Is tituto Profess ionale di Stato pe r l’Indus tria e l’Artigianato
“CAVOUR-MARCONI”
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Modulo 3 – Trasformatore
IL TRASFORMATORE: DESCRIZIONE
Il trasformatore è una macchina elettrica statica (perché non contiene parti in movimento), è costituito da
due circuiti elettrici (gli avvolgimenti, o circuiti, sono 2 nel caso di trasformatore monofase, nel
trasformatore trifase gli avvolgimenti sono 6) elettricamente separati ma accoppiati magneticamente,
avvolti intorno ad un nucleo in ferro (che funge da conduttore magnetico, così come il rame degli
avvolgimenti è un conduttore elettrico, in elettronica a volte il ferro manca, si tratta in questo caso di
trasformatori “in aria”). Il suo funzionamento è basato sul principio dell’induzione elettromagnetica:
l’energia è “trasportata” dall’avvolgimento primario al secondario senza che vi sia connessione
elettrica fra gli avvolgimenti grazie al fenomeno dell’induzione elettromagnetica.
Il trasformatore consente di convertire i parametri di tensione (simbolo V unità di misura [V] volt) e corrente
(simbolo I unità di misura [A] ampere) in ingresso rispetto a quelli in uscita, riuscendo a mantenere quasi
costante (a meno delle perdite per effetto dell'isteresi e delle correnti parassite) la potenza elettrica apparente
fra ingresso ed uscita. Un trasformatore che funzioni da riduttore di tensione (V1 < V2) è anche elevatore di
corrente (I1 > I2) e viceversa.
Il trasformatore è una macchina in grado di funzionare solo in corrente alternata, perché sfrutta i principi
dell'elettromagnetismo che sono legati ai flussi magnetici variabili (legge di Faraday- Neumann - Lenz).
Il trasformatore non è in grado di cambiare il valore della frequenza: la frequenza in entrata è sempre
uguale alla frequenza in uscita.
Il trasformatore svolge un ruolo fondamentale: senza il trasformatore le grandi reti di trasporto dell'energia
elettrica, che collegano le centrali elettriche alle utenze ( industriali e domestiche) non potrebbero
funzionare.
L’invenzione del trasformatore ed il suo perfezionamento (insieme alla mancanza di una macchina analoga
che funzionasse in corrente continua) sono stati fra i principali motivi dell’affermazione della corrente
elettrica alternata sulla corrente elettrica continua.
La potenza dei trasformatori viene sempre espressa in VA (voltampere) con i relativi multipli o
sottomultipli. La potenza apparente del trasformatore è un dato di targa, caratteristico di ciascun
trasformatore.
Al contrario la potenza in W (Watt) del trasformatore non è un dato di targa perché dipende dal carico che il
trasformatore alimenta, essendo la potenza attiva P dipendente dal fattore di potenza cos f che dipende dal
carico (detto Z il carico del trasformatore, con Z = R + j X, si ricordi che è f = arctg (X / R).
- TRASFORMATORE DI ISOLAMENTO - Se ne consiglia l'impiego quando si vogliono limitare i rischi di
contatti fra la terra e le parti attive che possono andare in tensione nel caso di cattivo isolamento.
Tensione max PRI e SEC = 1000 V a vuoto -- frequenza max 500Hz. -- potenza max = 25KVA se monfase e
40 KVA se polifase -- isolamento doppio o rinforzato.
- TRASFORMATORE DI SICUREZZA - E' un trasformatore d'isolamento la cui tensione secondaria a
vuoto, non deve superare i 50 Veff. "detta tensione di sicurezza". Le potenze non devono superare i 10 KVA
se monofase e i 16 KVA se polifase.
- CLASSE DI PROTEZIONE - E' la caratteristica costruttiva di un'apparecchiatura contro le correnti
pericolose
CLASSE I - tutte le parti metalliche accessibili del trasformatore, sono isolate dalle parti in tensione
tramite l'isolamento fondamentale (possono esserci punti con isolamento doppio o rinforzato) inoltre come
misura di sicurezza supplementare, le parti conduttrici accessibili, tramite un morsetto di massa, sono
collegate ad un conduttore di protezione di terra facente parte dell'impianto elettrico fisso.
CLASSE II - Tutte le parti metalliche accessibili del trasformatore, sono separate dalle parti in
tensione, tramite un isolamento doppio o rinforzato.
In questo caso l'apparecchio non deve essere collegato a terra.
-CLASSE DI ISOLAMENTO - Corrisponde alle classi d'isolamento dei materiali isolanti. A= 105°C -- E=
120°C -- B= 130°C -- F= 155°C -- H= 180°C.
La temperatura ambiente che circonda il trasformatore, se non diversamente specificato è da intendersi come
valore 40°C max.
- SOVRATEMPERATURA - E' la temperatura raggiunta dall'apparecchio durante il funzionamento, sottratta
dalla temperatura ambiente considerata 40°C.
Pertanto le sovratemperature max per i vari gradi di classe d'isolamento sono le seguenti: A= 60°C -- E=
75°C -- B= 80°C -- F= 100°C -- H=125°C
- TENSIONE DI INGRESSO NOMINALE - E' la tensione di alimentazione del trasformatore, che se non
concordato diversamente, non deve superare del 6% il valore nominale di targa senza che ciò porti danno al
funzionamento continuo dell'apparecchio.
Particolare attenzione va posta se invece di una sola tensione di ingresso la richiesta è di tensioni
supplementari o derivazioni. In questi casi si rende necessario un innalzamento del dimensionamento globale
del trasformatore, che in relazione alla differenza tra la tensione max e la tensione min. può variare dal 5% al
30%. La tensione in uscita in derivazione ad altre tensioni, se non diversamente specificato, disporrà di un
valore di corrente espresso dalla divisione della potenza per il valore più elevato di tensione.
- CORRENTE A VUOTO- E' la corrente al primario del trasformatore senza carico al secondario a tensione
e frequenza nominali. Dipende essenzialmente dalle proprietà del circuito magnetico e agli effetti pratici può
oscillare, anche per trasformatori della stessa serie, del +- 10-15% rispetto al valore nominale prestabilito.
- CORRENTE DI INSERZIONE - Al momento della messa in tensione del trasformatore, a seconda del
punto in cui si trova il valore di tensione sulla sinusoide, si ha un picco di corrente istantanea (per qualche
millisecondo) che può variare dal valore zero ad un valore di anche 30 volte la corrente di targa. (la riduzione
di tale fenomeno, si può ottenere aumentando la reattanza di dispersione del trasformatore e riducendo il
valore di induzione magnetica nel nucleo del trasformatore).
L'AUTOTRASFORMATORE E' UN TRASFORMATORE CON UN UNICO AVVOLGIMENTO
COMUNE SIA PER LE TENSIONI PRIMARIE DI ENTRATA SIA PER LE TENSIONI DI USCITA E
SENZA ISOLAMENTO ELETTRICO FRA LE STESSE.
La potenza equivalente (è detta potenza di nucleo secondo le attuali normative) risulta dalla formula:
Peq = Pn . (Vmax-Vmin) / Vmax
dove: Peq = potenza di dimensionamento reale (potenza di nucleo)
Pn = potenza nominale di targa (potenza passante)
Vmax = tensione più alta
Vmin = tensione più bassa.
L' autotrasformatore è particolarmente conveniente quando la tensione più alta non superi più di due o tre
volte la tensione più bassa e ovviamente non ci siano esigenze di separazione elettrica tra la tensione in
entrata e la tensione in uscita
Le enormi quantità di energia elettrica richieste dalla società moderna fanno sì che questa debba essere
prodotta in grandi quantità presso centri di produzione denominati centrali elettriche. Un parametro utile per
determinare la dimensione e la quantità di energia prodotta da una centrale è la potenza (simbolo P unità di
misura W) la quale può variare dalle decine di kW (1 kW = 1000 W) di piccole centrali idroelettriche o solari
alle centinaia di MW (1 MW = 1.000.000 W) delle grandi centrali termoelettriche e nucleari. Questa energia
deve essere trasportata anche per centinaia di km. La potenza elettrica è legata in maniera diretta ai parametri
di tensione e corrente, secondo la formula:
dove
, detto fattore di potenza, è il correttivo dovuto allo sfasamento fra tensione e corrente.
Ciò significa che a parità di potenza aumentando la tensione V diminuisce la corrente I (e si deve mantenere
più vicino possibile al valore unitario). Ciò è molto importante, in quanto la corrente I genera al suo
passaggio nei conduttori elettrici calore (per effetto Joule): più la corrente è alta e più calore si genera; per
ovviare a questo inconveniente bisogna aumentare la sezione dei conduttori, ma esiste un limite economico e
tecnologico nel dimensionamento delle linee elettriche, legato anche al fenomeno della caduta di tensione
delle linee stesse. Al fine quindi di abbassare la corrente I si effettua una trasformazione aumentando la
tensione V a parità di potenza P. Diminuendo le distanze da percorrere e la potenza da trasportare viene
anche meno l'esigenza di avere tensioni alte, se a questo si associa anche l'esigenza di avere per l'uso
domestico e industriale un livello di tensione compatibile con le esigenze di sicurezza, ne segue che dalla
produzione alla distribuzione sono necessarie un numero adeguato di trasformazioni verso tensioni via via
più basse.
La macchina elettrica che si occupa di effettuare tali trasformazioni è appunto il trasformatore.
A titolo di esempio, viene presentato un elenco delle tensioni tipiche di esercizio degli impianti elettrici:





230 V: tensione per usi domestici
400 V: tensione per uso industriale
15/20 kV (15.000 ÷ 20.000 V): tensione di esercizio delle reti elettriche di distribuzione secondaria
(lunghezza: alcune decine di km)
132/150/230/400 kV: tensione di esercizio delle linee elettriche di distribuzione primaria (lunghezza:
alcune centinaia di km)
0,5/1 MV: tensione di esercizio delle linee elettriche di interconnessione su lunghissime percorrenze
(lunghezza: alcune migliaia di km)
Costruzione e principio di funzionamento del trasformatore
Schema di principio
Il trasformatore più semplice è costituito da due conduttori elettrici (solenoidi) avvolti su un anello di
materiale ferromagnetico detto nucleo magnetico. L'avvolgimento al quale viene fornita energia viene detto
primario, mentre quello dalla quale l'energia è prelevata è detto secondario. I trasformatori sono macchine
reversibili, per cui questa classificazione non corrisponde ad un avvolgimento fisico unico.
Quando sul primario viene applicata una tensione elettrica alternata sinusoidale, per effetto dell'induzione
magnetica si crea nel nucleo un flusso magnetico con andamento sinusoidale. Per la legge di FaradayNeumann-Lenz, questo flusso variabile induce nel secondario una tensione sinusoidale.
La legge di Faraday – Neumann - Lenz o legge dell'Induzione elettromagnetica
L'espressione matematica della legge di Faraday (1831) è :
e(t) = −ΔΦ(t)/Δt o, più precisamente dal punto di vista dell'analisi matematica,
e(t) = −dΦ(t)/dt: la fem indotta è data dalla derivata rispetto al tempo del flusso.
La legge si può esprimere dicendo che:
" Una forza elettromotrice indotta è prodotta in un circuito elettrico, ogni volta che un flusso
magnetico con esso (circuito) concatenato varia nel tempo e l'effetto è tanto maggiore quanto più
rapida è la variazione".
il segno meno che compare nella legge è correlato alla legge di Lenz, secondo la quale:
"I fenomeni legati all'induzione elettromagnetica avvengono con modalità tali da contrastare le
cause che li hanno generati".
Torniamo al trasformatore.
La tensione prodotta nel secondario è proporzionale al rapporto tra il numero di spire del primario e quelle
del secondario secondo la relazione:
dove Vp è la tensione applicata sul primario, Vs la tensione indotta sul secondario, Np il numero di spire del
primario e Ns il numero di spire del secondario, k0 è chiamato rapporto di trasformazione (spesso indicato
come V1 / V2 = N1 / N2 = K0 . Ovviamente I1 / I2 = V2 / V1 = 1 / K0 )
Per una tensione sinusoidale di ampiezza massima Em il valore efficace E vale:
Trascurando le perdite, la relazione tra tensione, numero di spire, intensità di flusso e sezione del nucleo è
data dalla relazione:
Dove E è il valore efficace ( Veff anche indicato come RMS = root mean square) della tensione indotta, f è la
frequenza in Hertz, N è il numero di spire dell'avvolgimento al quale si fa riferimento, S è la sezione del
nucleo (in m2) e B è il valore dell'induzione in Tesla.
Costruttivamente il trasformatore monofase può essere realizzato nei due seguenti modi:
Lo scopo di quanto seguirà è quello di studiare la macchina al fine di ricavarne un modello che,
considerando la natura elettrica della macchina, sarà costituito da un circuito equivalente. Una volta
noto il modello sarà possibile prevedere il comportamento della macchina in qualsiasi condizione di
funzionamento attraverso delle simulazioni e, in definitiva, sarà possibile utilizzare la macchina nel
miglior modo possibile.
Considerando la complessità della macchina, risulta conveniente iniziarne lo studio e ricavarne il
modello per condizioni ideali e, successivamente, introdurre nel modello tutte quelle correzioni che
permettono di tenere conto dei tanti aspetti reali non trascurabili. In ogni caso il modello che si
ottiene è sempre il risultato di indispensabili ipotesi semplificative, oltre che della corretta
valutazione delle numerose leggi che governano il funzionamento della macchina. Il processo di
modellazione di un sistema, pur se con procedure diverse, è comune a tutti gli ambiti scientificotecnologici e, sempre, si cerca di arrivare ad un modello matematico idoneo alle elaborazioni,
anche numeriche. Nel nostro caso, il modello matematico sarà costituito dalle equazioni
elettrotecniche riferite al circuito equivalente.
Si definisce ideale un trasformatore caratterizzato dalle seguenti proprietà:
a) resistività elettrica del materiale conduttore impiegato per gli avvolgimenti è nulla, così da poter
considerare nulle le resistenze ohmiche degli avvolgimenti;
b) permeabilità magnetica del mezzo circostante il nucleo di valore nullo (quindi riluttanza dell’aria
infinita) e riluttanza del nucleo nulla, così da potersi ritenere tutto il flusso magnetico confinato nel
nucleo stesso e concatenato con entrambi gli avvolgimenti (perdite per flussi dispersi nulle).
c) perdite nel materiale ferromagnetico del nucleo nulle (questo implica che le perdite nel ferro per
correnti parassite e per isteresi magnetica siano nulle)
Dal trasformatore ideale al reale
Per trasformatore ideale in figura si assume la convenzione degli utilizzatori alla porta 1 (primario) e quella
dei generatori alla porta 2 (secondario). Questo è governato dalle equazioni simboliche:
dove k0 è il "rapporto di trasformazione".
Riluttanza del nucleo non nulla
Usiamo l'ipotesi di accoppiamento perfetto cosi da concatenare lo stesso flusso di induzione magnetica:
Le tensioni ai morsetti coincidono con le f.e.m. indotte valgono:
Considerando il funzionamento a vuoto, posso scrivere:
con I1μ detta corrente di magnetizzazione. Possiamo ricavare:
da cui considerando il funzionamento a carico, per il secondo principio di Kirchhoff
risolvendo e sostituendo la precedente equazione ottengo:
quindi la relazione che lega tensioni e correnti del trasformatore ideale diviene:
Perdite nel nucleo non nulle
Oltre alla corrente di magnetizzazione va aggiunta la componente dovuta a perdite per isteresi e correnti
parassite detta corrente a vuoto:
così la relazione che lega tensioni e correnti del trasformatore ideale diviene:
Per considerare le perdite per isteresi e correnti parassite che si producono nel nucleo.
Accoppiamento non perfetto tra gli avvolgimenti
L'accoppiamento imperfetto tra gli avvolgimenti è dovuto a linee di flusso che abbandonano il nucleo per
richiudersi attraverso percorsi in aria, si avranno cosi altri 2 flussi:


flusso di dispersione al primario Φ1d
flusso di dispersione al secondario Φ2d
posso definire:

reattanza di dispersione a primario

reattanza di dispersione a secondario
Resistenza degli avvolgimenti non nulle
Considera la resistenza dei conduttori che costituiscono gli avvolgimenti R1 e R2 poste in serie con le perdite
per accoppiamento non perfetto.
Schema completo equivalente
Eliminate tutte le ipotesi di idealità, le f.e.m. indotte dal solo flusso di mutua induzione
mentre le differenze di potenziale effettivamente presente alle porte del trasformatore reale valgono:
ricordando il rapporto di trasformazione:
ottengo relazione che lega tensioni e correnti del trasformatore reale:
queste equazioni descrivono il comportamento del trasformatore reale.
Trasformatore monofase reale
Il trasformatore reale si differenzia pertanto da quello ideale nei seguenti aspetti:
a) resistenze Ohmiche R1 , R2 degli avvolgimenti non nulle. A causa di ciò le correnti primaria e
secondaria produrranno delle cadute di tensione Ohmiche e delle perdite di potenza per effetto
Joule. Il valore delle resistenze Ohmiche aumenta con la temperatura, quindi per il circuito
equivalente si dovrà fare riferimento ad una ben precisa temperatura chiamata temperatura
convenzionale di riferimento T [°C] che vale 75 [°C] per le classi d'isolamento A, E, B oppure 115
[°C] per le classi F, H. Dal momento che gli effetti prodotti dalla presenza delle resistenze
dipendono dalle correnti, nel circuito equivalente che costituisce il modello del trasformatore reale,
le resistenze R1 , R2 andranno poste in serie al circuito, in modo da essere percorse rispettivamente
dalle correnti primaria e secondaria. Queste resistenze vengono proporzionate in modo tale che, a
pieno carico, le perdite per effetto Joule al primario ed al secondario siano circa uguali, ciò equivale
a fissare per i due avvolgimenti la stessa densità di corrente (nei trasformatori trifasi di media e
grande potenza 2,5 3,5 [A/mm2] per il rame, 1,5 2 [A/mm2] per l'alluminio, nei piccoli
trasformatori monofase 1,5  2,4 [A/mm2] decrescente all'aumentare della potenza per il rame).
b) presenza di flussi di dispersione al primario ed al secondario d1 , d2, causati dal fatto che la
permeabilità del mezzo circostante il nucleo non è nulla. Si tratta di flussi alternati sinusoidali di
frequenza pari a quella della tensione d'alimentazione, indipendenti dalla temperatura, sostenuti
rispettivamente dalla corrente primaria e secondaria, concatenati con un solo avvolgimento e che si
sviluppano prevalentemente in aria. Si ha così un flusso autoconcatenato in ciascun avvolgimento
che determinerà un'autoinduzione di f.e.m. e, in definitiva, una caduta di tensione reattiva induttiva
ed un impegno di potenza reattiva in ciascun avvolgimento. Di tali aspetti si terrà conto mediante
due reattanze di dispersione:
Tali reattanze, se la frequenza è costante, si potranno ritenere costanti perché il flusso di dispersione
che le origina, sviluppandosi in gran parte in aria, percorre un circuito magnetico che è lecito
ritenere a permeabilità magnetica costante. Inoltre andranno poste in serie nel circuito equivalente,
in modo da essere percorse dalle correnti primaria e secondaria, infatti gli effetti da esse prodotti
dipendono da tali correnti.
c) perdite nel ferro del nucleo dovute all'isteresi magnetica ed alle correnti parassite. L'entità di tali
perdite, riferite ad 1 [Kg] di ferro, ammonta rispettivamente a:
Pis = Kis·f·BM [W/Kg] ,  = 1,6 se BM < 1 [Wb / m2],  = 2 se BM  1 [Wb / m2]
Pcp = Kcp·(Kf·f·BM)2 [W/Kg] , dove Kf è il fattore di forma del flusso alternato.
In tali espressioni BM è il valore massimo dell'induzione alternata, Kis e Kcp sono due costanti
dipendenti dal tipo di mezzo ferromagnetico.
Entrambe le perdite si possono riassumere nell'espressione:
Si tratta di una espressione empirica, dove Cp è la cifra specifica di perdita che rappresenta le
perdite in 1 [Kg] di ferro quando la frequenza vale 50 [Hz] e l'induzione massima vale 1 [Wb/m2].
Le espressioni sopra scritte evidenziano come le perdite varino con la frequenza ad induzione
costante e con l'induzione a frequenza costante.
Se invece si immagina di mantenere costante la tensione applicata V1 (caso pratico più frequente,
specialmente per il trasformatore), allora si dimostra che le perdite per correnti parassite sono
indipendenti dalla frequenza, mentre le perdite per isteresi diminuiscono all'aumentare della
frequenza secondo l'esponente (1 - ) < 0.
Infatti:
avendo trascurato la caduta sull'avvolgimento primario e quindi considerato
4,443·N1·S e sostituendo nelle espressioni delle perdite si ha:
. Ponendo Y =
dalla quale si evince che a tensione costante le perdite per isteresi diminuiscono all'aumentare della
frequenza;
dalla quale si evince che a tensione costante le perdite per correnti parassite non dipendono dalla
frequenza.
Dalle stesse relazioni si nota come, per frequenza costante, le perdite per correnti parassite e per
isteresi aumentano proporzionalmente al quadrato della tensione (potendosi ritenere di solito
uguale a 2). Quindi è da evitare l'impiego del trasformatore a tensioni superiori ed a frequenze
inferiori alle nominali.
Delle perdite complessive nel ferro si terrà conto nel circuito equivalente con una resistenza fittizia
trasversale R0 in parallelo alla X , perché le perdite nel ferro sono pressoché proporzionali al
quadrato della BM e, perciò, della E1. Tale resistenza varrà:
Si chiama attiva la componente Ia di corrente assorbita che tiene conto delle perdite nel ferro. La I
e la Ia sono sempre presenti nel funzionamento del trasformatore. Nel funzionamento a vuoto esse
sono le sole correnti e dalla loro composizione si ha la corrente assorbita a vuoto
.
Ovviamente la corrente attiva è in quadratura in anticipo rispetto alla corrente magnetizzante e vale
.
d) perdite addizionali dovute alla maggior resistenza presentata dagli avvolgimenti in corrente
alternata rispetto alla corrente continua. Le perdite addizionali diminuiscono all'aumentare della
temperatura e sono originate dall'effetto pelle, dall'effetto di prossimità e dalle correnti parassite che
i flussi dispersi fanno scaturire nei mezzi conduttori da essi intersecati. Di tali perdite si tiene conto,
conglobandole assieme a quelle Ohmiche, mediante la resistenza equivalente ridotta al primario od
al secondario, riferita alla temperatura convenzionale.
e) non linearità del mezzo ferromagnetico, che determina l'impossibilità di avere
contemporaneamente sinusoidali la corrente magnetizzante ed il flusso. Infatti la permeabilità di un
materiale ferromagnetico non è costante, ma dipende dal valore del campo magnetico. Quindi la
caratteristica di magnetizzazione B = f(H) non è rettilinea così che a variazioni costanti di campo
corrispondono variazioni diverse d'induzione e la stessa cosa succede nella relazione tra flusso
(proporzionale all'induzione) e corrente magnetizzante (proporzionale al campo). Considerando che
il trasformatore viene alimentato da una tensione forzatamente sinusoidale e che la f.e.m. è
pressoché uguale alla tensione si può senz'altro ritenere sinusoidale il flusso (direttamente
proporzionale alla f.e.m.) e, quindi, deformata la corrente magnetizzante. La deformazione è tanto
più accentuata quanto più il punto di lavoro sulla caratteristica di magnetizzazione si addentra nelle
zone del ginocchio e della saturazione. Nella pratica si lavora con valori d'induzione massima nel
nucleo (1,3  1,75 [Wb/m2] a secondo del tipo di lamierino per i trasformatori trifasi di media e
grande potenza, 0,8  1,4 [Wb/m2] per i piccoli trasformatori monofase) tali da raggiungere a
malapena la zona del ginocchio così che la deformazione della corrente magnetizzante è poco
marcata. In tali condizioni è lecito ritenere la corrente magnetizzante uguale alla somma delle sue
componenti di prima (detta fondamentale) e terza armonica come mostrato in figura.
La componente di terza armonica, di frequenza 150 [Hz], può, nel caso non sia sufficientemente
piccola, provocare disturbi nelle linee telefoniche poste in prossimità alla linea che alimenta il
trasformatore essendo la sua frequenza nel campo dell'udibile.
f) sovracorrente d'inserzione, si presenta nell'istante di messa in tensione del TR a vuoto quando la
tensione ad esso applicata ha argomento iniziale nullo, cioè è esprimibile nella forma v1(t) =
V1M·sen(·t). In tale caso il flusso nel nucleo assume inizialmente un valore massimo doppio
rispetto a quello normale e, mandando in saturazione il ferro, determina il richiamo di una
intensissima corrente magnetizzante, anche 40 volte quella normale. Poichè la corrente
magnetizzante può anche essere il 5% della nominale a carico, si osserva che all'inserzione (durante
la prima semionda) la corrente può diventare anche il doppio della nominale a pieno carico e di ciò
si dovrà tenere conto nella scelta dei dispositivi di protezione contro i cortocircuiti dei trasformatori.
La condizione migliore di inserzione è quella per la quale v1(t) = V1M·sen(·t + /2), infatti in tal
caso il flusso assume fin dalla prima semionda il valore normale che poi conserverà.
Fattori influenti sul rendimento
Un trasformatore reale però non è una macchina perfetta e per questo presenta delle perdite, ovvero la
potenza assorbita dal primario è sempre superiore a quella fornita dal secondario. I diversi motivi di perdita
sono:





Effetto Joule prodotto dalla corrente che scorre negli avvolgimenti (dette perdite nel rame);
Induzione di correnti parassite nel nucleo che possono a loro volta dissipare energia per effetto Joule
(dette perdite nel ferro);
Perdita di flusso magnetico al di fuori del nucleo che può indurre correnti su oggetti vicini al
trasformatore;
Perdite per isteresi magnetica (sono perdite nel ferro);
Perdite per movimenti meccanici dovuti a forze magnetiche o magnetostrizione, solitamente
percettibili come il classico ronzio del trasformatore;
Le correnti parassite o correnti di Foucault sono delle correnti indotte in masse metalliche conduttrici che
si trovano immerse in un campo magnetico variabile o che, muovendosi, attraversano un campo magnetico
costante o variabile. In ogni caso la variazione del flusso magnetico genera queste correnti.
Le correnti parassite sono causate dal movimento (o variazione) del campo magnetico che attraversa un
conduttore. Il moto relativo genera la circolazione di elettroni, cioè corrente, nel conduttore. Questi elettroni
muovendosi in vortici generano a loro volta un campo magnetico in direzione opposta al campo magnetico
applicato (vedi legge di Lenz). Il fenomeno si accentua:




con l'aumentare del campo magnetico applicato (se sinusoidale con il quadrato dell'ampiezza)
con l'aumentare della conducibilità del conduttore attraversato dal campo magnetico
con l'aumentare del movimento relativo tra campo magnetico e conduttore
se il campo magnetico è variabile in modo periodico con l'aumentare della sua frequenza (se
sinusoidale con legge proporzionale al quadrato della frequenza)
Esempio di laminazione per ridurre le correnti parassite (in verde il campo magnetico che attraversa il
conduttore): in alto le correnti (tratteggiate) hanno un percorso maggiore; in basso la laminazione riduce i
percorsi delle correnti
Nucleo di trasformatore laminato per ridurre le correnti parassite
In tal caso maggiore è l'intensità delle correnti vorticose che si sviluppano e più forte il campo magnetico che
esse generano (e si oppongono al campo magnetico originario).
La corrente che si sviluppa nel conduttore ha una forma vorticosa perché gli elettroni sono soggetti alla Forza
di Lorentz che è perpendicolare alla direzione degli elettroni stessi in movimento. Quindi, essi ruotano alla
loro destra, o sinistra, a seconda del senso del campo applicato e della variazione del campo in aumento o in
diminuzione. La resistività del conduttore smorza queste correnti.
Le correnti parassite generano perdite di energia riscaldando il conduttore (Effetto Joule). Questo fenomeno
in molte applicazioni risulta negativo in quanto questa generazione di calore non ha nessun effetto utile. Ad
esempio nei trasformatori e nei motori elettrici determina una diminuzione dell'efficienza.
Si possono attenuare queste perdite scegliendo un nucleo magnetico che abbia una bassa conducibilità (ad
esempio: ferriti, acciaio al silicio) o suddividendo il nucleo magnetico in sottili strati, elettricamente isolati
(laminazione). In questo modo gli elettroni non possono attraversare la strato isolante tra i lamierini e l'area
racchiusa dal loro percorso viene ridotta.
Quindi più grande è il numero di lamierini per unità di superficie, perpendicolari al campo magnetico
applicato, maggiore è la riduzione delle correnti disperse. Non sempre le perdite per correnti parassite sono
un fenomeno non voluto. Vi sono applicazioni che si basano su di esso (vedi, ad esempio, i forni ad
induzione).
ISTERESI
L'isteresi è la caratteristica di un sistema di reagire in ritardo alle sollecitazioni applicate e in dipendenza
dello stato precedente.
L'isteresi è usata in fisica, per descrivere il comportamento di alcuni materiali magnetici e ferromagnetici.
Se la risposta di un sistema con isteresi viene rappresentata in un grafico in funzione dello stimolo, si ottiene
una caratteristica curva chiusa (grafico a destra). In un sistema privo di isteresi la curva costituisce una linea
singola. In presenza di isteresi si ottiene invece uno sdoppiamento della curva: se percorsa da sinistra a destra
si ha un cammino, se percorsa in senso inverso se ne ottiene un altro. In molti dei fenomeni fisici in cui si ha
tale caratteristica si ottengono due tratti orizzontali: uno superiore ed uno inferiore. Questi rappresentano i
limiti di saturazione. Per un sistema in esame, al variare di alcune condizioni, si può avere una famiglia di
curve, spazianti dalla quasi singola ad un'area racchiusa pressoché quadrata. L'ampiezza della curva chiusa è
indice dell'entità dell'isteresi.
Isteresi magnetica
Una famiglia di cicli di isteresi misurata con una densità di flusso modulata sinusoidalmente con frequenza
di 50 Hz ed ampiezza variabile da 0,3 T a 1,7 T (T = Tesla, unità di misura del vettore induzione magnetica
B ). Il materiale è acciaio ferromagnetico a cristalli orientati.
B = Vettore Induzione magnetica (anche detto densità del flusso magnetico. Si misura in Tesla)
H = Vettore Campo magnetico (si misura in Ampere/metro)
BR = Induzione residua (Rimanenza)
HC = Campo Coercitivo (Coercitività)
Il fenomeno dell'isteresi è ben noto nei materiali ferromagnetici. Quando un campo magnetico inducente (H)
viene applicato ad un materiale di questo tipo, si ha una sorta di memorizzazione. Se si aumenta il campo
inducente fino ad un valore di saturazione della a (B) e poi lo si porta a zero, si ottiene che il materiale
presenta una densità di flusso permanente in assenza di induzione, ovvero rimane magnetizzato. Invertendo
la direzione del campo, il campo indotto residuo contrasta il campo inducente e per un preciso valore di H,
detto campo coercitivo, la densità di flusso è nulla. Superato questo punto il flusso inizia a salire nella
direzione del campo inducente fino a giungere a saturazione. Ripercorrendo il ciclo in senso opposto il
fenomeno si manifesta specularmente.
La magnetizzazione residua può essere un problema perché per esempio mantiene attratta l'ancora di un relè
al cessare del segnale di comando. È possibile comunque eliminare questa magnetizzazione residua,
portando il materiale magnetizzato alla temperatura di Curie, alla quale si distrugge l'ordine ferromagnetico
negli spin elettronici. L'isteresi è anche una delle cause di dissipazione di energia nei trasformatori. Per
questi motivi il fenomeno deve essere tenuto in considerazione nella progettazione di componenti elettrici e
può essere attenuato scegliendo materiali a bassa isteresi.
Questo fenomeno è sfruttato in diverse importanti applicazioni. È alla base della memorizzazione magnetica
in nastri magnetici e hard disk. In questi ultimi dispositivi il verso della magnetizzazione residua rappresenta
un bit: 0 o 1. Per cambiare lo stato di magnetizzazione è però necessario conoscere lo stato precedente, in
base al quale varia il campo da applicare. Per evitare il problema si usa una tecnica detta bias, che consiste
nel portare ad un valore noto il sistema prima della scrittura. La stessa tecnica è usata nei registratori audio a
cassette, dove a volte è presente un selettore per il tipo di bias da usare in funzione del materiale
ferromagnetico usato nei differenti tipi di nastro.
Un sistema ferromagnetico è composto da domini microscopici, i cosiddetti “domini di Weiss”, che si
comportano come dipoli magnetici (coppia inseparabile di poli Nord- Sud). I dipoli tendono a raggrupparsi a
formare una piccola regione isotropa all'interno della quale la magnetizzazione è pressoché costante. Ciascun
dominio della regione può assumere uno o più stati metastabili, che possono differire notevolmente da
dominio a dominio ma la loro media equivale al livello di minima energia. L'isteresi è l'effetto risultante
dalla combinazione di questi domini e dei loro stati.
Rendimento di un trasformatore monofase
Si distingue il rendimento effettivo:
nel quale sia la potenza assorbita P1 [W] che la potenza erogata P2 [W] sono direttamente misurate,
dal rendimento convenzionale, più importante del precedente:
nel quale una delle due potenze si ricava dall'altra tenendo conto delle perdite PP [W] (calcolate con
riferimento al modello semplificato).
Le perdite nel ferro Pfe [W] valgono Po (potenza assorbita nella prova a vuoto, riportata sulla targa)
se il trasformatore è alimentato a tensione e frequenza nominali, altrimenti si calcolano con:
Le perdite nel rame Pcu [W] valgono Pcc (potenza assorbita nella prova in corto, riportata sulla
targa) se il trasformatore ha gli avvolgimenti percorsi dalle correnti nominali, altrimenti si calcolano
con:
Il trasformatore viene dimensionato per dare il massimo rendimento tra i 3/4 del pieno carico ed il
pieno carico. Si dimostra che il rendimento è tanto più grande quanto più è grande il f.d.p. del
carico. Inoltre, se si trascura la c.d.t. industriale, cioè se si immagina costante la tensione d'uscita al
variare della corrente erogata, allora la corrente teorica per la quale si ha il massimo rendimento è
quella che produce nel rame le stesse perdite che si hanno a vuoto nel ferro, ovvero:
Qualitativamente, l'andamento del rendimento in funzione della corrente erogata è quello sopra
raffigurato. Nei trasformatori ben costruiti e funzionanti a pieno carico il rendimento è sempre
molto elevato, anche pari al 99,5% per le macchine di elevata potenza.
Dati di targa del trasformatore
Il trasformatore, come tutte le macchine, è caratterizzato da una targa (etichetta metallica fissata
alla carcassa del trasformatore) che riporta i valori nominali di funzionamento. Si tratta dei valori
che servono a definire le prestazioni della macchina agli effetti delle garanzie e del collaudo. Non
bisogna infatti dimenticare che l'efficienza della macchina dipende, oltre che dalle sue parti attive
(ferro del nucleo, rame degli avvolgimenti), anche dal buon funzionamento degli isolanti impiegati.
Gli isolanti sono condizionati dall'ambiente nel quale lavorano, dalle tensioni che devono
sopportare e dalla temperatura che la macchina (in particolare gli avvolgimenti) raggiunge a regime
termico. La temperatura a regime dipende dalle perdite di potenza interne alla macchina, perdite nel
ferro che sono funzione del quadrato della tensione applicata e perdite nel rame che sono funzione
del quadrato della corrente negli avvolgimenti. I valori nominali sono quei valori che le grandezze
elettriche possono assumere garantendo il corretto funzionamento della macchina e, di solito,
garantendo il più alto rendimento possibile.
Per il trasformatore, i più importanti dati di targa sono:
a) la frequenza nominale fn [Hz];
b) le tensioni nominali primaria V1n [V] e secondaria V20n [V] (concatenate per la macchina
trifase), in valore efficace e riferite al funzionamento a vuoto;
c) il rapporto nominale di trasformazione
d) le correnti nominali primaria I1n [A] e secondaria I2n [A], in valore efficace e riferite ai terminali
di collegamento del trasformatore alle linee;
e) la potenza nominale definita come Sn = V1n·I1n = V20n·I2n [VA] per il trasformatore monofase,
Sn =
·V1n·I1n =
·V20n·I2n [VA] per il trasformatore trifase;
f) le perdite a vuoto espresse in percento della potenza nominale Po% , la corrente assorbita a vuoto
in percento della corrente nominale Io% , il f.d.p. a vuoto cos 0 quando il trasformatore è
alimentato a tensione e frequenza nominali (esiste la relazione cos 0 = Po% / Io% );
g) le perdite in cortocircuito espresse in percento della potenza nominale Pcc% , la tensione
applicata in cortocircuito in percento della tensione nominale Vcc% , il f.d.p. in cortocircuito
cos CC quando il trasformatore ha i morsetti d'uscita cortocircuitati, ha gli avvolgimenti percorsi
dalle correnti nominali e la temperatura è quella convenzionale di riferimento (esiste la relazione
);
h) il gruppo (o la famiglia) d'appartenenza, solo per i trasformatori trifase;
i) la classe d'isolamento, che definisce la temperatura convenzionale di riferimento della quale
abbiamo già parlato;
l) il tipo di servizio (continuo, che caratterizza i trasformatori che possono funzionare senza
interrompere mai il servizio, di durata limitata, intermittente).
E’ bene ricordare che, indipendentemente dall'impiego che se ne farà (riduttore o elevatore di
tensione), si definisce primario l'avvolgimento di alta tensione e i morsetti dei due lati (di alta e
bassa tensione) si identificano mediante lettere maiuscole dal lato di alta tensione e minuscole dal
lato di bassa tensione, usando la stessa lettera per i morsetti dei due lati che si corrispondono
(ovvero che assumono contemporaneamente il potenziale positivo o negativo).
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Trasformatore IL TRASFORMATORE