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50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
Diagnosi e trattamento artroscopico delle lesioni
meniscali nel cane associate alla rottura del legamento
crociato anteriore ed “isolate” (1995-2004):
dove siamo e dove possiamo andare
Massimo Olivieri
Med Vet, Samarate (VA)
Massimo Pavanelli, Med Vet, Samarate (VA)
INTRODUZIONE
Nel cane le lesioni meniscali rappresentano un problema
spesso associato alla rottura del legamento crociato anteriore. Il menisco mediale risulta più frequentemente coinvolto
rispetto al laterale. Quest’ultimo può essere affetto da patologia più spesso in associazione al mediale o, meno frequentemente, da solo.
Accanto a queste ben note lesioni meniscali, esistono anche
quelle non associate a rottura del crociato, le cosiddette lesioni
“isolate”, ben conosciute in ortopedia umana, ma recentemente
sempre più spesso segnalate anche nei nostri pazienti.
È inoltre importante ricordare come qualsiasi alterazione a carico dei menischi, sia essa patologica o messa in atto
allo scopo di prevenire lesioni del corno posteriore (“meniscal release”), influisca in maniera significativa sull’omeostasi articolare sia a breve sia a medio-lungo termine, generando un grado di artrosi proporzionale non solo alla lesione meniscale presente, ma anche al tipo di trattamento effettuato su di essa.
Nel presente lavoro saranno presi in considerazione, sulla
base dell’esperienza degli autori, i risultati ottenuti in corso di
artroscopia diagnostica e/o terapeutica in pazienti affetti da
lesioni meniscali, focalizzando l’attenzione sul trattamento dei
differenti tipi di lesione. Verranno infine riportati alcuni accenni relativamente alle prospettive future di riparazione artroscopica delle lesioni meniscali nei piccoli animali.
nesso al femore mediante il legamento femorale posto caudalmente. Il menisco mediale presenta anche una connessione fibrosa con il legamento collaterale mediale, mentre il
laterale risulta essere contiguo con il tendine del muscolo
popliteo. Infine entrambi i menischi presentano connessioni
con la capsula articolare.
L’insieme di questi legamenti e delle connessioni fibrose
conferiscono ai menischi una notevole stabilità, che risulta
più marcata per quello mediale.
Nell’uomo, le forze di carico durante la deambulazione
hanno un angolo di incidenza perpendicolare alla superficie
meniscale, distribuendosi poi in direzione centrifuga verso il
margine dello stesso. Per questo motivo, affinché questa funzione venga espletata in modo ottimale, è molto importante
non solo che essi non abbiano lesioni significative, ma
soprattutto che ci sia continuità lungo tutto il menisco fino ai
legamenti anteriori e posteriori, che devono risultare integri.
A questo proposito è utile ricordare che, sempre nell’uomo,
la percentuale del carico articolare varia da circa il 65% in
condizioni normali a percentuali che possono raggiungere il
235% in corso di meniscectomie parziali o totali.
Nel cane queste informazioni non sono attualmente disponibili nelle singole razze. Considerata la grande variabililità morfologica della specie canina, l’acquisizione di questi dati sarebbe di notevole importanza sotto molteplici punti
di vista, ad esempio al fine di considerare la maggiore suscettibilità allo sviluppo di artrosi post-meniscectomia parziale o
totale nelle singole razze.
RICHIAMI ANATOMICI
SINTOMATOLOGIA CLINICA
I menischi sono importanti strutture fibro - cartilaginee a
forma di semiluna; quello mediale è lievemente più tondeggiante del laterale, mentre entrambi si presentano più sottili
nella porzione concava e più spessi in quella convessa. Essi
svolgono molteplici ed importanti funzioni: distribuiscono
ed assorbono le forze di carico, aumentano la congruenza
articolare del ginocchio e incrementano la stabilità in presenza di stress meccanici. Anteriormente i menischi sono
uniti tra di loro dal legamento intermeniscale. Ciascuno di
essi è connesso alla tibia mediante i legamenti meniscali craniali e caudali, mentre solo il menisco laterale risulta con-
I rilievi anamnestici ed i segni clinici in corso di visita
ortopedica per lesione meniscale sono sovrapponibili a
quelli di rottura del legamento crociato anteriore (LCA)
parziale o totale. Questi sono caratterizzati, nei casi di rottura totale, da zoppia ad insorgenza acuta, persistente, più
accentuata a freddo e refrattaria all’uso di farmaci analgesici-antinfiammatori non steroidei (FANS). Il soggetto si presenta con appoggio in punta di dita ed una zoppia posteriore caratterizzata da mancato o parziale carico del peso sull’arto affetto. All’esame clinico, oltre ad una ectasia media-
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le e all’impossibilità di palpare a tutto spessore il legamento tibio-rotuleo, si evidenzia dolorabilità ai movimenti di
flesso-estensione. Solo occasionalmente è possibile evidenziare i rilievi clinici patognomonici della presenza di una
lesione meniscale, come il cosiddetto “click meniscale”.
La diagnosi finale di rottura totale del legamento crociato anteriore si evidenzia con il segno del cassetto ed il test di
compressione tibiale. Nei casi di rottura totale cronica,
un’improvvisa riacutizzazione dei segni clinici è spesso correlata all’insorgenza di una lesione meniscale secondaria.
Viceversa nelle rotture incomplete e in quelle croniche
progressive del LCA la zoppia è caratterizzata da miglioramenti dopo riposo, a cui fa seguito un peggioramento in tempi più o meno lunghi. Il proprietario riferisce normalmente
di vari episodi di zoppia di diversa entità, che spesso regrediscono in modo più o meno completo col riposo, spesso
associato all’uso di FANS. Di conseguenza il paziente manifesta una zoppia di grado variabile in rapporto al tipo di
lesione del legamento crociato, al tempo intercorso tra l’inizio della sintomatologia e la visita clinica e, non ultimo, alla
presenza contemporanea di una lesione meniscale.
Nelle rotture parziali il test del cassetto e di compressione tibiale risultano positivi solo in flessione e nel caso in cui
sia lesionata la componente cranio-mediale del legamento.
Nei casi invece di rottura della componente caudo-laterale
del legamento o in presenza di rottura spontanea progressiva
iniziale questi test risultano negativi. Le razze più frequentemente colpite da questi due ultimi tipi di rottura sono, nell’esperienza degli autori, il Labrador Retriever, il Rottweiler,
il Golden Retriever, il Dog de Bordeaux e il cane Corso.
Le lesioni meniscali possono colpire il cane a tutte le
età, fatta eccezione, come frequenza, per i soggetti di età
inferiore ai 10 mesi.
Nei casi invece di rottura meniscale isolata, l’anamnesi
riferisce spesso la presenza di un trauma acuto a carico del
ginocchio con zoppia, senza i segni clinici tipici della rottura del LCA. Clinicamente si evidenzia ectasia mediale, dolorabilità ai movimenti passivi articolari e negatività dei test
del cassetto e di compressione tibiale. Secondo l’esperienza
degli autori, Boxer, Pastori tedeschi e “razze da lavoro” sono
più soggetti a questo tipo di lesione.
DIAGNOSI RADIOGRAFICA
E ARTROSCOPICA
Lo studio radiografico del ginocchio non rappresenta un
ausilio diagnostico primario nella diagnosi di una meniscopatia, soprattutto nelle forme acute. Nelle forme croniche
possono talvolta comparire calcificazioni a carico delle aree
meniscali o segni di osteoartrosi conseguente alla lesione
isolata od associata a rottura del LCA.
La diagnosi definitiva può essere raggiunta con l’ausilio
dell’artroscopia. Questa metodica presenta il notevole vantaggio di essere un metodo mini-invasivo (impiego di ottiche
di 1,9 mm di diametro) non solo diagnostico ma, all’occorrenza, anche operativo.
Nelle fasi iniziali della patologia, la lesione più frequentemente riscontrata è rappresentata dalla fibrillazione superficiale. Viceversa, nelle fasi più avanzate si riscontrano lesio-
ni a “manico di secchio” del cornetto anteriore o posteriore,
lacerazioni parziali, lesioni radiali parziali o totali, e ripiegamento craniale del corno posteriore.
TRATTAMENTO ARTROSCOPICO
L’ispezione e la palpazione completa dei menischi permettono di effettuare un’accurata valutazione della lesione al
fine di decidere se è sufficiente un semplice curettage, una
rimozione meniscale parziale oppure l’asportazione completa. Tali valutazioni possono essere effettuate, sotto visione,
in condizioni statiche e dinamiche. Lo stesso dicasi per la
palpazione, particolarmente importante per il corno posteriore sia del menisco mediale che di quello laterale. A questo proposito in campo umano sono frequenti le lesioni della porzione inferiore del menisco in presenza della porzione
superiore completamente normale.
Risulta molto importante nei nostri pazienti utilizzare
tecniche che permettano di ottenere uno spazio operativo
sufficiente; in alcuni soggetti, soprattutto di piccola taglia, o
in articolazioni serrate a causa di problemi cronici, diventa
difficoltoso introdurre gli strumenti. A questo proposito è
importante l’attuazione di leve in varo e valgo associate a
movimenti di intra o extrarotazione al fine di visualizzare al
meglio gli spazi articolari.
Normalmente la rimozione di porzioni di menisco viene
eseguita con l’ausilio di un vaporizzatore, ponendo attenzione a non coinvolgere nel trattamento le parti di menisco normali. Nel caso questo non risulti possibile, la meniscectomia
viene effettuata con l’ausilio di strumenti artroscopici specifici per la chirurgia meniscale quali bisturi e pinze da meniscectomia, pinze da prensione e palpatori. Possono infine
essere utilizzate frese meccaniche (shaver) con puntali specifici per la rimozione del menisco. La visione ingrandita e
l’ottima illuminazione, associata ad un’adeguata palpazione,
identifica esattamente il limite della lesione e permette di
preservare la maggior quantità possibile di menisco. Questo
è molto importante poiché normalmente esiste una correlazione diretta tra l’entità del menisco rimosso e la conseguente artrosi secondaria.
Particolarmente importante è anche la completa ispezione e palpazione dell’intero menisco. Nell’uomo, se le lesioni sono parziali ed interessano le zone coronali periferiche
vascolarizzate, il trattamento deve essere effettuato tramite
strumenti manuali, in quanto l’uso del vaporizzatore può
alterare la vascolarizzazione meniscale e indurre necrosi nelle porzioni che s’intendono lasciare intatte. Attualmente
molte di queste lesioni risultano essere suturabili, con la possibilità di recuperare completamente il menisco lesionato.
Per quanto riguarda il cane, anche se la lesione meniscale
iniziale avviene nell’area più periferica e quindi inizialmente vascolarizzata, il ritardo nella diagnosi comporta la perdita di vascolarizzazione della porzione di menisco coinvolta
rendendo difficile o impossibile il trattamento.
Nel caso di fibrillazione semplice, con interessamento
molto superficiale, si adotta un trattamento conservativo con
ricerca della causa primaria. Una lesione frequentemente
associata alla fibrillazione, ad esempio, è l’osteocondrite
dissecante del condilo femorale.
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Merita invece un discorso a parte la “meniscal release”, di
norma effettuata in corso di livellamento del plateau tibiale
(TPLO), proposta da Slocum in presenza di rottura del LCA.
L’obiettivo di questa tecnica operatoria è di svincolare il corno posteriore del menisco mediale, intatto, dalle forze di carico riducendo così l’alta incidenza delle sue lesioni.
Le tecniche di meniscal release sono di due tipi. La prima prevede l’incisione del menisco mediante un bisturi da
artroscopia subito caudalmente al legamento collaterale
mediale, svincolando completamente il corno posteriore dal
corno anteriore. Questa metodica può essere attuata o in
modo totalmente intrarticolare oppure in modo misto intraextraarticolare. La seconda tecnica prevede la liberazione
del corno posteriore del menisco mediale dalla sua inserzione tibiale mediante bisturi o vaporizzatore.
POST-OPERATORIO
Dopo un iniziale periodo di riposo e di attività controllata, tutti i pazienti sono stati sottoposti a protocollo di tipo
riabilitativo specifico a seconda della patologia presente.
Nell’esperienza degli autori i pazienti trattati hanno dimostrato un miglioramento rapido della sintomatologia, soprattutto in caso di lesioni parziali in soggetti con assenza di segni cronici di sofferenza articolare. Analogamente all’uomo, i risultati
migliori sono stati osservati dopo trattamento delle lesioni
meniscali “isolate”, in assenza di lesioni concomitanti.
CONCLUSIONI
L’importanza della mini-invasività nella chirurgia articolare è un concetto assodato da molti anni tanto in medicina umana così come nella medicina del cavallo sportivo e sempre più
applicato anche nei piccoli animali. I vantaggi dell’artroscopia,
oltre alla mini-invasività, sono ben conosciuti: riduzione del
dolore post-operatorio e del rischio di complicanze quali seromi, deiscenza delle suture, complicanze di tipo settico. Inoltre
si assiste ad una ripresa più precoce dell’attività funzionale e
ad un recupero rapido, compatibilmente alla patologia sottostante, del completo range di movimento.
I vantaggi tecnici sono altrettanto noti e sono riferibili ad una
migliore visualizzazione di ogni comparto articolare, soprattutto a livello di corno e legamento posteriore di ciascun menisco,
legata sia all’ingrandimento ottenuto con lo zoom della telecamera, che al continuo lavaggio articolare. Anche l’ottima illuminazione di queste strutture ed una loro accurata palpazione
facilitano la diagnosi finale. Tutto questo permette, dal punto di
vista diagnostico, di riconoscere le lesioni meniscali molto precocemente e, dal punto di vista terapeutico, di effettuare trattamenti meno “aggressivi” nei riguardi del menisco, se rapportati
alla precedente esperienza a cielo aperto di autori che attualmente effettuano chirurgia meniscale in artroscopia. Inoltre in
corso di artrotomia per l’esplorazione dei menischi, soprattutto
in presenza di artropatie croniche nei cani di media - grossa
mole, le proliferazioni rendono talvolta difficile la valutazione
del comparto articolare caudale. Anche la difficoltà nell’ottenere un’ottima illuminazione, associata al facile sanguinamento,
frequente in queste forme, possono rendere difficoltosi una diagnosi ed un trattamento meniscale adeguato.
Infine va evidenziata l’importanza dei lavaggi articolari,
che offrono un importante ausilio terapeutico immediato, per
il trattamento della componente infiammatoria articolare, e,
a medio termine, allontanando meccanicamente i mediatori
chimici responsabili del processo osteoartrosico.
Relativamente all’approccio più recente alla chirurgia
meniscale nei piccoli animali, la tendenza è quella di un trattamento che preveda di preservare il più possibile l’integrità
del menisco, una struttura come detto funzionale solo se
integra completamente o comunque in buona parte. Questa
tendenza segue, anche se in ritardo, l’esperienza dell’ortopedia nell’uomo. Come noto, infatti, nel ginocchio dell’uomo
le meniscectomie parziali o totali generano osteoartrosi a
medio o a lungo termine. Il risultato è stato quindi quello
dell’utilizzo di una metodica molto più conservativa e, ove
possibile, ricostruttiva nei riguardi dei menischi.
Anche nel cane l’artrosi evolve molto rapidamente sia
dopo lesioni associate a rottura del LCA che dopo rotture
“isolate”. Di conseguenza anche nel cane le chirurgie meniscali dovrebbero essere meno “aggressive” possibile. Questo
risultato è strettamente correlato ad una diagnosi precoce,
sia nelle rotture del legamento crociato, dove spesso un trattamento precoce può prevenire l’insorgenza di una lesione
meniscale secondaria, e ancora di più nelle meniscopatie
“isolate”, a volte clinicamente “subdole”.
Riguardo queste ultime, benché nell’uomo esse siano relativamente frequenti, la vera incidenza nel cane risulta attualmente sconosciuta. Nel caso di tali lesioni, l’artroscopia permette di effettuare, anche nei casi dubbi, una diagnosi molto
precoce, ben accettata dal proprietario grazie alla mini-invasività di questa metodica. Anticipando la tempistica sulla diagnosi è possibile effettuare un trattamento precoce, spesso
associato a lesioni meniscali meno gravi. Inoltre, in questo
modo, potrebbe aprirsi anche nel cane la frontiera della sutura meniscale, con una possibile “restitutio ad integrum”. In tal
senso nuovi materiali, attualmente oggetto di studio in medicina umana, sembrano favorire notevolmente le possibilità di
guarigione delle porzioni di menisco suturate. A questo proposito va ricordato ancora una volta che un trattamento inadeguato, troppo aggressivo o non tempestivo, può innescare un
processo artrosico altamente invalidante per l’articolazione.
Un ulteriore vantaggio offerto dall’artroscopia nei riguardi delle lesioni meniscali è rappresentato dalla possibilità di
effettuare controlli a distanza di qualsiasi intervallo di tempo
dal primo intervento (le cosiddette “second look arthroscopy”). In tal modo è possibile verificare l’origine della
ricomparsa della zoppia, spesso associata ad una lesione
meniscale secondaria, evitando così una seconda artrotomia.
I limiti della tecnica sono correlati alle difficoltà operative dovute alla presenza della sinovite ipertrofica e del grasso retropatellare. Queste risultano ancora più evidenti nei
soggetti di piccola taglia e nei brachicefali. Tale limite può
attualmente essere superato utilizzando strumenti di nuova
generazione quali vaporizzatore ed ottiche di diametro particolarmente piccolo (1,9 mm).
Indirizzo per la corrispondenza:
Massimo Olivieri, Via Marconi 27, 21017 Samarate (VA)
E-mail: [email protected]
This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee
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Diagnosi e trattamento artroscopico delle lesioni meniscali nel