A. N. T. I.
ASSOCIAZIONE NAZIONALE TRIBUTARISTI ITALIANI
FONDATA NEL 1949
SEZIONE LOMBARDIA
Atti della conferenza del
19 giugno 2008
Milano - Società del Giardino
LA TRASPARENZA
FISCALE
Coordinatore:
Prof. Avv. Francesco Tesauro
Relatore:
Prof. Avv. Marco Versiglioni
“ACCERTAMENTO CON ADESIONE, AUTOTUTELA
E TRASPARENZA FISCALE”
Conclusioni:
Prof. Avv. Gianfranco Gaffuri
Marco Versiglioni
Riunione A.N.T.I. – Sezione Lombardia - giugno 2008
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Accertamento con adesione e responsabilità del
funzionario dell’amministrazione finanziaria 1.
Sommario. 1. Premessa. 2. ‘Indisponibilità tributaria rovesciata’, ‘discrezionalità
tributaria’ e responsabilità del funzionario dell’Amministrazione Finanziaria:
2.1. accertamento con adesione e ‘temi’ del ragionamento giuridico tributario;
2.2. (Segue) accertamento con adesione e ‘veicoli’ del ragionamento giuridico
tributario. 3. Nozione e disciplina giuridica dell’accertamento con adesione.
3.1. L’accordo (= ‘veicolo etico’), … 3.2. (Segue) … non contrattuale (limitato
a ‘temi etici’), … 3.3. (Segue) … negoziale - transattivo (compositivo, e non
accertativo), … 3.4. (Segue) … preclusivo (né dichiarativo, né costitutivo), …
3.5. (Segue) … sensibile alla “sopravvenienza” (tributaria e/o comune), … 3.6.
(Segue) … civilisticamente disciplinabile (con norme compatibili e non derogate) … 3.7. (Segue) … e postulante, a pena di responsabilità, l’efficienza del
funzionario dell’Amministrazione Finanziaria, tenuto metodologicamente ad
attivare l’indole ‘etico-compositiva’ (“verità=consenso”). 4. Conclusioni.
1. Premessa
Sono particolarmente grato al Prof. Massimo Basilavecchia e al Prof. Lorenzo Del Federico per avermi invitato ad intervenire sul tema
dell’accertamento con adesione. Non potrebbe esistere occasione più propizia
di quest’incontro di studio fra amministrativisti e tributaristi per testare l’idea
che tale strumento di ‘attuazione consensuale della norma tributaria’ sia plasmato sulla matrice dogmatica degli accordi amministrativi (naturalmente sostitutivi) di cui all’art. 11 della L. 241/90 2.
L’ipotesi è che l’accertamento con adesione costituisca un segno sia
dell’esistenza di aree comuni (al diritto amministrativo e al diritto tributario)
1
Il presente contributo è stato elaborato sulla base della relazione tenuta nell’ambito del III
Incontro di studio fra amministrativisti e tributaristi, “Azione amministrativa ed azione impositiva tra autorità e consenso. Strumenti e tecniche di tutela dell’amministrato e del contribuente”, svoltosi in Pescara il 5 ottobre 2007, su iniziativa del Dipartimento di scienze giuridiche
dell’Università di Chieti-Pescara.
Questo testo, al quale farò riferimento nel corso della odierna riunione organizzata dalla
Sezione Lombardia dell’A.N.T.I., verrà pubblicato, con marginali modifiche, nella rivista “Giustizia tributaria”, 2008.
2
Per la formulazione di tale idea (rispetto alle novità legislative introdotte nel 1994), può
vedersi M. Versiglioni, Contributo allo studio dell’attuazione consensuale della norma tributaria, Perugia, 1996, passim.
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in cui convivono i principi pacta sunt servanda e rebus sic stantibus, sia
dell’esistenza di ponti logico-giuridici che collegano (soltanto) concetti diversi e peculiari ai due settori, perciò giustamente destinati a vivere in ambiti differenti (ad es., “discrezionalità amministrativa” e ‘discrezionalità tributaria’
3
).
Tenterò, insomma, di difendere l’ammissibilità dogmatica e normativa
dell’‘accordo amministrativo tributario’ e la sua compatibilità con un’inedita
nozione tipologica dell’‘indisponibilità tributaria’ (che intenderebbe sostituirsi al tradizionale concetto unitario che, invece, vede in essa la puntuale negazione della “discrezionalità amministrativa” (4)). Tutto ciò mantenendo ferma
la premessa, fissata dalla Costituzione, che il diritto tributario è un ‘diritto con
verità’, e non un « diritto senza verità’ » 5.
3
In merito alla distinzione tra “discrezionalità amministrativa” e ‘discrezionalità tributaria’,
nei termini che saranno utilizzati nel prosieguo, può vedersi M. Versiglioni, Accordo e disposizione nel diritto tributario. Contributo allo studio dell’accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale, Milano, 2001, 382 ss.
(4) Per un inquadramento storico-evolutivo del dogma dell’indisponibilità nel diritto tributario e per la teorizzazione di una specifica forma di ‘discrezionalità tributaria’, se si vuole, si
veda ancora M. Versiglioni, Accordo e disposizione, cit., 303 ss., ed ivi numerose citazioni di
lavori precedenti sul tema. Successivamente, sul dogma dell’indisponibilità, oltre al nostro
Prova e studi di settore, Milano, 2007, 57 ss., 88 ss. e 138 ss., si vedano F. Gallo, La natura
giuridica dell’accertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2002, 426; A. Fantozzi, La teoria
dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria (2002); L.Tosi, Adesione, conciliazione ed autotutela: disponibilità o indisponibilità dell’obbligazione tributaria ? (2002), entrambe in Adesione, conciliazione ed autotutela: disponibilità o indisponibilità dell’obbligazione tributaria?,
Padova, 2007; M. Fanni, L’indisponibilità del credito tributario quale principio fondamentale,
salvo tassative deroghe, in Dir. pr. trib., II, 2002, 725; R. Lupi, Sull’impossibilità del Comune
di rinunciare alla TARSU nel quadro di una convenzione per lo svolgimento di un servizio
pubblico. A proposito di disponibilità del credito tributario, in Dial. dir. trib., 2004, 21; G. Petrillo, Profili sistematici della conciliazione giudiziale tributaria, Milano, 2006, 94 ss.; G. Falsitta, Relazione al Convegno “Gli ottanta anni di Diritto e pratica tributaria”, in Gli ottanta
anni di diritto e pratica tributaria, 2007, 35.; P. Russo, Indisponibilità del tributo e definizioni
consensuali delle controversie, Relazione al Convegno su “Profili autoritativi e consensuali del
diritto tributario”, Catania 14-15 settembre 2007; L. Tosi, Il delicato rapporto tra autorità e
consenso in ambito tributario: il caso della transazione fiscale, Relazione al Convegno su “Azione amministrativa ed azione impositiva tra autorità e consenso. Strumenti e tecniche di tutela
dell’amministrato e del contribuente”, svoltosi in Pescara il 5 ottobre 2007; A. Cuva, Conciliazione giudiziale ed indisponibilità dell’obbligazione tributaria, Padova, 2007, passim; M.T.
Moscatelli, Moduli consensuali e istituti negoziali nell’attuazione della norma tributaria, Milano, 2007, 121 ss.; A. Guidara, Gli accordi nella fase della riscossione, in Autorità e consenso
nel diritto tributario, a cura di S. La Rosa, Milano, 2007, 352 ss. Per quanto concerne la discrezionalità nel diritto tributario, si rinvia a L. Perrone, Discrezionalità amministrativa (dir. trib.),
in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, Milano, 2006, 2002 ss.
5
Sul concetto di diritto tributario inteso come ‘diritto con verità’ (e non come « diritto senza verità »), per il quale cioè è imposto al legislatore di trovare soluzioni che rendano vere le
equazioni o le proporzioni logiche fissate dalla Costituzione (ad es.: ‘presupposto del tributo =
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Cercherò poi di cogliere i segni peculiari dell’accertamento con adesione
sia dall’interno, individuando il suo oggetto (rectius: il suo presupposto di legittimità - sostanziale e comportamentale -), sia dall’esterno, segnando la sua
posizione nell’ambito della categoria degli ‘accordi amministrativi tributari’
(tra i quali dovrebbero annoverarsi, a mio avviso, altre figure con ‘codice genetico’ consensuale: precisamente, sia gli accordi attuativi di norme - la conciliazione giudiziale, l’acquiescenza, l’autotutela da istanza, l’interpello -, sia
quelli attuativi di obbligazioni - rateizzazione, sospensione, garanzia, compensazione, accollo e transazione -) 6.
Questo percorso dovrebbe consentire di evidenziare, infine, la natura e la
disciplina giuridica dell’istituto (disciplina tributaria o comune - quest’ultima,
se ed in quanto compatibile e non derogata da quella tributaria -).
Ma prima di iniziare, nella speranza di dar continuità al discorso complessivo, è forse opportuna una precisazione destinata ad esprimere i termini del
collegamento tra l’argomento specifico di cui parlerò e i temi generali trattati
dalle autorevoli Relazioni che mi hanno preceduto.
Lo studio dell’accertamento con adesione implica l’esame delle sole forme di ragionamento adottate dal contribuente o dal fisco nel limitato ambito
dell’‘attuazione incerta della norma tributaria’. Sicché (intendo riferirmi alle
basi dogmatiche appena illustrate dal Prof. Girolamo Sciullo), la “disposizione” e la “discrezionalità” di cui parlerò tra poco, da tributarista, hanno in
quest’ambito (penso all’alveo concettuale delineato dal Prof. Massimo Basilavecchia e dal Prof. Salvatore La Rosa) un campo di applicazione
(l’incertezza = la res litigiosa) diverso da quello cui si riferiscono gli amministrativisti, quando si occupano degli stessi temi, poiché essi osservano la “disposizione” e la “discrezionalità” nella loro differente (e ben più ampia) attitudine a “regolamentare nel concreto gli interessi in gioco”.
2. ‘Indisponibilità tributaria rovesciata’, ‘discrezionalità tributaria’ e responsabilità del funzionario dell’amministrazione finanziaria: 2.1. accertamento con adesione e ‘temi’ del ragionamento giuridico tributario;
capacità contributiva’; ‘prova del presupposto del tributo = massima di comune esperienza’;
‘presupposto del tributo : capacità contributiva = prova : massima di comune esperienza’…),
può vedersi M. Versiglioni, Prova e studi di settore, cit., passim; ID., ‘Logiche’, ‘regole’ e
‘principi’ del ‘ragionamento giuridico tributario’ (tra «autorità» e «consenso»), in AA.VV.,
Autorità e consenso nel diritto tributario, a cura di S. La Rosa, Milano, 2007, 117 ss.; ID.,
“Sull’uomo giuridico tributario”, in Economia e concezione dell’uomo, a cura di Pierluigi
Grasselli, Milano, 2007, 351 ss.
6
L’ipotesi ricostruttiva della categoria degli ‘accordi amministrativi tributari’ può vedersi,
eventualmente, in M. Versiglioni, Accordi amministrativi (dir. trib.), in Dizionario di diritto
pubblico, diretto da S. Cassese, Milano 2006, 91 ss.
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Partirò dal dogma dell’indisponibilità. Infatti, tale dogma costituisce il
presupposto logico-giuridico di qualsiasi approccio, passato o recente, alla natura giuridica del concordato tributario (recte: della conciliazione e
dell’adesione). E poiché da questa natura derivano nessi logici indispensabili
per risolvere numerose questioni teoriche e pratiche, il tema
dell’‘indisponibilità tributaria’ e quello, ad esso complementare, della ‘discrezionalità tributaria’ divengono momenti necessari del discorso ricostruttivo da compiere in ordine all’accertamento con adesione. In specie se, come
in questa sede, s’intenda almeno lambire il profilo della responsabilità del
funzionario dell’amministrazione finanziaria ‘tenuto’ ad applicare tale strumento.
L’evoluzione di questi concetti testimonia come sul secolare tema
dell’indisponibilità (intesa quale negazione della discrezionalità), la dogmatica di settore abbia, di fatto, stratificato una spessa serie di accezioni. Tuttavia,
rispetto all’adesione (e alla conciliazione), qualunque sia l’accezione condivisa, il dogma dell’indisponibilità sembra ‘inconsistente’ o ‘inconferente’ (7).
Anzi, nel ristretto e fisiologico ambito di operatività (validità e liceità)
dell’accertamento con adesione, cioè nell’‘attuazione incerta della norma tributaria’, sembra palesarsi, piuttosto, la ‘discrezionalità tributaria’, quale
(7) Rispetto all’accertamento con adesione e alla conciliazione giudiziale, il dogma
dell’indisponibilità è ‘inconsistente’ sia quando di esso si parla nel senso di “inaccessibilità in
campo tributario del negozio civilistico” (poiché in senso opposto depongono l’introduzione
della conciliazione giudiziale e la sua riconosciuta costituzionalità anche in assenza di norme
che, ai fini dell’estinzione del giudizio, attribuiscano al giudice un potere di controllo in ordine
al merito dell’accordo), sia quando di esso si coglie il significato di “alterità delle posizioni occupate rispettivamente dall’amministrazione finanziaria e dal contribuente” (poiché il rivolgimento del quadro del procedimento amministrativo, disposto dalla L. 241 del 1990 ha, finalmente introdotto, tra l’altro, il riconoscimento della possibilità di svolgere una funzione pubblica “per consenso”).
Di poi, sempre rispetto all’accertamento con adesione e alla conciliazione giudiziale, il
dogma dell’indisponibilità è ‘inconferente’ se considerato nell’accezione di “irrinunciabilità al
credito tributario”, poiché l’ambito in cui opera fisiologicamente l’accertamento con adesione è
quello, e soltanto quello, dell’‘attuazione incerta’, ove confliggono la pretesa
dell’amministrazione e il diritto alla contestazione del contribuente (ed ove, pertanto, il credito
tributario è controverso). Infine (ponendo in disparte la questione dell’accettabilità o meno del
discutibile concetto del “potere amministrativo d’imposizione”), il dogma dell’indisponibilità è
parimenti ‘inconferente’ nell’accezione di “irrinunciabilità al potere amministrativo di imposizione”, in quanto l’accertamento con adesione non implica concettualmente, anche se riguardato in una visione transattiva, rinuncia ai poteri che la legge attribuisce all’amministrazione finanziaria per l’accertamento del tributo (anzi, esso ne è affermazione, dato che implica il preventivo svolgimento da parte del Fisco di tutte le normali attività di controllo ad esso propedeutiche). Per un approfondimento dei temi e degli argomenti qui sintetizzati, può vedersi M. VERSIGLIONI, Accordo e disposizione, cit., 303 ss.
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nuovo modus agendi degli Uffici fiscali (ben differente dalla “discrezionalità
amministrativa” e dalla “discrezionalità tecnica”) e, precisamente, quale ambito di scelte non predeterminate, concernenti sia il se accordarsi, sia il
quantum dell’accordo.
Queste conclusioni hanno formato oggetto di osservazioni critiche,
mosse da recente autorevole dottrina (8). Tali osservazioni non sembrano condivisibili (9) e, soprattutto, invitano a formulare un’ipotesi su cosa, in positivo,
(8) G. Falsitta, Commento su La Storia, in Gli ottanta anni di Diritto e pratica tributaria Raccolta di interventi preparatori, 46-48; ID., Lotta ad oltranza della piaga dell’evasione fiscale ma senza moratoria delle garanzie costituzionali, in Corr. giur., 2007, 5 ss., riferendosi al
nostro Accordo e disposizione e ad un lavoro successivo, in cui si è fatto solo cenno al problema dell’indisponibilità (M. Versiglioni, Prime riflessioni sul concordato triennale preventivo,
in Riv. dir. trib., 2002, 373 ss.), ha ravvisato in tali lavori un « verdetto di condanna » del principio di indisponibilità; tale verdetto, afferma l’Autore, sarebbe inaccettabile dato che « non ha
basi logiche, come direbbe Antonio De Viti De Marco ». L’Autore correla il principio
dell’indisponibilità del credito di imposta ai principi costituzionali sulla giustizia nella ripartizione del carico fiscale, i quali, secondo la logica del De Viti De Marco, garantirebbero la «
perequata » imposizione, impedendo che « chi paga meno del dovuto scarichi quel meno su
altri contribuenti ». Trattasi di uno sviluppo in chiave logica della tesi che l’Autore formula
nella sua (quinta) edizione del Manuale (Id., Manuale di diritto tributario, Parte generale, Padova 2005, 155), ove è affermato che « è incostituzionale per violazione degli articoli 3 e 53
ogni legge che attribuisca all’amministrazione finanziaria il potere di disporre dell’esistenza e
dell’ammontare dell’imposta mediante trattamenti privilegiati da accordarsi a singoli contribuenti con atti di rinuncia, rimessione, transazioni, concordati, sconti, abbuoni e così via ».
(9) Sul piano logico, sembra opportuno segnalare che, limitando l’analisi - come si è fatto
nei lavori criticati da G. Falsitta - alla sola attuazione della norma in situazioni di incertezza, la
concezione del De Viti De Marco, pur incontestabile in linea di principio, non appare idonea a
sostenere la critica, poiché non sembra in grado di accedere (né tanto meno di offrire soluzione)
al problema insito nell’accertamento, in situazioni incerte, del « chi paga meno » e del « meno
del dovuto ». Infatti, tale logica presuppone una situazione di certezza, vale a dire una situazione opposta rispetto a quella costituente la premessa dei citati lavori e quindi delle ipotesi in essi
formulate.
Sul piano giuridico, appare preferibile la tesi che non estende l’ambito di applicazione
dell’art. 53 Cost. né alla genesi delle norme diverse da quelle sostanziali, né all’attuazione delle
norme di imposta al caso concreto. Si ha infatti il timore che la tesi opposta (la quale amplia
l’operatività dell’art. 53 Cost. alla genesi delle norme strumentali e all’attuazione delle norme
di imposta al caso concreto) rischierebbe di annacquare e quindi di indebolire la forza deontologica della funzione svolta dal principio di capacità contributiva, sia che lo si osservi in
un’ottica razionale, sia che lo si osservi in un’ottica solidaristica. Ma soprattutto, forse, una siffatta concezione finirebbe proprio per violare il principio di indisponibilità che (ex art. 23
Cost.) impone all’operatore del diritto di applicare la legge e non le norme costituzionali - tra le
quali, particolarmente, l’art. 53 -.
D’altro canto, la decisa e recente critica rivolta da G. Falsitta ai lavori del 2001 e del 2002
(che raccolgono idee prefigurate in un precedente lavoro - M. Versiglioni, Contributo allo studio dell’attuazione consensuale della norma tributaria, Perugia, 1996 -) invita a precisare (oltre
ai limiti) i contenuti delle ipotesi ricostruttive cui si pervenne. In tali studi la rivisitazione della
dogmatica tributaria, in particolare dell’indisponibilità, non è svolta in un’ottica generale, ma
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sia l’indisponibilità. Volendo lasciare in disparte i profili attinenti alle invalidità (questioni di cui si è approfonditamente occupato e di cui ci parlerà tra
poco il Prof. Enrico Marello), l’ipotesi definitoria potrebbe essere “testata” sul
“banco” dell’eventuale responsabilità del funzionario dell’amministrazione
finanziaria ‘tenuto’ a servirsi dell’adesione (o della conciliazione).
In primo luogo, non sembra che il dogma dell’indisponibilità possa essere contestato, almeno nella sua configurazione puntuale (= ideale); semmai,
nella prospettiva della sola ‘attuazione incerta finalizzata al componimento’ (e non
all’accertamento) che concerne le situazioni litigiose o potenzialmente litigiose sorte in sede di
applicazione della norma tributaria al caso concreto. Nei limiti di quelle indagini, non si è potuto pervenire a conclusioni circa l’essenza dell’indisponibilità nel diritto tributario (né si è inteso
escludere in toto che esista il principio dell’indisponibilità o dell’irrinunciabilità del credito di
imposta - principio peraltro più volte recentemente rimodellato da un legislatore sempre più
attento all’efficienza dell’agere pubblico -). Si è invece limitatamente osservato che
l’introduzione legislativa della conciliazione giudiziale (peraltro seguita dalla previsione di
numerose altre fattispecie di analoga matrice concettuale) e l’accertamento della sua legittimità
costituzionale svolto dalla Corte, hanno reso “inconsistenti” (cioè cedevoli) le basi normative
del dogma inteso come “inaccessibilità in campo tributario del negozio civilistico”. Parimenti,
si è notato che, sul piano logico-giuridico, nell’‘attuazione incerta finalizzata al componimento’
(e non all’accertamento), il dogma dell’indisponibilità nella sua accezione di “irrinunciabilità
del credito tributario” appare “inconferente”. L’osservazione trova la sua base logica nel concetto aristotelico, più volte richiamato anche nel successivo Prova e studi di settore, cit., secondo cui, nel dubbio, di fronte all’incapacità di conseguire il bene idealmente inteso, l’uomo «
deve scegliere il male minore ».
Insomma, le conclusioni raggiunte circa l’inconsistenza e l’inconferenza del dogma
dell’indisponibilità rispetto alle questioni poste dalla conciliazione giudiziale e
dall’accertamento con adesione, nonché a quelle poste dal prefigurato concordato preventivo
triennale, dimostrano, da sole, che è ferma e mai dubitata convinzione di chi scrive che
l’indisponibilità, intesa come vincolo precettivo, esiste, ma è consistente e conferente rispetto
ad altro ordine di questioni: quelle in cui l’ordinamento considera imprescindibile il fine
dell’accertamento della ‘verità puntuale’ o di un suo surrogato equivalente (“verità = corrispondenza” o “verità = coerenza” o “verità = correttezza procedurale”). La conciliazione giudiziale persegue una soluzione negoziata della controversia, in una logica di componimento, senza possibilità per il giudice di una valutazione del merito dell’accordo. L’accertamento con adesione è volto a definire consensualmente l’accertamento a prescindere dall’esistenza di criteri
predeterminati di indirizzo delle decisioni funzionali all’accordo, e produce effetti preclusivi
più forti di quelli della transazione civilistica (la c.d. “zona franca” non suscettibile di subire il
potere di integrazione). Entrambi gli istituti operano all’interno di un quadro premiale che si
perfeziona con una modalità tipica dei contratti reali. Tutti questi elementi sono sembrati inconfutabili segni dell’avvenuta scelta legislativa (e costituzionale) del « male minore », cioè di un
surrogato di talune forme di verità (“verità = corrispondenza”, “verità = coerenza”, “verità =
correttezza procedurale”), ottenuto mediante un alternativo (“verità = consenso”). Ebbene, in
questo ristretto ambito, appare perciò logicamente inconsistente e/o inconferente
l’indisponibilità tradizionalmente intesa (= negazione o limitazione della discrezionalità).
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può discutersi l’argomento mediante il quale la sua esistenza giuridica (puntuale = ideale) debba essere provata (10).
Tale dogma, però, se si muove, come detto, dal presupposto che il diritto tributario è un ‘diritto con verità’, non può prescindere dalla verità (effettività) in cui deve concretarsi l’attuazione della norma tributaria, ne può prescindere dal fatto che questa verità (effettività) implica ragionamenti giuridici
umani e che, talvolta, tali ragionamenti devono essere svolti per superare
l’incertezza che sorge dalla potenzialità (11) o dall’attualità della lite (come avviene nell’adesione e nella conciliazione).
Insomma, la specificità dell’attuazione della norma tributaria (la determinazione delle obbligazioni - non dell’obbligazione - e l’esercizio - non la
titolarità - della funzione di accertamento) è che essa, nel suo svolgersi tra autorità e consenso, se può (per lo più deve) prescindere dal volere, non può invece prescindere dalle forme del ragionamento - quindi dall’ineludibile « de-
(10) Sebbene in dottrina gli indirizzi prevalenti focalizzino l’art. 53 (e l’art. 3) Cost., come
si vedrà, sembra invece preferibile riferire il dogma (se ed in quanto inteso nella concezione
tipologica qui ipotizzata e non già considerato nella figura tradizionale unitaria) all’art. 23 Cost.
(indisponibilità ‘puntuale’ o ‘in pratica puntuale’) e agli articoli 24, 97 e 111 Cost. (‘indisponibilità intervallare’ e ‘indisponibilità rovesciata’).
(11) Così, è fisiologica l’incertezza connessa alla potenzialità della lite che si delinea a
fronte di una pretesa avanzata avendo tenuto conto di tutti i dati del problema raccolti con
l’efficienza richiesta a chi è tenuto ad ottimizzare nel concreto il rapporto certezza/giustizia. La
relatività della decisione pubblica rispetto alla qualità e alla quantità dei dati reperiti con indagini efficienti (= disponibili) è ben colta dalla recente dottrina che, mentre osserva come debba
ritenersi indisponibile il potere d’indagine dell’amministrazione finanziaria (nel senso che questa ‹‹ non può deviare, quando determinati elementi siano affiorati ››), segnala, però, che
l’esercizio di tale potere deve seguire i criteri che promanano dal principio di buon andamento
di cui all’art. 97 Cost. (così S. Muleo, Il consenso nell’attività di indagine amministrativa, in
Autorità e consenso, cit., 110). Da questa premessa, che pare condivisibile (in tal senso, se si
vuole, possono vedersi le idee espresse in M. Versiglioni, Accordo e disposizione, cit., 353 ss.,
spec. 357) se precisata nei termini qui indicati nel testo, non sembra sia possibile trarre, invece,
la conclusione cui giunge l’Autore quando così assolutizza: ‹‹ per la parte pubblica non si può
quindi ipotizzare la disponibilità della materia del consenso ››. Posto, infatti, che ovviamente
non sarebbe legittimo - né teorizzabile - un ‹‹ accordo tributario che implichi una rinunzia al
prelievo ›› in situazione di certezza sull’attuazione della norma (o dei diritti), l’intero ragionamento svolto dall’Autore, riguardante l’esercizio dei poteri di indagine, sembra invece inconferente rispetto a quello da farsi a proposito della fase successiva, laddove, avendo la parte pubblica svolto ‹‹ al meglio ›› i poteri/doveri di indagine, ad essa appaiano però incerti gli ‹‹ elementi affiorati ›› - considerato che proprio l’incertezza è il presupposto imprescindibile della
‘disponibilità tributaria’ ipotizzata limitatamente all’accertamento con adesione e alla conciliazione giudiziale ed osservata, più in generale, rispetto alla categoria degli ‘accordi amministrativi tributari’ -. Per un approfondimento, se si vuole, oltre ai lavori Accordo e disposizione, cit.,
e Prova e studi di settore, cit., può vedersi anche M. Versiglioni, Accordi amministrativi, cit.,
91 ss.
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bolezza » - dell’homo iuridicus, poiché queste rappresentano il presupposto
logico - prima che giuridico - di quelle attività.
E questa prospettiva di indagine sembra ineludibile anche focalizzando
la particolare natura (pubblica) di una delle parti. Infatti, se si rimanesse ancorati alla visione intransigente, monolitica - e idealmente puntuale dell’indisponibilità (cioè alla visione che la concettualizza trascurando
l’incertezza giuridica), l’agere dell’homo iuridicus publicus sarebbe afflitto da
invalidità e responsabilità tali da rendere irrealizzabili, logicamente prima che
giuridicamente, i fini delle attività allo stesso demandate (rendere ‘effettive’ la
legalità - astratta - dell’obbligazione e la titolarità - astratta - della funzione).
Tanto che, paradossalmente, proprio quel modo assolutizzante di osservare
l’indisponibilità - quale puntuale (ideale) garanzia della giustizia tributaria nel
riparto dei carichi pubblici (12) - finirebbe per divenire la negazione a priori
della concreta possibilità di rendere vere nel concreto (effettive) la legalità
dell’obbligazione e la titolarità della funzione, continuando ad alimentare
l’improprio svilimento moderno dello “homo burocraticus”.
Se, pertanto, si muove dall’idea che quello tributario è un ‘diritto con
verità’, e se a quest’idea si associa quella secondo cui l’agere dell’homo iuridicus publicus non può prescindere (in toto) dal dubbio insito nella lite (potenziale o attuale), può comprendersi che, per definire in positivo
l’indisponibilità, è necessario fissare alcuni concetti preliminari, quali quelli
di verità e di effettività.
Peraltro, l’esame di questi concetti presuppone l’approfondimen-to della nozione di giudizio (di diritto e di fatto), e quindi delle forme di ragionamento dell’‘uomo giuridico tributario’ posto dinanzi alle diverse forme di ve(12) Ragionando dal punto di vista dell’obbligazione di riparto - particolarmente focalizzata da coloro che fondano l’indisponibilità sull’art. 53 Cost. -, se per ipotesi, mutatis mutandis, si
pensasse ad un regolamento condominiale che escludesse gli usuali criteri di riparto (notoriamente ancorati a ‘fatti scientificamente determinabili’) e che adottasse, invece, criteri di riparto
legati a ‘fatti eticamente determinabili’ - come avviene, ad esempio, quando la legge fa riferimento al valore normale o al totale, sinteticamente inteso, dei ricavi imponibili di un imprenditore -, in quel condominio maturerebbero certamente nuove ragioni di litigiosità. E dinanzi alle
prevedibili ulteriori contestazioni che i condomini potrebbero muovere in ordine alle quantificazioni delle singole quote, anche l’amministratore, in vista del superiore interesse condominiale, dovrebbe disporre dell’incertezza, individuando “la” miglior soluzione tra certezza e giustizia. Se non lo facesse, se cioè rinviasse puntualmente tutte le liti alla giurisdizione senza cercare di comporle “al meglio”, egli, nell’eventualità che si producessero danni alle parti comuni
dovute alla mancanza di fondi, incorrerebbe nelle responsabilità derivanti dal mandato e connesse al comportamento inefficiente (da valutarsi non già ex post, per non essere egli riuscito a
comporre le liti potenziali, ma ex ante, stante l’inefficienza insita nel non aver diligentemente
cercato la composizione). L’ipotesi di classificazione che distingue i ‘fatti scientificamente
determinabili’ dai ‘fatti eticamente determinabili’ può vedersi in M. Versiglioni, Prova e studi
di settore, cit., 113 ss.
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rità di volta in volta perseguite dal legislatore nel fissare la fattispecie astratta
- ‘temi’ - e nel predisporre strumenti - ‘veicoli’ - per l’esercizio della funzione.
Iniziando a svolgere il discorso sul “giudizio” dalla prospettiva offerta
dai ‘temi’ del ragionamento giuridico, sembra possibile distinguere due differenti tipologie: le ‘verità scientifiche’ e le ‘verità etiche’.
‘Verità scientifiche’ possono considerarsi quelle perseguite da leggi che
selezionano ‘temi’ (= equazioni) che ammettono “una sola” soluzione o ‘in
pratica una sola soluzione’ - in questo secondo caso giacchè
l’approssimazione è giuridicamente irrilevante - (ad es.: i cavalli fiscali di
un’autovettura, la superficie di un terreno edificabile, come fatti; la parentela,
come diritto). Trattasi, quindi, di ‘verità puntuali’ o ‘in pratica puntuali’ costituenti ‘codici genetici’ di leggi qualificate dalle logiche della “verità = corrispondenza” o della “verità = identità”.
‘Verità etiche’ possono considerarsi quelle perseguite da leggi che selezionano ‘temi’ (= equazioni) che ammettono “più di una” o “infinte” soluzioni, oppure quella individuata nell’alternativo dominio del consenso, non esistendo una soluzione predeterminata perseguibile unilateralmente (ad es.: il
concetto di suw, il valore venale del terreno edificabile, come fatti; la grave
incongruenza, come diritto). Trattasi, quindi, di ‘verità intervallari’ costituenti ‘codici genetici’ di leggi qualificate dalle logiche della “verità = coerenza”,
della “verità = correttezza procedurale” e della “verità = consenso”.
Quanto, poi, al concetto di ‘effettività’, ragionando nel ristretto quadro
dell’accertamento con adesione, esso sembra consistere nell’attitudine di una
soluzione concreta (in fatto o in diritto) a rendere vere le equazioni poste dalla
legge (rispettivamente, ‘presupposto del tributo = prova del presupposto del
tributo = massima di comune esperienza’ e ‘fattispecie tributaria astratta =
fattispecie tributaria concreta’), in termini ‘puntuali’ o ‘in pratica puntuali’ o
‘intervallari’, in funzione dello specifico fine di verità (‘codice genetico’) che
di volta in volta la legge persegue.
Più in generale, in quanto concetto misurabile (‘puntuale’ o ‘ in pratica
puntuale’ o ‘intervallare’), l’‘effettività’ può contribuire ad esprimere la distanza (se c’è) tra i “diritti soggettivi” e gli “interessi legittimi”, tra
l’“efficacia dichiarativa” e l’“efficacia costitutiva” (intendo riferirmi alle fondamentali osservazioni svolte poco fa dal Prof. Salvatore La Rosa), tra la
“vincolatezza” e la “discrezionalità” (per richiamare i concetti appena espressi
dal Prof. Stefano Civitarese e dal Prof. Gianluca Gardini), tra la “legalità astratta” e la “legalità concreta” (penso a quanto illustrato dal Prof. Marco Dugato), etc.
Fissate queste ipotesi, e recependo l’indisponibilità nella concezione
tradizionale che vede in essa la negazione, posta da una norma, all’esercizio
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di un potere o di una facoltà, emerge che il concetto di ‘indisponibilità tributaria’ trova le sue fonti negli articoli 23, 24, 97 e 111 Cost. e possiede una natura tipologica, dato che si presenta con forme e contenuti cangianti secondo il
tipo di verità ‘puntuale’, ‘in pratica puntuale’ o ‘intervallare’ che nel caso
specifico la legge di imposta persegue (“verità = corrispondenza” o “verità =
identità” e surrogati ad esse equivalenti, cioè “verità = coerenza” o “verità =
correttezza procedurale”).
Tale dogma, se di esso si preserva detta concezione tradizionale, perde
consistenza sino a divenire logicamente inconferente nei casi in cui il legislatore indirizza il soggetto titolare del potere o della facoltà verso un surrogato
alternativo al vero ideale (“verità = consenso”), in ciò giustificato da una correlata sottrazione di efficacia giuridica al potere o alla facoltà (proprio ciò che
accade nell’accertamento con adesione, ove il potere dell’amministrazione
non è in grado, da solo, di produrre alcun effetto).
A. ‘Attuazione certa’. Se l’attuazione della norma è caratterizzata da
certezza (assenza di contestazioni), l’indisponibilità tributaria implica, presupponendola, una dimensione logico-tecnica (non congetturale) nella quale si
tratta solo e soltanto di porre in essere, incondizionatamente, la soluzione puntuale data ex ante come giusta, ossia idonea a rendere puntualmente vera
l’equazione posta dalla legge (si pensi, ad esempio, all’attuazione di una legge
che collega l’effetto ad un fatto notorio o ad un fatto definitivamente accertato
o ad un fatto non contestato e non più contestabile). L’indisponibilità, in questo caso ‘puntuale’, si presenta, quindi, come specificazione ideale
dell’effettività, o meglio, come effettività ideale (‘indisponibilità tributaria
ideale’).
B. ‘Attuazione incerta’. Laddove, invece, l’attuazione della norma è caratterizzata da incertezza, l’homo iuridicus non può prescindere, fisiologicamente parlando, da un passaggio logico congetturale che implica il preliminare ricorso alle regole disciplinanti il tipo del ragionamento (‘scientifico’ o ‘etico’). Tali regole, prima ancora che si ponga il problema del merito, impongono di adottare una forma di ragionamento, cioè un metodo di ricerca della soluzione, conforme al tipo di verità (=‘codice genetico’) perseguito dal legislatore in quella circostanza. Perciò, si dovranno distinguere due ipotesi e,
nell’ambito della seconda ipotesi, due ulteriori sottoipotesi.
B.1. ‘Attuazione incerta puntuale’. Se l’incertezza dipende da una questione giuridica risolvibile ‘scientificamente’ (mediante una soluzione ‘in pratica puntuale’), l’indisponibilità tributaria è consistente e conferente ed impone a colui che deve scegliere razionalmente (experimentum) la ricerca de “la”
unica soluzione; essa presenta quindi una configurazione assai simile a quella
operante in situazioni di certezza, vista la pratica predeterminazione ex ante
della soluzione (si pensi alla questione sorta sul numero dei cavalli fiscali di
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un’autovettura, sulla superficie del terreno edificabile, sulla parentela).
L’indisponibilità, insomma, si presenta in questo caso quale specificazione ‘in
pratica puntuale’ dell’effettività (‘indisponibilità tributaria in pratica puntuale’).
B.2. ‘Attuazione incerta intervallare’. Se, d’altro canto, l’incertezza
scaturisce da una questione giuridica risolvibile solo ‘eticamente’ (cioè non
puntualmente), all’operatore del diritto tenuto ad adottare la forma del ragionamento ragionevole (argumentum), spetta distinguere i casi in cui il fine perseguito a priori dalla legge sia comunque quello dell’accertamento (della verità, ancorché ‘intervallare’: “verità = coerenza”, “verità = correttezza procedurale”) dai casi in cui il fine prescelto dal legislatore, per necessità od anche
per mera opportunità, sia piuttosto quello del componimento dei conflitti (“verità = consenso”).
B.2.i. ‘Attuazione incerta intervallare accertativa’. Infatti, nel primo
caso, ove il ‘fatto etico’ è indeterminato e la determinazione è unilateralmente
possibile, il fine accertativo impone una scelta tra soluzioni poste all’interno
di un intervallo confinato dalla “verità = coerenza” e dalla “verità = correttezza procedurale” (si pensi, ad esempio, al redditometro, che quantifica il reddito coerentemente alle spese relative al godimento di certi beni o servizi e subordinatamente al rispetto dei presupposti procedurali). In tale evenienza,
l’indisponibilità tributaria perde consistenza e da quell’input unitario che era,
in cui s’identificavano contenuto e contenente, si trasforma nel solo contenente entro cui sono collocate le più o le infinite soluzioni di merito, perciò discrezionali. Quindi, l’indisponibilità, quale limite di operatività posto alla ‘discrezionalità tributaria’, si presenta in quest’ipotesi come specificazione ‘intervallare’ dell’effettività (‘indisponibilità tributaria intervallare’).
B.2.ii. ‘Attuazione incerta intervallare compositiva’. Diversamente, nel
secondo caso, in cui il fatto etico unilateralmente inteso non esiste (cioè non è
possibile, in quanto mancano soluzioni predeterminate), il fine compositivo
impone una scelta tra soluzioni poste in un ambito confinato dall’aristotelico «
dovere di scelta del male minore ». Gli effetti di questa scelta, però, sono subordinati al consenso alla composizione della lite, dato che una soluzione unilaterale sarebbe impossibile da trovare (si pensi alla lite sul concetto di suw o
sul valore venale del terreno edificabile o sulla grave incongruenza). In questo
caso, in assenza di soluzioni predeterminate, diviene inconferente
l’indisponibilità, sempreché la s’intenda tradizionalmente come negazione o
limitazione della discrezionalità. In realtà, a ben vedere, essa si presenta anche
in quest’ipotesi, ma in un’inedita forma ‘rovesciata’ che afferma (‘impone’) la
discrezionalità, cioè il ‘dovere’ di cercare dialetticamente una soluzione (condivisa) nei casi in cui questa non si presenta possibile adottando una forma di
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ragionamento interiore (recte: unilaterale). Ciò, indipendentemente dal fatto
che poi l’accordo si concluda o no (13) (‘indisponibilità tributaria rovesciata’).
In conclusione, alla luce delle regole che disciplinano le forme di ragionamento dell’operatore del diritto rispetto all’adesione (e alla conciliazione),
l’‘indisponibilità tributaria’ può definirsi il principio tipologico, relativo e
non già assoluto, che vincola in vario modo l’uomo o al rispetto de “la” (ideale) verità “data” a priori (ad es. il c.d. fatto notorio) o al rispetto del fine di
ricercare una delle ‘verità (ora ‘praticamente puntuale’, ora intervallare’)
comunque predeterminate, ovvero al rispetto del fine di cercare (“al meglio”)
la composizione (priva di verità predeterminate) (14). Essa, quindi, nella ristretta prospettiva dell’attuazione della norma, consiste in una mutevole specificazione (‘scientifica’ o ‘etica’) dell’effettività delle obbligazioni (o dei diritti), o
meglio, in una mutevole specificazione (‘scientifica’ o ‘etica’) della loro giustizia. Tale mutevolezza dipende dal ‘codice genetico’ (‘scientifico’ o ‘etico’)
che ciascuna norma (sostanziale o strumentale) porta con sé, talvolta impe(13) Come si è avuto modo di anticipare supra, nel testo, nel ristretto e fisiologico ambito
di operatività (validità e liceità) dell’accertamento con adesione, cioè nell’‘attuazione incerta
della norma tributaria’, si afferma la ‘discrezionalità tributaria’, quale nuovo modus agendi
degli Uffici fiscali (ben differente dalla “discrezionalità amministrativa” e dalla “discrezionalità
tecnica”) e, precisamente, quale ambito di scelte non predeterminate, concernenti sia il se accordarsi, sia il quantum dell’accordo. Trattasi, in particolare, dello spazio di scelta che è confinato dai canoni normativi di efficienza, efficacia ed economicità, a loro volta derivati dal principio costituzionale del buon andamento. In tale ambito, il singolo funzionario o dipendente è
tenuto a ricercare “la” soluzione più opportuna in ordine al se accordarsi e in ordine al quantum
dell’accordo, laddove la prima scelta si presenta inscindibilmente legata (in via logica prima
che giuridica) alla seconda. Tale ricerca non implica una ponderazione tra interessi differenti,
ma soltanto una ponderazione tra fini diversi (“certezza” o “giustizia”) all’interno dello stesso
(ed unico) interesse fiscale, perseguito dall’Amministrazione Finanziaria. D’altro canto, ammettere questa ‘discrezionalità tributaria’ nella prospettiva aperta dall’accertamento con adesione non significa in alcun modo, stante l’inconferenza di cui si è detto, introdurre rischi di
incostituzionalità delle norme in argomento, né rispetto agli articoli 3 e 53 Cost. (presi a riferimento dalla dottrina prevalente, qui non condivisa per i motivi sintetizzati supra, alla nota 8),
né rispetto all’art. 23 Cost. (da cui più propriamente discende, nell’ottica qui proposta,
l’indisponibilità ‘puntuale’ o ‘in pratica puntuale’), né, infine, rispetto agli artt. 24, 97 e 111
Cost. (nei quali può invece individuarsi, sempre nell’ordine di idee qui prospettato, il fondamento dell’‘indisponibilità intervallare’ e dell’‘indisponibilità rovesciata’, e dunque, della ‘discrezionalità tributaria’. Per l’approfondimento degli argomenti a sostegno dell’osservazione
indicata nel testo, può vedersi, ancora, M. Versiglioni, Prova e studi di settore, cit.
(14) Con ciò non si vuol dire, si badi, che l’‘indisponibilità tributaria rovesciata’ imponga
al funzionario dell’amministrazione finanziaria di cercare la composizione “migliore” intesa
come quella che risulti tale a seguito di una valutazione ex post avente ad oggetto il merito
delle scelte ‘tributariamente discrezionali’ adottate dal funzionario. Infatti, tali scelte, se metodologicamente corrette, appaiono insindacabili nel merito. Profilo, questo, che sarà meglio precisato nei paragrafi che seguono.
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dendo (o limitando) la ‘discrezionalità tributaria’ (= ‘indisponibilità tributaria’), talvolta imponendola (= ‘indisponibilità tributaria rovesciata’).
Il mancato rispetto, da parte del funzionario dell’amministrazione finanziaria, di uno di questi differenti ed opposti tipi di indisponibilità (una negatoria ed una affermativa della ‘discrezionalità tributaria’) è fonte di distinte responsabilità dovute a comportamento inefficiente. Infatti, anche l’inefficienza,
pur in questo ristretto ambito, sembra presentare due distinte forme (una
‘scientifica’ ed una ‘etica’), rispetto alle quali sono ravvisabili due distinte ragioni di insorgenza.
I. ‘Tema scientifico e ragionamento etico’. Nel primo caso, quello del
funzionario che adotti un ragionamento ‘etico’ (cioè retorico-dialetticoargomentativo) laddove, per converso, la legge ha come ‘codice genetico’ un
‘tema scientifico’, l’inefficienza andrà valutata non già ex post, sindacando il
merito (in ipotesi, la mancata realizzazione del fine di verità “in pratica puntuale” che la norma, in quel caso, persegue in astratto(15)), ma andrà valutata,
invece, ex ante, sindacando il metodo adottato, per essere stata inefficiente la
scelta del ragionamento (visto che è inutilmente dispendioso « cercare chissà
dove ciò che è a portata di mano »).
II. ‘Tema etico e ragionamento scientifico’. Nel secondo caso, quello del
funzionario che adotti un ragionamento ‘scientifico’ (cioè razionaleprobabilistico) laddove, invece, la legge ha come ‘codice genetico’ un ‘tema
etico’, (in specie quando la legge, in assenza di soluzioni - verità - predeterminate, impone di cercare la composizione e non l’accertamento (16)),
l’inefficienza andrà anche qui valutata non già ex post, sindacando il merito
(in ipotesi, la mancata composizione, nel concreto, della lite potenziale), ma
ex ante, quale inefficienza insita nell’aver adottato una forma di ragionamento
inidonea a cercare “al meglio” la composizione.
2.2. (Segue) accertamento con adesione e ‘veicoli’ del ragionamento giuridico tributario.
(15) Per quanto detto, visto che « le parole, come la musica, arrivano ovunque, anche dove
la matematica non può arrivare », non può logicamente escludersi - ex ante - che un ragionamento ‘etico’ (retorico-dialettico-argomentativo) possa condurre, nel merito, ad un verità “in
pratica puntuale”. Ma ciò appare irrilevante ai fini della valutazione della illiceità del comportamento, poiché, nel caso considerato, il vizio dell’agere non sembra ravvisabile nella scelta di
merito, ma nel metodo adottato dal pubblico dipendente (inefficiente, cioè ex ante inefficace).
(16) Per una sintesi ricognitiva di taluni elementi identificativi dei concetti di ‘tema etico’
e di ‘veicolo etico’, si vedano l’ultima parte della precedente nota 8 ed il prossimo paragrafo
2.2.
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Osservando l’accertamento con adesione nel suo carattere interiore,
cioè esaminando i ‘temi’ che ne possono formare oggetto, si è notato che
l’‘indisponibilità tributaria rovesciata’ e la connessa forma di ‘responsabilità
etica’ impongono (e non soltanto rafforzano) l’ipotesi dell’‘accordo tributario’ (17).
Ma analoga prospettiva sembra aprirsi quando si scruta l’adesione nel
suo habitat esteriore, vale a dire nell’area di operatività dei ‘veicoli’ del ragionamento giuridico (= ‘accordi amministrativi tributari’) attuativi di norme,
ossia l’interpello, l’autotutela negativa - da istanza -, l’adesione, la conciliazione e l’acquiescenza.
Gli istituti attuativi di norme, in quanto ‘veicoli’ delle ‘logiche’ del ragionamento giuridico, presentano una natura mutevole, dipendente dalla loro
cangiante attitudine genetica a trasportare l’una o l’altra ovvero entrambe le
‘logiche’ (‘etica’ o ‘scientifica’) connesse ai ‘temi’ del ragionamento
(quaestio facti e/o quaestio iuris).
Riferendoci alle sole ipotesi di attuazione bilaterale (consensuale) della
norma, ove la natura dei ‘veicoli’ implica ontologicamente il convincimento
della controparte, sembrano presenti ‘veicoli bilaterali monovalenti’, vale a
dire predestinati, in via esclusiva, o all’accertamento ‘puntuale’ o ‘in pratica
puntuale’, oppure a quello ‘intervallare’, ovvero alla composizione; talvolta,
per contro, i veicoli attuativi sono ‘bivalenti’, in quanto atti a perseguire, a seconda dei casi, due differenti finalità (recte: a trasportare due differenti logiche).
A. ‘Veicoli bilaterali monovalenti di tipo accertativo’ possono considerarsi l’autotutela (da istanza) e l’acquiescenza; qui, il giudizio che, rispettivamente, oggettiva l’antigiuridicità ovvero la giuridicità dell’atto emanato dagli
uffici tributari, riguarda necessariamente ‘temi scientificamente determinabili’, da accertare, perciò, con una ‘logica scientifica’, cioè finalizzata ad una
soluzione ‘puntuale’ o in ‘pratica puntuale’.
B. ‘Veicolo bilaterale bivalente’ sembra essere, invece, l’interpello, dato che questo (prescindendo dai casi della c.d. disapplicazione e da quelli - solo latamente - compositivi), pur presentando una funzione monotona di accertamento, mostra un’indole cangiante, potendo l’accordo consistere in un accertamento consensuale circa la qualificazione di fatti in situazioni di incertezza, o in un accertamento convenzionale volto ad eliminare ogni eventuale
(17) Infatti, come si è visto, tale strumento, che può essere usato se la res litigiosa riguarda
‘temi etici’ (mentre non può essere usato se la res litigiosa verte su ‘temi scientifici’), deve essere informato alla logica della controversia (‘attuazione incerta intervallare compositiva’). Si
pensi, tanto per fare un esempio, a quanto accade nell’“adesione da studi di settore”, laddove la
presenza del ‘tema etico’ e l’assenza di una massima di comune esperienza implicano il rifiuto
legislativo della ‘attuazione incerta intervallare accertativa’.
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problema probatorio futuro, o, infine, in un mezzo per fissare concordemente
elementi fattuali della fattispecie imponibile. Sicché, tale ‘veicolo’ si presta, in
realtà, a trasportare tanto una ‘logica scientifica’, quando proteso ad una soluzione ‘puntuale’ o ‘in pratica puntuale’, quanto una ‘logica etica’, quando
finalizzato ad una soluzione ‘intervallare’.
C. ‘Veicoli bilaterali monovalenti di tipo compositivo’ possono qualificarsi l’accertamento con adesione e la conciliazione giudiziale, concernenti
esclusivamente ‘temi eticamente determinabili’; questi mezzi, in quanto finalizzati alla composizione, possono ontologicamente ospitare soltanto la ‘logica etica’, poiché il loro fine precipuo è quello di conseguire il convincimento
(recte: il consenso) della controparte per trovare dialetticamente una soluzione
non perseguibile (cioè impossibile) mediante l’accertamento.
Per quanto osservato in merito all’indisponibilità, l’uso non corretto, da
parte del funzionario dell’amministrazione finanziaria, di uno di questi differenti ‘veicoli’ è fonte di distinte responsabilità dovute a comportamento inefficiente. Anche in questo caso, parallelamente a quanto esaminato rispetto ai
‘temi’, l’inefficienza sembra presentare due distinte forme (una ‘scientifica’
ed una ‘etica’), rispetto alle quali sono ravvisabili due distinte ragioni di insorgenza.
I. ‘Veicolo etico, tema scientifico e ragionamento scientifico’. Il primo
caso è quello del funzionario che erroneamente attivi l’indole rhetorica, vale a
dire che, trovandosi dinanzi ad un ‘tema scientifico’, svolga correttamente un
ragionamento ‘scientifico’ (cioè razionale-probabilistico), ma si serva, tuttavia, di un ‘veicolo’ che la legge ha marcato con un ‘codice genetico’ di tipo
‘etico’. In tal caso, l’inefficienza andrà valutata non già ex post, sindacando il
merito (in ipotesi, la mancata realizzazione del fine di verità “in pratica puntuale” che la norma, in quel caso, persegue in astratto), ma andrà valutata, invece, ex ante, sindacando il metodo adottato, per essere stata inefficiente la
scelta del ‘veicolo’ (visto che è inutilmente dispendioso e rischioso avvalersi
di strumenti elastici quando la soluzione va, per converso, rigidamente perseguita in via puntuale, esistendo essa in rerum natura).
II. ‘Veicolo scientifico, tema etico e ragionamento etico’. Il secondo caso
è quello del funzionario che erroneamente si affidi all’indole burocratica, vale
a dire che, posto di fronte ad un ‘tema etico’, adotti sì un ragionamento ‘etico’
(cioè retorico-dialettico-argomentativo), ma si serva, peraltro, di un ‘veicolo’
che la legge ha marcato con un ‘codice genetico’ di tipo ‘scientifico’, (in specie quando la legge, in assenza di soluzioni - verità - predeterminate, impone
di cercare la composizione e non l’accertamento). Pure in questo caso
l’inefficienza andrà valutata non già ex post, sindacando il merito (in ipotesi,
la mancata composizione, nel concreto, della lite potenziale), ma andrà valuta-
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ta ex ante, quale inefficienza insita nell’aver adottato un mezzo improprio
(poiché è inutilmente dispendioso e pericoloso cercare con strumenti rigidi
una soluzione - in specie se consensuale - che può essere trovata soltanto con
strumenti elastici, non esistendo essa, puntualmente, in rerum natura).
3. Nozione e disciplina giuridica dell’accertamento con adesione.
3.1. L’accordo (= ‘veicolo etico’) …
Su queste peculiari basi dogmatiche (interiori ed esteriori) possono
svolgersi la ricostruzione della nozione e l’individuazione della disciplina giuridica (propria o mutuata) dell’accertamento con adesione. Rispetto a
quest’ultimo profilo, la logica dogmatica (dell’accordo amministrativo) che
assomma la disciplina privatistica a quella pubblicistica serve al fine di elaborare i criteri di compatibilità attraverso cui individuare le disposizioni “comuni” applicabili all’istituto, se ed in quanto non derogate da quelle fiscali (le
quali, evidentemente, mantengono la loro primazia).
Come dicevo, l’ipotesi è che l’accertamento con adesione consista in
un ‘accordo’ (procedimentale amministrativo) frutto della fusione (e non della
somma) di due volontà finalizzate a gestire le conseguenze dell’incerto obiettivo (la lite), per ottenere effetti preclusivi e/o premiali (18).
Le critiche rivolte a quest’ipotesi traggono spunto principalmente dal
carattere non privato di una delle parti, ma nessuna di esse sembra in grado di
minarne le basi o di indebolirne la forza ermeneutica.
L’ordinamento giuridico ammette espressamente l’attuazione consensuale in via alternativa (o equivalente) rispetto al giudicato, ed anzi “obbliga”
talvolta i soggetti non privati sia a verificare la percorribilità di tale via, sia ad
adottare la ‘logica etica’ della controversia, imponendo di individuare, così,
“la” scelta migliore (come “risultato”) in base alla valutazione ex ante del
rapporto costi/benefici (efficienza = efficacia predeterminabile ex ante).
Così, a titolo esemplificativo, tali osservazioni non possono che rinverdire tutte le perplessità già manifestate intorno alle impostazioni che scorgevano (e che scorgono) nell’accertamento con adesione la sommatoria - e
non già la fusione - di due atti (cioè del provvedimento di autotutela condizionato nell’efficacia dalla rinuncia all’impugnazio-ne del contribuente): e ciò,
(18) Sono queste le conclusioni dapprima delineate in M. Versiglioni, Contributo allo studio dell’attuazione consensuale della norma tributaria, cit., poi sviluppate e approfondite in
Id., Accordo e disposizione, cit., e quindi sintetizzate in via sistematica in Id., Accordi amministrativi (dir. trib.), cit.
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preme sottolineare, non soltanto perché le ragioni vere dell’elaborazione di
tali teorie fossero da reperire nella estrema valorizzazione del dogma
dell’indisponibilità inteso nella sua visione tradizionale - invero apparsa, qui,
inconsistente o inconferente - (19).
Sono infatti numerosi gli argomenti contrari a dette impostazioni rilevabili nella tradizione normativa del precedente accertamento con adesione.
Penso a quelli legati alla necessaria contestualità delle manifestazioni di consenso, all’improponibilità di una rinuncia preventiva rispetto ad un atto non
ancora nato e all’altrimenti inspiegabile effetto preclusivo posto a carico
dell’Ufficio.
Ebbene, sembra fuor di dubbio che questi argomenti risultano
senz’altro rafforzati sia dall’attuale disciplina concernente i requisiti di forma
e di perfezionamento dell’accordo, sia dall’esistenza dell’auto-nomo e distinto
regime dell’acquiescenza, sia, infine, dalla necessaria presenza di un “incontro” evidentemente teso all’individuazione di una soluzione condivisa.
Da ultimo, neppure la recente introduzione, ad opera della L. 15/2005,
di una “determinazione preventiva” rispetto alla conclusione dell’accordo
amministrativo, sembra in grado d’infirmare questi rilievi, né tanto meno
l’impostazione dogmatica dell’accertamento con adesione qui (ri)proposta.
Infatti, appare chiaro che la “nuova” determinazione, mentre rappresenta un
elemento fisiologico dell’accordo amministrativo tout court (giustificato, soprattutto, dall’ontologica presenza di terzi interessati), risulta invece estranea
alla matrice dogmatica utilizzata per l’elaborazione della figura dell’‘accordo
amministrativo tributario’, per almeno due ordini di ragioni.
In primo luogo non esistono, in ambito fiscale, terzi interessati
nell’accezione amministrativistica, dato che il tema dell’accordo riguarda soltanto le due parti coinvolte dalla lite potenziale o in atto (e che le ipotesi di
rilevanza plurisoggettiva sono disciplinate specialmente dal legislatore tribu-
(19) Per una rassegna critica delle tesi indicate nel testo, può vedersi M. Versiglioni, Contributo allo studio dell’attuazione consensuale della norma tributaria, cit., e ID., Accordo e
disposizione, cit. Invece, per un approfondimento teso a valorizzare dette impostazioni dogmatiche (cioè quelle derivate dall’idea plasmata da A.D. Giannini recuperando talune massime
della Cassazione di fine anni trenta), può vedersi E. Marello, L’accertamento con adesione ,
Torino, 2000, passim, il quale, dopo aver criticato i tentativi di adattamento di schemi civilistici
e processuali e dopo aver illustrato le distorsioni cui condurrebbe l’applicazione di modelli tratti dal diritto amministrativo, ricostruisce l’accertamento con adesione come istituto autonomo
del diritto tributario, basato sull’“equilibrio informativo” ottenuto tramite la somma delle conoscenze derivanti dai “flussi informativi” provenienti, rispettivamente, dal contribuente e
dall’amministrazione, e destinati a confluire, poi, nella prescritta fase dialogica. Una recente
sintesi delle tesi elaborate intorno alla natura dell’accertamento con adesione è svolta da M.T.
Moscatelli, Moduli, cit., 156 ss.
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tario) (20). In secondo luogo, l’altra preminente esigenza collegabile alla “nuova” determinazione, cioè la trasparenza dell’efficienza dell’agere pubblico
quale strumento di accesso alle valutazioni sulle responsabilità, nella nostra
materia è appagata dalla specifica disciplina della procedimentalizzazione degli incontri (obbligo di verbalizzazione) e, soprattutto, dall’obbligo di motivazione degli accordi amministrativi tributari.
Semmai, sono proprio gli argomenti sviluppati a proposito
dell’‘attuazione incerta della norma tributaria’ sul “banco” della possibile
responsabilità del funzionario dell’amministrazione finanziaria (inteso quale
parte imprescindibile dell’esercizio - non della titolarità - della “funzione”,
cioè quale homo iuridicus publicus tenuto al rispetto di precise regole di ragionamento giuridico, ora ‘scientifiche’, ora ‘etiche’) a conferire ulteriori argomenti al dibattito; ma ognuno di essi, sia rispetto ai ‘temi’, sia rispetto ai
‘veicoli’ del ragionamento giuridico,
appare coerente con l’ipotesi
dell’‘accordo tributario’.
Osservato rispetto ai ‘temi’ che ne possono formare oggetto, l’accertamento con adesione, quale mezzo di ‘attuazione incerta intervallare
compositiva’, può vertere esclusivamente su un ‘tema etico’ selezionato da
una norma il cui fine (‘codice genetico’) è quello della “verità = consenso”,
non esistendo nel dominio delle soluzioni unilaterali una soluzione possibile.
D’altro canto, analizzato nel sistema dei ‘veicoli’ bilaterali attuativi di norme,
(20) Per quanto già detto, non sembrano pienamente condivisibili i prevalenti ed autorevoli
orientamenti dottrinali, quando criticano l’ipotesi qui sostenuta (vale a dire quella dell’‘accordo
tributario’ con funzione compositiva ed efficacia preclusiva), prefigurando un contrasto con
l’art. 53 Cost. e assumendo ad argomento logico che quanto pagato “in meno” dal contribuente
che aderisce dovrebbe essere pagato “in più” da tutti gli altri contribuenti (i quali non beneficerebbero di alcuna rinuncia).
Oltre agli argomenti esposti nelle precedenti note n.ri 7, 8, 9, 10 e 11, tesi ad evidenziare
che tali orientamenti trascurano il presupposto dell’ipotesi (l’incertezza giuridica), può inoltre
osservarsi che, qualora si permanga sul piano del fisiologico funzionamento dell’‘accordo tributario’, l’‘indisponibilità tributaria rovesciata’ poco sopra ipotizzata dovrebbe essere (seppur
di fatto) anche garanzia del rispetto del principio di parità di trattamento sostanziale (3 e 53
Cost.), in quanto essa dovrebbe logicamente condurre la parte pubblica ad adottare “la” scelta
più opportuna e, quindi, l’unica (rispetto ai canoni di efficienza e di efficacia) nel senso voluto
dal legislatore. L’embrione di quest’ulteriore argomento, che raccoglieva gli insegnamenti della
dottrina amministrativistica, può vedersi in M. Versiglioni, Accordo e disposizione, cit., 395 ss.
Una recente autorevole critica nei confronti degli orientamenti che valorizzano l’articolo
53 Cost. per preservare l’essenza e l’unitarietà del dogma dell’indisponibilità ed escludere la
natura compositivo dell’accertamento con adesione, è stata puntualmente esposta ed argomentata anche da P. Russo, Indisponibilità del tributo e definizioni consensuali delle controversie,
Relazione al Convegno “Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario”, Catania, 14 e
15 settembre 2007.
Marco Versiglioni
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l’accertamento con adesione costituisce specificazione della categoria degli
‘accordi amministrativi tributari’ essendo, differentemente da (e compatibilmente con) “gli altri”, un ‘veicolo etico’ procedimentale finalizzato alla composizione, cioè formalmente allestito per traghettare la ‘logica etica’ volta alla
‘verità consensuale’.
3.2. (Segue) … non contrattuale (limitato a ‘temi etici’), …
Anche a voler prescindere (ma non si può prescindere) dal fatto che il
concetto di “accordo” costituisce il risultato cui è finalmente giunto l’iter della legge generale sul procedimento amministrativo, emerge, innanzi tutto, che
tale concetto può rappresentare in modo più opportuno il fenomeno qui studiato rispetto a quello di “contratto”.
Infatti, pur essendo la fusione delle volontà un elemento essenziale di
entrambi, quello può, tuttavia, non identificarsi necessariamente con questo e,
quindi, evitare di trascinare con sé un vasto numero di problemi dogmatici ed
ermeneutici.
Del resto, uno strumento con limitata capacità di regolamentazione è
senza dubbio più adatto a ricostruire una categoria giuridica ove la “disposizione”, a differenza di quanto avviene nel diritto amministrativo, concerne
soltanto un conflitto circa l’attuazione di una norma inderogabile, ed è limitata, quindi, a conseguire la “messa fuori contestazione”, o meglio, un particolare livello di definitività e di premialità.
In specie se si considera che, stante l’inconferenza della distinzione tra
questioni di fatto e questioni di diritto (entrambe genericamente definibili),
l’oggetto dell’‘accordo’, come si è detto, deve essere confinato in modo tassativo ai soli ‘temi etici’ (di fatto o di diritto o misti) che non ammettono alcuna
soluzione nel dominio dell’accertamento (unilaterale).
3.3. (Segue) … negoziale - transattivo (compositivo e non accertativo), …
Nell’‘accordo’ andrebbero comunque ravvisati i contenuti tipici del
“negozio”. Infatti, se è vero che la disciplina degli effetti preclusivi e di quelli
premiali è nella legge, appare però assorbente e decisiva la circostanza per
cui, nell’addivenire all’accertamento con adesione, le parti vogliano proprio
Marco Versiglioni
Riunione A.N.T.I. – Sezione Lombardia - giugno 2008
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conseguire tali effetti (disponendo, del resto, anche del potere di determinarne
l’entità nel caso specifico).
Il legislatore tributario ha preso atto che, anche in questo settore, un
processo solutorio della contestazione, attribuito esclusivamente al giudice o
protratto oltre un certo limite, non si pone come necessitato dai vincoli costituzionali, poiché si risolverebbe in un onere eccessivo sia per la collettività,
sia per i singoli. In specie quando, come accade nell’accertamento con adesione, l’operatore del diritto si trova dinanzi ad un’equazione che non ammette soluzioni predeterminate individuabili unilateralmente (‘temi etici’).
In quest’ottica, sembra che il legislatore abbia voluto offrire la regolamentazione astratta di certi effetti in grado di stabilizzare situazioni contenziose. Di tale regolamentazione, che l’amministrazione è tenuta a prendere in
considerazione, le parti, se vogliono, possono servirsi 21.
In definitiva, se è indubitabile che costituiscono negozi giuridici la
transazione e la conciliazione, i cui effetti definitori sono previsti dalla legge,
non si vede come potrebbe altrimenti teorizzarsi per l’accertamento con adesione (atto non dovuto e privo di effetti senza il consenso del privato), al quale
il diritto tributario collega analoghi effetti estintivi (e, come si è detto, con
maggior forza definitoria). Infatti, il risultato conseguito si realizza qui, come
là, non perché sia astrattamente correlato ad un dato comportamento, comunque voluto, ma perché, come detto, le parti si comportano in un certo modo in
quanto vogliono conseguire proprio quel risultato.
Ma la logica di chi vuole conseguire un particolare livello di definitività
e un risultato premiale, definendo l’accertamento ed evitando il processo, non
può prescindere da connotazioni “compositive”, nel senso di “non accertative”. Tanto che, come meglio si vedrà tra breve, ritenendosi preferibile optare
per le tesi volte alla mera efficacia preclusiva, sarebbe comunque poco giovevole studiare nel dettaglio la possibilità di servirsi in alternativa del “negozio
di accertamento”, nozione che, al di là della sua giuridica ammissibilità, non
sarebbe in grado di condurre ad alcun concreto vantaggio interpretativo; specie in un settore, come quello tributario, ove la ricerca negoziale ex ante del
“vero” in situazioni incerte potrebbe coincidere con il volere della norma solo
21
Fermo rimanendo che, in tali situazioni, il pubblico funzionario è comunque tenuto ad
aprire il proprio ragionamento giuridico alla dialettica retorico-argomentativa e ad abbandonare
la logica burocratica.
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Riunione A.N.T.I. – Sezione Lombardia - giugno 2008
21
in casi diversi (‘temi scientificamente determinabili’) da quelli in cui può legittimamente operare l’accertamento con adesione (22).
(22) In altre parole, una volta compreso come il negozio (atto) di accertamento non sia
sembre in grado, di per sé, di assicurare il “vero presupposto” in termini assoluti, il problema
diventa più in particolare quello di adottare uno schema i cui effetti possano non subire, nelle
situazioni fisiologiche, le conseguenze dell’invalidità per le cc.dd. ipotesi di divergenza rispetto
alla situazione preesistente. In questo senso, soltanto la logica transattiva può consentire di non
perdere gli effetti e, quindi, la funzione che l’ordinamento riconosce all’accertamento con adesione.
Del resto, l’ottica transattiva emerge già nella fase pre-negoziale, e non certo quale portato di una visione meramente pragmatica della realtà, bensì quale riscontro ermeneutico delle
norme positive, le quali non solo depongono a favore dell’ottica transattiva, ma anzi, la consacrano come l’unica in grado di bilanciare la finalità deflativa degli istituti con la concreta tutela
delle parti che solo tale ottica è in grado di offrire (il procedimento-contradditorio fissato dalle
norme, in quanto relazionato a temi etici, è necessariamente retorico-dialettico-argomentativo).
Inoltre, durante l’incontro, l’amministrazione finanziaria, dovendosi attenere ai canoni di
efficienza, economicità ed efficacia dettati dalla L. 241/90, di fronte alla consapevolezza
dell’esistenza di una situazione di obiettiva incertezza, o meglio, di latente litigiosità, non potrebbe legittimamente porre in essere la scelta più “opportuna”, cioè la più performante secondo
il rapporto costi/benefici che tale legge impone, se non decidendo strategicamente e valutando
con discrezionalità “la” via migliore per ricercare il consenso preclusivo della controparte. Tale
ragionamento, mutatis mutandis, è perfettamente collimante con quello che si riscontra nel privato convinto dell’insicurezza delle proprie tesi difensive. Ma soprattutto, entrambe le logiche
presentano tutti i connotati tipici di quelle che si ravvisano nelle parti, quando liberamente si
accingono a concludere una transazione.
In terzo luogo, ove infine si prenda atto che, in modo condivisibile, la norma lascia libero
il contraddittorio preliminare da irrazionali condizionamenti di tipo contenutistico e/o preclusivo, deferendolo implicitamente al (solo) piano della buona fede, della lealtà e della correttezza,
appare evidente che la ratio di tali incontri liberi non possa essere equiparata a quella degli inviti obbligatori a comparire, questi sì aventi palesi finalità istruttorie.
In definitiva, quindi, tutti e tre i profili legislativi esaminati possono assumersi a riscontri
idonei a dimostrare che, interpretando la procedura preliminare all’accertamento con adesione
secondo la logica tipica delle “trattative”, si consegue la duplice finalità di rispecchiare la realtà
fenomenica e di attenersi al significato delle norme.
Qualora si volesse prescindere da questi chiari referenti e, rivolgendosi alle costruzioni
avverse (particolarmente, a E. Marello, Accertamento con adesione, cit.) che fanno appello ad
un ipotetico dovere del contribuente di dichiararsi certo (dovere che invece non sembra prospettabile in questa fase - per le relative argomentazioni, v. M. Versiglioni, Accordo e disposizione, cit. -), si ritenesse che ciascuna parte, pur cogliendo la latenza della lite, ciononostante
dia tutto il proprio possibile contributo alla ricerca del “vero”, si aprirebbero due alternativi
scenari, in realtà entrambi compatibili con la tesi che si va qui sostenendo e, tutto sommato,
neppure utili a dette impostazioni contrarie.
Uno, costituito dalla permanenza, a causa dell’« umana debolezza », dell’obiettiva incertezza sulla situazione preesistente: in questo caso, la stabilizzazione convenuta non conseguirebbe ad una completa chiarificazione, ma risulterebbe dalla convergenza d’intenti preclusivi,
sorta dalla comune coscienza dell’incapacità di fugare, con i dati e le notizie reciprocamente
acquisiti e manifestati, l’incertezza rivelatasi atta a sfociare altrimenti nel contenzioso.
Marco Versiglioni
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Pertanto, nella ratio dell’adesione, l’accertamento della ‘verità puntuale’ (= corrispondenza; = identità) o della ‘verità intervallare’ (= coerenza; =
correttezza procedurale) è ininfluente, non perché necessariamente prevaricato (anzi, esso è di solito perseguito), ma perché, allo stato delle conoscenze
acquisite con la normale diligenza, le parti, secondo buona fede, lealtà e correttezza, lo giudicano irrangiungibile. La giustezza di tale giudizio dipende
dalla natura del ‘tema’ che l’ordinamento offre agli operatori del diritto nel
singolo caso concreto, dato che solo i ‘temi etici’, per i quali non esistono una
o più soluzioni predeterminate, possono formare oggetto di adesione. In tali
casi, l’unica via che rende possibile evitare o far cessare la lite è quella di individuare, passo dopo passo, un percorso fatto di probabili e progressive concessioni reciproche, le quali hanno come termine di riferimento non già
l’obbligazione tributaria nella sua configurazione astratta, che rimane ignota,
bensì le proprie pretese quali risulteranno, rispettivamente, dalla dichiarazione
(dell’una) e dai risultati dell’istruttoria (svolta dall’altra). Ma tale percorso,
come dimostrano le norme procedurali (si considerino l’obbligo della ‘motivazione trasparente’, il dovere di lealtà e correttezza e la sensibilità alla sopravvenienza) è sempre marcato da un fine di verità (“verità = consenso”).
In conclusione, lo sviluppo storico del concordato tributario e
l’evoluzione normativa recente dovrebbero, da soli, convincere che la “causa
giuridica” dell’accertamento con adesione è quella deflativa del contenzioso
(compositiva), secondo una logica di premialità che prescinde
dall’accertamento della fattispecie controversa. Più in particolare, le norme
positive di che trattasi, specie se lette nel quadro dei rivolgimenti complessivi
dell’ordinamento amministrativo, palesano chiare ed inconfutabili tonalità
transattive, in parte ereditate dal passato (forma, premialità e disposizione
preclusiva della ricorribilità), in parte introdotte ex novo (identificazione de
residuo del campo di operatività nella “lite”, coincidenza tra perfezionamento
ed adempimento, non modificabilità, soglia di indifferenza al principio rebus
Un altro, invece, costituito dalla totale eliminazione della res dubia e dall’acclaramento
del “vero”: qui ricorrerebbero, in realtà, i presupposti delle diverse e concomitanti normative
dedicate ad istituti deflativi non a carattere compositivo. In altri termini, in questo caso si verserebbe al di fuori dell’ambito di applicazione dell’istituto di cui si parla, dato che, mancando la
contrapposizione tra pretesa e contestazione, le vie percorribili, se volute, sarebbero esclusivamente quelle della rinuncia all’impugnazione e dell’autotutela negativa. Onde, proprio la concomitante presenza nell’ordinamento tributario di questi istituti concorre indubbiamente a costruire in positivo la funzione giuridica e sociale dell’accertamento con adesione come “accordo” in cui le parti, nell’intento (compositivo) di far cessare la lite, individuano un quid medium
tra le iniziali prospettazioni, su cui conseguire, ed al tempo stesso subire, effetti preclusivi.
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sic stantibus, sinteticità dell’oggetto); tonalità che, peraltro, né storicamente,
né di recente sono state mai opacizzate dalle tesi avverse della dottrina e della
giurisprudenza e che oggi, invece, risultano addirittura riaccese dall’inedito e
più coraggioso modo di osservare quest’istituto, fatto proprio dalla stessa
Amministrazione Finanziaria. Pertanto, la raffigurazione negoziale-transattiva
dell’‘accordo’ appare quella più di ogni altra idonea a rappresentare il fenomeno, sotto tutti gli angoli visuali ove normalmente può operare l’indagine
giuridica, sia che lo si analizzi negli aspetti statici, sia che lo si osservi nei
profili dinamici (23). Se si osservasse ancor più in profondità, allora potrebbe
notarsi che, proprio muovendo dalla natura compositiva di questo ‘accordo
tributario’, potrebbe forse rimeditarsi anche la plurisecolare bipartizione tra
strumenti equivalenti (accertativi) e strumenti alternativi (transattivi) alla giurisdizione. Se infatti si condividesse l’ipotesi qui formulata, la natura equivalente o alternativa della disposizione attuata fuori dal giudizio non verrebbe a
dipendere soltanto, come si tramanda, dal tipo del ‘veicolo’, ma deriverrebbe
anche dal tipo di ‘tema’. Sicché, analizzando, ad esempio, le “adesioni da studi di settore” - che hanno ad oggetto ‘temi etici’ non predeterminabili (cioè
fissati da equazioni prive di soluzioni unilateralmente individuabili) e che non
si appoggiano ad una massima di comune esperienza -, si scoprirebbe che esse, a differenza di quanto potrebbe dedursi seguendo l’impostazione classica,
costituiscono un “equivalente” e non un “alternativo” alla giurisdizione. Infatti, qualora le parti non riuscissero a trovare una soluzione condivisa e la lite
fosse devoluta al giudice, questi dovrebbe, ex lege (‘indisponibilità tributaria
rovesciata’), similmente astenersi dall’accertare (rectius: dall’inutile tentativo
di accertare) e dovrebbe, sempre ex lege, comporre (cioè “volere”, anziché
“trovare”). In ciò è, infatti, la giustizia (effettività) degli strumenti legali e delle loro singole attuazioni che realizzano il fine “verità=consenso”.
3.4. (Segue) … preclusivo (né dichiarativo, né costitutivo), …
(23) Seguendo un tale ordine di idee, non sembra possibile prescindere dal considerare
quali “trattative pre-compromesso” gli incontri dialettici posti dal legislatore tributario a mezzo
imprescindibile per l’attuazione consensuale della norma in casi “litigiosi”. Sicché, le dichiarazioni rese nelle fasi preliminari, non seguite dal perfezionamento dell’accordo, non possono
avere alcun valore probatorio (confessorio) né per la parte privata, né per la parte pubblica.
D’altro canto, l’accertamento con adesione non può costituire un precedente sul quale
l’amministrazione possa poi fondare automaticamente accertamenti successivi o il contribuente
proporre istanze di rimborso per altre annualità o altri presupposti uguali.
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Occorre ora soffermarsi sul profilo dell’efficacia, poiché l’intuitiva
problematicità concettuale di un’obbligazione tributaria creata, modificata
ovvero estinta negozialmente, suscita da sempre molte perplessità.
Sciolto il nodo dell’indisponibilità, occorre guardare al tema
dell’efficacia sviluppandolo sul piano normativo e dogmatico-civilistico. Il
risalente dubbio circa la tipologia degli effetti da collegare all’accertamento
con adesione trae origine e s’identifica in un equivoco indotto già dai primissimi sostenitori delle tesi unilaterali, i quali, per conferire maggior spessore ai
propri convincimenti, identificarono la nozione proposta dagli antagonisti nella tipologia “novativa”, evidentemente più agevole da criticare (peraltro anche
la recente giurisprudenza - sul punto specifico non condivisibile - sottolinea il
carattere novativo dell’accordo conciliativo).
L’ipotesi qui prospettata intende evidenziare che l’argomento critico
può rivelarsi inefficace nella prospettiva di un accordo transattivo non contrattuale (cioè a co-regolamentazione limitata e non piena), teso a conseguire gli
effetti preclusivi e quelli premiali predeterminati dalla legge, ed in grado di
disporre solo dell’entità della pretesa e del diritto di ottenerne l’accertamento
giurisdizionale, ma non certo di sostituirsi alla fonte dell’obbligazione. In
quest’ottica, lo schema transattivo ordinario rende automaticamente superfluo
quello novativo. Infatti, se i fini dell’individuazione della natura
dell’accertamento con adesione sono anche e soprattutto quelli di comprendere e completarne il regime giuridico, l’ultroneità della connotazione novativa
discende dalla constatazione che il principale tratto differenziale (tra transazione ordinaria e transazione novativa) è già risolto dal legislatore tributario
collegando il perfezionamento all’adempimento (24).
(24) Qualora, poi, si volesse contrastare la tesi transattiva muovendo dalla preliminare accettazione delle teorie che, pure nel modulo non novativo, la ricostruiscono assegnandole efficacia costitutiva ovvero attitudine modificativa, sorgerebbero comunque idonee ragioni di replica. Infatti, da un lato andrebbe evidenziato che tali impostazioni appaiono tutt’altro che pacifiche già nel settore di appartenenza; dall’altro, soprattutto, andrebbe osservato che, per la
maggior parte dei casi, gli asseriti effetti “innovativi” attingono i soli termini della controversia
(pretesa e contestazione), rimanendo invece sempre incerto il rapporto conteso, in quanto volutamente non accertato (né validamente accertabile, essendo necessariamente coinvolto un ‘tema
etico’).
Anche in questo caso, insomma, non si scorgerebbe, plausibilmente, alcun invalicabile ostacolo all’ipotesi ricostruttiva formulata; l’“innovatività” di cui parla buona parte dei civilisti
appare un concetto che, se riferito alla “situazione preesistente” e non alla “lite”, potrebbe riscontrarsi, nell’eventualità, solo ex post; potendo semmai reagire sull’impugnabilità
dell’accordo per effetto di quei meccanismi che si preoccupano, per fortuna, di evitare abusi a
danno di una parte, ovvero la comune finalità di disporre in frode alla legge.
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D’altro canto, non può non osservarsi che proprio la scelta di accedere
alla figura dell’‘accordo negoziale transattivo’ consente anche di evitare le
insidie celate nel dibattito tributario sulla natura effettuale della “transazione”
che, per troppo tempo, hanno ingiustamente favorito le tesi avverse, le quali
potevano traslare in quest’ambito una qualunque, la più conveniente, delle
numerose accezioni che quel nomen porta inevitabilmente con sé.
Al riguardo, come si è in parte già accennato, va forse ribadito che qui
non sembrano automaticamente recepibili i termini del dibattito civilistico sulla natura della transazione, stante l’inconferenza della stragrande maggioranza
delle problematiche da esso coinvolte. In altri termini, le tesi privatistiche, se
possono ritenersi coerenti, in sé considerate, con un negozio che si ponga il
fine di risolvere il contrasto sorto sull’attuazione di un precedente contratto,
frutto anch’esso dell’autonomia, appaiono invece verosimilmente estranee
all’istituto qui in esame, laddove indagano su potenzialità già in nuce escluse
dalla norma, quali quelle di creare, modificare o estinguere liberamente
l’obbligazione, e non si limitano, invece, a spiegare la regolamentazione negoziale delle reciproche pretese (contestate).
Vedendo nell’‘accordo tributario’ un’efficacia (transattiva) meramente
preclusiva, si conseguirebbe sia il fondamentale risultato cui tendeva la metodologia prefissata (il risolvere le questioni di compatibilità, generale e particolare, situate a monte), sia il non trascurabile vantaggio di proteggere neutralmente l’obbligazione “negoziata” dagli ineludibili attacchi provenienti da entrambe le dogmatiche tributaristiche (dichiarativa e costitutiva). Per contro,
seguendo la teoria dichiarativa si sarebbe giunti a considerare invalidi pressoché tutti gli accertamenti con adesione, giacché l’invalidità di tali accordi sarebbe emersa tutte le volte in cui (come sempre avviene) le parti avessero dichiarato l’esistenza di una situazione diversa da quella preesistente. D’altro
canto, optando per la tesi costitutiva, si sarebbe giunti a considerare invalidi
tutti gli accertamenti con adesione, non già a causa della divergenza tra la situazione disposta e quella preesistente (divergenza anzi caratterizzante il tipo
di efficacia in discorso), bensì per via dell’esclusività - costituzionalmente
sancita - della potestà impositiva, la quale non avrebbe mai potuto consentire
che la definizione dell’accertamento discendesse da atti non propriamente o
non pienamente riconducibili all’esercizio della funzione.
Quindi, come del resto si riscontra anche nelle posizioni della più recente ed autorevole dottrina, si (ri)conferma l’opportunità di avvalersi degli
affidabili risultati conseguiti da Chi sostenne il tipo di connotazione effettuale
Marco Versiglioni
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preclusivo (ovviamente il riferimento è alla magistrale tesi elaborata dal Prof.
Angelo Falzea).
Questi insegnamenti, in specie se integrati con quanto si è detto in merito alle ‘logiche’ del ragionamento giuridico tributario, appaiono in grado di
assecondare, meglio di tutti gli altri, le esigenze peculiari di settore, trovando
l’‘accordo tributario’ il suo presupposto logico e giuridico nell’inesistenza ex
ante di una sola o di più soluzioni predeterminate ex lege. Con la conseguenza
che della sua eventuale efficacia costitutiva o dichiarativa potrebbe, in ipotesi,
discutersi solo ex post, quando il sopravvenire della conoscenza della situazione preesistente divenisse “giuridicamente rilevante”.
3.5. (Segue) … sensibile alla “sopravvenienza” (tributaria e/o comune), …
Un secondo profilo problematico normalmente usato contro l’ipotesi
transattiva, ed invero utile a precisare i tratti salienti della figura che si va
proponendo, è quello, antico, concettualmente legato alla prevista possibilità
di scardinare unilateralmente l’effetto preclusivo dell’accordo (mediante una
disciplina che ricorda, mutatis mutandis, quella dell’art. 11 L. 241/90). Richiamando la normativa che ammette espressamente la possibilità di
un’integrazione ex post da parte del Fisco, e riproponendo, mutatis mutandis,
le eccezioni poste in vigenza del precedente art. 43 t.u.i.r.m. n. 4021 del 1877
(che consentiva un valutazione da parte del giudice in ordine al merito
dell’accordo), si tende a far emergere l’incompatibilità concettuale di tale regime con la vincolatività che andrebbe necessariamente riconosciuta, invece,
ad un “accordo negoziale”.
A tale riguardo, va subito notato che il rilievo appare posto con minor
spessore rispetto a quanto avveniva in passato, se non altro perché il “potere
di riapertura” appare oggi fortemente limitato sia per quanto concerne
l’Amministrazione, sia per quanto riguarda il contribuente. Ma soprattutto,
detta perplessità sembra oggi inconsistente rispetto alla figura
dell’accertamento con adesione giacché appare evidente: (i) che la stessa transazione civilistica subisce il principio rebus sic stantibus (tanto che in quel
settore il dogma della immutabilità della transazione è recessivo); (ii) che il
grado di immutabilità della transazione appare per certi aspetti inferiore a
quello dell’accertamento con adesione; (iii) che se è vero che il legislatore tributario ha ammesso l’ulteriore esercizio dell’ulteriore azione accertatrice, ha
però, allo stesso tempo, escluso il potere di integrazione o di modificazione,
Marco Versiglioni
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così come ha escluso l’impugnabilità dell’accertamento con adesione; (iv) che
il legislatore ha previsto una ‘zona franca di definitività’ in cui neppure il potere di ulteriore azione accertatrice può essere esercitato; (v) che il legislatore
non ha previsto, invece, alcun potere di ulteriore accertamento per
l’accertamento con adesione in materia di imposte indirette diverse dall’iva.
Sicché, la critica che tradizionalmente viene dal settore in cui si collocano gli unilateralisti appare davvero flebile. Ma proprio il motivo di sottofondo, che comunque rimane, induce, per minima completezza, ad estendere
l’ambito dell’analisi al fine di verificare se davvero la “sopravvenienza”, intesa come valore giuridico fondamentale, debba necessariamente assumersi a
preclusione concettuale della tesi transattiva anche per l’‘accordo tributario’.
Occorre, cioè, interrogarsi sulle modalità con cui l’ordinamento apprezza, in
termini di effetti giuridici, le conoscenze che insorgono in tempi successivi a
quelli in cui è avvenuta una data regolamentazione di situazioni giuridiche,
laddove quest’ultima, sebbene certa, viene però a rivelarsi ex post ingiusta, in
base a canoni ritenuti insuperabili.
Da questo punto di vista, basta allargare un po’ il campo d’indagine per
convincersi che la circostanza per cui la definizione consensualmente raggiunta in sede di adesione può essere disattesa in via unilaterale non suscita, in realtà, imbarazzi teorici, poiché, come si è detto, anche gli accordi amministrativi (qui assunti a paradigmi dogmatici) sono soggetti a “simili vie di fuga”
dall’effetto vincolante, quando questo si riveli ingiusto [ancorché il canone di
ingiustizia sia sensibilmente differente da quello tributario; si pensi: (i)
all’istantaneità dell’atto di accertamento del tributo, (ii) all’assoluta limitatezza delle ipotesi di revoca nel nostro settore, (iii) al diverso modo in cui, in sede tributaria, si atteggiano l’interesse pubblico - unico ed immutabile nel tempo - e la cura dell’interesse pubblico nel concreto - ove l’unica ponderazione
ammessa è quella tra il “fine di certezza” ed il “fine di giustizia” -].
Né può trascurarsi come, in alcuni casi, questi sistemi reattivi siano fortemente affini ai rimedi di derivazione processuale che si muovono nella stessa direzione e che, soprattutto, acquistano rilievo anche per l’accertamento
con adesione, ove si è di fronte all’estinzione di una lite o all’eliminazione
della sua potenzialità. E allora, se in casi analoghi l’ordinamento ha trovato
ammissibili fenomeni di “revisione” giustificati anche da nuove conoscenze,
non si vede come e perché tale profilo dovrebbe porsi qui come pregiudiziale
incompatibilità logico-interpretativa.
Ma v’è di più. Il valore attribuito alla “sopravvenienza conoscitiva” (in
specie in sede civile, ove è lasciata libera di fluttuare secondo le regole gene-
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rali offerte da ciascun ramo del diritto), anche in questa ristretta portata, ben si
allinea ai “principi” in materia di obbligazioni e contratti, da ritenere, similmente a quanto previsto in sede amministrativa, applicabili all’‘accordo tributario’. Come le separate prevalenti dottrine osservano, queste “valvole” si risolvono in legittime reazioni a violazioni dell’“affidamento” e della “buona
fede”, i quali devono caratterizzare le “trattative” al fine di porre le parti su
una posizione di uguaglianza sostanziale nello svolgimento di qualsiasi negozio (anche compositivo) e di evitare errori che possano viziare la formazione
della volontà (indirizzata a definire o a prevenire la lite secondo un certo assetto). In definitiva, quindi, la tesi dell’‘accordo tributario’, cogliendo e facendo propri i segni dell’ossequio che tutti i settori coinvolti (tributario, amministrativo, privatistico) mostrano, pur con diverso tenore, al valore della
“sopravvenienza”, non appare per nulla incompatibile con la disciplina dettata
dal D.Lgs. 218/97.
Anzi, estremizzando un po’, pur rimarcando l’incoerenza di vincoli che,
fuori da ogni ‘schema comune’, impediscono il libero fluttuare del principio
rebus sic stantibus, ciò che interessa è che possibili rimedi alle distorsioni che
ne derivano (e che legittimerebbero la declaratoria di incostituzionalità della
norma) sono reperibili proprio sul versante privatistico.
Infatti, qualora non si ritenesse sufficiente limitarsi ad auspicare una
rimeditazione legislativa sul punto, ma si volesse agire in via interpretativa, si
potrebbero proficuamente utilizzare le norme sulla transazione e le relative
specificazioni dottrinali e giurisprudenziali.
In questo modo, potrebbero cogliersi essenziali particolarità effettuali
promananti dalla legge d’imposta, distinguendo ciò che è esterno da ciò che è
interno alla controversia, e quivi, ulteriormente, il caput controversum dal caput non controversum. E dunque, potrebbero desumersi interessanti strumenti
per aggredire la definitività insita nella ‘zona franca’ non discussa e non formate oggetto dell’accordo.
La figura, per come impostata, ben si presta, infatti, a subire gli effetti
della sopravvenienza, e pertanto, in questo senso, potrebbe ammettere conclusioni dogmatiche anche non necessariamente bloccate dal significato apparente delle norme e desumibile dalla mera lettera. In altri termini, la “non impugnabilità”, la “non modificabilità” e la “non integrabilità” dell’accordo paiono
limitate alla sola area del caput controversum e per questa via possono non
considerarsi un ostacolo a successivi accertamenti su questioni non controverse ovvero del tutto estranee alla lite, pur se di importo compreso nella soglia
di cui all’art. 2, comma 4, lett. a) D.Lgs. 218/97, oltre la quale, soltanto, è le-
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gittimato l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice. Potendo ciò consentire,
peraltro, un avvicinamento teorico-sistematico tra il regime che caratterizza
l’accordo sulle imposte indirette diverse dall’iva e quello previsto per le imposte sui redditi.
Insomma, l’accertamento con adesione concretizza un ‘accordo tributario compositivo’, nel quale un veicolo procedimentale di tipo ‘etico’ funge
da involucro rispetto ad un contenuto sostanziale costituito da un accordo bilaterale unitario di tipo negoziale, con funzione transattiva ed efficacia preclusiva, sensibile alla sopravvenienza.
3.6. (Segue) … civilisticamente disciplinabile (con norme compatibili e non
derogate), …
Da ciò discende, sul piano formale (quello del ‘veicolo’), l’applicabilità
delle norme di tipo pubblicistico che attengono agli atti dell’Amministrazione
Finanziaria, con particolare riguardo alle disposizioni che, in detto ambito, regolano la patologia degli stessi. Peraltro, in virtù dell’inquadramento proposto, non sembrano proponibili né il tema dell’eccesso di potere, né quello dei
vizi di merito; quindi, la tematica dei possibili vizi attinenti solo all’elemento
pubblicistico e non sostanziale dell’atto appare di non rilevante consistenza
(del resto, entrambe le parti, se di buona fede, hanno precipuo interesse a non
incorrere in situazioni che, altrimenti, potrebbero far venire meno gli effetti
preclusivi e premiali voluti e conseguiti).
Quanto, invece, al contenuto dell’‘accordo tributario’, ad esso sembrano applicabili le norme e i principi in materia di obbligazioni e contratti in genere, in quanto compatibili e non derogati dalla normativa tributaria. In tale
prospettiva, pare sin d’ora possibile riferirsi a numerose disposizioni comprese nel libro IV del codice civile; peraltro, se si prospetta assai limitata
l’utilizzabilità delle disposizioni del titolo I, con l’eccezione della sezione dedicata alle obbligazioni in solido, risulta invece più che plausibile la compatibilità di numerose norme del titolo II (sempre se non derogate), tra cui, senza
cura di esaustività, quelle preliminari e quelle concernenti i requisiti,
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l’interpretazione, l’illiceità, la frode alla legge, la rappresentanza, la nullità e
l’annullabilità (25).
Ciò detto in relazione ai principi generali, le particolari caratteristiche
della natura dell’‘accordo tributario compositivo’ sin qui proposte rendono
applicabili ad esso le norme sulla transazione, allorché non derogate ed in
quanto compatibili (con la sua natura ‘etica’). Peraltro, anche qui, se è impensabile svolgere in questa sede una prospettazione analitica compiuta, sovviene
quell’antica giurisprudenza che ebbe sempre a cuore i problemi dell’oggetto,
dei documenti sopravvenuti e, soprattutto, dei vizi della volontà, tra i quali la
medesima spesso tentò di distinguere, pur senza unanimità di indirizzi,
l’errore di diritto dall’errore di fatto.
Del resto, le profonde mutazioni che il settore tributario, quello amministrativo, nonché l’ordinamento in genere hanno subito, sembrano consentire
di poter meglio affrontare, rispetto al passato, il conflitto tra il fine deflativo
del contenzioso (“certezza”) e quello che, preso atto della “debolezza umana”
nella ricerca della verità ‘puntuale’ o ‘intervallare’, più concretamente si preoccupa di evitare distorsioni macroscopiche, frutto della mala fede di una delle parti, oppure frutto della congiunta volontà di agire in frode alla legge
(“giustizia”). Conflitto che, nel quadro ‘etico’ in cui si colloca l’istituto, dovrà
necessariamente porsi a fondamento del preliminare giudizio di compatibilità
da riferire sia alle norme civilistiche astrattamente considerate, sia alle elaborazioni della dottrina e della giurisprudenza sviluppate in quel settore. Così,
tanto per fare un esempio, se da un lato potrà apparire naturale condividere
qui la fermezza, solitamente là riscontrabile, circa l’irrilevanza dell’errore di
diritto sul caput controversum nel quale, ricorrendo lealtà e correttezza, sia
caduta una delle parti (stante la comune necessità di far prevalere la funzione
compositiva), dall’altro, però, dovranno con ogni probabilità recepirsi con
maggior diffidenza le sempre più frequenti posizioni che traggono analoghe
conclusioni per l’errore di fatto (stante la superiore esigenza posta da un ‘diritto con verità’, come quello tributario, ove anche la composizione “deve”
incardinarsi sull’uguaglianza “verità = consenso”). D’altronde, le norme generali indicano le vie da perseguire per ottenere tutela.
(25) Per l’approfondimento di questi temi, faccio ancora rinvio alla Relazione del Prof. Enrico Marello, il quale si è particolarmente dedicato allo studio delle invalidità nel diritto tributario.
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3.7. (Segue) … e postulante, a pena di responsabilità, l’efficienza del funzionario dell’Amministrazione Finanziaria, tenuto metodologicamente ad attivare l’indole ‘etico-compositiva’ (“verità=consenso”).
Infine, restando in tema di tutele latamente intese, ponendo in disparte,
per quanto detto, le problematiche connesse alle invalidità (vedi Marello), occorre svolgere un veloce test dell’ipotesi, osservandone gli effetti sul piano
delle responsabilità configurabili in capo al funzionario dell’amministrazione
finanziaria per l’uso non corretto dell’accerta-mento con adesione.
Ma prima di scendere nel particolare, vorrei evidenziare, in estrema sintesi, come la scelta discrezionale sul se accordarsi e sul quantum
dell’accordo: (i) integri in ogni caso un comportamento (e giammai un provvedimento), (ii) del quale occorrerà vagliare la liceità (e non la legittimità o
l’opportunità), (iii) mediante un giudizio improntato alla prevedibilità (ex ante
e non già ex post) degli eventi da parte dell’uomo medio dotato delle medesime conoscenze dell’agente, (iv) il quale deve ricercare nel dominio
dell’efficienza la soluzione di un’equazione data ex lege come impossibile da
un legislatore che ha “giustamente” parificato ‘efficienza’ ed ‘effettività’.
Infatti, tale giudizio non potrà che assumere, quale primario se non esclusivo criterio di riferimento, quel principio di efficienza che è ormai canone normativo di comportamento per tutti i pubblici dipendenti, e che, rispetto
all’accertamento con adesione, condurrà a ritenere lecite le scelte - tributariamente discrezionali - congrue e coerenti in relazione ai probabili sbocchi contenziosi del singolo affare fiscale, e per contro illecite quelle non coincidenti,
in termini di obiettiva prevedibilità, col “male minore” per l’Amministrazione
Finanziaria. Ciò significa, come si è detto a livello generale, che il funzionario
dell’ammi-nistrazione finanziaria sarà tenuto ad attivare l’indole ‘etica’ compositiva (“verità=consenso”); indipendentemente dal fatto che, poi, l’accordo
si concluda, o no.
Se poi, in particolare, si recuperano le premesse dogmatiche sopra ipotizzate (c.d. ‘responsabilità etica’), può completarsi il discorso sul metodo
della scelta pubblica. Da questo punto di vista sembra opportuno esaminare
distintamente: I) il caso in cui sussista una semplice incoerenza tra il tipo di
‘tema’ e il tipo di ‘ragionamento giuridico tributario’ adottato, e II) il caso in
cui, invece, l’illecito si appunti su un’incoerenza tra il tipo di ‘tema’ e di ‘ragionamento giuridico tributario’, da un lato, ed il tipo di ‘veicolo’ utilizzato,
dall’altro.
I) Incoerenza ‘tema’ / ‘ragionamento giuridico’. Dovrà considerarsi illecito (in quanto inefficiente = ex ante inefficace) il comportamento del funzionario dell’A.F. che abbia formulato la proposta di adesione e/o che abbia
perfezionato il relativo atto nei casi in cui il ‘tema’ litigioso era di tipo ‘scien-
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tifico’ o nei casi in cui, rispetto ad un (corretto) ‘tema etico’, il funzionario
abbia adottato un ‘ragionamento giuridico tributario scientifico’ per determinare la scelta sul se accordarsi e sul quantum dell’accordo.
II) Incoerenza ‘tema = ragionamento giuridico’ / ‘veicolo’. Sarà altresì
da ritenere illecito (pure in questo caso perchè inefficiente = ex ante inefficace) il comportamento del funzionario dell’A.F. che abbia utilizzato
l’accertamento con adesione nei casi in cui il ‘tema’ litigioso e il ‘ragionamento giuridico tributario’ erano di tipo ‘scientifico’ o che, in senso opposto,
non abbia utilizzato l’accertamento con adesione (e magari abbia fatto ricorso,
invece, all’autotutela) nei casi in cui il ‘tema’ litigioso e il ‘ragionamento giuridico tributario’ erano di tipo ‘etico’ (ed il ‘codice genetico’ del ‘tema’ implicava la composizione e non l’accertamento).
4. Conclusioni.
Nell’attuale contesto generale l’evoluzione legislativa invita quanto mai
la dottrina a ridiscutere i termini attuali di antiche distinzioni tra categorie di
“pubblico” e “privato” e ad interrogarsi sulla decifrabilità dei segni della sempre più manifesta tendenza a sovrapposizioni ed invasioni di campo ove si
configurano spazi “comuni”. Questo Convegno ne costituisce mirabile testimonianza.
Ora, è naturale che la prospettiva - a questo punto direi l’esperienza della mutuazione di istituti privatistici e della loro utilizzazione come strumenti di conseguimento di finalità pubblicistiche (ma è vero anche l’inverso)
non possa avvenire senza un attento vaglio di “compatibilità” e/o di “adeguatezza”, appunto per evitare indebite trasmigrazioni di istituti (si pensi, ad esempio, alla “discrezionalità amministrativa”).
Tuttavia, probabilmente, risulterebbe vano pensare di arrestare i movimenti sempre più veloci tra “placche” ordinamentali, frapponendo ad esse
frammenti di antichi “principi non scritti” non solo inconferenti ed inconsistenti (“indisponibilità = negazione della discrezionalità”), ma addirittura logicamente contraddetti da canoni inversi (l’‘indisponibilità tributaria rovesciata’ = affermazione della discrezionalità’ = esimente delle ‘responsabilità
etiche’ derivanti dall’agere pubblico efficiente, cioè ex ante efficace).
Sicché, a mio avviso sarebbe triste perdere la chance offerta
dall’‘accordo tributario’, figlio dogmatico dell’“accordo amministrativo”, di
rendere il diritto tributario partecipe della realizzazione di quelle “aree comuni” ove l’abbattimento dei costrutti divisori permetta di assecondare il diveni-
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re del diritto e, nel contempo, consenta di evitare ingiustificabili ed inopportune fratture con la realtà fenomenica.
Da ciò - e concludo davvero - traggo l’auspicio, che qui posso finalmente rivolgere ai Patroni della materia amministrativistica, di rimeditare il
significato e l’attualità della portata dell’art. 13, comma 2, della L. 241/90,
giacché questa norma, almeno in relazione agli aspetti esaminati, appare superata dalle modificazioni del diritto tributario ad essa sopravvenute.
MARCO VERSIGLIONI
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