Scheda 1
La Parola di Dio : base del nostro vivere quotidiano
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Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per
ereditare la vita eterna?". 26 Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi
leggi?" (Lc 10, 25-26)
Incontro con il clero, persone di vita consacrata, e membri di consigli pastorali
Cattedrale di San Rufino, Assisi Venerdì, 4 ottobre 2013
……
Non voglio dirvi cose nuove, ma confermarvi in quelle più importanti, che caratterizzano il vostro
cammino diocesano.
1. La prima cosa è ascoltare la Parola di Dio.
La Chiesa è questo: la comunità – lo ha detto il Vescovo – la comunità che ascolta con fede e con
amore il Signore che parla. Il piano pastorale che state vivendo insieme insiste proprio su questa
dimensione fondamentale. E’ la Parola di Dio che suscita la fede, la nutre, la rigenera. E’ la Parola
di Dio che tocca i cuori, li converte a Dio e alla sua logica che è così diversa dalla nostra; è la
Parola di Dio che rinnova continuamente le nostre comunità…
Penso che tutti possiamo migliorare un po’ su questo aspetto: diventare tutti più ascoltatori della
Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole. Penso al
sacerdote, che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo
cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? Via queste omelie interminabili, noiose,
delle quali non si capisce niente. Questo è per voi! Penso al papà e alla mamma, che sono i primi
educatori: come possono educare se la loro coscienza non è illuminata dalla Parola di Dio, se il
loro modo di pensare e di agire non è guidato dalla Parola; quale esempio possono dare ai figli?
Questo è importante, perché poi papà e mamma si lamentano: “questo figlio …” Ma tu, che
testimonianza gli hai dato? Come gli hai parlato? Della Parola di Dio o della parola del
telegiornale? Papà e mamma devono parlare già della Parola di Dio! E penso ai catechisti, a tutti
gli educatori: se il loro cuore non è riscaldato dalla Parola, come possono riscaldare i cuori degli
altri, dei bambini, dei giovani, degli adulti? Non basta leggere le Sacre Scritture, bisogna ascoltare
Gesù che parla in esse: è proprio Gesù che parla nelle Scritture, è Gesù che parla in esse. Bisogna
essere antenne che ricevono, sintonizzate sulla Parola di Dio, per essere antenne che trasmettono!
Si riceve e si trasmette. E’ lo Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in
profondità, nel loro senso vero e pieno! Chiediamoci, come una delle domande verso il Sinodo: che
posto ha la Parola di Dio nella mia vita, la vita di ogni giorno? Sono sintonizzato su Dio o sulle
tante parole di moda o su me stesso? Una domanda che ognuno di noi deve farsi.
2. Il secondo aspetto è quello del camminare.
E’ una delle parole che preferisco quando penso al cristiano e alla Chiesa. Ma per voi ha un senso
particolare: state entrando nel Sinodo diocesano, e fare “sinodo” vuol dire camminare insieme.
Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in
cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi! Non
siamo isolati, non camminiamo da soli, ma siamo parte dell’unico gregge di Cristo che cammina
insieme.
Qui penso ancora a voi preti, e lasciate che mi metta anch’io con voi. Che cosa c’è di più bello per
noi se non camminare con il nostro popolo? E’ bello! Quando io penso a questi parroci che
conoscevano il nome delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli; anche come uno mi
diceva: “Io conosco il nome del cane di ogni famiglia”, anche il nome del cane, conoscevano! Che
bello che era! Che cosa c’è di più bello? Lo ripeto spesso: camminare con il nostro popolo, a volte
davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per
incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo
indietro, per tenerla unita, e anche per un’altra ragione: perché il popolo ha “fiuto”! Ha fiuto nel
trovare nuove vie per il cammino, ha il “sensus fidei”, che dicono i teologi. Che cosa c’è di più
bello? E nel Sinodo ci deve essere anche che cosa lo Spirito Santo dice ai laici, al Popolo di Dio, a
tutti.
Ma la cosa più importante è camminare insieme, collaborando, aiutandosi a vicenda; chiedersi
scusa, riconoscere i propri sbagli e chiedere perdono, ma anche accettare le scuse degli altri
perdonando – quanto è importante questo! Alle volte penso ai matrimoni che dopo tanti anni si
separano. “Eh… no, non ci intendiamo, ci siamo allontanati ”. Forse non hanno saputo chiedere
scusa a tempo. Forse non hanno saputo perdonare a tempo. E sempre, ai novelli sposi, io do
questo consiglio: “Litigate quanto volete. Se volano i piatti, lasciateli. Ma mai finire la giornata
senza fare la pace! Mai!”. E se i matrimoni imparano a dire: “Ma, scusa, ero stanco”, o soltanto un
gestino: è questa la pace; e riprendere la vita il giorno dopo. Questo è un bel segreto, e questo
evita queste separazioni dolorose. Quanto è importante camminare uniti, senza fughe in avanti,
senza nostalgie del passato. E mentre si cammina si parla, ci si conosce, ci si racconta gli uni agli
altri, si cresce nell’essere famiglia. Qui chiediamoci: come camminiamo? Come cammina la nostra
realtà diocesana? Cammina insieme? E che cosa faccio io perché essa cammini veramente
insieme? Io non vorrei entrare qui nell’argomento delle chiacchiere, però voi sapete che le
chiacchiere dividono sempre!
Basilica di San Paolo Fuori le Mura - 14 aprile 2013
Cari fratelli e sorelle!
……Siamo sulla tomba di san Paolo, un umile e grande Apostolo del Signore, che lo ha
annunciato con la parola, lo ha testimoniato col martirio e lo ha adorato con tutto il cuore. Sono
proprio questi i tre verbi sui quali vorrei riflettere alla luce della Parola di Dio che abbiamo
ascoltato: annunciare, testimoniare, adorare.
1. Nella Prima Lettura colpisce la forza di Pietro e degli altri Apostoli. Al comando di tacere, di non
insegnare più nel nome di Gesù, di non annunciare più il suo Messaggio, essi rispondono con
chiarezza: «Bisogna obbedire a Dio, invece che agli uomini». E non li ferma nemmeno l’essere
flagellati, il subire oltraggi, il venire incarcerati. Pietro e gli Apostoli annunciano con coraggio, con
parresia, quello che hanno ricevuto, il Vangelo di Gesù. E noi? Siamo capaci di portare la Parola
di Dio nei nostri ambienti di vita? Sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in
famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce dall’ascolto, e
si rafforza nell’annuncio.
2. Ma facciamo un passo avanti: l’annuncio di Pietro e degli Apostoli non è fatto solo di parole, ma
la fedeltà a Cristo tocca la loro vita, che viene cambiata, riceve una direzione nuova, ed è proprio
con la loro vita che essi rendono testimonianza alla fede e all’annuncio di Cristo. Nel Vangelo,
Gesù chiede a Pietro per tre volte di pascere il suo gregge e di pascerlo con il suo amore, e gli
profetizza: «Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu
non vuoi» (Gv 21,18). E’ una parola rivolta anzitutto a noi Pastori: non si può pascere il gregge di
Dio se non si accetta di essere portati dalla volontà di Dio anche dove non vorremmo, se non si è
disposti a testimoniare Cristo con il dono di noi stessi, senza riserve, senza calcoli, a volte anche a
prezzo della nostra vita. Ma questo vale per tutti: il Vangelo va annunciato e testimoniato.
Ciascuno dovrebbe chiedersi: Come testimonio io Cristo con la mia fede? Ho il coraggio di Pietro e
degli altri Apostoli di pensare, scegliere e vivere da cristiano, obbedendo a Dio? Certo la
testimonianza della fede ha tante forme, come in un grande affresco c’è la varietà dei colori e delle
sfumature; tutte però sono importanti, anche quelle che non emergono. Nel grande disegno di Dio
ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella
nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro,
di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi “nascosti”, una sorta di “classe media della
santità”, come diceva uno scrittore francese, quella “classe media della santità” di cui tutti
possiamo fare parte. Ma in varie parti del mondo c’è anche chi soffre, come Pietro e gli Apostoli, a
causa del Vangelo; c’è chi dona la sua vita per rimanere fedele a Cristo con una testimonianza
segnata dal prezzo del sangue. Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù
senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre
azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria a Dio! Mi viene in mente adesso un
consiglio che san Francesco d’Assisi dava ai suoi fratelli: predicate il Vangelo e, se fosse
necessario, anche con le parole. Predicare con la vita: la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e
dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la
credibilità della Chiesa.
3. Ma tutto questo è possibile soltanto se riconosciamo Gesù Cristo, perché è Lui che ci ha
chiamati, ci ha invitati a percorrere la sua strada, ci ha scelti. Annunciare e testimoniare è
possibile solo se siamo vicini a Lui, proprio come Pietro, Giovanni e gli altri discepoli nel brano del
Vangelo di oggi sono attorno a Gesù Risorto; c’è una vicinanza quotidiana con Lui, ed essi sanno
bene chi è, lo conoscono. L’Evangelista sottolinea che «nessuno osava domandargli: “Chi sei?”,
perché sapevano bene che era il Signore» (Gv 21,12). E questo è un punto importante per noi:
vivere un rapporto intenso con Gesù, un’intimità di dialogo e di vita, così da riconoscerlo come “il
Signore”. Adorarlo! Il brano dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato ci parla dell’adorazione: le
miriadi di angeli, tutte le creature, gli esseri viventi, gli anziani, si prostrano in adorazione davanti
al Trono di Dio e all’Agnello immolato, che è Cristo, a cui va la lode, l’onore e la gloria (cfr Ap 5,1114). Vorrei che ci ponessimo tutti una domanda: Tu, io, adoriamo il Signore? Andiamo da Dio solo
per chiedere, per ringraziare, o andiamo da Lui anche per adorarlo? Che cosa vuol dire allora
adorare Dio? Significa imparare a stare con Lui, a fermarci a dialogare con Lui, sentendo che la
sua presenza è la più vera, la più buona, la più importante di tutte. Ognuno di noi, nella propria
vita, in modo consapevole e forse a volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle
cose ritenute più o meno importanti. Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve
avere; adorare il Signore vuol dire affermare, credere, non però semplicemente a parole, che Lui
solo guida veramente la nostra vita; adorare il Signore vuol dire che siamo convinti davanti a Lui
che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, il Dio della nostra storia.
Questo ha una conseguenza nella nostra vita: spogliarci dei tanti idoli piccoli o grandi che
abbiamo e nei quali ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e molte volte riponiamo la nostra sicurezza.
Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti; possono essere l’ambizione, il carrierismo, il gusto del
successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli
unici padroni della nostra vita, qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri. Questa sera vorrei
che una domanda risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo con sincerità: ho
pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita, che mi impedisce di adorare il Signore?
Adorare è spogliarci dei nostri idoli anche quelli più nascosti, e scegliere il Signore come centro,
come via maestra della nostra vita.
Cari fratelli e sorelle, il Signore ci chiama ogni giorno a seguirlo con coraggio e fedeltà; ci ha fatto
il grande dono di sceglierci come suoi discepoli; ci invita ad annunciarlo con gioia come il Risorto,
ma ci chiede di farlo con la parola e con la testimonianza della nostra vita, nella quotidianità. Il
Signore è l’unico, l’unico Dio della nostra vita e ci invita a spogliarci dei tanti idoli e ad adorare Lui
solo. Annunciare, testimoniare, adorare. La Beata Vergine Maria e l’Apostolo Paolo ci aiutino in
questo cammino e intercedano per noi. Così sia.
Verifica e confronto
Proponiamoci alcuni interrogativi per un confronto e per la decisione di un amore più grande al
“ Dio che ha parlato e parla, oggi, a ciascuno e a tutti noi”.
Rileggiamo il cap. VI della Costituzione “ Dei Verbum” – La Sacra Scrittura nella Vita della
Chiesa:
21. La chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso del
Signore, non tralasciando, soprattutto nella sacra liturgia, di assumere il pane della vita dalla
mensa sia della parola di Dio che del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli. Insieme con la sacra
tradizione, la chiesa ha sempre considerato e considera le Sacre Scritture come la regola della
propria fede; esse infatti, essendo ispirate da Dio e consegnate agli scritti una volta per sempre,
comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e nelle parole dei profeti e degli apostoli fanno
risuonare la voce dello Spirito Santo.
È necessario dunque che tutta la predicazione ecclesiastica come la stessa religione cristiana sia
nutrita e guidata dalla sacra Scrittura.
Nei Libri sacri infatti il Padre che è nei cieli con molta amorevolezza viene incontro ai suoi figli ed
entra in conversazione con loro; nella parola di Dio, poi, è contenuta una così grande efficacia e
potenza da essere ancora per la chiesa sostegno e vigore, e per i figli della chiesa saldezza della
fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne di vita spirituale. Perciò vale in modo eccellente della
sacra Scrittura ciò che è stato detto: «Viva ed efficace è la parola di Dio» (Eb 4,12), «essa ha il potere
di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati» (At 20,32; cf. 1Ts 2,13). Le traduzioni
devono essere appropriate.
22. È necessario che i fedeli cristiani abbiano largo accesso alla sacra Scrittura. Per questo motivo
fin dagli inizi la chiesa accolse come sua l’antichissima traduzione greca dell’Antico Testamento
detta dei Settanta; e ha sempre in onore le altre traduzioni orientali e le traduzioni latine,
particolarmente quella che è detta Volgata.
E poiché la parola di Dio deve essere a disposizione in ogni tempo, la chiesa con materna
sollecitudine cura che si facciano traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue, soprattutto dai
testi originali dei sacri Libri. Se queste, secondo l’opportunità e con il consenso dell’autorità della
chiesa, saranno fatte in collaborazione con i fratelli separati, potranno essere usate da tutti i
cristiani.
Alla luce del testo della “Dei Verbum” nascono per un cristiano degli interrogativi stringenti.
Eccone alcuni:
• Qual è la mia personale lettura e conoscenza della Parola di Dio?
• Se Gesù avesse rivolto a me la domanda fatta al dottore, avrei saputo rispondere con la stessa
prontezza, chiarezza, precisione del dottore?
• Sono convinto che la Parola di Dio, come suggeriva Papa Giovanni XXIII, deve essere “nella mia
mano, nella mia mente, nel mio cuore, sulle mie labbra, nella mia vita di ogni giorno? ”
• Quanto amo, quando e come leggo, studio, medito, venero, testimonio le divine Scritture?
Partecipo a iniziative sistematiche e organiche per la maggiore conoscenza della Bibbia?
• Ho ben presente che “la Bibbia”, e particolarmente “ il Vangelo”, Parola di Dio accolta e
offertami dalla Chiesa, sono, nella storia della salvezza, dono di Dio più prezioso delle Immagini
sacre, perché “segno, presenza e comunione di Dio” per me, per i miei famigliari e per gli
eventuali ospiti?
• Ho mai riflettuto che, se la chiesa, per ragionevoli motivi, “celebra e conserva” la santa
Eucaristia solo nelle chiese, io posso “conservare, venerare e nutrirmi” della Bibbia in casa
mia? E, se la Bibbia è “ la lettera che Dio mi ha scritto per amore mio e di tutti”, perché non
sento il bisogno di rileggerla quanto più spesso?
Nella Bibbia – in modo analogo
all’Incarnazione – la Parola si fa presente, leggibile, udibile, meditabile. E Dio mi parla adesso
con l’amore con il quale mi ha parlato, soprattutto, in Gesù, il Suo Figlio, che ha affermato ”la
mia Parola è spirito e vita”.
La Parola si fa preghiera
Sal 17,6 Io ti chiamo, o Dio: tu mi rispondi. Sono certo che verso di me tendi le tue orecchie:
ascolta il mio dire.
Sal 27,7 Ascolta, Signore, la voce del mio grido, abbi pietà di me e rispondimi.
Sal 28,2 Ascolta la voce della mia supplica quando grido a te per aiuto, quando elevo le mie mani
verso il tempio tuo santo
Sal 30,11 Ascolta, Signore, e fammi grazia; sii tu, Signore, il mio difensore.
Sal 39,13 Ascolta la mia preghiera, o Signore, porgi l'orecchio al mio grido d'aiuto; davanti alle mie
lacrime non restartene muto.
Dn 9,18 Piega, mio Dio, il tuo orecchio e ascolta! Apri i tuoi occhi e guarda le nostre distruzioni
e la città sulla quale è invocato il tuo nome! Perché, non per le nostre opere giuste noi
umiliamo le nostre suppliche davanti al tuo volto, ma per le tue molte misericordie!
Dn 9,19 Signore, ascolta! Signore, perdona! Signore, volgiti e intervieni! Non essere più adirato,
per amore di te stesso, Signore mio, perché il tuo nome è invocato sopra la tua città e sopra il tuo
popolo!
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Scheda 1 La Parola di Dio : base del nostro vivere