelievo bioptico frequentemente si
rilascia una piccola clip metallica di titanio nella sede della lesione
per rendere possibile nei successivi controlli il riconoscimento
dell’esatta sede del prelievo e la constatazione di eventuali
modificazioni nel tempo; inoltre, con questa metodica, viene
contraddistinta precisamente l’area su cui eventualmente si troverà
ad intervenire il chirurgo, in caso di lesioni risultate positive.
Come si realizza il prelievo?
La paziente viene posizionata prona su un tavolo con la mammella
collocata in un’apposita apertura dove viene immobilizzata come
per una normale mammografia. La procedura si realizza in anestesia
locale e grazie ad una piccola incisione della cute, circa 3mm che
non richiede sutura. E’ un esame che complessivamente dura dai
20 ai 40 minuti, condotto ambulatorialmente, che non necessita di
alcuna preparazione particolare da parte della paziente se non quella
di sospendere eventuali farmaci che ostacolano la coagulazione.
Disturbi d’ansia
La paura di avere paura
Le strategie per superare gli attacchi di panico e lo Spazio Giovani
L
’attacco di panico, chi l’ha vissuto
difficilmente se lo dimentica. In
un attimo la respirazione diventa
difficoltosa, il cuore che accelera, la
sudorazione improvvisa: il nostro corpo
entra in una situazione di allerta che non è
giustificata da nessun pericolo reale ma la
paura comunque dilaga e diventa panico.
L’attacco è transitorio, ma nel tempo il
timore che ritoni diventa il peggior nemico
di chi l’ha provato e la “paura della paura”
può finire per condizionare la vita di chi
ne soffre. Colpisce anche i giovanissimi,
ma le strategie per superarlo non mancano.
Abbiamo incontrato lo Psichiatra Piero
Rossi, responsabile dell’ambulatorio dedicato
agli adolescenti “Spazio Giovani”.
Che cos’è l’attacco di panico e quanto è
diffuso?
Difficile quantificare, perché non ci sono
ricerche specifiche in Italia. Molto spesso si
tratta di un disagio che rientra in un quadro più
ampio: il disturbo d’ansia, che può interessare
il 30-40% dei giovani, nella fascia tra 15-25
anni.
E’ vero che risponde ad una anomalia del
nostro sistema di difesa?
Sì, è come se nel cervello scattassero i
meccanismi che ci predispongono ad una
reazione veloce a causa di una situazione
che noi percepiamo essere di pericolo. Una
reazione fisiologica, ma che diventa patologica
quando l’elemento che instilla in noi la paura
non c’è realmente. In queste persone è come
se questo meccanismo girasse a vuoto.
Terapie: cosa fare per tenere a bada gli
attacchi?
Si seguono due strade: da un lato ci sono i
farmaci, i sintomatici come le benzodiazepine
che spengono l’ansia nella fase acuta.
Inoltre nel corso del trattamento possono
essere utilizzati anche una particolare classe
di antidepressivi: quelli che inibiscono il
riassorbimento della serotonina. Dall’altro
ci sono le terapie di supporto psicologico,
necessarie per inquadrare le cause degli
attacchi e per agire su queste incisivamente.
Quindi è importante capire cosa genera
ansia…
Sì ed quello che facciamo nell’ambulatorio
“Spazio Giovani” per i pazienti dai 16 ai 23
anni, dedicato non solo ai disturbi d’ansia, ma
anche a quelli depressivi, della personalità e
del comportamento. In particolare per chi ha
vissuto degli attacchi di panico, può essere
molto utile imparare delle strategie di gestione
dell’ansia, da mettere in atto soprattutto
durante l’attacco. Anche delle tecniche di
rilassamento del corpo possono essere un
aiuto su cui contare e possono dare beneficio
al paziente.
Quando parlarne, magari anche al proprio
medico?
Quando l’attacco si ripete e se porta a fobie
specifiche come quella che impedisce di
uscire di casa, l’agorafobia, che finisce per
Piero Rossi
Spazio Giovani
E’ un ambulatorio rivolto ai giovani che
presentano problemi o sofferenze di
tipo psicologico. Possono accedere al
servizio i ragazzi e le ragazze dai 16 ai
23 anni residenti a Milano o nei comuni
limitrofi (bacino d’utenza ASL-Milano).
Come si accede?
E’ necessario fissare un appuntamento
chiamando il numero 02.6444.5196
(lun-ven 08.30-13.00 e 14.00-15.30).
limitare la vita sociale. Da sottolineare
che anche l’uso di sostanze che sembrano
tranquillizzare l’attacco di panico, alla lunga,
lo peggiorano considerevolmente, mi riferisco
alla cannabis. Anche l’alcol preso a dosi più
alte può scatenare l’attacco.
AISM: un aiuto contro la sclerosi multipla
Nella neurologia uno sportello per pazienti e familiari
I
l motto è di quelli da aprire le finestre per
gridarlo a squarciagola: “Per un mondo
libero da SM”, dove quelle due lettere
finali stanno per sclerosi multipla. Difficile
non condividerlo, non essere d’accordo con
la vision scelta da AISM, l’Associazione
Italiana Sclerosi Multipla, che da 40 anni
è un punto di riferimento per molti pazienti
e le loro famiglie, promuovendo il diritto
all’autodeterminazione per una buona
qualità di vita e una piena integrazione.
Per farlo l’associazione cerca di battere più
strade possibili, una di queste è la presenza
nelle strutture sanitarie: è troppo importante
essere lì, in prima linea, in quei luoghi in
cui “quelle due lettere possono essere
L’associazione
Oggi AISM è il punto di riferimento per
circa 68.000 persone con sclerosi multipla
e per i loro familiari. L’associazione è
attiva sul territorio nazionale con oltre
7.000 volontari impegnati a diffondere
una corretta informazione sulla
malattia, sostenere la ricerca scientifica,
sensibilizzare l’opinione pubblica,
promuovere ed erogare servizi socio
sanitari adeguati.
La sclerosi multipla
Nel mondo, si contano circa 2,5-3
milioni di persone con SM, di cui
600.000 in Europa e circa 68.000 in
Italia. La SM può esordire a ogni età
della vita, ma è diagnosticata per lo più
tra i 20 e i 40 anni; in particolare le donne
risultano maggiormente colpite, con un
rapporto di 3:1 rispetto agli uomini.
diagnosticate” per la prima volta
oppure dove si lavora giorno dopo
giorno per alleggerirne il peso.
Così è a Niguarda, dove l’AISM
è presente con una sede aperta
ormai da diversi anni nel reparto
di Neurologia. “All’interno del
nostro spazio i pazienti e i loro cari
possono trovare una risposta alle
loro esigenze informative sulla patologia- ci
dice l’assistente sociale Emanuele Pagin,
referente AISM- . Ma non solo, siamo
in grado di seguirli per una consulenza
sociale completa con una particolare
attenzione ai loro diritti e doveri in ambito
lavorativo e previdenziale; fino ad arrivare
a una vera e propria presa in carico che
comprende l’accompagnamento della
persona ai servizi del territorio”.
Sono più di 1.000 i pazienti seguiti nel
Centro di Niguarda, che incentra la
sua attività sulla più allargata multidisciplinarietà: così il paziente oltre al
supporto dei neurologi e degli infermieri
riceve assistenza anche da parte degli
psicologi, dei medici specialisti in
ginecologia e ostetricia, dei neuro-urologi,
dei fisioterapisti e dei genetisti. “Il
personale del Centro, con cui si è
instaurato un rapporto di stretta
collaborazione, rappresenta un
importante punto di riferimento
per i pazienti- sottolinea Pagin- e
questo permette di intercettare
quelle domande la cui risposta esce
dall’ambito esclusivamente clinico
e sanitario e per cui l’AISM può
essere un aiuto in più”.
Sono sempre più giovani le persone che
scoprono di avere la sclerosi multipla. “La
finestra d’esordio tipica è tra i 20 e i 40
anni, ma capita anche di fissare colloqui per
pazienti in età adolescenziale- dice Pagin-”.
Se in prima battuta il dato può essere
sconfortante, va detto, che l’abbassamento
12 e 13 ottobre:
le mele scendono in piazza
tredici
Sabato 12 e domenica 13 ottobre vai in
una delle 3.000 piazze italiane e scegli
le mele dell’AISM. Aiuterai la ricerca
scientifica contro la sclerosi multipla e
darai una mano a potenziare i servizi per
le persone colpite da questa malattia.
Clicca su www.aism.it per conoscere le
piazze più vicine.
dell’età è anche la diretta conseguenza
delle nuove tecniche diagnostiche che
consentono di scoprire la patologia sempre
prima. La diagnosi precoce è importante
per poter intervenire tempestivamente con
le terapie oggi disponibili che rallentano
il decorso della malattia. E in attesa che la
ricerca compia i passi decisivi per liberare
il mondo dalla sclerosi multipla, la porta
dell’AISM a Niguarda rimane aperta.
Per informazioni
www.aism.it/milano
[email protected]
02.6444.4495
(mar e gio 10.00-14.00; ven 14.30-17.00)
Associazioni
Fai respirare la vita con A.M.O.R.
Da 30 anni al fianco dei pazienti in ossigeno-terapia
Q
uest’anno A.M.O.R., Associazioni
Malati in Ossigeno- ventiloterapia
e Riabilitazione, festeggerà i suoi
primi 30 anni. Oggi in sede c’è A., 64
anni, ha un polmone trapiantato (l’unico
rimastogli) che lavora al 70%, un’infezione,
infatti, ne ha minato la funzionalità. Con
lui, appoggiato su un trolley a rotelle, per
il trasporto, c’è l’immancabile stroller, il
contenitore portatile di ossigeno liquido.
“Ho bisogno dell’ossigeno soprattutto
sotto sforzo. A riposo posso farne a anche a
meno- ci dice-. Vado in giro con il trolley e
il contenitore… E’una schiavitù”. Durante il
suo ricovero a Niguarda, 4 anni fa, ha saputo
dell’esistenza di A.M.O.R. e ha deciso di
bussare alla porta dell’associazione per
avere informazioni e un aiuto in più nella
gestione della novità che ha cambiato la sua
vita e quella della sua famiglia.
A. non è il solo, sono in tanti in Italia a trovarsi
nella sua stessa situazione. “Sono oltre 70.000
le persone in ossigeno- ventiloterapia a lungo
termine- afferma Clemente Caminaghi,
Presidente A.M.O.R.-; la nostra attività,
che si focalizza prevalentemente sull’area di
Milano e provincia, cerca di essere un valido
riferimento per loro”.
Tutto cambia quando si dipende da un
dispositivo che ha un’autonomia limitata. Il
contenitore portatile eroga, infatti, ossigeno
per un tempo massimo che va dalla 3 alle
6 ore e va ricaricato da una bombola-madre
(un erogatore molto più capiente) che il
paziente ha nella propria abitazione. Questo
finisce inevitabilmente per abbattersi sulla
sua mobilità, creando disagi nei piccoli
spostamenti, per non parlare dei viaggi
che possono finire per diventare dei veri e
propri tabù. “L’ossigeno liquido è vietato su
tutti i mezzi di trasporto. Sui pullman e sui
treni le bombole sono tollerate- continua
Caminaghi-, sugli aerei è proibito, per via
della sicurezza in volo e in questi casi l’iter è
lungo, complicato e molto costoso, sebbene
non impossibile”.
Oggi un aiuto in più arriva da dei nuovi
dispositivi: i concentratori portatili, che
separano l’ossigeno direttamente dall’aria
atmosferica. “Sono più dei filtri che non dei
serbatoi come le bombole. Noi ne abbiamo
a disposizione una decina e li forniamo ai
pazienti che li richiedono magari per i loro
viaggi e per le loro vacanze- ci dice Alfonsa
Pollastri, segretaria dell’associazione-.
L’unica attenzione è la durata delle batterie;
purtroppo però non sono ancora totalmente
idonei per soddisfare le esigenze di tutti i
pazienti”.
Far respirare la vita: è questo quello su
Associazione Volontari Ospedalieri
I corsi a Niguarda
L
’AVO a Milano opera in 11 ospedali con
circa 1.000 volontari, ma sono ancora pochi!
L’Associazione è aperta a tutti coloro che
intendono offrire gratuitamente un po’ del proprio
tempo a favore dei degenti in ospedale.
Gli aspiranti volontari, dopo un colloquio informativo
e una prima selezione attitudinale, vengono ammessi al
corso di formazione base (durata circa un mese e mezzo).
Al corso seguono sei mesi di tirocinio in ospedale.
cui punta l’associazione. E per realizzarlo
non mancano le iniziative di prevenzione, di
ascolto ma anche le gite e i soggiorni al mare
o in montagna nei periodi di vacanza. “Sono
fondamentali momenti di aggregazione, utili
per scongiurare l’isolamento in cui possono
sprofondare i pazienti- sottolinea Alfonsa
Pollastri-. Grazie alla presenza di infermieri
e fisioterapisti, i soggiorni educazionali,
riabilitativi assistiti, sono spesso l’occasione
per i ripassare gli esercizi di riabilitazione
utili per mantenere la funzione respiratoria
in allenamento”.
Un’occasione per tutti sono invece gli esami
della saturimetria che i volontari mettono a
disposizione dei cittadini nei punti A.M.O.R.
in collaborazione con i Lions, allestiti nei
centri commerciali, alle manifestazioni
di piazza o agli ingressi degli ospedali. In
pochi istanti e con un semplice clip al dito
è possibile avere un’indicazione importante
sullo stato della nostra efficienza respiratoria.
“Negli ultimi 3 anni abbiamo eseguito oltre
10.000 screening, da cui emerge che il
4% delle persone sottoposte al test ha dei
valori al di sotto della norma. E’ un datoconclude Caminaghi-, che fa riflettere
sull’emergenza costituita dalle malattie
respiratorie, le cui cause principali sono il
fumo e l’inquinamento atmosferico”.
Partecipa al corso base
che si terrà a Niguarda
Sabato 12-26 ottobre e 9-16-23 novembre
dalle 9.30 alle 12.30
Per informazioni
www.avomilano.org - avo.
[email protected]
Segreteria A.V.O.
via Dezza 26 Milano 02 48024215
(orario ufficio)
Per entrare in contatto
con A.M.O.R.
A Niguarda, presso il padiglione
10 (ala C), la segreteria è aperta
il lunedì, mercoledì e venerdì
dalle ore 9.00 alle ore 13.00.
Telefono e Fax 02 66104061
(attivi negli stessi orari di apertura)
[email protected]
www.associamor.com
Musica per stare meglio
Al via la seconda
stagione
I
l 5 ottobre la “sala
da concerto” dell’Ospedale di Niguarda riapre le sue
porte per accogliere
tutti gli amanti della
musica che vorranno
venire ad ascoltarla.
Il programma di
quest’anno, curato dal Maestro di chitarra
Christian Elkouri e dal Maestro di violino
Jamiang Santi, comprende brani di musica
classica (dal barocco ai grandi romantici),
musica dalle Americhe, colonne sonore
e pezzi prediletti dal pubblico di tutto il
mondo. “Musica per stare meglio” è un
progetto promosso dalla “Fondazione per
le neuroscienze Massimo Collice Onlus”,
in collaborazione con il Niguarda per
portare la musica dentro l’ospedale.
www.massimocolliceonlus.org
CALENDARIO
I concerti si terranno nella sala d’attesa degli
ambulatori del Blocco Sud alle ore 16 dei
giorni: 5, 19 ottobre, 2 ,16, 30 novembre,
14, 21 dicembre.
Volontariato
Associazioni di volontariato
quattordici
Arte
La Città dell’Arte
N
ella nostra rassegna dedicata all’arte è venuto il
momento di affrontare un salto temporale. Esaurite
le presentazioni sui grandi maestri che hanno
“battezzato” con le loro opere la nascita dell’Ospedale negli
anni trenta, veniamo ora a quello che è uno degli altri grandi
“giacimenti artistici” del Niguarda, il MAPP. Il Museo
d’Arte Paolo Pini è un museo d’arte contemporanea
situato nell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano,
ideato da Teresa Melorio e Enza Baccei.
Il progetto è portato avanti con la collaborazione del
Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Niguarda,
sotto la direzione artistica di Marco Meneguzzo e l’adesione
di alcune note gallerie d’arte milanesi. Cambiano le opere,
non cambia la nostra guida: il Primario Emerito Enrico
Magliano, un medico con la “malattia dell’arte”.
MAPP - Museo d’Arte Paolo Pini
è in via Ippocrate 45 a Milano.
Il Museo è aperto dal lunedì al venerdì dalle 9.30
alle 16.00; il parco è aperto tutti i giorni dalle
8.00 alle 19.00.
Emilio Tadini: uno scrittore che dipinge, un pittore che scrive
N
el nostro MAPP siamo orgogliosi di avere
anche un’opera di Emilio Tadini di eccezionale
originalità, si tratta di un grande “disegno murale”
creato nel 1995 come decorazione di una parete con
camino: la “Città”. In quest’opera di grande formato, si
affollano corpi brancolanti, oggetti, maschere, collocati
con un disordine dinamico con quel costante circuito
Arte e Storia
N
tra comico e tragico, tra fiabesco e realista che erano le
caratteristiche principali del Maestro. Ben si adatta a
quest’opera la sintesi che Umberto Eco fece su Tadini:
“Uno scrittore che dipinge, un pittore che scrive”.
Il quadro di Tadini si legge una riga dopo l’altra in
un movimento instabile della città che viene recepito
intensamente.
Appuntamenti 16-17/11
Teatro Verdi
Poetry in motion
Emilio Tadini - Biografia
asce a Milano nel 1927, laureato in lettere ha iniziato la sua attività culturale fin dal 1948 quando Eugenio
Montale gli assegnò il premio Renato Serra per un poemetto che Vittorini successivamente pubblicò
su “Politecnico”. Tadini è riconosciuto autore di importanti saggi, romanzi e raccolte di poesie. E’ stato
Presidente dell’Accademia delle belle Arti di Brera dal 1997 al 2000 e apprezzato critico d’arte e di letteratura per il
Corriere della Sera. Nel 1965 partecipò con Adami, Baj, Del Pezzo e Schifano a Milano ad una “storica collettiva”
che inaugurava lo “Studio Giorgio Marconi”. Con lo stesso Marconi nacque un sodalizio che durò 40 anni.
Ricordo con piacere l’amico Marconi (che ha voluto collaborare anche con il MAPP) nel suo riuscito impegno di
rendere la Milano artistica famosa nel mondo, di cui anche Tadini ne è stato un interprete.
Nel 1997 Tadini ha realizzato il “drappellone” del Palio di Siena (raffigurata come una città metafisica imbandierata
con un grande angelo rosso nel cielo) aggiungendosi alla schiera di altri famosi “pittori del Palio” (Guttuso, Sassu,
Schifano, Adami ecc.) Emilio Tadini si spegne a Milano il 25 settembre 2002. La sua città gli dedicherà un’ampia
retrospettiva celebrandolo per le sue doti di poeta, romanziere, critico d’arte e pittore, cioè come uno dei più versatili
artisti italiani del dopoguerra.
Enrico Magliano
L
a Bottega di Teatro del MAPP
torna al Teatro Verdi di Milano il
16 - 17 -18 novembre 2013 con un
nuovo allestimento di “Poetry in Motion.
Dialoghi tra versi e note”, un’opera
teatrale ideata e realizzata da un gruppo di
lavoro costituito da artisti professionisti,
utenti delle Botteghe d’Arte del MAPP,
operatori e volontari. Muovendo dalle
parole dei pazienti dell’ormai ex Ospedale
Psichiatrico Paolo Pini, tratte dalla
Raccolta Folle Amore (edita da ARCA
Onlus nel 1996), l’opera teatrale si propone
di accompagnare lo spettatore attraverso le
sensazioni, i ricordi e le emozioni di chi ha
vissuto nella struttura manicomiale, tra gli
anni ’80 e ’90, per più di vent’anni come
dentro a una parentesi.
Per info e prenotazioni
Teatro Verdi - via Pastrengo 16, Milano
www.teatrodelburatto.it/teatroverdi.html
Emilio Tadini, “Città”, disegno a matita su muro.
Collezione pemanente- MAPP
MAPP - Ex O.P. Paolo Pini, pad. 7
via Ippocrate 45, Milano
Tel. 02 6444 5392/5326
[email protected]
www.mapp-arca.it
Un dettaglio dell’opera
Storia di Niguarda
La nascita della medicina di laboratorio, microbiologia e…
L
’importanza delle tecniche di laboratorio come
supporto alla diagnostica clinica, già rilevante
nei primi decenni del Novecento, era “esplosa”
logaritmicamente a partire dal secondo dopoguerra.
Sin dalla fondazione dell’Ospedale erano state
previste tre distinte unità laboratoristiche: Biochimica,
Microbiologia e Anatomia patologica. A impiantare e
dirigere il laboratorio di Biochimica venne chiamato
nel 1941 Giulio Vanzetti, assistente presso la Clinica
medica dell’università di Milano e allievo del professor
Cesa Bianchi. L’attività del laboratorio di Biochimica
e Fisiopatologia (tale era allora la denominazione
ufficiale) prese avvio nel settembre di quello stesso anno.
Si trattava del primo laboratorio ospedaliero italiano
dedicato in modo particolare alla biochimica clinica
(anche se per qualche anno si eseguirono anche indagini
sul metabolismo basale ed elettrocardiogrammi) e tale
caratteristica costituì un motivo di originalità e di interesse
non solo sul piano delle applicazioni cliniche, ma anche
su quello della ricerca. Le statistiche testimoniano che nel
primo anno di attività vennero eseguite ben 5200 analisi.
Nel 1976 iniziarono anche le ricerche delle droghe nelle
urine e il laboratorio fu il primo nel mondo a descrivere
un metodo per la ricerca di oppiacei e cocaina nei capelli.
A differenza dell’analisi delle urine, dove l’eliminazione
delle droghe è osservabile solo nello spazio di pochi
giorni, l’analisi del capello permette un monitoraggio
dell’utilizzo di queste sostanze d’abuso per vari mesi,
a seconda della lunghezza dei capelli.
Anche il laboratorio di Microbiologia, realizzato
nel 1940 sotto la guida di Livio Attili, rappresentava
una novità, essendo la prima struttura ospedaliera
di microbiologia clinica in Italia. Esami
morfologicotintoriali, ricerche colturali di batteri e
miceti, oltre che diagnosi parassitologiche e saggi,
seppur preliminari, di ricerca anticorpale costituivano
il lavoro del laboratorio. Il 1943 fu l’anno del servizio
di Anatomia e Istologia patologica che iniziò a
operare, sotto la direzione di Federico Parini (che lo
diresse sino al 1973, anno in cui gli succedette Guido
Sfondrini). Lo sviluppo della radiologia, insieme
agli esami di laboratorio, contribuì a rivoluzionare tra
fine Ottocento e inizio Novecento la diagnostica medica.
E un nuovo “avveniristico” ospedale come quello di
Niguarda non poteva non disporre, in questo ambito, di
un adeguato servizio, che nasceva però in anni difficili,
per il concomitante evento bellico che aveva richiamato
alle armi numerosi degli allora ancora “rari” radiologi.
Così sotto la guida di Piero Sessa, gli anni dal 1940 al
1955 furono un periodo in cui, nonostante la limitatezza
dei mezzi e le difficoltà amministrative, il servizio
radiologico dell’Ospedale rispose alle esigenze della vita
civile e a quelle dello stato di guerra con grande dignità.
Nel 1955 l’Amministrazione ospedaliera avviò
un’integrale
ristrutturazione
dei
servizi
di
radiodiagnostica e di radioterapia, rinnovando i locali
dell’Istituto centrale di Radiologia e dei Servizi
periferici di Roentgendiagnostica e dotandoli di nuove
apparecchiature. Oltre all’autonomia raggiunta dalle
singole specialità mediche e chirurgiche, il periodo
a cavallo tra gli anni sessanta e gli anni settanta fu
caratterizzato da una forte evoluzione delle tecniche
diagnostiche. Ciò portò alla costruzione ex novo
nel 1969 di un reparto di medicina nucleare e alla
realizzazione nel 1976 di due nuove strutture dedicate
alla radiodiagnostica.
Testo a cura di Vittorio Alessandro Sironi, tratto dal libro
“Niguarda un ospedale per l’uomo nel nuovo millennio”
quindici
Testimonianze
Il nostro servizio civile a Niguarda
S
i è appena conclusa l’avventura dei ragazzi del
Servizio Civile a Niguarda. Le realtà che, dopo
un periodo di formazione necessaria, li hanno
ospitati sono state l’Unità Spinale (coordinatrice per
il progetto: Laura Valsecchi) e il MAPP- Museo,
d’Arte, Paolo Pini, le cui attività di arte-terapia sono
parte integrante del percorso dei pazienti seguiti
presso la Psichiatria 4 del Niguarda (coordinatrice
per il progetto: Teresa Melorio).
Dall’Unità Spinale - Francesca, neo-laureata in
psicologia e Serena, giovanissima assistente sociale.
Di cosa vi siete occupate?
S: Qui ci sono tante attività di laboratorio e noi ne
abbiamo preso parte: laboratorio di arte, di musica,
di cucina, di pet-therapy, di informatica, di sportterapia. Ci hanno insegnato come seguire i pazienti
dell’unità spinale in queste attività e noi li abbiamo
affiancati.
Tante attività… qual è l’opinione che vi siete fatte
in merito?
F: Sono tutte molto interessanti e sono un valore
aggiunto per i pazienti. Tutte accomunate da un filo
conduttore. Infatti, abbiamo notato come il motore
che fa girare tutto è la relazione. Più noi stavamo
con i ragazzi, più si sviluppava un rapporto sincero
e più si “creava gruppo” e le attività funzionavano.
Inoltre non sono mancanti i momenti ricreativi
come feste e merende, ma anche le uscite, che con
l’aiuto dei terapeuti si trasformano in un momento
fondamentale per insegnare a superare le difficoltà
negli spostamenti.
Cosa vi porterete dentro di questa esperienza, vi
è piaciuta?
S: Assolutamente sì, ci porteremo con noi tutte
le persone incontrate. Con molti si è instaurato
un legame forte e penso che si possa dire che noi
abbiamo cercato di essere utili a loro, ma soprattutto
loro hanno dato una mano a noi: ci hanno aiutato
a crescere e a scoprire una realtà nuova che molto
spesso non si conosce. Da qui la voglia di ritornare
una volta la settimana, come volontarie al di fuori del
progetto che è terminato, per rimanere in contatto sia
con pazienti sia con gli operatori.
Riconoscimenti
Nuovo Niguarda
Il 9 dicembre la conclusione dei
lavori, in corso i collaudi
N
ei cantieri del Blocco Nord è
iniziato il conto alla rovescia: per
il 9 dicembre, infatti, è prevista
la conclusione dei lavori che porterà alla
consegna della nuova struttura all’Ospedale,
in agenda per il 18 dicembre. Intanto nel
Blocco Nord sono attualmente in corso ben
98 collaudi diversi; si tratta dei test tecnicofunzionali. Ben 61 riguardano gli impianti
elettrici e speciali, 7 gli impianti gas medicali
e 30 gli impianti meccanici.
Dal MAPP - Erika, anche lei prosegue come volontaria dopo l’anno
di servizio civile.
Raccontaci la tua esperienza…
Io sono una storica dell’arte e mi occupo della comunicazione di
eventi artistici a vari livelli. Per cui il MAPP è stato un contesto in
cui mi sono trovata molto a mio agio. Mi sono occupata insieme ad
una collega di ricontattare gli artisti, che hanno donato le loro opere
a favore della collezione permanente per cercare di ricostruire lo
storico del museo.
Hai preso parte anche ai laboratori delle “Botteghe d’Arte”?
Sì, in particolare avendo una preparazione nel campo dell’arteterapia in ambito teatrale ho preso parte ad un’attività di questo
tipo anche nel MAPP. Questo mi ha coinvolta in prima persona,
insieme ai pazienti, agli artisti professionisti e agli operatori, per
la realizzazione di uno spettacolo, da preparare sia in scena, ma
anche fuori dal palco, a livello organizzativo e logistico. C’è stato
spazio anche per altre attività come la musico-terapia e l’arte-terapia
tradizionale.
Cosa ti è piaciuto di più?
Scoprire che potevo utilizzare le mie competenze in maniera
totalmente nuova. E poi l’arricchimento a livello umano che questo
tipo di esperienza porta con sé.
Vince col cuore
I
l cardiologo Enrico Ammirati ha vinto la competizione per il miglior
caso clinico presentato da un giovane cardiologo al congresso 2013
dell’European Society Of Cardiology. Il lavoro – che riportava il caso di
un paziente di 31 anni trattato con successo per una miocardite a cellule
giganti- è stato selezionato tra gli oltre 400 pervenuti.
S
Young Investigator Award
tefano Di Sandro, medico specializzando presso la Chirurgia Generale e
dei Trapianti, ha vinto lo “Young Investigator Award”. Il riconoscimento
è stato ritirato a Vienna in occasione del 16° Congresso della Società
Europea per il Trapianto d’Organi (ESOT), il meeting più importante in materia a livello
continentale. Il giovane medico è stato premiato per un lavoro sul prelievo di rene con tecnica
robotica, un’innovazione su cui da diversi anni si punta a Niguarda.
Formazione
Corsi e convegni di ottobre,
novembre e dicembre
9-10 ottobre
Corso teorico pratico di endoscopia
toracica interventistica
Il corso avanzato è dedicato a soli 15 medici (Pneumologi,
Anestesisti Rianimatori, Chirurghi Toracici) con l’intento di
implementare la preparazione tecnica dello specialista perché
possa autonomamente e in assoluta sicurezza affrontare le
problematiche in questo campo ultraspecialistico. Il corso,
infatti, integrato da prove pratiche su manichino, ha il preciso
intento di sviluppare l’apprendimento e l’applicazione clinica
delle procedure endoscopiche interventistiche ed il controllo
e la risoluzione delle possibili emergenze ad esse correlate.
E
lide Pastorello, Direttore dell’Allergologia e Immunologia, è
stata eletta Direttore della Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica dell’Università degli Studi di Milano.
M
ario Meroni, Direttore dell’Ostetricia e Ginecologia, è il nuovo presidente della Società Lombarda di Ostetricia e Ginecologia (SLOG).
C
(VI ed) - Dal 2 al 6 dicembre (VII ed)
Training on the job: formazione sul
campo in ecografia 2013
L’ecocardiografia ha assunto un ruolo sempre più
rilevante nella diagnostica cardiologica ed è diventata
uno strumento diagnostico indispensabile nella pratica
clinica. Sempre maggiore è il numero di cardiologi,
internisti ed anestesisti che si avvicinano alla metodica
con lo scopo di acquisire le conoscenze necessarie
alla corretta esecuzione ed interpretazione dell’esame
ecocardiografico.
Sede: Area Sud- Blocco Sud- Laboratorio di
Ecocardiografia
PER INFO
www.ospedaleniguarda.it
Quarant’anni a Niguarda
laudio Betto, Direttore della Neurorianimazione è andato in
pensione. Entrato nel nostro Ospedale nel 1970 come studente,
tre anni dopo come medico, dopo quarant’anni ci lascia. A lui va un
sentito ringraziamento e un caloroso saluto. Roberto Fumagalli assume
l’incarico di Direttore ad interim della Neurorianimazione.
Sede: Area Sud- Blocco Sud- Aula A, III piano
Dal 14 al 18 ottobre (V ed) - Dal 18 al 22 novembre
Nuove nomine
CRAL
Ciak! Si gira
Come eravamo
Mercatini di Natale a
Monaco e Norimberga
Q
uest’anno la consueta gita
ai mercatini di Natale parla
tedesco. Monaco e Norimberga
le mete, con in più una
suggestiva visita al castello di
Neuschwanstein, simbolo della
Baviera. 6-7-8 dicembre, per tutti
i soci CRAL e non solo.
C.R.A.L.
Area Centro-Padiglione 10
tel. 02.6444.3236
da lunedì a venerdì
dalle 10.00 alle 16.00
www.cralniguarda.it
D
opo il set del film “L’intrepido” (con Antonio
Albanese e la regia di Gianni Amelio) il nostro
Ospedale ha ospitato le riprese di alcune scene del film
“Antonia” (con la regia di Ferdinando Cito Filomarino
e prodotto dal noto regista Luca Guadagnino). Alcune
scene del film, ambientate in un ospedale degli anni 30,
sono state girate nel Guardaroba del nostro Ospedale. Lì
è stato ricostruito, con straordinaria precisione una grande
camera di degenza di 80 anni fa!
News dall’Ospedale
Alcuni giovani ci raccontano il loro anno alla Ca’ Granda
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Continua a battere - Ospedale Niguarda Ca`Granda