1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
Lo stato delle acque nella Provincia di Arezzo
(Analisi ambientale)
Dr. CARLO FRANCALANCI
ARPAT di Arezzo
1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
Lo stato delle acque nella Provincia di Arezzo
Ringrazio il Prof. Sacchini e l’Amministrazione Provinciale per avermi invitato a questo incontro. Cercherò di fare un
po’ una carrellata di quello che è stato il lavoro dell’Arpat, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della
Toscana, Dipartimento di Arezzo, per quanto riguarda la tutela delle risorse idriche.
La valutazione dell’efficacia delle politiche ambientali per quanto concerne la tutela delle risorse stesse non può
prescindere da alcuni aspetti. Sono cinque i punti fondamentali che vorrei toccare.
1)
La conoscenza dello stato di salute delle acque.
2)
L’individuazione delle cause d’inquinamento (le pressioni ambientali).
3)
La conoscenza dello stato d’attivazione dei sistemi di protezione risanamento e depurazione.
4)
Gli obiettivi di qualità che ci prefiggiamo di raggiungere.
5)
L’adeguato coordinamento che deve esistere tra tutti gli enti e le strutture responsabili.
Una premessa per quanto riguarda l’importanza della risorsa idrica della nostra provincia: abbiamo due corsi
d’acqua l’Arno e il Tevere che sono di rilievo nazionale, costituiti in Autorità di Bacino, oltre al Foglia e il Marecchia
che vanno in Adriatico. Per le riserve d’acqua abbiamo una quantità di risorsa considerevole nel bacino di
Montedoglio, sul Tevere, con 130 milioni di metri cubi d’acqua, e anche nell’Arno invasi de La Penna e di Levane
con 3 e 13 milioni di metri cubi, che, fino alla costruzione dell’invaso di Bilancino, rappresentavano per Firenze una
scorta indispensabile per il periodo estivo.
L’elaborazione dei dati dal 1993 al 1998 ha permesso di “fotografare” in maniera molto sintetica le caratteristiche di
qualità delle acque della nostra Provincia attraverso l’esame di parametri di vario tipo in un numero rilevante di
stazioni.
Sul bacino idrografico dell’Arno si hanno i carichi inquinanti di tipo industriale, civile e zootecnico, e per quanto
riguarda la Provincia d‘Arezzo abbiamo un notevole carico inquinante di tipo zootecnico e agricolo.
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Attraverso dei criteri di classificazione delle acque superficiali
definiti dal protocollo IRSA - CNR, dell’87, che utilizza i parametri
Ossigeno, BOD, COD, Ammoniaca, Fosfati e Coliformi fecali,
abbiamo potuto classificare i vari tratti dei corsi d’acqua in quattro
livelli di qualità.
Precedentemente venivano considerati i parametri in funzione
dell’uso umano della risorsa, vale a dire che venivano monitorati
soltanto quei fattori, come l’ammoniaca, che possono creare dei
danni per l’uomo, con la qualità delle acque che veniva studiata
solo in funzione dell’uso potabile o della balneazione. Sappiamo
invece che il corso d’acqua, che serve da apparato escretorio del
territorio, nel senso che raccoglie tutti i rifiuti e li depura e allo
stesso tempo fornisce acqua, non è soltanto un canale che porta
acqua, ma è un ambiente, un sistema di vita. Il fiume è un
ecosistema aperto dove si scambia energia sotto forma di
biomassa con gli ambienti terrestri circostanti. Da qui la necessità
di studiare e di classificare le acque anche in funzione delle
caratteristiche ecologiche. Quindi altri indicatori oltre ai parametri
chimici e microbiologici; per questo sono stati individuati gli
indicatori biotici, cioè quelle forme di vita che vivono stabilmente
nel letto del fiume, e che i pescatori conoscono bene in quanto
nutrimento per i pesci, che servono come indicatori di qualità delle
acque. Nella catena alimentare dei corsi d’acqua i macroinvertebrati
sono cibo per i pesci, elementi terminali dell’ambiente acquatico.
Dall’utilizzo di questi indicatori, che registrano l’impatto di un
eventuale scarico sul corso d’acqua con la rarefazione di queste
forme di vita durante il suo percorso, abbiamo potuto definire
l’indice biotico esteso (IBE), che soltanto nel 1992 è stato introdotto
nella normativa sulle acque.
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In questo modo si può disegnare la carta biologica dell’Arno
dove vediamo, nel suo percorso dalla sorgente fino al
confine di Provincia, che passa da una prima classe di
qualità nelle zone montane ad una seconda e una terza
classe in corrispondenza di Bibbiena per recuperare a valle
del paese un secondo livello (ambiente con moderati segnali
di inquinamento); dopo le dighe abbiamo sempre un
secondo livello di qualità e poi dopo San Giovanni al confine
di provincia, un terzo livello. Per quanto attiene il Canale
Maestro della Chiana, che nasce dal Lago di Montepulciano,
si va dal quarto al quinto livello di qualità, livelli purtroppo
molto bassi.
Il mappaggio del Tevere evidenzia come prima della diga di
Montedoglio abbiamo una prima e seconda classe di qualità,
mentre viene consegnato alla provincia di Perugia in rosso,
quindi una quinta classe di qualità dopo Sansepolcro. Una
situazione dovuta agli scarichi del paese; adesso che
l’impianto di depurazione di Sansepolcro dovrebbe entrare in
funzione a breve termine, si spera che le cose cambino.
Poi abbiamo anche il Marecchia e il Foglia anch’essi mappati.
Sostanzialmente quindi dei livelli di qualità che, per quanto
riguarda l’Arno ed il Tevere, passano da una prima ad una
terza classe di qualità al confine di provincia, mentre il
canale della Chiana ha dei valori intorno al quarto e quinto
livello di qualità.
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Su questi livelli di qualità incidono le pressioni ambientali, sono
stati calcolati in base ai dati ISTAT e ai coefficienti per numero di
addetti per ogni attività industriale, gli abitanti equivalenti per ogni
zona. Vediamo come complessivamente la provincia di Arezzo ha
un carico in abitanti equivalenti intorno a 1 milione e 600 mila
abitanti così suddiviso: 50% dovuto agli allevamenti zootecnici,
32% agli scarichi industriali e circa il 19% agli abitanti,
popolazione residente distribuiti nelle varie vallate; da notare
come la Valdichiana abbia un grosso carico zootecnico.
Per quel che riguarda il sistema della depurazione civile nella
provincia di Arezzo in totale gli abitanti equivalenti trattati sono
206 mila. La percentuale di depurazione divisa per vallata ci
consegna i seguenti dati: nel casentino con 44 mila abitanti
abbiamo una depurazione del 18% (rispetto alle altre vallate ha
una percentuale di depurazione più ridotta). Arezzo e Valdichiana
hanno l’85% depurato. Il Valdarno ha 72% di scarichi civili
depurati. Per la Valtiberina siamo nell’ordine del 90,8% di scarichi
non trattati, con il depuratore di Sansepolcro che raccoglierà
anche gli scarichi di Pieve Santo Stefano e di Anghiari che
dovrebbe entrare in funzione molto presto. Comunque numeri che
si commentano da soli.
Oltre alla presenza dei depuratori è importante anche il controllo
del loro funzionamento, ambito nel quale dai controlli effettuati nel
‘97 si può evidenziare che gli impianti più grossi, che vanno da 50
a 100 mila abitanti, hanno una maggiore capacità depurativa,
quindi troviamo negli impianti più piccoli dei deficit depurativi
dovuti a difficoltà gestionali.
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La nuova legge sulle acque, 152 / 99, con modifiche Agosto 2000,
definisce le frequenze di controllo della depurazione, a seconda della
loro potenzialità, quindi negli impianti più grossi dovranno essere
fatti dei controlli più frequenti, per esempio il depuratore di Arezzo
dovrà essere controllato 24 volte all’anno per determinati parametri di
tipo civile, per gli scarichi di tipo industriali 6 volte all’anno, mentre i
depuratori da 10 a 50 mila dovranno essere controllati 12 volte
all’anno, come quelli da 2 mila a 10 mila. Quindi un impegno che la
nuova normativa richiede più approfondito.
È poi importante il controllo degli scarichi di tipo industriale, da
controlli effettuati nella zona industriale di San Zeno si evidenzia
come circa il 19% si presentava non regolamentare dal punto di vista
chimico, mentre dal punto di vista dei test di tossicità, quindi con il
saggio con la pulce d’acqua, avevamo un 25% di campioni non
regolamentari.
Oltre agli scarichi altro elemento che determina un peggioramento
della qualità ambientali è il livello della portata, quindi la quantità di
acqua che permane in un corpo idrico incide direttamente sulla sua
qualità. I corsi d’acqua appenninici hanno la caratteristica che nel
periodo estivo hanno una flessione notevole nei valori di portata.
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Alla stazione a Subbiano sull’Arno, si vede che ad agosto abbiamo qualcosa come 600 litri di acqua al secondo,
quindi valori molto bassi; un’analisi dei valori di portata per periodi dal ‘33 al ’68, dal ‘69 al ‘80 e dall’81 al ’90 mostra
come in questi anni di osservazione abbiamo avuto valori di portata più bassa nel mese di agosto (che si è esteso
nel periodo dall’81 al ’90 anche al periodo di settembre), fatto dovuto anche ad una variazione delle attività agricole
nei vari periodi. Nel 1970 la superficie investita per la coltivazione delle piante industriali tabacco, piante da semi
oleosi (girasoli e soia), era dell’ordine dello 0,4% del territorio, nell’82 del 3,1% mentre nel ‘90 è passato al 6,1%.
Quindi da 1 a 16 come rapporto di estensione di superficie coltivata, per le piante di tipo industriale; talle uso
agricolo del territorio comporta quello che si ripete tutte le estati, ovvero il problema delle emergenze estive.
Corsi d’acqua come la Chiana e i torrenti minori tendono a diminuire la loro portata fino al collasso biologico.
Altro aspetto collegato è quello dell’aumento, nel periodo estivo in alcune vallate e in particolare nel Casentino, del
numero degli abitanti residenti. I dati dal ’90 al ’95 mostrano, per tale parametro, un sensibile incremento nel periodo
estivo, con un picco del mese d’agosto; una situazione quindi dove diminuisce la portata ed aumentano i consumi e
gli scarichi di tipo civile.
Un breve cenno alla rinaturalizzazione e all’importanza della non banalizzazione del corso d’acqua attraverso
interventi di taglio della vegetazione, rettificazione e canalizzazione delle rive, come purtroppo ancora registriamo
sui nostri corsi d’acqua. Per migliorare le caratteristiche del fiume bisogna garantire l’andamento naturale ad anse e
la fascia di vegetazione ripale, solo così possiamo conservare il potere autodepurante a cui si accennava prima.
Abbiamo finora visto la qualità delle acque, la pressione ambientale, analizziamo ora gli obiettivi di qualità. Gli
obiettivi fissati dall’Art. 5 della nuova normativa prevedono che entro il 30 aprile del 2003 vengano classificati i corsi
d’acqua e a tal proposito dovremo classificare, per quanto riguarda la Provincia di Arezzo, circa venti corsi d’acqua e
proprio per l’idoneità alla vita acquatica, entro il 2008, dovrà essere ottenuta la qualità sufficiente. Nel piano stralcio
dell’Autorità di Bacino gli obiettivi di qualità per quanto riguardava l’Arno erano dalla sorgente fino a Ponte Buriano,
entro il 2003, il mantenimento e il raggiungimento della qualità idonea alla vita dei pesci, per le specie sia ciprinicole
che salmonicole, mentre per il tratto che va da Ponte Buriano fino all’Anconella di Firenze l’obbiettivo di qualità era
quello di mantenere entro il 2003 la classe A2 relativa all’acqua che deve essere potabilizzata presso l’impianto in
quel luogo localizzato; l’obbiettivo B era invece di riportare entro il 2007 il tratto di Firenze a livelli di balneazione,
cosa che non credo sarà realizzabile.
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Per terminare l’aspetto fondamentale è quello degli strumenti politici e della pianificazione ambientale, gli enti le
autorità preposte alla tutela della risorsa idrica hanno completato e definito gli atti necessari alla pianificazione del
territorio, secondo i principi ispiratori delle direttive comunitarie. La legge sulle acque ha fissato quelle che sono le
scadenze temporali, l’Autorità di bacino del fiume Arno ha prodotto un Piano Stralcio, la Regione sta definendo il Piano
di risanamento delle acque, l’Amministrazione Provinciale ha presentato il Piano Territoriale di Coordinamento, che
deve armonizzare i piani strutturali dei Comuni sulla base dell’integrazione delle conoscenze sullo stato dell’ambiente
e sulle attività antropiche. Allo stesso tempo nella Provincia d’Arezzo si è istituita la prima Autorità d’Ambito
Territoriale Ottimale e si è proceduto all’affidamento della gestione del ciclo delle acque all’Ente gestore unico.
Quindi tutto questo complesso sistema di strumenti normativi politici amministrativi e gestionali, creati per il
risanamento e la tutela delle acque, si trova in una fase di particolare crescita e di ampie prospettive. I vari piani
contengono, a nostro parere, tutte quelle normative, indirizzi e prescrizioni frutto di una visione ambientale
interdisciplinare e intersettoriale. Infatti gli interventi necessari per la difesa del suolo determinano anche il
miglioramento della qualità delle acque, la protezione e conservazione dell’ambiente e della risorsa acqua mediante
interventi capillari sull’intero territorio, fin dalla sorgente, rappresenta il principio fondamentale per preservarne le
capacità autodepurative e mantenerne inalterati i livelli di qualità.
Dal necessario coordinamento di vari piani che devono incontrarsi ed integrarsi e dalla loro corretta applicazione
dipenderà il raggiungimento degli obiettivi prefissati. A tal fine sarà necessario che nelle fasi di attuazione dei piani
strutturali vengano garantite tutte le norme le direttive e tutte le indicazione dei vari piani sovraordinati, quali PTC,
Piano di Bacino, eccetera.
Grazie.
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