Glossario
e strumenti urbanistici
Per comprendere i termini elementari relativi
al territorio e alle sue componenti,
agli attori, soprattutto istituzionali, e
agli strumenti principali impiegati per
pianificare, programmare, progettare,
effettuare le trasformazioni territoriali
C) Gli strumenti urbanistici
nella legge del 1942
Parleremo degli strumenti per la pianificazione,
programmazione, attuazione delle trasformazioni
previsti dalla legge 1150 del 1942, che solo in questi
anni viene modificata da un certo numero di regioni
La legge urbanistica
La costituzione dello Stato italiano si accompagna a una
rapida trasformazione del paese
Nelle maggiori città il rapido sviluppo rende necessario
pianificare le trasformazioni urbane:
la razionalizzazione della città esistente
i suoi ampliamenti
Ma è solo nel 1942 che l’Italia si dà una legge che
definisce natura, caratteristiche, contenuti e procedure
degli strumenti urbanistici

Negli altri paesi dell’Europa
Gran Bretagna: Town Planning Act, 1909;
Housing and Town Planning Act, 1919
Francia: prima legge, 1919; seconda legge,
1924
Olanda: Woningwet, 1901
Verso la legge urbanistica
Fino ai primi decenni del 1900 non c’era una regola
comune per pianificare le città: ogni piano aveva una
sua storia, un suo formato, una sua legge.
Negli anni 30 del secolo si apre anche in Italia un
dibattito e si avvia l’elaborazione di una nuova
legge.
Il dibattito si conclude con l’approvazione della
prima legge urbanistica nazionale, la legge 1150 del
1942

La legge urbanistica
La legge 1150 del 17 agosto 1942 è ancor oggi la legge
fondamentale in materia urbanistica.
nonostante il mezzo secolo trascorso,
nonostante che dal 1970 le regioni a statuto ordinario
abbiano la pienezza della potestà legislativa in materia,
nonostante le numerosissime “modificazioni e integrazioni”
intercorse con successivi atti legislativi,
l’impianto complessivo della pianificazione è ancora
determinato, in Italia, dagli istituti, i contenuti e le procedure
stabilite dalla legge 1150/1942.
Finalità e cuore
della lex 1150/1942
Finalità della legge è la disciplina de “l’assetto e
l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo
urbanistico in genere nel territorio del Regno”
(articolo 1). Tale disciplina “si attua a mezzo dei
piani regolatori territoriali, dei piani regolatori
comunali e delle norme sull’attività costruttiva”
(articolo 2).
Il cuore della legge è il “piano regolatore generale
comunale” (Prg). Esso dev’essere esteso all’intero
territorio comunale.
Tre livelli di pianificazione
La legge 1150/1942 prevede
il livello comunale PRG-PPE
(piano regolatore generale comunale e
piano particolareggiato d’esecuzione)
il livello intercomunale PIC
(piano regolatore intercomunale)
il livello territoriale PTC
(piano territoriale di coordinamento
Il piano regolatore: perché
Evitare, o almeno ridurre, il caos derivante
dallo spontaneismo
Programmare l’uso del territorio
Regolare le trasformazioni fisiche e funzionali
Valorizzare la rendita immobiliare (fondiaria
ed edilizia)
Il piano regolatore:
che cos’è
come lo vedo: un insieme di parti disegnate (tavole di analisi e
di progetto) e di parti scritte (norme e relazione)
come nasce: l’espressione tecnicamente compiuta d’una
volontà collettiva, quindi politica
è strumento d’una volontà collettiva: perciò deve essere
efficace: deve trasmettere ordini e determinare comportamenti
è riferito al territorio: perciò l’efficacia precettiva deriva da
una corretta congiunzione tra la cartografia e la normativa
per l’operatore pubblico è soprattutto un programma
per l’operatore privato è l’indicazione delle opportunità e
delle condizioni (vincoli)
Il linguaggio del piano regolatore
Due elementi principali:
il disegno di massima delle infrastrutture per il trasporto
la “zonizzazione”
La zonizzazione
suddivisione della città, esistente e futura, in zone caratterizzate da
diverse destinazioni d’uso e diverse quantità e tipologie di
edificazione
Gli indici
dimensione minima e massima del lotto edificabile
rapporto di copertura = tra la superficie copribile e quella del lotto
indice di fanbbricabilità = rapporto tra cubatura e superficie
altezza degli edifici (geometrica o sostanziale)
distacchi (dai confini, dalle strade ecc.)

Il Prg deve contenere:
1. La rete delle principali vie di comunicazione stradali,
ferroviarie e, laddove occorra, navigabili, concepita per la
sistemazione e lo sviluppo dell’abitato, in modo da
soddisfare alle esigenze del traffico, dell’igiene e del
pubblico decoro;
2. La divisione in zone del territorio, con precisazione di
quelle destinate all’espansione dell’aggregato urbano, e i
caratteri e i vincoli di zona da osservare nell’edificazione;
3. Le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o
sottoposte a speciale servitù;
4. Le aree da riservare a sede della casa comunale e della casa
del fascio, alla costruzione di scuole e chiese e ad opere e
impianti d’interesse pubblico in generale
(articolo 7)
L’attuazione del PRG
Il Prg è attuato:
o per intervento diretto (licenza edilizia, oggi concessione
edilizia)
o con il tramite di un “piano particolareggiato
d’esecuzione” (Ppe)
Il Ppe costituisce
una progettazione di dettaglio di determinate e
circoscritte porzioni di territorio
la scala del Prg è infatti troppo piccola per poter definire con
sufficiente precisione l’assetto del territorio là dove le
trasformazioni devono essere consistenti.

Il Piano particolareggiato
Nella sostanza:
Il piano particolareggiato è esteso a una parte del
territorio comunale, e precisa per essa la disciplina
prevista dal Prg a livello di dettaglio. Può giungere a
indicare le sagome planimetriche e altimetriche dei
singoli edifici
Secondo la legge:
nei piani particolareggiati di esecuzione “devono essere
indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di
ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati”
specifici contenuti
Il contenuto del Ppe
le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali
strade e piazze;
gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse
pubblico;
gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero
soggetti a restauro o a bonifica edilizia;
le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la
tipologia indicata nel piano;
gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da
vincolare;
la profondità delle zone laterali a opere pubbliche la cui
occupazione serva ad integrare le finalità delle opere
stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future.
(articolo 13)
Un esempio del passaggio
da PRG ai piani attuativi
Vediamo, limitandoci alla sola cartografia, un esempio
di passaggio dalle previsioni di PRG (per una
determinata porzione di territorio) al piano
particolareggiato:
il PRG di Rovereto,
il PP della zona di San Giorgio.

Dettaglio del PRG
Ingrandimento della tavola di PRG
Piano particolareggiato dell’area di San Giorgio. La tavola illustra l’articolazione del verde e
le destinazioni d’uso delle aree non edificate
.
La tavola illustra l’ingombro planimetrico e volumetrico delle unità edilizie.
Gli altri piani della L. 1150/1942
piano regolatore intercomunale è un Prg
esteso al territorio di più comuni. È approvato
da tutti i comuni compresi nel suo perimetro
piano territoriale di coordinamento
è un piano sovraordinato, esteso a vaste
porzioni del territorio nazionale. È (era)
formato dal Ministero dei Lavori pubblici
Contenuto del PTC
Nella formazione dei PTC devono stabilirsi le direttive da
seguire nel territorio considerato in rapporto principalmente:
1. alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle
assoggettate a speciali vincoli o limitazioni di legge;
2. alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei
edilizi od impianti di particolare natura ed importanza;
3. alla rete delle principali linee di comunicazione
stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili esistenti e in
programma.
(articolo 5)
Procedure di formazione
formazione è l’intero procedimento nel quale il piano,
da progetto, diventa un atto amministrativo vigente
protagonisti della pianificazione sono, nel sistema italiano,
gli enti pubblici: il governo nazionale e i comuni (oggi:
regioni, province, comuni)
nella logica della legge 1150/1942 il piano è un atto
amministrativo complesso ineguale
le tappe della formazione esprimono il sistema di
garanzie degli interessi coinvolti
(articolo5)
Iter della formazione
(In riferimento al Prg)
decisione di formare e attribuzione dei compiti
redazione (analisi e scelte)
adozione da parte dell’organo consiliare (misure di
salvaguardia)
pubblicazione
osservazioni (e opposizioni)
controdeduzioni alle osservazioni (e opposizioni)
trasmissione all’ente sovraordinato
approvazione ed entrata in vigore
(articolo 5)
Misure di salvaguardia
A decorrere dalla data di adozione dei piani regolatori
generali e particolareggiati e fino all’emanazione del relativo
decreto d’approvazione , il Sindaco, su parere conforme della
commissione edilizia comunale, può, con provvedimento
motivato da notificare al richiedente, sospendere ogni
determinazione sulle domande di licenza di costruzione (…)
quando riconosce che tali domande siano in contrasto con il
piano adottato
(legge 3 novembre 1952 n. 1902, articolo unico, comma 1)
Nelle more dell’approvazione del piano, le normali misure di
salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e
successive modificazioni, sono obbligatorie
(legge 6 agosto 1967, n. 765, articolo 3)
Le espropriazioni:
quando e perché
Nascono in Europa nel XIX secolo quando e
perché:
si formano gli Stati nazionali
il sistema economico ha bisogno di trasporti
per raggiungere i mercati
le condizioni igieniche richiedono interventi di
risanamento dei vecchi quartieri
l’individualismo proprietario nell’assetto
fondiario diventa un ostacolo
Un approfondimento:
Le espropriazioni
Uno degli strumenti per attuare
le trasformazioni della città e del territorio previste
dai piani, dai programmi e dai progetti pubblici
sono le espropriazioni
E’ utile comprendere come e perché nascono,
i principi sulla cui base sono regolate
La ragione degli espropri
Nascono nel XIX secolo le prime leggi che
regolamentano le espropriazioni.
Leggi necessarie nel nuovo regime delle garanzie
borghesi perché il suolo non era più del Signore o della
collettività: era di proprietà privata, e la proprietà privata
era il fondamento della società borghese.
Si doveva imporsi ad essa quando un interesse collettivo
lo esigeva: ma si dovevano stabilire compensazioni
adeguate e procedure che fossero garanzia per i
proprietari colpiti
I trasporti in Inghilterra e Francia
1825: prima ferrovia a vapore
1835: abolizione delle corvées
1844: lo Stato subentra ai privati nelle ferrovie
1858: inizia l’abolizione dei pedaggi stradali
1790: lo Stato si occupa direttamente delle strade
1838: entra in funzione la prima ferrovia
1838: il Conseil Géneral des Ponts et Chaussée è incaricato di
fare il piano generale delle ferrovie
L’igiene urbana in Inghilterra e Francia
1842: relazione Chadwick sulle condizioni della
povertà
Si costituiscono amministrazioni elettive locali
Si finanziano programmi di fognature
Si sviluppa la regolamentazione edilizia
1848: tentativo di rivoluzione borghesia-proletariato
1849: epidemia di colera
Programmi di trasformazione di Parigi di
Haussmann
Gli espropri in Europa
Leggi per le espropriazioni tra il 1842 e il 1845
Leggi parziali tra il 1810 e il 1833
Legge generale nel 1841
in connessione al piano ferroviario
1865: tre anni dopo la costituzione dello
Stato,
viene emanata la legge che regola gli
espropri: la legge 25 giugno 1865 n.2359
Le procedure espropriative della legge 2359 /1865
Richiesta alla competente autorità della dichiarazione di pubblica
utilità delle opere da realizzarsi;
dichiarazione di pubblica utilità con l’indicazione dei termini
d’inizio e d’ultimazione delle espropriazioni e dei lavori di
realizzazione delle opere;
formazione del piano particolareggiato d’esecuzione, con la
descrizione degli immobili da espropriare, dei relativi proprietari, e
delle somme offerte quali indennità;
determinazione dell’indennità come “il giusto prezzo che avrebbe
avuto l’immobile in una libera contrattazione di compravendita”
emissione del decreto di espropriazione, con conseguente
trasferimento della proprietà dall’espropriato all’espropriante.
Vantaggi e svantaggi
La legge 2359/1865 prevede nei casi di occupazione
parziale, che l’indennità consista “nella differenza tra il
giusto prezzo che avrebbe avuto l’immobile avanti
l’occupazione, e il giusto prezzo che potrà avere la
residua parte di esso dopo l’occupazione”,
La legge stabilisce anche che “qualora dall’esecuzione
dell’opera pubblica derivi un vantaggio speciale e
immediato alla parte del fondo non espropriata, questo
vantaggio sarà estimato e detratto dall’indennità”
In sostanza, non è ammissibile riconoscere ai proprietari
dei beni immobili gli aumenti di valore del bene che non
sono prodotti né dal capitale né dal lavoro del proprietario,
ma che sono dovuti al capitale e al lavoro della collettività
La legge di Napoli (2892/1885)
Si decise di risanare una vastissima parte del
“ventre di Napoli”.
Fu emanata la legge 15.1.1885 n. 2892 per il
risanamento della città di Napoli.
 L’indennità è “determinata sulla media del
valore venale e dei fitti coacervati dell’ultimo
decennio, purché essi abbiano data certa,
corrispondente al rispettivo anno di locazione”
 In sostanza: in misura pari al valore medio tra
quello di mercato e quello corrispondente alla
somma delle ultime dieci annualità di fitto
 In difetto di tali fitti accertati, è “fissata
sull’imponibile netto agli effetti delle imposte su
terreni e su fabbricati”.
La legge di Roma (502/1907)
Nel 1907, in connessione con il nuovo Prg di Roma (allora
amministrata dal Blocco popolare guidato da Ernesto
Nathan), in corso di elaborazione, il Parlamento approvò la
legge 11 luglio 1907 n. 502 “provvedimenti per la città di
Roma”.
Il Comune può espropriare le “aree fabbricabili comprese
nel perimetro del nuovo piano regolatore […] a un prezzo
corrispondente al valore dichiarato dal proprietario
delle aree agli effetti della tassa sulle aree stesse”.
L’esproprio nella 1150/1942
L’articolo 18 prevede la facoltà, per i comuni dotati di PRG
approvato, di espropriare “entro le zone d’espansione
dell’aggregato urbano […] le aree inedificate e quelle su cui
insistano costruzioni che siano in contrasto con la
destinazione di zona ovvero abbiano carattere provvisorio”.
In tal modo l’espropriazione viene svincolata dalla
realizzazione della singola opera. L’esproprio può essere
utilizzato per costituire, in anticipo rispetto ai processi di
urbanizzazione, demani di aree da urbanizzare successivamente:
così come da tempo avveniva in Olanda, Svezia, Gran Bretagna.
D) I piani urbanistici attuativi
e la rendita immobiliare
Nel dopoguerra, nuove esigenze sono nate.
Esse hanno dato luogo a una proliferazione di
piani urbanistici attuativi.
Li esamineremo, in rapporto anche al ruolo che
svolgono nei confronti della rendita immobiliare
Il piano di ricostruzione
Nel dopoguerra si abbandonò la legge urbanistica e si
affidò la ricostruzione alla spontaneità delle forze del
mercato
Venne definita, con un decreto legge del 1945, un
nuovo tipo di piano, il “piano di ricostruzione”
Contenuti molto più sommari del PRG, procedure
più rapide (e meno garantiste), meno controlli: ciò
avrebbe dovuto garantire speditezza, favorì
poderosamente la speculazione urbanistica e la
devastazione del territorio
La società è cambiata
Alla fine degli anni Cinquanta lo sviluppo industriale
del paese si consolida.
 I settori produttivi più avanzati raggiungono
soddisfacenti livelli di concorrenzialità internazionale e si
svincolano dal meccanismo di accumulazione fondato
sull’edilizia.
 Viene alla luce la contraddizione fra il settore
dell’edilizia speculativa e quelli industriali più avanzati.
 Si avverte l’esigenza di un più razionale uso del
territorio che consenta di realizzare economie di scala a
livelli più elevati.
 Si assiste alla fioritura di innumerevoli iniziative di
pianificazione.

La “riforma urbanistica”
Alla fine degli anni 50 la pianificazione riprende.
Con essa il dibattito: si pone il tema della riforma
urbanistica.
Non si approda al rinnovamento radicale degli
strumenti del governo del territorio.
In compenso, si foggiano nuovi strumenti di
pianificazione per nuove esigenze.
Prima di individuarli, un breve riepilogo

Un riepilogo: diversi tipi di piani
Possiamo distinguere i piani:
Secondo il livello territoriale (es: comunale, provinciale,
regionale, nazionale)
Secondo che definisca l’insieme dell’ambito
amministrativo cui si riferisce (piano generale) o che
attui il piano generale in riferimento a una determinata
porzione compresa al suo interno (piano attuativo o
esecutivo)
Secondo che riguardi l’insieme degli aspetti che
riguardano l’assetto del territorio (piano ordinario) o che
regoli un solo aspetto particolare (piano specialistico o di
settore)
Nuovi piani negli anni ’60 e ‘70
Negli anni ’60 riprese la pianificazione
Si aprì il dibattito sulla riforma urbanistica: cioè su
un rinnovamento profondo del modo di pianificare
Il dibattito non portò a conclusioni operative, ma si
ampliò l’armamentario soprattutto dei piani
attuativi
Nuovi tipi di piani attuativi nacquero in relazione a
nuove esigenze.
Ricordiamo che cosa sono i piani attuativi
I piani urbanistici attuativi costituiscono nella sostanza
un approfondimento tecnico delle previsioni del Prg.
Essi sono disegnati a un livello di dettaglio molto
maggiore di quello del Prg: questo è rappresentato
generalmente alle scale da 1:5.000 a 1:2.000, mentre i
piani attuativi sono disegnati alle scale da 1:1.000 a
1:200.
Contengono di conseguenza molte più informazioni
rispetto al Prg.
Il piano attuativo: un tramite esecutivo
I piani urbanistici attuativi sono perciò necessari, e idonei, per il
passaggio all’esecutività delle previsioni e prescrizioni del Prg.
Il Prg non è (generalmente) sufficiente per passare
 dalla generica attribuzione di una parte del territorio alla
“destinazione” residenziale, produttiva ecc.
 alla specifica indicazione di quali lotti siano concretamente
edificabili, con quali quantità, forme ecc.: cioè, non è sufficiente a
dare i “comandi” necessari per il progetto edilizio.
Il Piano attuativo è quindi il tramite tra Prg e progetto edilizio.
In genere, si attua il PRG attraverso il piano attuativo là dove
sono previste trasformazioni consistenti dell’assetto urbano,
attraverso il semplice progetto (concessione edilizia o progetto
di opera) là dove è prevista la conservazione dell’assetto urbano
I nuovi piani urbanistici attuativi
Con la legge 167 del 1962, per “agevolare l’acquisizione delle
aree da destinare all’edilizia economica e popolare”, si
introducono i
piani per l’edilizia economica e popolare
(e i piani per gli insediamenti produttivi).
Con la “legge ponte” del 1967, per risolvere alcuni più urgenti
problemi di disciplina dell’edilizia e di razionalizzazione
dell’urbanizzazione, si introducono i
piani di lottizzazione convenzionata.
Con la legge 457 del 1978, per rilanciare la programmazione
dell’intervento pubblico nell’edilizia e a favorire il recupero
dell’edilizia abitativa esistente, si introducono i
piani di recupero.
Il Peep
(piano per l’edilizia economica e popolare)
Nel Peep tutte le aree vengono preliminarmente
acquisite ed urbanizzate dal comune, il quale le
cede poi, in proprietà o in uso, a determinati
soggetti abilitati a realizzare edilizia “di tipo
economico e popolare” (enti pubblici, cooperative,
singoli soggetti, imprese di costruzione.
I comuni possono stipulare convenzioni nelle quali
gli assegnatari delle aree assumono determinati
impegni circa il livello degli affitti e dei prezzi di
vendita.
PLC:
Piano di lottizzazione convenzionato
 il Plc è di iniziativa privata: sono i proprietari, in accordo tra loro,
che lo redigono e lo propongono al comune;
 le aree necessarie per gli spazi pubblici vengono cedute
gratuitamente al comune;
 i privati realizzano a loro carico, le opere di urbanizzazione primaria
(modellamento del terreno, strade, fogne, acquedotto e altre reti, verde
pubblico) e parte delle opere di urbanizzazione secondaria (asili, scuole,
sport ecc.);
 i proprietari firmano una convenzione con il comune, nella quale si
impegnano a realizzare le opere di urbanizzazione e a cedere al comune
le aree dovute.
Il Piano di recupero
Il Piano di recupero (Pdr) è stato introdotto dalla legge 457 del
1978. La legge si propone di incoraggiare il recupero
dell’edilizia esistente, assegnando finanziamenti e definendo
procedure snelle.
In questo quadro, la legge introduce il Piano di recupero come
un piano particolareggiato, d’iniziativa sia pubblica che privata,
specializzato, da applicare nelle zone ove si rende opportuno il
recupero del patrimonio edilizio esistente mediante interventi
rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e
alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso.
Il Piano attuativo: attribuzione di valori
I diversi piani attuativi che abbiamo illustrato sono identici dal punto
di vista tecnico, sono differenti per quanto riguarda la diversa
incidenza sulle proprietà immobiliari
È il piano urbanistico attuativo che effettua una precisa attribuzione
di utilizzazioni e di valori alle singole proprietà
All’interno di una “zona” genericamente destinata alla residenza, o
all’industria ecc., il Prg prevede solo una determinata quantità
complessiva di volumi, alloggi, ecc., determinati indici e parametri,
e determinate quantità di spazi da destinare a strade, verde, servizi
ecc.
Il piano attuativo distribuisce queste quantità alle singole porzioni di
territorio, alle singole proprietà, e definisce l’organizzazione
morfologica della porzione di città “disegnata” dal piano attuativo.
Il piano particolareggiato
Prima della formazione del Ppe tutti i proprietari compresi
all’interno di un ambito, di cui il Prg prevede la
trasformazione mediante urbanizzazione ed edificazione,
sono proprietari della loro area, sulla quale hanno
un’aspettativa di edificabilità.
Dopo l’approvazione del Ppe i proprietari risultano divisi in
due grandi categorie:
quelli le cui proprietà sono destinate dal piano alla realizzazione
di spazi pubblici,
e quelli ai quali il Ppe attribuisce una concreta possibilità di
edificazione (o trasformazione edilizia) private.

Il Ppe e la rendita
In definitiva, alcuni proprietari sono privati della loro proprietà,
contro il ristoro di una somma (l’indennità di espropriazione)
inferiore a quella che otterranno gli altri proprietari.
Questi ultimi resteranno invece proprietari della loro area, e
otterranno un vantaggio derivante dalla previsione certa di
edificazione, e dalla valorizzazione indotta dalla realizzazione
di servizi sulle aree dei primi proprietari.
Il piano particolareggiato d’esecuzione funziona quindi come
strumento di valorizzazione della rendita e di suo trasferimento da
una parte all’altra dei proprietari.
Il Peep e la rendita
Il Peep consente di intervenire drasticamente sulla rendita
immobiliare urbana, almeno in linea teorica
Il Peep infatti
 elimina la rendita fondiaria nel momento del passaggio del
terreno dal valore agricolo a quello urbano (poiché l’indennità
espropriativa tende a ridursi al valore agricolo),
 ne può impedire la ricostituzione nel passaggio da rendita
fondiaria urbana a rendita edilizia, mediante il
convenzionamento dei prezzi degli edifici.
Il PLC e la rendita
Il Plc è uno strumento di valorizzazione della rendita
fondiaria e suo trasferimento perequato alla rendita edilizia.
Infatti la cubatura teorica (e quindi il valore teorico di rendita
urbana) che era attribuita dal Prg a ciascuna proprietà si trasforma
proporzionalmente in cubatura reale; se il proprietario XY
possedeva originariamente il 4% della superficie compresa
nell’ambito del Plc, adesso possiede il 4% della cubatura
edificabile.
L’area che è stata ceduta al comune non ha alcun valore, poiché
tutta la cubatura che le competeva è stata trasferita alle aree
edificabili.
E) Gli standard urbanistici:
la misura degli spazi pubblici
All’avarizia con la quale
i piani del dopoguerra e le politiche urbanistiche
provvedevano alla predisposizione di spazi
da destinare agli usi collettivi,
si risponde nel 1967-68 con un decreto
che stabilisce gli standard urbanistici
Ricordiamo…
Ricordiamo il ruolo decisivo che hanno svolto nel
processo di formazione della città

le funzioni pubbliche, comuni, collettive (la
difesa, lo scambio, la celebrazione, la giustizia,
l’incontro, l’amministrazione ecc.)

i luoghi destinati a tali funzioni (le mura e la
roscca, il mercato, la cattedrale, la basilica e il bargello,
il foro e la piazza, il palazzo del podestà ecc.)
Marginalizzazione degli spazi pubblici
Nella città moderna e contemporanea gli spazi pubblici
diventano del tutto marginali
Gli spazi pubblici sono considerati dei residui, scampoli
di terra poco utilizzabili per altri usi, localizzazioni spesso
marginali.
Nei casi migliori, si tratta di lotti della lottizzazione
edilizia, uguali a tutti gli altri.
Nessuna attenzione alla quantità dello spazio necessario
né alla sua accessibilità, nessuna attenzione alla centralità
che i luoghi dell’interesse pubblico dovrebbero avere
Eppure, la legge urbanistica…
Ricordiamo l’articolo 7 della legge 1150/1942, che
definisce il contenuto del piano generale.
Tra le cose che il piano deve definire la legge cita:
“le aree destinate a formare spazi di uso pubblico”
e quelle destinate “ad opere e impianti d’interesse
pubblico in generale”
Ma neanche questa prescrizione della legge viene
attuata: le aree destinate dai PRG agli spazi pubblici
restano marginali.
La società è cambiata
Nel dopoguerra la società italiana è cambiata
radicalmente:
 l’affermazione di un regime democratico di massa
 il suffragio universale e il voto alle donne
 le lotte sociali e il ruolo protagonista delle organizzazioni
sindacali di massa
 la crescita dei redditi e l’uscita generalizzata dalla miseria e
dalla povertà
Nascono così nuove esigenze e nuove possibilità di
soddisfarle. Si afferma una maggiore attenzione
alla quantità e qualità delle urbanizzazioni
Gli “standard urbanistici”
Nel 1966 una serie di episodi catastrofici
dimostra come l’assenza di un efficace governo del
territorio provochi disastri inaccettabili:
Agrigento, Firenze e l’Arno, Venezia
In attesa della “riforma urbanistica”,
una legge del 1967 introduce alcuni miglioramenti
alla legislazione e alla strumentazione urbanistica
tra l’altro, si stabiliscono degli “standard urbanistici”
Parole: standard urbanistici
Lo standard è un valore minimo, considerato come
“livello di dotazione obbligatorio e come soglia
minima al di sotto della quale non si può considerare
soddisfatto il disposto normativo” (Iasm, Manuale delle
opere di urbanizzazione, F. Angeli, Milano, 1983)
Si intende per “standard urbanistici” la
determinazione delle quantità minime di spazi pubblici
o di uso pubblico, espresse in metri quadrati per
abitante, che devono essere riservate nei piani, sia
generali che attuativi.
Bandiera, prestazione, norma
“La parola standard, parola inglese che aveva
originariamente il significato di bandiera, di segno di
riconoscimento dei cavalieri, si usa oggi nella lingua
originaria per indicare qualcosa di noto, di non discutibile
e che può essere usato come elemento di paragone in
numerosi campi delle tecnologie e delle scienze. La
caratteristica dello standard, di essere legato a una
prestazione, ad un livello di funzionamento raggiunto e
sperimentato, è evidente in numerosi ambiti disciplinari,
nei quali il termine è appunto usato in questo significato”
(L. Falco, Gli standard urbanistici, Edizioni delle autonomie, Roma
19782, p. 23)
La “legge ponte” del 1967
La legge 6 agosto 1967, n. 765 (“legge ponte”):
 modifica la disciplina delle lottizzazioni introducendo il
piano di lottizzazione convenzionata
 stimola la formazione dei piani regolatori imponendo
limiti all’edificazione nei comuni sprovvisti di piano
 stabilisce l’obbligo di definire dei “rapporti massimi tra
spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde
pubblico o a parcheggi”

Parole: servizi, attrezzature, infrastrutture
servizi  l’insieme degli elementi che servono a
garantire una determinata prestazione (sede,
personale, regolamento di gestione, finanziamenti
ecc.)
attrezzature  le strutture fisiche nelle quali il
servizio si svolge
infrastrutture  le strutture fisiche “a rete”
necessarie per trasmettere flussi di traffico, di energia,
d’acqua, di informazioni ecc.; anche attrezzatura
tecnica
Parole:
urbanizzazione primaria e secondaria
urbanizzazione  è l’insieme delle strutture fisiche
(attrezzature e infrastrutture) necessarie per rendere
utilizzabile un sito secondo un modello di vita e di attività
urbano; si distingue in primaria e secondaria
urbanizzazione primaria  la “precondizione” per
l’utilizzabilità: essenzialmente le infrastrutture e la sistemazione
del terreno (anche: u. tecnica)
urbanizzazione secondaria il resto, cioè essenzialmente le
attrezzature: scuole, mercati, ambulatori, campi sportivi, chiese
ecc. (anche: u. sociale)
Parole:
pubblico / privato; collettivo / individuale
Pubblico e privato  pubblico è ciò che è di proprietà della
pubblica amministrazione o è affidato alla sua gestione;
privato è ciò che è di proprietà di soggetti privati o è affidato
alla loro gestione
Collettivo (o comune) e individuale  collettivo (o comune),
ciò che è predisposto, gestito e organizzato in relazione a una
utilizzazione da parte di un insieme di cittadini; individuale è
ciò che riferito a una utilizzazione della singola persona o
famiglia
Collettivo  pubblico, individuale  privato.
Il decreto 1444/1968: tipi di attrezzature
Il decreto 4 aprile 1968, n. 1444, prescrive standard
riferiti a diversi tipi di attrezzature:
 “d’interesse locale”, cioè tali da dover essere
direttamente accessibili dagli utenti con percorsi
pedonali o comunque superabili in archi di tempo brevi
(non superiori ai 20-25 minuti primi)
 “d’interesse generale” o “territoriale”, tali, per loro
natura o per la dimensione funzionale richiesta, da
dover essere localizzate in relazione a bacini d’utenza
più vasti

Il decreto 1444/1968: le quantità minime
Per le attrezzature d’interesse locale, o di quartiere, il decreto
stabilisce che ogni cittadino ha diritto ad un minimo di 18 mq di
spazio pubblico, così ripartiti: 4,5 per asili nido, scuole materne e
dell’obbligo; 2 per attrezzature di interesse comune (culturali,
assistenziali, amministrative, religiose, sociali, sanitarie, ecc.); 2,5
per parcheggi pubblici; 9 per il verde, il gioco e lo sport.
Per le attrezzature di livello territoriale il decreto stabilisce la
necessità di un’ulteriore dotazione di 15 mq di parchi territoriali, di
1,5 mq per attrezzature ospedaliere e di 1 mq per l’istruzione di
livello superiore, rinviando all’esame delle situazioni locali e alle
decisioni degli strumenti della pianificazione le quantità relative
agli ulteriori servizi richiedenti spazio.

Il decreto 1444/1968: le «zone omogenee»
Il decreto prevede prevede norme differenziate per diverse “zone
omogenee”:
zone A (centro storico) si devono seguire determinate prescrizioni
per la tutela dei valori storici,
zone B (di completamento) lo standard può essere dimezzato,
zone C (residenziali d’espansione) e per le zone D (produttive)
devono essere applicati integralmente gli standard relativi all’una e
all’altra utilizzazione prevalente,
zone E (agricole) sono caratterizzate da uno standard ridotto
zone F e zone G sono costituite interamente da superfici di
standard (ossia di spazi destinati a utilizzazioni collettive).
Nella volontà del legislatore, le zone omogenee sono uno
strumento di verifica dell’applicazione degli standard. 
Virtù e limiti del decreto sugli standard
Virtù:
 per la prima volta è affermato il diritto dei cittadini a
fruire determinate quantità di spazi pubblici
 per la prima volta è stabilito che circa metà delle aree
urbane devono essere assegnate alle funzioni comuni
Limiti (nella prassi):
 interpretazione burocratica delle “zone omogenee”
 scarsa attenzione alla qualità delle attrezzature
 scarsa attenzione al “sistema” degli spazi pubblici
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