Economia internazionale
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Movimento internazionale
dei fattori della produzione
Dallo scambio dei prodotti alla
mobilità dei fattori di produzione
• La forma più tradizionale e antica di integrazione
internazionale è quella che avviene tramite il movimento (lo
scambio) di beni e servizi; ma questa è solo una delle forme di
integrazione internazionale
• Un’altra possibilità di integrazione si ha con il movimento
internazionale dei fattori che servono a produrre i beni
(movimenti di fattori)
• I movimenti di fattori comprendono:
– migrazioni della forza lavoro
– trasferimenti di capitale mediante prestiti internazionali
– connessioni internazionali stabilite nella formazione di
imprese multinazionali: investimenti diretti all’estero per
acquisire o creare dal nulla (greenfield investment) imprese
e realizzare, quindi, attività produttive fuori dai confini
nazionali della casa-madre
Dallo scambio dei prodotti alla
mobilità dei fattori di produzione
• I principi che regolano la mobilità dei fattori sono analoghi a quelli che
regolano gli scambi di prodotti: un paese con abbondanza relativa di lavoro
può importare, in date condizioni, beni ad alta intensità di capitale o, in
altre condizioni, importare capitale dall’estero; un paese con abbondanza
relativa di capitale può importare beni ad alta intensità di lavoro o
direttamente forza-lavoro dall’estero (Heckscher-Ohlin)
• Un paese di dimensioni troppo piccole e che, per questo, non ha all’interno
imprese di dimensione efficiente può o importare dall’estero i beni prodotti
da grandi imprese di cui manca, o consentire l’insediamento al proprio
interno di branche di grandi imprese estere, vale a dire sussidiarie di
multinazionali (economie di scala)
• In generale, la mobilità internazionale dei fattori genera maggiori
preoccupazioni politiche rispetto allo scambio di beni (timori riguardo alle
multinazionali; timori dei flussi migratori). Per questo sono diffuse
restrizioni a questi movimenti: limitazioni alla migrazione di forza-lavoro;
controlli sui movimenti di capitali (l’Italia aveva controlli ai movimenti di
portafoglio fino ai primi anni ottanta); interferenza politica negli
investimenti delle multinazionali, irrigidimento delle normative e ostacoli
di vario tipo ad acquisizioni da parte di imprese estere (questioni dei
“campioni nazionali”, dei settori strategici, ecc.)
Mobilità internazionale del lavoro
• Un modello con due paesi, due fattori e un solo
bene prodotto
– Assunzioni del modello:
• Due paesi: A e B
• Due fattori produttivi: terra (T) e lavoro (L)
• I due paesi producono un solo bene (che chiameremo
semplicemente “prodotto”)
• I due paesi hanno la stessa tecnologia, ma si
differenziano per la disponibilità relativa di terra-lavoro
• A è abbondante in lavoro e B è abbondante in terra,
talchè L/T > L*/T*
• In tutti i mercati vigono condizioni di concorrenza
perfetta
Mobilità internazionale del lavoro
funzione di produzione: quantità in funzione del lavoro
Produzione, Q
Q (T, L)
Lavoro, L
Mobilità internazionale del lavoro
Produttività marginale del lavoro (MPL); in un’economia
perfettamente concorrenziale in equilibrio salario reale=MPL;
monte salari=salario pro-capite x lavoratori occupati
Produttività
marginale
del lavoro, MPL
Salario
reale
Rendite
Salari
MPL
Lavoro, L
Mobilità internazionale del lavoro
• I flussi migratori
– Supponiamo che i lavoratori possano spostarsi da un paese
all’altro
• Ricordando che L/T > L*/T*, il lavoro in A (più abbondante) avrà una
MPL e una remurazione reale inferiori che in B; la terra invece,
relativamente scarsa in A, avrà una produttività marginale e una
remunerazione reale superiori che in B
• La terra è immobile, queste differenze quindi influiranno solo sul fattore
mobile, il lavoro, costituendo un incentivo a che i lavoratori di A si
spostino in B fino a che la produttività marginale del lavoro diventa
uguale nei due paesi
– Questo spostamento riduce la forza lavoro di A, aumentandone quindi la
produttività e il salario reale
– Questo movimento aumenta la forza lavoro in B, riducendone quindi la
produttività e il salario reale
– Se non ci sono restrizioni al movimento, il flusso dura finchè si eliminano le
differenze di produttività e di retribuzione reale tra i due paesi
Mobilità internazionale del lavoro
Cause ed effetti della mobilità internazionale della forza lavoro
MPL*
MPL
Produttività
marginale
del lavoro
A
B
C
MPL
MPL*
O
Occupazione L2
L1
in A
Migrazione di forza
lavoro da A a B
Occupazione O*
in B
Totale della forza lavoro mondiale
Mobilità internazionale del lavoro
• La redistribuzione della forza lavoro mondiale:
– conduce alla convergenza dei salari reali, che aumentano in A e si riducono in B
– aumenta la produzione mondiale complessiva: l’aumento di produzione di B più
che compensa la contrazione di A (i lavoratori di B sono più produttivi che in A);
si ha quindi un miglioramento generale rispetto alla situazione di nonintegrazione
– lascia alcuni gruppi in condizioni peggiori: danneggia i lavoratori di B che
vedono il loro salario scendere; i proprietari terrieri di B sono invece
avvantaggiati (il monte-rendite cresce); i proprietari di terra di A sono
danneggiati, i lavoratori di A vedono aumentare i loro salari reali (anche se quelli
che emigrano sopportano costi)
 Estensione dell’analisi
– Modifica del modello mediante l’aggiunta di alcune complicazioni:
• i paesi producono due beni, uno intensivo in lavoro e uno intensivo in terra
– Il commercio internazionale offre un’alternativa alla mobilità dei fattori: A può esportare
lavoro e importare terra, esportando il bene intensivo di lavoro e importando il bene
intensivo di terra; in linea d principio, ciò potrebbe portare al pareggiamento del prezzo
dei fattori senza ricorrere alla loro mobilità (si ricordi H-O)
– Quindi il commercio è un sostituto del movimento internazionale dei fattori. Ma non
perfetto: nella realtà il pareggiamento non avviene; come il movimento dei fattori è un
sostituto imperfetto del commercio di beni (per l’esistenza di barriere alla mobilità)
Mobilità internazionale del lavoro
•
Riferimenti storici:
– Periodo di grande mobilità del lavoro tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento; la
direzione dei flussi era da Europa (e, quindi, anche Italia) verso gli USA
– Dal 1924 i movimenti internazionali di lavoratori negli USA sono stati notevolmente
limitati da leggi restrittive sull’immigrazione
– 1950-70 emigrazione dall’area mediterranea (Spagna, Portogallo, Mezzogiorno italiano,
ex-Jugoslavia, Grecia, Turchia) verso il Nord Europa (Germania, Svizzera, Belgio); ma
anche verso altre zone (per es. Italiani in Sud America)
– Dal 1965, dopo allentamento restrizioni, ripresa ondata migratoria verso gli USA,
soprattutto di asiatici e latino-americani; differenze rispettto alla precedente ondata
migratoria sperimetata dagli Usa (divari di istruzione tra entranti e residenti)
– Dal 1990 nuovi grandi flussi migratori in Europa soprattutto di provenienza Est-Europa,
Nord Africa, Asia; l’Italia da paese di origine di deflussi netti (anni 50-70) diviene paese
di destinazione di afflussi netti
– Questi flussi migratori verso l’Europa riguardano in generale lavoratori con basse
qualifiche che occupano posti di lavoro non desiderati dai lavoratori autoctoni; non c’è
spiazzamento
– Sarebbe utile un afflusso di lavoratori high skill: arrichiscono il capitale umano del paese
ospitante
Immigrati regolari in % della popolazione dei paesi europei
1950
1970
1993
2003
-Danimarca
nd
1,8
3,6
5,0
-Finlandia
nd
nd
1,1
2,0
-Irlanda
nd
nd
2,7
5,6
-Norvegia
0,5
2,0
3,8
4,5
-Svezia
1,8
5,0
5,8
5,1
-Regno Unito
3,4
5,7
3,5
4,8
-Austria
11,0
7,0
8,6
9,4
-Belgio
4,3
7,2
9,1
8,3
-Francia
4,2
5,3
nd
5,6
-Germania
nd
nd
8,5
8,9
-Lussemburgo
9,9
18,4
31,8
38,6
-Paesi Bassi
1,1
1,9
5,1
4,3
-Svizzera
6,1
17,2
18,1
20,0
-Italia
0,1
0,2
1,7
3,8
-Grecia
nd
nd
nd
7,0
-Portogallo
0,2
0,4
1,3
4,2
-Spagna
0,3
0,4
1,1
3,9
Nord Europa
Centro Europa
Sud Europa
Movimenti di capitale:
prestiti internazionali
 I movimenti internazionali di capitale non indicano lo
spostamento fisico da un paese all’altro di beni capitali
(macchinari, attrezzature, ecc; in questo caso di parla di
esportazioni di beni capitali); tale mobilità si realizza invece
tramite transazioni finanziarie (prestiti) o la realizzazione di
investimenti diretti in loco da parte di una multinazionale

Riferimento ai prestiti internazionali tra paesi
– Esempio: una banca statunitense offre un prestito ad
un’impresa messicana
• I prestiti tra paesi possono essere interpretati come una forma
particolare di commercio internazionale, in cui non si
scambiano beni in uno stesso momento, ma beni presenti in
cambio di beni futuri: è un commercio internazionale di
tipo intertemporale
I prestiti internazionali
• Possibilità produttive intertemporali e commercio
internazionale
– Si immagini un’economia che consuma solo un bene e che
esista solo per due periodi, il periodo corrente e quello futuro;
questa economia deve decidere quanto consumare “oggi” e
quanto “domani”, tramite il risparmio, cioè la rinuncia al
consumo “oggi”, e il corrispondente investimento che assicura
consumo “domani”
– Frontiera intertemporale delle possibilità produttive
• Rappresenta il trade-off esistente tra produzione corrente e
futura del bene di consumo
• La sua forma differisce tra paesi:
– alcuni paesi sono sbilanciati verso la produzione corrente
– alcuni paesi sono sbilanciati verso la produzione futura
I prestiti internazionali
Frontiera intertemporale delle possibilità produttive:
trade-off tra consumo presente e futuro
Consumo futuro
Consumo corrente
I prestiti internazionali
– La FP intertemporale (come nel caso normale di beni) non sarà
la stessa per tutti i paesi
– Un paese potrà avere la sua FP sbilanciata verso il consumo
presente, un altro verso il consumo futuro
– Come nel caso normale di beni, il paese con la FP sbilanciata
verso il consumo presente tenderà a produrre in abbondanza
questo bene e scarse quantità di consumo futuro; il prezzo
relativo del consumo futuro (relativamente scarso) sarà più alto
che nell’altro paese con FP spostata verso il consumo futuro
– L’apertura internazionale, data la differenza nei prezzi relativi
tra i due paesi, spinge all’interscambio fino all’uguaglianza dei
prezzi
– Ma quale è il prezzo del consumo futuro in termini di consumo
presente? Dipende dal tasso di interesse (reale)
I prestiti internazionali
• Il tasso di interesse reale
– Come è possibile scambiare consumo corrente con consumo futuro?
• Un paese può commerciare intertemporalmente prestando e prendendo a
prestito potere d’acquisto
• Quando un paese si indebita, acquisisce inizialmente la possibilità di
consumare oggi al di sopra del proprio reddito, ma in futuro dovrà ripagare il
prestito maggiorato di un interesse (e dovrà quindi consumare al di sotto del
proprio reddito); attraverso la contrazione di un prestito, un’economia
scambia maggiore consumo oggi contro minore consumo domani
– La quantità di consumo futuro che il paese dovrà restituire nel periodo
futuro è data dal consumo presente preso a prestito oggi moltiplicato per
(1 + r), in cui r rappresenta il tasso d’interesse reale sui prestiti. In altri
termini,
consumo presente x (1 + r) = consumo futuro
– Il prezzo relativo del consumo futuro (cioè quanto consumo presente si
deve cedere per ottenere in cambio un’unità di consumo futuro) è dato
da 1/(1 + r): quanto più alto è il tasso di interesse, r, tanto più basso è il
prezzo relativo del consumo futuro (e tanto più alto è il prezzo relativo
del consumo presente)
I prestiti internazionali
• Vantaggi comparati intertemporali
– Assumiamo che la frontiera intertemporale delle possibilità produttive di
A sia sbilanciata verso il consumo corrente e quella di B verso il
consumo futuro
• Quindi il prezzo relativo del consumo futuro è più elevato in A (dove è
relativamente scarso) che in B (dove è relativamente abbondante), questo
significa che 1/(1+r) > 1/(1+r*); questo significa r < r*
• Ciò spinge A a importare consumo futuro da B contro l’esportazione di
consumo corrente; cioè A presta potere d’acquisto a B nel periodo corrente;
B nel periodo futuro restituisce ad A una quantità di potere d’acquisto pari a
quella ricevuta inizialmente più gli interessi
• In altri termini, lo sbilanciamento della frontiera intertemporale verso il
consumo presente in A e quello futuro in B indica che A ha un vantaggio
comparato nel consumo presente e B nel consumo futuro. Ciò implica r < r*.
Cioè in B si ha un più elevato rendimento reale degli investimenti. Quindi a
contrarre/prendere prestiti sul mercato internazionale saranno quei paesi le
cui opportunità di investimento sono altamente remunerative; i paesi
prestatori saranno invece quelli che non dispongono di queste opportunità di
investimento
Commercio intertemporale
Determinazione della struttura intertemporale della produzione di A
Consumo
futuro
Rette di isovalore con inclinazione – (1 + r)
da V=QP+QF/(1+r) si arriva a QF= V/(1+r) – [1/(1+r)] x QP
Q
QF
Frontiera intertemporale
delle possibilità produttive
QP
Investimenti
Consumo
corrente
Commercio intertemporale
Determinazione della struttura intertemporale di produzione e
consumo di A
Consumo
futuro
DF
Importazioni
Curve di indifferenza
D
Q
QF
Vincolo di bilancio intertemporale
DP + DF/(1 + r) = QP +QF/(1 + r)
DP
QP
Esportazioni
Consumo
corrente
Commercio intertemporale
Determinazione della struttura intertemporale di produzione e
consumo in B
Consumo
futuro
Q*
Esportazioni
D*
Q*
F
D*
Vincolo di bilancio intertemporale,
D*P + D*F/(1 + r) = Q*P +Q*F/(1 + r)
F
Q *P
D*P
Importazioni
Consumo corrente
Commercio intertemporale
Equilibrio intertemporale internazionale in termini delle curve di
offerta reciproca
B esporta il consumo futuro
(Q*F – D*F) e A importa il
consumo corrente (DF – QF)
P
(Q*F – D*F) =
(DF – QF)
E
F
pendenza = (1 + r)
O
(QP – DP) = (D*P – Q*P)
A esporta il consumo corrente
(QP – DP) e B importa il consumo
futuro (D*P – Q*P)
Movimenti di capitale: investimenti
diretti esteri e imprese multinazionali
• Investimenti diretti esteri
– Si intendono quei flussi internazionali di capitale
attraverso cui un’impresa di un paese crea o
espande una propria filiale in un paese estero (o
acquisisce in toto o in parte un’impresa estera)
– Comportano non soltanto un trasferimento di
risorse, ma anche l’acquisizione di un controllo
• La sussidiaria non ha semplicemente un obbligo
finanziario nei confronti dell’impresa madre, ma è
anche parte della stessa struttura organizzativa
Investimenti diretti esteri
e imprese multinazionali
• Imprese multinazionali a volte fungono da canale per
prestiti internazionali: le case madri forniscono
finanziamenti alle sussidiarie estere, nell’attesa che questi
vengano restituiti in futuro; in questo caso, stretta analogia
con i prestiti internazionali
• Perché allora viene scelto l’investimento diretto estero piuttosto che
un altro modo per trasferire fondi?
– Per formare un’organizzazione multinazionale e ottenere un’
estensione del controllo
• Perché le imprese cercano di estendere il loro controllo?
– La risposta è riassunta dalla teoria delle imprese multinazionali;
non è una teoria completa e omogenea, come quelle che
riguardano altri aspetti dell’economia internazionale
Investimenti diretti esteri
e imprese multinazionali
• La teoria delle imprese multinazionali
– Due elementi spiegano l’esistenza di imprese
multinazionali:
• Motivazione della localizzazione (=teoria commercio internazionale)
– Un bene viene prodotto in due (o più) paesi diversi anziché in uno solo e poi
esportato per:
» una motivazione di dotazione di risorse (vantaggi comparati)
» una motivazione di costi di trasporto (barriere fisiche/naturali e artificali al
trasporto)
• Motivazione dell’internalizzazione
Un bene viene prodotto in luogo diverso dalla stessa impresa anziché da
imprese separate (si internalizzano alcuni scambi) perché così è più
profittevole condurre transazioni di tecnologie e ed è migliore la gestione
» Trasferimento di tecnologie (possibilità di trasferire conoscenza non
formalizzata e di impedire il rischio di imitazione con la vendita di licenze
e diritti di proprietà)
» Integrazione verticale (migglior coordinamento tra impresa a monte e a
valle, certezza dei flussi di input, minori problemi logistici)
Investimenti diretti esteri
e imprese multinazionali
• Le imprese multinazionali nella realtà
– Le imprese multinazionali giocano un ruolo
importante nelle dinamiche del commercio
internazionale e degli investimenti
• Esempio: la metà delle importazioni statunitensi
possono essere considerate come transazioni tra
diverse branche di una stessa casa madre e il
24% delle attività che gli Stati Uniti possiedono
all’estero è costituito dal valore di filiali estere
di imprese statunitensi
Investimenti diretti esteri
e imprese multinazionali
Alcuni fatti
 A partire dall’80 fortissima crescita degli IDE; dal 1990, mediamente gli IDE sono
aumentati più delle esportazioni di merci e molto più del prodotto lordo mondiale
 Gli IDE sono principalmente indirizzati nei paesi industriali (che ne assorbono circa il
60%); tuttavia, il grado di attrazione dei PVS è cresciuto nel tempo
 Gli IDE sono originati principalmente dai paesi industriali; tuttavia anche alcune
multinazionali di paesi emergenti sono diventate ultimamente molto attive (ad
esempio nel settore energetico)
 La gran parte degli IDE mondiali (il 60%) riguarda fusioni e acquisizioni tra imprese
già esistenti, la parte restante è creazione di nuove realtà produttive (greenfield)
 Gli IDE non sono necessariamente sostitutivi di esportazioni: realizzare IDE all’estero
non è cioè alternativo a esportare; può, anzi, essere complementare
 Soprattutto, le multinazionali: 1) sono canali di trasferimento di conoscenze
tecnologiche; 2) fanno più ricerca e sviluppo; 3) sono portatrici di best management
practices, essendo normalmente caratterizzate da migliori standard organizzativi
(selezione del capitale umano, sistema di premi e carriere, organizzazione dei
processi produttivi, logistica, ecc.); 4) sono a più alta produttività rispetto alla media
delle imprese del paese di origine e di quello ospitante; 5) pagano salari più elevati
ai dipendenti
Misure di internazionalizzazione produttiva: quote di
imprese manifatturiere di proprietà straniere in % di
fatturato e occupazione; Italia in ritardo
Fatturato
Occupazione
1993
2003
1993
2003
Francia
26,8
30,0
24,3
26,8
Germania
13,3
27,1
7,4
15,0
nd
18,2
8,2
11,0
Regno Unito
28,6
40,1
17,7
25,6
Ungheria
40,2
65,1
30,6
42,4
Turchia
11,6
14,7
4,9
7,0
Giappone
1,4
1,8
0,8
1,3
Stati Uniti
18,8
20,3
11,5
15,5
Italia
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