Niccolò Machiavelli
Una vita per la politica
• Niccolò Machiavelli rappresenta la coscienza più
lucida del Rinascimento, nel momento più
drammatico della crisi della libertà italiana: una
crisi
che
egli
visse
nell’appassionata
quindicennale esperienza di segretario della
Repubblica fiorentina.
Attività politica e
riflessione teorica su di essa
sono in lui
indissolubilmente legate, tanto che la sua vita
potrebbe essere definita una vita per la politica,
come spiegherà lui stesso nella lettera al suo
amico Francesco Vettori.
TAPPE SALIENTI DELLA VITA
I periodo (1469-97)
• Le incertezze sulla formazione e la giovinezza hanno spesso
accreditato l’immagine di un irregolare della cultura. Si tratta invece
di una leggenda che va sfatata: intanto appartiene ad una famiglia
di antica nobiltà poi decaduta al livello borghese, in cui la madre si
diletta nello scrivere poesie e il padre è un apprezzato giurista,
anche lui autore di un libro; in secondo luogo, non sarebbe stato
certo ammesso alla cancelleria fiorentina senza un’adeguata cultura
letteraria. Come ogni umanista, aveva quindi un curriculum fondato
su una conoscenza degli autori latini e della tradizione letteraria
italiana. A parziale giustificazione di questo giudizio, si può
segnalare come in realtà egli ebbe un’estraneità alla cultura
accademica ufficiale, fatta di idealismo e neoplatonismo, oltre che
ad interessi di tipo filologico-erudito; ciò perché per Machiavelli la
cultura è uno strumento conoscitivo improntato ad un
atteggiamento empirico e realistico.
II periodo (1498- 1512). Il segretario fiorentino
•
•
•
•
E’ il periodo dell’intensa attività politica al servizio della Repubblica fiorentina appena uscita
dall’esperienza savonaroliana, anni che lui stesso definisce né dormiti né giocati, e che lo videro
impegnato in numerose ambascerie in Italia e fuori. E’ il periodo in cui predomina l’esperienza delle cose
moderne, rispetto alla lezione delle antique.
Dall’osservatorio privilegiato di Firenze egli può acquisire conoscenza diretta degli avvenimenti e dei
rivolgimenti politici di quegli anni tumultuosi, che videro il crollo dell’equilibrio e dell’indipendenza degli
stati italiani e lo scontro nella penisola delle principali potenze europee, la Francia e l’Impero di Carlo V.
In particolare fu fondamentale per Machiavelli l’esperienza politica condotta in Francia. Vi si recò quattro
volte, soggiornandovi anche per diversi mesi, per compiere specifiche missioni diplomatiche, che gli
diedero lo spunto per una riflessione complessiva sulla struttura politica di questo grande Stato.
L’esperienza è condensata in tre operette, di cui quella di gran lunga più rilevante è il Ritratto delle cose di
Francia. E’ un’analisi sistematica delle ragioni profonde e permanenti della grandezza del Regno di Francia,
che si configura come uno Stato nuovo, non costituito al modo dei principati italiani da un coacervo di
organismi preesistenti, ma poggiante su un saldo potere centrale. Tale potere centrale è forte, in quanto il
sovrano accentra tutto il potere nelle sue mani contro le tendenze centrifughe del particolarismo feudale, i
possedimenti controllati direttamente dalla corona sono molto ampi, i nobili sono fedeli al potere regio,
tuttavia il rapporto tra sovrano e sudditi non è né tirannico né arbitrario, ma regolato dalle leggi.
Non meno importanti furono le esperienze che Machiavelli poté fare presso Cesare Borgia, l’inquieto,
spregiudicato e ambizioso figlio naturale del papa Alessandro VI, che aspirava alla creazione di un forte
Stato nell’Italia centrale e minacciava direttamente e indirettamente Firenze. Vi si recò due volte e da tali
legazioni trasse argomento di ammirazione per l’energia, l’audacia, le capacità diplomatiche del Valentino,
così veniva soprannominato il Borgia, che diverrà poi quasi l’incarnazione del suo Principe.
III periodo (1512- 1527) Post res perditas
• Così esprime l’amarezza per il licenziamento dalla cancelleria, per
l’esilio a San Casciano e la forzata inattività politica in seguito al
ritorno dei Medici a Firenze. In questi anni acquista rilievo la lezione
delle cose antique che s’innesta su quella delle cose moderne e si
concretizza nelle grandi opere di Machiavelli: dal Principe ai
Discorsi, all’Arte della guerra, alla Mandragola.
• Sono gli anni caratterizzati dallo sfortunato e quasi affannoso
tentativo di reinserirsi nell’attività politica al servizio dei Medici che,
dopo averlo tenuto inoperoso per otto anni, gli affidarono qualche
incarico minore. Soltanto nel 1526 gli vene affidato un incarico
importante: quello di cancelliere dei Procuratori delle mura che
dovevano provvedere alla difesa di Firenze. Ma poco dopo i Medici
vennero di nuovo scacciati e Machiavelli, sospettato anche dal
nuovo regime repubblicano, venne lasciato da parte.
L’albergaccio – San Casciano
Il pensiero politico
• Machiavelli non è un puro teorico volto a costruire una teoria in
laboratorio: le sue concezioni scaturiscono dal rapporto diretto con la
realtà storica e mirano ad incidere in quella realtà, configurandosi quindi
come una stretta fusione di teoria e prassi dove la teoria nasce dalla
prassi e tende a risolversi in essa. Alla base della sua riflessione vi è la
coscienza lucida e sofferta della crisi che l’Italia sta attraversando: crisi
politica, in quanto frammentata in una serie di staterelli regionali deboli e
instabili; crisi militare, in quanto si fonda ancora su milizie mercenarie e
compagnie di ventura; ma anche crisi morale, perché si sono affievoliti
tutti quei valori che danno fondamento saldo al vivere civile e che per
Machiavelli sono rappresentati dall’antica Roma: amore di patria, senso
civico, orgoglio, slancio eroico, senso dell’onore, sostituiti da un
atteggiamento scettico e rinunciatario, che induce ad abbandonarsi
fatalisticamente al capriccio mutevole della fortuna. Perciò come hanno
dimostrato le guerre che si sono succedute dopo la calata dei francesi nel
1494, gli italiani sono prossimi a perdere la loro indipendenza politica.
La verità effettuale
•
•
•
L’unica via d’uscita è un principe dalla straordinaria virtù, capace di organizzare le energie
residue e costruire una compagine statale abbastanza forte. A questo obiettivo è indirizzata la
sua appassionata teorizzazione dai toni accesi e vibranti, ma la portata universale di esse
travalica il dato storico fondando il metodo della scienza politica.
Intanto egli delimita nettamente il campo di tale scienza da quella di altre discipline, come
l’etica, che si occupano dell’agire dell’uomo. Nel Medioevo, ma anche nell’Umanesimo, il
giudizio sull’operato di un politico era subordinato alla morale: era giudicato positivamente il
sovrano che si comportava secondo le norme etiche, negativamente quello che le violava. I
trattati medievali
(specula principis) offrivano ai regnanti un modello di comportamento
ideale, proponendo tutte le virtù raccomandabili: pietà, religiosità, generosità, clemenza,
lealtà, fedeltà. Machiavelli invece rivendica l’autonomia della politica che possiede leggi
proprie. Un sovrano va giudicato in base a due principi: rafforzare e mantenere lo Stato,
garantire il bene dei cittadini. Se egli sia stato mite o crudele, giusto o violento, non attiene
alla politica, che deve essere preoccupata della verità effettuale della cosa e non di
delineare Stati ideali che non si sono mai visti essere in vero.
Il metodo di questa scienza è quindi quello di partire dalla verità effettuale, dall’osservazione
di casi e dati di esperienza, perciò Machiavelli si configura come il primo che applica il
metodo scientifico moderno.
L’esperienza delle cose moderne/la lezione delle
antique
• Tale esperienza può essere diretta, ricavata dalla partecipazione agli
avvenimenti (esperienza delle cose moderne), e indiretta, ricavata dalla
lettura dei classici (lezione delle antique), che sono diverse solo
apparentemente, in quanto il contenuto è lo stesso e cambia solo il veicolo
della trasmissione. Machiavelli si accosta alla storia in modo naturalistico: i
comportamenti dell’uomo non variano nel tempo, così come non variano il
corso del sole e le stagioni. Perciò, studiando il comportamento umano
nella storia, se ne possono ricavare leggi universali. Punto di partenza per
la formulazione di tali leggi è una visione crudamente pessimistica
dell’uomo: gli uomini sono malvagi, ingrati, simulatori e
dissimulatori…dimenticano più facilmente la morte del padre che la
perdita del patrimonio. L’uomo politico deve dunque commisurare il suo
agire a ciò e dovendo agire in fra tanti che non sono buoni, non può fare
in tutte le parti professione di buono, non può seguire sempre l’ideale e la
virtù, ma sapere essere anche non buono quando lo richiedano le
esigenze dello Stato, umano oppure feroce come una bestia (centauro).
• Queste affermazioni hanno attirato su Machiavelli molte critiche sia ai suoi
tempi che nei secoli successivi, ma non dobbiamo pensare a lui come un
ad un consigliere di atti immorali e perversi, ma come ad un uomo
attraversato da un profondo e sofferto travaglio morale. Egli è consapevole
del fatto che alcuni comportamenti del principe, come venir meno alla
parola data o uccidere i nemici sono atti riprovevoli, ripugnanti
moralmente, ma ha il coraggio di andare fino in fondo: questi
comportamenti malvagi sono buoni, cioè efficaci e produttivi, perché
assicurano il bene dello Stato, altri che invece sarebbero buoni
moralmente, risulterebbero cattivi in politica. Commettere crudeltà e
violenze, mentire e simulare sono una triste necessità a cui il politico deve
piegarsi, ma solo per il bene dello Stato. Machiavelli distingue infatti tra
principe, che opera per il bene dello Stato, e tiranno che è crudele senza
necessità e solo a suo vantaggio. Il principe che egli auspica non è quindi
un despota folle, ma uno strumento al servizio dei sudditi per costruire
uno Stato ben ordinato, pacifico e sicuro, che solo può garantire ai cittadini
tranquillità e benessere.
Scarica

Niccolò Machiavelli - classe3bdovidio2013-2014