SENTIRE A SCOLTARE
Matthew Herbert
o n l i n e m u s i c m a gazine
Micah P. Hinson
LUGLIO / AGOSTO N.10
Royksopp
Peppe Co nsolmagno
Matt Elliott
Xiu Xiu
Deerhoof
Melvins
Sufjan Stevens
The Free Design
Jean Louis Murat
Daevid Allen
Bright
Eyes...di bulimia e pepite d’oro
sentireascoltare in copertina
Bright Eyes
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sommario
4 News
1 0 Speciali
Deus
Bright Eye s , M i c a h P. H i n s o n
Royksopp, P e p p e C o n s o l m a g n o
Record Lab e l . . .
5 1 Recensioni
Matt Elliott , X i u X i u , D e e r h o o f , M e l vins, Oasis , S u f j a n S t e v e n s , M a x i m o
Park, Depa r t u r e , T h e F r e e D e s i g n , T h e
Tears, Billy C o r g a n , Tu r i n B r a k e s . . .
9 1 Dal vivo
Beck, Whit e S t r i p e s , A n t o n y & T h e
Johnsons, N i c k C a v e , M u s i c a p e r
camere...
1 06 Rubriche
Classic La u r a N y r o
Cinema Gu s Va n S a n t
I vagabond i d e l l ’ a n i m a
Royksopp
Nuova can z o n e f r a n c e s e
Jean-Louis M u r a t
Arte Luka M o n c a l e a n o
Direttore
Edoardo Bridda
Direttore responsabile
Ivano Rebustini
Coordinamento
Antonio Puglia
Stefano Solventi
Beck
Staff
Valentina Cassano
Daniele Follero
Teresa Greco
Hanno collaborato
Antonio Amodei, Pasquale Boffoli
Filippo Bordignon, Roberto Canella
Antonello Comunale, Lorenzo Filipaz
Andreas Flevin, Carlo Pastore, Marina Pierri
Matteo Quinzi, Michele Saran, Gianluca
Talia, Davide Valenti, Fabrizio Zampighi
Guida spirituale
Adriano Tauber (1966-2004)
Grafica
Paola Squizzato
Squp
Edoardo Bridda
sentireascoltare Luka Moncaleano
news
I Franz Ferdinand hanno ultimato il loro secondo lavor o i n s t u d i o Yo u C o u l d H a v e I t S o M u c h B e t t e r . . . W i t h
Franz Ferdinand e comunicato alla stampa la scaletta
delle canzoni. La copertina, che in origine doveva essere riconoscibile da quella dell’album di debutto solo per
la diversa combinazione di colori, ora dovrebbe ritrarre
una ragazza che fotografa il nome del gruppo.
D o Yo u
W a n t To i l p r i m o s i n g o l o è i n u s c i t a i l 1 9 s e t t e m b r e . P e r
l’album la pubblicazione è fissata per il 3 ottobre…
Si
chiamerà
Ta k k . . .
(ovvero
“grazie”
in
islandese)
il
nuovo album dei Sigur Ros, la cui uscita è prevista il
12 settembre su etichetta EMI in Europa e Geffen negli
Usa...
I Flaming Lips hanno participato a Killer Queen, una
compilation di cover della band inglese con una versione di Bohemian Rapsody (uscita 2 agosto); pronto
inoltre un nuovo singolo, Wedding Crashers, che sarà
incluso nella colonna sonora del film “Ambulance driver”
(che includerà brani di altre band della scena indie tra
c u i B l o c P a r t y, D e a t h C a b f o r C u t i e , S p o o n , R i l o K i l e y e
Jimmy Eat World), il brano si aggiungerà ai 6 brani già
r e g i s t r a t i p e r A t w a r w i t h t h e m y s t i c s , s e g u i t o d i “ Yo s h i mi battles the pink robot” (2002), previsto per Gennaiofebbraio
del
2006.
Wayne
Coyne
ha
sarcasticamente
descritto la musica dell’album “Dixieland progressive”!
Sempre Wedding Crashers sarà incluso nel nuovo DVD
d e l l a b a n d , Vo i d ( Vi d e o o v e r v i e w i n d e c e l e r a c i o n ) , i n
uscita negli USA il 23 agosto, che conterrà tutti i videoclip editi dalla Warner Bros. Sulle nuove tappe on the
orad annunciate per ora niente Europa, ma solo qualche
data negli U.S.A. (Masontown, in West Virginia e San
Diego)...
A 22 anni di distanza dal loro ultimo tour mondiale i
Police pubblicheranno un DVD live che documenta il
concerto di Atlanta del 1983, che conterrà alcune riprese inedite di Roxanne, Don’t stand so close to me,
Sinchronycity II e Invisible sun. Questa nuova edizione
conterrà anche il trailer originale del concerto e un’in-
sentireascoltare
tervista a Melbourne in occasione dell’ultima data del
t o u r, n e l 1 9 8 4 . . .
Aria di tributo per i 40 anni
dall’uscita di Rubber soul,
I Metallica faranno da spalla ai Rolling Stones nei pros-
il disco della “svolta” dei
simi concerti della rock band inglese all’SBC Park di
Beatles
S a n F r a n c i s c o . I l B i g g e r B a n g To u r d e g l i S t o n e s s b a r -
Il
cherà in California il 13 e 15 novembre...
(già artefice di Badlands:
I Fiery Furnaces hanno annunciato sul loro sito ufficiale
A tribute to Bruce Spring-
che pubblicheranno due album a una manciata di mesi di
steen’s Nebraska) ha con-
distanza l’uno dall’altro. Rehearsing my choir uscirà ad
vocato un gruppo di artisti
O t t o b r e , m e n t r e B i t t e r Te a ( c h e a d i f f e r e n z a d e l p r i m o ,
facendogli reincidere can-
sarebbe già pronto) è previsto per l’inizio del 2006...
zone
per
canzone,
I candidati al Mercury Prize Coldplay festeggiano le
sequenza
originale.
v e n d i t e d i X & Y: 5 0 0 . 0 0 0 c o p i e v e n d u t e s i n ’ o r a s o l o n e l
nomi
Regno...
q u e l l i d i B e n H a r p e r, e d e i
uscito
produttore
nel
Jim
coinvolti,
1965.
Sampas
nella
Tra
i
spiccano
Cowboy Junkies.
L ’ e x c a n t a n t e d e g l i S u e d e e a t t u a l e f r o n t m a n d e i Te a r s ,
“This
Brett Anderson, ha annunciato l’uscita di un suo album
40th Anniversary tribute to
solista per il 2006, dichiarando che il disco, già quasi
the Beatles’ Rubber Soul”,
pronto, sarà soltanto un progetto parallelo a quelli della
uscirà il prossimo 25 otto-
band. “Sarà triste, un po’ dark e incredibilmente natura-
bre per la Razor & Tie...
bird
has
flown
-
A
le” ha detto Anderson...
“Aspettatevi più fiati e più
A Michael Jackson va meglio in tribunale che sul mer-
canadesi”.
cato discografico. Il suo ultimo greatest hits The essen-
dichiarato
tial Michael Jackson (la sua prima uscita discografica
cial Scene a proposito del
dopo il processo per pedofilia) ha venduto solo 8000 co-
l o r o n u o v o l a v o r o . L’ a l b u m
pie negli U.S.A. E pensare che Thriller è stato per circa
che
vent’anni l’album più venduto al mondo con 60 milioni di
veva
copie vendute in tutto il globo!
fing Nation ora è omonimo.
Questo
i
hanno
Broken
So-
originariamente
chiamarsi
do-
Windsur-
N e l 2 0 0 2 , Yo u F o r g o t I t i n
In corrispondenza dell’uscita del nuovo album, Black
People aveva venduto ne-
a c e t a t e ( 3 o t t o b r e ) , l ’ e x Ve l v e t U n d e r g r o u n d J o h n C a l e
gli usa più di 77.000 copie
intraprenderà un tour europeo che partirà il 18 settem-
aggiudicandosi
bre...
Juno Award. La nuova fati-
anche
un
ca sarà pubblicata il 4 otSiouxie & the Banshees ripubblicheranno l’intera di-
tobre...
scografia rimasterizzata in digitale nell’arco del prossimo anno. La prima uscita riguarderà l’album di debutto
The concert for Banglade-
della band, The scream, del 1978. La nuova edizione
sh,
sarà accompagnata da un cd di inediti che conterrà, tra
organizzato
l’altro, alcune Peel session di quell’anno e i primi due
Harrison e considerato il
singoli della band, Hong Kong Garden e Staircase (My-
modello dei moderni mega-
ster y)...
show di beneficienza, ver-
il
concerto
da
del
1971
George
rà pubblicato in DVD per la
Secondo un recente sondaggio di una compagnia di ri-
prima volta a fine ottobre.
cerca sulla musica digitale (The Leading Question), i
In contemporanea verrà an-
downloader illegali, tanto temuti dal mercato musicale,
che ripubblicata la versio-
sarebbero anche quelli che lo mantengono in vita. Se-
ne CD, che includerà come
condo il sondaggio, infatti, chi scarica musica illegal-
bonus
mente compra anche molti più dischi rispetto alle altre
di Bob Dylan, Love minus
t i p o l o g i e d i f r u i t o r i d i m u s i c a (il rapporto sarebbe 5 a 1)...
zero/no limit, esclusa dal-
track
una
canzone
sentireascoltare la versione originale...
I Waterboys pubblicheranno un album live il prossimo
12 settembre. Il titolo del disco è Karma to burn e contiene
registrazioni
effettuate
durante
alcuni
concerti
britannici ed irlandesi che la band di Mike Scott ha tenuto nel 2003 e 2004.
Il prossimo novembre Bob Dylan arriverà in Italia per
Broken Social Scene
due concerti: il 10 novembre al Palamalaguti di Bologna
e il 12 al Forum di Assago a Milano. Le due date faranno
parte del tour europeo di Dylan che partirà da Stoccolma il 17 ottobre...
Alla fine agosto verrà pubblicato No direction home: The
soundtrack – The bootleg series vol. 7, colonna sonora
del film-documentario diretto da Martin Scorsese, No
Direction Home: Bob Dylan. Questa nuova uscita della Bootleg Series sarà composta da due CD contenenti
canzoni scritte da Dylan tra il 1959 e il 1966: ventotto
brani di cui solo due precedentemente editi; tutte le altre 26 canzoni sono versioni rare o del tutto inedite (la
tracklist completa è visibile su Bobdylan.com). Il tutto è
accompagnato da un booklet di sessanta pagine...
Gli Oasis hanno frantumato il record della Odyssey Arena di Belfast. Il gruppo dei fratelli Gallagher è infatti
riuscito a vendere tutti i 10.000 biglietti per il loro show
nordirlandese in soli 15 minuti, il miglior risultato, con
circa 700 tagliandi al minuto, nella storia della sala. Da
notare che il concerto è programmato per il prossimo 18
dicembre, quindi tra oltre 4 mesi!...
In uscita il 2 agosto per la Hollywood Records un tributo
ai Queen...
Il numero di agosto del mensile musicale Mojo dedica
un servizio piuttosto ampio al nuovo, fantomatico album
di Peter Gabriel, di cui da tempo si conoscono il probabile titolo (I/O, oppure Input/Output) e la provenienza
di gran parte del materiale, accumulato durante il lunghissimo procedimento di sedimentazione di Up, il disco
uscito ormai quasi tre anni fa. Gabriel ci sta lavorando
nei suoi quartieri generali di Box assieme a Daniel Lanois e promette di dedicarvisi a tempo pieno da qui alla
fine dell’anno...
E’ stata stabilita per il prossimo 26 settembre la data
di pubblicazione di Item, un doppio DVD che raccoglierà
tutti i video finora prodotti dai New Order...
I B l o c P a r t y h a n n o d i c h i a r a t o a N M E d ’ a v e r e g i à 2 0 n u o ve
c a n z o n i i n c a n t i e r e . . . L’ a l b u m u s c i r à n o n p r i m a d e l 2 0 0 6 . . .
sentireascoltare
Anche se Frank Black procede in effervescente auto-
tion, in uscita il 9 settembre
nomia (è uscito da pochissimo Honeycomb a suo nome),
su V2. La band intrapren-
non si fermano i progetti dei Pixies che hanno deciso
derà
ufficalmente di ritornare in studio per dare un seguito a
rà anche il nostro Paese a
Trompe Le Monde, ultima produzione del gruppo datata
Novembre (vedi calendario
1991...
in homepage)...
L’ i n c o n t i n e n t e D e v e n d r a B a n h a r t è p r o n t o a l l a n c i o d e l
S’intitola Chaos and Crea-
n u o v o a l b u m , C r i p p l e C r o w, p r e v i s t o p e r s e t t e m b r e e
tion
recentemente testato sul pubblico romano, a cui ha re-
nuovo album di Paul Mc-
galato i quattro brani messi in streaming sul sito della
Cartney,
XL Recordings incorniciati in quadretti di straordinaria
settembre.
comicità italo-spagnola, affiancato dalla sua carovana
ventesimo disco come soli-
d i i m p r o b a b i l i f r e a k , t r a c u i a n c h e Ve t i v e r. . .
sta dell’ex Beatles e porta
un
in
tour
the
che
Back
in
tocche-
Ya r d
uscita
Si
con sé una novità
rispetto
il
tratta
alle
il
13
del
sostan-
E’ online il nuovo sito dell’etichetta indipendente varesi-
ziale
prece-
na Ghost Records dove è anche possibile acquistare in
denti registrazioni: è stato
esclusiva il singolo di debutto degli Hot Gossip...
In seguito a gravi problemi
di salute, manifestatisi subito dopo il concerto del 10
luglio a Roma (Villa Ada),
il leader dei Karate, Geoff
Farina,
a
è
stato
cancellare
europeo.
costretto
l’intero
Notizie
tour
tutte
da
confermare parlano di lesione
del
timpano.
Tutte
le date in programma - inclusa quella del 15 luglio,
prevista
serata
nell’ambito
d’apertura
della
del
fe-
stival di Wuotstock - sono
state annullate. E proprio i
recenti problemi di salute
del leader sembrano essere la causa principale dello scioglimento del gruppo,
come
annunciato
sul
sito
di Farina. I volumi troppo
dEUS
alti non gli permettono infatti di continuare un viaggio
coprodotto
che dura ormai da dodici anni, ma non per questo si per-
e Nigel Godrich, produtto-
da
McCartney
de d’animo: continuerà a lavorare ai suoi side project
re di Radiohead, Travis e
(l’ultimo dei quali riguarda Ardecore, di prossima usci-
Beck....
ta con Il Manifesto), nonché alla nascita di una nuova
band che, per ovvi motivi, avrà una strumentazione di-
Gli sforzi compiuti da Bob
versa...
Geldof
per
organizzare
il Live Aid e il Live 8 gli
A 6 anni da The Ideal Crash tornano finalmente i dEUS,
sono
con una nuova lineup e un nuovo disco, Pocket Revolu-
ra al Premio Nobel per la
valsi
la
candidatu-
sentireascoltare pace. A Geldof va infatti il merito di avere sensibilizzato
l’opinione pubblica e i potenti della terra sul problema
della fame nel mondo e del debito dei paesi in via di
sviluppo. La candidatura e’ stata comunicata dal parlamentare norvegese Jan Simonsen, il quale ha spiegato
che per ragioni di scadenze temporali Geldof parteciperà all’edizione del 2006. Geldof era già stato candidato
al Nobel per la pace nel 1986 a seguito del Live Aid, ma
la giuria si era poi espressa a favore di un altro candidato...
S’intitola Playing The Angel il nuovo album dei Depeche Mode, in uscita a metà
ottobre. Il disco, registrato
nella californiana Santa Barbara, segna il ritorno della
b a n d a q u a t t r o a n n i d a l p r e c e d e n t e E x c i t e r. A l l ’ o r i g i n e
della lunga pausa, la querelle oggi risolta tra il cantante David Gahan e Martin Gore. Al momento i Depeche
Mode stanno missando il nuovo materiale a Londra insieme a Steve Fitzmaurice. Tra le canzoni incluse nella
tracklist ufficiale l’inserimento di ‘Precious’, ‘Sinner in
Me’, ‘Suffer Well’, ‘John the Revelator ’, ‘Macrovision’,
‘ A P a i n T h a t I U s e d To B e ’ e ‘ I W a n t I t A l l ’ . ( S i t o u f f i ciale)...
U s c i r à l ’ 11 o t t o b r e e s i c h i a m e r à ‘ T h e r u n n e r s f o u r ’ l ’ o t tavo album (il quarto dal rivoluzionario ‘Reveille’ del
2002) dei Deerhoof...
In uscita il 18 ottobre il nuovo album degli Animal Collective, che sarà intitolato Feels. Il disco è stato registrato ai Gravelvoice Studios di Seattle con Scott Colburn ed è descritto come l’album più accessibile della
band...
Si
fa
sempre
più
vicina
la
possibile
reunion
degli
Smashing pumpkins. Dopo le buone intenzioni espresse da Billy Corgan sulle colonne del Chicago Tribune,
anche il batterista Jimmy Chamberlain si è dimostrato
entusiasta all’idea di far risorgere la band, dissolta nel
2000 dopo la pubblicazione di Machina…
Il nuovo episodio discografico dei Mouse On Mars non
sarà un disco di studio, ma un live album, il primo in 10
anni di carriera...
Ian Brown, ex leader degli Stone Roses, ha rotto il silenzio sulla possibilità di reunion della band, che era
s t a t a i n v i t a t a a n c h e a l r e c e n t e f e s t i v a l d i G l a s t o n b u r y.
Brown si è dimostrato molto possibilista e ha annunciato l’uscita di un Greatest Hits (il cui titolo dovrebbe
essere The Greatest) con remix e B-side, prevista per il
4 settembre. La raccolta sarà anticipata dal singolo All
Ablaze, in uscita il 22 agosto…
sentireascoltare
digitale che fornisce già repertori di numerose etichette
Bene, ma non benissimo, la
a servizi come iTunes, Napster e Od2 e che ha tra i suoi
diretta sul Live 8 secondo
proprietari proprio il responsabile della Cooking Vinyl,
i rilevamenti effettuati da
Martin Goldschmidt…
Auditel: mentre nel pomeriggio la kermesse ha fatto
L u t h e r Va n d r o s s , l e g g e n d a d e l s o u l , s i è s p e n t o i l 1
segnare i maggiori ascolti
l u g l i o n e l N e w J e r s e y. I l c a n t a n t e , c h e a v e v a 5 4 a n n i
con uno share del 19.61 %
e una carriera trentennale alle spalle, soffriva da anni
(il più alto tra le reti moni-
di diabete. Risale al 2003 la sua ultima pubblicazione
torate), nel corso della se-
Dance with my father…
rata i telespettatori si sono
divisi tra l’evento rock e i
Uscirà l’8 agosto il nuovo singolo dei Super Furry Ani-
tradizionali show del saba-
mals, anticipazione del nuovo album Love Kraft, pre-
to sera. RaiTre ha così fat-
visto per il 22 dello stesso mese. Il singolo conterrà
to segnare uno share del
anche due inediti, Sunny Seville e una versione live di
17.34 % dalle 18 alle 20 e
Colonize the moon…
30, del 12.13 % in prima
serata e del 17 % in secon-
I l c h i t a r r i s t a d e g l i A u d i o s l a v e To m M o r e l l o h a r a c c o n t a -
da. Intanto la EMI si è as-
to alla rivista inglese Billboard che il gruppo tornerà in
sicurata i diritti di vendita
studio dopo il tour europeo per registrare nuovo mate-
dei concerti e a novembre
riale prima di partire per gli U.S.A….
dovrebbe essere pubblica-
Gwen Stefani sarà impegnata tra ottobre e novembre in
to un Dvd…
un tour negli States che partirà da Phoenix il 16 ottobre
e si concluderà il 10 del mese successivo a Houston…
Il nuovo singolo dei Killing
Joke “Millennium” circole-
Non c’è pace per Jacko. Michael Jackson è stato nuo-
rà sulla rete peer-to-peer
vamente denunciato. Per fortuna del cantante, stavolta
di KaZaA a partire dal 29
non si tratta di un caso simile a quello per il quale ha
giugno: questa volta, però,
rischiato la galera. Stavolta Jacko, qualora ritenuto col-
lo
della
pevole, potrà cavarsela con qualche migliaio di dollari.
canzone di Jaz Coleman e
I fatti: Donna Kyman, una 66enne residente ad Encino,
compagni
autorizza-
nei pressi della villa Neverland del cantante, ha sporto
to
scambio
e
tra
sarà
attraver-
denuncia dopo che un cane di Jacko l’ha morsicata. La
so i sistemi di protezione
donna afferma che il cane, il cui nome sarebbe Flash,
di
Altnet,
sarebbe fuggito dal cancello della proprietà di Michael
di
contenuti
sica,
controllato
fan
film,
utilizza
il
distributore
digitali
(mu-
e, dopo averla azzannata, le ha causato “grandi soffe-
che
renze, dolore mentale, fisico ed emotivo”. La Kyman ha
diffusione
denunciato Michael Jackson lo scorso 7 giugno, ma la
software)
per
la
on-line dei contenuti presi
notizia è trapelata solo oggi...
in licenza anche i network
di file sharing. Lo ha deciso
l’etichetta
inglese
Cooking Vinyl, che intende
promuovere
in
questo
modo il nuovo album della
band, in uscita ad ottobre
e ancora senza titolo, nonché
le
ristampe
demonium”
di
(1994)
“Pane
“De-
mocracy” (1996). A gestire
tecnicamente
è
U p l o a d e r,
l’operazione
distributore
sentireascoltare speciale
RÖYKSOPP
Balearic sounds in the midnight sun
di Edoardo Bridda
Sapienti miscelatori di pop d’alta classe e appeal elettronico, in un limbo
che unisce il calore mediterraneo alle fredde terre del nord. Abili promotori di sé stessi, i Royksopp del debutto, Melody A.M., cavalcavano i tempi
senza esserne succubi, eguagliando il successo dei cugini francesi Air. Con
il nuovo The Understanding provano a superarli, ma toccheranno anche a loro
le stesse alterne fortune?
Protagonisti di una carriera fulminea e ca-
c k e l , To r b j ø r n B r u n d t l a n d e S v e i n B e r g e
paci del medesimo successo di quel feno-
hanno condiviso l’amore per i timbri am-
meno planetario chiamato AIR a metà no-
malianti e femminei dei sintetizzatori, del-
vanta, i Röyksopp potrebbero a buon diritto
le apparecchiature analogiche degli anni
essere considerati la risposta norvegese
sessanta e settanta (scovate nei luoghi di
a l d u o d i Ve r s a i l l e s t r a s l a t o n e i d u e m i l a .
c u l t o d a M o n t m a r t r e a To k y o ) , c o s ì p u r e
Come Nicolas Godin e Jean-Benoit Dun-
dell’attitudine delicatamente psichedeli-
10 sentireascoltare
ca, l’abile associazione delle immagini ai suoni, e non
zatori) che li accomuna ai
ultimo un felice connubio tra melodie semplici e ricer-
cugini
cate intelaiature elettroniche che ne hanno decretato
no
l’ottimo risultato in termini di vendite senza scontentare
tout court (campionamenti,
la critica.
breakbeat, dub e casse in
Riconducibile tanto al formato canzone quanto ai vibe
quattro
della chill-out, la musica del duo riassume, in una formu-
delle
la immediata quanto ineffabile, le istanze dei Kraftwerk
quanto
e Va n g e l i s , p a s s a n d o p e r l a m u s i c a p o p o l a r e e l e t t r o n i c a
gera e di gran classe tra
degli ottanta (il synth pop dei Depeche Mode) fino a ab-
pop
bracciare gli smalti house e chill out dei novanta (Master
giamento
At Work); una miscela esotica eppure illuminata, che
delicato equilibrio spazio-
punta al Mediterraneo senza farsi mancare quel tipico
temporale. Il Burt Bacha-
fenomeno solare a mezzanotte che solo l’avamposto di
rach di Blue On Blue (anno
Tromso, terra natale dei Nostri, può dare. E di questa
1963) del singolo ripesca-
dualità abilmente giocata sui colori caldi e le superfici
t o - e p o c a Te l l è - S o E a s y
laminate, sulla sezione terrestre e il cielo, sul benes-
(quello che per la cronaca
sere e la malinconia (tanto cara a sonorità che saranno
convinse
ragione di vita per Notwist e la pop-tronica in genere),
Of
sullo slancio cosmico e i giocattoli spaziali, è fatto il
come
frizzante singolo d’esordio Epple, composto nella citta-
autunnale di In Space (con
dina di Bergen, la Bologna norvegese che contempora-
synth in odor di Trans Eu-
neamente assiste al successo del movimento cosiddetto
rope Express e sax felino
“neoacustico” con i Kings Of Convenience (oltre poi a
in
far da madrina a figure altrettanto significative quali il
incredibile
d j / p r o d u t t o r e B j ø r n To r s k e e i m u s i c i s t i E r o t - s c o m p a r -
Night Out (Kraftwerk, we-
so nel 2001 ed ex-compagno della popmusician Annie
stern, funk, il Carpenter di
- , R a l p h M y e r z , K a p t e i n K a l i b e r, D a t a r o c k , R u n d f u n k e
F u g a D a N e w Yo r k , B o a r -
K a h u u n ; t u t t i p e r s o n a g g i d e l l a s c u d e r i a d i M i k a l Te l l é ,
ds Of Canada, Deep-hou-
capofila dell’omonima etichetta, oltre che delle sub-la-
s e , Va n g e l i s e c h i p i ù n e
b e l É l l e t - p e r i l p o p / r o c k - e Te l l e k t r o - p e r l a t e c h n o ) .
ha più ne metta!) ne sono
E proprio la voce timida di quello che diventerà di lì
esempi emblematici, ma è
a poco il nerd occhialuto più famoso della Norvegia è
forse
l’elemento chiave del successo planetario dell’album di
l’operazione. Il brano sem-
debutto Melody A.M (Wall Of Sound, ottobre 2001), li-
bra una soul-ballad fuoriu-
cenziato dall’etichetta londinese Wall Of Sound presso
scita da un sampler della
la quale il duo s’è nel frattempo accasato una volta
Motown, tuttavia, complice
l a s c i a t a l a Te l l é . E r l e n d Ø y e i n f a t t i c a n t a e c o l l a b o r a
la superba interpretazione
alla stesura di quelli che saranno i top-selling single
di
succedanei a Epple - Poor Leno e Remind Me - apponen-
(norvegese
do loro una firma canora che gli garantirà una carriera
Bel
di crooner house-disco per gli anni a venire. E con la
presenta un ottimo esem-
deep-house sognante e delicatamente funky del primo a
pio
gareggiare come evergreen del nuovo secolo e il synth-
to nell’introduzione: linee
pop giocattolo del secondo a sbaragliare ogni frontiera
ammalianti e tinte pallide,
ficcandosi a pieno titolo nel cuore del suono pop del
profumi ibizenchi e avvol-
nuovo millennio, è autentica Royksopp mania; le vendite
genti
dell’album salgono a un milione di copie, lo stesso risul-
dersi e sciogliersi in quel-
tato che ebbero gli AIR con il loro esordio (Moon Safari,
lo che è un piccolo gioiello
Astralwerks, 1998)
soul-pop ben al di là dalla
Quello che stupisce di Melody A.M. non è tanto l’at-
m i s c h i a B u d d a B a r.
titudine post-moderna (o il modernariato dei sintetiz-
Per tutti questi motivi Me-
francesi,
l’approccio
non
elettronico
sono
novità
nel
una
proprio
2001…),
sintesi
trasognato
e
legarran-
elettronico
l’etichetta
Sound
a
oppure
Sparks
Doc
quanto
forme
quello
l’apice
e
e
Royksopp’s
Marian
Canto
Wall
romantico
di
Anneli
in
scritturarli),
quello
figura),
di
tantome-
del-
Drecker
già
con
A-Ha),
rap-
sopraccita-
aeree
a
fon-
s e n t i r e a s c o l t a r e 11
lody A.M, oltre che istitu-
prima della cittadina di Bergen e successivamente del-
zionalizzare una certa ma-
la Norvegia nel suo complesso in una caccia al talento
niera
pari a quella che si era consumata in Islanda ai tempi
elettronica
di
largo
consumo, è un album che
di Bjork.
lascia
segno
profondo
Inevitabilmente, tanta luce di riflettori porta le due più
nell’immaginario
un
pop-tro-
popolari riviste musicali del globo, opposte per pubblico
nico a venire. (7.2/10)
e rigore, The Wire e Rolling Stone, a trattare ampia-
I Royksopp non hanno nes-
mente tutto il trattabile: la prima si occupa delle scene
suna
fretta
un
contemporanee, in particolare quelle legate alle speri-
atten-
mentazioni avant-jazz (Jaga, Mats Gustafsson e Paal
dere ben quattro anni per-
Nilssen su tutti), la seconda elogia, oltre che i Nostri,
ché una nuova collezione
anche Sondre Lerche e naturalmente i Kings Of Conve-
di tracce veda la luce, nel
nience.
frattempo,
ripercorrendo
Le vendite musicali nel Paese segnano così un incre-
un po’ di storia, lungo tutto
m e n t o d e l l ’ 11 % e p e r l e s u p e r s t a r B r u n d t l a n d e B e r g e u l -
il 2002, mentre il debutto
teriore la fama cresce esponenzialmente tanto che l’an-
trova
seguito.
di
dargli
Bisognerà
distribuzione
no successivo - a partire da febbraio - è la volta della
grazie alla Virgin, Dunckel
conquista degli USA. La Virigin rilancia appositamente
e Svein s’imbarcano in una
Melody A.M. attraverso la sussidiaria Astralwerks (di-
lunghissima tournée; suo-
stribuzione esclusiva per gli USA) così che il duo può
n a n o i n s u p p o r t o a M o b y,
promuovere al meglio l’album nelle maggiori metropoli
Basement
e
s t a t u n i t e n s i ( N e w Yo r k , C h i c a g o , S a n F r a n c i s c o e L o s
Pulp
ampia
Jaxx,
Orbital
trionfal-
Angeles). Non accadono miracoli, tuttavia i Royksopp
mente l’anno con una man-
chiudendo
si ritengono soddisfatti e dopodiché, salvo una piccola
ciata di concerti nel Regno,
pausa, riprenderanno l’attività in occasione dei Summer
sempre restio a incensare
festival (per l’occasione viene pubblicato l’ultimo singo-
musicisti
lo della tornata del debutto, Sparks)
stranieri
eppu-
re stregato dal fascino dei
A questo punto, non paghi del successo accumulato, e
Norvegesi;
frattempo
troppo impegnati per pensare a un seguito del loro for-
fioccano i premi e le nomi-
nel
tunato debutto, i Royksopp paventano un album che rac-
nation: il duo si aggiudica
colga tutti i remix commissionati al gruppo negli ultimi
il prestigioso Muzik Maga-
mesi. La lista del resto è di tutto rispetto e comprende
zine Dance Awards per mi-
C o l d p a l y, P e t e r G a b r i e l , T h e S t r e e t s , M o b y. “ È i l t e r z o
glior album dell’anno, bat-
lato di quel che facciamo”, dichiarano alla stampa in-
tendo
dance
glese in quel periodo. “Su disco siamo più down tempo,
come Basement Jaxx, Che-
così
colossi
d a l v i v o p i ù u p - b e a t e d i r t y, o r a l ’ a u d i e n c e a v r à m o d o
mical
Fatboy
di scoprire come lavoriamo come manipolatori di suoni
Slim, e s’aggiudica quattro
Brothers
e
a l t r u i ” . L’ a l b u m n o n è s t a t o a n c o r a r e a l i z z a t o m a d e l
nomination all’MTV Europe
resto il duo, salvo dar una mano all’amica Annie per il
Music Awards (delle quali
suo Anniemal e qualche puntatina come Dj a Bergen,
una si trasforma in vitto-
impiega l’intero 2004 a comporre e missare le canzoni
ria - Remind Me è il Video
per il nuovo lavoro.
O f T h e Ye a r ) e u n a a l B r i t
The Understanding (Wall Of Sound / Virgin, 2005) esce
Awards
soltanto a giugno del 2005. (recensione a pag. 78)
(l’autorevole
Best
International
Group
gory).
conseguenza
E
in
cate-
di tutta questa attenzione
mediatica, l’interesse della stampa e delle televisioni si sposta inevitabilmente
sull’intero
musicale,
sottobosco
interessandosi
12 sentireascoltare
speciale
Record Label
di Roberto Canella
forza di ripetersi, cammi-
Bobby Burg ha sempre ap-
che
profittato del fatto di esse-
un’arte quasi inconsapevo-
nano
re un musicista che cono-
le e che oggi – chissà per-
piccolo, testardo eroe in-
sce altri musicisti e, negli
ché – ci appare quasi re-
die-rock. (6.0/10)
ultimissimi anni, attraver-
trò. Aspettiamo comunque
so la sua Record Label ha
con
fatto
faceva
dello
curiosità
scazzo
l’uscita
del
dritte,
Che
dire
di
impalate.
Ryan
Un
Rapsys
mancia-
nuovo album su Brilliante,
se non che è un gran bat-
ta di EP e qualche chicca
visto che i precedenti cd
terista, ma che proprio non
per
uscire
una
collezionisti/completi-
riuscivano in qualche modo
ce
sti. Certo, il giro è sempre
a smarcarsi da questa con-
buone canzoni? E pensare
lo stesso: la Chicago che
dizione. Dal canto suo più
che il talento c’è, compre-
vive
gruppi
che apprezzabile il contri-
sa la capacità di spostarsi
che gli hanno dato la fama
buto di Elvrum che si/ci la-
da uno strumento all’altro,
che merita e che ormai non
scia andare alla deriva con
unite ad una voce tutt’altro
esistono più (o fanno usci-
l’amara semplicità di In the
che disprezzabile. Ma an-
re dischi così così). E al-
World (che in giro potrete
che qui (e senza nemmeno
lora: i Joan of Arc in tutte
t r o v a r e a n c h e c o m e To B e
l’apporto di Nick Macri dei
o quasi le salse (e relati-
Not Afraid). (6.7/10)
C-Clamp) indovina una bel-
all’ombra
dei
la
fa
a
scrivere
delle
la canzoncina come Some
ve incarnazioni), i Chin Up
Chin Up, gli Euphone, ecc.
Inesausti Kinsella, inesau-
Want to Slowly Die per poi
Facile allora riunire qual-
ribile Tim che neanche du-
ripetersi prima e perdersi
che amico o invitare qual-
rante la sua luna di miele
ancora. Alla fine lo preferi-
cuno che ha ancora voglia
smette di scrivere canzoni,
vamo quando faceva urlare
di tirare fuori qualcosa di
di registrare cose qualun-
le pelli coi Gauge o si pre-
buono. Nascono in questo
que sia la stanza in cui si
stava
modo
Graduate
trova. Ne viene fuori un EP
dei Joan of Arc. (5.0/10)
Series, accomunati da que-
che al solito non aggiunge
sto desiderio tutto indie di
niente di nuovo e di più a
Altro discorso per i due ul-
fare le cose di testa pro-
quanto fatto dal nostro, che
timi EP della serie, ancora
pria e in assoluta libertà.
riesce a conservare un in-
due
quietante fascino anche in
tiamo subito da Ryan Kid-
questo
Swastika.
well che sotto il monicker
che dà il ‘la’ alle danze di-
Secondo disco solista che
Cex ci ha regalato qualche
videndo
deve
all’esperienza
buona variazione sul tema
Everything un 7” con Phil
Joan of Arc: ancora quel-
hip-hop bianco e che sem-
Elvrum/Mt. Eerie. I L.O.E.
le canzoni che ormai uno
pre più si è avvicinato a
sono
del
deve continuare a definire
una forma di indie-rock sui
indie-rock
“sbilenche” ma che oggi, a
generis. Inutile nasconde-
Ed
è
caro
gli
EP
di
proprio
la
coi
Bobby
suoi
Love
quintessenza
vecchio
Burg
of
Crucifix
tanto
alle
circonvoluzioni
progetti
solisti.
Par-
s e n t i r e a s c o l t a r e 13
re che questo Know Doubt
è il pezzo più pregiato fra
quelli fatti uscire dalla Record
Label. Affiancato
speciale
da
Cale Parks (Aloha, Joan of
Arc) Kidwell da il meglio di
sé con le (raffinate) sfer-
Musica per camere
zate di State Secretly e le
dissonanze di Contains It,
e
ancora
con
di un pezzo davvero inedito come lo strumentale S
Opposite
dal
di Matteo Quinzi
l’intimismo
sapore
qua-
si cold wave, con in coda
tanto di eterea voce femminile. (7.8/10)
Sono giovani, carini e occupatissimi. Sono i
nomi più interessanti e chiacchierati della
scena cantautorale e del pop d’autore internazionale. Sentireascoltare accende i riflettori
su Musica Per Camere, ultima rassegna di una
effervescente stagione live romana.
L’ u l t i m o E P u s c i t o i n o r d i n e
di tempo è quello a nome
Parish School dietro cui si
nasconde Brian Case, cantante e chitarrista dei 90
Day Men. Ancora prodotto
dal fido John Congleton dei
Paper Chase, questo esordio
si
caratterizza
per
i
toni pacati e striscianti che
si posano su una riuscita
interazione
piano/elettro-
nica. La voce suadente di
Case e l’atmosfera che si
respira un po’ in tutte le
canzoni, non possono non
far venire in mente proprio
il gruppo-madre, ma anche
qualche soluzione cara ai
Rufus Wainwright
Radiohead più electro, per
Con la prima edizione di Musica Per Camere, rassegna
quanto il nostro mostri una
organizzata dal Circolo degli Artisti, si è conclusa per
sufficiente personalità per
quest’anno un’intensa scena concertistica che ha visto
ambire a qualcosa di più.
la capitale brillare come ormai non succedeva da tempo.
Bello
loop
Nell’arco di due mesi e mezzo il locale di Via Casilina
che taglia in due New Joy
Ve c c h i a s i è r e s o p r o t a g o n i s t a , n e l p a n o r a m a i n t e r n a -
e la sommessa drammatici-
zionale, del nuovo cantautorato – pop d’autore di ultima
tà della conclusiva Levia-
generazione.
thon. (7.0/10)
Andando a sfogliare il carnet dei partecipanti, balzano
ad
esempio
il
agli occhi molteplici affinità, non solo stilistiche, tra gli
artisti presenti. Innanzitutto l’età media, veramente bassissima. Infatti tranne qualche nome (Rufus Wainwright
o Feist ad esempio), la soglia rimane ben al di sotto dei
venticinque anni (Sondre Lerche, Patrick Wolf, Micah
P. H i n s o n e J e n s L e k m a n ) , u n c h i a r o s e g n a l e d i c o m e i l
messaggio/manifesto Quiet Is The New Loud (lanciato
14 sentireascoltare
nel 2001 da Erlend Oye e Eirik Glambek Boe) sia sta-
molto da vicino le migliori
to prontamente recepito, ampliato e personalizzato da
cose dell’indie-menticabile
un’intera nuova generazione di giovani songwriters pro-
Sarah Records. Come tro-
venienti da tutto il mondo. Altro elemento in comune è
varsi di fronte i Field Mice
la grande maturità delle esibizioni dal vivo. Non è certo
o gli Orchids in formazione
cosa facile saper affrontare, poco più che adolescen-
allargata (con tanto di in-
ti e armati il più delle volte solo di voce e strumento
terventi di fiati ed archi),
preferito di turno, palchi, platee ed interi tour con tale
con
padronanza e sicurezza.
stravaganza in più (visiva
Chi ha stupito di più, da questo punto di vista, è stato
oltre che musicale) tipica-
senza alcun dubbio Sondre Lerche. Il ventunenne norve-
mente Beat.
gese si è presentato sul palco in veste solitaria, ed ha
Semplicemente
proposto le proprie canzoni, tratte dai suoi due album
new-versions di Tram Num-
f i n o r a p u b b l i c a t i , F a c e s D o w n e Tw o Wa y M o n o l o g u e ,
b e r 7 To H e a v e n , P s y c h o -
avvalendosi solamente dell’ausilio di tre chitarre pre-
g i r l , I W a n n a B e Yo u r D o g ,
parate, e sfoderando un sense of humor e della doti di
J u l y, e d a l l o s t e s s o l i v e l l o
e n t e r t a i n e r d e g n e d e l S a t u r d a y N i g h t L i v e S h o w. I b r a n i
alcuni inediti proposti, per
sono stati trasportati in una dimensione più intima (da
un concerto che ha ripor-
piccolo club del Village, per intenderci), nella quale si
tato gli spettatori presen-
sono potute evidenziare la sua versatilità vocale (ca-
ti direttamente ai migliori
ratteristica migliore di Lerche) ed un’inattesa perizia
momenti dell’ indie ingle-
tecnica con la sei corde. Insomma se tanto gli album (in
se fine ’80 primi ’90. Un
p a r t i c o l a r e Tw o Wa y M o n o l o g u e ) c i h a n n o f a t t o p e n s a r e
autentico
ad un novello Bacharach, il suo live lo ha reso un degno
a braccia e orecchie aper-
discepolo di Donovan.
tissime) per chi conosceva
Rimanendo in ambito di arrangiamenti stravolti e spiaz-
Lekman solo tramite i suoi
zanti, tali da rendere altro i brani su disco e gli stes-
dischi, fatti principalmente
si eseguiti live, altre ottime sorprese sono arrivate da
di Belle & Sebastian (…e
M i c a h P. H i n s o n e J e n s L e k m a n . I l g i o v a n e Te x a n o c o n
quindi
la faccia da tipico nerd occhialuto, ma con una voce
ne lo-fi, suoni gentili, in-
capace di far letteralmente paura, ha congelato le atmo-
timi, timidi, registrati (vo-
sfere bucoliche folk-country (un po’ alla Lambchop) del
lutamente?) in economia. A
s u o e s o r d i o ( i l v a l i d i s s i m o M i c a h P. H i n s o n & T h e G o -
questo punto non resta che
spel Of Progress), optando per un suono più elettrico,
attendere il nuovo full len-
diretto, arrabbiato. Supportato da una sezione ritmica
ght, sperando che la stra-
potente e precisa (a parte uno squillo di cellulare fuori
da intrapresa nella dimen-
programma…), Micah ha spinto la sua voce al massimo,
sione live coincida, o per
fino al limite del punto di rottura, ed ha evidenziato più
lo meno confluisca, anche
volte un’invidiabile tecnica chitarristica degna dei mi-
in quella in studio.
gliori bluesman del Delta. I brani sono stati mediamente
Decisamente
allungati nella durata, lasciando più spazio ai suoi im-
bili, ma comunque positive
peti vocali (con un registro che può ricordare, di volta
le performance di Entran-
in volta, sia Kurt Wagner che Bill Callahan), e arricchiti
ce e Patrick Wolf, altri due
da code strumentali, particolarmente coinvolgenti, dal
nomi che negli ultimi mesi
chiaro sapore post (Mogwai), per sviluppo e sonorità
sono
incluse.
sulle pagine, di gran parte
Dal canto suo, lo svedese più apprezzato e seguito del-
degli
l’ultima stagione musicale (ambito indie), si è presen-
nati del settore. Il primo,
tato, in occasione della sua prima tournè in Italia, con
con un nuovo look (barba
una formazione nuova di zecca. Una vera e propria full
incolta
band, formata da ben sei elementi (quasi tutti appar-
lunghissimi in versione ur-
tenenti al gentil sesso), per un suono che ha ricordato
ban-hippy) che lo ha reso
un
tocco
di
sublimi
shock
Smiths)
stati
in
più
e
e
le
(accolto
versio-
prevedi-
sulla
addetti
e
ironia
bocca,
e
appassio-
capelli
ricci
e
sentireascoltare 15
Jens Lekman
pericolosamente simile al-
cappella di The Gipsy King), aspetto decisamente nega-
l’amico Devendra (quando
tivo e pericoloso, per un talento certo, ma ancora in via
l’influenza stilistica non si
di formazione e definizione.
ferma solo alla musica…)
Ta l e n t o i n v e c e s e m p r e p i ù c o n f e r m a t o , d o p o q u a s i d i e c i
ha
maniera
anni di carriera, per il canadese e due volte figlio d’ar-
fedele i suoi mantra folk-
te Rufus Wainwright, tornato per la seconda volta nella
psichedelici,
stagione in corso nella capitale dopo la performance
eseguito
atmosfera
in
creando
mistica
e
un’
stra-
solitaria dello scorso novembre.
niante nella quale si è per-
Questa volta si è presentato con una band nutrita, per
duto soprattutto l’esecuto-
numero e strumentazione scelta, grazie alla quale ha
re, rimanendo fisicamente
potuto ottimizzare il suo live-act, lasciando sempre il
e mentalmente lontano dal
suo doloroso, appassionato e umorale modo di cantare
pubblico, al quale ha rivol-
come fulcro, ma potendo contare anche su valide alter-
to un breve cenno di salu-
native strumentali e d’arrangiamento. Al momento del
to solo all’inizio e alla fine
bis, Rufus e Co. si sono esibiti sul palco della Palma
della performance.
Club (che ha ospitato eccezionalmente l’evento) in uno
Il
giovanissimo
guo
irlandese
ed
striptease collettivo con tanto di cambi d’abito in sce-
invece
na, passando da personaggi favolistici (Rufus in ver-
incentrato la sua scaletta
sione fatina è qualcosa di assolutamente imperdibile!)
sui brani del recente Wind
ad un più consono, visto l’orario (le due passate), abbi-
In The Wires, più qualche
gliamento notturno (leggasi pigiamoni anni ‘30). Il tutto
highlight
dal
ha
ambi-
del
davanti agli occhi compiaciuti e divertiti della mamma,
2 0 0 3 Ly c a n t h r o p y. A c c o m -
salita anche lei sul palco per duettare con il figliol pro-
pagnato talvolta da un bat-
digo/prodigio, e di una platea a dir poco entusiasta per
terista, Patrick ha alterna-
l’accaduto. Da annoverare anche come special guest, ad
to violino, ukulele, tastiera
accompagnare con la sua chitarra e la sua voce calda
e
per
e s e n s u a l e , K . T. T u n s t a l l , c h e d i l ì a p o c o c i a v r e b b e
creare incantevoli intrecci
iniziato a tormentare con la sua Black Horse and Cherry
melodici con la sua voce,
Tree.
altamente espressiva e do-
Rimanendo in Canada, la sosia non ufficiale di Paola
tata come poche in circo-
Turci meets early Patti Smith, al secolo Leslie Feist,
lazione,
chitarra
debutto
acustica,
però,
ha deciso di esibirsi anche lei full-band, proponendo un
in più di un’occasione una
mostrando
live leggermente più soft rock, lasciando quindi da parte
certa dose di autocompia-
le sfumature soul del suo Let It Die, ricordando molto da
cimento (vedi la versione a
vicino la migliore Sheryl Crow (quella dei primi due al-
16 sentireascoltare
bum, per intenderci), e giocandosi la carta One Evening
al momento giusto, cioè a metà percorso.
Concludiamo con una serata che verrà ricordata dai presenti come un vero e proprio evento. Infatti la prima
volta di Lou Barlow a Roma non può che essere definita
in altro modo. Mr Sebadoh, Sentridoh, Folk Implosion e
a n c o r a p r i m a m e t à D i n o s a u r J r. , s i è e s i b i t o s u l p a l c o
del Circolo alternando brani dal suo ultimo lavoro Emoh
(il primo a suo nome) ad alcuni veri e propri classici,
per non dire inni generazionali, per la comunità indie.
Perfect pop songs come Soul and fire, Cliche, Rebound,
On Fire, Ocean, Beauty of the ride, Natural One, Not a
friend, Skull, Willing to wait snocciolate una dietro l’alt r a c o n u n a s e m p l i c i t à e s e n s i b i l i t à d i s a r m a n t i . Vo c e ,
chitarra, drum machine e qualche effetto rigorosamente
lo-fi, gli ingredienti di una pozione musicale a dir poco
prodigiosa. Quando si dice beata solitudine. Il tutto dopo
aver superato un’iniziale nervosismo (caratteristica ahim é t i p i c a e r i s a p u t a d e l l ’ u o m o B a r l o w, c h e l ’ h a p o r t a t o
nel corso degli anni a discutere con gran parte dei suoi
colleghi-collaboratori) dovuto all’eccessiva, a detta del
caro Lou, freddezza da parte del pubblico. Freddezza
che in realtà altro non era che rispetto, timore reverenziale e disagio emotivo dovuto alla grandezza e all ’ i m p o r t a n z a d e l p e r f o r m e r. D ’ a l t r o n d e c o m e s i d o v r e b b e
sentire un appassionato di pittura figurativa di fronte ad
un Degas che tratteggia e delinea una delle sue celeberrime ballerine? E poi le incomprensioni, negli amori
con la A maiuscola, non sono altro che l’effettivo banco
di prova per saggiarne la solidità e la consistente valenza. Amore quindi confermatissimo ed ulteriormente
consolidato per una delle poche vere leggende del rock
alternativo (anch’esso con la A maiuscola) degli ultimi
quindici anni.
Calano le luci ed insieme il sipario sulla prima edizione
di Musica per Camere. In attesa della prossima stagione
i nostri cuori possono finalmente riprendere un battito
più o meno regolare, attenti ad arrivare ben carichi ed
opportunamente preparati ad un’estate, a base di festival (Fiberfib a Benicasim, Frequenze Disturbate a Urbino, La Route Du Rock a St. Malò), a dir poco ricchissima
e bollente.
Un ringraziamento particolare a Giorgio Riccitelli e a
tutto lo staff del Circolo degli Artisti di Roma
s e n t i r e a s c o l t a r e 17
monografia
Bright Eyes
d i b ulimia e pepite d’oro un’introduzione a Conor Oberst
di Lorenzo Filipaz
Autore polimorfo e incontinente, Mr.Conor Oberst dispensa fuffa e pietre
preziose con eguale leggerezza da più di dieci anni, mostrandosi a molti
europei come un perfetto bersaglio da idiosincrasia epidermica. Abbiamo provato per voi la “Bright Eyes Mania” sulla nostra pelle al fine di trovarvi
un vaccino. Ne abbiamo ricavato una guida.
Conor Oberst nasce il 15 Febbraio 1980
inatteso interesse, una risposta ad un’im-
a Omaha, Nebraska. Il padre, musicista
provvisa urgenza espressiva; il ragazzi-
a tempo perso in svariate cover-band, lo
no, infatti, sforna una canzone per ogni
introduce alla musica da subito, anche
nuovo accordo imparato (o forse dovrem-
se l’approccio con la chitarra è relativa-
mo dire scoperto). Un cazzone come tan-
mente tardivo (intorno ai dieci anni), il
ti, verrebbe da supporre, ma fra i prodotti
che lascia supporre si sia trattato di un
della sua bulimia la sua diabolica pervi-
18 s e n t i r e a s c o l t a r e
cacia tornisce fin da subito piccole pepite d’oro puro,
Ambulance o gli split con
delineando in nuce la cifra e il fascino (perverso) del
Album Leaf, Neva Dinova,
personaggio: l’attesa del Satori nello scazzo. Assieme
Britt Daniels etc.). In que-
al fratello Justin, incoraggiato dai concittadini Lulla-
sta pletora di produzioni lo
bies For The Working Class, avvia quindi la Lumberjack
stile che Oberst forgia si
Records, label casalinga di musicassette attraverso la
dibatte fin da subito fra una
quale distribuisce per Omaha i primi acerbi esempi della
componente folk devota ai
sua creatività.
soliti
Nel ’94 depone la chitarra acustica ed entra nei Com-
canità delle strade (Dylan
m a n d e r Ve n u s , g r u p p o e m o o s s e s s i o n a t o d a i S e a m m a ,
, N e i l Yo u n g , S p r i n g s t e e n )
inizialmente, niente più che una versione indie degli
e un’anima wave britannica
Hanson; i progressi della band sono però fulminei, così
(Cure, Smiths e addirittura
come l’evolversi degli interessi dei singoli membri che
Spiritualized),
ne cagioneranno la dissoluzione. Robb Nansel – secon-
me dal collante indie-lo fi
d o c h i t a r r i s t a d e i Ve n u s - a b b a n d o n a p r o g r e s s i v a m e n -
dei ’90 assorbito attraver-
te le velleità musicali per dedicarsi alla gestione della
so
Lumberjack che nel ’96 diventa Saddle Creek e che nel
J o y n e r.
’98 sforna come primo album del suo catalogo, il de-
ti
butto sulla lunga durata di Bright Eyes, evoluzione de-
l’emotività dirompente del
finitiva di Oberst. Quest’etichetta sarà la piattaforma
personaggio, la sua fragili-
di lancio dapprima per i gruppi nati per partenogenesi
tà esibita, contenuta tutta
d a i C o m m a n d e r Ve n u s ( C u r s i v e e F a i n t o l t r e a g l i s t e s s i
nel suo canto altalenante
Bright Eyes) e successivamente per amici, collabora-
fra toni sommessi e scop-
tori, familiari. Un branco di stronzetti come tanti - ver-
pi improvvisi, eternamente
rebbe da pensare - e invece in poco tempo la Saddle
spezzato in gola. Come ha
Creek si trasforma nella Sub Pop del Midwest, per volu-
efficacemente
me d’affari e risonanza artistica, trovando pure lo spa-
McMahan
zio per incarnare una proposta originale e innovativa.
John
Fra le etichette nate dal fai-da-te “emozionale”, come
sua voce sembra quella di
la K di Calvin Johnson - radicale e sperimentale - o la
uno che vive perennemente
Dischord dei Minor Threat - antagonista e massimalista
nell’attimo in cui gli viene
- la Saddle Creek riesce ad impersonare forse meglio
riferito che la ragazza da
di ogni altra la natura emo (con tutti i pro e contro del
cui è stato piantato il gior-
caso), mantenendo un approccio “emotivamente” libero
no
dal sistema dei generi e perciò anche da quello che vie-
vista al centro con un nuo-
ne catalogato a livello musicale come emocore vero e
vo
proprio, macinando altresì folk, grunge, pop, wave con
il testo di Haligh, Haligh, A
quella verginità efebica, talvolta deliziosa talaltra irri-
Lie, Haligh). Una spasmo-
tante, ma sempre indipendente e cool.
dica
Oberst vive una dialettica fatta d’egocentrismo e colla-
il
borazione, alternando progetti collettivi a quello solista
ma
e aperto, inizialmente subalterno, a nome Bright Eyes.
anche solamente a fronte
D o p o i C o m m a n d e r Ve n u s ( s e n z a d i m e n t i c a r e l a p a r t e c i -
della
pazione nei contemporanei Norman Bailer e Magnetas)
sovrabbondante
seguono il boys & girls group Park Ave., nel quale suona
produzione discografica.
la batteria (!) e il progetto hard dei Desaparecidos. Ma
Nel
man mano che Bright Eyes inizia ad acquistare importan-
fino ad allora confusiona-
za (con Letting Off The Happiness nel ’98, ma soprattut-
rio
to con Fevers And Mirrors del 2000, con il quale ottie-
e
ne insperati riscontri di classifica) questi side-project
concept
vengono abbandonati, trasformandosi in meno invasi-
ingrossato
ve collaborazioni a due (vedi joint-ventures con Son,
una super-produzione ine-
il
paladini
suo
per
dell’ameri-
fuse
mentore
Scenari
Simon
assimila-
esprimere
appieno
scritto
Tim
(praticamente
Peel
prima
di
è
Omaha),
appena
ragazzo
il
la
stata
(parafrasando
lunaticheria
personaggio
che
insie-
su
cui
ci
marcia,
riteniamo
sincera
natura
2002
il
inizia
della
suo
a
lucido.
schizoide
percorso
farsi
Esce
e
sua
lineare
Lifted,
un
auto-referenziale
da
archi
e
da
sentireascoltare 19
in-
sulla vicenda artistica di Oberst da dieci anni a questa
somma quanto di più lonta-
parte. Contagiati dal suo stesso morbo, abbiamo suc-
no dalle premesse da cui il
cessivamente analizzato e sviscerato in ordine crono-
Nostro era partito eppure
l o g i c o T U T TA l a s u a p r o d u z i o n e , i n e z i e c o m p r e s e . D i
straordinariamente
imbe-
conseguenza il risultato rispecchia la sua discografia:
vuto della sua attitudine sì
incontinente, eccessivo e straripante. SentireAscoltare
da rappresentarne la sum-
declina pertanto ogni responsabilità: l’incauto lettore è
ma.
avvisato).
dita
per
Dopo
Bright
tre
Eyes,
anni,
spesi
fra
le consuete collaborazioni
Conor Oberst Filology
multilaterali, album di ca-
Demota pes
role natalizie, tour politi-
Se riuscite a sopportare un mocciosetto dodicenne che
c i ( i l Vo t e F o r C h a n g e d e l
si nasconde dietro a una chitarra acustica suonata con
2004),
e
poco rispetto degli accordi (di Ginevra, però), che non
la fondazione di una sot-
disdegna di tanto in tanto di abbandonare il suo nascon-
toetichetta
la
diglio per mettersi a urlare senza preavviso nelle vostre
Te a m L o v e ( 2 0 0 4 ) , e c c o l a
orecchie; se riuscite a subire pazientemente tutto que-
duplice uscita di I’m Wide
sto senza pigliare a ceffoni l’aria accanto alle vostre
Awake This Morning e Di-
orecchie, allora potete addentrarvi nell’ambito più pre-
gital Ash In A Digital Urn
scindibile della discografia di Conor Oberst: le registra-
che sancisce la separazio-
zioni catturate sul quattro-piste casalingo.
ne netta delle due anime di
O è il feticismo a mandarvi o un’insana fregola socio-
cui testè parlavamo: quel-
logica figlia di Alan Lomax, oppure una webzine che
la folk e quella wave, stac-
vi ha commissionato una monografia... scherzi a par-
cate
con
te, la descrizione iniziale si riferisce soprattutto alle
l’aiuto di levatrici ad hoc:
prime due cassette pubblicate, attualmente considerate
Emmylou Harris da un lato
ridicole dallo stesso autore ma spesso foriere di pia-
e
dal-
cevoli sorprese. Water (Lumberjack; gennaio 1994) è
l’altro (oltre al solito Mike
uno stream-of-consciousness lungo quaranta minuti che
Mogis, dei Lullabies). Stu-
spontaneamente fa sorgere il raffronto con due illustri
pisce la confezione limpi-
cultori della cassetta e dell’imperizia tecnica: i texani
da e irreprensibile di que-
Jandek e Daniel Johnston. Il primo in quanto pioniere
sti due prodotti, totalmente
di questo approccio, il secondo per più precise vicinan-
depurata (esclusa qualche
ze stilistiche. La canzone Half Away A Minute ricorda
sporadica
da
invero molto le Songs of Pain, in essa Oberst appare
quelle indulgenze lo-fi su
quasi come il fratello maggiore di Daniel – aldilà dei
cui
il
dati anagrafici - poiché laddove il texano si tuffava in
nome
un’infanzia perduta ma rimasta drammaticamente peren-
che senza accorgercene è
ne (e fertile) nella sua testa, il Nostro tenta invece una
diventato mainstream piaz-
disperata fuga da quell’infanzia che gli spetterebbe per
z a n d o i s i n g o l i L u a e Ta k e
natura, rinunciando ai balocchi per inseguire quelle che
It Easy al primo e al se-
identifica come le croci e le delizie dell’età adulta: birra
condo
Billboard.
e paturnie. Se un pezzo come Hubcap sorprende per la
Il 31 marzo 2005 il video
maturità della scrittura e Get Into It, nella confusione,
d i Ta k e I t E a s y c o n q u i s t a
presagisce vagamente una linea di sviluppo, Blue, unico
la vetta della Hot Five di
brano supportato da batteria e chitarra elettrica, speri-
M T V. P e r l ’ 11 l u g l i o è p r e -
m e n t a l a s t r a d a p o i i n t r a p r e s a c o n i C o m m a n d e r Ve n u s .
vista
dell’ultimo
L a s u c c e s s i v a c a s s e t t a H e r e ’ s To S p e c i a l T r e a t m e n t ,
Mine
uscita per la Sings Eunuchs! di Simon Joyner (luglio
autocelebrazioni
tutta
l’una
sua,
dall’altra
Ta m b o r e l l o - Z i n n e r
sbavatura)
sembrava
nome
poggiarsi
Bright
posto
Eyes,
di
l’uscita
singolo:
Gold
Gut-
ted.
(Queste
1994),
sono
soltanto
documenta
un’accresciuta
perizia
chitarristica
le
che il Nostro non manca di sciorinare in un drive spes-
informazioni indispensabili
so gratuitamente veloce. Anche la coerenza interna alle
20 sentireascoltare
singole canzoni si è sviluppata, pur rimanendo nel baci-
dirittura suggestioni west-
no della naivetè ancora poco consapevole. La struttura
coast con arpeggi alla Lee
che prende forma è quella dell’emo per sola voce bian-
Underwood (The Feel-Good
ca e chitarra acustica, le canzoni iniziano a lasciare
Revolution)
i l s e g n o : T h i n g s Yo u K n o w , l a p i ù c o m p o s i t a , T h e D a y
chiati
the Statues Broke, la più sognante (una vera perla!) e
storie di simulazioni e dis-
J-Bone, che nel suo piccolo rimanda al Jonathan Rich-
simulazioni
man più messianico. Un’altra cassetta compare quan-
messe in scena da Oberst,
d o i C o m m a n d e r Ve n u s h a n n o g i à f a t t o u s c i r e l e p r i m e
senza alla fine esercitare
p u b b l i c a z i o n i : S o u n d t r a c k To M y M o v i e ( S i n g s E u n u c h s ! ;
una rilevante influenza sul
sono
sullo
ammuc-
sfondo
delle
sentimentali
gennaio 1996), una raccolta di venti brani selezionati fra una settantina (!) che
di fatto segna il debutto di
Conor su supporto digitale,
allo stato attuale pressoché
irreperibile.
Il
capitolo
viene
definiti-
vamente chiuso con la raccolta A Collection Of Songs
Written
And
Recorded
1995-1997(Saddle
Creek;
gennaio 1998), prima uscita
vera e propria sul mercato
(disponibile in CD). Si sono
aggiunti strumenti, esperimenti
elettronici,
collabo-
ratori. Le canzoni sono finite e “presentabili”, anche
nel loro pressapochismo, e
soprattutto Oberst ha cambiato
voce,
acquistando
il
timbro che grossomodo ha
conservato fino ad oggi. Una
distanza
abissale
separa
questo disco dai precedenti
demo, ci troviamo di fronte
a un prodotto che si sceglie
una
specifica
collocazione
nel sistema dei generi: Lofi decisamente slack come molti prima lo sono stati, da
suo solipsismo compositi-
B e c k a i P a v e m e n t , d a i Ta l l D w a r f s a S m o g a L o u B a r l o w .
vo. (5.5/10)
La raccolta com’è ovvio include diversi momenti, alcuni più raffinati, altri più grezzi: incursioni nell’elettropop (Driving Fast Through a Big City), retaggi Seam del
p e r i o d o C o m m a n d e r V e n u s ( I W a t c h e d Y o u Ta k i n g O f f ) ,
pigli solenni e stonati che preannunciano i fasti futuri
( E m i l y, S i n g S o m e o n e S w e e t ) , d i v e r t e n t i e s p e r i m e n t i c o l
m e t r o n o m o ( F a l l i n g O u t O f L o v e A t T h i s Vo l u m e ) . I m possibile enumerare le influenze, e inutile, soprattutto.
S p r i n g s t e e n , G u i d e d B y V o i c e s , S m i t h s , R . E . M . , B u i l t To
Spill (Solid Jackson), Violent Femmes (One Straw) e ad-
Progetti Collettivi
Commander Venu s
I
Commander
quero
nel
Ve n u s
1994
nac-
dall’unio-
ne delle menti creative di
Oberst (voce principale e
chitarra), Tim Kasher (voce
e
basso,
futuro
Cursive)
sentireascoltare 21
e
Matt
cori,
Bowen
futuro
media
(batteria
Faint).
dei
e
i Seam, dichiaratamente (il brano Calling Sooyoung si
L’ e t à
riferisce a Sooyoung Park, leader dei Seam di ascen-
si
denze coreane). Si tratta tuttavia di un riferimento non
aggirava sui 15 anni. Suc-
componenti
da poco, elegantemente underground (i Seam, a livello
cessivamente
aggiunse
musicale, come di personale, erano divisi fra l’indie-pop
Robb Nansel alle chitarre,
si
d e i S u p e r c h u n k e i l p o s t - r o c k d i G a s t r D e l S o l e To r t o i -
sensibilmente più vecchio.
se, ndr) ed elettivamente affine allo spirito di Oberst,
Per Oberst fu un’esperien-
soprattutto. Il disco però rimane un distillato di ormoni
za significativa, uscì ideal-
adolescenziali, spesso intriso di rancore verso le ra-
mente dalla sua cameretta
gazze (si sa che a quell’età preferiscono andare con i
per
sog-
più grandicelli...) alle quali vengono rivolti epiteti che
giorno! Infatti, pur trattan-
approdare...
nel
probabilmente i genitori dei protagonisti non avrebbero
dosi della loro prima espe-
a p p r o v a t o ( I t I s F u n To G r o w O r n a m e n t a l P e p p e r s , M y
rienza di gruppo, rimasero
Other Car Is A Spaceship). Ma, come nel diario di un
inizialmente
ancorati
alla
liceale, accanto ai prodotti più maleodoranti degli umori
dell’home-
dell’età spesso si trovano pure improvvisi e sorprenden-
made, non senza drammi e
ti guizzi, nella fattispecie la dissonante linea di basso
frustrazioni sia per i musi-
della title-track, le pennellate chitarristiche di Sunny
cisti sia per gli ascoltatori.
Slope o le strofe dell’iniziale Peppermints.(4.5/10)
Da un lato Oberst lamenta-
L a s e q u e n z a d i l a c e r t i c h e i Ve n u s d i s s e m i n a r o n o p e r
va una certa difficoltà nel-
tutto il ’95 fino agli albori del ’96 mostra una loro tipi-
lo stare a tempo con la bat-
ca attitudine successivamente fatta propria da Oberst:
teria,
dimensione
che
split, partecipazioni e singoli diventano l’occasione per
Bowen non voleva suonare
quella
uscire dai propri confini stilistici e tentare nuove biz-
(nei
accomoderà
zarre identità, salvo poi abbandonarle subito dopo. Pay
dietro al basso), dall’altro
Per View , pezzo che compariva nella compila Apollo’s
lato noi ascoltatori siamo
Salvage
costretti a gustarci la voce
troppo dal seminato, presenta inusitati stop-and-go di
da ragazzina incazzata di
sapore hard-rock. Sulla 7-inch compilation “Music Me
Oberst e le urla da suino
All Over”(ancora Lumberjack; 1995. Presenti anche Lux-
a l m a c e l l o d i K a s h e r. M a s i
O - Va l u e s , W e l d e N o r m a n B a i l e r d i c u i p a r l e r e m o f r a
sa che la pubertà è sem-
poco) compariva una canzone intitolata Tulane, un sor-
pre un momento difficile e
prendente grungettone parodistico con tanto di “yeah-
particolarmente
yeah-wow-wow”, che inizia fra i miagolii di un gatto e
to,
Faint
batteria
ben
si
però
Ghostmeat
Records,
pur
non
uscendo
que-
termina in un inserto di p-funk alla Minutemen. Nel gen-
ste voci bianche si faranno
n a i o 1 9 9 6 l i c e n z i a r o n o u n o s p l i t - s i n g l e c o i D r i p d i To c -
sporche e gutturali.
coa – Athens (Georgia)per la Ghostmeat in partnership
La prima occasione di usci-
con la ex-Lumberjack, la quale, proprio in questa occa-
re di casa risale al gennaio
sione si tramutò in Saddle Creek; stavolta, con la loro
1995, allorché pubblicaro-
B o w To T h e P r o m K i n g , l a m b i r o n o a d d i r i t t u r a i l v i v a c e
no il primo full-lenght Do
e s g h e m b o b r i t - r o c k d e i B l u r.
Yo u F e e l A t H o m e ? p e r l a
Dopo aver avviato quasi due progetti paralleli a testa
Lumberjack. Titolo sagace
(Cursive, Bright Eyes, Slow Down Virginia, Park Ave.
(è
nella
e N o r m a n B a i l e r ) i C o m m a n d e r Ve n u s a p p r o d a r o n o a d
canzone omonima viene ri-
un’etichetta relativamente grande, la Grass Records ,
volta a una ragazza che ha
poi Wind Up. Label esordiente con personale provenien-
appena
la
presto
sgrazia-
della
domanda
lasciato
che
l’autore
te da una major e quindi ancora piuttosto inesperta di
ma è pure un chiaro riferi-
cose indie. Questi quattro monnellacci non esitarono ad
mento alle tecniche di re-
approfittarsene senza ritegno, saccheggiando un budget
gistrazione) mentre lo è di
spropositato e spingendo il più possibile sul pedale del-
meno la musica contenuta:
l ’ e c c e s s o n e l r e g i s t r a r e T h e U n e v e n t f u l Va c a t i o n ( W i n d
emo tutto orientato verso
Up/Thick; Luglio 1997) durante le vacanze estive del ’96
22 sentireascoltare
(e visto il titolo/i immaginiamo facilmente l’atmosfera
d i To d d , n d a ) d e c i d o n o d i
e le motivazioni dalle quali scaturì il disco). Ne sortì
mettere su un gruppo per
un lavoro molto diverso dal precedente album, aldilà
abbordare un paio di ragaz-
della produzione decisamente più hi-fi e della raucedi-
ze carine. Jamie Williams
ne sopraggiunta al posto della voce bianca: i ricordi di
e Neely Jenkins ovviamen-
Seam si rappresero lasciando poche tracce in qualche
te non sanno suonare ma
intro (Refused By Life, We’ll Always Have Paris) e nel-
hanno ben altri argomenti:
la sussurrata Life As Expected, presero invece forma
Jamie è un gran bel pezzo
v i o l e n t i s u s s u l t i h a r d c o r e ( D r e s s To P l e a s e ) e , m e n t r e
di ragazza, fa la modella e
T h e W a y T h i n g s H a v e To B e p r e c o n i z z a v a i l n u o v o s t i l e
la
B r i g h t E y e s , p e z z i c o m e T h e U n e v e n t f u l Va c a t i o n p t 1 ,
m e n t r e N e e l y, s u p p o n i a m o ,
The Raining Holiday pt. 2, My Collapsing Frame con le
deve essere molto simpati-
loro soluzioni melodiche originali fecero breccia nella
ca (...). Per la nostra deli-
s t a m p a l o c a l e , c h e a d d i t ò i C o m m a n d e r Ve n u s c o m e l a
zia Conor decide di lascia-
next big thing di Omaha dopo i Counting Crows. Profe-
re a Clark la chitarra - che
zia infelice in quanto il gruppo si sgretolò di lì a poco.
ovviamente non sa suona-
La formazione subì prima un rimpasto: Kasher preferì
re - il quale gli cede a sua
occuparsi dei suoi Cursive entrati ormai in concorrenza
volta
c o n i l g r u p p o m a g g i o r e , s u b e n t r ò To d d B a e c h l e , B o w e n
come sopra - ... più tardi si
se ne andò, stufo di quella maledetta batteria che lasciò
unisce al gruppo la tastie-
al ben più energico Ben Armstrong, Oberst mantenne la
rista Jenn Bernard, perché
sua posizione. Con questo organico rimasero assieme
è auspicabile che almeno
fino al ’97 quando Nansel abbandonò per dedicarsi a
una su cinque sappia suo-
tempo pieno alla neonata Saddle Creek. Oberst invece
nare qualcosa...
si stufò definitivamente della musica emo: ben altre idee
Debuttano pubblicando uno
si stavano facendo strada nella sua testa. (6.0/10)
split con i Wrens (Saddle
ballerina
la
Creek;
N o r m a n Bailer / Magnetas
O l t r e a i C o m m a n d e r Ve n u s , n e l ’ 9 5 , O b e r s t p a r t e c i p ò
ai collaterali Norman Bailer e Magnetas pur svolgendovi grossomodo ruoli da comprimario. I primi furono
l’embrione dei Faint, Oberst vi si unì in occasione della
realizzazione della cassetta Sine Sierra (Lumberjack;
1 9 9 5 ) a s s i e m e a M a t t B o w e n , To d d B a e c h l e e J o e l P e t e r s e n . M o l t o d i ff e r e n t i d a i C o m m a n d e r Ve n u s , p r a t i c a vano un easy-listening delicato e malinconico. Più affini
a i Ve n u s e r a n o i n v e c e i M a g n e t a s d i C h r i s H u g h e s , s e m p r e c o n i l s o l i t o To d d B a e c h l e e B e n A r m s t r o n g e s e m p r e
con Oberst alla chitarra (quindi sostanzialmente sempre
le solite facce che a turno assumevano il ruolo di leader
determinando così la ragione sociale). Quest’ultimi fecero una breve comparsata nella Parts Compilation della
Ghostmeat (1996) con il brano Annex Anex, uno scialbo
e m o - r o c k s e n z a i l m o r d e n t e d e i Ve n u s , a l t r i d e m o f i n i r o no sparsi tra raccolte e cassette.
P a r k Av e
in
professionale
batteria
1997)
due
–
idem
dispiegando
brani
una
legge-
rezza disarmante: se Wax
Museum
eccede
sistenza,
in
incon-
Cloak And
Dag-
g e r, c o n u n p o ’ d i f a n t a sia,
ricorda
Blonde
ben
il
l’alt-pop
Redhead
sperare,
brano
sulla
e
tanto
viene
dei
lascia
che
riproposto
compilation
Sadd-
le Creek Sampler (Saddle
Creek; 1997). La raccolta
contiene
pure
due
successivamente
pezzi
inseriti
nella Collection Of Songs
di Bright Eyes e due outt a k e s d e i C o m m a n d e r Ve nus, offrendosi così come
un
interessante
raffronto
fra i vari progetti in atto
d i O b e r s t . I Ve n u s , c o n l e
Nel ‘96 Oberst fu posseduto dal diavolo, indubbiamen-
scorticate Bent On Broken
te. Soltanto grazie a neri contratti con le tenebre può
Nerves e Waiting For Eno-
infatti aver acquisito il dono dell’ubiquità. Nel gennaio
ch Arden, sono quelli che
di quel famigerato anno lui e Clark Baechle (il fratello
se ne escono meglio, per
sentireascoltare 23
quanto prossimi alla fine.
delle ragazze e quelle cameratesche dei ragazzi (roba
I
Lachry-
da far impallidire Grease, per intenderci) ma ciò risul-
Park
mose
Ave.,
con
Obsequious
Ve h e -
ta alla fine secondario, subalterno al culto situazioni-
corroborano
sticamente celebrato (da Sowder) di band inesistente,
ulteriormente le promesse
elevata a mito dell’impaccio e della ritrosia. Se avete
ma Jamie Williams - quella
pazienza di stare al gioco vi regalerà qualche sorriso,
carina ovviamente - se ne
soprattutto all’inizio quando cantano a cappella: “I don’t
va a Londra determinando
know why they call us Park Ave /Does anybody park here
lo scioglimento della band,
anyone but me?” e via avanti con All-Boy Band nella
che
spalle
quale, con la verve di un Gordon Gano, celebrano la
qualche nastro, una quin-
loro timidezza: “there are a hundred bands that sound
dicina scarsa di concerti e
like us”. Da un punto di vista più prettamente musicale
un paio di aneddoti sulla
s o l o I n v i t a t i o n To A C l o s e t r i c h i a m a v a g a m e n t e l o s t i l e
loro proverbiale insicurez-
che Oberst come Bright Eyes sta maturando. Tirando le
za (come quello secondo il
somme, il fatto che il progetto non abbia avuto seguiti
quale Conor cercò di dis-
non lo consideriamo necessariamente un peccato... (5.0
suadere
/10)
ment
Elated,
si
lascia
un
alle
promoter
dal-
l’offrire al gruppo una data
a
Chicago
dicendogli
che
non erano niente di che).
1997-1999: la nascita di una indiestar
Nel 1996 esce uno split 7” intitolato Kill The Monster
Neely e Jamie si rifaranno
B e f o r e I t E a t s B a b y, a n c o r a p e r l a S i n g s E u n u c h s ! d i
vedere
nei
J o y n e r , d i v i s o c o n B i l l H o o v e r d e l l a D a r k To w n H o u s e
Tilly and the Wall, avvian-
B a n d ( c o l u i c h e a s s i e m e a Te d S t e v e n s d e i L u l l a b i e s
do, con il loro debutto del
l’aveva spronato a registrare il suo materiale). Il mo-
2 0 0 4 , l ’ a t t i v i t à d e l l a Te a m
niker Bright Eyes non è ancora nato, la registrazione è
L o v e R e c o r d s d i C o n o r.
ancora casalinga (e la bassa fedeltà è ricercata più che
Ma
recentemente
di
subita, come dimostra il disco rotto che apre e chiude il
brani giacevano inutilizza-
intanto
una
decina
lato di Conor) ma la rivoluzione rispetto alla fase demo-
ti in qualche nastro in casa
tapes è già in atto. In netto contrasto con la voce roca
Oberst e sia mai detto che
d i H o o v e r - u n b u s k e r - f r e a k a m e t à s t r a d a f r a Wa i t s , Va n
il Nostro dimostri un po’ di
Vliet e Spence - il mellifluo e triste adolescente Oberst
creanza
sé
esita su un bivio: da un lato, nella ballata depressa ma
tenendosi
qualche
per
registrazione!...
g i à m a t u r a N o r t h O f T h e C i t y, s i s t a g l i a l a s t r a d a d i r i t t a
A dire il vero pare che la
dell’indie-folk, al lato opposto Lake Havasu (In Florida)
responsabilità sia da attri-
conduce verso l’intrigante ma pericolosa direzione del
b u i r e t u t t a a S i d S o w d e r,
raw-rock più ebbro e sgangherato. Sappiamo quale scel-
proprietario
ta operò, ma indugiò nel dubbio a lungo. (6.5/10)
della
Urinine
Records nonché appassio-
Nello split con gli Squadcar 96 (h. Records, Australia;
nato di fallimenti, il quale,
1997) - battesimo di Bright Eyes – gli elementi si me-
innamoratosi
perdutamen-
scolano ma al contempo l’alternativa rock sbiadisce; più
te del sound slavato e ti-
c h e G o F i n d Yo u r s e l f A D r y P l a c e c h e s e m b r a a p p a r t e -
mido dei Park Ave., si fece
n e r e a n c o r a a i d e m o t a p e s , c o l p i s c e R a c i n g To w a r d s T h e
in quattro per pubblicarne
New che ha già la fattezze di una canzone maggiore
una
Cosìl’amico
anche se destinata a rimanere nell’ombra. La batteria
Mike Mogis remixò il ma-
imparata a suonare con compunzione l’anno prima nei
teriale
postumo
Park Ave. è qui splendidamente controtempo su un az-
nel 1999 con il didascalico
zeccatissimo riff di acustica scordata, mentre Conor in-
titolo di When Jamie Went
tona un canto generazionale degno del Morrissey di The
To L o n d o n . . . W e B r o k e U p .
Boy With The Thorn In His Side. (6.7/10)
Diciamo subito che si trat-
Ma è nel ’98 l’anno in cui egli può mantenere finalmente
ta perlopiù di filastrocche
le promesse con la pubblicazione del suo primo album
divise
in studio Letting Off The Happiness (Saddle Creek; No-
raccolta.
che
tra
uscì
le
esili
24 sentireascoltare
vocine
vembre 1998). Facciamo un passo indietro: in seguito
polarità cardinali del pro-
a l d i s a s t r o s o t o u r d e l l ’ a g o s t o ’ 9 7 i C o m m a n d e r Ve n u s s i
getto: la contrapposizione
sciolgono definitivamente. Per quel natale Oberst vola
fra i registri country-folk e
ad Athens in Georgia assieme al suo nuovo compagno
wave-pop, i cui germi ap-
di stanza - nonché amico inseparabile - Joe Knapp e
pestavano
già
la
a Matt Maginn (bassista dei Cursive), qui si incontra-
Collection
Of
Songs
no con i Drip di Andy LeMaster - vecchia conoscenza
che grazie a Mogis vengo-
d e i C o m m a n d e r Ve n u s - e i n i z i a n o u n a m i n i - t o u r n é e n e l
no qui districati in episodi
Sud-Est degli Stati Uniti al termine della quale pure i
esemplari come la sequen-
caotica
ma
Drip si sciolgono. LeMaster fonderà i Now It’s Overhead, futura testa
di serie della Saddle Creek, ma nel
frattempo i Nostri decidono di entrare in studio ed è così che inizia
a prender forma il primo vero album
di Bright Eyes. Le registrazioni si
dividono fra lo studio di Athens e le
solite “home-recordings” a Omaha
tracciando la prima delle due polarità che caratterizzeranno il disco
e poi l’intera opera di Bright Eyes:
la contrapposizione fra hi-fi e lo-fi
che si ravvisa immediatamente nel
succedersi delle prime due tracce
dell’album. If Winter Ends, primo
grande singalong di Oberst, si dipana nella confusione della bassa
fedeltà mentre Padraic My Prince
scorre lucida in una veste sonora
ineccepibile di limpidi arpeggi, bassi
vellutati,
batteria
“tecnica”
ed
effettistica da grande produzione.
Proprio quest’ultima canzone desta
scalpore per il testo che narra di
un fratello neonato morto affogato
in vasca da bagno per distrazione
della madre. Fantasia lugubre che
lancia un primo richiamo alle danze
macabre in abito da festa di Will
Oldham e dell’Americana.
Per la realizzazione di quest’album
si raduna un certo nucleo di artisti
, alcuni occasionali come i fratelli
Barnes (Kevin era il leader degli Of
Montreal, Jeremy era nei Neutral Milk Hotel e successi-
z a To u c h ( c h e r i m a n d a a d -
vamente Bablicon e A Hawk And A Hacksaw) – testimo-
dirittura agli OMD) - June
nianza del prestigio riscosso da Oberst fra gli addetti ai
On The West Coast (sba-
lavori – altri invece saranno destinati ad essere le colon-
razzino
ammiccamento
ne del suono Bright Eyes negli anni a venire, come il già
Dylan).
In
citato LeMaster ma soprattutto Mike Mogis il quale, con
Compare, una lenta coun-
le sue chitarre steel da un lato e l’elettronica analogica
try-ballad in tempo dispa-
dall’altro, sarà corresponsabile della seconda delle due
ri squarciata da repentini
Contrast
a
And
sentireascoltare 25
stacchi metallici di chitarra
momenti di stanca, significativamente espressi dai se-
elettrica (forse il momento
d i c i m i n u t i d i f r a s t u o n o i n c o d a a l l a f i n a l e Te r e z a A n d
migliore del disco), Conor
Thomas (canzone che cita Kundera, ndr) che preannun-
duetta
ciano la ghost-track, un’ovviabile riproposizione “nuda”
-
la
con
tipa
Neely
Jenkins
dei
di Contrast And Compare. Per avere il completamento di
Park Ave, ve la ricordate?
questo primo ciclo in cui l’identità Bright Eyes si fissa
–
bisogna attendere ancora un anno. (6.5/10)
che,
“simpatica”
assieme
alla
pre-
senza dell’amico della pri-
Nel frattempo la bella ma trascurabile Pioneer ’s Park
m a o r a Te d S t e v e n s d i e t r o
appare nella compilation Commercial Food Processor
alla batteria, documentano
(Unread; 1999), mentre coi Books (non quelli di Lemon
l’atmosfera di “grande fa-
Of Pink!) incide un gustosissimo split single intitolato
miglia” della Saddle Creek
To o M u c h O f A G o o d T h i n g … I s A G o o d T h i n g ( V a n i s h i n g
in pieno stile parrocchiale
Act; 1999) nel quale riemerge l’opzione raw sottoforma
(molti dei personaggi, tra i
di una sciancata rock-ballad royaltruxiana (Feeling It)
q u a l i C o n o r, s o n o p e r a l t r o
e d i u n b i z z a r r o , s p e d i t o , t r o t t o s p a g n o l e g g i a n t e ( Va -
cattolici…).
nishing Act). (6.7 /10)
Letting Off The Happiness
Anche la produzione minore testimonia il magico mo-
, che entra nella selezione
mento e nel Novembre del ’99 esce l’EP Every Day And
d e i To p I n d e p e n d e n t A l b u -
Every Night (Saddle Creek) il quale, nella concisione di
ms, rappresenta la preco-
sole cinque tracce per neanche 23 minuti complessivi,
ce
Conor
costituisce per molti (tra i quali chi scrive) il vertice di
Oberst. Anche questa vol-
Oberst nei ’90. Le due tradizionali polarità di cui parla-
ta lo stacco dal materiale
vamo poc’anzi si aprono qui a ventaglio generando un
precedente
immaginifico quadretto postmoderno nello stile di Don
maturazione
è
di
netto,
tavia abbondano
26 sentireascoltare
tut-
ancora
i
De Lillo . Dall’iniziale A Line Allows Progress, A Circle
Does Not, proteiforme brano in duetto con Joe Knapp,
za rispetto alla produzione
fino ai beat e ai loop elettronici di Neely O’Hara, si di-
progressivamente
spiega una girandola di registri perfettamente incastrati
più pulita che caratterizza-
uno nell’altro che giungono ad uno stato di entropia ove
va gli ultimi lavori a nome
i significati s’opacizzano dietro a significanti ricchi di
Bright Eyes; Il primo lato
pathos: persino la voce del corso Linguaphone di russo
ad esso riservato si apre
che conclude l’EP suona drammatica nel suo lento emer-
in un clima da ciucca tri-
gere dalla confusione, per quanto peregrina e fredda,
ste pervasa da un flauto e
ed è in questa “incomunicabilità espressiva” che Oberst
un clarinetto sfatti e quasi
realizza appieno la sua cifra, sempre più oscura quanto
bitonali, un’atmosfera pa-
più adulta. Già dalla funerea copertina sino ai contur-
ragonabile
ai
banti rintocchi di A New Arrangement salgono sempre
caciara
Yo u
più convincenti le similitudini con quanto sta facendo
Name
c o n t e m p o r a n e a m e n t e B o n n i e P r i n c e B i l l y. U n a p r o p o s t a
con lo sconforto inelutta-
musicale poliedrica e complessa ha preso forma. Una
b i l e d i u n a Y o u ’ v e G o t To
(indie-)star è sorta. (8.0 /10)
Hide
e
è
Beatles
My
Mae
ma
Love
I’ve
da
Know
Maggie
Yo u r
pezzo
2000: la svolta
di
sempre
Away
Never
(il
Been
Happy Again) e successi-
Il sodalizio fra Oberst e Knapp incominciò già negli ul-
vamente non basta un dri-
t i m i m e s i d i v i t a d e i C o m m a n d e r Ve n u s e f u n s e d a t r a m -
ve sincopato ( The Joy In
p o l i n o p e r l e i d e e e i p r o g e t t i d i C o n o r. K n a p p f u i n f a t t i
Discovery ) o il riemergere
il primo collaboratore occasionale del progetto Bright
della
Eyes, il primo batterista per la precisione, e in segui-
nente raw-rock ( The Joy
to diede vita a una propria band, gli Ambulance (di cui
In
divenne cantante e chitarrista). Non passò molto tempo
Acceptance ) per risolleva-
che fu costretto a modificare la ragione sociale per in-
re il morale: siamo all’ipo-
giunzioni legali provenienti da una band omonima, poco
geo dell’animo di Oberst,
male, divenne Son, Ambulance in ragione dell’ordine di
o
priorità della sua vita: il figlio e la band. Un altro par-
propone.
rocchiano casa & chiesa insomma, dove la chiesa era la
bito come biglietto da vi-
Saddle Creek. La cooperazione fra i due sodali si spinse
sita
fino al dividere lo stesso appartamento. La convivenza
col microfono e che frigna
perdurò sino a che Neal (il figlio di Joe) non divenne
dopo esser stato rimprove-
troppo grande e “vivace” per la loro abitazione, soprat-
rato dal padre, la musica
tutto in considerazione che essa fungeva anche da sala
che subito dopo prende il
prove perennemente ingombra di preziosi strumenti…
via
Ed è ben strano l’abbinamento che si realizzò fra le due
stile
personalità, ravvisabile già nel duetto presente in Eve-
ti:
ry Day And Every Night, anche solo confrontando i due
in stile Graham Nash con
timbri vocali: al dolente e drammatico canto di Oberst,
un lieve tocco malinconico
Knapp contrappone una voce stralunata e spensierata
a l l a To w n e s V a n Z a n d t f o r -
(il solito Tim McMahan lo paragona a Kermit La Rana,
se (The Woman In The Un-
per noi - dati i doppiatori italiani - il referente più cal-
derpass) ma assolutamen-
z a n t e è l ’ O r s o Yo g h i ) .
te
Ta l e c o n t r a p p u n t o s i a m p l i a e a r t i c o l a n e l l a p r i m a c o l l a -
sorta e libero di veleggia-
borazione ufficiale: il disco registrato dal vivo, a nome
re su fresche arie tropica-
Bright
li e bossa (Like Billy Budd
Eyes/Ambulance,
Insound
To u r
Support
Series
minoritaria
compo-
Forgetting/The
del
personaggio
suo
è
Joy
Knapp
figlio
pone
che
distantissima
dei
pezzi
folk-rock
slegato
Cyrano
che
In
ci
su-
gioca
dallo
preceden-
leggerissimo
da
De
magoni
di
No. 12 (Insound; 2000). Il disco dura 33’30” e si com-
Or
Bergerac,
pone di tre tracce per testa più un pezzo innominato
A s t r u d A s t r u d ) . L’ a l b u m è
(qualche volta chiamato Lovers Turn Into Monsters dal-
riservato principalmente ai
l e p a r o l e d e l l ’ i n c i p i t ) c a n t a t o d a C o n o r. L a q u a l i t à d e l
completisti, privo com’è di
suono è ai minimi storici, in netta inversione di tenden-
particolari guizzi, cionono-
sentireascoltare 27
stante la qualità non scen-
sorgere ragionevoli dubbi sul suo senso ultimo, soprat-
de mai sotto a un certo li-
tutto a fronte dei passi più dozzinali ognuno dei quali
vello cui da qualche anno
però pienamente rappresentativo della sua personalità.
la produzione Bright Eyes
Ma non c’è altro senso che lui stesso: il caso umano
ci ha abituato. (5.5/10)
Conor Oberst.
La
collaborazione
con
La riconferma di questo andazzo arriva proprio con Fe-
Knapp sèguita, fattiva e in-
vers And Mirrors (Saddle Creek; Maggio 2000), il nuovo
tegrale, per tutto il 2000 e
album in cui include addirittura un’intervista a sé stesso
vede un nuovo capitolo nel
a l l ’ i n t e r n o d e l b r a n o A n A t t e m p t To T i p T h e S c a l e s , r e -
secondo album in studio di
g i s t r a t a i n l u o g o d e l l e n o t e d i c o p e r t i n a c o n To d d B a e -
Bright Eyes. Oberst prima
chle e Matt Silcock dei Lullabies For The Working Class
di questa nuova esperien-
n e l l e i m p r o v v i s a t e v e s t i d i R a d i o D J . L’ i n t e r v i s t a a l t e r n a
za partecipa a un tributo a
spiegazioni serie sul simbolismo del disco, sul titolo e
Jandek, il “famoso scono-
sui singoli pezzi a momenti di puro scherno come quan-
sciuto” di Corwood: Naked
do risponde alla domanda sulla veridicità dei fatti narra-
In The Afternoon (Summer-
ti in Padraic My Prince (“A dir la verità ho avuto cinque
steps; 2000) in compagnia
fratelli morti in quel modo” [affogati, ndr] “No, seria-
di
mente… mia madre ne ha affogato uno all’anno per cin-
L o w,
Retsin
Thurston
e
artisti,
ti
una
miriade
perlopiù
carneadi
ria
Moore,
di
que anni consecutivi ma si chiamavano tutti Padraic e
assolu-
questo è il motivo per cui c’è una sola canzone per tutti
scude-
loro”). Fevers And Mirrors contiene quelle che fino ad
della
Summersteps.
que-
oggi sono forse le migliori canzoni del repertorio Bright
st’occasione Oberst rivela
Eyes eppure, musicalmente, è l’album meno rappresen-
il suo versante più speri-
tativo del suo stile. Manca quasi del tutto la componente
mentale e underground (se
lo-fi, se si esclude l’ormai tradizionale field-recording in
il
un
apertura e il breve intermezzo di When The Curious Girl
senso) nella cover di Have
Realizes She Is Under Glass. La situazione si presenta
Yo u E v e r H e a r d O f J a n d e k
diversa se si ascolta l’edizione giapponese uscita per
Before? accantonando per
la Bad News nella quale sono presenti due bonus track
un attimo i suoi patemi per
a bassa fedeltà: The Joy In Discovery , rubata all’album
profondersi in arpeggi dis-
con Ambulance e Jetsabel Removes The Undesiderables,
sonanti mentre in sottofon-
altrimenti inedita. Ma anche dalla versione giapponese
do discute svogliatamente
è del tutto assente la componente pop-wave, sino ad
con
allora onnipresente. La tracklist è tutta orientata verso
termine
gli
ha
amici
In
ancora
su
chi
sia
Jandek…
Altre
quel calderone stilistico ormai abbastanza tipico chiainedi-
mato Americana, seguitando nella direzione intrapresa
te, la delicata Act Of Con-
l’anno prima in A New Arrangement. Unica eccezione il
trition e la monocorde li-
brano The Movement Of A Hand, che sembra rubato al
tania di It’s Cool We Can
repertorio più introverso dei Radiohead, nella restante
Still
parte assistiamo a un carosello fatto di sfondi salsa-fla-
no
due
Be
in
outtakes
Friends,
due
pilation,
Second
finiscocom-
menco (The Calendar Hung Itself…), desertiche e ferali
rispettivamente
distinte
ballate (Arienette), sapori tex-mex lanciati in profondità
(Silent
abissali (Sunrise, Sunset) e tanta anima folk, talora più
Film Soundtracks; 2000) e
n o s t a l g i c a ( A S o n g To P a s s T h e T i m e ) , a l t r o v e p i ù m o -
T r a n s m i s s i o n O n e : Te a A t
dernista (The Center Of The World). Ma qui abbiamo le
The Palace Of Hoon (Ho-
canzoni di una vita, i classici Bright Eyes come Haligh,
zomeen; 2000). Nulla nella
H a l i g h , A L i e , H a l i g h o S o m e t h i n g Va g u e , n o n a c a s o
produzione di Oberst rima-
l’album spopola fra le College Radio e nelle classifi-
ne intentato, la sua disco-
che degli album indipendenti guadagnandosi l’interesse
grafia è un continuo reality
della Sony con la quale viene approntato un accordo
sul suo songwriting e come
di sub-distribuzione tramite la Wichita Recordings. Per
per
quanto Oberst tenda a minimizzare la faccenda nelle
ogni
Thoughts
reality
28 sentireascoltare
può
far
interviste è ben cosciente che si tratta di un punto di
Knapp è buona ma il suo
svolta, inizia così un processo che porterà Bright Eyes
talento è terribilmente me-
alla conquista del mercato mondiale. (8.0/10)
dio e, perdonate l’ossimo-
Dopo un curioso exploit in Giappone dove Oberst viene
ro, la sua leggerezza ap-
fatto oggetto di culto e nel quale sperimenta le vesti di
pesantisce l’opera facendo
idolo delle ragazzine (!), prende via quell’estate una
rimpiangere
lunga tournee mondiale in America e poi in Europa. Nel
di Oberst. (6.2/10)
Settembre esce il primo prodotto dell’accordo con la
In
W i c h i t a : B r i g h t E y e s V s . H e r S p a c e H o l i d a y, s p l i t n e l
Giappone i pezzi di Bright
quale gli HSH remixano due brani di Bright Eyes e vice-
Eyes escono senza la con-
versa, anche se più che remixare sarebbe corretto dire
troparte di Son, Ambulance
“fornire nuovi sfondi sonori”. A Calendar Hung Itself e
- poco adatta a quei mer-
Contrast And Compare subiscono così uno stravagante
cati – con aggiunte il ri-
trattamento indietronico, mentre gli HSH diventano tristi
facimento di I Never Been
indie-folksters nelle mani di Bright Eyes.
Happy Again dal disco della
2001: understatement
la
effetti,
solitudine
in
Europa
e
Insound e la bonus Mirrors
and Fevers (niente più che
Il 22 Gennaio 2001 la Saddle Creek licenzia l’epilogo
una
dell’intensa collaborazione Oberst-Knapp, nelle fattez-
da Conor senza accompa-
ze di Oh Holy Fools. Un album a tutti gli effetti, regi-
gnamento);
strato in studio, composto da otto tracce per 41 minuti
la Don’t Be Frightened Of
divise metà a testa come di consueto, questa volta però
Turning The Page ed esce
inframezzate l’una all’altra sì da offrire un confronto
per
più stretto fra i due autori - e che razza di confronto!,
partnership con l’etichetta
il divario stilistico già chiaro nel disco per la Insound
franco-belga
si amplifica ulteriormente. Il progresso qualitativo non
M a n g e - To u t . L a s t e s s a l a -
riguarda solamente la registrazione ma è palpabile so-
bel
prattutto a livello di scrittura: attacca Son, Ambulance
anche
col solito intro a base di figlio che riconferma il suo cli-
rioso ensemble di polistru-
chè di bravo-ragazzo-padre-con-la-chitarra (supponiamo
mentisti belgi il cui album
eccitantissimo per le teenagers del Midwest cresciute a
Les Embarras Du Quotidien
Dawson’s Creek e Sacra Bibbia). La sua Brown Park,
vede
un pezzo per pianoforte e batteria sprizzante candida e
saggio e Oberst cantare il
infantile allegria, cozza immediatamente con Going For
pezzo
The Gold, una delle più belle sad-songs di Bright Eyes
è l’inedita apertura all’Eu-
per sola acustica e flauto, madida di sensi di colpa e
ropa
Oberst-appeal come non mai. Subito dopo Knapp contro-
di Fevers And Mirrors e al
stordisce ancora l’uditorio alleggerendo ulteriormente la
c o n t r a t t o c o n l a S o n y. ( 7 . 0
s u a p r o p o s t a i n I n v e n t i o n o f B e a u t y, u n v a p o r o s o e a s y -
/10)
listening con sapori jazz-bossa provenienti dai ’70 più
Nel
2001
disimpegnati. Un beccheggio continuo da mal di mare,
ne
artistico-esistenziale
vanamente smorzato a metà disco, quando Oberst tenta
Oberst/Knapp volge al ter-
i l p e z z o l i g h t c o n O h , Yo u A r e t h e R o o t s … e K n a p p i l
mine chiudendo idealmen-
pezzo depresso con On The Concourse… niente da fare:
te la prima parte del ciclo
il primo sembra un suicida che cerca di fare il sereno (e
B r i g h t E y e s . L’ u l t i m a c o l -
non a caso sigilla la canzone con uno dei suoi versi più
laborazione ha luogo nella
neri), il secondo sembra Charlie Brown quando scopre
realizzazione di Euphemy-
che nessuno si è ricordato di chiamarlo alla sua festa di
stic,
compleanno… la rimanente parte del disco conferma la
Son, Ambulance pubblicato
piena maturità raggiunta da Oberst che sembra seguire
fatalmente
le orme di Callahan-Smog approdando ad un ligneo e
2001. Prima di allora Bri-
finissimo cantautorato dopo i stravizi lo-fi. La parte di
ght
poesiola
la
canticchiata
l’EP si
Saddle
Creek
Les
distribuisce
i
Melon
Mike
al
la
album
Eyes
all’epoca
Galia,
al
Parlons
seguita
di
l ’ 11
in
Disques
Mogis
N’en
intito-
cu-
misPlus:
successo
coabitazio-
debutto
di
settembre
rilascia
ancora
sentireascoltare 29
tre
altrimenti
mind/I’m certain of this/And I am not certain of anything
inediti. I Will Be Grateful
bei
singoli
, poi se ne rida pure e mentre se ne ride per allontanare
For A Day esce per la sto-
vecchi spettri se ne riconosca l’assoluta maestria del-
rica Sub Pop (Marzo 2001)
l ’ u o m o . S o o n Yo u W i l l B e L e a v i n g Yo u r M a n , b r a n o p e r
fornendo, con
canzone
sola voce & chitarra - registrato dal vivo - non viaggia
eponima, una buona rispo-
la
molto distante e il titolo ne suggerisce ulteriormente
sta a quanti si erano chie-
l ’ u m o r e ( 7 . 2 / 1 0 ) . I n f i n e i l D r u n k K i d C a t h o l i c E P, n o t o
sti che fine avesse fato la
anche come “Three New Hit Songs From Bright Eyes”
vena
elettro-pop
No-
(Wichita; Maggio 2001) propone nelle vesti della title-
stro.
Dopo
di
track quello che potrebbe essere l’inno perfetto della
Americana ritorna l’antico
parocchia Saddle Creek, dobbiamo aggiungere altro al-
amore
la
del
sbornia
per
breakbeats
ed
l’eloquente titolo? Sì, l’azzeccatissima filastrocca per
elettronica
sottoforma
un
singolare
stico
-
-
quasi
cullato
pionati,
wave,
di
mocciosi ebbri che ne costituisce il refrain a cui tutti i
organi-
membri dell’etichetta si uniscono via via in coro (com-
chiesastico
preso bravo-ragazzo Knapp): The drunk kids, the ca-
inno
da
battiti
glitch
mentre
e
sul
cam-
tholics/They’re all about the same/They’re waiting for
chitarre
something, hoping to be saved. Nel suo un capolavoro.
lato
B
L’ a r i a d i r i m p a t r i a t a c o n t i n u a n e l d u e t t o a c q u a & s a p o n e
non si disattende le aspet-
con l’inseparabile Neely Jenkins in Happy Birthday to
tative di chi si era ormai
Me (Feb. 15th) per concludersi nell’elegia solitaria di
affezionato all’ultimo cor-
I ’ v e B e e n E a t i n g ( F o r Yo u ) . ( 6 . 0 / 1 0 )
so, riscrivendo When The
Curious Girl…, uno dei rari
La parentesi Desaparecidos (2001-2002)
episodi raw di Fevers…, in
Dal ’92, ovvero da quando Conor registrava “a mano”
chiave raffinata con la be-
le sue cassette, fino al 2002, allorché l’ex-ragazzino
nedizione del solito Mogis
si apprestò a finire sulla bocca di tutti col successo di
sottoforma di banjo, slide
Lifted, accanto alle sempre più consistenti acclamazioni
e
au-
della stampa specializzata torme di fans locali, fanzi-
alt-coun-
nes internettare e predicatori da strada, di volta in vol-
una
produzione
tentico
gioiello
da
t r y. ( 6 . 7 / 1 0 )
ta - ad ogni passo compiuto verso il successo - hanno
B l o o d O f T h e Yo u n g ( n o m e
incriminato il Nostro di tradimento, meretricio, infamia.
del singolo e della produ-
Conor ha sempre reagito con malcelata insofferenza a
zione) esce invece in 6600
questo genere di critiche e probabilmente sono da inter-
copie
edizioni
pretarsi come atti di orgogliosa indipendenza quel tour
in
cinque
differentemente
intrapreso a inizio 2002 lontano dalle luci della ribalta,
colorate, ed è un vero pec-
accompagnandosi solamente da una chitarra acustica e
cato che un pezzo comeMo-
d a l s u o p r i m i s s i m o m e n t o r e S i m o n J o y n e r, c o s ì c o m e
tion Sickness sia destinato
il ritorno a un’esperienza di gruppo cinque anni dopo
a rimanere negletto: anco-
C o m m a n d e r Ve n u s e P a r k Av e .
ra una sad-song come tan-
I Desaparecidos, oltre ad Oberst, si componevano di
te finora ne abbiamo elen-
Matt Baum alla batteria (già turnista per Bright Eyes,
cate, certo, eppure la sua
poi ’89 Cubs e Red Menace), Ian McElroy alle tastiere,
luce fioca e delicatissima
Denver Dalley alle chitarre (entrambi poi negli Statisti-
ne fa una corsia preferen-
cs) e Landon Hedges al basso e alla voce (già nei Good
ziale
vinilitiche
Bri-
Life di Tim Kasher e recentemente nei Little Brazil). Il
ght Eyes. Si lasci perdere
g r u p p o n a c q u e d a u n ’ i d e a d i O b e r s t e M c E l r o y. L’ o b i e t -
i nostri discorsi su fiction
tivo era quello di ammannire un’alternativa rock ener-
e sul marciare del perso-
gica, contrapposta al folk intimista e prevalentemente
naggio, e ci si lasci cullare
acustico di Bright Eyes. Obiettivo raggiunto non senza
da versi gravidi di adole-
impaccio: alla voglia di rumore e rabbia non fece infatti
s c e n z a i r r i s o l t a c o m e : Yo u
eco un’adeguata scrittura, invero piuttosto insipida. Il
will always stay here in my
risultato fu niente più che una fugace panoramica su
per
l’anima
30 sentireascoltare
di
come sarebbe stata la musica di Oberst se fosse rima-
di Lincoln. Il disco, attra-
s t o n e i C o m m a n d e r Ve n u s , p r e c e d e n t e d a c u i i l n u o -
verso un arco di chitarre
vo combo si diversificava principalmente per l’indubbia
ipervitaminiche
professionalità sopraggiunta alla naiveté e per le te-
ria pestona, scocca frecce
matiche socio-politiche insediatesi al posto dei bruschi
che colpiscono dritte dritte
umori adolescenziali. Già nel primo singolo The Hap-
l’american way of life: dal
piest Place On Heart (Saddle Creek; Dicembre 2001)
menage coniugale ( attra-
si palesarono tutte le coordinate musicali: una discre-
verso i due atti di Man and
ta tecnica, un’ottima ingegneria del suono, rabbia a go
Wife:, the Former [Finan-
go, canzoni che trascinano sui loro saliscendi ma che
cial Planning] e the Latter
si dimenticano immediatamente dopo l’ascolto. Un buon
[Damaged
gruppo emo sufficientemente incazzato e nulla più. I
stema economico e di di-
testi sono farciti di polemica e sarcasmo piuttosto ve-
stribuzione dei beni (Mall
lenoso (specie nei pezzi esclusivi del lato B come Give
Of
Me The Pen) sulla società americana. Gli U.S.A. erano
l’esercito e la guerra (nel
allora in stato di polizia, in piena caccia al terrorista e
singolo Happiest Place On
i Desaparecidos (moniker chiaramente riferito al Cile di
Heart ) per arrivare ai pia-
Pinochet e alle sue pratiche repressive) davano voce a
ni regolatori della politica
una gioventù col fiato corto, schiacciata in un presente
locale
inquietante, riempito dalle immondizie disseminate da
Le canzoni tendono ad as-
un cinquantennio di consumismo e ora drammaticamente
somigliarsi
incapace ad affrontare i propri scheletri nell’armadio e
si intuisce che si tratta più
le proprie paure.
che altro di tribunette dal-
Nel Febbraio 2002, sempre per la Saddle Creek, esce
le quali lanciare messaggi
l’album Read Music Speak Spanish registrato in una
e
denunce,
sola settimana da Mike Mogis agli studi Presto! (sic)
il
dovere
e
batte-
Goods])
America
e
al
$$$$)
(Greater
dal-
Omaha).
parecchio
di
si-
ma
evidenziando
testimonian-
s e n t i r e a s c o l t a r e 31
za civile molto sentito da
si in un forte individualismo egocentrico, evidenziando
Oberst e in linea con quel-
i n c i ò l ’ i n f l u e n z a p i ù p e c u l i a r e d i M o r r i s s e y. ( 5 . 7 / 1 0 )
la
cantautora-
Il gruppo intraprende un tour di 28 date per gli Sta-
le che da Springsteen af-
tradizione
ti Uniti come spalla dei Jimmy Eat World e nel luglio
fonda le radici in Dylan e
2002 riesce a strappare una presenza nel programma
prima di lui in Woody Gu-
Yo u H e a r I t F i r s t d i M T V, f a c e n d o s i i n t e r v i s t a r e d a v a n t i
thrie e nelle protest son-
ad un grande magazzino abbandonato di Omaha (rimar-
gs
Non
candone il carattere di “denuncia locale”, quasi a voler
degli
hillybillies.
mancano
di
dare una scenografia a un pezzo come Greater Omaha).
versi particolarmente inci-
Il gruppo si dissolve col finire di quell’estate e con la
sive ed espressive ( I got
pubblicazione di Lifted di Bright Eyes (13 Agosto), rive-
a letter from the Army / So
lando il carattere di “vacanza” che l’esperienza ha avu-
I think that I’ll enlist / No,
to per i protagonisti. I concerti dei Desaparecidos erano
I’m not brave or proud of
perlopiù occasioni per divertirsi, scherzare e – perché
nothing / I just want to kill
no – fare un po’ i scemi, tutti atteggiamenti che il sus-
something)
re-
siego richiesto dal repertorio Bright Eyes normalmen-
stante parte sono perlopiù
te non permettevano. Dalley e McElroy riproporranno
anatemi a vuoto, volti più
con Clark Baechle le tematiche dei Desaparecidos nel
a rappresentare la rabbia
p r o g e t t o r a p d e i Te a m R i g g e c h e v e r r à p u b b l i c a t o d a l l a
che
Te a m L o v e d i O b e r s t e n t r o b r e v e n e l 2 0 0 5 .
a
nervi
le
sequenze
ma
per
pungere
delle
sul
la
vivo
i
problematiche
storico-sociali da cui quella
rabbia
scaturisce,
tra-
dendo in questo punto la
2002: il crollo ed il successo
L’ u n d i c i
settembre
fu
una
doccia
gelata
per
tutti
gli
stretta parentela col son-
americani, e con quella doccia Oberst si svegliò, lu-
gwriting
cido come non lo era mai stato - troppo lucido - in un
di
Bright
apparentemente
Eyes,
così
di-
verso.
La
mattino incredibilmente livido. Si ripulì, si guardò allo
specchio riconoscendosi dopo tanto tempo, si liberò dai
stile
segni dell’alcol: non poteva certo presentarsi sbronzo
espressivo di Oberst è la
priorità
sul palco del successo internazionale per il quale si
testimonianza diaristica a
era preparato la strada fin dalla prima volta che ave-
forti tinte, che sia civica
va imbracciato la chitarra - in altri tempi forse, non di
o
intimistica
dello
cambia.
certo in quell’apocalittico inizio di millennio. Una sec-
Anche nelle sue pagine in-
chiata d’acqua fredda e uno specchio di fronte: ecco il
time infatti non mira a ro-
modo per andare avanti e guardarsi indietro al contem-
vesciare
di
po. Se l’algida direzione intrapresa con Fevers And Mir-
sentimentale
rors l’aveva affrancato dal cazzeggio è anche vero che
le
non
equazioni
una
vicenda
per
scomporle
in
simboli
l’aveva allontanato da casa. Così ecco i Desaparecidos,
come fa un Cohen, vuole
il ritorno all’emocore perduto, ed ecco Lifted, il ritorno
solamente
rappresenta-
ai suoi crismi primigenii. Nel frattempo un inquietante
re nel modo più realistico
sette pollici a tiratura limitata a 666 copie, accluso alla
possibile gli effetti, il do-
rivista Devil in The Woods, presentava una outtake di
lore puro che non sa chie-
Bright Eyes - accanto a due brani dei labelmates Sorry
dere il perché e che quin-
About Dresden e Rilo Kiley – intitolata Blue Angels Air
di non è capace di trovare
S h o w, u n b e l p e z z o n o s t a l g i c o i n q u e l l a m a t r i c e e l e t -
una via d’uscita. Così coi
tro-pop all’epoca trascurata. La canzone alludeva ad
Desaparecidos cerca nella
uno spettacolo visto da bambino, ovviamente protago-
denuncia il carattere emo-
nisti “aerei che facevano circoli nel cielo”: innocente
tivo a scapito della parte
casualità? Ad ogni modo la conferma che Oberst c’è.
logico-razionale,
arrivan-
Meno incisiva Entry Way Song, inedito originale acclu-
do al canto generazionale
s o a l l a r a c c o l t a A m o s H o u s e Vo l u m e I I ( W i s h i n g Tr e e ;
paradossalmente
aprile 2002), della quale, più che l’incolore prova di
32 sentireascoltare
calando-
Oberst colpiscono i compagni di compilation: oltre al
nel
s o l i t o S o n , A m b u l a n c e e c c o E m i l y S p a r k s , l e A z u r e R a y,
mai scritto e Loose Leaves
gli Elf Power ma soprattutto Elliott Smith, l’alter ego
risente addirittura del ven-
invecchiato e martoriato di Oberst, anche fisicamente
to della “New Rock Revolu-
(volendo fare una piuttosto infelice proporzione direm-
tion” rivelandosi come una
mo che Oberst sta a Elliott Smith come Robert Smith ad
rubiconda
Ian Curtis). Pure lui nativo di Omaha, l’hanno salvato
Strokes.
dalla cricca Saddle Creek l’essere nato 10 anni prima di
più sommesso, Amy In The
quegl’insolenti mocciosetti e la madre che l’ha portato
White Coat, partecipa del-
i n Te x a s q u a n d ’ e r a p i c c o l o . F u u n p u n t o d i r i f e r i m e n t o
la luce radiosa del nuovo
costante per Oberst il quale, in seguito al drammatico
corso scorrendo candida e
epilogo, sarà fra quelli che gli renderanno tributo nel
delicata senza i soliti as-
novembre 2003, nel famoso concerto-esequia tenutosi
sillanti nodi alla gola. Per
una settimana dopo il suo suicidio.
concludere (l’edizione vini-
Nel maggio 2002 (una di quelle annate diabolicamente
litica) l’ultima novità: una
“ubiquitarie” del personaggio, ancor più del ’96), ad an-
c o v e r,
ticipare il nuovo album, escono tre lavori a cui Oberst
te eseguita, di Out On The
presta la sua arte; il primo dei quali è un succulento
W e e k e n d d i N e i l Yo u n g ( ! ) .
nuovo EP di Bright Eyes, il secondo è uno split mentre
(7.0 /10)
il terzo è un’ordinaria partecipazione “di parrocchia”.
C’è ancora tempo poi per
Sono tre esperienze che vale la pena di analizzare per
realizzare una nuova col-
la gran varietà di stili che le contraddistinguono e so-
laborazione,
prattutto per l’inusitata, lucida freschezza che ordina
Post-Parlo
la tradizionale farragine del repertorio Bright Eyes. La
C d S e r i e s Vo l . 4 ( P o s t - P a r -
partecipazione di parrocchia è quella al caleidoscopico
lo; Luglio 2002) ma ormai,
album Old blood, di Mayday – il moniker dell’inossida-
data la nuova regola ober-
b i l e Te d S t e v e n s – n e l q u a l e l a v o c e d i O b e r s t s i m o s t r a
stiana
sorprendentemente a suo agio (nel brano Confession)
intensiva
immerso in pura aria Calexico! Più interessante ancora
non ha più senso chiamarli
T h e A l b u m L e a f C o l l a b o r a t i o n Vo l u m e 1 ( B e t t e r L o o k i n g
split. Questa volta è della
Records) dove il post-rock molto ritmato, al solito stru-
partita
m e n t a l e , d e g l i A l b u m L e a f d i J i m m y L a Va l l e t r o v a u n a
sciuti genietti dell’alt-pop
perfetta sintesi col cantautorato di Bright Eyes in Badd
americano:
Blood, ma soprattutto in quel piccolo capolavoro che è
altrimenti
H u n g r y F o r a H o l i d a y, u n a s p l e n d i d a p r o g r e s s i o n e s o -
Spoon, autentico costrutto-
spesa in un tessuto acustico perfetto. (7.2 /10)
re di perfetti congegni pop-
I n f i n e T h e r e ’ s N o B e g i n n i n g To T h e S t o r y ( S a d d l e C r e e k /
rock
Wichita), il singolo-EP che preannuncia il nuovo album.
ne subisce fortemente l’in-
In apertura From a Balance Beam (brano che verrà poi
fluenza e ispirato dal suo
incluso
songwriting
nell’ellepì)
sposta
subito
indietro
le
lancet-
pezzo
più
ottimistico
marcetta
Persino
perdipiù
brano
fedelmen-
Home:
Records
di
ad
il
alla
The
Split
partecipazione
al
uno
pezzo
più
altrui,
miscono-
Britt
Daniels,
noto
come
incastro.
Oberst
sbarazzino,
te dell’orologio: la produzione è molto simile allo stile
minimale e rotondo cesella
Elephant 6 che aveva contraddistinto molti episodi di
il suo “nu rock” di marca
Letting Of The Happiness come Padraic My Prince, il
newyorkese,
testo vive invece della stessa linfa social-velenosa dei
sulla strada di Loose Lea-
contemporanei Desaparecidos ma quel ritmo spezzato
ves
quasi –ohibò!- allegro scombina decisamente le carte
Days . È un vicolo cieco,
in tavola, e il cambio di rotta a base di inusitata verve
non avrà seguiti nel cam-
interessa tutte le altre tracce (quattro per il CD, sei
mino
per la versione 12” della Saddle Creek), eccezion fatta
momento di effervescenza
per la pedestre Messenger Bird’s Song appartenente al-
estiva godibilissmo, appe-
l’Oberst più tiglioso. In We Are Free Men il Nostro duet-
na appena temperato dal-
ta con Joyner prima e poi Orenda Fink delle Azure Ray
la più riflessiva Southern
con
di
proseguendo
Spent
Oberst,
On
ma
Rainy
è
un
s e n t i r e a s c o l t a r e 33
State.
canto
But A Day Is Gonna Come, dall’altro lato col singolo
suo non smentisce la sua
Daniels
dal
( p u b b l i c a t o a p p e n a i n n o v e m b r e ) L o v e r I D o n ’ t H a v e To
fama
ingegneristica
niando
due
artefatti
fettamente
co-
Love troviamo la sublimazione della strada per la mo-
per-
dernità, il tutto elevato a imponenza da fior fior di archi
aerodinamici
e pianoforti a la George Martin, anche in un lenta torch-
c o m e Yo u G e t Yo u r s e L e t
song come False Advertising. Method Acting si candida
T h e D i s t a n c e B r i n g U s To -
invece ad essere la canzone più icastica del moniker
g e t h e r. ( 7 . 7 / 1 0 )
Bright Eyes: un’orgogliosa dichiarazione di identità del
Ma
final-
s u o f a r e m u s i c a ( W e n e e d a r e c o r d o f o u r f a i l u r e s / Ye s
mente il quarto album Bri-
in
agosto
we must document our love ) scandita da uno stomp in-
ght Eyes (terzo in studio):
calzante e corale, sullo sfondo meastose suggestioni di
Lifted (Or) The Story Is In
frontiera.
T h e S o i l K e e p Y o u r E a r To
A l t r o v e g e r m o g l i a i l c o u n t r y - r o c k p i ù c l a s s i c o ( M a k e Wa r,
The Ground (Wichita/Sad-
Laura Laurent) e trova ancora spazio l’home recording
dle Creek), l’epitome del-
fra una “spectorata” e l’altra (l’iniziale The Big Picture
l’Oberst rinato, il suo te-
o Yo u W i l l . Yo u ? W i l l . Yo u ? W i l l . Yo u ? W i l l ) , m a s i t r a t -
stamento,
Electric
ta più che altro di una ghirlanda posta su un marmoreo
(Acoustic?) Ladyland. For-
monumento, o forse un cimelio del tempo che fu messo
se
non
il
il
ecco
suo
al-
in questo museo che Oberst ha edificato a sé stesso. Il
bum ma certamente il più
ragazzo non ha perso il suo tono da confessionale, ma
rappresentativo. Una vera
è indubbiamente straniante udire una confidenza per-
e propria celebrazione del
sonale - come sempre sembrano le parole uscite dalla
(suo personale) cantauto-
voce di Oberst - con accompagnamento di orchestra in
rato sfaccettata in una gio-
pompa magna! Il ragazzo non ha smesso di deprimersi,
stra di colori e atmosfere
arriva pure a intristirsi per il successo ( For a song, I
che si dipana fra caciara e
was bought / Now I lie, when I talk da False Advertising
intimità, tristezza e ilarità,
), eppure da ogni parte trasborda una fresca e sorniona
chitarra dobro e orchestra
aura nuova e quando si profonde nel pezzo più amaro
(thanks
to
suo
miglior
i
e struggente (Laura Laurent) al termine si schermische
soliti noti). Esistenzialismo
r i d e n d o c o n u n I Wa s R e a l l y G r e y, c o m e a d i r e “ m a g u a r -
post-atomico che si espri-
da un po’ che corvaccio inconsolabile ero, ma ora è
me interrogandosi su come
p a s s a t a , l e t ’ s c e l e b r a t e ! ” . L e t ’ s N o t S h i t O u r s e l v e s ( To
debba essere una canzone,
L o v e a n d To B e L o v e d ) , l a s a r a b a n d a c h e c h i u d e l e d a n -
e di conseguenza un auto-
ze, dichiara la finale e totale indipendenza dell’autore,
re, dopo Dylan, dopo Neil
con una frase rivolta anche a chi scrive, fra gli altri: I
Yo u n g , d o p o i C u r e , d o p o
do not read the reviews / No, I am not singing for you.
T h o m Yo r k e e d o p o l e t o r -
Eppure quei malnati recensori decantano il suo album
ri gemelle. Oberst sa che
i n o g n i d o v e f a c e n d o l o d e c o l l a r e i n c l a s s i f i c a ( 11 ° p o s i -
la risposta è nella doman-
z i o n e n e l To p I n d e p e n d e n t A l b u m d i B i l l b o a r d , n ° 2 n e l l a
da e nel modo in cui viene
classifica di Heatseekers). Dopo Lifted il nome Bright
posta, da qui l’esigenza di
Eyes fa il giro del mondo, travalicando definitivamente
porla nel più ampio numero
il mondo indie. Una sbornia, ma come sappiamo ci sarà
di forme al fine di conte-
ancora modo di alzare la posta. (8.0 /10)
nere tutte le possibilità…
L’ u l t i m o p r o d o t t o B r i g h t E y e s d e l 2 0 0 2 è i l c u r i o s o C h r i -
Ecco allora che la compat-
stmas Album che la Saddle Creek mette a disposizione
tezza folk-rock di Fevers…
solo su internet per beneficenza, in dicembre. Sono tutti
ritorna
Mogise
con
i classici del natale che ogni buon e cattivo cristiano
l’antica istanza wave-pop,
conosce, manca solo Jingle Bells. Si tratta di una tra-
sicchè da un lato il percor-
dizione piuttosto consolidata negli States, da Johnny
so negli abissi più spettra-
Cash fino ai White Stripes, ed è facilmente intuibile che
li
il
sia roba esclusivamente per feticisti di Bright Eyes e
suo culmine in Don’t Know
per cuori d’oro (strano accostamento, vero?). Ma è inte-
e
a
Mike
misurarsi
“oldhamiani”
34 sentireascoltare
trova
ressante notare come Oberst si appropri di questi pezzi
acquirenti). Nel settembre,
arcinoti facendoli sembrare come propri liberando tutta
da segnalare anche la sua
la tristezza intrinseca del Natale: si veda ad esempio
presenza
che valle di lacrime diventa The First Noel dopo il trat-
Limits
tamento Bright Eyes, e Stille Nacht? Con le sperimen-
immortalata in un’omonima
tazioni elettroniche a cui è sottoposta diventa persino
compilation.
inquietante. D’altra parte l’attitudine a stravolgere arie
Nel
notissime nel consueto tripudio di dolore è ben nota per
proseguire il suo ramadan
i f a n d i C o n o r ( s i p e n s i a Yo u A r e M y S u n s h i n e i n T h e
discografico
Calendar Hung Itself).
tinua
2003-2004: sul tetto del mondo
all’Austin
Festival
2004
City
che
Oberst
viene
sembra
mentre
l’attività
dal
con-
vivo
e
se dobbiamo segnalare un
bootleg è immancabile Bri-
Il 2003 fu quasi un anno sabbatico per Oberst, non pub-
ght Eyes And Friends – An
b l i c ò n u l l a p e r l a p r i m a v o l t a i n d i e c i a n n i . L’ a t t i v i t à l i v e
Evening Of Solo & Colla-
invece non conobbe sosta - inevitabile dopo il tam-tam
borative
suscitato da Lifted - ma stavolta niente più esibizioni
gistrazione in due CD di un
introverse in localacci come il Sokol Underground: la
concerto tenutosi a Provi-
band di supporto si allargò fino ad includere diciannove
dence, Rhode Island, il 24
elementi! Nelle trasferte d’oltreoceano andò a caccia
febbraio assieme a Jim Ja-
di affinità elettive trovando effimere sintonie con Beth
mes dei My Morning Jacket
Orton e gli Arab Strap (con quest’ultimi la sintonia si
e M.Ward (presente anche
spinse fino allo studio portando Oberst a collaborare al
Maria
loro Monday At The Hug And Pint; aprile 2003).
re Ray). Vi sono presenti
Parlare di bootlegs all’epoca del peer-to-peer è fac-
i brani maggiori dei futuri
cenda ardua assai, tuttavia è interessante almeno dare
album del 2005 e notevoli
un’occhiata alle scalette dei concerti per notare come
cover di Lucinda Williams
spesso le canzoni di Oberst vivano lunghe gestazioni
e Bob Dylan.
live prima di vedere la pubblicazione. First Day Of MyLi-
Sèguita
fe, uno dei singoli dell’ultimo album, pubblicato nel mar-
abbiamo definito come “at-
zo 2005, inizia ad essere rodata già nell’ottobre 2002,
tività
così come molti pezzi di Lifted si ritrovano in bootlegs
in questo caso nell’album
registrati nei primi mesi del 2001. Si scopre poi con or-
Fall
rore che nonostante la luculliana produzione molti sono
It’s Overhed del fido LeMa-
ancora gli inediti, ad esempio al famoso David Letter-
s t e r. È “ g i n n a s t i c a p r o d u t -
m a n S h o w d e l l ’ 11 g i u g n o 2 0 0 3 O b e r s t s i p r e s e n t a c o n l a
tiva” che anticipa la gros-
sconosciuta The Trees Get Wheeled Again, poi inclusa
sa
n e l l a c o m p i l a t i o n L o s t H i g h w a y : L o s t A n d F o u n d Vo l . 1
l a n a s c i t a d e l l a Te a m L o v e
(Lost Highway; settembre 2003) assieme a roba di John-
Records,
ny Cash, Lucinda Williams e Willie Nelson…
stita
Il resto del 2003 scorre pacifico fra doveri di vicina-
ufficialmente inaugurata in
to (le presenze in studio con gli inseparabili Cursive
giugno con l’uscita di Wild
per il loro bel The Ugly Organ, e poi nel debutto del
Like Children dei Tilly And
concittadino Stephen Pedersen aka Criteria en Garde
The Wall.
e in The Transient del folkster David Dondero) e una
Intanto
compilation, Saddle Creek 50, che vede in tracklist un
consueto
inutile inedito dei Desaparecidos (Pop’n’Off At The F) e
Eyes si rompe con l’usci-
l a d i s c r e t a i n n o d i a d i O n e F o o t I n F r o n t O f T h e O t h e r,
ta
una outtake di Lifted. Poi, visto che al nostro amico non
Tw o Ve s s e l s ( C r a n k ! ) , c o l -
piace autocelebrarsi, esce un mastodontico cofanettone
laborazione in split con i
d i s e t t e L P, B r i g h t E y e s V i n y l B o x S e t ( S a d d l e C r e e k ;
Neva
Settembre 2003) contenente tutta la produzione ober-
di vecchia data (primi ’90)
stiana (doverosi gli auguri da parte nostra agli eventuali
d’ispirazione slowcore ten-
Performance,
Ta y l o r
pure
di
di
dei
Now
quell’estate:
un’etichetta
dallo
stesso
nell’aprile
digiuno
One
Jug
Dinova,
che
vicinato”,
Open
novità
Azu-
quella
buon
Back
di
delle
re-
Of
un
ge-
Oberst
l’inBright
Wine.
gruppo
sentireascoltare 35
dente
L’ o p e r a
le urne hanno chiaramente smentito in quel mese, ma di
dimostra la notevole disin-
al
c o u n t r y.
Bright Eyes. In novembre escono infatti le avanguardie
voltura con la quale negli
d e i d u e n u o v i a l b u m , i s i n g o l i L u a e Ta k e I t E a s y c h e
ultimi tempi Oberst colla-
entro la fine dell’anno riescono a piazzarsi al 1° e al
bora con altre realtà, mol-
2° posto di Billboard. Lo scalpore è grande, l’ultimo a
to evoluta rispetto ai pugni
riuscire in un’impresa analoga era stato Puff Daddy nel
nello
dell’epoca
‘97, personaggio ben lontano dal cliché dell’indie-kid
Oh Holy Fools. La perso-
stomaco
che giocherella con le cassette di cui Oberst ha invece
nalissima vena dell’autore
le stimmate.
rimane sempre abbastanza
La parabola Bright Eyes giunge al suo apice. Guardando
indipendente ma l’apporto
a ritroso il suo percorso non si può non notare l’impres-
altrui ai suoi pezzi spesso
sionante sistematicità dell’ascesa, passo dopo passo,
fornisce
capa-
del ragazzino, e viene da chiedersi a cosa potrà mai
ce di renderli qualcosa di
quel
quid
puntare ora, e adesso che ha tutto sarà ancora così in-
più che materiale di serie
consolabilmente infelice? Ovvero, il personaggio che si
B buono solo per comple-
è creato può continuare ad esistere in questa nuova di-
tisti.
da
mensione di successo stratosferico, assolutamente im-
chiaro esempio soprattutto
Questo
split
ne
pensabile agli esordi? Lungi da chi scrive il voler rien-
i n B l a c k C o m e d y, p e r l e i n -
trare in quella categoria di predicatori che gridano al
solite soluzioni chitarristi-
tradimento riteniamo opportuno fregarcene bellamente
che dei Neva Dinova, e in
di siffatti dilemmi che attanagliano la rete e canticchia-
I ’ l l B e Yo u r F r i e n d , c h e c o n
re tranquillamente We Are Nowhere And It’s Now…
una brillante sezione fiatistica si candida ad essere
la Penny Lane personale di
Conor Oberst (!). (7.5 /10)
In
settembre
Bright
Eyes
è fra gli artisti che in The
Late
Great
ston
Daniel
(Gammon)
tributo
John-
rendono
all’ultimo
gran-
de fool texano, fra Beck,
M e r c u r y R e v , To m W a i t s e
tanti altri. La sua versione
d i D e v i l To w n , b r a n o t r a t to dall’album 1990, tradisce la vicinanza stilistica
col
personaggio
risalente
soprattutto al primo periodo di Oberst. In settembre
poi il Nostro si aggrega al
c e l e b r e “ Vo t e F o r C h a n g e
To u r ” ,
con
R.E.M.,
Springsteen,
Pearl
Jam,
Ben
H a r p e r, J o h n F o g e r t y, C r o sby-Stills-Nash… entrando
nel gotha degli “artisti impegnati” americani. Saranno insieme per 34 date fra
ottobre
e
novembre
subi-
to prima della rivoluzione,
non quella americana come
36 sentireascoltare
monografia
tra mistero e natura: i viaggi sonori di
PEPPE CONSOLMAGNO
di Stefano Solventi
Consolmagno è percussionista, compositore, ricercatore, artigiano. Il Brasile è perno
e punto di fuga delle sue strutture ritmiche/timbriche, nelle quali s’incontrano Africa
e Asia, Sudamerica ed Europa, tradizioni e avanguardia. In un abbraccio solo.
Quando
ho
ricevuto
il
pacchetto
promozionale
della
Cajù Records, mi ha preso il solito vecchio timore. Più
del solito, a dire il vero. Mi trovavo ad affrontare quattro dischi che la nota stampa faceva supporre piuttosto
fuori dalle mie abituali frequentazioni: sperimentali e
jazzistici, pervasi d’Africa, di Sudamerica e da un’altra
masnada di latitudini. In breve, di tutti i nomi e luoghi e
riferimenti citati sapevo ben poco, giusto le intersezioni
e i confini con lo sperticato mondo del pop-rock. Di Consolmagno, soprattutto, non sapevo nulla. E mi rodeva,
tanto quanto mi affascinava la sua figura di percussionista viaggiatore e artigiano, uno che col legno, il coccio,
la corda, interferendo con l’aria e l’acqua, con la terra
e i suoi frutti (letteralmente!), impastando geografia e
tempo e cuore, costruisce gli strumenti e (quindi) il suono del proprio stare sul mondo.
Così mi trovai quei quattro dischi e una lunga nota stampa da affrontare, da scoprire. E quel timore. E quella
curiosità.
Peppe Consolmagno è un classe ’58, da Rimini. Senza
possibilità d’errore può essere definito un percussionista. Ma è anche qualcos’altro: uno che insegue il suono,
lo stana, lo inventa, lo danza, lo anima. Uno che sembra
cogliere il ritmo dalle vibrazioni nell’aria, perché c’è
già, basta sentirlo. Uno che ogni timbro è pulsazione
e riverbero, eco di profondità e superficie, attimi corrugati elastici e densi, germogli di vita che avviene. La
sua voce (con il portoghese brasiliano come idioma) e
quella degli strumenti che si costruisce da sé (per sé e
p e r a l t r i , t r a c u i N a n a Va s c o n ç e l o s e Tr i l o k G u r t u . . . ) , è
una voce sola, la voce di infinite voci, di suoni che indugiano sul limite tra silenzio e vita, tra vita e rumore.
s e n t i r e a s c o l t a r e 37
La sua presenza è l’arredo che squaderna gli spazi,
A questo punto, ci è venu-
stempera le coordinate nell’unico crocevia possibile tra
ta
ipermodernità occidentale e naivetè terzo/quarto/altrom-
(purtroppo
ondista, utilizzando senza alcun preconcetto e con la
mail). Ci ha risposto con
stessa naturalezza espedienti elettronici e nastri (sem-
entusiasmo,
pre rigorosamente suonati live). Tu chiamala, se vuoi,
semplicità. Non ci aspetta-
sperimentazione,
vamo altro.
però
irrimediabilmente
condannata
alla gioia del puro suonare, ad uno spontaneismo inguaribile, quasi fosse un rito di appartenenza all’ordine
dei vivi, di chi non ha rinunciato ad emozionarsi, a stare
voglia
di
intervistarlo
soltanto
via
passione,
l’intervista
SENTIRE ASCOLTARE: I n n a n -
tra le cose come un miracolo quotidiano.
zitutto, le coordinate: dove
Può sembrare la descrizione di un anacoreta delle sette
e come nasce, dove e come
note, e invece Peppe negli anni si è fatto un bel carnet
vive il tuo “fare musica”?
di frequentazioni “secolari”: fu tra i premiati di Arezzo
PEPPE CONSOLMAGNO: I l m i o
Wave nel ’95, quindi ha partecipato a numerosi festival
modo
internazionali (dal Festival Banlieues Bleues di Parigi
sce
da
al Jaco Pastorius Music Festival di Coriano, dal Musica
l’ho
concretizzato
dei Popoli di Firenze al prestigioso PercPan – Panorama
sionalmente
Mondiale della Percussione - di Salvador do Bahia, dal
tardi. Sono nato a Rimini,
Festival International de Osasse in Tunisia all’Umbria
ho vissuto per molti anni a
Jazz), trasmissioni radio e televisive (Rai, Canale 5 e la
Pesaro, ora vivo in campa-
purtroppo defunta Videomusic), senza contare i seminari
g n a t r a Ta v u l l i a e G r a d a r a
e l’attività di critica musicale per riviste specializzate
ai confini con la Romagna.
(Percussioni, Jazz, World Music) e non (Il Manifesto).
Sono
Il Brasile è il suo riferimento sentimentale, un Brasile
tà differenti, quella roma-
che è stormo di possibilità inesauribili: la vibrazione del
gnola da parte di madre e
legno, della pelle, della corda d’animale come un gesto
quella salernitana da parte
di vita, connaturato alla vita, inevitabile alla vita. Per
di padre, ma senza profon-
questo, l’attività di Consolmagno non è inquadrabile in
de radici musicali. La mia
un contesto world piuttosto che jazz o addirittura pop: li
scuola è stata la vita, le
attraversa tutti come se fossero le etichette vuote che,
esperienze, i viaggi, la cu-
in effetti sono (…?). Applica con entusiasmo teoria e
riosità, gli odori, i sapori,
pratica del proprio suonare alle situazioni più diverse,
il senso pratico e la ma-
si tratti del Womad o del Festival Jazz di Montreal, per
nualità. Ho sempre cercato
poi senza indugio collaborare con una delle ultime si-
la libertà, la possibilità di
renette della “outro lado” pop, l’ineffabile Cibelle. In
poter
ogni caso, la sua firma è la stessa, celata in quel ve-
accettare
spaio festoso, in quegli scarabocchi liquidi.
ro di compromessi. Non è
E’ semplice, a ben vedere, il linguaggio di Peppe: una
facile, richiede uno sforzo
semplicità che può anche sembrare difficile tanto ci sia-
notevole
mo abituati a disattenderla (la semplicità). Prendete i
fuori dal comune. Se l’uni-
quattro dischi di cui sopra (e di cui più sotto), come
co sostegno sei tu stesso,
s’impongano quale sfaccettatura diversa d’una stessa
per ottenere questo biso-
sensibilità,
gna
calandosi
cioè
in
situazioni
lontane
con
di
fare
musica
lontano
nato
profes-
due
scegliere,
e
se
abbastanza
tra
il
na-
anche
di
minor
una
lavorare,
dover
nume-
coerenza
fare
espe-
però in ognuna la medesima voglia (ora una bramosia
rienze,
quasi febbrile, altrove una meditativa sospensione zen)
sabilità. Per questo motivo
di sintesi, d’incontro, di abbraccio tra forme e culture
la mia musica non ha con-
e individui. Quasi fosse un viaggio che è come dire un
fini e cerco di farla vivere
ricordo, una testimonianza, una premessa/promessa di
ovunque senza limitazioni
futuro. Come i tanti viaggi di Peppe, ognuno l’arte e
ne vincoli.
l’elemento per dare forma ad un nuovo strumento, una
S.A.: Il tuo utilizzo delle
nuova voce.
percussioni è molto parti-
38 s e n t i r e a s c o l t a r e
accollarsi
real-
respon-
colare. Sembra che tenti di
gia, fanno veicolare pensieri e il loro modo di essere. Si
trovarne la voce interna...
percepisce, è nell’aria, basta prenderlo ed inseguirlo.
Sarà perché le conosci “in
Tutto questo ti permette di espandere la creatività e di
embrione”, visto che le co-
relazionarsi in modo organico con la musica.
struisci?
S.A.: Il Brasile: non credi che ne abbiamo un’idea terri-
P. C . :
Costruirsi
stru-
bilmente stereotipata? In altre parole, sostenere che hai
mento aiuta a conoscerlo,
nel Brasile il principale referente musicale, non signifi-
a
ca il rischio di equivocare la portata del tuo progetto?
capirlo,
a
uno
rispettarlo.
Passando attraverso le sue
P. C . : D e l B r a s i l e a n c o r a o g g i l ’ i t a l i a n o h a p u r t r o p p o u n a
fibre riesci a comprendere
idea piuttosto superficiale… Al di fuori che il Brasile
come si esprime e pertanto
non è solo spiaggia e fondoschiena, il non tener conto
di interagire con lui. Co-
quello che muove nel profondo quel Paese, è un aspet-
struire il proprio strumento
to riduttivo e irrispettoso. Per quanto mi riguarda, è da
permette di fare da ponte
tempo che ho allontanato questo abbinamento in effetti
tra
e
poco esatto che mi incanala in una unica direzione che
la necessità di soddisfare
l’esigenza
creativa
io stesso non gradisco e non mi riconosco. Amo profon-
l’esigenza di musicista. Il
damente il Brasile, ho scritto molto su questo Paese,
mio è un lavoro intimistico
parlo portoghese brasiliano. Il mio modo di suonare la
basato
Lo
mia musica è legato al balançou, come dire: il mio me-
un
tronomo, il mio tempo si muove con la pulsazione bra-
comunicatore sociale. Per
siliana. Per questo motivo utilizzo parole in portoghese
me è importante far parla-
brasiliana. Ma non suono musica brasiliana nel senso
re lo strumento e questo lo
popolare del termine. Tutto viene dall’Africa e di questo
riesco a fare utilizzando la
nutro un profondo rispetto. La mia musica passa dalla
cassa armonica, esaltando
foresta alla città, dai luoghi sacri deputati al silenzio
il timbro, che determina la
al caos delle metropoli, dall’infanzia al momento della
qualità
sull’emozione.
strumento
musicale
del
suono,
è
suono
responsabilità. Non penso a tavolino cosa o come suo-
inteso come evento sonoro.
nare, suono e basta. Poi nel tempo ho trovato persone
Non a caso in alcuni miei
che parlavano di me con analogie con l’Oriente con la
brani si trova tra l’elenco
Mongolia con l’Africa ma questo l’ho saputo dopo.
degli
musicali
S.A.: Ascoltandoti viene da pensare che la tua sia musi-
utilizzati il nome simboli,
strumenti
ca “di ricerca” o “sperimentale”, però allo stesso tempo
simboli
sembra la più naturale, semplice possibile. E’ uno dei
che
rappresenta-
no l’esperienza dell’uomo.
tuoi obiettivi formali/espressivi?
Trasporto nello strumento
P. C . : R i c e r c a e s p e r i m e n t a z i o n e d o v r e b b e r o f a r p a r t e
il mio pensiero, il mio ca-
del proprio bagaglio, poi come in tutti i campi è ne-
rattere…me
Que-
cessario trasmetterla in parole semplici e chiare. Per
sto è un modo di vedere la
stesso.
questo motivo, lascio fuori dalla mia musica tutto quel
musica, non l’unico, ma è
mondo complicato e laborioso.
un modo.
S.A.: Tu e il jazz: quanto senti di appartenere all’am-
S.A.: Anche il tuo rappor-
biente o “scena”? Sei un inquilino, un ospite o cosa?
to
peculiare:
P. C . : P r o b a b i l m e n t e p i ù o s p i t e . Q u e s t o v a l e a n c h e q u a n -
sembra che ne acciuffi uno
do mi relaziono con altri generi musicali. Gradisco far
già presente nell’aria (nel
parte di progetti, chi mi chiama sa che la mia figura è
mood), piuttosto che det-
quella e non un’altra. Non mi si chiede fammi questo o
tarlo...
quest’altro, perchè sarà sufficiente dialogare, intender-
P. C . : N o n m i è m a i p i a c i u -
si, raccontarsi e poi lasciare libero il proprio modo di
to il ritmo finalizzato a se
suonare. E’ questo che fa la differenza secondo me, ed
stesso
di
è questo che mi ha caratterizzato in questi anni. Una
esercizio
impostazione, la mia, confortata da esperienze di altri
col
ritmo
o
arroganza
è
come
o
di
veicolo
ginnico. Le persone quando
illustri colleghi..
suonano trasmettono ener-
S.A.: A proposito, visto che fai anche attività giornali-
sentireascoltare 39
stica, come sta il jazz dal tuo punto di osservazione?
la
P. C . : N o n s o b e n e , d o p o t u t t o i n q u e s t i u l t i m i a n n i è c o s ì
ben collocare in musica i
tutto difficile che non riesco essere obbiettivo. Fonda-
tuoi strumenti senza fini-
mentalmente credo che stia bene. Anche qui in Italia
re in canali stereotipati e
riescono a sopravvivere, anche se sempre a fatica, rivi-
pittoreschi. Per me è im-
ste del settore, siti web molto ben forniti e documenta-
portante lasciare ogni vol-
ti, tanti jazz club, tanti appassionati, diverse etichette
ta qualcosa a chi viene ad
che si occupano di solo jazz. I musicisti jazz italiani
ascoltare.
sono usciti dal ghetto e riconosciuti in tutto il mondo.
Cibelle
La musica suonata…periodo difficile in tutti i campi…ma
che, perché no!
passerà. I cicli sono cicli, il problema è che durante il
S.A.: A proposito di colla-
tempo concesso alla propria esistenza non se possono
borazioni,
vedere molti.
molte. A parte l’importanza
S.A.: Ti capita di provare interesse per qualche disco o
dei singoli nomi, quale col-
genere o musicista di area pop/rock?
laborazione ti ha lasciato
P. C . : C o n t u t t a f r a n c h e z z a è u n g e n e r e c h e h o s e m p r e
di più sul piano umano?
frequentato poco. Mi capita a volte di ascoltare qualco-
P. C . : N o n s o n o c o s ì t a n t e
sa e solo raramente lo faccio con interesse. Anche in
devo dire. Certo ognuna ha
questo genere ci sono cose molto belle e non necessa-
la
riamente banali. Tutto sta in chi suona, tra chi guarda
quelle negative ti aiutano
le cose in maniera rigida o chi le vede in maniera libera
a crescere.
e creativa. Come dire: poco esibirsi, molto integrarsi. Il
Di certo quella con Nana
pop/rock è un ambiente differente ma non incompatibile,
Va s c o n c e l o s è s i c u r a m e n -
ci sono tanti esempi di musicisti jazz, world, etc. che
te la più forte e aneddoti-
collaborano con gruppi pop/rock facendo cose eccellen-
ca. Ci conosciamo da tanto
ti. Anche io stesso ho collaborato con questo genere
tempo, ma la nostra amici-
divertendomi… cosa che non capita così spesso. Ripeto
zia si è rafforzata e con-
la questione la muove la persona.
cretizzata negli ultimi due-
S.A.: Cibelle, con cui hai suonato, rappresenta a mio
tre anni. Ci siamo guardati
avviso la dimostrazione che il pop può raggiungere sen-
per anni con una certa cu-
za sforzo un compromesso tra qualità e gradevolezza.
riosità
La ragazza, che se non erro vive a Londra, ti sembra un
di
nome su cui puntare per il futuro?
accade quando due perso-
P. C . : C i b e l l e è u n e s e m p i o m o l t o c a r i n o . H o c o l l a b o r a -
ne si incontrano con per-
to con lei lo scorso anno. E’stata una esperienza molto
sonalità forti. Per me Nana
interessante e piacevole. Questa tua domanda mi dà
è stato un ottimo maestro,
la possibilità di poter tornare su discorsi che ho fatto
da lui ho appreso la manie-
prima raccontandoti un altro aneddoto: venni inviato di
ra di dar valore a strumenti
suonare con Cibelle dal suo management, nessuna pro-
come i caxixi, il berimbau,
va, solo un cd inviatomi a casa un po’ di tempo prima.
l’udu, i semi etc. Ho inizia-
Da programma ci saremmo conosciuti direttamente sul
to a costruirmeli in pieno
p a l c o d e l Te a t r o V e r d i d i M a n i a g o i n p r o v i n c i a d i P o r d e -
rispetto di lui. Forse… non
none. E’pomeriggio e tutti siamo occupati nei preparati-
a caso dopo anni di ricer-
vi. Un saluto caloroso, due parole per rompere il ghiac-
ca sul timbro, sui materia-
cio, una veloce scaletta ed è già ora di suonare. Una
li, sulla tecnica costruttiva
serata con orecchie e mente aperta e buona la prima.
e sul suono, Nana su sua
U n a e s p e r i e n z a p e r t u t t i i n d i m e n t i c a b i l e . Vo g l i o d i r e : s e
richiesta
non sei disposto a metterti in gioco, non sei abituato
cuni miei strumenti, quelli
ad improvvisare e creare all’istante, questi incontri non
che più lo rappresentano.
potrebbero accadere. E’ necessario crearsi il proprio
E’ il nostro un rapporto di
spazio e imporre senza doverne parlare il proprio modo
profondo
di suonare, trasmettendo amore e rispetto profondo per
invadenza,
40 sentireascoltare
tua
sua
musica,
nel
saper
Puntare
per
il
su
futuro…an-
puoi
vantarne
peculiarità,
ma
sospetto
anche
come
oggi
Anche
con
po’
sempre
utilizza
rispetto,
di
di
non
di
al-
non
arro-
ganza.
Nana
in
Peter Kauffmann che crede nei miei progetti, ha fatto
giornalista
uscire in aprile 2005 questi 4 cd a mio nome. Uno sfor-
al Festival Mondiale della
zo non piccolo, ma necessario, che concretizza quattro
Percussione (PercPan) che
miei lavori da tempo nel cassetto e che mi vedono coin-
si tiene a Salvador Bahia
volto in contesti differenti tra loro. Per quanto riguarda
e da lui diretto per svaria-
la craccatura: è un fenomeno preoccupante, da regola-
te edizioni. E’ stato ospi-
mentare, ma in Italia è così. Se vai con la macchina in
te a casa mia. Direi però
una strada a 80 km orari dove il limite è di 50 km orari,
che tutto è maturato l’an-
il poliziotto addetto al multa velox ti fa una multa di
no
nostro
150,00 euro e ti toglie due punti dalla patente, la stessa
primo concerto in trio con
velocità che magari lui stesso tutte le mattine percorre
Antonello Salis eccellente
con la macchina in servizio, senza cinture, braccio di
fisarmonicista
Brasile
mi
come
passato
invitò
con
il
pianista,
fuori e sigaretta in bocca, e parla con la collega. Nella
di cui e’ stato pubblicato
stessa catena Musica-Cd, quanti studi di registrazio-
il Cd per la Cajù Records.
ne usano software regolari, quanti musicisti etc. etc. .
Come
percorso
Sarei dell’idea non di abbassare di tanto il prezzo del
lungo e articolato che mi
cd al pubblico, ma di alzare la quota destinata a chi fa
ha lasciato un profondo si-
il prodotto e non di quello che ci lavora dopo. Questo
gnificato.
permetterebbe di fare lavori professionali, pagare cor-
S.A.: A proposito, i quattro
rettamente i professionisti che intervengono nella rea-
dischi per Cajù escono in
lizzazione del cd, dal grafico, al fonico, a chi cura il
un momento molto delica-
mastering e l’editing etc.. Oggi si dice che si fa un cd
to, con tutto un sistema di
con pochi euro…è così vero? Può essere se hai grafica
produzione
che
e master pronti a spese zero e se fai i conti solo i conti
lamenta i danni provocati
della stampa e siae. Diciamo le cose come stanno: la
da masterizzazioni selvag-
musica è considerata ancora oggi un divertimento e non
ge
una professione.
e
dirti:
e
un
e
vendita
p e e r - t o - p e e r.
Come
vedi questo scenario?
S . A . : To r n a n d o a i d i s c h i , i l l i v e d e l 2 0 0 1 a l W o m a d s o t t o
P. C : I n g e n e r e l a q u a n t i t à
l’egida Ishk Bashad ha una carica spirituale pazzesca, e
di dischi che vengono ven-
al contempo comunica gioia, immediatezza (a meno che
duti ad esempio di un mu-
questa non sia la gioia del puro ascolto). Hai qualche
sicista
ricordo particolare legato a quell’avvenimento?
jazz,
equivalgono
alla quantità di dischi che
P. C . : H a i c o l t o b e n e , l e e m o z i o n i c h e d e s c r i v i s o n o r e a l i
una produzione pop desti-
e sicuramente più forti nel vedere il concerto. Il gruppo
na alla promozione. Capi-
Ishk Bashad, ancora attivo, nasce dall’idea del pianista
sci bene, che se anche il
Giuseppe Grifeo con cui collaboro da tempo, insieme ol-
livello
è
tre a me ci sono la suonatrice di Oud e cantante tunisina
alto e il suo settore è di
di
Mouna Amari e il violinista siciliano Enzo Rao. Fummo
interesse culturale impor-
invitati nel 2001 a suonare al prestigioso Womad Fe-
tante,
comunque
stival, quello di Peter Gabriel tanto per intenderci, che
di un ambiente per pochi,
oltre a festival inglese ha altre collocazioni nel mondo
mosso
fa
persone
quell’artista
parte
sempre
che
e
solo
da
come nel nostro caso a Palermo. Di quel momento ho un
credono
in
ricordo molto buono, tanta energia, tanta voglia di suo-
quel progetto, amano quel-
nare, molta professionalità. I fonici di Gabriel capirono
la musica, lontano da conti
immediatamente cosa dovevano fare, soli venti minuti
economici fatto di piccoli
di sound check, e pronti per suonare. Il concerto fu re-
guadagni e con molta pro-
gistrato da Peter Kauffmann. Al nostro ritorno riascol-
babilità anche in perdita.
tammo la registrazione e l’idea che fosse possibile farla
Sopravvivono,
soprat-
finire in un cd sembrava molto fattibile… e così è stato.
tutto fanno di tutto per far
ma
La collocazione, l’organizzazione, il luogo, il service, il
sopravvivere il loro modo
fonico sono gli elementi che contribuiscono alla riuscita
vedere il mondo. Lo stesso
di un buon spettacolo.
sentireascoltare 41
S.A.: Timbri dal Mondo può essere considerato il tuo
e realista, alle parole pre-
autoritratto sonoro, oppure è solo una parentesi che ti
ferisco far seguire i fatti.
sei concesso?
Purtroppo le solite ristret-
P. C . : A s s o l u t a m e n t e u n m i o a u t o r i t r a t t o . T i m b r i d a l m o n -
tezze economiche, le pro-
do è una solo performance che faccio da tanti anni. Il
blematiche
Cd uscito per la Cajù Records testimonia questo mio
il poco tempo a disposizio-
lavoro. Tieni presente che essendo registrato su due
ne
tracce e dal vivo, rispecchia esattamente il mio spetta-
chi
colo. Tutto quello che si sente è quello che io faccio dal
giorno,
vivo, utilizzando voce, percussioni e live sample. Anche
nici sempre in agguato, di-
il libricino che accompagna il Cd, ricco di belle foto e
stanze
di racconti ben mirati, mette in evidenza il mio modo di
etc. portano inevitabilmen-
essere.
te a insuccessi. Alle tante
S . A . : C o m e n a s c e i l p r o g e t t o l i v e c o n Va s c o n c e l o s e
belle parole, spesso segue
Salis?
il niente. La vedo così: po-
P. C . : I l m i o r a p p o r t o d i a m i c i z i a e p r o f e s s i o n a l e c o n
che idee molto concrete e
Nana come ti ho accennato è abbastanza lungo nel tem-
realizzabili
po. In verità non avevamo mai suonato insieme a parte
tempo
un accenno nel 2001 in un doppio concerto a Firenze.
te in avanti, La tecnica a
Nana mi chiese se potevo trovare la possibilità di suo-
due tracce è una fotogra-
nare di nuovo in Italia con Antonello Salis con il qua-
fia di quel momento, non
le registrò Lester quasi 20 anni fa, un cd memorabile.
si possono fare tanti ritoc-
La sorpresa fu quando mi propose di suonare con loro,
chi, è così come lo sentiva
idea che si concretizzò con il breve tour del 2004 che
il pubblico e tu dal palco.
toccò come prima data Roma. Si trattò di una prima as-
Questa cosa mi piace, ov-
soluta del trio. Per evidenziare maggiormente il modo
vio che da meticoloso come
nel quale sono abituato a lavorare ti racconto questo
sono, gradisco lavorare in
altro aneddoto: Ci siamo incontrati soltanto il giorno
maniera più completa. Ri-
prima del concerto: giusto il tempo di scambiarsi i sa-
peto: intanto così si fa e si
luti e andare in Rai per partecipare alla trasmissione
fa piuttosto bene.
Stanza della Musica di Rai Radio Tre Suite. Il giorno
S.A.: Infine, il mio prefe-
successivo in solo un’ora e mezzo siamo riusciti, sotto
rito, quel Kalungamachine
la direzione di Nana, a preparare il programma della
che è world, jazz, ambient,
s e r a t a . Ve r a m e n t e p o c o i l t e m p o a d i s p o s i z i o n e , a n c h e
intensità e divertimento, un
questo concerto venne registrato da Kauffmann e oggi è
inno intimo e panteista...
in catalogo Cajù. Un trio particolarmente intrigante, fra
Come è avvenuto l’incon-
composizione e improvvisazione, a cavallo fra tradizio-
tro con Marangolo?
ne e modernità. Un incontro speciale, superfluo parlare
P. C . : M i f a p i a c e r e c h e t i
d e l l ’ i m p o r t a n z a d i u n a p e r s o n a c o m e N a n a Va s c o n c e l o s
piaccia molto. Kalunguma-
che da oltre 40 anni spicca nel panorama musicale mon-
chine è una ristampa del cd
diale e di un musicista vulcanico come Antonello Salis,
realizzato nel 1994. E’ sta-
un incontro per entrambi ricco di sorprese. In Aprile di
to ristampato proprio per-
questo anno abbiamo suonato a Parigi.
ché ancora richiesto. Come
S.A.: La registrazione del concerto su un due tracce di-
spesso accade non abbia-
gitale provoca una fragranza, una sincerità non comuni.
mo capito bene come mai
Sembra di stare seduti per terra con le dinamiche che
questo lavoro ha riscosso
frullano ad altezza d’uomo. Vuoi parlarne?
e riscuote grandi apprez-
P. C . : S ì , è p r o p r i o c o s ì ! L a r e g i s t r a z i o n e s u d u e t r a c c e
zamenti. Questo cd fu regi-
è un modo veloce e pratico, ma come dire: “o la va o la
strato in studio, ma anche
spacca”. Sicuramente con un banco di regia destinato,
qui la logica è sempre la
doppio fonico, etc. etc. si potrebbe lavorare con più dati
stessa: tre soli pomeriggi
e con più certezze. Sono sempre stato un tipo pratico
senza prove, si suona, si
42 sentireascoltare
per
organizzative,
familiarizzare
dovrai
lavorare
inconvenienti
chilometriche
e
aperte
allo
e
con
quel
tecetc.
stesso
proietta-
Peppe Consolmagno Tim b r i d a l
mondo (Cajù Records, 2 0 0 5 )
ascolta, si archivia, si lavora finché le energie e le
idee ci sono e il cd è usci-
di ©2005 Stefano Solventi
to. Con Antonio già lavora-
Questo è lo spettacolo in
vo da qualche anno. Prima,
cui Consolmagno mette in
nel 1990 con il suo Maran-
scena se stesso, one man
golo Quartetto Orizzontale
band alle prese con un tap-
suonammo al International
peto di arnesi sonori, alcuni
Jazz
Montreal
costruiti da sé, altri testi-
in Canada. Peccato che di
moni del suo girovagare in
questo
cerca di, del suo spandere
Festival
di
quartetto
ancora
esistente, ci sia un master
vita passando. Insomma, è
pronto, mai pubblicato. Tra
il suo autoritratto: una impressionistica sarabanda di
me e Antonio ci lega una
suoni che tratteggiano l’esistenza affettiva di Peppe, la
buona amicizia e una buo-
sua fede nel sottobosco magico che anima le cose, nelle
na
vibrazioni che mormorano una semplicità misteriosa.
conoscenza
dei
nostri
pregi e difetti. Persona di
Sospesi tra ieraticità e gioco, episodi come Lion heart
alto valore musicale e do-
e Picolé definiscono frammenti d’una visione tenera,
tato di una grande capaci-
come marce in punta di piedi tra sogni d’infanzia, come
tà che gli permette di en-
istintive pratiche d’incanto. Altrove, lo scenario cambia,
trare e uscire nella musica
ti scivola sotto ai piedi, squaderna modi e mood senza
con
preavviso: ora è una questione di rimbombi cupi, fischi
disinvoltura.
Questo
ha permesso di realizzare
spersi
prodotti come Kalunguma-
sotto i piedi (Lua), ora uno schizzo spiritoso con una
chine, 37 minuti , un con-
magia nel taschino (Xarà), ora una vera e propria ode al
centrato di libere idee e di
berimbau, questo gracchiare degli dèi, questo filo spi-
suonare anche oggi anche
in duo, ogni volta con sor-
nato e volo sfrenato di capoeira (Baurimbé).
Il canto, in portoghese brasiliano, si snoda dolciastro,
prese.
oscuro e sornione, col peso specifico d’una fiaba: come
S.A.: Il suo sax e la tua
in A minha Carlotta, coi caixixi che strinano un ritmo
voce - anzi le tue “voci”,
guizzante, o come in A criativitade è uma dança, ninna
se così possiamo chiamare
nanna che scova i battiti del mondo. Per quanto man-
anche quelle dei tuoi “fi-
chi all’ascolto lo spettacolo visivo di lui che armeggia
gliocci” percussivi - si ab-
gli strumenti cavandone la voce, c’è evidente in queste
bracciano come se fossero
tracce lo sforzo di “visualizzare” la suggestione che le
una cosa sola...
ha provocate, come accade in Segredo da noite (voci
P. C . :
la
atonali
come
minacce
addormentate
logica
e vibrazioni, l’Africa, i Carabi, l’oriente, la tavolozza
straniata dagli effetti elettronici, il ritmo primario delle
il nostro modo di vedere le
congas e la bizzarria fumigante del flauto andino), e
cose. Non è una cosa crea-
ancor più in Manaus, dove le frequenze si fanno torbide
ta apposta, premeditata, è
e limacciose, dove in una fauna impenetrabile si aggira
quello che siamo.
un motivetto adesivo alla stregua del Wyatt più briccon-
Per
è
stridori
adoperata, ma soprattutto
S.A.:
Questa
e
concludere:
la
musica può ancora sugge-
cello.
L’ a r c o e s p r e s s i v o è i n s o m m a t e s o c o m e u n o r i z z o n t e :
rirci una direzione?
laggiù la tensione panica, l’attesa drammatica di fronte
P. C . :
La
musica
è
troppo
al manifestarsi del suono (come nella stupenda Incontro
Se
das aguas, tra riverberi e persistenze, ronzii e sciabor-
la musica esce dall’anima
dii) che evoca addirittura certo Brian Eno; quaggiù lo
come non può riuscirci?
scherzo, il guizzo colorato, come quella Uekke, uekke
importante
e
potente.
c h e s e m b r a u n a v e r s i o n e p r i m o r d i a l e / m i n i m a l e d e i To m
To m C l u b . N e l b e l m e z z o , n e l c u o r e d e l p u n t o d i f u g a ,
circondato dalle sue propaggini sonore, Peppe Consol-
sentireascoltare 43
magno armeggia, indugia,
Giardini incantati nella fibrosità ipnotica del berimbau
escogita il proprio punto di
(Lion heart), il pianoforte che romba romanticherie cupe
vista, dal quale non smette
per poi sciorinare melodie scivolose e pazzarielle (Vinho
mai di osservare. Vivendo.
branco) o acide ebbrezze (Vinho tinto). Poi ancora an-
(7.6/10)
siti e voci wyattiane dopo tempeste jazzy (Manaus), il
sacro senza quartiere tra schiocchi, strepiti, schianti e
f r u s c i i ( Va m o s p r a s e l v a ) , q u i n d i l ’ a n g o s c i a p a n i c a a n z i
l’incanto evanescente di Lua.
Si chiami pure di sperimentazione, questo tracciare una
via tangente tra Sudamerica e Asia, concettualizzando un respiro jazz d’Europa e frastagliando ritmiche e
timbriche d’Africa. Tuttavia, è un suonare che non si
scorda la pura giocosità del proprio nascere popolare,
ed ecco allora la pulsante bizzarria afro-doowop-funk di
Uekke, uekke, ecco il mambo jazz dal piano spiritato di
Nogales, ecco la marcia bahiana tutta sussulti, scoppi e
frizzi di Caribbean dreams, ed ecco il vitalismo febbrile
della fisarmonica nella malinconia strisciante di Loro.
P e p p e C o n s o l m a gno, Nana Va s c o nc e l o s , A n t o nello Salis V a s c o n c e l o s _ S a l i s_Consolmag n o ( C a j ù R e c o r d s, 2005)
di ©2005 Stefano Solventi
I tre si conoscevano, certo.
Il percussionista brasiliano
Va s c o n c e l o s e d i l p i a n i s t a /
fisarmonicista
Salis
ave-
Alla fine sarà proprio quest’ultimo il sapore dominante,
per quanto difficile o addirittura arduo sia stato talora il viaggio. E’ come aver navigato sulla superficie di
un fiume, averne saggiato le anse, i letti, le rapide, il
putridume e la freschezza, e poi il mare che è l’ultima
parola del suo essere comunque fiume. Pure un bambino
lo sa che è così. (7.4/10)
me (un album in condomi-
Peppe Consolmagno, Antonio Marangolo
Kalungumachine (Cajù Records, 2005)
nio, Lester del 1985), ma
di ©2005 Stefano Solventi
il
vano anche lavorato assie-
percussionista
Risale al ’94 questo incontro di due personalità ina-
Consolmagno rappresenta-
spettatamente osmotiche, questi patrimoni d’esperien-
va una novità assoluta. Di
ze e culture così lontani, così vicini, così inevitabili.
più, appena due giorni pri-
L’ u n l ’ a l t r o , l ’ u n o n e l l ’ a l t r o , t a n t o c h e l ’ a b b r a c c i o t r a l e
ma di questo concerto, ac-
voci (il sax, il baflaphone e l’harmonizer) di Marangolo
caduto nel luglio del 2004
e quelle di Consolmagno (live sample, conchiglie, cim-
al Fandango Jazz Festival
bali, gong, caxixi…), o se preferite tra l’estetica fusion
di
mai
maculata di night club, cantautorato e colonne sonore
state fatte prove, non esi-
del primo e quella sorta di panteismo intimista e gioioso
steva
del secondo, avviene con la leggera inesorabilità di un
trio
col
Roma,
non
una
erano
scaletta.
C’era
solo l’idea, la voglia, l’ec-
evento naturale.
citazione
Detto
La confluenza di due fiumi, un denso riverberare, il ba-
ciò, capite perché questo
flaphone che zufola minimi termini segreti, found soun-
disco mi sembra – è - sen-
ds e pennellate ambientali: è il caso di Incontro das
sazionale?
di
farlo.
fragran-
aguas, che in forza del suo realismo tra il magico e il
za radente del due tracce
naif spiega il senso di tutto il lavoro. Opera che sa al-
digitale, magia e mistero,
tresì sbraitare panneggi free e calligrafismi intangibili
gioia e cupezza, spirituale
(Kobaltus), agitare lo spirito di Robert Wyatt (nei vo-
e animalesco si spampana-
calizzi traslucidi nel teatrino impressionista/animalesco
no e impastano con impe-
di Manaus) ed angosce Eno/Bowie (tra gli ectoplasmi di
tuosa duttilità, con saggio
harmonizer e cimbali di Lua). Che sa imbastire astratti-
dinamismo.
smi dada tra i grovigli e la giocosità mambo di Klee. Che
Nella
44 sentireascoltare
sa incedere sulla linea di
in
tiro
tribale,
(creatura di Peter Gabriel,
bisbigliano
meditando jazz al confine
per quei due o tre che non
mondo.
tra civiltà e natura (come
lo sapessero), Ishk Bashad
Registrato
nella splendida ovvietà di
erano una band di quattro
ce
Lembranças do nordest).
persone
polazioni in studio, suona
Che sa chiudere insomma
volontà, cultura, spirituali-
come
l’abbraccio tra arcaismo e
tà e gioia, semplice gioia
te
(post)modernità
di
certe cose che avvengono
tra
urbano
e
col
fare
occasione
che
esistere
del
Womad
incrociavano
nell’incontro
tracciano
disegni
fruscio
su
due
digitale,
e
un
lunari,
il
senza
miracolo
fragile.
Suona
manipotencome
del loro suonare.
portandosi
tle track, per poi spegnersi
Suoni densi di passato ine-
per non accadere mai più
in una ninna nanna impa-
stricabile, eppure fragran-
uguali. (7.2/10)
stata d’incanto e timore (il
ti di presente. Il pianoforte
sogno adulto per pulsazio-
romanticamente
ne liquida, canto flautato e
di
baflaphone di A criativita-
corso di tentazioni jazz e
de è uma dança).
p r o g r e s s i v e . L’ o u d v i b r a t i -
Disco
le e i melismi accorati del-
meravigliosamente
rannicchiato
nel
proprio
sortilegio. (7.6/10)
il
trac-
agile ed esoterico della ti-
Giuseppe
via
del
clichè,
irrequieto
Grifeo,
per-
la tunisina Mouna Amari. I
peana lancinanti del violino di Enzo Rao. E, tra di
essi, la ragnatela imbastita
dalle
percussioni
di
Pep-
pe Consolmagno, un gioco
vivo vibratile frastagliato,
un muggire di vasi, un sonagliare di conchiglie, un
fruscio e un tramestio che
si nutre di quello che vibra
nell’aria.
Dal
buio
incantato
in
cui
sorge Che vi sia pace alle
strategie sospese di Der-
I s h k B a s h a d Live at Womad 2001
( C a j ù R e c o rds, 2005)
vish, l’interplay fra i quat-
di ©2005 Stefano Solventi
elastica
tro definisce una tensione
tra
libertà
e
mi-
Ishk bashad è un saluto, un
stero, unisce in un solo di-
augurio di pace, un incon-
segno effluvi latini e irre-
tro di volontà. Quello che
quietezze balcaniche, jazz
più
una
e progressiva, il ponente e
sera
o
meno
accadde
2001,
il levante di un intangibi-
soltanto pochi giorni prima
di Agosto
le medioevo (emblematica
quindi
tra
i n t a l s e n s o Ya q a l b i k h a l l i
oriente ed occidente – frat-
elhal), salvo poi scompa-
tura culturale, economica,
ginarsi come un mandala,
religiosa, esistenziale – si
disfare le densità atmosfe-
facesse larga e profonda e
riche
nera, ferita di cui – ahinoi
linelli
– siamo lontani oggi dallo
(Zinkolah). Quella gioia e
scorgerne
quella spiritualità di cui di-
Ma
che
quella
la
del
la
frattura
guarigione.
sera,
appun-
to, quella sera a Palermo,
(Gianub)
d’ombra
come
e
mu-
sabbia
cevamo insieme ammaliano
e
scorticano
la
memoria,
sentireascoltare 45
monografia
Micah P. Hinson
di Edoardo Bridda e Marina Pierri
La voce di un adulto dentro al corpo di un fanciullo. L’impeto di un ventenne
che la dimensione live restituisce nella carnalità del miglior country d’autore. Eppoi quella spontaneità, sfrontatezza e finezza che puntano diritte
al cuore. Una riflessione su e con Micah P. Hinson.
La voce di un adulto dentro al corpo di
d’autore. La corrosione di un’anima che
un
rocker
si scioglie nella melodia e consegna, a
f i e r o e i n d i ( e ) p e n d e n t e . L’ i m p e t o d i u n
chi ha la pazienza di ascoltare, piccole
ventenne distillato dalle registrazioni in
suite placide ma pericolose, come pozze
studio e che la dimensione live restitu-
dalla superficie cheta e dal fondo in eb-
isce nella carnalità del miglior country
o l l i z i o n e . E b b e n e s ì : M i c a h P. H i n s o n è
fanciullo
calato
46 sentireascoltare
nel
ruolo
di
cresciuto troppo in fretta, è un ragazzo
“l’unico modo di far passare il tempo è
che si è visto ad un tratto riflesso nello
farsi di metanfetamine e narcolettici nei
specchio, sorprendendosi a cantare con
college cattolici” e nel quale “mettere in-
l’urgenza di chi ha già visto e vissuto.
cinta una ragazza sembra l’unico modo di
Bruciando le tappe. Bruciandosi gli oc-
far cambiare le cose”, ma dove, d’altra
chi e l’anima. Eppure, al di là delle forme
parte, trovare una via d’espressione nel-
dei toni e dei registri, le trame ordite con
la scrittura aiuta a migliorarsi e sentirsi
spontaneità e finezza puntano diritte al
v i v i ” . L’ a u t o r i t r a t t o d i a r t i s t a c h e c i o ff r e
cuore,
romantici
è tinteggiato di una consapevolezza pro-
che, contagiati da tanta e tale disperazi-
tessendo
melodrammi
fonda e assieme una schiettezza sfron-
one, finiscono per trasformarsi in intrighi
tata (“Le mie canzoni sono stupide, lo so.
di sottesa paranoia, in nevrotici impasti
Roba da adolescenti. Parlo di ragazze, di
d’amore e nostalgia.
rabbia, di incontri clandestini e fortuiti,
From the Early days to the satellites
di telefonate che non arrivano”) dal momento che, come il Cobain di Aberdeen,
T r o v a r s i a t u p e r t u c o n M i c a h P. H i n -
si dichiara cresciuto in uno dei tanti sub-
son vuol dire rendersi conto del groviglio
urbs a stelle e strisce dove la noia div-
di
in
enta una muttura con la quale dover fare
contraddizioni
nuce
nella
sua
-
già
parzialmente
della
i conti, e il paese una sorta di fanta-hor-
duplice identità di ventenne dalla voce
ror di alieni lobotomizzati contro i quali,
e dall’esperienza di vita di un vecchio
a un certo punto, è necessario cospirare,
country
tramare, o perlomeno, ribellarsi.
man
–
musica,
che
ne
riflesso
costituiscono
la
natura stilistica e personale. Il vecchio
Eppure, come in ogni vecchia stramale-
corvo e il ragazzino scalmanato, la verve
detta
polemica
trarsi
e
la
frenesia
adolescenziale,
storia
e/o
rivolta,
inevitabilmente
occorre
con
lo
sconsmarri-
l’aria navigata e lo sguardo basso, il nar-
mento: la disperazione che, tra le tante
cisismo
palpitante
vie di fuga possibili, cerca (quando non
campionario di contrasti cui non sfugge
e
l’insicurezza.
Un
trova) l’amore come migliore o perlom-
la “manifestazione” live: anche il trion-
eno più vicina strada maestra verso una
fante tour della scorsa primavera, culmi-
salvezza che sarà, forse inevitabilmente,
nato al Primavera Sound, è una splendida
l’anticamera di un’altra lacerazione.
ferita che ancora brucia.
( D e l r e s t o , i l Te x a s d i M i c a h è l o s t e s -
La sua è una pasta tra le più schiette,
so dei natali tormentati di un cantore del
come
parole
disagio americano, della purezza alien-
declinate nei racconti più o meno spezza-
ata, dell’amore come alpha e omega di
ti del ragazzo che è ora, felice del corso
una quotidianità arida e sabbiosa: Daniel
che ha preso la propria vita da un lato ed
Johnston. Il genio storto di cui - non trop-
i suoi testi, breviari di una tragica ado-
po curiosamente dal momento che sono
lescenza, dall’altro. Le impressioni con
compagni
cui si va via dopo il suo concerto al Covo
– Micah porta la spilletta sul cappello a
di Bologna ed il giudizio complessivo che
visiera).
chiaramente
emerge
dalle
di
etichetta,
la
Sketchbook
ne deriva, specie – appunto - dal vivo,
non possono che tener conto di tutte le
antinomie che circondano e compongono
il
personaggio,
ricco
com’è
di
sincero
emotional folk-punk nutrito di pacato dis-
Dagli unforgettable love struggle all’esperienza mancuniana con gli Earlies
Attraverso i suoi racconti, intravediamo,
incanto, medicamento e sedativo pronto
o crediamo di intravedere, molti ricordi.
all’uso.
La leggenda vuole che il giovane insider
L a f i g u r a d i M i c a h P. è i l r i s u l t a t o d i u n
d e l l a s c e n a t e x a n a M i c a h P. H i n s o n u n
compromesso
musicale:
bel giorno si sia innamorato perdutamente
un ragazzo che s’è rotto ossa e sinapsi
di una vedova nera; una femme fatale in
nella profonda provincia americana dove
senso quasi classico che ha usato il cau-
esistenziale
e
sentireascoltare 47
stico impasto di attrazione e ingenuità di
il profluvio di invettive contro i figli di
un ventenne per ottenere ricette false di
papà e all the young art dudes che carat-
narcotici. Una brutta abitudine che è co-
terizzano le metropoli del Regno texano,
stata molto a quello che era probabilmen-
ben conosciuto durante la registrazione
te il fanciullo-artista di allora, che, per
del
meglio dire, ha trasformato quel ragaz-
faccia, con una sincerità pari a quella di
zo nel male e nel bene: gli ha procurato
un vecchio veneto in odor di campagna e
l’esperienza della galera, della solitudine
con un misto di cronaca e compiacimento,
e, pare, persino dell’accattonaggio.
lo statement per cui “un appartamento,
Ma d’altro canto, forzandolo a vivere ne-
anche il più piccolo e infame costa mille
gli stenti, gli ha fornito il male di vivere
dollari, e che tutti quei gruppi che si chia-
che proverbialmente funziona così bene
m a n o T h e L i b e r t i n e s , T h e B r a v e r y, s o n o
d a f o n t e d i i s p i r a z i o n e . M i c a h P. H i n s o n
dei perfetti cretini, che non dicono nulla
è m o r t o , q u i n d i è n a t o i l M i c a h P. H i n s o n
di nuovo ma sono gli idoli della masse e
sensibile, iroso, intenso e costernato ca-
popolano i rotocalchi” e per questo non
pace di scrivere le canzoni che sono an-
vorrebbe mai vivere in Inghilterra, in quel
date a finire sul suo debutto più che (me-
postaccio dove “tutti aspettano, ancora
r i t a t a m e n t e ) f o r t u n a t o – M i c a h P. H i n s o n
oggi, i nuovi Beatles e Rolling Stones,
and the Gospel of Progress. La rabbia e
nel quale i Franz Ferdinand, dormono nei
la vitalità accumulate nel “periodo buio”,
cinque stelle, i Kaiser Chiefs vestiti come
imprescindibile fase di transizione tra la
damerini provano a entrare nel caldero-
fine e il nuovo inizio, si fondono perfetta-
ne dei revivalismi giusto perché così va
mente tra le chitarre e le batterie dei fidi
di moda e, come se non bastasse, per la
Earlies, il gruppo dei fratelli Madden che,
strada non fai che sentire quale stupefa-
come ancora una volta leggenda vuole, a
cente droga si è fatto Pete Doherty”.
un certo punto tirano su il giovane let-
Del resto, aggiunge, paese che vai moda
teralmente dalla strada offrendogli tetto,
che
cibo e sigarette.
attorno a Daniel Johnston è disgustoso
Loro, i Gospel of Progress, sono i re-
proprio come certe pose già posticce di
sponsabili di quella trasferta a Manche-
gente come Devendra Banhart e, in spe-
ster che porta alla registrazione del disco
cial modo, Johanna Newsom e Cocorosie
così come lo conosciamo. E’ interessan-
assortite, sui quali, nonostante siano in
te come dalla conversazione emerga un
tour assieme, Micah non lesina commenti
ricordo
di
sagaci, spiritosi e irriverenti. In ogni caso
studio, nel quale l’imbarazzo del texano
le varie dichiarazioni di antipatia suona-
(“Durante le session non conoscevo nes-
no come sfoghi che sono anzitutto figli
suno, né i fonici né i musicisti, nessu-
di una rabbia più profonda e generalizza-
no, io e degli estranei, non è stato facile
ta, oltre di una conquistata scafataggine
raccontarmi attraverso la mia musica e i
e
miei testi davanti a gente che non ti ha
te: sono perciò lungi dall’instaurare un
mai visto prima”) si confonde a quello che
contro-snobismo da baraccone, piuttosto
ha l’aria di una sorta di velato disprezzo;
aprono la strada ad altri discorsi più in-
quello che dovrebbe, a rigor di logica, es-
timi.
sere un sentimento di gratitudine è stato
La voce di un adulto dentro al corpo di un
spazzato via dalla sensazione stringente
fanciullo
di sentirsi pesce fuor d’acqua forte della
Infatti,
lucida e strafottente visione della realtà
le sue canzoni. Certi suoi discorsi pro-
che lo circonda e che pare averlo segnato
vano il suo non essere ancora comple-
in maniera irreversibile.
tamente uscito fuori dai drammi psichici
Una profonda disillusione che segna di
che lo hanno portato vicino all’auto-an-
acido cinismo la poetica di Micah, al pun-
nientamento: Micah spiega nervosamen-
to da risultare in qualche modo divertente
te la sensazione di rivivere tutto quello
molto
crudo
48 sentireascoltare
delle
sessions
disco.
trovi
Invettive
e
certamente
si
in
che
ci
madrepatria
di
arriva
una
grinta
presto
a
sbattono
il
in
business
prorompen-
parlare
del-
Micah P. Hinson & The Gospel Of Progress Self Titled (Sketchbook
/Goodfellas, 2004)
© 2004 di Stefano Solventi
Prendiamo queste canzoni: struggenti canzoni d’amore,
melodrammi senza melensaggine. Patience è la lamentazione di un coyote che accumula mal di cuore fino ad
e s p l o d e r e d i w a t t . D o n ’ t Yo u u n ’ i m p l o r a z i o n e c i r c o l a r e ,
le spire di una collana di vetro che stringono fino a soff o c a r t i d i z a m p i l l a n t e a p p r e n s i o n e . Yo u L o s t S i g h t O n
Me è guardare il tramonto asciutto delle aspettative,
come potrebbe un Will Oldham con voce baritonale colto
che ha passato ogni volta
che si riaccendono le luci
del palco, raccontando per
l’ennesima volta i racconti
disastrosi
le
dei
sconfitte,
dalla
giorni
della
grazia
e
del-
caduta
della
fine.
Adesso, continua, si ritrova paradossalmente a essere fidanzato con la sorella
della
“vedova
nera”
causa dei suoi guai (la prima appare di spalle nella
copertina del disco omonimo ndr) e sta bene.
A
vedere
Micah
P.
Hin-
son, a conti fatti, non gli
si
darebbero
Abbracciato
tarra,
sul
sedici
a
anni.
quella
palco,
chi-
pare
un
misto tra Costello e Woody
Allen,
riva
eppure
il
quando
momento
di
arcan-
tare si trasforma in un alt.
folkster
dalla
naturalezza
verosimilmente
innata,
il
suo corpo si mimetizza e
sparisce nel corpo sonoro:
il
cuore
della
questione
è ben oltre l’ostacolo dei
segni e delle forme. Micah
respira
lontano,
lontanis-
simo, altrove, coi polmoni
pieni
del
fumo
delle
sue
da conati di tenerezza (la slide trepida, quelle strane
emulsioni di synth).
C’è poi la mestizia coreografica à la Black Heart Processiondi Stand In My Way (valzerino gotico, violoncello, piano e chitarra), c’è l’incanto vagamente Cocorosie
d e l l ’ i n i z i a l e C l o s e Yo u r E y e s ( g h i r i g o r i l i q u i d i e p a s t e l l i
vellutati, l’enfasi che monta pastorale e fiabesca fino a
deragliare), e c’è – soprattutto - la conclusiva The Day
Te x a s S a n k To T h e B o t t o m O f T h e S e a , u n i n c a n t o m a lato, tristezza che si posa come neve grigia, crescendo
che impasta speranza e remissione, struggimento e disillusione, spazi angusti e prospettive spalancate.
C’è questo e c’è altro, sempre nel segno di una disarmante franchezza, di un intimo percuotersi il cuore di
cui la canzone è il primo rimbombo. E qui sta il segreto,
o uno dei tanti: sussurrare preghiere che scavalcano gli
orizzonti, prendersi in mano l’anima abbracciando tutte
quelle sintonizzate. Un processo chiuso in se stesso
che schiude le porte dello stare al mondo, uno sguardo
che spiegandosi spiega. Un “io” che “tutti”.
C’è anche però che al disco manca qualcosa per essere
un capolavoro, perché la scrittura non sempre raggiunge
l’eccellenza, perché le melodie s’inseguono e si riflettono l’una sull’altra innescando una strisciante (e alla
lunga un tantino spossante) claustrofobia. Forse manca
al caro Micah di beccarsi ancora un bel po’ di spallate
e riceverne, il duro dell’asfalto e l’agro della polvere,
quell’asciuttezza pietosa che potrà scoprire solo vivendo. Nessuno, credo, potrà biasimarlo per questo.
Rimane quindi la sensazione di un’opera che vale innanzitutto per questo segnale che regala: d’essere possibile
per il folk incarnarsi (ancora) giovane e vivo, d’essere il
folk (ancora) possibile senza sembrare frutto criogenizzato di ieri. Alleluja. (7,1/10)
sigarette e si grida con la
voce rauca di chi ne ha fumate
troppe.
La
voglia
e
la necessità di esprimersi
vengono prima di tutto: il
resto
segue
a
ruota,
fra-
Micah P. Hinson The Baby And The Satellite (Sketchbook / G o o dfellas, 2005)
di ©2005 Edoardo Bridda
Completato dopo due anni nelle pause tra una data e
sentireascoltare 49
l’altra delle tournée nelle quali è stato riarrangiato più
volte, The Baby & The Satellite raccoglie una manciata di canzoni scritte originariamente nel 2001 e perciò
a n t e c e d e n t i a q u e l l e c o n f l u i t e i n M i c a h P. H i n s o n & T h e
Gospel Of Progress.
È un album meno arrangiato e struggente dell’esordio,
c h e n o n p u ò v a n t a r e a l t r e D o n ’ t Yo u e P a t i e n c e m a d a l l a
sua possiede almeno quattro momenti dignitosi caratterizzati da un piglio più pacato e asciutto. Manca insomma quell’“io che tutti” che caratterizzò l’esordio, al
suo posto, una scrittura sufficientemente matura, come
a c c a d e n e l l a d e l i c a t a e f a t a l i s t a b a l l a t a T h e D r e a m Yo u
Left Behind e, subito dopo, attraverso le ammalianti des e r t i c h e l i n e e c o s t i e r e d i Wa s t e d A w a y.
Hinson si concede folk più convenzionali che seppur non
e p o c a l i s u o n a n o g e n u i n i ( T h e L e a d i n g G u y, T h e D a y T h e
Vo l u m e Wo n ) e n o n t a r d a a a c c e n d e r e l a f i a m m e l l a c o n
un brano retto su una drum machine e degli inserti di
dialoghi in field recording, forse il più accessibilmente
arioso del breviario.
La traccia 9 intitolata The Baby And The Satellite contiene le session del 2001 nella loro versione originale
quando a accompagnare il cantautore c’erano gli Earlies. È più che altro un documento musicologico che
dimostra come il cuore pulsante di queste canzoni è
sempre lo stesso, a cambiare soltanto qualche gingillo
formale. (6.8/10)
50 sentireascoltare
recensioni
Matt Elliott
D r i n k i n g S ongs (Acuarela / Ici d’ailleurs / Venus, 2005)
di Antonello Comunale
Matt Elliott, personalità scostante e oltremodo appartata della musica rock “di ricerca” degli ultimi anni, sigla
c o n q u e s t a c i t a z i o n e d i A . J . P. Ta y l o r ( u n o d e g l i s t o r i c i
inglesi più dibattuti e controversi, cui si deve tra le altre cose, un attento studio sui problemi dell’unificazione
italiana e ancora di più un approccio radicale agli eventi storici) un disco che ha tutti i connotati del piccolo
classico da collezione, di quelli che con il tempo solo
la polvere smossa degli appassionati potrà conservare a memoria. Le sette Drinking
Songs (l’ottava è un remix dal primo disco e non va contata per stessa ammissione
di Elliott) sono altrettante riflessioni sugli eventi della vita, sul fato, su tutti quelli
caduti vittima di meccanismi più grandi di loro. Epitaffi nostalgici e malinconici che
trasudano spleen esistenziale. Andando a ritroso, questo è il passo successivo a The
Mess We Made, il disco del 2003 che segnò, per la prima volta senza l’appellativo
Third Eye Foundation, l’affacciarsi solista di questo timido bristoliano trapiantato in
Francia. Di quell’esperienza il Nostro conserva tutt’ora la capacità di manipolare i
suoni, trattandone la filigrana con intelligenza e buon gusto. Ma se il suono TEF era
essenzialmente elettronico, quello dei dischi solisti è prettamente folk. Un folk fantasma, ovattato e rivisitato dall’elemento elettronico.
Profondamente radicato nella tradizione europea, il folk di Matt Elliott lambisce i territori della musica balcanica e dell’est Europa, finendo per sembrare in alcuni punti
u n p a r e n t e d e p r e s s o d i Ya n n Ti e r s e n ( g i à o m a g g i a t o , d e l r e s t o , s u l d i s c o d i r e m i x d i
T h i r d E y e F o u n d a t i o n , I p o o p o o o n y o u r j u j u ) . S i n d a l l e i n i z i a l i C . F. B u n d y e T r y i n g
to explain gli arrangiamenti seguono le stesse coordinate per tutto il disco: arpeggi
di chitarra, timide frasi di piano in sottofondo, ed evocativo coro di voci; tra la disperazione e l’abbandono di The guilty party (Cos we can never undo. All the stupid
things we do), la bossa nova da disperati ubriachi di periferia di What’s the wrong e
la struggente dedica “to those lost at sea” di The Kursk (sorta di appendice ambientale alla splendida Sinking Ship Song, presente su The Mess We Made), il tono poi si
fa melodrammatico, arricchito anche da cori di vago sapore morriconiano.
Te t r a , p a s s i o n a l e e i n c r e d i b i l m e n t e m a l i n c o n i c a , l a m u s i c a d i M a t t E l l i o t t v i a g g i a s u
lunghezze totalmente e volutamente diverse da quelle dell’attualità rock e si ciba di
atmosfere e soluzioni ormai sempre più in disuso. Troppo diverso e rétro per piacere
alla maggioranza degli ascoltatori indie, Elliott seguirà un destino analogo a quello
dei suoi piccoli eroi dimenticati dal tempo e dalla storia; certo comunque, che se
anche un solo cuore sarà conquistato dal suo timido e alcolico folk da bettola, il suo
sforzo non sarà stato vano. (7.5/10)
sentireascoltare 51
400 BLOWS
A n g e l ’ s T r u m p e t s and Devil
T r o m b o n e ( G S L , 2OO5)
sulle “virgin little tits” po-
terà mai la testa a posto.
trebbe
Troppo ironico e sopra le
Vi ricordate quando, al li-
righe,
di Antonio Amodei
ceo, facevamo a gara per
prende
Vo r r e m m o i n n a n z i t u t t o c a -
impressionarle? Ma le più
serio, il Nostro lascia che
belline,
la verve dissacratoria dei
pire perché mai si ostinino
a
scippare
l’omonimia
di
quello che fu un pioniere
gruppo
funk
sperimentale
britannico a lungo presente sui palcoscenici d’Europa.
Non esistono aggettivi soft
per quest’album d’esordio,
che si può amare o detestare
(noi
mezzo
staremmo
con
un
nel
apprezza-
bile scappellamento a destra…):
una
metastasi
di
punk innovativo e purulento, armato tuttavia di listening orecchiabile, quasi un
groove avverso alla melodia ma eccentrico e ritmico, sabbatico ed incompromesso.
La
formula
nota,
è
trita
e
del
resto
stantia
per
quanto ci riguarda, anche
se si può dissentire: rozza anticorporativa adesione
alla
protesta
in
musi-
ca, distorsioni e potenza,
drumming speedigonzalico
e voci d’assalto.
Ammirabile
l’onestà
e
l’omogeneizzazione
dei
brani;
del
ma
la
lezione
punk diviene classica quando è riproponibile in tempi
non
sospetti
e,
personal-
mente, ho difficoltà nel distribuire
per
le
connotazioni
un’informazione
cor-
retta. Adolescenziale e potenzialmente
tale
trio
di
cassetta,
losengelino
pro-
duce musica “to play loud”,
appassionata ed antimelodica
solo
all’apparenza,
ben al riparo dalle forche
eighties. Semmai, l’effetto
52 sentireascoltare
essere
le
più
scaricatici,
immediato.
stupidine,
viravano
laddove
Oberst
dannatamente
si
sul
l’at-
suoi testi corroda come un
tenzione ai ganzetti di tur-
acido il folk pop partorito
no. Perdonatemi l’orrenda
dalla sua chitarra.
paternale, ma l’impatto che
Se nel precedente Friends
questo sound ha su di me è
of Mine la parte del leone
pari al fastidio del ricordo
la faceva Jessica, dedica-
di quelle troiette… Chiedo
ta a Jessica Simpson, teen
scusa. (4.5/10)
star per cervelli ingabbiati
d a M T V, s u G e m s t o n e s s i
Adam Green
Gemstones
2005)
possono ascoltare rime ba-
(Rough
Trade,
ciate dall’indubbio effetto
satirico
di Antonello Comunale
come
“Carolina/
vagina” o giustapposizioni
Adam Green era il ragazzi-
come “Choke on a cock”. Il
no dispettoso che qualche
pericolo maggiore semmai,
anno fa con i Moldy Pea-
è proprio quello di trasfor-
ches si divertiva a smonta-
marsi
re il lo-fi pop di ascenden-
da
za
ne. Sarebbe comunque un
Beat
Happening;
dopo
in
un
cabaret
commediante
di
terz’ordi-
aver chiuso quell’esperien-
peccato
za, oggi è un crooner sbar-
scrittura smaliziata e cri-
bato giunto al quarto giro
stallina, che prosegue nel-
di boa in versione solista,
lo stile ormai maturo (non
questo Gemstones, in virtù
troppo dissimile da quello
del quale può dirsi ormai
di Josh Rouse) mostrato in
autore maturo e navigato.
Friends of Mine. Gemsto-
La giovane età e il richia-
nes centra quasi sempre il
mo alla tradizione cantau-
bersaglio, tra ritmi sinco-
torale
(Dylan,
pati (Down On The Street
Yo u n g , C o h e n ) l o a c c o m u -
e Over the Sunrise), sug-
nano all’altro grande gio-
gestive intro che richiama-
vane del rock contempora-
no Burt Bacharach ( Before
neo, quel Conor Oberst che
my bedtime), e filastrocche
a nome Bright Eyes si è ri-
acustiche dai toni cohenia-
tagliato un proprio spazio
n i ( W h o ’ s Yo u r B o y f r i e n d
ben frequentato dal popolo
e
indie di questi anni, anche
Green
se tra alti e bassi.
dere
La stessa cosa non sembra
lescente
accadere ad Adam Green,
Moldy Peaches, ma ormai
abbastanza
riversa tutto il suo sarca-
americana
Europa
e
appena
nosciuto
negli
differenza
due
sta
ignorato
in
più
U.S.A.
maggiore
coLa
tra
i
nell’atteggiamen-
to: Adam Green non met-
veniale
Country
smo
Road)
continua
la
nel
vista
malizia
.
a
Adam
posse-
dell’ado-
provocatore
formato
la
dei
classico
della canzone pop con risultati altalenanti, ma mai
scialbi. (6.0/10)
Alvin Curran
T o t o A n g e l i ca (I dischi di Ange l i c a / R e R Megacorp, 2005)
seriva
di Daniele Follero
importanti
A distanza di quattro anni,
dopo varie aggiunte e accorgimenti a cura di Massimo Simonini e dell’autore,
viene pubblicato dalle Edizioni Angelica, il tributo di
Alvin Curran al festival di
nuova musica più importante d’Italia. La performance
del compositore americano, elaborata per il decimo
anniversario di Angelica
(1991-2001), è una sorta
di
pastiche
concettuale,
un frammentato continuum
pei (tra cui la celebrazio-
costruito su campionamenti presi a prestito e accuratamente selezionati dalle registrazioni delle varie
edizioni
del
festival.
C’è
posto per tutti quelli che
sono riusciti a dare voce a
una rassegna che ha fatto
e
della
sperimentazione
dell’improvvisazione
sue
principali
vita:
pezzetti
ragioni
di
le
di
Shelley
Hirsch, Phil Minton, Catherine
Jauniaux,
Giovanna
Marini, Mike Patton, John
Zorn,
Fred
Frith,
Butch
M o r r i s , G i a n n i G e b b i a , To m
Cora,
Tristan
H o n s i n g e r,
Stefano Scodanibbio, Bob
Ostertag,
de,
Otomo
Chris
C u t l e r,
Yo s h i h i Heiner
Goebbels, Lol Coxhill (per
citare solo i più noti) accuratamente
selezionati
se-
condo il gusto dell’autore
e frullati insieme ricreando un paesaggio sonoro al
tempo stesso suggestivo e
schizofrenico. Una sorta di
strano flusso di coscienza
digitale
significativamen-
te introdotto dalla vocina
elettronica
di
accenzione
del Macintosh.
La performance, che si in-
ampio di Curran di elabo-
Annelies Monsere
Helder (Blue Sanct, 2o o 5 )
razione di ritratti sonori di
di Antonio Amodei
in
un
progetto
festival
più
euro-
ne dei settantacinque anni
di Donaueschingen), vede
la
luce
solo
oggi
grazie
alla passione e alla determinazione di Massimo Simonini,
direttore
artistico
della rassegna bolognese,
che insieme all’autore ha
aggiunto altri “pezzi” alla
registrazione originale e li
ha mixati insieme alle rielaborazioni al computer di
Domenico Sciajno, partner
di
Curran
nell’ultima
edi-
zione del festival.
Ne è venuto fuori un album
prezioso nel quale all’esecuzione originale (leggermente elaborata) di quell’8
maggio 2001 si aggiungono: il rimissaggio di Simonini (che enfatizza alcune
elaborazioni
elettroniche
non
nell’origina-
presenti
le); una serie di otto brevi composizioni realizzate
sulla base di alcune registrazioni in studio del duo
Curran-Sciajno e una versione per piano preparato
della
canzone
Oh
Johnny
(Erat verbum John) esplicitamente dedicata a John
Cage.
Un disco che fissa un momento
significativo
del
percorso di Angelica proprio in una fase di radicale
trasformazione
del
fe-
stival. Importante per chi
segue da molto il percorso
artistico di Curran, curioso
e divertente per chi vuole immergersi in una singolare storia di Angelica.
(7.0/10)
Annelies
Monseré
è
una
songwriter belga di stanza
in
Olanda.
Pianista
mini-
malista, è devota alla lezione
di
Wim
Mertens
ed
alla scuola, fiamminga app u n t o , S o l e i l . L’ a l t r o s t r u mento è la propria candida
voce che, occasionalmente, condisce con intermittenze atonali e crepuscolari, frutto di uno scandire
basale di remoti cello, chitarre e glockenspiel.
Le melodie, poco incantate,
assemblano
tessiture
semplici e rare, che rimandano
più
alla
Jessica
intrinseca
Bailiff
che
geme
a l t e l e f o n o c o n Ta r a J a n e
O’Neil.
L’ a l b u m d i d e b u t t o , q u e s t o
H e l d e r,
risente
dell’atmo-
sfera della scuderia Bluesanct,
etichetta
merito-
ria per aver diffuso entità
striscianti
Drekka,
come
Rivulets,
Itidarod,
Low
ed
altri più o meno gerarchiche
voci
dell’oscurismo
emozionale degli ultimi lustri. Un folk meteoropatico
farcito
di
lanconia
solitudine,
ed
angosciato
me-
alienazione,
e
feticistica-
mente disastrato, sensibile come una corda e privo
d’ogni ironia o voglia di discutere i mali del mondo,
dati astrologicamente.
Prologhi
vagiformi,
epilo-
ghi abbrutenti, canti di sirene in fiamme: una prova
d’originalità e rispetto, destrutturata solo apparentemente, accigliata ma netta
da incarti mentali od universi catacombali.
sentireascoltare 53
dell’ani-
che fanno tanto salotto in
mo umano scandagliata in
stile Domus nel bel mezzo
bianco e nero, nell’assen-
di un cocktail estivo (vedi
Billy Corgan
The Future Embrace (Warn e r
Brothers, 2005)
za della luce mentre fuori
Mindset tra basso ammic-
di Stefano Solventi
piove e con i traumi della
cante, squilli di trombe qua
consapevolezza di non ap-
e là, drumming da accom-
L’ e s o r d i o
partenenza.
pagnamento),
La
profondità
Riverberi
esistenzialisti,
chitarre
ne
da
aride,
scrivere
Connery
in
007
alle
pre-
camini
se con la bella di turno (il
sinestetizza-
vibrafono un po’ sognante
compassionalmente,
e il flauto fischiettante di
gracchianti,
no
macchie
accattivanti
e glamour come uno Sean
per non dover dissimulare
Getting
l’estraniazione che invilup-
fiati e le tastiere da piano
pa e fa decadere il pianto.
bar
La
(ap-
ver) o come dei Kings Of
saturare
Convenience (le chitarre e
i toni e presenta al mondo
gli ottoni che aprono Anyo-
la propria Weltanschaung,
ne Anywhere) rimpinzati di
erta di silenzio e morte, di
effettini
pause della possibilità, di
spruzzatina soul – bossa-
vita embrionale che, senza
nova (la voce un po’ anoni-
retorica,
piccola
Annalisa
pena 19enne)
fa
affligge
la
Starter
sixtees
oppure
in
Cloud
electro
con
i
Co-
una
riso-
ma - leggi da gatta - della
nanza glaciale del rigurgi-
Pope, che in Troublemaker
to di nihilismo che - pare
vorrebbe
– s’aggiri nuovamente tra i
bel Gilberto da classifica,
solchi della vecchia Euro-
senza
pa continentale. Quasi un
sualità malinconica). Sen-
salmo
post-isolazionista,
za contare poi la più che
un tubo stridente di gioia
evidente derivazione Zero
giovanile,
incomparabil-
7 nella simil-ballata Eyes
mente malsano, ma alleato
Open Wide e quel richiamo
del divenire. (6.2/10)
pasticciato agli Ottanta di
Ashby
L o o ks L i k e Y o u ’ v e Already Won
( M a r i n a / A u d i o g lobe, 2005)
d i Va l e n t i n a C a s s a n o
la
essere
sua
una
tipica
Besen-
He Likes The Sound (che
sia questo il pezzo da novanta dell’intero lotto?).
Insomma,
pare
con
proprio
gli
di
Ashby
trovar-
Con un disco come Looks
si ad un party in piscina
Like
Won
dell’alta borghesia ameri-
del duo bostoniano Evelyn
cana degli anni Sessanta,
Pope / Bill Cowie, ovvero
con un manhattan in mano,
A s h b y,
mentre
Yo u ’ v e
non
Already
si
sa
proprio
si
cosa fare. Da quale parte
pegnative
prenderlo?
quale
Come
comin-
affrontano
im-
discussioni
su
colore
sia
meglio
ciare? E soprattutto, cosa
per la cucina della nuova
salvare? Impresa difficile,
villa a Malibù, tra sorrisi
considerando
finti e complimenti dovuti.
della
la
proposta:
banalità
niente
di
più che una trita e ritrita
lounge
music
troppo
sta-
gionata. Atmosfere soffuse
54 sentireascoltare
Un incubo. (4.0/10)
solista
di
Bil-
ly Corgan: lo dici così, e
quasi
non
sembra
vero.
Comunque, temevo rappresentasse
l’atterraggio
ro-
vinoso dopo una caduta a
precipizio lunga due album
(Machina e Zwan) che dire
catastrofici è poco. Invece, giunto a pochi centimetri dal suolo, il buon Billy
afferra la leva di sicurezza e apre il paracadute: un
vivido, sfrigolante, appiccicosetto paracadute elettro-rock, senz’altro memore
degli
esiti
conseguiti
assieme alla buona stella
New
Order
qualche
anno
fa. Trovare il punto di fusione tra ruvidezza rock e
iridescenza synth-pop non
deve essere stato così difficile, anzi sembra proprio
che Corgan abbia abbracciato a bella posta ipotesi
soniche già Depeche Mode
(il mortaio wave Mina Loy)
quando non Japan ( la vischiosa
Sorrows)
o
XTC
( l ’ a m m a l i a n t e P r e t t y, p r e t t y S TA R ) .
Crogioli di chitarre, moog
ghignanti, distorsioni magmatiche, quadrature ritmiche in spregio ad ogni rischio di prevedibilità: una
ricetta che si è dimostrata
valida in molte circostanze, a patto che le intuizioni melodiche da “cucinare”
dimostrino anche solo una
parte della freschezza ardente dei bei tempi Pumpkins.
Invece,
e
purtrop-
po, tocca fare i conti con
episodi
quali
Now
(and
recensioni
Xiu Xiu
L a F o r e t ( A cuarela, 12 luglio 2005)
di ©2005 Stefano Solventi
James Stewart ostenta la benedizione e la prigionia del
feticcio Xiu Xiu: vale a dire, il massimo dell’auto-referenzialità proprio quando la calligrafia espressiva azzecca la massima definizione. Un rischio prevedibile,
del resto, da mettere in conto quando ciò che conta è
l’intransigenza della propria visione. Il gentile pubblico
si adegui: queste undici tracce sono ancora una disanima d’angoscia e nevrastenia, sono segni scolpiti sul
fusto d’un dolore irredimibile che sa farsi beffa e capriola giusto un attimo prima di
riprendere a sanguinare.
James è livido e splendente, ligneo e febbrile, contorto ed etereo. E’ se stesso il
proprio feticcio, il limite del campo d’indagine, il luogo nel quale insiste/esiste la
crudele concomitanza di norme e (mis)fatti.
In sé – anzi nel proprio manifestarsi “musicale - Stewart sperimenta la difficoltà
d’essere (principalmente se stesso): per questo ogni canzone sembra sottrarsi, come
se volesse rappresentare anche il non-essere di questa esistenza (come la lenta
progressione di nebbie – archi, synth, harmonium – e brandelli di voce di Rose of
Sharon). Romanze di disperazione dunque, fosche iridescenze, eteree instabilità:
c o m e l ’ i n i z i a l e C l o v e r, s t o p p o s a , r a d a , p i ù c o m p l e s s a d i q u e l c h e s e m b r a c o n t u t t a
quella trama e sottotrama di glockenspiel, contrabbasso, inserti d’organo e mugliare
sintetico come l’incombere di una dimensione accanto.
Poi il viceversa, l’alter ego febbrile, l’incontrollabile servo/artefice di schizoidi armature sintetiche: la cruda quiete devastata di Baby captain, le folate spioventi di
rumore bianco e i sussurri placidi di Muppet face (tra allure danzereccia e invettive
echoizzate, come un incidente al trivio tra Bjork, Depeche Mode e The Books), gli
Smiths androidi di Bog people, gli squarci, le sovrapposizioni, le iridescenze algide
e p u l s a n t i d i M o u s e y t o y. N u l l a d i n u o v o , q u i n d i . M a a l m e g l i o .
Come massimamente accade in quella specie di industrial/psych che risponde al
nome di Saturn, con l’harmonium e i tamburelli ad ottemperare il ruolo di fattore
umano laddove una voce scarnificata non vuole. E che in Ale tenta di abbozzare la
teatralità astratta e angosciosa di certo Cage, per non dire della processione fosca
– u n r i t u a l e p a g a n o s c o r t i c a t o d a s i b i l i c i b e r n e t i c i - d i Ye l l o w r a s p b e r r y i n c h i u s u r a d i
scaletta. Non riesce, non sa, il nostro caro Stewart, rompere il cerchio della propria
ossessione. Ci rifila il solito lancinante brodo, ci dimostra una volta ancora la straordinaria abilità e naturalezza nello stemperare influenze apparentemente lontane e
p o c o c o n c i l i a b i l i , c o m e l a d i s a r t i c o l a z i o n e i p n o t i c a d e i Ta l k Ta l k , l ’ a n g o s c i a l i e v i t a n t e d e l B o w i e “ e n i a n o ” e i F l o y d p i ù e t e r e i i n D a n g e r o u s Yo u S h o u l d n ’ t B e H e r e .
Il gioco mostra la corda, ma la corda è ancora tesa. (6.7/10)
sentireascoltare 55
then), che potrebbe essere
si
quasi
dove a mancare è proprio
la mutazione wave di una
inutile. Educato all’inutile.
quel tocco che fu la fortuna
ninnananna folk alla Gala-
(5.6/10)
e il marchio di gente come
pagos, che vorrebbe rivangare
certi
delicati
deliri
M y B l o o d y Va l e n t i n e , i n v e ce non sa andare oltre le
limita
ad
essere
Autolux
Future Perfect (Full Time Hobby
/ Audioglobe, 18 luglio 2005)
Kevin
Shields
e
i
fratelli
Reid (chi? Sì proprio loro,
i troppo presto dimenticati
Jesus And Mary Chain…).
temperature emotive degli
di Edoardo Bridda
ultimi bolsi e patinati U2.
Il
O quella All things chan-
notte
ge che ci prova col trucco
t o s h o e g a z e . L’ a v v i c i n a r s i
mentre il fumo tossico tra i
vecchio come il cucco del
della tempesta da ponen-
capelli cotonati e le serra-
chorus prima delle strofe,
te.
sonica.
te partiture sotto control-
ma l’uno è banalotto e le
Il sogno di lui e di lei tra
lo di Subzero Fun ricorda-
altre balbettano che ti ca-
le tentazioni che striscia-
no alcune tracce di Sonic
dono le braccia (e anche
no sotto la porta, il presa-
Nurse.
il resto). C’è poi il vacuo
gio a scivolare fuori. Deri-
Abbassate le prese di po-
allarme di Walking Shade,
va cosmica e luci di tuoni
sizione,
la lancinante insulsaggine
in lontananza.
ne-furbacchione come Su-
di DIA, una I’m ready che
Filo diretto tra la Dublino
garless strizza d’occhio ai
ci vorrebbe il sex appeal
d e i M y B l o o d y Va l e n t i n e e
D i n o s a u r J r. : p o t r e b b e f o r -
bionico di una Kilye Mino-
l a N e w Yo r k d i S o n i c Yo u t h
se gareggiare per il miglior
gue…
e perciò autentico crocevia
brano
Sarebbe ingeneroso parla-
sonoro a cavallo tra ottan-
alle povere (ma efficacis-
re di fallimento, vista an-
ta e novanta, Future Per-
sime)
c h e l a b u o n a c o v e r d i To
fect, esordio europeo sul-
di The Great Days For The
love
la lunga distanza del trio
Passenger Element o agli
losangelino Autolux per la
abbandoni
una raggelata disperazione
Full
post-curtis
The Cure (c’è infatti Robert
cato precedentemente ne-
T h e Tr i g g e r, m a g l i A u t o -
Smith a chitarra e cori, più
gli USA sul finire del 2004
lux non hanno di certo ma-
qualcosa della sua anima
per
cinato
negli
Bee
somebody
Gees),
(a
firma
percorsa
da
sonno
Così Angry Candy è puro
inquieto
urbana.
Deflagrazione
Time
la
Hobby
DMX),
della
Stordimen-
(pubbli-
rappresenta
pilota automatico dopo una
notte
di
Dirty
un
listening,
brano
dell’album
tele
sornio-
assieme
psichedeliche
neworder-iani
di
Asleep
l’underground
At
per
bordoni
il succo di una delle sinte-
accontentarsi di così poco
di synth), e soprattutto la
si possibili tra le sonorità
e dunque, con Blanket, si
conclusiva Strayz, col suo
noisy pop della scena an-
torna a rincorrere il mito
disegnare meste delicatez-
glosassone e quella madre
della distortion e con esso
ze e cupe sospensioni, con
della Grande Mela, quella
ricomincia, di nuovo, il gio-
le linee di basso soul/jazz
stessa
in
co di specchi e di rimandi.
e le belle rifrazioni di ta-
Glenn Branca un maestro e
Con una Plantlife ricorda-
stiera
un grande ispiratore.
re meno suadentemente gli
ti
struggenti
e
i
ben
sfrigolii
incastona-
glitch,
con
la
La
parte
voce – quella intrattabile,
toast
capricciosa,
mentre
eternamen-
che
si
ha
trovato
imburrata
sgama
l’opener
del
presto:
Turnstile
Svedesi
Radio
Dept.
c’è
poco altro da aggiungere:
gli
Autolux
te risentita di Billy – che
Blues sciorina una melodia
dilettanti,
sembra
non
sono
quest’album
dei
è
come
catchy che avrebbe potuto
evidentemente una summa
a svelare il gioco giocato
essere partorita dalle par-
di svariate session e fati-
finora.
ti
No, non è un disco da but-
in
tare,
urbano-americana
è
infine
un
vera,
disco
che
si
di
Glasgow
seguito
o
Dublino,
che, ciò nondimeno è una
coolness
raccolta di tracce alle qua-
prende
li si chiederebbe più indi-
portandosi
pendenza e libertà dai mo-
una
macchia di un peccato ma-
il
dornale:
appresso una serie di ar-
delli.
monie
Se il gruppo si è costruito
re
le
per
velleità
non
rischia-
precedenti,
56 sentireascoltare
sopravvento
vocali
in
derivata
una nutrita schiera di fan
lay si è sempre dimostrato
to
hardcore negli USA, forse
versatile
za, infine, risultare simile
è verso la performance live
l’avvicinarsi ai vari generi,
a
che
atteggiamento
tutto
dobbiamo
orientarci.
(6.4/10)
in
B e n j a m i n B iolay
A l ’ o r i g i n e (EMI/Virgin, 2005)
di Andreas Flevin
Di
Benjamin
quando
è
B i o l a y,
apparso
da
quanto
elastico
nel-
spiegabile
nella
sua
idea
o
contraddittorio;
nessuno.
In A l’origine
suona
coerente
sen-
decisamente
ed
autentico.
E’
non è il genere, l’etichet-
palese in tutta la scrittura
ta a fare la differenza tra
dell’album,
una musica e l’altra, ben-
ed una sicurezza che negli
sì il pensiero che vi è die-
altri album non mancavano,
t r o . L’ a t t e g g i a m e n t o . C o s ì
ma non erano tuttavia così
è
evidenti. Qui Biolay pren-
possibile
che
un
cer-
una
decisione
la
to umore o pensiero pos-
de
prima volta su questa ru-
sa essere all’origine delle
propria voce, notoriamen-
brica, si è detto molto e an-
più svariate manifestazio-
te
cora molto si sta dicendo.
ni dello spirito e che possa
dola anche in modi inediti,
La sua fama ormai interna-
fungere da comune deno-
forzandola,
raschiandola;
zionale lo ha naturalmen-
minatore
così
nella
te
temente
molto
con molteplici culture mu-
loro.
Biolay
sicali, nonchè con giudizi
come i testi sono sempre
no,
estremamente vari e con-
estremamente
di strane voci di donne e
traddittori.
li e A l’origine è un album
bambini
Non mancano poi le varie
profondamente
triche
ipotesi di discendenza ar-
per quanto il tentativo sia
definitiva
tistica
costretto
e
al
per
ed
confronto
debiti
In
a
stili
apparen-
diversi
la
totale
possesso
sussurrante,
come
della
utilizzan-
musica
tra
non manca in quasi nessun
musica
brano l’azzardo di un suo-
personapersonale,
l’improvviso
e
ingresso
chitarre
molto
elet-
effettate.
non
manca
In
mai
musicali.
quello di creare paesaggi
l’idea che vi sia la volontà
C’è chi lo trova straordina-
e sensazioni nei quali far
di rischiare, ma con la co-
rio e chi invece lo giudi-
riconoscere
l’ascoltatore,
scienza di sapere come e
ca il classico (per non dire
così come Biolay stesso vi
perché. Le basi elettroni-
scontato)
si riconosce.
che mischiate a strumenti
strimpellatore
senza voce, che non esita
Le
esperienze
ad arco, tastiere, riprodu-
a rubacchiare qui e là nel-
di Rose Kennedy e Negativ
zioni in stile dub con ar-
la musica francese come in
hanno dato modo a Biolay
peggi di chitarra classica,
quella anglosassone.
di tastare il terreno, di ini-
evidentemente non rappre-
Al di là di tutto ciò, Benja-
ziare
ricostru-
sentano un problema nel-
min Biolay è un autore e
zione di quel complesso e
l’ottica della coerenza sti-
un
la-
variegato edificio che è la
listica.
voro va ascoltato attenta-
sua vena artistica, fatta di
E’ persino presente un bra-
mente e nei dettagli e so-
tanti tasselli, tanti cassetti
no in levare di pura ispira-
prattutto
ricercatore.
Il
suo
l’opera
di
rivisto
in ognuno dei quali si cela
zione ska, nel quale però,
con il senno di poi, con la
una canzone, un progetto,
delle inquietanti diminuzio-
possibilità di riconsiderare
un
per
ni in minore o il ritorno del
la
produ-
questo che il singolo lavo-
leit motiv del brano che dà
zione come tanti pezzi di
ro di un autore non può in
il titolo all’album, rendono
un’unica idea ed un’unica
nessun modo essere esau-
il pezzo singolare al punto
mente.
stivo rispetto all’interezza
da
non
farlo
più
sembra-
E’ partendo da questo ap-
del suo pensiero. La gran-
re
uno
standard.
Scavan-
proccio che A l’origine, il
dezza di Biolay in questo
do più a fondo è certo che
suo
ultimo
risulta
nuovo lavoro è la capacità
viene
con
evidenza
sua
andrebbe
precedenti
vastissima
album,
E’
fuori
un
retroterra
prodotto
di far convivere più ispira-
di
di tutte le esperienze pre-
zioni e gusti, più epoche
alla
cedenti
e
in un solo risultato senza
così come è palese l’infa-
Bio-
essere minimamente forza-
tuazione per l’indie anglo-
di
produttore
il
arrangiamento.
compositore
artistico.
cantautore
tradizione
ascrivibile
francese,
sentireascoltare 57
sassone, il folk americano
di trovarsi di fronte ad un
ne di Petulia Mattioli, Poe-
e gli studi classici; resta
classico, a qualcosa che ci
sie di Mara Bressi, Musica
tuttavia
che
ha segnato e con il quale
di Eraldo Bernocchi ed Ha-
la comunione di tutti que-
sorprendente
conviviamo da molto tem-
sti spunti abbia dato vita
po.
rold Budd.
Una notte
ad un sound assolutamente
L’ o r i g i n e d i c u i s i p a r l a è
dei
personale, tanto da poter-
quella che ha segnato i no-
mentali
lo definire Biolayano. Non
stri comportamenti e modi
saturata
dai
beats
è
di
drones,
dai
soundscapes
forse
questo
un
album
pensare;
è
un’origine
mille
magica
in
palazzi
uno
rinasci-
della
To s c a n a ,
e
dai
d’amore al primo ascolto,
così
tempo
di uno dei più emozionali
come poteva esserlo Rose
che quasi stentiamo (o ci
concerti dell’anno 2003 e
K e n n e d y, m a c e r t a m e n t e è
rifiutiamo)
che trova finalmente meri-
la miglior sintesi dei i suoi
ci in essa, persi nel ten-
tata luce discografica.
due primi album, nei qua-
tativo di diventare ciò che
Il meraviglioso piano alie-
li le differenze tra eredità
siamo guardando al futuro.
no
musicali ed i suoi ascolti
Benjamin
collaboratore
erano invece identificabili
trario, come artista, sem-
disegna il paesaggio sono-
singolarmente.
Con
queste
bra
ro
perduta
nel
a
riconoscer-
B i o l a y,
proprio
al
che
con-
nell’Ori-
di
Bernocchi,
a
di
congeniale
lungo
Laswell,
al
maestro
quattordici
gine abbia (ri) trovato se
Budd.
tracce che parlano di amo-
stesso.Abbassate le prese
La prospettiva assume una
re
come
della
condizione
dell’individuo
nel
di
giorni
ni
straordinari,
Biolay
normali
ha
di posizione, un brano sor-
composizione
mondo,
nione-furbacchione
come
maratona che brucia lenta-
e
Sugarless strizza d’occhio
mente di rintocchi, balsa-
ai
mi
gior-
Benjamin
potreb-
aurali,
spezie
psiche-
be forse gareggiare per il
deliche, aforismi tribali ed
miglior
inni afrotibetani. Le fluore-
chio di fabbrica grazie, na-
assieme
turalmente, alle molteplici
efficacissime)
esperienze con le quali si
chedeliche
è confrontato anche in ve-
Days
ste di produttore e non solo
Element o agli abbandoni
presente di menti seletti-
per
neworder-iani
post-curtis
ve, capaci di convogliare,
ren Ann, Coralie Clement,
d i A s l e e p A t T h e Tr i g g e r,
con la loro alchimia, inno-
F r a n ç o i s e H a r d y, e t c . ) . E ’
ma gli Autolux non hanno
vazione e sperimentazione
così che il materiale grez-
di certo macinato l’under-
con la classicità del jazz
zo
ground
accontentarsi
elettrico
prende vita attraverso quel
di così poco e dunque, con
morbida
processo alchemico che è
Blanket, si torna a rincor-
d’eniana memoria.
la
di
una
così
ovvero
ni
stesso
(vedi
Ke-
registrazione
detta
produzione:
e
brano
alle
For
dell’album
povere
(ma
scenze melliflue di compo-
tele
psi-
sizioni trasverse deliziano
Great
di romanticismo tecnologi-
Passenger
co, sostanziano passato e
di
The
The
per
culla
una
elettronica
rere il mito della distortion
Il
e con esso ricomincia, di
elitismi e le chiusure ari-
trasformar-
dei
duo
attraverso
suo-
prendere
sporchi
il
J r. :
una
suo brevetto, il suo mar-
se
sintetizzato
Dinosaur
aperta,
evita
spocchiosi
nuovo, il gioco di specchi
stocratiche
li attraverso un’idea forte
e di rimandi.
la tetragonia di tendenza,
in sound, in espressione.
Eraldo B ernocchi / Harold
Budd
Msic for “Fragments from In side”, (SUB ROSA / Audioglobe
2OO5)
trovando lucidità nella co-
Biolay in questo è diventato
un
mago,
così
come
molti autori contemporanei
francesi
che
negli
ultimi
anni prestano sempre più
importanza alla lavorazio-
di Antonio Amodei
Location:
Palazzo
del-
struzione
di
semantici,
grande
tipiche
nuovi
del-
mondi
arrangiati
gusto,
con
altrimen-
ti erosi con l’arte sublime
della
sottrazione,
silenzio.
sino
L’ i n c e d e r e
al
stra-
le Papesse, Centro d’Arte
bico e solenne è musica a
Ascoltando A l’origine più
Contemporanea
Siena.
tutto campo. Eterogenesi,
volte
Object:
Installazio-
radici popolari, versatilità,
ne del suono.
si
ha
l’impressione
58 sentireascoltare
Video
–
un
d’improvvisazione,
tracce di garbo post-rock in
des (7.2/10)
l’onestà contaminata di un
pò
rilascio, il secondo attinge
virus mutante di una me-
da Sigur Ros e dall’elettro-
tamorfosi
e
n i c a m i n i m a l e d e i Ta r w a t e r
Bohren & Der Club Of G o r e
Geisterfaust (Wonder, 2 o o 5 )
dissacratoria, condite con
; in entrambi i casi le sod-
di Antonio Amodei
senso del limite. I Nostri
disfazioni, seppur non nel-
Brillante
sono
la
del
interpretativa
fondamentalmente
forma
dell’originalità,
seconda
quartetto
prova
strumentale
No-Metal tedesco con sede
creature immaginifiche, in-
non mancano.
Proprio come s’è detto per
seguite
con
quanto riguarda cantautori
agio
nuovi caleidoscopi minimal
post-Kid A come Finn e Sé-
jazz dal doppio basso e dal
replicanti. Il gatto e il topo,
b a s t i e n S c h u l l e r, c i t r o v i a -
lentissimo mezzo passo.
dall’approccio
due
bimbi
alle
e
prese
con
soppresse
a Colonia, assai più a suo
con
gli
utensili
del
serissimo
mo di fronte a buoni, buo-
Tra le band più oscure del
alla materia, quasi sacra-
nissimi lavori d’artigianato
momento,
li,
pop-elettronico
nel
dei
rintocco
rimandi
e
elegiaco
dell’asinto-
nordico
to creativo, spontaneo ma
lenza
dolcissimo,
mente
gracile
nella
nei
si
di
stampo
le
quali
l’eccel-
retorici,
scorge
nelle
generale
maggior-
forme,
delinearne
i
diffici-
connotati
tetragonicamen-
te teutonici. Senza dubbio
più
parto delle nuvole pesanti
forza della grazia elettro-
in
weltan-
del black, se ne distanzia-
nica dei drones. (7.5/10)
shauung
complessiva,
no per l’adozione del noir;
B l i n d f o l d S elf Titled
Ö l v i s T h e B l ue Sound
( R e s o n a n t , 2005)
piuttosto che nel colpo di
poco inclini alla sofistica-
genio o nella folgorazione
zione, suonano dunque eli-
di
tari
un
nella
e
risulta
episodio.
S’apprez-
e
inequivocabilmente
zano i timidi drappi vocali
speciali. Geisterfaust (alla
(in odor di Jon Thor Birgis-
lettera, pugno fantasma…)
son) di Sleepless Nights, le
appunta cinque brani, uno
Resonant (etichetta ingle-
distese
per
se
ha
sugli scrosci dei glitch di
letro
ar-
di Edoardo Bridda
Due
ottime
nata
nel
annoverato
tisti
Do
uscite
1999
tra
i
Make
per
che
cinematiche
rette
ogni
dito
maniacale
segnaletica
di
lande
chiaroscurale.
American-Ra-
sche-
moncherini
Blindfold e le affascinanti
Pan
dello
umano,
Think,
suoi
Say
la
Bailiff
d i o h e a d d i I S e e Yo u T h r o u -
Impossibile da assorbirsi a
e i genovesi Port Royal),
gh Me per Blindfold, un al-
manciate, la piccola dose
parliamo degli Ölvis ovve-
bum che incrocia il pathos
sorseggia composizioni au-
ro Orlygur Thor Orlygsson,
ambiental emotivo mano a
stere, distrattive, dove ciò
alla seconda prova disco-
mano
avviciniamo
che accade, procede adat-
grafica, e dell’esordio dei
alle tracce centrali del suo
tivamente con le ausculta-
Blindfold,
percorso
Ta r e n t e l ,
Jessica
il
moniker
di
Biggi degli Ampop.
che
ci
cinematico-soni-
zioni dell’interiorità di un
co (7.0/10); per quanto ri-
milieux tombale, heidegge-
nella
guarda Ölvis segnaliamo le
riano, allocato con candele
capitale islandese e impe-
cosmiche distese e le lan-
infiltranti
gnati
Entrambi
residenti
nella
coscienza
sinuo-
guide vocalità di Acid Trip
dell’ascoltatore.
se di un pop raffinatissi-
Festival, Mental Freedom,
finger è un’esperienza li-
mo, glacialmente amabile,
Warfare And Welfare, End
quida
orchestralmente
dilatato,
of
ferormonica e microtessu-
ambientalmente
ovattato,
nelle
pieghe
the
N i g h t , J u p i t e r,
ma-
di
Zeige-
destrutturazione
neggevoli sinfonie in quat-
tale
Orlygur e Biggi, pur acco-
tro
minuti; Daumen impone la
munati da quest’approccio
v e n z i o n i t r a i To r t o i s e p i ù
Pax
avvolgente
sole
soffusi e il Douglas Pierce
da miliardi di gocce lussu-
esplorano
(cantautore) maggiormente
reggianti e petali carnosi
eppur
os-
languido, tra i Pink Floyd
d’aurale, albeggiante, per-
angolazioni
di Dark Side of The Moon e
cezione telescopica; Klei-
differenti: il primo nutre le
gli AIR di The Virgin Suici-
nerfinger è un concentrato
a
come
mezzanotte,
ambienti
simili
servandoli
da
il
minuti
e
abili
circon-
di
20,
glaciale,
interminabili,
magnificata
sentireascoltare 59
recensioni
Deerhoof
G r e e n c o s mos (Toad, 2005)
di ©2005 Daniele Follero
Se tutti i colori dell’universo si filtrassero attraverso un
prisma, il colore risultante sarebbe verde. Questa intuizione di alcuni ricercatori della John Hopkins University
deve aver colpito particolarmente i Deerhoof, che hanno
deciso di intitolare il loro ultimo lavoro in studio Green
Cosmos, proprio in riferimento a questa ipotesi di verdi galassie. Difficile capire il perché, ma, con un po’
di fantasia si potrebbe considerare questa teoria come
una sorta di metafora della musica della band di San Francisco: art-rock, noise, pop,
kitsch, prog, post-rock, il tutto filtrato attraverso l’ideale prisma della vena compositiva dei quattro, arrivati ad un livello eccellente di maturità stilistica che rende il
tutto di un’omogeneità e di una compattezza impressionanti, vista la varietà degli
elementi messi in campo.
Green Cosmos è un ep che più che anticipare nuovo materiale, conferma e rafforza le
idee musicali dell’ottimo Milk Man. Scariche soniche mischiate alla dolce e infantile
voce di Satomi Matzuzaki, motivetti da jingle pubblicitario arricchite di arrangiamenti
finissimi e un’irresistibile ironia di fondo. 15 minuti, nient’altro che un assaggino. Ma
che bocconcino prelibato!
L’ i n i z i a l e C o m e s e e t h e d u c k g i à l a d i c e t u t t a s u l l e i n t e n z i o n i d e l l a b a n d : u n m i n u t o
scarso di esplosioni di chitarre distorte e stoppate che fanno da sfondo alla vocina
di Satomi, che recita insistentemente la frase del titolo. La cantante si diletta in
quasi tutti i brani a cantare nella sua lingua madre, il giapponese. Ecco allora che la
title track si trasforma in una canzoncina da cartone animato nipponico, ma con un
arrangiamento notevole e un risultato altamente sarcastico; in Malalauma, invece, le
atmosfere si fanno più soffuse e ricordano il post-rock degli Slint nelle improvvise
scariche soniche. Impressionante come i Deerhoof riescano a concentrare in così
pochi minuti stili musicali così diversi, con voli pindarici che toccano la psichedelia
(Koneko Kitten), sfiorano la dance (Byun sembra una rivisitazione dei Subsonica fatt a d a g l i A r t B e a r s ) e a r r i v a n o f i n o a i C a r a b i ( S p i r a l G o l d e n To w n , s o r t a d i m i s c e l a t r a
reggae e polka su melodie pomposissime) per poi aprire una parentesi simil-vaudeville con Hot mint Air Balloon. Il marchio di provenienza è comunque lo stesso, riconoscibile come sempre, tanto che si potrebbe ormai parlare di uno stile-Deerhoof.
Se subito dopo Milk Man eravamo già curiosi per il suo seguito, ora non stiamo più
nella pelle.. (8.0/10)
sentireascoltare 60
di significanti distillati da
i C u t C i t y, u n t r i o S v e d e s e
rito di passaggio, un nuovo
una miriade di capolinanti
determinato a entrare nel
livello di consapevolezza,
strumenti.
Le altre dita perseguono il
frullatore dell’emul rock di
un ground zero per riparti-
questi
medesimo monolitico sub-
volta le alchimie di Joy Di-
re uguali e diversi.
Questo per spiegare
sonico ordito, quantunque
vision, XTC e Echo & The
ché non mi andava molto di
alcune
tracce
d’ordinata
tempi.
Ancora
una
per-
Bunnymen, vengono rilette
recensire l’esordio su lun-
intrusione malcelano il si-
alla
dell’importante
ga
lenzio di voci stupite bian-
riedizione
di
Camera 237, che proprio a
che, cool, distorte come le
tà da parte di gruppi quali
quello
flebili note di una chitarra
Interpol,
chiarano esplicitamente di
trattata, serpeggiante tri-
e The Hives.
stissima
Chitarre
meraviglia
tali
Franz
sonori-
Ferdinand
distanza
dei
pseudo
cosentini
genere
di-
rifarsi. Però, un po’ per la
refrain
citazione kubrickiana del-
l’inizio all’uscita del tun-
amfetaminizzati e quel de-
la ragione sociale, un po’
nel. Nessun raggio di luce
clamare dark-romantic che
per il nome di Fabio Ma-
all’orizzonte,
deserto
f a t a n t o m o d a ( To n i g h t , To -
gistrali tra i credits, mi si
della speranza, un iceberg
night I’m sending you this
è squagliata ogni remora.
neurale,
post
Al Magister è infatti affida-
il
che
una
dal-
luce
doom
affilate,
card),
sono
dunque
band può monitorare e tra-
gli
an-
ta la produzione artistica
sformare in positivo prelu-
che di questa formula sen-
d i q u e s t o Ve c t o r i a l M a z e ,
dio
consapevolezza,
za personalità ma almeno
che suona con quel tipico
sottraendo
compatta, efficace e cali-
misto di flagranza e nitore
pre più, sino al silenzio.
brata. Ed è il fattore che
che è un po’ il suo marchio
Nati dalle ceneri dell’har-
maggiormente
di
dcore band 71inch Boots,
la
alla
ottenuta
Bohren
l’altro
di
base
apprezzia-
fabbrica.
Ma
è
chiaro
mo di un gruppo che se da
che lui è solo un “principio
del
suono
una parte sciorina tuttalpiù
attivo”: ingredienti e abili-
dipana
verso
delle b-sides del gruppo di
tà ce li mette la band, che
Daniel
dispone
dimensione
dei
sem-
elementi
estremo
estetico,
K e s s l e r,
dall’altra
quindi
nove
“ca-
scremato, tattile, che tenta
è in grado di proporre una
mere” torbide e accorate,
l’impossibile
manciata
nove situazioni dalla strut-
sincretismo
di
tracce
suffi-
tra doom e darkness, sem-
cientemente
preché
frizzanti, fresche e senza
(meditazione,
fronzoli. (6.0/10)
ne, crescendo e deflagra-
la
un
sax
listening
Emergono
mantenga
orecchiabile.
di
pop
e
arrangiamenti
dal jazz classico, rimaneggiamenti
variegate
abbruciacchiati
aritmico,
armonie
tura
piuttosto
zione
Cam era 237
Vectorial
Maze
2005)
(Wallace,
sospensio-
nelle
canoniche)
prevedibile
combinazioni
ma
dal
cuore
vivo, palpitante.
E’ un merito notevole: se
di Stefano Solventi
da
mantiche e brutali, essen-
Probabile che non ascolte-
– sembrano quasi non pro-
ze
ectoplasmi
rò più un disco allo stesso
varci
beltà,
decapitate,
horror
grattugie
per
concilianti.
La
ro-
de-
un
lato
non
neppure,
riescono
sembrano
modo grazie al post-rock,
esteticamente
disinteres-
miurgo dell’angelo stermi-
ma
sati
nell’impre-
natore. (6.8/10)
le che non avrò più tanta
sa di restituire urgenza al
voglia di ascoltare un di-
“genere”,
Cut City
P o s t c a r d ( Gold Standard Labor a t o r i e s , m aggio 2005)
sco post-rock. In effetti, il
scorrere entro questi argi-
post-rock
da
ni flussi sonici struggenti,
tempo il suo appeal, e non
intensi, pervasi di un fa-
di Edoardo Bridda
c’è
scino
è
altrettanto
da
ha
probabi-
bruciato
stupirsi,
essendo
a
farlo
–
dall’altro
assieme
austero
e
scontroso
e
pro-
stato più una convergenza
amichevole,
e
funk-punk
sentimentale piuttosto che
febbrile.
Dando
Standard
Laborato-
un apparato di convenzioni
sione
controllare
ries (Rapture, !!!)arrivano
stilistiche. Un vaccino, un
con
Dall’etichetta
poste
Gold
avant
delle
di
fanno
l’imprestutto
un’autorevolezza
al
sentireascoltare 61
limite della solennità. Po-
David Pajo
Pajo (Drag City, 2005)
perlacea, quella psichede-
trebbero sembrare dei Mogwai - tolti quintali di furia
di Stefano Solventi
tro di queste ipotesi folk.
– alle prese con un reper-
Una carriera ormai lunga,
Ipotesi
che
torio
anche se non sembra. Pro-
latente
senso
prio
tà, strutturate come sono
apocrifo
Painters
Red
dopo
un
House
periodo
sabbatico passato a meta-
perché
simularsi,
lia strascicata, sta al cen-
spesa
a
a
dis-
nascondersi
sulla
inseguono
di
un
assurdi-
giustapposizione
di
bolizzare certa black mu-
dietro una missione, anzi
chitarre e voci lo-fi (l’hiss
sic a cavallo tra sessanta
un ruolo anzi un compito.
spampana sistematicamen-
e settanta (!). Ovvero, è un
Così, tanto per stravolgere
te i contorni armonico/me-
crogiolo fumigante e visio-
un po’ di coordinate ai roc-
lodici)
nario, una processione di
kettari d’ogni ordine e gra-
gitali
iridescenze
drammatiche,
e
ammennicoli
appena
di-
abbozzati.
do. In primis, sotto l’egida
Diciamo
un incrociarsi di arpeggi e
Slint: nel breve di due di-
trovata non è nulla di ec-
ugge
osti-
schi, il crollo e la (parzia-
cezionale, roba che ne ab-
nati ritmici e folate psych.
le) riedificazione del tem-
biamo già sentita a pacchi
Tra i pezzi, citerei su tutti
matematiche
e
subito
che
come
pio, praticamente tutta la
(da
r_rum/rvm, indefinito con-
parabola “poetica” del post
a Grandaddy a Sufjan Ste-
gegno
wave-soul
tra
loop
Linkous/Sparklehorse
rock. Chiusa la parentesi,
vens,
dense,
David s’ingegna ad esplo-
que, e in fondo, è scelta
raffiche marziali e pennate
robotici,
sincopi
per
dire).
rare altre ipotesi estetiche
adeguata
sospese. Meritano senz’al-
raggiungendo
canzoni.
tro citazione anche il valzer
To r t o i s e , c i r c a i q u a l i c ’ è
Le quali però – uff - sono
di
poco da aggiungere. Sono
preda degli inesorabili ri-
tra sussulti medievaleschi
gli
Pajo,
mandi che dicevo: per una
imbastito da camera n° 55,
quelli
potremmo
Let me bleed brunita Black
o la lenta eruzione funky
lucciole
malinconiche
anni
l’avamposto
migliori
ruggenti
di
dire. Ma anche più avanti
Heart
in coda a camera n° 77, o
non
il
tracce
noise
spampanato
(cir-
alla
Comun-
cifra
Procession
delle
e
illan-
di
lasciare
guidita come il Lanegan di
singolari,
mancherà
quando
I ’ l l Ta k e C a r e O f Y o u , e c c o
c a S o n i c Yo u t h ) t r a s p i a t -
non importanti. Sempre im-
una War is dead che con la
tate selvatiche di camera
mancabilmente mimetizza-
sua blanda rudezza stem-
n° 77 (parte b), e ancora
to dietro un moniker o una
pera lo Springsteen di Sta-
le
vibrazioni
sornione/mi-
collaborazione (eccellente
te trooper e di Spare par-
n a c c i o s e d i c a m e r a n ° 11 .
quella
Oldham,
ts; per una High lonesome
Così, tra riverbero e niti-
catastrofica - e inspiega-
moan che inscena un bru-
dezza, irruenza e ristagno,
bile - quella con Billy Cor-
sio
narcosi folk-rock e ipotesi
gan).
Oggi,
come altrove la voce è du-
jazz-soul, precipizi emoti-
vol-
plicata, col falsetto che si
vi e oasi sciroppose, ger-
ta, un disco a suo nome.
“sbina” solo nel ritornello)
mogli
E p u r e o m o n i m o . Ve r r e b b e
ed arpeggi bucolici Simon
da
&
gini
rock
indolenziti
e
“ambientali”,
dei
farrail
Camera
post
237
si
con
per
Will
la
prefigurarlo
prima
il
suo
di-
vocale
floydiano
Garfunkel,
c’è
la
spu-
sco più scoperto e perso-
dorata
offre come un’architettura
nale,
Smith (qui più che altrove)
poeticamente devitalizzata
Pajo il cantautore. Invece,
di
ma vitalissima nella forma.
sorprendentemente almeno
rendo, per una sarabanda
La sostanza segue a ruota.
per chi scrive, è un disco
citazionista capace più di
Ragion
che paga molti debiti pra-
frastornare
ticamente in ogni canzone.
casomai questa fosse sta-
In primis al fantasma di El-
ta
liott Smith: lui, la sua cal-
ciò, sembra crederci dav-
ligrafia pigra e delirante,
vero, il buon David. Sarà
quella trepidazione madre-
anche
per
cui,
(6.6/10)
62 sentireascoltare
chapeau.
la
consacrazione
di
emulazione
(qui
Icicles.
E
via
che
l’intenzione.
un
vezzo
Elliott
discor-
d’irretire,
Con
–
lo
tutto
è
-
questo teatrino di masche-
mi in levare (in bilico tra
to con la Parlophone dopo
re inafferrabili, ma riesce
la
i
appena un anno dal primo
a spiattellarcelo col giusto
nuovi
e
concerto e già sulle coper-
trasporto. Per cui l’ascol-
teatralità vocali degne del
tine delle riviste specializ-
to procede tutto sommato
Peter Murphy più ispirato,
zate costituiscono tuttalpiù
piacevole. Fino a che non
il
una
s’incontra Francie, la trac-
ton mostra buone capacità
agli Interpol, con la sfor-
cia conclusiva - dove una
di scrittura ed esecuzione,
tuna di essere arrivati un
ballata si mantiene prodi-
che
po’ tardi. Anche questo, un
giosamente allo stato em-
territori familiari al feno-
inequivocabile
brionale, ruminando ener-
meno emul per eccellenza,
nostri tempi. (6.4/10)
gia
sintetici,
gli Interpol. Rispetto alla
loop di chitarra e una nar-
band di Paul Banks e soci,
razione greve in primo pia-
i Departure sfoggiano però
Dj Balli Is The Wrong N i g g a T o
Fuk Wiz! (-Belligeranza , 2 0 0 5 )
no – e finalmente realizzi
un piglio sicuramente più
di Edoardo Bridda
il “quid” alieno dell’autore
straight-edge
e
appa-
Dj Balli non ha forse biso-
e
rentemente
meno
incli-
gno di presentazioni: figu-
pop,
ra di culto negli ambienti
tra
effetti
assieme
quanto
questo
old
school
Franz
e
di
Northamp-
portano
-
spesso
–
alternativa
segno
dei
ne
ne sprecata. (6.0/10)
mettendo in scena spesso
rave
e volentieri un suono spi-
critica specializzata (Ste-
goloso
fano
del
Bianchi
su
tutti)
paragonato a Kid 606 -, il
musicista
recupero
discutibile propensione al
affermato in Italia (ma an-
anni
melodismo romantico tipi-
che a livello europeo e in
camente
special
che
travolgendo
la
All
I.
e Time evidenziano un’in’80
come
tuttavia
dalla
- tanto da essere spesso
degli
momenti
acido;
apprezzato
ped Out, Arms Around Me
culturale
sta
e
e
Map-
di Antonio Puglia
Nell’ottica
compromesso
in
possibile
Pajo sia anche un’occasio-
Departure
D i r t y W o r d s (Parlophone / EMI,
2005)
al
War
Ferdinand)
quintetto
li
di
eighties
(in
più
bolognese
modo
in
si
è
Francia)
questi
di un momento vengono in
come figura di riferimento
anni (rappresentandone in
mente Psychedelic Furs e
della scena breakcore, eti-
tutta
tratto
Chameleons, due tra i re-
chetta bastarda figlia pu-
più significativo), c’è sem-
ferenti più immediati della
tativa di quella drill’n’bass
pre
ripescare
band di Antics, tra l’altro).
che
romanticismo,
In definitiva il risultato non
l ’ A p h e x Tw i n s e c o n d a m a -
appannaggio di certa new
deluderà
niera
wave
Bunnymen
passionati del genere, sia
sanfranciscoiana
in poi, magari impreziosito
vecchi che nuovi; purtrop-
Blectum from Blechdom e
con spruzzate di decaden-
po il rischio che corre tutta
Kid per l’appunto).
tismo à la Bauhaus / Cure.
questa nuova generazione
Sempre
Detta così sembra più una
di musicisti è proprio quel-
compromessi,
ricetta
una
lo di passare inosservati o
musicista, grazie a armi da
in
di venire esaltati non ap-
taglio al coriandolo e brac-
sostanza è ciò che espri-
pena si calcano le scene
cio armato macrobiotico -
mono gli esordienti Depar-
(che spesso risulta essere
…l’arto Sonicbelligeranza -
ture, protagonisti insieme
la stessa cosa).
, si è distinto dalla mischia
a
B r a v e r y,
Sono molto lontani i tempi
dei wiz kids amfetaminici,
Art Brut e Wilderness del-
in cui quattro giovani irlan-
oltre che per le accattivan-
la
desi puntavano dritti verso
ti soluzioni turntableiste in
il futuro costruendo passo
up and down tempo, anche
di
dopo passo un lungo per-
per un indubbio gusto kit-
scuola Edge (di cui il chi-
corso che li avrebbe por-
sch nei campionamenti che
tarrista Sam Harvey è im-
tati in cima al mondo; oggi
lo hanno portato a paccot-
pressionante epigono), rit-
i Departure, sotto contrat-
tigliare Casadei e mazur-
scena
un
musicale
di
probabilità
spazio
tipo
da
formula
U2
e
culinaria
che
musicale,
Maximo
più
per
di
il
Park,
recente
emuli.
Tra chitarre
ma
ondata
taglienti
di
di
certo
gli
ap-
fu
e
caratteristica
poi
della
estremo
del-
“scena”
( L e s s e r,
e
senza
l’istrionico
sentireascoltare 63
recensioni
M a t t h e w H e rbert
P l a t D u J o u r (Accidental / Wide, 2005)
d i Va l e n t i n a C a s s a n o
E r o d a v v e r o i m p a z i e n t e d i a s c o l t a r e P l a t D u J o u r, n u o v o
a l b u m d i M r. M a t t h e w H e r b e r t , p e r c h é s i , l o a m m e t t o ,
ho un debole per questo piccolo genio dell’elettronica
inglese. Anche quando si nasconde dietro improbabili
moniker ( Doctor Rockit in ambito electro-jazz, Wishmountain poi Radioboy nella versione techno, nome e/o
cognome per tutto il resto), la sua mano si riconosce
all’istante. Musicista, dj e produttore dalla fantasiosa
e multiforme creatività (visto recentemente all’opera per l’intrigante debutto solista
dell’ex Moloko Roisin Murphy), in dieci anni di attività ha trovato il modo - sampler
estrapolati da ogni tipo di fonte organica - e il tempo - tra una performance al Sonar
ed una al Montreux Jazz Festival - di esplorare circuiti sonori quanto più diversi, ma
sempre all’insegna dell’indipendenza (sue sono le label Accidental e Soundslike) e
dell’integrità artistica (da notare il “Personal Contract for the Composition Of Music”,
una sorta di promemoria personalmente stilato e aggiornato).
A rimarcare poi la sua natura di uomo tutto d’un pezzo - nel caso non fosse abbastanza chiara - è il messaggio politico (un’eresia?) di cui la musica si fa portatrice. Che sia una critica esplicita, come i titoli - nonché vere e proprie fonti di suoni
- di The Mechanics Of Destruction del 2001 firmato Radioboy ( McDonald’s, Rupert
Murdoch And Vivendi, Coca Cola, Henry Kissinger sono solo alcuni, e non è un caso
che l’album non sia stato commercializzato, ma regalato durante i live e messo gratuitamente in download sull’omonimo sito) o si tratti solo di un’allusione, come la
scelta di campionare le funzioni del corpo umano - con i microfoni utilizzati dagli
amici Matmos - nella melanconia jazz-house di Bodily Functions, dello stesso anno
ma a nome Herbert (in risposta all’edonismo imperante di questi anni), il Nostro
non perde occasione per dire la sua. Non lo ha fatto quando si è trovato a scrivere
composizioni in stile Gershwin per la sua Big Band in Goodbye Swingtime del 2003
(i fruscii che si riescono difficilmente a percepire provengono dalle pagine dei libri
d i N o a m C h o m s k y, M i c h a e l M o o r e e J o h n P i l g e r, i n s e g n o d i p r o t e s t a p e r l ’ i n v a s i o n e
d e l l ’ I r a q ) , f i g u r i a m o c i s e p o t e v a s o t t r a r s i a l l a s u a m o r a l e n e l l ’ u l t i m o P l a t D u J o u r. E
così sia, allora.
Dopo una ricerca con il fido registratore attraverso tutto il Regno Unito durata due
a n n i ( a l f i a n c o d i e s p e r t i e a u t o r i t à ) e d o p o s e i m e s i d i l a v o r o i n s t u d i o , M r. H e r b e r t
ci svela i segreti del cibo, o meglio, i segreti delle grandi corporation dell’industria
alimentare. E quindi ecco che il verso di 30mila polli, 40 galline e 24mila pulcini
appena nati - tutti di allevamento - dà vita a The Truncated Life Of A Modern Industrialized Chicken, al ritmo scandito quasi orientaleggiante di una dozzina di uova
biologiche rotte in una ciotola di pirex, mentre una miscela di ben nove differenti
sentireascoltare 64
marche di acqua minerale fa scivolare in un’atmosfera jazzy These Branded Waters,
accompagnata dalle percussioni del fondo di una bottiglia san pellegrino, a 182 bpm
(in riferimento ai 182mila litri di acqua necessari per fare una tonnellata di acciaio)
per una durata di 5’30’’ (dove 53 è la percentuale della copertura sanitaria nel Bang a d l e s h ) . To c c a p o i a l c a f f è r e n d e r s i p r o t a g o n i s t a d i A n E m p i r e O f
Coffee, 60 semi di robusta (un tipo di qualità) stillati in un contenitore di roundup,
pesticida usato dalla monsanto (nome noto nel mondo delle biotecnologie e del transgenico), su un frenetico sampler di tazze, lattine e confezioni di caffè (in particolare
nestlè), come se ci si trovasse all’interno di una delle grandi fabbriche produttrici.
Altro colpo messo a segno è la frizzante Celebrity - a metà tra house e hip hop a
suon di pepsi -, unico brano cantato in cui la cristallina voce di Dani Siciliano si fa
gioco delle star (viene citata una certa Beyonce…), gli sponsor più richiesti quando
si tratta di alimenti per bambini dal dubbio valore nutritivo (tra i bersagli preferiti
del Nostro troviamo i cerali del film animato Shrek). Sono questi gli episodi migliori
- insieme alla cartoonesca leggerezza ritmica di The Final Meal Of Stacey Lawton,
che in realtà si riferisce all’ultimo pasto consumato dal condannato Lawton, prima di
essere giustiziato - di un piccolo vademecum sul linguaggio internazionale del cibo,
anch’esso sempre più globalizzato.
Idealmente divisibile in due, la seconda parte di Plat Du Jour non brilla però per
accessibilità e gradevolezza, dispiace ammetterlo. Pur non risparmiando da critiche
l o z u c c h e r o ( H i d d e n S u g a r s p o t r e b b e t r o v a r s i a n c h e s u u n a l b u m d i R a d i o b o y, n o n
f a r e b b e a l c u n a d i ff e r e n z a ) , l e b a r r e t t e d i e t e t i c h e ( F a t t e r, S l i m m e r, F a s t e r, S l o w e r )
o i l p r a n z o d e l p r e s i d e n t e a m e r i c a n o B u s h c o n i l p r i m o m i n i s t r o b r i t a n n i c o B l a i r, p e r
ringraziarlo del suo appoggio in Iraq (la cacofonia assordante di Nigella, George,
To n y A n d M e ) , H e r b e r t s e m b r a c a l c a r e u n p o ’ l a m a n o c o n c a m p i o n a m e n t i e f i e l d r e cording, tanto da far suonare il tutto come un riciclaggio di tecniche (la delicatezza
melodica di The Nine Seeds Of Navdanya e Waste Land non è poi molto distante da
q u e l l a d i B o d i l y F u n c t i o n s ) . Te c n i c i s m o d i c u i è u n i n d i s c u s s o l e a d e r - e d i o t t i m e p r o ve ne abbiamo avute a sufficienza -, ma che nell’insieme risulta fine a sé stesso, se
non proprio autocelebrativo. Insomma, mi pare che la grandiosità del progetto abbia
fatto perdere al piccolo genio il filo del discorso, concentrandosi più sul contenuto
politico, a cui spetta un meritato 8/10, e meno sulla forma musicale, che deve invece
accontentarsi di un (6.7/10)
che in furiosi spara e fug-
di forchetta del macchero-
dopo
gi
ritmici,
a
farcire
ni west entrano dunque nel
il cameo con un flavor hip-
humor che lo conduce ora
collage
hop
con l’eppì From The Insi-
una allusiva/disillusiva/en-
di
roland,
rottami
sonici)
de a saccheggiare il patri-
doscopica
in
perfetto
ghetto
blaster
monio audiofonico popolar
più che alle fotografie del-
newyorchese
televisivo in quello che lui
le città italiane porta diritti
spalla facoltativa).
stesso ha definito “un di-
alle
Ve r a m a t e r i a p r i m a p e r d j
sco utensile per dj”.
tomiche della famosa band
non
grindcore Carcass.
dal vivo al Vicolo Bolognet-
L’ a l m a n a c c o
caratteristico
hamburger
del
giorno
avant-classico
copertina,
lastre
di
che
intestinal-ana-
suite,
l’eppì assume le sembian-
l o s c o r s o 11 l u g l i o d a B a l l i
ze
n.9
in persona, From The Insi-
che alcuni cavalli impazziti
con
del
de ha sprigionato tutto il
(uno di questi sicuramente
bianco
Lennon
e
qualche
lato oscuro della forza con
Nestore) e tanti spari e giri
grasso
nerone
in
pennica
risultati
nella
parte
nel
presentato
vatore Baccaro, come an-
Revolution
ti
allienati,
a
gesta dell’attore trash Sal-
Balli
di
(radiolona
Ascoltato
una
mo’
sincopi
dopo, il carosello e pure le
di
a
(breakbeat,
capoluogo
tra
il
emiliano
devastan-
sentireascoltare 65
te e l’ilare; tra i momenti
pea del 2002, ne è illustre
defessi, stuzzicare i nuo-
migliori la soundtrack che
vi arrivati), e di svalutare
fu del nostro Meteo spal-
esempio.
Soltanto due brani. Il primo,
mata
sui-
Dissolution III, è un flusso
show veri e propri. La ti-
te lisergica, e persino (in
continuo di suoni irti ge-
tle-track era già presente
fuoriprogramma)
di
nerati dalla sola chitarra,
in
Forza Italia massacrato a
basato su continui richiami
2005). Tiratura
colpi
alla
1500 copie. (3.8/10)
in
un’ipnotica
di
l’inno
scratch,
glitch
e
scena
psych
neo-ze-
persino la portata dei live
070796LIVE
(Autofact,
limitata
a
campionamenti belligeran-
l a n d e s e . Ta l v o l t a c i s ’ i n a l -
ti, l’ideale aggiornamento/
bera per pochi secondi, ma
adattamento nostrano del-
si torna presto a dronare
la
con la medesima intensità
Esmerine
Aurora (Madrona / Souther n ,
2005)
per tutti i 15 minuti scarsi
d i Va l e n t i n a C a s s a n o
della sua durata, al mas-
Nel
nel-
simo accentuando la dina-
verso il giorno, un chiaro-
straight
mica di un nonnulla. E’ un
re proveniente da oriente
edge lavora senza compro-
brano
affidamento
avanza, prima che il sole
messi e con le lampadine
alle svirgolate distorte con
si alzi nel cielo. E’ l’auro-
dell’ingegno sempre acce-
pigmentazione
ra.
se sopra la console.
Deicide, ma spesso virati
fugace da confondersi con
Nella copertina dell’album
all’atonalità ostentata.
l’alba.
appare
Living In The Gleam Of An
so, fisico dell’oscurità con
non è un disco breakcore”
Unsheathed
una
la luce, quando si è anco-
…ha
ciclopica
che
ra
Star
Sprangled
Banner
hendrixiana.
Analogon
di
Billy
(fortunatamente
l’aspetto),
Corgan
solo
Balli
lo
sticker
ragione,
“questo
ma
lo
può
che
fa
death
Sword
alla
-
maratona
volgere
Un
della
momento
talmente
L’ i n c o n t r o
lontani
notte
amoro-
dall’esser
niti-
diventare in qualsiasi mo-
sfiora l’ora di durata - rie-
di, ma non si è più avvolti
mento. (7.0/10)
sce a fare di peggio. Car-
dai foschi drappi delle te-
lson
nebre. Un attimo visibile,
si
Earth
L i v i n g I n T h e G l e am Of An Un s h e at h e d S w o r d (Troubleman
Unlimited, 2005)
dalla
di Michele Saran
fa
accompagnare
batteria
Adrienne
suonata
Davies,
forse in misura maggiore,
mentre
in quella porzione di volta
i
celeste che sovrasta Mon-
suoi fuzz più monolitici e
tréal, dove l’immaginazio-
avari della benché insigni-
ne
La recente attività disco-
ficante
Esmerine
grafica
Carlson
qualche
è ben misera. Live album,
razione,
demo-tape, raccolte di re-
zone
della
dovizia di particolari, una
mix. Tutti ponti (ormai al-
tessitura). A questo si ag-
lungati
all’inverosimile
e
giunga la mastodontica du-
vivida istantanea.
Infatti Aurora è il titolo del
sempre
più
verso
di
Dylan
riprendono
da
imperterriti
concessione
leggera
di
nonché
(solo
accelescontate
rarefazione
e
la
Cawdron
sensibilità
degli
(ovvero
Bruce
e
Beckie
Foon)
riescono a scattarne, con
rata, per la quale arrivare
loro secondo album: uscito
la nuova opera di studio, il
ad
è
a due anni di distanza dal-
seguito dell’ormai arcaico
opera monumentale anche
l’esordio If Only a Sweet
ultimo album a nome Earth,
per
Surrender to the Nights to
quale
fragili)
ascoltarne
il
più
la
metà
paziente
degli
ascoltatori.
Come
1996). Quando arriverà, se
Te r r i b i l m e n t e i g n a r o d e l l e
seguendo le stesse coordi-
arriverà.
nate, allungando le traiet-
Pentastar
(SubPop,
conseguenze
a
ci si deve sorbire questa
va
questo
paccottiglia
nico
Per
il
di
momento
materiale
incontro,
erroraccio
cui
andatita-
discogra-
Be
torie,
uno
True,
si
proiettandole
spazio
muove
verso
infinito. Tutto
di bassa qualità. Living In
fico raggiunge con tronfio
è costruito attorno alla co-
The Gleam Of An Unshea-
eroismo
stante,
thed Sword, registrato dal
tivo di far sprofondare le
presenza
vivo durante alcune delle
forse oneste intenzioni di
voce
date
Carlson (sfamare i fan in-
puramente strumentali so-
della
tournèe
66 sentireascoltare
euro-
il
duplice
obiet-
di
e
quasi
del
sei
invasiva,
violoncello,
composizioni
stanziate
da
primitive
ed
naturali,
apprestandosi
a
la
potenza
aggressiva
diventare una compiacente
Chrome
a
soundtrack per animi fragi-
ming velocissimo e chitar-
li nel prossimo inverno.
re segate più che suonate,
(6.7/10)
ferme su un’ unica nota.
differenza
progetti
dei
che
li
diversi
hanno
vi-
sti protagonisti (Godspeed
Yo u !
Fire
Black
To
E m p e r o r,
Flames,
A
Set
Silver
Mt. Zion), in questa nuova
creatura
Cawdron
e
Foon
Ex Models Feat. Kid Millions
Chrome Panthers (Psychotica/
X-Mist,2005)
non lasciano mai che il fu-
di Daniele Follero
rore prenda il sopravven-
Chi
to.
Swans
La
tipica
struttura
in
ricorda
sommato
drum-
un
lavo-
ro interessante, anche se
probabilmente
rimarrà
esperimento,
un
difficilmente
ripetibile vista la radicali-
Cop
forse
Tutto
Panthers:
di
energiche percussioni, ma
degli
condividerà
tà della proposta musicale.
Interessante
sarà
se-
post-rock
con me, ascoltando questo
guire gli sviluppi di questi
- seppur minima - rimane,
ep, il ricordo di quel pe-
esperimenti
senza sfociare però in un
sante ripetitivismo ipnoti-
per scoprire in che modo
fragoroso noise chitarristi-
co, di quella musica sen-
possano
co (cifra stilistica dei Mo-
za compromessi. Con uno
turo prossimo della band.
gwai) o nella magniloquen-
stile molto più nervoso e
(7.0/10)
za orchestrale; preferisce
schizofrenico i newyorche-
piuttosto
si Ex Models ripercorrono
crescendo
del
una
deflagran-
nel
fu-
Fear Of Music
Self Titled (Blowout / W i d e , l u glio 2005)
quella
corsa in chiusura di Quel-
fatta
ques Mots Pleins D’Ombre,
ripetuti
incredibilmente
placida
a
ossessivo
Mentre il revival wave ot-
un
continuum. Chi è abituato
tanta impazza, dando sem-
a
pre più la sensazione che
suo
piaceo
attacco),
dialogo
op-
marimba-
di
musicale
incidere
te batteria (la forsennata
nel
filosofia
“minimalisti”
monoliti
elettrici
all’infinito
comporre
un
ricercare
puro
quasi
piacere
di Edoardo Bridda
glockenspiel-violoncello
fisico nella musica non è
la
(la tensione dei quasi di-
proprio l’ascoltatore idea-
finita,
ciasette minuti di Histories
le di questo disco. 6 tracce
scalano la marcia del Glam
Repeating
estreme,
(Hard)
As
One
Thou-
coraggiose,
os-
mareggiata
le
buona
sia
leve
che
nuove
Rock
per
nuovo
sand Hearts Mend) oppure
sessive in cui i graffi delle
millennio
un estatico pianoforte sul
chitarre vanno letteralmen-
con loro i decibel, il pathos
quale s’innestano le malin-
te in loop con la batteria
e chiaramente i farsetti.
coniche corde della Foon,
martellante di Kid Millions
Il
nome
circondati
degli
il
titolo
da
nel
accennati
bel
mezzo
disturbi
ru-
del
Oneida,
nelle
collaboratore
Se
That’s
vesti
non
il
Fear
mancano
Of
e
Music
dell’album
-
della
d’ecce-
s v o l t a “ e t n i c a ” d e i Ta l k i n g
funny
Heads - come anche il riff
moristici (la splendida Why
zione.
She Swallows Bullets And
don’t feel like a shithead e
I
coriaceo
Stones).
Nonostante una caduta di
Headlines conservano an-
della prima traccia A Stran-
cora qualche richiamo alla
g e K i n d O f Te r r o r o l e s o -
tono
al
sintetizzatore
Spring
no wave (suonata però su
norità plagio da Pixies-Ra-
Tide, Neap Tide, Flood (un
un disco graffiato che ri-
diohead di Skin & Bones,
riempitivo
in
Ebb
Tide,
campane
pete sempre lo stesso riff),
non
e campanelli di cui, fran-
in brani come l’intro Chro-
ganno: il quartetto di Man-
camente, si poteva fare a
me
ame-
c h e s t e r, c h e r e c e n t e m e n t e
meno),
ricans
qualsiasi
ha firmato per l’autoctona
solo
Aurora
rimane
un
panthers
si
e
Buy
perde
devono
in
parvenza di forma, preva-
indie
luminosi in paesaggi lunari
le la distorsione più pura,
che
cercare
una
che l’occhio umano non è in
isolata.
via,
sembra
ricalcare
grado di cogliere, un gla-
E’ però nella finale Chro-
tutto e per tutto le sono-
ciale tepore dai movimen-
me
rità
ti gentili, accurati eppure
potentemente
dove
si
più
pre-
esprime
di
Blowout,
in-
album fotografico di scorci
hearts
label
trarre
evidenti
più
propria
in
bignamini
quali Placebo e soprattut-
sentireascoltare 67
recensioni
Melvins
Mangled Demos From 1983 (Ipecac / Wide, 2005)
di Lorenzo Filipaz
King Buzzo e Dale Crover hanno sempre voluto essere
nei Kiss, apprezzandone soprattutto la macchina mitopoietica e la cifra buffonesca della loro tracotanza. I
Melvins hanno costruito il loro motore sulla base dello
stesso progetto, trasponendo sovversivamente questa
egoarchia parossistica nei torbidi circuiti dell’underground americano.
In linea con questa politica hanno foraggiato i loro fan, soprattuto negli ultimi tempi,
di demo, bonus-tracks e alternate takes attraverso una pletora di ristampe e compilation, istoriando via via la loro discografia con sempre nuove leggende sulle origini.
Con Mangled Demos siamo arrivati alla Genesi, ci troviamo infatti alle prese con le
primissime registrazioni, quando Crover non era ancora della partita e i Melvins erano quindi Buzz Osborne, Matt Lukin e Mike Dillard.
E r a i l p e r i o d o i n c u i B u z z o p a s s a v a a C h r i s t N o v o s e l i c i d i s c h i d e i F l i p p e r, d e i C i r c l e
Jerks, dei Black Flag… era il periodo della “promiscuità” con i futuri Nirvana in effimeri progetti come i Fecal Matter (con Cobain alla batteria, Crover al basso e Dillard
alla chitarra!). I protagonisti avevano 18-19 anni, l’indie americano era ancora in fasce ed il concetto di Alternative non era ancora nato. Ed è proprio il valore storico a
rendere alettanti questi Demos anche al di fuori della cerchia dei più infoiati melvinmaniaci, si tratta infatti di una full-immersion in quell’oscura e brulicante brodaglia
chiamata post-hardcore, dalla quale avrebbero attinto linfa malata Butthole Surfers,
Scratch Acid, Cows, Big Black.
I Melvins erano appena passati dalle cover di Hendrix e Who al punk di Sex Pistols
e Black Flag e nel testone di Buzzo (ancora piuttosto contenuto all’epoca) allignava
già la luciferina idea di unire l’hard-rock/metal all’hardcore-punk, incrocio su cui sostanzialmente avrebbero poggiato le impalcature di tutto l’Alternative a venire, dal
grunge al thrash.
Come si può facilmente arguire dall’ascolto le componenti erano nel ’83 ancora piuttosto disgiunte, così in qualche pezzo affiorava la più plumbea polpa sabbathiana
(vedi le due takes di Matt Alec), altrove emergeva invece la più feroce ignoranza
hardcore (come in Pencil o nella prima versione di Forgotten Principles, poi nei singoli), capitava anche che si giocasse d’eclettismo combinando insieme le due anime ma senza imbastardirle (Flowers) ma poi ecco che infine le cose inziavano ad
amalgamarsi in stupefacenti hard-rock settantini iniettati di lascivia punk (I’m Dry)
o in numeri hardcore declinati in spirito metal (la prima versione di Snake Appeal).
Siamo ancora ben lontani dalla formula di 10 Songs e Gluey Porch Treatments fatto
di magma proto-doom dalle sfumature sludge (anche se il loro primo classico Set Me
Straight qui presente indica già la via) a cui Buzzo giungerà soltanto con l’apporto
d e l d r u m m i n g m a s s i c c i o e f u n e r e o d i C r o v e r, m a p r o p r i o i n r a g i o n e d e l l ’ a m a r o g n o l a
immaturità del frutto esso ci risulta pregiato.
sentireascoltare 68
I fan non potranno non apprezzare la chicche, come la primissima registrazione del
gruppo ad un Elks Lodge Christmas Broadcast (!!!), mentre chiunque sia interessato
alle dinamiche dell’humus proto-indie americano degli ’80 troverà imperdibile l’alto
valore storico di questo artefatto, il quale - come si può facilmente intuire - è inversamente proporzionale al suo valore musicale, per questa ragione siamo costretti a fare
un’infelice media e approdare a un freddo e politico (6.0/10) gruppo ad un Elks Lodge
Christmas Broadcast (!!!), mentre chiunque sia interessato alle dinamiche dell’humus
proto-indie americano degli ’80 troverà imperdibile l’alto valore storico di questo artefatto, il quale - come si può facilmente intuire - è inversamente proporzionale al suo
valore musicale, per questa ragione siamo costretti a fare un’infelice media e approdare a un freddo e politico (6.0/10)
to Muse. C’è da dire che lo
Impressionista
fanno nel migliore dei modi
scurale
( A S t r a n g e K i n d O f Te r r o r ,
situazionista
e
Millions Screaming), come
sta
stesso,
anche che, con ogni proba-
saccheggiare a destra e a
bilità, il loro rock epico e
manca non guasta, per chi
stereotipato farà la felici-
mira
tà dei soli a ficionados del
mento (stile l’ultimo Mozart
genere. (6.0/10)
alimentare…)
F i n a l F a n t a sy
H a s A G o o d Home (Tomlab /
Wide, 2oo5)
al
ma
tempo
a
e
chiaro-
incisivi
non
troppo,
w h i s k y, m a c h e , p e r i l m o -
razionali-
mento, generano arsura e
comporre
a
ché
paga-
arrangia-
secchezza delle fauci. Se
son rose… (5.0/10)
Finn
The Ayes Will Have It ( S u n d a y
Service / Wide, luglio 2 0 0 5 )
Alle periferie delle mappe
meno
illustri.
Il
clichè del genio pazzoide
che della strada fa tesoro,
lo fuori dal coro, in libera
nista negli Arcade Fire e
al
di Edoardo Bridda
e
To r o n t o è l a s c e n a p r o m e s -
gne di Owen Pallet, violi-
crema
illustri
la metafora del menestrel-
si direbbe, stando alle la-
una
menti per archi per locali
di Antonio Amodei
sa della terra neofolk. Non
di
uscita
e
funambolicamen-
te proletario, non regge di
fronte a sfaccettature monotone,
desolanti
ma
non
pop del dopo Kid A, a Nord
o forse ancora più a Nord,
vicini al Polo, nascosti nei
fiordi oppure nel fondo di
una
piscina
brulicano
tautori
abbandonata,
miriadi
intimi
romantici
e
e
di
can-
uggiosi,
appartati.
Un
titolare del progetto Final
sussurranti.
Fantasy: troppo pop perché
La selezione timbrica non
gato alle sinapsi dei loro
convinca
dilata
concrescimento
cervelli e di certe serialità,
i
ruralisti,
poco
un
cuore elettronico è colle-
intimista per suonare ma-
strutturale,
elettrolitica-
troppo comode e potenti: è
linconico, troppo raffinato
mente insolubile; il lirismo
troppo tardi per potersene
per suscitare le brume dei
trasuda una precottura sti-
disfare, per reincarnare un
violini stile Dirty Three. La
lematica,
bios che non c’è più.
Penguin Cafè Orchestra lo
twilights di confine e nu-
I circuiti vengono tuttavia
citerebbe per plagio (ono-
trendosi
mi-
addomesticati, certi smal-
re
stificazioni, dedite all’ac-
ti analogici emulati, come
Jeffes…), dopo un giro di
calappiamento
altrettanto
consultazioni
modaioli, cui somministra-
chitarre e violini, corde e
di Michael Nyman e Steve
re
archi
Reich. Per ciò che concer-
temi facili facili dello steel
degli alberi, dei boschi e
ne il tributo a Nick Drake
pedal, mascherati di ruggi-
di lì… ecco il dispiegarsi
(Adventure.
ne esistenzialista.
della neve, l’ovatta, la so-
orecchie per ascoltare…
Certo, la classe non è ac-
litudine e la melanconia. Il
Di
qua. E qui, di liquidi ce ne
mondo sintetico che sogna
sarebbero,
il
al
compianto
materia
trattasi:
con
Exe),
da
Simon
i
legali
chi
ha
classifica
melodie
stantie
e melomanie epidermiche.
senza
di
generare
sommarie
acquarelli
di
mercati
ridotti
meno
coi
melliflui
di un caffè irlandese, più
La
al
accade
sapor
reale,
del
per
legno,
l’incontaminato.
Natura
lontana
dagli
sentireascoltare 69
Uomini.
Dopo
Sébastien
S c h u l l e r,
te della promozione e del
proposta che unisce i so-
marketing.
praccitati
E
Speculate,
elementi,
allo-
è il turno dell’amburghese
Speculate - per voce, ar-
ra le aspettative si alzano
Patrick
calpesta-
chi e arpeggio di chitarra
re i bianchi sentieri e la-
- non sarà capolavoro, ma
vertiginosamente.
Stiamo parlando di
sciare tracce sul terreno,
almeno specchio nel qua-
Was The Pace Of My Hear-
e
Zimmer
due
le intravediamo più slancio
tbeat
anni di distanza dal graci-
che forma , maggiore cen-
del trio pianistico In The
l e e s o r d i o E x p o s e Yo u r s e l f
tratura nell’evocazione che
C o u n t r y. Tr e g i o v a n i e d a f -
To L o w e r E d u c a t i o n ( 2 0 0 3 )
nelle vernici, come accade
faccendati musicisti - Mor-
con il nuovo The Ayes Will
anche in No, I’m Not, l’uni-
ten Qvenild al piano (già
Have
ri-
ca in cui la voce del No-
nei Jaga Jazzist, ora mem-
sultati in tutto e per tut-
stro è scoperta e vibrante
bro degli Shining e dei Na-
to similari al citato autore
(un po’ come piacerebbe al
tional
di
questo
avviene
It,
che
a
presenta
,
album
This
Bank,
nonché
biondo Chris Martin).
e
L’ o m i n o f u m e t t o i n b i a n c o
sanna),
menti e naturalmente Ra-
e nero nel complesso fila,
basso (presente anche nei
diohead e Sigur Ros come
anche se i suoi tratti co-
progetti Dump e Subtonic)
riferimenti
Perplessità
orchestra
vera
dunque, ma anche bei mo-
Happiness.
intera
d’esordio
Roger
di
Su-
Arntzen
al
che,
minciano a convergere ver-
e Pål Hausken alla batte-
anche in questo caso, ani-
so una funzione che va da
ria (quarto componente del
mano una dialettica dalla
qui al prossimo enfant pro-
Tub Quartet e parte fonda-
fragranza
dige (indie) pop-tronico.
mentale della country band
Non
principi
maggiormente
demo-
Christer Knutsen And Sa-
distribuzione
cred Heart ) - che usano
gli islandesi impressi nel-
dei talenti. Il giocattolo si
lo spazio come approccio
la mente è difficile rima-
romperà. (6.2/10)
al jazz.
folky e/o cantautorale.
Si
parte
sospettosi.
Con
c’è
crazia
mai
nella
stata
Se in un primo momento le
nere estasiati dall’operner
In The Country
This Was The Pace Of My Heart beat (Rune Grammofon / Wide,
2005)
composizioni
aperture in delicata lievi-
d i Va l e n t i n a C a s s a n o
(l’intima apertura di Where
tazione; come pure non ci
Che la Norvegia fosse una
We Can Go oppure la lan-
vuol molto a tracciare li-
ribollente - nonostante le
guida Tree Canopy Walkway
nee ben poco oblique nelle
temperature glaciali - fuci-
) per la forte personalità
armonizzazioni
Electri-
na di ottimi e variegati ar-
nell’interpretazione, quasi
fy che, seppur in insalata
tisti lo sapevamo già (pen-
fosse un commento sonoro
russa, rimandano dritte al
siamo alla recente fioritura
ad immagini in movimento,
g r u p p o d i Yo r k e e a l l a d i v a
di
in realtà sono ben altre le
d e l l a C o r n o v a g l i a S i r. P a -
sempreverdi Kim Hiorthøy e
influenze,
trik Wolf.
Nelle studiate pose intimi-
N i l s P e t t e r M o l v a e r, o p p u r e
lo
ai ragazzi della porta ac-
te Coleman, Kenny Whee-
ste di A Computer Au Pa-
canto Kings Of Covenien-
l e r,
lais le lancette si posano
ce). Così come conoscia-
Sono
sui Notwist, ma quel che è
mo la validità della Rune
fonti d’ispirazione per un
lecito aspettarsi a questo
Grammofon nel promuovere
suono dall’astratta ritmica
punto è che Zimmer calchi
realtà musicali innovative
(il nucleo centrale di Bea-
almeno
un
e ricercate (Supersilent e
ver Creek sembra smarrir-
arrangiamento che gli per-
Susanna And The Magical
si per ritrovare sul finale
metta di sopravvivere con
Orchestra,
la
quel
minimo
un paio). Quando poi ci si
nasce), dove il tempo del-
fuori
dai
trova davanti ad una nuova
l’improvvisazione
To - a n d F r o f a c e n d o m a g a ri
finta
d’essere
vergini,
di non aver mai ascoltato
certe
soluzioni
una
canore
di
melodia,
e
d’autonomia,
giochi
70 sentireascoltare
a
roulet-
Hanne
Hukkelberg,
solo
per
ai
dirne
possono
ri-
cordare la lezione modale
di Keith Jarrett o del più
grande maestro Bill Evans
stesso
come
Qvenild:
Messiaen
queste
linea
afferma
Ornet-
e
Feldman.
le
maggiori
melodica
da
cui
serve
a
portare aria o, se si vuole,
lava dei nuovi Franz Ferdi-
prio delle vicissitudini dei
maggiore concretezza. Un
nand e di una seconda età
ragazzi nei sobborghi della
modo di sentire e vedere la
d’oro del brit-pop.
loro città, Leeds, dei locali
musica che non si limita al
La trafila mediatica, il suc-
da ballo, delle squinzie, e
jazz, ma che si nutre anche
cesso, la fama e la gloria,
lo fanno nel più campani-
del rock americano (la stu-
come le ambizioni e le bra-
lista e retorico dei modi,
pefacente
mosie,
senza
nudità
della
In
non
costituiranno
l’ironia
esasperata
My Time Of Need di Ryan
di certo delle novità per il
Eddie Argos o il pathos di
Adams)
classicità
lettore emancipato e infor-
Paul Smith, tuttavia sban-
(la rilettura con una casio
mato sui meccanismi del-
dierando
sk-10 della handeliana La-
l’industria musicale dell’ex
cartucce
schia Ch’io Pianga).
impero,
dunque
zeppe di riferimenti seven-
Un trio dalla marcata ver-
aggiungere
favoriti
ties, più una serie di qua-
satilità e dalle sorprenden-
dell’estate duemilacinque,
dretti
ti doti tecniche, che solo
i prossimi a essere spinti
Kinks dove il riff è tenuto
il
nell’arena
drugs
dal pianoforte e la chitarra
nord
e
della
Europa
autentici
-
talenti
terra
-
di
basterà
che
del
i
sex,
in
una
manciata di
punk-melodiche
mid-tempo
à
la
poteva
& r ’ n ’ r, n o n c h é i c a n d i d a t i
infila gli assoli. Sono pro-
portare alla luce. A questo
al Mercury Music Prize (e
prio
quest’ultimi
a
punto si spera di ascoltarli
questo sì, ricordiamolo: la
rare
l’attenzione
con
presto dal vivo in uno dei
vincita ammonta a 20,000
Yo u C a n H a v e I t A l l t r a B e -
numerosi festival jazz che
pound), sono proprio loro:
atles e Duran Duran (!), il
affollano la penisola itali-
cinque
Leeds
fortissimo ascendente Da-
ca. (7.0/10)
che per l’oramai consueta
m o n A l b a r n d i Te a m M a t e e
rincorsa alle alci sul muro
la migliore di tutte Oh My
hanno
God per cori sixites e chic
K a i s e r C h i e fs
E m p l o y m e n t (Universal, marzo
2005)
ragazzi
scelto
di
d’appendere
cattuuna
q u e l l a d i P a u l We l l e r.
Proprio dal primo gruppo
glam.
del cantautore - The Jam
vario,
In un’intervista concessaci
- sembrano esplose queste
dica il verbo della nuova
nella primavera del 2005,
veloci
wave
M i c a h P. H i n s o n n o n s i e r a
eleganti a partire dal ve-
lendo la mira (Everyday I
risparmiato
sprez-
stiario, giacché fu proprio
L o v e Yo u L e s s a n d L e s s , I
zanti commenti sugli allo-
lo Style Conuncyl a ripor-
Predict A Riot, Na Na Na
ra poco conosciuti Kaiser
tare in auge lo stile mod
Na Naa), ma che si salva
Chiefs: il cantautore parla-
in epoca punk rivestendo-
in zona cesarini con buone
va di perfetti damerini da
lo musicalmente di febbri-
trame vocali di puro, puris-
rotocalco,
simo english pop. (6.0/10)
di Edoardo Bridda
alcuni
ideali
e
stilose
canzoni,
seguaci
le e amfetaminica energia,
di quel fenomeno che noi
senza mancare d’omaggia-
abbiamo
re
chiamato
emul
quell’accento
working
rock, il sinonimo, nelle sue
class che diventerà tratto
parole, di un ondata di mu-
distintivo del punk inglese.
sicisti più attenti all’abbi-
Weller
gliamento
che
dunque
come
mo-
Employment,
è
un
modaiolo
album
che
pre-
anglosassone
fal-
Lali Puna
I Thought I Was Over Tha t : R a r e ,
Remixed, and B-Sides ( M o r r /
Wide, 2005)
di Carlo Pastore
al
bisogno
dello
al
piacere
ma generazione - Maxïmo
C’è qualcosa che va oltre
di far musica assieme.
Park e Art Brut - cresciuta
tutti gli insoddisfacenti ter-
Appena
prima
a pane, gessati Strokes e
mini che usiamo per tentare
pubbli-
d’esprimersi
un
l’Universal
e
mese
quest’ultimissi-
Interpol, quella che ritorna
di descrivere questa musi-
del
là dove il vestiario era una
ca. Qualcosa di immenso,
quintetto - Employment - e
vera e propria filosofia di
inesplorato,
si stava preparando a pro-
vita,
pulsazione
muoverlo
che parlano ai kids.
sottocutanea.
I Kaiser Chiefs parlano pro-
di fondo che permea ogni
cato
il
aveva
per
debut
in
album
grande
stile
mentre la stampa già par-
quella
fatta
da
kids
etereo.
sanguigna
Una
Una
e
grazia
s e n t i r e a s c o l t a r e 71
piccolo e curato particola-
Nella seconda parte dedi-
“prewar” che viene spesso
re di un disegno sensuale
cata ai remix, poi, è qua-
accomunato. Non mancano
e ammaliante. Non so se lo
si
certo le ragioni per farlo,
si possa definire. Ma c’è. E
ascolto a Dntel, che priva
ma
lo si ritrova in questo disco
della
The
distinguo: intanto, non c’è
dei Lali Puna. Una raccolta
Dream Of Evan And Chan
traccia dello spaesamento
di b-side e remix, tanto per
in un gioco teutonico ormai
naif che circonda il buon
riscoprire
collaudatissimo
sempre
Devendra Banhart e com-
lezza di fondo che avvol-
u l t r a r a f f i n a t o , e a n c o r a To
pagnia freakeggiante. Non
ge ogni creatura di questa
Rococo Rot e Alias, rispet-
è un particolare da poco.
band
tivamente
stranita
Langhorne Slim può forse
Grean and bear e in una
passare per un tipo bizzar-
ca, ma sicuramente le ha
riuscita Alienation.
ro, un giovin guitto dalla
donato il più carezzevole e
Insomma, se c’era bisogno
strada
affascinante dei vestiti.
di stabilire - di nuovo - chi,
le, defilata. Ma non certo
Quelli di Pitchfork sosten-
con apparente semplicità,
per un freak. Non si è per-
gono
disco
fosse capace di dare al pop
so nessun venerdì. Non si
veri
una forma moderna, evoca-
è dimenticato l’era in cui
Lali Puna ai loro estimato-
tiva e calda, traducendo in
vive (non sembra importar-
ri,
controverso
canzoni dotate di gioia le
gliene troppo). Gli anni non
Faking The Books che ave-
pulsazioni di una genera-
se lo sono masticato vivo,
va mischiato le carte della
zione che ha voglia di bal-
sputandolo come un bolo di
band con quelle dei cugini
ha
l’immensa
tedesca:
inventato
che
potrebbe
dopo
bel-
forse
non
l’indietroni-
questo
restituire
quel
i
stupefacente
voce
prestare
(This
in
Is)
e
una
neanche
gli
opportuni
sbilenca,
umbrati-
lare, beh, quel nome è Lali
callosa
fraterni Notwist, avvicinan-
Puna. Dia loro il bentorna-
ci tiene allo stile. Ce l’ha,
do - con la scelta di ricor-
to
uno stile. E la dinamite tra
rere a sonorità più fisiche
li persi; si emozioni chi a
chitarra
- i due lati della medaglia.
questa band non chiedeva
alla voce (il modo in cui la
E
perché
nient’altro che continuare
usa, la spara, la stura), è
in questo disco il gruppo si
a fare quelle cose lì. Quel-
uno
le belle. (7.7/10)
Frank Black, Ben Harper e
potrebbe
darsi,
riappropria di una dimensione quasi totalmente in-
chi
affermava
di
aver-
obsolescenza:
e
banjo.
strambo
lui
Quanto
centrifugato
Gordon Gano (guarda caso,
drum machine e soffici gio-
Langhorne Slim
When The Sun’s Gone Down
(Narnack/ Goodfellas)
chi di produzione.
Troviamo così - nella pri-
di Stefano Solventi
Dal punto di vista del “pro-
so che si arrampica lungo
ma metà della collezione,
dotto”
un albero genealogico che
dedicata a collaborazioni e
ne Slim – al secolo Sean
annovera
cover - 40 days degli indi-
Scolnick, 24 anni da Lan-
fheart,
menticabili Slowdime, ripu-
ghorne,
è
Bringing it all back home,
lita
un
dietronica,
riabbracciando
glitch, pulsazioni di calde
dalle
abrasioni
shoe-
quello
di
D e L o r e n z o , f i g l i o d i Vi c t o r,
ex Violent Femmes). Questa la pelle di un discor-
Langhor-
Pennsylvania
i
Captain
Dylan
Bee-
(quello
di
Per-
dove della parola conta più
fetto anche nel non sem-
lo strazio che il senso) e i
dimensione assolutamente
brarlo. Canzoni brevi come
To m W a i t s q u a l i a v a m p o s t i
seducente,
in
raffiche, o aspre come un
di una torma blues e blue-
coppia con Bomb the Bass,
sorriso di sbieco, o dolcia-
grass aureolata di mistero
decisamente
stre
e
l’accoppiata
Cut
massiccia,
da
e
applausi
come
prodotto.
-
i
gaze e riconsegnata in una
Clear
signor
al disco collabora Malachi
amori
di
spal-
leggenda
(dichiarata
la
le. E una vena che sembra
predilezione per Leadbelly
Re-
pescare vita nel profondo,
verse e The Daily Match,
tra sedimenti, scarti e ra-
e Skip James).
E allora? Allora – insisto -
perfettamente sospese tra
dici. Un po’ come i White
credo che additarlo quale
onirismo pop e gusto soft
Stripes, verrebbe da dire,
esponente del “prewar folk
dance.
non fosse che è al filone
blues” sia un pochetto az-
formata
da
Harrison
72 sentireascoltare
recensioni
Of Montreal
T h e S u n l a n dic Twins ( Polyvinyl / Audioglobe, 2005)
di Lorenzo Filipaz
Anni ’60 e anni ’80 rappresentavano fin poco tempo
fa due ideologie contrapposte, simboli di due stili di
vita
apparentemente
inconciliabili.
Dopo
il
revisioni-
smo operato dall’electroclash e la sua rivalutazione del
cheap-pop in PVC di vent’anni fa c’è ora chi si oppone a
quella storica cortina di ferro, permettendosi di dar vita
a sorprendenti meticciati fra abiti floreali e sintetici,
abbinando sari colorati da Carnaby Street con latex da
Studio 54.
Si tratta di gaudenti eresie annidate fra le pieghe dell’indie-pop, eliofobe nonostante la loro congenita solarità: occorre andare a pescare nel filone “pastorale”
della Psychedelphia, scena negletta come i suoi adepti che rispondono al nome di
L i l y s , B e n t L e g F a t i m a , T h r e e 4 Te n s ; o p p u r e c ’ è d a s e t a c c i a r e l e s e m p r e s p u m e g g i a n t i l a n d e d e l Te x a s d a l l e p a r t i d i B r i t t D a n i e l s / S p o o n ; s i p u ò m a g a r i r i p i e g a r e s u
attuali nomi di culto come Oneida ed El Guapo, ma, se avete in uggia qualisvoglia
sperimentalismo che non sia in grado di comunicare potenzialmente con tutti, allora
dovete rivolgervi al collettivo Elephant Six e chiedere di Kevin Barnes e dei suoi Of
Montreal.
I n i z i a l m e n t e a m a n u e n s i f e d e l i s s i m i a l d e t t a t o d i B r i a n W i l s o n e L e n n o n - M c C a r t n e y,
dallo scorso anno (con l’album Satanic Panic In The Attic) hanno incominciato a convergere viepiù decisamente verso la contaminazione di cui dicevamo, pienamente
s b o c c i a t a i n T h e S u n l a n d i c Tw i n s . S e i B e a c h B o y s s i f a n n o a n c o r a s e n t i r e i n p e z z i
come Death Of A Shade Of A Hue, ecco invece che un frizzante sixties-pop deliziosamente bugiardo - innervato di synth-music ammiccante come manco gli Adult - emerge
d a l l e b a t t u t e d i I W a s N e v e r Y o u n g . F r u l l a t o d i Ta l k i n g H e a d s e M e r s e y B e a t , c h i t a r r a
f u n k y b i a n c a e c o r e t t i d ’ a n n a t a . W r a i t h P i n n e d To T h e M i s t & O t h e r G a m e s a b b i n a
A b b a e S y n t h - p o p , I W a s A L a n d s c a p e I n Yo u r D r e a m o m a g g i a K e v i n A y e r s a l i m e n t a n do un caleidoscopio maledettamente ben arrangiato e variegatissimo nei riferimenti,
psych e wave intimamente connessi in una musica che risponde finalmente agli appelli per anni inascoltati di pioneri come Robyn Hitchcock, XTC (o forse dovremmo
dire Dukes Of Stratosphear) e dei protagonisti della Liverpool by 80s.
La ruffianeria di certo non difetta a Barnes (così come agli altri alchimisti impegnati
in stregonerie simili), ma la positiva freschezza e il savoir-faire superiore di questi
bricconi non ci lascia indifferenti.. (7.0/10)
s e n t i r e a s c o l t a r e 73
zardato.
robivecchi e un minestrone
modeste, un rinfresco alla
rebbero un paio di amplifi-
primordiale,
corte di Mascis (Idol Wor-
catori in più (belli vintage,
ra che progetti al millime-
ship),
se volete) e la somiglianza
tro ma che sta in piedi solo
Whigs,
coi due famigerati (fratel-
se le travi sono ben con-
potenza che lascia pensa-
li? Coniugi?) White sareb-
ficcate nel cuore, in quella
re ai Come, ma che riman-
be ben più marcata, quasi
passione-ossessione
da
sfacciata. E simile quindi
dicevamo.
evidente-
temperamento hard di una
dovrebbe essere la “dispo-
mente muove il buon Slim,
“Nuggets Psychedelia”, cui
sizione d’ascolto” di que-
che lo conduce e ci con-
i
sto When the sun’s gone
duce
down, durante il quale si
amarezza di I love to dan-
devoti.
Sam Jayne
appartiene
compie la rappresentazio-
ce,
una
malefica,
ne
land che gonfiano fino alla
usa il songwriter classico
messa in scena fracasso-
caricatura,
a
quale bestemmia creativa.
na e accorata di una com-
sviscerare umori waitsiani,
Determinata, paludata, in-
media
di
Per
dire,
baste-
un’ossessione,
la
fino
codici
un’impalcatu-
Che
alla
che
goliardica
somatici
il
dixie-
trombone
ai
un’aritmia
una
primi
Nostri
Afghan
concomitante
Pavement,
al
s’inginocchiano
covata
ad
che
il congedo di un crepusco-
sopprimibile
commedia bislacca e sfer-
lo asprigno.
te,
zante, abrasiva come l’ar-
Disco emblematico circa le
così riassunta informa, per
monica di And if it’s true,
odierne
sua
languida
come
la
steel
dalità del pop al suo me-
T h i n L i z z y T. R e x To m P e t t y
guitar
M a r y,
fragrante
glio, culmine di artificio e
primo stimolo. Ne scaturi-
cuore. (6.9/10)
scono gemme confezionate
in
di
costume.
Una
e nevrotica come l’iniziale
In the midnight.
Tra i protagonisti e le comparse,
s’incontrano
mezzi
d’organino,
intercoretti
possibilità
e
mo-
Love As Laughter
Laughter Fifth (Sub Pop / Audioglobe 2OO5)
la
ed
incessan-
sovranità
diegetica
stessa
ammissione,
come trappole da vecchio
porco
del
Ta s c a m ,
ruvide
perle di sericea trasparenza, ma certamente sudicie,
slavi, campanellini, anche
di Antonio Amodei
un violoncello d’improvvi-
I
so a copulare con la sli-
Love as Laughter ci ammo-
gasmico.
de (I ain’t proud), il banjo
nivano
pre-
Laughter Fifth si masturba
che
una
punk drenata da MC5, New
con un soul fatto in casa,
mitraglia punk. Tra i mo-
Yo r k D o l l s e t e r r o r i s m i d i
cimentandosi
senza
menti migliori, certe dolci/
genere; con il nuovo album
assumendo,
perciò,
frenetiche ragnatele coun-
la
stile
t r y, b a l l a t e c h e c u c i o n o f a -
parte invece da un sound
perfetto, perso tra una jam
talismo, tenerezza, il folk
classicamente incapace di
acustica e la ballata deser-
e il gospel ( la stupenda
invecchiare.
tica, catturata a metà stra-
The
s’incendia
electric
come
band
della
dal
albums
dei
lezione
Delaware
di-
limite dell’onanismo autor-
sfumato,
uno
dall’effetto
letter).
S’intende dalla copertina -
da,
acidamente amministrata -
e furbe allusioni musicali,
coyote struggente, che ora
che di late sixtees trattasi,
lirici annuendo e pulsanti
sembra un declama ovatta-
probabilmente. Essenziale,
heartbreaking. Si scomoda,
to, ora la vena ulcerata del
strippato e malinconico, il
addirittura, la West Coast
Dylan di It’ s all right ma’,
quinto capitolo di una de-
Pop Art Experimental Band
ora
cade
(I
McGowan
fos-
consacrata
allo
sti-
tra
stile,
E la voce, quella voce da
Shane
love
precedenti
scomunicate, ostentate, al
Won’t
riverberi
Hurt
tematici
Yo u ) ,
visto
se stato africano, ora un
le vocale del leader Sam
che il cult si presta al ri-
hobo fatalista che sputac-
Jayne, miscela dosi heavy
maneggio, ma soltanto dal
chia raucedine esistenzia-
e
degli
genio. Jayne sa di poterlo
le, ora il delirio lunatico e
’ 8 0 , p a i s l e y e N e i l Yo u n g ,
fare, e gli piace dimostrar-
ineffabile di un Paul Simon
Ve l v e t
lo, senza fronzoli.
alticcio… Una girandola e
Suicide (Pulsar Radio). E’
Tutto il CD è immerso nel-
un patchwork, un baule di
un’alchimia di frattaglie im-
l’atmosfera perdente di un
74 sentireascoltare
post
psichedelia
(Canal
Street)
e
fumogeno bar di periferia,
non possono passare inos-
mini riproponendo (soprat-
lercio e catatonico, alcoo-
servati. Agli esordi gli Oa-
tutto
lico, lucido, disperato, in-
sis erano praticamente una
intenzioni)
telligente.
Visti
tempi,
one man band, con Noel a
trasgressivo
abbronzati
ed
abbacinati,
firmare tutti i brani e gli
bei tempi andati, rivelan-
altri - compreso il fratelli-
dosi alla fine dei simpati-
no Liam - a svolgere il ruo-
ci cialtroni e/o (dis)onesti
lo di comprimari; allo sta-
amanuensi.
to attuale le penne su cui
in sintonia con i tempi che
i mancuniani possono fare
corrono, a pensarci bene.
affidamento
(5.2/10)
i
necessario. (7.0/10)
Oasis
D o n ’ t b e l i e ve the truth (Big
B r o t h e r / Sony, 2005)
di Antonio Puglia
A
tre
anni
Heathen
dal
mediocre
Chemistry
i
fra-
telli Gallagher tornano alla
carica e riprovano a conquistare lo scettro sfuggitogli di mano all’epoca di
(What’s The
Story?)
Mor-
ning
quando
tutto
G l o r y,
il mondo era ai loro piedi.
Oggi la (ex) “migliore band
d’Inghilterra”
mente
sta
risalendo
lentala
chi-
na dopo l’inevitabile calo
di
popolarità
degli
ultimi
tempi: a rinfocolare l’attesa per questo nuovo album
hanno sicuramente contribuito le insistenti voci riguardo
una
collaborazio-
ne (abortita) con i Death
i n Ve g a s e i l r e c l u t a m e n t o
ai tamburi del figlio d’arte Zak Starkey; niente di
nuovo, quindi, considerando
che
i
fratellini
hanno
già bazzicato con l’elettronica (Chemical Brothers e
Goldie) e che la loro beatlemania compulsiva non è
certo un mistero.
sono
quattro
( o l t r e a i G a l l a g h e r, a n c h e
il
chitarrista
Gem
Archer
e l’ex Ride / Hurricane #1
Andy Bell).
Il
risultato
questa
ricavato
nuova
sicuramente
neo
(tanto
da
alchimia
più
è
eteroge-
che
gli
autori
nella
forma
lo
e
nelle
spirito
del
rock
più
dei
Perfettamente
Matthew Bayot
Circling Buzzards (Fire R e c o rds, 2005)
di Antonello Comunale
Dopo
l’ondata
smossa
Devendra
Banhart,
reno
novelli
dei
il
da
ter-
folkster
dei singoli brani sono fa-
americani è oggi talmente
cilmente riconoscibili), ma
inflazionato
a
sostanza
cercare
di
tanto.
nuove
vira
deci-
conti
non
Il
fatti
cambia
suono
la
più
ormai
di
per
mucchio;
il
che
occorre
battere
strade
emergere
dal
rischio
di-
di
samente verso il rock, con
ventare l’ennesimo epigo-
Rolling
no di Will Oldham e Jason
Stones
(il
singo-
laccio Lyla), Who e addirit-
Molina
tura Stooges (The Meaning
una
Of
Soul)
e
Ve l v e t
(o
peggio
variante
di
ancora
Banhart)
Under-
è altrimenti una condanna
ground (in Mucky Fingers)
senza appello verso cui si
come numi tutelari; pecca-
va
to che il più delle volte si
Nel nostro caso la ricetta
vada a parare verso il pop
di Bayot, giovane songwri-
rock più scontato e insipido
ter esordiente da St Louis,
(le
stucchevoli
Love
rapidamente
incontro.
Like
è quella di proporre un folk
A Bomb, Keep The Dream
americano canonico condi-
Alive e l’immancabile bal-
to con arrangiamenti india-
latone
ni.
beatlesiano
di
Let
There Be Love), anche se
Bombay che invade il Mis-
alcune intuizioni non sono
souri.
proprio
è un “Hollywood party” di
da
buttare
(certe
Circling
Buzzards
consi-
cadenze acid folk in Turn
buona
ste invero in un approccio
Up the Sun e Guess God
freddo
musicale in qualche modo
Thinks I’m Abel) e il tenore
resto, ispirarsi alle sono-
diverso rispetto agli esor-
di Don’t Believe the Truth
rità orientali in generale,
di: se il profilo mediatico
è sicuramente più alto ri-
e a quelle indiane in par-
e pubblico dei Nostri è ri-
spetto ai precedenti passi
ticolare, non è il massimo
masto lo stesso (quell’ar-
falsi. Insomma, il giochino
dell’innovazione in ambito
roganza da pub tipicamen-
è sempre quello a cui i Gal-
rock, anche perché non ba-
te british è dura a morire),
lagher
abituato
sta comporre un pezzo in
certi sforzi dal punto di vi-
da più di dieci anni: vesti-
perfetto stile country folk
sta artistico e compositivo
re i panni dei propri benia-
e poi metterci sotto le ta-
La
relativa
novità
ci
hanno
scuola,
nei
ma
un
risultati.
po’
Del
sentireascoltare 75
blas
e
parte della stampa specia-
Il problema di una propo-
lizzata:
sembra
sta come quella dei Maxï-
transculturale a cui vorreb-
spianata, l’iter è il solito
mo Park in verità è sostan-
be aspirare l’intera opera-
a
zialmente
zione di Bayot. Se la Real
ti (risparmiando i dettagli
far risultare noioso e nau-
World di Peter Gabriel nel
che già potrete facilmente
seante anche quanto c’è di
corso di questi anni ha si-
immaginare).
Accantonan-
positivo in tutta la “scena”
gnificato
do
retoricissimi
emul. Se il rischio inflazio-
anche il pubblico di mas-
discorsi che vengono natu-
ne, viene da sé, di questi
sa occidentale si rende or-
rali quando una di queste
tempi è altissimo, adesso
mai conto che le musiche
band si affaccia sulla sce-
bisogna
di
na (emulazione, arte, plagi
più
per
e
una
frase
ottenere
il
di
qualcosa,
qualunque
cultura
si
sitar
crossover
allora
tradizione
strada
siamo
i
bene
soliti,
abitua-
uno:
tenere
gli
occhi
quello
ancora
di
le
die-
etc etc etc), concentriamo-
orecchie)
ci sulla musica che, quan-
enjoy
anche
questa
ca, un proprio linguaggio.
do è buona, spazza via tut-
ta,
avanti
il
Quello che fa Bayot (e che
te le chiacchiere, in barba
(6.0/10)
prima
prossimo.
fatto
anche
è semplice esotismo musi-
critici) più intransigenti.
In questo disco troviamo
cale. A conti fatti, il disco
un
approccio
scorre in modo piacevole,
te
punk
senza troppi sussulti emo-
Party),
l’accelerato-
La riesumazione degli anni
tivi; l’unica volta in cui si
re spinto sulle chitarre, i
Ottanta non accenna a fi-
lascia andare alla ricerca
cori e certe cadenze new
nire.
dei raga indiani è nei 13
wave di stampo britannico
quella
minuti di Gin With Jodi, per
dettate dai synth: nel so-
re l’ossessione del nuovo
il resto la forma di base è
lito
millennio
quella della folksong con 3
il primo nome che viene in
do
/ 4 minuti di fingerpicking
mente è quello degli Ultra-
che, mode e costumi. E se
(termine assai di moda ul-
vox! (quelli di John Foxx,
in testa all’elenco dei più
timamente…) e il canto un
col punto esclamativo), ma
saccheggiati troviamo Joy
po’
anche Smiths (in Postcard
Division,
(5.5/10)
of a Painting, e in gene-
da Suicide e Devo (senza
Maxïmo Park
A C e r t a i n T r i g g e r (Warp / Self,
2005)
rale in certe impostazioni
contare
vocali) o primi Cure e Jam.
denza
A
posto
accattivan-
conquistano anche i Depe-
di Antonio Puglia
te (vedi l’insolito recitato-
che Mode, grazie al synth-
I Maxïmo Park sono uno tra
dream pop di Acrobat), alla
p o p d e i M o n e y Yo u r L o v e .
i nomi più recenti di quella
lunga però sfugge l’identi-
Tre
grande ondata revivalisti-
tà complessiva del tutto. O
cia danese con alle spal-
ca (che noi di SA amiamo
meglio, se una certa cifra
le militanze in gruppi più
chiamare emul) avviata in
stilistica si può comunque
o
tempi
individuare,
ancora
il liceo si trasferisco nel-
non
del
Nostro.
sospetti
dagli
gioco
parte
decisamen-
(simile
con
(o
vol-
rock)
anonimo
ascoltatori
Oppure,
hanno
altri
agli
aperti.
musicisti
tanti
lui
e
di
(pardon,
tro una propria grammati-
di
portano
cui
la
dei
ai
riferimenti,
qualche
indubbiamente
Bloc
episodio
fatica
Money Your Love
The Spit On Your Parade (Dr a ma! Kings, 2004)
d i Va l e n t i n a C a s s a n o
L’ o n d a
che
montante
sembra
sta
esse-
travolgen-
produzioni,
classifi-
seguiti
l’atavica
a
ruota
discen-
kraftwerkiana),
di
tutto
giovani
meno
di
rispetto
della
un
lo
provin-
eterogenei,
dopo
cavalcata
dai
ad attecchire nelle compo-
la capitale focalizzando la
Ferdinand,
Li-
sizioni, forse troppo etero-
loro attenzione sul versan-
bertines, Killers, e in ulti-
genee e ancora immature;
te elettronico. Come ogni
mo luogo Arcade Fire, Bloc
non
escluso
favola che si rispetti, nel-
P a r t y, A r t B r u t . L a b a n d d i
che,
Killers,
l’autunno del 2002 il loro
Newcastle esordisce con un
l’obiettivo (quanto a con-
demo
album, A Certain
sensi)
mani della persona giusta,
Interpol
vari
e
Franz
Tr i g g e r,
già ben pompato da buona
76 sentireascoltare
è
comunque
come
per
venga
raggiunto.
i
comunque
finisce
dritto
nelle
i n q u e s t o c a s o M o r t e n Va -
rano (proprietario dell’etic h e t t a Va r a n o M u s i c ) c h e l i
fa accasare presso la sua
sublabel Drama! Kings.
Il debutto arriva nel 2004
con
questo
The
Spit
On
Morose
People Have Ceased to Ask Me
About You (Suiteside , 2oo5)
di Anotnio Amodei
Apaticamente,
toni
corda, i Malicorne?).
progetto
Morose
estetico
è
dei
pedagogico,
dilatano
di ordinario disadattamen-
pabile
ar-
me alla Follia, all’Erotica
to giovanile nella giungla
tistica ed esistenziale dei
ed alla Filosofia, è l’Edu-
metropolitana
cavalcano
Morose, quartetto spezzino
catrice per eccellenza, la
animano,
al secondo compiuto lavo-
più alta, la sola che, senza
la
ro. La bellezza delle can-
parole, epifanizza l’assur-
le
zoni e delle interpretazioni
do di un mondo che esiste,
procurano
leni-
al posto del nulla. Chiun-
totalmente
que giunga all’ingresso è
o
sonorità
che
dovrebbero
metropoli
animare,
stessa.
avanguardie
Non
meccaniche
dei Pere Ubu né il collage
tivo
e
sarcastico
ogni
e
impal-
Funeste)
Yo u r P a r a d e , i n c u i s t o r i e
le
l’onirismo
Plaisir
malicorniana (chi se li riIl
pigramente
(Un
precarizzano una saudade
l’esperienza
beneficio
permea
ed
invitato ad entrare e spo-
bensì il più familiare dan-
e m o t i v o . L’ a r t e d e i M o r o s e
sare gli arpeggi rintoccan-
ce-pop di Human League e
ha
ti di campanelle tibetane,
Soft Cell. Melodie facili, a
le che svela le ragioni per
magicamente
amministra-
presa rapida (vedi il grade-
tentare di continuare a vi-
te
al
esorcizzare
v o l e s i n g o l o F o r K r i s t o ff e r,
vere in solitudine, informa
il
distacco,
abbastanza ipnotico da en-
la battaglia campale contro
che già nel primo lavoro (
trare in testa); un cantato
la depressione fagocitante
La Mia Ragazza mi ha La-
mono-tonale che però non
di un mondo indifferente al
sciato)
ha
dolore ed all’assurdità.
re, disperazione, brandelli
Il
devastanti di buio prosse-
nulla
tossica
dei
della
di
Residents,
sensualità
Gahan
(Family
artificio
psichico
giacché la Musica, assie-
qualcosa
d’insondabi-
processo
d’affinazione
fine
di
l’abbandono
trasudavano
dolo-
Gun), con frequenti call &
del percorso musicale del-
mico,
response e coretti la-la- la
la band illumina il cuore: il
ranza.
(The One); un profluvio di
loro suono è contenuto nel-
ammonirono:
synth, drum machine (feb-
la
essenziale,
chi non ha sofferto è pura
brile e convulso in City No
una specie di principio pi-
chiacchiera”. Così, se “La
More), tastiere (Royalty ri-
tagorico che affonda radici
gente ha smesso di chie-
corda sin troppo Enjoy The
nella consapevolezza cto-
dermi di te” l’apocatastasi
Silente) e chitarre appena
nia dell’ “Io sono, dunque
redentrice di un recupero,
rumorose
suono”. La partecipazione
l’uscita dal tunnel della se-
Razor Blades) che inizial-
ai
del
parazione ed il riguardarsi
mente fanno alzare la te-
suono riposa nella perma-
intorno pensando positivo
sta dal giornale, in segno
nenza di monti lontanissi-
genera vertigini temporali,
di
Curiosità
mi, di evocazioni deserti-
all’indietro perché lei non
che tuttavia si spegne già
che, icebergs di speranza
c’è più, in avanti, perché
al secondo ascolto, quan-
(Sigur
do
italo/berlinesi
da
io sono la sua nostalgia.
Dei
Black
Forest/Black
questione
Lou Reed applicano a me-
Sea neutralizzano l’asperi-
non solo non ha brani da
tafisiche ninne nanna (Wor-
tà di grattugie strumentali,
tramandare ai posteri, ma
ds are Playthings). E se un
shakerandoli
ha
sorgere
dolente Roy Harper (Some
Heart
Procession
una domanda cruciale: ne
Squeaking Bones) gioca a
sione
slowcore,
avevamo davvero bisogno?
rimpiattino con un malce-
mente inefficace. E mentre
(5.6/10)
l a t o D a n i e l L e v y, m a e s t r o
fuori tira aria d’ombrello-
dell’eufonia
psicoterapeu-
ne, noi vermiciattoli diafa-
tica, improbabili ma sedu-
ni e sericei, che non ab-
centi
biamo avuto l’onere ed il
il
(l’opener
attenzione.
ci
si
rende
dischetto
persino
in
conto
fatto
New
che
vibrazione
movimenti
dolorosi
Ros)
che
bambini
prestati
ammiccamenti
bre-
turbamento
Leopardi
e
e
spe-
Cioran
“parlare
con
i
in
con
Black
ver-
ipnotica-
s e n t i r e a s c o l t a r e 77
recensioni
Royksopp
T h e U n d e r s tanding (Wall Of Sound / V irgin, 2005)
di Edoardo Bridda
Non è un mistero che molti grandi debutti sono stati
nello stesso tempo croce e delizia: difficili da replicare, impossibili da dimenticare. Fobie probabili e giustificate. Sta di fatto che la nuova prova dei bergeniani
replica, come giusto che sia, molte delle intuizioni di
Melody A.M. sottoponendole, però, ad una più ragionata
complessità d’esecuzione (le sacre lezioni Kraftwerk e
Va n g e l i s a b i l m e n t e l a v o r a t e n e i f o n d a l i , a d e s e m p i o ) ,
senza perderne in pathos e immediatezza ma tenendo semplicemente conto di quattro
a n n i t r a s c o r s i t r a t o u r, p r o m o z i o n e , r e m i x e u n a c r e s c i t a u m a n a e p r o f e s s i o n a l e c h e
hanno inevitabilmente temprato un modus operandi.
The Understanding è dunque un figlio maturo, come dimostrano brani come Only This
Moment (che potrebbe essere la degna erede di Epple) o la splendida Beatiful Day
W i t h o u t Yo u , m a a n c h e u n l a v o r o c h e l a s c i a i n t r a v e d e r e f u t u r i o r i z z o n t i d ’ e p i c a a m b i e n t a l e d i m a r c a M o r o d e r - Va n g e l i s ( Tr i u m p h a n t , A l p h a M a l e ) , c o m e a n c h e a m m i c c h i
a g l i o t t a n t a c h e v a n n o t a n t o d i m o d a ( F o l l o w M y R u i n , C i r c u i t B r e a k e r, l a f u n k y i n
sincope Someone Like Me e la stessa Only This Moment); soprattutto, come ammesso
dagli stessi musicisti, è una collezione di tracce fortemente improntata sulla cura
melodica. Se togliamo una debole emula di Bjork e Enja - Karin Dreijer dei Knife - a
far rimpiangere Anneli Marian Drecker in What Else Is There? (una ballad new age
pretestuosamente matura), e un non stupefacente Chelonius Jones (in prestito dalla
label tedesca Get Psysical) in 49 Percent (un crescendo elettro-dub-soul che apre
a uno stucchevole bridge ultra commerciale), l’ugola dei restanti episodi è proprio
q u e l l a d i To r b j ø r n B r u n d t l a n d e S v e i n B e r g e e i l r i s u l t a t o n o n è p e r n u l l a m a l e . I d u e
c a n t a n o i n c o r o , p r o p r i o a l l a m a n i e r a d e g l i A I R d i Ta l k i e W a l k i e , d i v e r t e n d o s i n e l l a
leggiadra Circuit Breaker e surclassano ogni dubbio con Someone Like Me degna dei
Maestri parigini.
Il “fatidico” terzo disco (quello difficilissimo…..) è la prova che attendiamo con maggiore voracità. Per il momento, ci siamo capiti. (6.8/10)
s e n t i r e a s c o l t a r e 78
coraggio
di
abbandonarci
ad
una
spiaggia
ed
abbronzante,
cocente
ci
scuo-
(una soluzione baluginante
e in definitiva pasticciona
di chitarrina, archi, piano
come i Counting Crows di
e pigolii sintetici).
Recovering The Satellites.
tiamo coi gelidi sommessi
Alla
di strazianti ombre novem-
da
brine,
queste undici tracce, che
to
turne, come la nostra uto-
si
una certa propensione allo
pia.
country-pop tra il sognan-
scompiglio
perennemente
Questo
è
il
not-
migliore
dei
band
pensare
tratti
E
viene
La band di Adam Duritz è
spesso
lungo
un altro punto di riferimen-
di
M r.
della
sveltezza
plausibile,
assieme
psichico
a
Cure:
te e il friabile di Song of
l’improbabile
mondi possibili e resistere,
our so-called friend o del
queste istanze si realizza
marxianamente, per mutar-
folk
nell’afflizione
senza
limitatore
di
impasto
tra
scalciante
lo, appare penoso e risibi-
melodramma
le: la salvazione è fuori dal
banjo,
principio individuationis e
xilophono…) di A king and
un
nessun lieto fine potrà mai
a
Come del resto l’indie pop
ammendare la tragedia di
sguaiataggine un po’ forzo-
scombussolato
esservi stati ejettati. Con-
(harmonium,
w u r l i t z e r,
queen,
o
tromba,
ancora
della
di Black, e – ci credereste? – ne viene fuori pure
oggettino
sa di For real (riff a sciabo-
test
tro la nostra volontà. Pun-
late sulla quiete tesa delle
filamenti
to e basta. (7.2/10)
strofe,
direzione
O k k e r v i l R i ver
B l a c k S h e e p Boy (Jagjaguwar /
Wide, 2005)
di Stefano Solventi
ugola
scomposta,
toughs,
gradevole.
di
The
che
Robert
la-
traccia
Smith
C o l d p l a y,
in
risul-
così
tando un po’ malfermo ma
vicina al subbuglio stilistic o d e l l ’ i r r i s o l t o S o u l j a c k e r.
in fondo riuscito.
Non bastevole però a te-
A proposito,
pun-
nere sopra la linea di gal-
to: la ricerca di squilibrio
leggiamento un lavoro che
emotivo/formale
nevrastenia
diffusa),
ecco
il
spande
meritava più fiducia in se
quello che s’innamora del-
su tutto il suo retrogusto
stesso, nell’intima e inten-
le proprie opinioni e poi le
d’artificio,
sa ispirazione che a tratti
difende
e
strategia decisa a tavolino
lo
tutti, ma gli Okkervil River
da Will Sheffe e compagni
un più semplice approccio
continuano
per
statura
formale. Perciò la chiusura
cermi. E dire che non man-
artistica dignitosa ma tut-
d i A g l o w, c o l s u o b a r c a m e -
cherebbero loro i requisiti
narsi tra parodia e languo-
minimi per farmi innamora-
t’altro che eccezionale.
Prendete In a radio song:
re, tanto più in coincidenza
trame delicate e malinconi-
si propone come il migliore
di questo quarto lavoro in
che, sperse come gli ultimi
dei paradigmi. O degli epi-
cui lo stile opportunamen-
Wilco, indolenzite come un
taffi. (5.7/10)
te s’intossica e scompone,
guaito
si
questo
Non
voglio
passare
malgrado
a
per
tutto
non
convin-
quasi
dribblare
Will
fosse
una
Oldham,
la
però
muove,
a
vantaggio
di
re di certe ballate fifties,
non
soffocato da uno scriteria-
più solo folk ballad su folk
to sovraccarico formale, da
Paolo Zanardi
Portami a fare un giro ( O l i v i a
records / Venus, 2005 )
ballad come in Down The
quel troppo stropicciarsi la
di Stefano Solventi
River
Dreams,
voce, ad ostentare il marti-
C’è nessuno la fuori? Nes-
ma anche scenografie aci-
rio emotivo a mo’ di bande-
suna
dule,
vibrazioni
ruola. Accade più o meno
ra, o con un po’ di residua
emo, pulsioni indie e dif-
lo stesso nell’emblematica
voglia
fuse
Il
So come back, I am waiting,
mai, è il caso di segnarsi
tutto per un concept la cui
che prima spunta spettra-
il nome di Paolo Zanardi,
criptica
le e fiabesca, poi diventa
già membro dei baresi Bor-
a partire dalla title track,
una
cuore
go Pirano, vincitori di un
cover
nero,
lan-
Te n c o n e l ’ 9 6 e d i u n C i t -
suo secondo, splendido al-
cinante e ipertrofica (pia-
tà di Recanati nel ’98. Da
bum) rifatto in salsa Eels
no, organo, archi, trombe)
qualche tempo si è messo
fa
isterico
trepidante.
Of
e
oscuro
Insomma,
Golden
febbrili
irrequietezze
di
trama
Tim
art.
e
s’innesca
Hardin
(dal
bendiddio
processione
quindi
finisce
a
sbraita
radio
di
(ancora)
libertà?
libeCaso-
sentireascoltare 79
in
proprio,
bazzicato
panchina sembra un Paolo
(termine abusato ma quan-
soddisfazio-
Conte giovane ma già di-
tomai calzante) che messe
ne l’ambiente dell’adorato
sincantato, tra viola e pia-
in fila non superato i tren-
cinema e oggi – per inter-
noforte,
O
ta minuti complessivi, ed il
cessione del tastierista e
come quando crogiola uno
minuto e mezzo di media, e
produttore
spleen
tantomeno
con
ha
qualche
Giorgio
Spada
palpiti
e
luci.
madreperlaceo
in
i
Peppermints,
– taglia finalmente il tra-
Odette, col profilo di Mar-
che navigano a vista sul-
guardo del primo album col
co
balugina
le rotte di un garage-punk-
qui presente Portami a fare
tra lo sfarfallio jazzy dei
noise posseduto e deviato
un giro.
Merita proprio farsi un giro
piatti e della tromba sordi-
all’ insegna della bassissi-
nata. O come quando nella
ma fedeltà, tra Jello Biafra
tra questi teatrini cinici e
bossa sonnacchiosa di Pia-
taglienti, in questo sarca-
ni di fuga, tra una tromba
e S o n i c Yo u t h .
A l l ’ a t t a c c o d i Ye l l o w R a i n
smo che si strizza un po’ il
dimessa e fantasmi di sli-
si
cuore e poi scrolla le spal-
de, si fa luce un testo dal-
muro
le, attraversando storie di
la sconcertante crudezza à
che
efferata
quotidianità
che
viene
investiti
sonoro
ricorda
da
un
post-noise
tanto
i
Les
la Manuel Agnelli.
Georges Leningrad (parec-
fatalismo di chi ha perduto
Detto questo, forse il me-
chio apprezzati da queste
già troppo, leggero e pe-
rito più grande del disco e
parti)
sante, comunque sempre a
del suo autore è riproporre
parti vocali – appannaggio
muso duro. Se volete far-
a tutto cuore la magnifica
di
vi
pen-
Caldo a firma Federico Fiu-
Hot Chocolate (!) – ma è
pungen-
un’idea
sate
tipo,
una
approccio
fantomatica
Mrs.
tutto
ziale
malinco-
confusionario che si rima-
(il reggae acidificato beat
nico, sdegnoso, l’organino
ne storditi. La speranza di
dell’iniziale
alla
da campo di fragole, il bru-
capirci qualcosa è poi de-
(s)mania twee pop dei Per-
sio delle spiagge, il can-
finitivamente
turbazione (Il farmacista),
to
diciassette sorelle succes-
al Battisti più discordante
rata rudezza di un Giorgio
sive,
ed esotico (Matisse), alle
Canali. Si aggiunga che il
non cambia, per fortuna o
impertinenze
suono non si rifugia affatto
in una comoda panoramica
purtroppo.
Tra spasmi isterici e con-
retrò
vulsivi
maginate
di
Gas),
del
title
il
miglior
track).
tutto
cianfrusaglie
Im-
condito
Caposse-
accigliato,
sintonizzato
ma
bazioni
sull’acco-
azzarda
sintetiche
perturanche
talmente
e
mani, quel torpore esisten-
(la
scazzo
come
t e d e l p r i m o Va s c o R o s s i
Dalla
allo
del
col
Parente
nelle
camente
effimero
uccisa
quali
risulta
e
dalle
il
trend
poi
prati-
impossibile
de-
la, saltimbanchi Gaetano e
coraggiose (vedi il chorus
cifrare le liriche che pare
beffarda indignazione Jan-
livido di Come una lampa-
si occupino – nel rispetto
nacci
dina,
adult-pop
di un’ottica prevedibilmen-
ecco che sparso in mezzo
come raramente capita di
te irriverente e blasfema,
a
dovreste
sentirne dalle nostre par-
dunque punk fin nelle bu-
intravedere la sagoma del
ti), e il cerchio – anzi il
della - di dissacrare, come
signor Zanardi.
Come tentativo d’identikit
giro
compiu-
facilmente intuibile dal ti-
to. I (liberi) compilatori di
tolo e dalla copertina, vita
è fin troppo assortito, ep-
playlist sono avvertiti.
e
pure rischia di sminuire il
(7.2/10)
naggi biblici in una sorta
(Giocattolaio),
queste
tracce
ed
personaggio, perché appro-
manufatto
–
può
dirsi
spinta che fa vacillare la
Peppermints
Jesus Chryst (Paw Tracks /
Goodfellas, 2005)
vettura e ti obbliga a te-
d i G i a n l u c a Ta l i a
nere
Non
fondendo
l’ascolto
spunta
un piglio, un’energia, una
bordo
in
considerazione
della
strada.
il
Come
quando nella conclusiva La
80 sentireascoltare
è
facile
opere
di
alcuni
perso-
di concept-album.
Non
raggiunge
nemmeno
i trenta minuti, si diceva,
ma
non
potrebbe
essere
altrimenti perché la formuinquadrare
la non si presta ad ascolti
sue
che richiedano maggior im-
diciotto schegge impazzite
pegno anzi, già dopo una
Jesus
Chryst
con
le
manciata
incorporeità, culla di sogni
Due
tenzione comincia a venir
notturni
tesoro
che si perdono e si ritrova-
meno
e
di
minuti
tra
e
privati,
timbri
vocali
opposti
rumori-
di mille giorni vissuti, We
no lungo un album di nove
stiche camuffate da brani
Are Waiting All For Hope
tracce, che molto ha in co-
veri e propri e tanto rumo-
è
mune (o forse deve) all’af-
re fine a se stesso, a lungo
rivelazioni.
nella
flato poeticamente emotivo
andare l’orecchio arranca.
carriera del gruppo detroi-
d e i L o w. N o n o s t a n t e q u a l -
Genuinamente
provocatori
tiano di casa a Seattle, si
che incertezza/preferenza,
o cialtronescamente impo-
schiude attraverso un pia-
è indubbio che questedue
stori è però inevitabile non
noforte, una chitarra e un
anime coesistenti siano il
provare una sorta di simpa-
violoncello (quello di Bob
riflesso delle diverse sen-
tia mista a rispetto per chi
Smolenski) e non ha biso-
sibilità che ognuno di noi
nel 2005 rivendica ancora
gno
(inconsciamente)
con
namento, niente ghirigori,
possedere,
(e non è un modo di dire)
nessuna
mega-produzione
cilmente riesce a far tra-
il proprio posticino all’in-
- ma la mano asciutta e se-
sparire - la vulnerabilità è
terno del gran carrozzone
vera di Albini.
Solo semplicità
un
del rock’n’roll, mettendoci
ciò che di più caro si pos-
tà,
Can
ta, e dell’arte in generale,
sa avere, la propria faccia.
Yo u F o r g i v e , c h e p r o c e d e
è dunque ricordare questa
(6.1/10)
a passi lenti ma inesorabili
nostra
attraverso melodiche stan-
re che essa ci sorprenda.
ze acustiche, pesantemen-
Sempre. (6.8/10)
tutto
code
l’at-
il
proprio
fiato
Saeta
W e A r e W a iting All For Hope
( G h o s t R e c ords / Audioglobe,
2005)
d i Va l e n t i n a C a s s a n o
Ci
sono
elementi,
un’opera
di
dalle
altro.
sin
magiche
Te r z o
Nessun
e
or-
umani-
dall’iniziale
te solenne nella sua grandezza, per lasciare il posto
al
preziosismo
di
Grand
Canyon (cover dei maestri
appa-
synth
pop
Magnetic
Fiel-
rischio
ma
sa
che
troppo
di
diffi-
alto
da
correre. Compito dei Sae-
alterità
e
lascia-
Saint Etienne
Tales From Turnpike H o u s e
(Mantra, 2005)
di Michele Saran
ds) interpretata dalla sola
I Saint Etienne ci riprova-
Wood,
ogni
no. Convinti che la loro se-
no un’alchimia unica. Una
orpello eppure ricca di un
conda incarnazione, quella
lattina
fulgido
trasporto
che
della serigrafia in Warhol.
che
esalta
l’originaria
S o u n d O f Wa t e r, d e b b a a n -
La brutalità della vita e la
bellezza. Spetta poi a Me-
cora vedere l’età dell’oro.
poesia in Bukowski.
novcik mostrarsi nella sua
Ta l e s F r o m T u r n p i k e H o u -
Le periferie dell’esistenza
solitudine
con
se è una sorta di concept
u m a n a e i l c i n e m a i n Va n
dal
pianistico
Sant. Il risultato è un’iro-
ferto e quasi titubante, per
degli abitanti di una Fou-
nica confessione nel primo
riunirsi
cault-iana
caso, un’alcolica verità nel
Here,
un
secondo,
dove
non
rentemente
messi
estranei,
insieme
che
sprigiona-
Campbell
e
l’arte
denudata
ne
tocco
in
di
emotivo
Yo u
Fade,
sof-
Anywhere
ritmo
But
sostenuto
comincia
dedicato
con
col
agli
ceruleo
aneddoti
casa-panopti-
strutturata
“a
caselli
attimi
autostradali” (Carole King
te scoperta nel terzo. Allo
di sospensione per accre-
direbbe “a cubicoli”), nel-
stesso
scere il pathos.
Ed è ancora la Wood a re-
l’East End londinese, lungo
sa voce di Matt Manovcik
stride a contatto con quel-
galare in chiusura un dram-
Il trio di Camden (ma origi-
la limpida di Lesli Wood,
matico
Smi-
nario di Croydon, ndr) pro-
completandola.
risulta-
ths questa volta, con Last
va a fare sul serio, forse
to: i Saeta, in una parola
Night I Dreamt That Some-
come mai in vita sua.
emozione.
body
più
I brani che più convinco-
illu-
trattenuta nel suo avanza-
no sono i lounge-tropicalia
sorio che ha il dono del-
re e per questo ancora più
acustici
la levità, della seducente
ammaliante.
ning, Side Streets), dotati
un’agghiaccian-
modo
Contrasto
la
caverno-
Il
puramente
mancano
omaggio
LovedMe,
agli
molto
l’arco delle ventiquattrore.
(Sun
In
My
Mor-
s e n t i r e a s c o l t a r e 81
recensioni
S u f j a n S t e v ens
I l l i n o i s - S ufjan Stevens Invites You To: Come On Feel The Illinoi s e ( R o u g h T rade / Self, 2005)
di Antonello Comunale
Sufjan Stevens riprende il suo viaggio tra gli stati americani, arricchendo il suo excursus di una seconda, cruciale, tappa. Partito nel 2003 dal Michigan, varca questa volta i confini dell’Illinois, raccontandone la storia,
i personaggi e il carattere, con la verve del cantastorie
post moderno. Sempre in bilico tra bozzettismo acustico
e vocazione alla magniloquenza, questa volta il Nostro
propende decisamente per la seconda strada, consegnando alle stampe un disco che
“pesa” (e chi lo conosce lo sa) innanzitutto in termini di minutaggio (22 tracce per
70 minuti di musica) e che si caratterizza per una capillare e minuziosa raccolta di
dettagli. Il fantasioso e fragoroso barocchismo del nuovo lavoro risulta frastornante,
soprattutto se lo si mette a confronto con il minimalismo acustico del precedente Seven Swans. Laddove li era tutto raccolto, qui l’intento di allestire una piccola opera
da palcoscenico viene denunciato già dal sottotitolo.
C’è di tutto in Illinois e il carattere multiforme delle composizioni riprende ed enfatizza quanto già mostrato in Michigan. Momenti più raccolti, in cui il Nostro rispolvera
banjo e chitarra acustica, viaggiano fianco a fianco ad ariose sortite pop coadiuvate
d a l l ’ I l l i n o i s e m a k e r C h o i r, q u a r t e t t o d i v o c i f e m m i n i l i , c h e m a r c h i a a f u o c o l e m e l o d i e .
Il geniale lavorio melodico del Nostro tocca qui probabilmente il suo apice. Chicago
è una irresistibile marcia condotta sui binari ariosi degli archi e delle voci, una piccola lezione di pop song. Jacksonville e Decatur sono classici country cantautorali
u n p ò N e i l Yo u n g e u n p o ’ D o c k B o g g s ; T h e M a n o f M e t r o p o l i s h a l a v e r v e r u m o r o s a
e sbarazzina di una canzone degli Eels e They are Zombies… si disegna piano piano
con strumentazioni peculiarmente sixties. Non c’è fine alla creatività degli arrangiamenti. Padrone della scena e deus ex machina del suo piccolo mondo, Sufjan Stevens
si concede alla ricerca stilistica e non si lascia sfuggire la possibilità di sottolineare
u t i l m e n t e i p a s s a g g i m e l o d i c i , c o n r a p i d e f r a s i d i p i a n o i n J o h n Wa y n e G a c y, J r. ( d e dicata alle vittime del celebre serial killer) o con intense e morriconiane voci, che
a c u t i z z a n o l a d r a m m a t i c i t à d i T h e S e e r ’ s To w e r . A l t r o v e r i c h i a m a i l J i m O ’ R o u r k e p i ù
sofisticato e si lancia in aggraziati pattern ripetitivi alla maniera di Steve Reich nella
conclusiva Out of Egypt….
L’ i m p i a n t o t e s t u a l e d e l d i s c o n o n è m e n o c o m p l e s s o . P i e n o d i r i f e r i m e n t i e p e r s o n a g gi storici, che vanno da Abraham Lincoln a Carl Sandburg, passando per Frank Lloyd
Wr i g h t e i l S u p e r m a n c h e l a D C C o m i c s h a i n t i m a t o d i t o g l i e r e d a l l a c o v e r, d o p o l a
prima tiratura di stampa. E’ fin troppo facile, a questo punto, considerare Illinois
come il disco della svolta, quello che secondo i bravi critici e commentatori, può essere etichettato come “il lavoro della maturità”. Sufjan Stevens, nel giro di appena
sei anni, ha dimostrato di essere un autore spiazzante e pieno di un talento febbrile
e fuori dal comune. Dopo aver ascoltato Illinois, c’è quasi da crederci che riuscirà a
completare l’opera magna dei 50 dischi. (7.5/10)
sentireascoltare 82
di
o
un
di
ree
song-form
riuscito,
tradire
una
sfiducia
inci-
sturbato
atmosfere
da
Shiva-
piente negli arrangiamenti
tà
intiepidita,
o
ancora
dalla
paranoide,
personalia
beneficio
sofisticati. Le prime copie
dell’ugola,
dei sussurri Lesley Gore-
allegavano
com-
tutti i costi sminuendo, di
iani di Cracknell a scivo-
posto
brani-curiosi-
conseguenza, ogni struttu-
lare dolcemente in chorus
t à : Yo u C a n C o u n t O n M e ,
ra armonica dell’accompa-
a-cappella
Barnyard Brouhaha , Let’s
gnamento,
Build
minimalista.
Wilson-iani.
primeggiare
c’è
poi
Bottle
S y m p h o n y,
manza
tripartita
dance-pop,
con
una
in
A
Milk
ro-
salsa
cori
Bar-
bershop e una delle nenie
più tenere mai scodellate
dalla
frontwoman.
Stars
Above
Us
Anche
possiede
di
un
6
A
EP
Zoo,
Bedfordshire,
Excitation,
Night
Owl.
(5.7/10)
Scout Niblett
Kidnapped By Neptune (Lain,
2oo5)
di Antonio Amodei
valorizzata
a
inevitabilmente
Poco a che vedere con l’indie-folk
s i n g e r,
la
strizza
piuttosto
Niblett
l’orec-
chio all’elettrodance ritmica,
reiterativa,
monotona
talvolta, ma puntuale nell’esattezza
dei
termini
di
elementi incisivi: ritornel-
Kidnapped by Neptune è il
riferimento promordiali. Di
lo contagioso, scatto bal-
terzo album della polistru-
rock
labile
Sledge,
mentista cantante albioni-
trattasi,
basso sculettante. Lo stru-
ca, dopo il successo di I
scrigno creativo assoluta-
mentale di The Birdman of
Am (2003), che l’ha consa-
mente
EC1 (tutto synth liturgico
crata epigone di Cat Power
zialmente
e chitarre oniriche), è una
e
gusto, sciafilo, per ordini
gustosa
sità
alla
Sister
opera
d’incastri
PJ
H a r v e y,
per
emotiva,
l’inten-
l’energia,
seminale,
minori
in
verità,
spontaneo;
originale
e
uno
poten-
pericoloso,
della
platea.
anCon-
sonori.
Il resto dell’album si spa-
la sensualità che pervade
sigliata
ogni passaggio del suo già
(6.2/10)
paranza placido su livelli
maturo percorso di compo-
non propriamente sopra la
sitrice.
media. Non basta il duetto
Prodotto
doo-wop-recital con David
l’album
Essex di Relocate, o i pun-
voce, alla chitarra, al pia-
di Marina Pierri
zecchiamenti ai film-score
no e, come recitano alcune
Cocciute, integerrime fino
d i M o r r i c o n e ( Te e n a g e W i n -
note di copertina, si dispo-
all’osso, forti di una logica
ter), o lo sparuto interven-
ne ad autoeleggersi quale
post-femminista monolitica
to di uno straniante hard-
reincarnazione
synth à-la Joan Jett (Last
louisiano,
Orders For Gary Stead), e
die,
nemmeno la banalotta rie-
improvvise, lirismo austero
nifesto
vocazione delle loro stes-
ed inquieto, ammaliante ed
le post-punk come stile di
se origini (A Good Thing).
ipnotico. In tour si esibisce
vita, hanno tenuto la loro
Ha dalla sua la meticolo-
sempre con la stessa par-
bandiera bene in vista, is-
sità
rucca bionda (esercitando
sata bene in alto, per die-
mnestiche
ci anni suonati - in senso
domestica
zoni,
gli
delle
intrecci
can-
raffina-
da
Steve Albini,
vede
tra
brandelli
Scout
alla
la
prenotazione.
Sleater-Kinney
The Woods (Sub Pop / A u d i oglobe, giugno 2005)
del
blues
fino al punto da risultare
dolci
melo-
a tratti irritante ai più: le
chitarre
S l e a t e r - K i n n e y, o r m a i m a -
di
della
O’Con-
vivente
del
fema-
nor?...): una coperta di li-
letterale.
parzialmente
nus, vista la giovane età;
A distanza di tre anni dal
riacquistata. Ha, di contro,
e se la Joplin s’imposses-
pulito
la dimensione farraginosa
sa della sua creatura tan-
Beat, il ritorno del trio si
del
to
(Fuck
chiama The Woods ed è un
Good
corpo scenico a tre teste
ti
e
della
una
strumentazione,
verve
concept
inventiva
e
nella
l’appiattita
scrittura.
pervasivamente
Treasure
Me),
Island
la
,
e
cerebrale
One
Abuso delle armonie vocali
To
scarnificazio-
dallo scheletro fondamen-
d i To n y R i v e r s - a n c h e s e
ne mediante ossature per-
talmente immutato. La no-
ben mixate dalla produzio-
cussivo-ossessive, sottrae
vità, oltre che nel cambio
ne del solito Ian Catt -, a
morbosamente il suono di-
di etichetta (dalla Kill Rock
s e n t i r e a s c o l t a r e 83
Stars di Olympia alla Su-
ds on The Bad One e Dig
dei dEUS. Nel mezzo, uno
bpop di Seattle) sta tutta
Me Out, la qualità distorta
spettacolo
nel ricorso a un nuovo ve-
impressa dalla produzione
Flaming
stito sonoro, un abito del-
ad
spensioni
la domenica messo a punto
saturo, fanno del sesto di-
blues di Green river killer),
da un grande sarto come
sco della band un episodio
striscianti misteri Led Zep-
Dave Fridmann (che di re-
inequivocabilmente isolato
pelin (tra le ma(g)lie folk
cente ha peraltro lavorato
all’interno di una delle di-
di Salix dead tree), turgi-
all’ultimo disco dei Low),
scografie più omogenee e,
do caleidoscopio à la Kula
produttore dalla mano abi-
bisogna dirlo, interessanti
Shaker
le
degli ultimi dieci anni.
ziati,
Un campanaccio (quello di
te, l’organo e il wah wah
Rollercoaster)
di
e
capace
modifiche
sostanziali
delli
di
apportare
sostanziose
anche
e
ai
mo-
apparentemente
più
un
sound
quanto
non
mai
basta
di
sordidezze
Lips
gli
(tra
il
Sand)
(tra
e
i
watt
sax
e
le
so-
strattoni
scre-
starnazzan–
soprattutto
a fare punk-funk e sicura-
- una verve funky di stam-
riusciti o completi.
E del resto bene così, per-
mente
Fridmann
po Red Hot Chili Peppers
non basta a cambiare com-
che scombussola traietto-
ché pare che le tre ragazze
pletamente
coordinate
rie già di per sé oblique,
desiderassero
cambiare:
di rotta di quello che or-
che si tratti della spiritata
il loro stile teso, miscela
mai è un lungo viaggio, ma
Ed
precisa al millilitro di pop
scegliere tra tanti produt-
grunge,
e (post)punk doveva e vo-
tori molto meno aggressi-
psych deviante, punk bal-
leva,
dischi,
vi un personaggio del suo
zano come dei Sex Pistols
non solo “rifinirsi”; dove-
calibro e della sua fama è
dada) o della fastosa schi-
va e voleva prendere una
indice chiaro di una svol-
zofrenia
deviazione distinta che nel
ta
La
venato gospel che precipi-
caso di The Woods finisce
qualità di The Woods, che
ta su inauditi scenari prog/
nella landa a cielo aperto
questo non sfugga, è inne-
psych).Non è un merito da
della
gabile:
che
poco farsi catalizzatore di
dopo
cinque
psichedelia
ties
del
che
abbiano
pezzo
seven-
Dave
le
chiamata,
attesa.
dispiace
solo
Gain
(ipotesi
garage/
coretti
di
So
spiritati,
fine
(funk
lungo
la vera vittima del cambia-
istanze così diverse, spar-
scritto,
mento sembra essere stata
se in un autentico guazza-
Let’s Call it Love. O, in al-
quella loro capacità unica
buglio
ternativa, nel parco giochi
di scrivere canzoni memo-
fugaziano del primo singo-
rabili come Dig Me Out -
ziotemporali.
Ma il bello è
lo e probabilmente miglior
canzoni che a distanza di
quante
pezzo del disco, una Enter-
quasi dieci anni ci si tro-
da,
tain la cui batteria pesan-
va
te, depistando riferimenti,
te
chiama
più
un
mai
raccolta
ad
uno
di
cantare
spirito polemico che porta
la
e
quasi il nome del miglior
court,
disco
lo. (7.1/10)
dei
a
ancora
Gang
of
F o u r,
manifestando un dissenso
presumibilmente
anti-Li-
bertines o anti-Franz Ferdinand nelle liriche (1984,
oh you’re such a bore reci-
che
a
qui,
aver
voglia
di
coordinate
che
spa-
direzioni
dissimulando
per
prenimpron-
squarciago-
accartocciando
quasi
- il sound degli Slugs sa
mancano
tout-
all’appel-
rimanere
filiazioni
saldamente
ag-
grappato a se stesso, alla
Slugs
Bob Berdella Bizarre Bordello
(Black Candy Records / Audio globe, 2005)
propria tensione di visioni
intossicate,
ai
mostri-
ciattoli che riaffiorano dal
brodo irrequieto della psichedelia. Organi e chitarre
ta Corin Tucker). Altrove,
di Stefano Solventi
per
quanto
Agli estremi del ventaglio
sostrati e aguzzini gli uni
te
Sleater-Kinney”
stilistico
in
delle altre, aerei o carno-
“classicamenpos-
squadernato
si
affiancano
frizionando,
come
questa seconda prova, gli
si secondo che ci sia da
Wilderness o Modern Girl,
Slugs pongono le asprez-
spumeggiare aciduli (come
che
ze acide del garage e la
in coda all’allucinante The
teatrale
day
sano
suonare
riportano
pezzi
rispettiva-
mente ai tempi di All Han-
84 sentireascoltare
problematicità
they
put
down
land
recensioni
T h e F r e e D esign
T h e N o w S o und Redesigned (Light In T he Attic, luglio 2005)
di Lorenzo Filipaz
Come spiegare adeguatamente tutto il valore simbolico
contenuto in questo The Now Sound Redesigned, frutto di un processo culturale pluridecennale, nello spazio esiguo di una recensione? Cominciamo col fornire
qualche coordinata spazio-temporale sui Free Design:
fine anni ’60, l’East Coast tentava un’improbabile golpe
contro il dominio incontrastato della solare West Coast.
Ecco allora che al rock della Bay Area si contrappose l’artificiosissimo Bosstown
Sound ed ecco che al Sunshine Pop di Mamas & Papas e Turtles risposero le creature
d i C u r t B o e t t c h e r ( A s s o c i a t i o n , M i l l e n n i u m , S a g i t t a r i u s ) , To d d R u n d g r e n ( T h e N a z z ) ,
Michael Brown (Left Banke, Montage). Ma a fronte degli Association che ce la fecero
ci furono innumerevoli altre realtà che fallirono, fra queste la più illustre fu quella
dei Free Design: emblema delle superproduzioni barocche dell’Est a cui spesso non
c o r r i s p o n d e v a n e m m e n o u n a s o r t i t a n e i To p 1 0 0 , s i m b o l o d i o t t i m i s t i c h e i n n o d i e a i
cieli tersi celebrate in grigie lande, di Sole invero parche.
Probabilmente la bizzarria tragicomica di questi macroscopici, spesso titanici, paradossi (ed è particolarmente calzante la metafora del Titanic - la nave più grande del
mondo che affonda al primo viaggio urtando contro un pezzo di ghiaccio…) ne hanno
fatto un oggetto di culto - nonché uno specchio - per quella generazione “out” che
dagli ’80 in poi hanno sognato di riprodurre i fasti di Martin e Spector con i poveri
mezzi della propria cameretta (o attico) e delle proprie psicosi; parliamo di freaks
inossidabili come Daniel Johnston, Beck, Calvin Johnson… e dei cacciatori di coolness innamorati del muzak, dai nipponici dello Shibuya-Kei ai riciclatori hip-hop più
sommersi di area Stones Throw e Anticon, senza dimenticare gli apologeti del lounge
del vecchio continente (Stereolab) e i favoleggiatori dell’arcadia-sixties di scuola
celtica (Super Furry Animals, Gorky’s Zygotic Mynci, Belle & Sebastian), tutti accomunati da una visione casalinga e personale – da novelli Pupkin - del mito dei ’60
più hollywoodiani, apice di quella tradizione tutta fantasia e opulenza che nei ’50
v e d e v a p e r s i n o l e s h o r t s t o r i e s d i To m & J e r r y a c c o m p a g n a t e d a l l e m e g a - o r c h e s t r e
d i S c o t t B r a d l e y.
Dunque l’enorme raggiunto nel piccolo di un campionatore, il chic attraverso il pacchiano… tutti questi impulsi sono ben riassunti nell’operazione della Light In The
Attic, etichetta di culto ossessionata dai Free Design, che consiste nel sottoporre il
loro repertorio al remix degli eredi più in vista di quella corrente che abbiamo fin qui
descritto. The Now Sound Redesigned è il capolinea del progetto in quanto riunifica
il materiale originariamente uscito in una serie limitata di tre 12”.
La scaletta, con intro esplicativa e continue intrusioni e stacchetti - a recuperare
con spirito camp la forma della rock opera – spazia fra il classico Where Do I Go (dal
musical Hair) spezzato sui beats di Madlib, a Umbrellas trasformata dal patron della
S t o n e s T h r o w, P e a n u t B u t t e r Wo l f , i n u n p e z z o d e g l i H e a t w a v e a l l ’ e p o c a d e l G - F u n k ,
e avanti in un baluginio di acid-jazz (Sharpshooters), “indietronica” (Styrofoam feat.
sentireascoltare 85
Sarah Shannon , Mellow), nu-lounge (Stereolab & The High Llamas), hip-hop obliquo
(Koushik & Dudley Perkins, Danger Mouse & Murs, Kid Koala & Dynamite D, Nobody
feat. Ikey Owens) trovando le interpretazioni migliori negli episodi di più caotico
trasversalismo come nella happy-disco di The Proper Ornaments ritradotta dai Super Furry Animals ma soprattutto in Dan Snaith/Manitoba/Caribou per il quale tutta
l’operazione pare essere stata concepita tanto a suo agio si trova in questi panni il
virgulto canadese (Dorian Benediction).
Se il cozzare di sampledelia e hip-hop con la prosopopea sixties vi suona eccessivamente peregrino la Light In The Attic vi dimostrerà con questo artefatto che si tratta
invece di una forse piccola ma significativa quadratura di bilancio. (7.0/10)
from hollywood) o affonda-
lo tempo un paio d’ascol-
re la lama (nella veemente
ti.
Impress metal packaging, o
descente
nel morboso crogiolo della
dei
ghost track).
da di spunti melodici e il
Ci sarebbe poi da rimarcare
frastagliato
un utilizzo parco ma insi-
espedienti dovrebbero as-
dioso di ammennicoli come
sicurargli una gustosa lon-
gli archi, il già citato sax
gevità. (7.6/10)
e addirittura un luccicante
glockenspiel, ognuno calato ad agitare le acque con
stringente funzionalità.
Ma più che le orchestrazioni colpisce la disinvolta
schizofrenia delle strutture, gli stranianti voltafaccia stilistici, quel condire
folk
zie
malinconici
psych
e
di
spe-
punteggiarli
di possibilità errebì e poi
strapazzarli
in
un
coret-
to ossessivo (I could have
been a contender);
oppu-
re la delicatezza tossica e
lasciva
risucchiata
da
un
vortice psych e quindi appallottolata soul (Love part
two); infine, e soprattutto,
il funkone crudo, sferzante
e sovraccarico di Requiem
for a dead rabbit, capace
di
sterzare
wave-psych
e
poi adagiarsi su una protrazione di piano e sottili
riverberi
il
canto
cosmici,
aleggia
dove
solenne
prima di stendersi su una
seducente lungaggine Ultimate Spinach/Brian Eno.
Disco che ti entra in circo-
86 sentireascoltare
Dopodichè,
l’incan-
caleidoscopio
timbri,
la
saraban-
bailamme
di
The Superimposers
Self Titled (Stereo Deluxe /Au dioglobe, luglio 2005)
e compagnia bella; dentro
piuttosto un tris di cuori al gusto di nuggets (le
“noccioline”figlie
della
compilation del genere per
eccellenza) e, perché no,
colonne sonore (queste sì
sul filo del recupero AIRZero 7) e pure i Doors soff u s i d i Yo u ’ r e L o s t L i t t l e
Girl dritti a Los Angeles,
in spiaggia.
Risultato? Un album lounge
pensato
da
folkster
persi
di Edoardo Bridda
nel tempo, appena sporca-
Il recupero di certe sonori-
to di scrosci di vecchi vi-
tà andate, del folk inconta-
nili, effetti radio, theremin
minato dei bucolici sixties
e una piccola sorpresa: la
probabilmente non smette-
scrittura
rà mai, o perlomeno non se
tutte le 9 tracce del disco
ne
con
vedono
segni
d’archi-
tiene
bene
l’ombrellone
per
sempre
viazione. Già al voltar del
a p e r t o c o n t r o i r a g g i U VA
secolo
del
Band,
gruppi
come
Beta
AIR, Zero 7 rinfoco-
lavano il mito della melodia
psych-pop perfetta e ora,
in particolare dai primi, ripartono
i
Superimposers,
un gruppo tutto proteso al
passato che di post-modernismi e contaminazioni eccentriche proprio non vuol
sentir parlare.
Via perciò le sofisticate
elettroniche, l’hi-fi, le patinate atmosfere dei Kings Of Convenience (che di
convenienza nella forma
non sono mai stati parchi…), e men che meno
le ibridazioni à la page di
Of Montreal, Elephant six
posticcio
e
dell’anti-
quariato bacharach-iano .
Non un capolavoro ma sì,
un lavoro onesto. (6.0/10)
The Silver Mt. Zion Memor i a l
Orchestra & Tra La La Band
Horses In The Sky (Constell ation, 2005)
di Antonello Comunale
Tutto il dolore del mondo e
il canto popolare come antidoto: questo sono ormai
diventati i Silver Mt. Zion
alla loro quarta uscita sulla lunga distanza. This is
Our Punk Rock (2003) aveva tracciato le coordinate
del nuovo suono a partire
dallo stupefacente coro po-
lifonico posto in apertura
Animal Collective. Efrim è
del disco; da li i canadesi
sempre
hanno cambiato progressi-
di qualità, un’icona di suo-
vamente
ni senza compromessi e di
pelle,
mutandosi
più
un
trademark
da ensemble post rock ca-
atmosfere
meristico alla stregua dei
e tormentante; i suoi Sil-
Rachel’s in una formazione
ver Mt. Zion, partiti come
che fa musica folk distur-
costola minore dei GYBE!
bata da tendenze progres-
sono ormai una realtà a se
sive. Il nuovo manifesto sta
stante, che con il passare
tutto
dei
God
nella
Bless
prima
Our
traccia:
Dead
dischi
problematiche
rischia
di
infi-
Ma-
ciare anche la torre d’avo-
rines apre con rasoiate di
rio, dentro cui è custodito
violino e un febbrile Efrim
l’alone di culto della band
che intona “Put the angels
madre.
(7.0/10)
on the electric chair”.
Il crescendo strumentale a
venire è tipica ascendenza
dai GYBE!, a testimonianza
che
l’evoluzione
non
preclude il portarsi dietro
le proprie radici. E’ musica
tormentata che si attorciglia su se stessa alla continua ricerca di un climax. Il
secondo brano, Mountains
Made Of Steam, è interamente
costruito
sulla
fi-
gura di un valzer e mostra
una
parentela
inaspettata
tra i nuovi Silver Mt. Zion
e il Matt Elliott di Drinking
Songs,
condividendo
con
lui il recupero di certe figure
stilistiche,
come
il
valzer e la mazurca, prese
a prestito dalla tradizione
folk
svelt
europea.
Guns
Te d d y
Roo-
Ring
Them
e
Bells (Freedom Has Come
And
la
Gone)
hanno
teatralità
di
un
invece
dram-
ma senza lieto fine, con i
crescendo
alla
godspeed,
i timidi arpeggi di chitarra che aprono e la batteria
marziale ad inscenare il finale. La penultima traccia,
è invece una riflessione da
falò. Intermezzo semi acustico, che fa rima con certe atmosfere tipiche degli
TBA
Annulé (Max Ernst, 2005)
di Antonello Comunale
Per chi segue le gesta
della Max Ernst di Thomas
Brinkmann, TBA non è un
to be announced qualsiasi, ma il nome d’arte scelto dalla 25enne Natalie
“Tusje” Beridze, vulcanica
artista proveniente dalla
Georgia e membro del collettivo artistico Goslab. La
Nostra aveva già dato alle
stampe nel 2003 un omonimo debutto, che alternava
con gusto minimal techno
e ambient glitch. Il disco,
pur buono, non si sollevava dalla pletora di produzioni analoghe e non lasciava minimamente prevedere
l’impressionante salto di
qualità che la vede protagonista oggi.
un disco particolarmente
affascinante è la sua doppia anima, sempre contesa
tra suggestivi lampi pop
e vigorose sterzate verso
l ’ a v a n g u a r d i a . L’ o p e r a s e c onda porta TBA fuori dalla
fredda risacca elettronica
e la trasforma in una piccola stella della comunicazione
globale,
capace
come tale di trasmettere
feroci invettive politiche
(il titolo “Annulé” richiama
il timbro di annullamento
del permesso di soggiorno)
e poetiche elegie della memoria. A suo modo è precisa scelta politica anche
il voluminoso dispiego di
stili, che portano il disco
a seguire tante rotte diverse, dall’avanguardia pianistica dell’iniziale Beba
plays, all’asettico trip hop
alla Tricky di Beslan (dedicated to the bottom of the
ocean deep), passando per
la minimal techno di scuola Brinckmann in episodi
come Zinavs e Get Going e
per le geometriche costruzioni alla Plaid di Tuesd e
Soshi. I bozzetti strumentali non mancano, ma a
differenza dell’esordio non
costituiscono
l’ossatura
del disco, che oltre alla
varietà dei suoni veicola
anche quella delle parole:
le frasi cantate da TBA in
una sorta di sussurro anemico e filtrato, a metà tra
una Laurie Anderson meno
istrionica e una AGF meno
marziale e fredda, sono
ricche di immagini e suggestioni (I speak within
citations / I battle for the
failed) che chiariscono in
modo diretto le peculiarità
politiche della sua verve
artistica (in questo può essere presa per una versione meno iraconda e feroce
di Meira Asher). Cita Dylan
Thomas nella fenomenale
Sleepwalkers (Do not go
gentle into that good night)
e non manca di ricordare
Raymond Scott in Dread e
un wrestler georgiano in
Chegem.
Disco complesso e lungo,
pieno di strati sovrapposti,
Annulé è un’opera che tradisce chiaramente la sua
provenienza, ricolma come
è di malinconie ed invettive
dal popolo dell’ex Unione
Sovietica, smarrito nella
contemporaneità dei suoni
e delle idee. (7.3/10)
s e n t i r e a s c o l t a r e 87
The Tears
H e r e C o m e T h e T e ars (Independiente/V2, 2005)
di Carlo Pastore
C’è ritorno e ritorno. Il ritorno che fa male, rievoca gli scenari del passato e stride con l’oggi che
ha fatto a botte coi ricordi, arroccandosi nel diritto
all’oblio
e
trovandovi
rifugio dopo la fine della
fiaba. Il ritorno di fiamma,
che accende l’aria come se
l’ossigeno fosse gas. E il
ritorno semplice, semplicemente un ritorno. Il coming
back che quando ti chiami
Mario
Rossi
probabilmen-
te si annulla nell’entropia
dell’universo, ma se siete
Bernard Butler & Brett Anderson, avete appena chiuso la vicenda di un gruppo
chiamato Suede e decidete
di
riaffacciarvi
al
mondo
s c e g l i e n d o T h e Te a r s c o m e
ragione sociale, beh, ci si
aspetta perlomeno di farcela scappare, una lacrimuccia. Di lasciarci un pezzo
di cuore. Di rimanerci.
questa torrida estate.
La
noia
avanza
to del New Acoustic Move-
come
un
ment per poi rifugiarsi in
esercito che occupa la cit-
uno
tà, e se questo crea scon-
crepuscoli e toni umbratili.
forto di per sé, affligge che
Fine della monografia.
a guidare le truppe siano
Dopo
due musicisti splendidi, in
sta
passato gloriosi condottie-
Paridjanian
ri di emozioni, un piccolo
sentono
pezzo
con-
maturi per affrancarsi dal-
fronti del quale la resa non
le pastoie con le quali la
è ammessa.
critica
Così
di
storia
mi
monolitico
aver
vena
sfruttato
per
due
e
quealbum
Knights
ora
li
tutto
si
abbastanza
aveva
facilmen-
accontento
te catturati al debutto: via
d e l l a m a g n i l o q u e n z a d i Tw o
a l l o r a J e f f B u c k l e y, v i a l a
Creatures
o
della
soffice
psichedelia acustica e via
preghiera
di
The
Asylum,
Simon & Garfunkel, via an-
ma
non
nei
stile
incalzo
l’esercito
ne-
che gli ultimi riferimenti al
mico, e mi chiedo se non
NAM
sarebbe
stato
meglio
(il
tipico
strumming
ag-
del duo viene qui ridotto a
giungere dopo il titolo un
fattore superficiale, niente
punto
Here
più che una sbiadita griffe)
C o m e T h e Te a r s ? U n a r i -
interrogativo:
e via persino quello stile
sposta l’avrei: speriamo di
crepuscolare (rimasto però
no, volevamo decisamente
in copertina!) su cui sem-
di più. (5,5/10)
brava
Turin Brakes
Jackinabo x (Source - Virgin /
Emi, 2005)
poggiarsi
il
Turin Brakes.
Finalmente liberi
nome
dunque,
ma cosa rimane dopo tutta
questa repulisti? Niente: il
di Lorenzo Filipaz
più
Monografia sintetica (a cui
nulla. Ci si può sorprende-
effettivamente non saprem-
re a tenere il tempo sulle
assoluto,
radiofonico,
mo aggiungere altro): fra i
note della title-track, cer-
E invece parte Refugees, il
tanti albionici folgorati dal-
to; ci si sorprende ancora
singolone, e già qualcosa
la “grazia” di Jeff Buckley
di più nel realizzare che il
non va. Non tanto perché
i Turin
pezzo
il pezzo sia brutto, quan-
quelli
to
non
glio, trovando nella provvi-
qualunque
esplode mai. Il tutto si as-
denziale coniugazione con
due precedenti album. For-
sesta su una manciata di
la quiet english psychede-
se
canzoni d’ordinanza, buo-
lia dei Floyd acustici mino-
scegliere le mani a cui af-
ne canzoni, che è già trop-
ri e con l’aiuto del santino
fidarsi (dopo il felice tocco
po definire così. Suede e
di Simon & Garfunkel una
d i To n y H o f f e r , g i à a l s e r v i -
Mercury Rev si intrecciano
discreta personalità, certo
z i o d i B e c k e d A i r, è i l t u r n o
in un brit rock sofisticato
un po’ diluita ma, se debi-
d i M a r k S p i k e Te n t e d e l l a
e decisamente pop, illumi-
tamente distillata, capace
coppia
nando i sobborghi con rari
di una manciata di canzo-
recentemente
lampi, e spesso indirizzan-
ni
consolle
doci
perché
la
musica
Brakes
che
furono
risposero
veramente
fra
me-
mozzafiato
migliore
del
disco
sfigura al confronto di un
hanno
riempitivo
sbagliato
dei
nello
Treahearn-Haggett
per
dietro
Linkin
alla
Park,
che
c o m e T h e D o o r, M i n d O v e r
B r i t n e y, B l a c k E y e d P e a s …
non assolve alla funzione
Money e The Long Distan-
non
di rifugio rinfrescante del
ce.
più
più affini ai Brakes), ma la
quale avremmo bisogno, in
possibile del trend aborti-
scelta dei tecnici pare un
verso
un’ Oasis
88 s e n t i r e a s c o l t a r e
Approfittarono
il
proprio
le
musicalità
effetto del loro nuovo stile
che l’eclettismo non deve
nato tra brusii di pubblico
più
essere - non è - l’antidoto
(citazione di Berlin?) e ri-
vano suonare freschi però
automatico
banalità,
succhi cosmici di Damaged
gustosi e lo sono nella mi-
perché anche il più eclet-
woman, oppure - e soprat-
sura in cui lo è dell’acqua
tico degli ingegni deve ag-
tutto - con la psichedelia
bevuta da un bicchiere la-
grapparsi
rurale
vato male, indi “imprezio-
“visione” decisa ad esse-
acidulo di Borderline per-
sita”
del
re se stessa, che si tratti
sonality
(mi
questa
che
una
dal
frappè
causa:
vole-
retrogusto
del
giorno
alla
al
fusto
di
una
trasfigurata
beat
sembra
di
prima
del più scazzato disincan-
vederla,
unito a una “sana” punta di
to o del più crasso dei voli
cella,
detersivo,
pindarici. Col qui presen-
spacciandosi per la nuova
te,
Matinée).
quello
sì
della
miglior marca. (3.0/10)
W a r A g a i n s t Sleep
I n v i t a t i o n To The Feast (Fire
R e c o r d s , 2 005)
invece,
il
bristoliano
intenta
marpiona
sedurvi
M r. D u n c a n F l e m i n g – d e i
E se poi non vi basta? E
WAS il demiurgo - ha rea-
se
lizzato una scaltra parata
ra? Nessun problema, c’è
di
l’ammiccamento
tecniche
di
seduzione,
poi
ne
volete
anco-
al
Cave
un calciomercato sintoniz-
più sdilinquito di Bedmin-
zato più alla pubblicistica
ster parade, ci sono i go-
Opera seconda per il com-
che alla quadratura atleti-
spel germogliati nel deser-
bo War Against Sleep dopo
ca, tecnica e umana della
to di May I harm none, le
l’acclamato
di Stefano Solventi
del
squadra. Poco conta quan-
liquefazioni psych-soul tra
nul-
to e se fossero franchi gli
patina
la vi dico perché nulla so
intenti originali: basta l’in-
progressiva
(vogliate
sincerità
freddezza,
nach di Suffering e – argh!
2003,
Messages
circa
questo
il
quale
perdonarmi).
Invitation
To
Su
–
la
Cousteau
e
ascesi
Ultimate
Spi-
The
l’inefficacia - del prodotto
- la tautologica disartico-
Feast, invece, qualche idea
finito, quel volersi a qua-
l a z i o n e A i r / B r a n Va n 3 0 0 0 /
me la sono fatta. Una sca-
lunque
Gelb
letta che - non so se in vir-
zione bizzarra d’una band
land. Ripeto, mi sono an-
tù di una faccia tostissima
bizzarra quando è piutto-
che
o per incarnita incoscienza
sto il cinerama promozio-
i
primissimi
- mette in fila folk bucolici,
nale d’un gruppo poco più
è
vero
ammiccamenti
disco
soul-jazz,
costo
manifesta-
e
dEUS
di
divertito,
Dolphin-
soprattutto
assaggi.
d’altronde
pop,
acces-
si
dub
striniti,
date possibilità che l’ascol-
male a nessuno, o almeno
agri errebì, elettroniche e
to possa sembrarvi diver-
non che io ricordi. Tutta-
ottoni,
tente. Eh, già: se vi viene
via,
e sgocciolii di piano, cin-
la
bella
ascolterò questo Invitation
cischi,
ammucchiata
l’ardore
To T h e F e a s t u n a v o l t a d i
ghigni
di
languori
chitarre
e
decolli
fregola
per
una
con
come se fosse la cosa più
cavernoso
naturale del mondo. Quan-
(Changing of the season),
do
anzi
la pastorale indiedelica di
scopo
stampo Eels (Puppies and
invece
è
chiarissimo
chiaro
che
lo
dei
del gioco è abbagliare gli
kittens),
implumi
come
t r a K i n k s e B o w i e ( Te l e t e x t
mezzo
nights) e le brume jazzy à
ascoltatori
fossero
leprotti
in
i
Cousteau
cascami
glam
più.
-
non
quanto
un
barocchismi
cone
per
che
che ordinario.
Detto questo, ci sono fon-
lisergici,
–
Ed
ha
bric-
mai
fatto
semplicemente,
Potete
non
scommetterci.
(5,2/10)
White Out w/ Jim O’R o u r k e &
William Winant
China is near (ATP Rec o r d i n g s
/ Goodfellas, 2005)
la Scott Walker (in Song of
di Daniele Follero
Intendiamoci, non è che mi
songs), così tutti insieme
I White Out non sono nuovi
spiaccia
appassionatamente,
a collaborazioni importan-
alla strada.
farmi
sballotta-
fatevi
re da un fondo scala sti-
pure sotto e dateci dentro.
ti
listico
Non
Watt,
all’altro
lungo
un
scandalizzatevi
però
(Thurston
Nels
stati
Moore,
Cline)
da
meno
Mike
e
non
qualsiasi programma di un
se nell’orgia vi ritrovate a
sono
qualsiasi disco rock. Solo
tu per tu col dub incasto-
scelta dell’organico per il
nella
sentireascoltare 89
loro terzo album in studio.
altezza indeterminata e le
finire picchiati nel classi-
L’ e x
loro
co vicoletto mal illumina-
Gastr
O’Rourke,
Del
Sol
alla
Jim
docet).
to, e negli USA poi, nella
Eppure i quattro (o anche,
Baia più famosa della Ca-
newyorchese, questa volta
la doppia coppia) non sem-
lifornia, dove il punk ave-
ha abbandonato la chitarra
brano scavare a fondo nei
va preso pieghe ancor più
per dedicarsi ai soli sinte-
meandri
strumento,
radicali, le cose sarebbero
tizzatori in coppia con Lil
accontentandosi di un dia-
andate anche (e anzi sicu-
Culbertson;
con
a
il
fare
( Va r è s e
dello
logo interessante ma tutto
ramente)
p a g n i a a To m S u r g a l a l l e
sommato non sbalorditivo.
grazie all’effetto parallas-
percussioni
Lo
c’è,
com-
esecutive
possibilità
duo
collaborazione
seconda
svariate
invece,
standard
(perchè
peggio.
Eppure,
di
se e all’edulcorante revi-
William Winant, nome noto
standard si può ormai par-
val di questi anni, succede
nell’avanguardia
musicale
lare, visto che lo si con-
pure questo e, a forza di
americana, se non altro per
sidera ormai un genere) è
girare e rigirare la frittata,
le sue numerose collabora-
quello dell’improvvisazione
l’emul-rock giunge alla più
zioni, che vanno da John
libera, che affonda le sue
fedele e inutile delle cele-
C a g e a Ya n n i s X e n a k i s , d a
radici
Steve Reich a John Zorn.
europea
ispirazione)
brazioni.
I ragazzi di Baltimore han-
Un binomio, quello di sin-
e nella no wave (per for-
no impiegato quasi un lu-
tetizzatori
percussioni,
mazione musicale). Nono-
stro
che timbricamente funziona
stante ciò, l’effetto sonoro
dieci tracce, un tempo lun-
molto bene: i suoni analo-
del binomio synth analogi-
ghissimo che è valso alme-
gici si amalgamano a quelli
ci-percussioni mi ricondu-
no un nome di tutto rispetto
percussivi (tra gli strumen-
ce
Po-
che riporta la mente tanto
ti usati: timpani, campane,
pol Vuh di Affenstunde o ai
a una canzone dei Joy Di-
batteria, tam tam) creando
corrieri
vision quanto al consueto
fantasiosi
sonori
e, in ogni caso ha un sapo-
Oscar
come
re inconfondibilmente anni
ovvero - dall’inglese - ina-
emozioni, riuscendo a pas-
’70.
China is near può coinvolgere all’ascolto, ma anche
(legittimamente) annoiare.
Mai travolgere. (7.0/10)
bitato,
che
si
sare
e
tessuti
trasformano
da
stati
di
assolu-
ta calma (Stifled moon) a
momenti più concitati, più
nervosi
(Favorite
jungle,
Mutinous). Sembra essere
proprio
questo
compositivo
processo
basato
sulle
trasformazioni emozionali,
sull’alternanza
tranquillo-
nella
musica
(per
inevitabilmente
cosmici
colta
ai
tedeschi
Wilderness
Self Titled (Jagjaguwar / Wide,
luglio 2005)
di Edoardo Bridda
una
incidere
Wilde;
ostile,
sotto
l’ombrello
c h e B o n o Vo x e l o s c i a m a nesimo
del
padre
di
tutti
loro, quel Jim Morrison da
cui tutto è iniziato.
Ma a discapito della bella
posta
è
la
tra
musica
le
più
prosteri-
Chissà
sarebbe
bum, che se ha un punto
di
debole, è quello di risulta-
trent’anni
re un po’ povero di idee.
Si ha l’impressione che
tro
quello
sia
acchittati con magliette a
di
possi-
quadrettoni, felpe e capelli
à la Richard Butler (ricor-
bilità reali degli strumen-
che non vi dico.
date le psichedeliche pel-
ti impiegati. Non c’è fonte
All’epoca, nel Regno, sa-
licce di Heaven?), fattore
sonora più variabile e adat-
rebbe bastato stare anche
che sposta l’asse emotivo
ta
sperimentazione
di poco vicini alle corde di
in
di
sintetizzatori
quel che Julian Cope aveva
te
e percussioni, con la loro
definito Dio in persona per
però cambiare davvero la
che
si
rispetto
alla
musicale
sente
alle
90 sentireascoltare
aspettato
li di questi ultimi mesi: il
scimmiottato,
cantante ammorba le trac-
mai
vedersi
si
che
cale trainante di quest’al-
della
Lydon
desertico,
sociale
vate quali Curtis, McCullo-
etichetta,
John
Wilderness,
ragione
accoglie
queste
agitato, il pensiero musi-
poco
se
per
dopo,
da
normalissimi
provincia
quat-
giovani
americana
ce
con
deliqui
spesso
irritanti
post-punk
e
quando
cerca di levarsi le scimmie
dosso
para
direzione
su
registri
maggiormen-
dark-romantic
senza
sostanza:
il
declamare
a
picco macina a vuoto i ben
più
caratterizzanti
rantoli
dell’ex non ex Sex Pistols.
E che dire del restante gruppo? Proprio come
una gloriosa (cover) guitar band, non fa che intessere epiche messinscena
copie carbone dei primi
Echo & The Bunnymen, U2,
Psychedelic Furs e Chameleons (quest’ultimi già
abilmente saccheggiati dagli Interpol tempo fa).
Vi sarebbe da ribadire la
bontà
di
zazioni,
queste
specie
armonizin
Margi-
n a l O v e r , Yo u r H a n d s , S a y
C a n Yo u S e e , t u t t a v i a - p e r
quanto preziose - assomigliano alle scenografie di
certi
ci
ce,
set
cinematografi-
hollywoodiani:
laccate,
postic-
perciò
inutili
quanto il remake che perpetuano.
Non
stiamo
iniziando
raccomandare
la
a
sezione
classic del nostro magazine con lo spirito passatista
e patetico di chi, schifato
dal presente sempre e comunque, si chiude a riccio
nel passato, tuttavia, per
una volta (vien proprio da
scriverlo a lettere cubitali)
riascoltiamoci gli originali
(il Metal Box dei Pil, Crocodiles degli Echo & The
Bunnymen, Boy degli U2),
riandiamoceli
(anche
a
comprare
rimasterizzati
in
ottime e costose confezioni deluxe)! Ne vale la pena
…loro no (4.5/10)
Yann Tiersen
L e s R e t r o u vailles (Virgin/EMI,
2005)
d i G i a n l u c a Ta l i a
È stupefacente come tra
collaborazioni,
lavori
a
quattro mani, partecipa-
z i o n i e c a m m e i Ya n n Ti e r sen sembri beneficiare di
una sorta di ubiquità, riuscendo perfino a trovare il
tempo per ritirarsi su un
isolotto bretone – lo stesso che già aveva ispirato
Le Phare - per concepire
un album nuovo di zecca.
impronta di Marvin Staples
E
un
verrebbe distribuito gratis
lavoro che pare, per strut-
con ricetta medica a tutti
tura, voler riprendere il di-
(e siamo tanti) quei mala-
scorso
ti di metropolismo, affetti
Les
Retrouvailles
lasciato
in
è
sospe-
dei
Tindersticks
sull’au-
stera Secret Place.
Se i cataloghi di dischi seguissero i principi di quelli
dei
medicinali
Ya n n
Tier-
sen rientrerebbe nella fascia A e Les Retrouvailles
so ai tempi del trasognato
da
p r e c e d e n t e L’ A b s e n t e , r u o -
servirà
tando come sempre intor-
fermarsi chiudendo gli oc-
no ad un pugno di canzoni
chi e riposando le stanche
tinte
grigio
membra tra una (rin)corsa
acceso, con rinnovata ca-
affannata e l’altra, questo
pacità di rapire e cullare,
si. (6.9/10)
del
consueto
frenesia
a
apatica.
guarirne,
Non
ma
a
sollevando con delicatezza
l’ascoltatore per condurlo
ancora
una
volta
sino
ai
margini dei ben noti ed affollati marciapiedi di Montmartre, cosi come alle dune
delle fredde e semideserte
spiagge della Bretagna, in
un viaggio ora suggestivo
(La Boulange) ora magnificamente
malinconico
(A
Ceux Qui Sont Malades Par
Mer Calme).
Fortunatamente
del
dolce
il
esilio
regime
isolano
non è di quelli ferrei e le
frequenti elusioni permettono le visite di ospiti venuti anche da molto lontano per render visita e che,
nella
miglior
tiersen-iana,
tradizione
non
manca-
no di lasciare il segno con
qualche
dono
della
loro
terra. Su tutti sarebbe delittuoso non menzionare la
solenne sensualità di Jane
Birkin
nella
politicizzata
P l u s d ’ H i v e r, o l a g r a z i a d i
L i z F r a z e r ( C o c t e a u Tw i n s )
alla
prese
con
l’insoste-
nibile leggerezza di Kala,
così come la rassicurante
sentireascoltare 91
dal vivo
Beck
F e r ra r a S o t t o L e Stelle (Ferra r a , 2 2 g i u g n o 2 0 05)
di ©2005 Stefano Solventi
Dicesi
un
“illusione
evento
che
lunare”
si
ripete
ogni 18 anni. Accade che
la luna, sorgendo, si presenta insolitamente bassa
all’orizzonte.
In
ragione
di ciò, per una legge ottica che non sono sicuro di
aver ben capito - ma non mi
stempierò certo per questo
- il suo faccione cianotico
appare enorme, o comunque
più
sueto.
grande
Ve d i
del
con-
quante
cose
s’imparano dai giornali radio? Chissà che non torni
buono come cappello alla
recensione del concerto di
B e c k , v i s t o c h e - u h - M r.
Hansen suonerà proprio in
questa sera di luna ipertrofica
sotto
le
magiche
stelle di Ferrara. Tuttavia,
da qui a costruirci un qualsivoglia parallelo (romantico o esistenziale) ce ne
passa, perché fin dal suo
sul
palco
vedi
bene che il mingherlino è
appunto quel che si dice
Beck
avventarsi
un mingherlino, con la gra-
nacciosa da far invidia al
padano, casomai, toccherà
cilità spigolosa di chi ha
Benigni dei bei tempi.
ad altri: qui stasera c’è un
appena tolto un piede dal-
Quanto alla musica, inve-
obiettivo preciso, ed è fare
la fossa, lo sguardo un po’
ce, non c’è rischio di con-
festa,
vacuo un po’ indiavolato e
fondersi, perché è fin da
pening
soprattutto
subito chiaro che il com-
beckianità. Come ben sug-
pito
gerisce del resto l’iniziale
assieme
quella
stentorea
92 sentireascoltare
fisicità
e
mi-
d’incendiare
il
piano
imbastire
di
un
hap-
quintessenziale
Clap
hands,
pro-
ro e Odelay gli album più saccheggiati). Impressiona
gli
più d’ogni altra cosa la disinvoltura anzi la noncuranza
astanti iniziano a scaldare
con cui il signorino Hansen spende gemme quali Devil’s
i palmi come si deve (alla
haircut o New pollution o Hot wax o - naturalmente -
fine saranno incandescen-
L o s e r, d u e m i n u t i e v i a , s e n z a e n f a s i n é s b r o d o l a m e n -
ti, i palmi e gli astanti).
La band: basso, chitarra,
ti, solo l’esplosione del proiettile, l’eco dell’impatto,
tastiere,
un
Non si segnalano particolari eclatanti dal punto di vi-
cazzone di percussionista/
sta strettamente sonico, ad eccezione di una Round the
ballerino che alla bisogna
bend inopinatamente trasfigurata in chiave world (!) e di
sbraita
una Minus che brucia punk rock come non mai.
pedeutico
sul
cui
scorazzare
batteria,
cori
più
senza
troppa
l’odore dello sparo.
arte né parte però ci mette
Tutto va all’incirca come deve andare su questo con-
impegno e ci fa la sua por-
voglio ebbro, rapido e caracollante. Un party che tocca
ca figura, insomma più che
il primo paradossale apice nella parentesi unplugged,
allo scellerato Fatur viene
quando la band s’accomoda ad un desco improvvisa-
da pensare al ballerino dei
t o l a s c i a n d o B e c k s o l o c o n l a s u a a c o u s t i c g u i t a r, s a l -
Frankie Goes to Hollywood
vo poi accompagnarlo tintinnando scodelle e bicchieri:
(uno slippino in latex a chi
spassoso e magico, è tutto così palesemente costruito
si
ricorda
il
se
eppure si fa accettare come fosse una schietta goliar-
versio-
d a t a . L’ a p i c e n ° 2 a r r i v a c o l b i s , q u a n d o u n m a n i p o l o d i
ne speculare e bullesca di
fans viene chiamato a popolare di frenesia il palco per
Beck
esempio
una versione fluviale (venti minuti, a spanna) di Mixed
quando duellano l’un con-
businness, la band en travestì (una tuta antiradiazioni)
tro l’altro di banjo armati
e il Nostro impegnato in un call and response senza so-
in Sexx laws). Si balla e
sta col pubblico, lo spirito di Sly Stone nel taschino, il
si canta quindi, ben felici
sempre invidiabile svacco e il cappello immancabilmen-
che il funk e la bossa e il
te sulle ventitré.
soul e l’hip hop si sgranino
Due ore scarse che mi hanno coinvolto più di quanto mi
annodandosi,
preferite
nome)
ad
stesso
una
(ad
o
scivolando-
aspettassi, al punto che quando mi sono ricordato di far
si dentro, mutandosi l’uno
caso alla luna galleggiava ormai alta nel cielo. Pazien-
nell’altro e a momenti pure
za, diciotto anni passano presto. Quanto al Beck, inve-
in
ce, ci ho fatto caso: nessuna illusione, nessuna delusio-
qualcos’altro
m’è
duro.
Nel
che
bel
dir
mezzo
ne, è grande quanto sapevamo. Né di più, né di meno.
di questa sfarfallante quadratura
d’intenti,
Beck
si
muove come una perturbazione, interviene agitando
Fantomas + Sonic Youth
Ferrara sotto le stelle, Ferrara (27 giugno 2005)
un profilo minimo di can-
di Edoardo Bridda
to e strali sonici, qualche
Per alcuni, è proprio vero, gli anni sembrano non passa-
scratch e un assolo sgan-
re. Rivedere quel Mike Patton ora, trascorsi dieci anni
gherato,
parsimo-
da quella piccola parentesi bolognese nella quale il mu-
niose ma cariche di senso,
sicista familiarizzò con la cultura più thrash del nostro
decise cioè a sottolineare
Paese, comparve a sorpresa nei negozi di dischi e mise
ulteriormente il mood del-
a soqquadro via del Pratello, è come tornare indietro
la
esse-
nel tempo, all’epoca dei Faith No More: i capelli leccati
deci-
come un siciliano sono gli stessi e uguali pure le ca-
so, febbrile “divertiamoci”.
ratteristiche pose da tenore indemoniato, gli altrettanto
E
noti scatti isterici (ma prosaici) e soprattutto quel sor-
re,
cosa:
mosse
che
ripeto,
ci
un
riesce,
vuole
teso,
porco
cane.
Non concede tregua, snoc-
riso arcigno, affilato, unico.
ciolando
dietro
Eppure Patton è cresciuto, e negli anni successivi allo
l’altro (quelli più caldi ci
scioglimento del suo progetto più famoso ha sempre
sono più o meno tutti, Gue-
guardato avanti e sempre più in là, tanto che sul palco
un
titolo
sentireascoltare 93
di Ferrara sotto le stelle, più che al concerto degli zii
della serata infatti sono i
degli Isis, assistiamo all’esibizione di una costola del-
S o n i c Yo u t h .
l’archibugio Tzadik con il leader maximo dei Fantomas
E dei sonici si è già det-
nella parte del maestro John Zorn (che di quella realtà
to molto in queste pagine
rappresenta il fondatore e capofila) e una macchina rit-
web tanto che parrebbe più
mica al servizio di quello che ha tutto il sentore di uno
onesto rimandare il lettore
spasmodico e febbricitante schizzo sonico da manuale
altrove piuttosto che rimu-
d’avanguardia newyorchese (anzi diciamo pure del XX
ginare
secolo).
Non che chi vi scrive abbia scoperto l’acqua calda, le
razioni.
collaborazioni e gli intrecci musical-sperimentali tra i
un credito particolare per
due sono risaputi tanto dalla critica quanto dal pubblico
il successo di una perfor-
emiliano, orfano del personaggione dai tempi dell’ulti-
mance come non se ne ve-
ma apparizione ai giardini margherita a Bologna, che
devano da tanto tempo. Si
adesso
attende
la
serata
Castello
merita
sa, Moore e co. sono dei
professionisti sì, ma un po’
Lombardo, il micidiale picchiatore in controtempo della
lunatici, amano confrontar-
formazione originale, il quartetto è, al solito, costituito
si corpo a corpo dal vivo,
da King Buzz Osburne alla chitarra, Trevor Dunn al bas-
improvvisare
so e il Patton ai microfoni e alle manopole; al posto del
verso dei canovacci quan-
t e n t a c o l a r e d e g l i S t a y e r , Te r r y B o z z i o , u n a m a c c h i n a
to su delle palle cosmiche
ritmica dalla fama indiscussa negli ambienti virtuosi che
rumorosissime.
contano per aver suonato in numerosi album di Frank
Ferrara, dopo un inizio un
Zappa (e figlio), senza contare una trentina di collabo-
po’ (e al solito) da mestie-
razioni (tra cui non sono mancate nemmeno le marchette
ranti – quelle Pattern Re-
quali i Duran Duran e - squilli di tromba - i Dokken…).
cognition, Unmande Bed, I
E con il batterista trincerato dietro un torrione di gong
L o v e Yo u G o l d e n B l u e , S t o -
e pelli che pare una macchina da guerra di Leonardo,
nes, New Hampshire e Pa-
lo spettacolo può iniziare e i musicisti posizionarsi ai
percup Exit da Sonic Nurse
posti di combattimento.
che live non sanno di fuffa
La sensazione più forte è che stiamo assistendo al più
ma
scientifico degli approcci musicali: non sorprende che
– , l’atmosfera si scalda a
Bozzio abbia un leggio di fronte a sé, tanta e tale è la
tal punto che le versioni di
complessità raggiunta dalla musica dei Fantomas. Pat-
Te e n A g e R i o t , K o o l T h i n g ,
ton, poi, concentratissimo e divertito, dirige i musicisti
Eric’s
con un’energia e una professionalità impeccabile che
H e a t h e r, R a i n O n Ti n , T h e
non ammette fuori programma e scherzi col pubblico (a
Empty Page sono migliori
parte quando si fa scappare volontariamente un “socc-
(e non di poco) rispetto a
mel” durante un brano, oppure quando si rivolge al pub-
quelle eseguite, ad esem-
blico chiamandolo “ferraresi”).
pio,
gira
che
è
sapendo
Eppure
Piazza
conside-
cosa
ipercinetico
l’evento
solite
a s p e t t a r s i d a l l o s h o w. F a t t o s a l v o p e r l ’ a s s e n z a d i D a v e
L’ o t t o v o l a n t e
pacificamente
a
le
una
nemmeno
Trip,
al
tanto
attra-
Ebbene
a
emozionano
Bull
Primavera
In
The
Sound
meraviglia:
2005 o all’Indipendent Day
preciso e veloce, macina sequenze spezzate e centrifu-
dello scorso anno. Il fina-
gate di Black Sabbath, cartoni animati giapponesi, pose
le è una coda di distorsio-
liriche, film dell’orrore, incidenti domestici, deliri as-
ni
sortiti insomma le (in)solite cose a cui Fantomas ci ha
tradizione del gruppo: con
abituato fin ora con il sospetto intermittente che tutto
in particolare un O’Rourke
s u o n i “ u n p o ’ u g u a l e a l l a f i n e ” . L’ u o m o l o s a e c e r c a d i
molto scenografico a colpi-
evitarlo a tutti i costi tanto che, alla fine del concerto,
re la chitarra con uno spa-
dopo aver toccato tutti i generi e i gargoyle possibili, la
go, e gli altri a sfregiare le
partita è vinta e il dado tratto. Ma se per molti questa
corde degli strumenti a più
performance tracotante poteva bastere e avanzare, per
non posso.
Se l’aspettativa era quel-
altri il vero evento doveva ancora arrivare: gli headliner
94 sentireascoltare
assortite
della
miglior
la un po’ snob d’assistere
nifestazione. Certo, niente
impossibile
a due soliti concerti di al-
in confronto al milione di
(almeno non prima del sor-
trettante affermate e pre-
anime della Love Parade,
gere del sole), a ascoltare
vedibili band, il compendio
che giace in stand by or-
musica, ballare o a intrat-
a fine serata è d’aver pas-
mai da due anni per pro-
tenersi in altre attività, il-
sato tre ore in compagnia
blemi
di gente che merita tutto
economici),
lecite, naturalmente.
Sì perché la street parade
il successo e la stima che
prio
ha ottenuto in questi anni.
raduno
Lunga vita e prosperità.
spazio e visibilità (persino
valvola
in Europa) alla street pa-
mento carnevalesco in cui
rade nostrana.
Pur con un percorso che ha
la sovversione delle regole
escluso il passaggio per il
tecipazione.
di Daniele Follero
centro storico - togliendo
Che piaccia o no, la man-
Ci
senz’altro
canza assoluta di problemi
S t r e e t R a v e Parade Antiproibizionista
B o l o g n a ( 2 5 – 26 Giugno 2005)
hanno
provato
prati-
organizzativi
tuttavia
l’assenza
ha
forte
(leggi
pro-
del
mega
lasciato
ampio
quell’elemento
è
diventata,
di
contrasto
musica
la per quasi una decade,
techno/architettura
me-
quest’anno poi si sono ag-
dievale
giunti un caldo inumano e
segno distintivo di questo
segnale
una pioggia torrenziale ca-
rave
itinerante
considera
l’atmosfera
all’italia-
un
sfogo,
un
mo-
di
ordine
pubblico
in
re-
lazione al grande numero
di partecipanti, manda un
importante
a
questa
chi
gente
duta poco prima dell’inizio
rima-
pazza, drogata, violenta e
(grottesco
del-
sta quella di sempre: c’è
alienata. È il segno di chi
l’evento. Eppure niente è
chi è già strafatto alle otto
dimostra che se è libero sa
riuscito a fermare la nona
di sera (e s’è attaccato al
gestirsi
Street
carro per stare quanto più
anche di assumere droghe.
proibizionista che a potuto
vicino
chi
Quale sia poi il peso po-
contare sui 100.000 giova-
preferisce starsene al lato
litico di questo messaggio
ni previsti dagli organizza-
della strada sostando ogni
è un’altra storia: la street
tori e giunti da tutta Ita-
tanto
pas-
rimane pur sempre una ma-
lia.
Passata indenne per varie
saggio dei carri e chi, in-
nifestazione musicale, e di
vece, esagitato, attraversa
musica ce n’è stata tanta.
giunte regionali e supera-
in lungo e in largo il corteo
I locali rappresentativi del-
te
senza sosta.
la scena bolognese erano
le
ferati,
rave
parade
perplessità
nate
di
ancora
anti-
Cofprima
alla
per
L’ e n o r m e
è
che
na
presagio)
-,
il
oltre
diventa un modello di par-
di
costituiva
incontrare
grande evento, anche una
camente tutti a boicottar-
che
da
musica),
seguire
fascia
il
di
carne
tutti
la
sua
presenti
libertà
con
le
…
loro
dell’insediamento del sin-
umana ha attraversato in-
musiche: dagli immancabi-
daco, che aveva promesso
denne per sette ore le stra-
li organizzatori del Livello
una lotta dura e spietata
de cittadine approdando a
57
per
notte
TPO;
bloccarla,
la
manife-
inoltrata
all’Arena
al
reggae/hip
dall’Ex
hop
del
Mercato
24,
stazione è partita come di
Parco Nord, dove la mas-
che ha proposto per lo più
consueto
sa
dal
tradizionale
stabi-
drum ‘n’ bass, al Cassero,
parco dei Giardini Marghe-
lizzata. Il corteo si è così
come di norma più trenda-
rita. Ed erano già 30.000
frantumato in tanti picco-
rolo,
le
li
performance
persone
al
nastro
di
itinerante
gruppetti
si
che
è
a
secon-
ma
che
offrendo
di
Ellen
la
Al-
partenza con una trentina
da delle intenzioni hanno
len è stato uno dei pochi
di carri (dieci in meno del-
“occupato” un posticino da
ad offrire live set interes-
l’anno scorso) al seguito,
utilizzare come “base” per
santi.
cifre considerevoli se pa-
il gruppo durante il resto
però,
ragonate
alle
prime
Anche
la
quest’anno,
maggioranza
dei
edi-
della giornata. E poi via,
carri apparteneva all’area
zioni, che fanno riflettere
a girare per l’enorme area
goa-trance, un genere che
sulle dimensioni e l’impor-
(troppo dispersiva e poco
si è fatto spazio prepoten-
tanza raggiunte dalla ma-
boschiva) a cercare gente
temente
nell’ambito
dei
sentireascoltare 95
rave parties . Sarà per la
mise a suonare la chitarra
co che non sia quello di un
loro idea di musica pseu-
con i denti molti pensarono
piccolissimo club. I White
do-naturalistica e spiritua-
che fosse impossibile farlo
Stripes
listica, ma sono quelli che
senza
mente sfatato questa cre-
occupano
hanno
veemente-
miglio-
(e magari molti collegaro-
denza
no la sua capigliatura con
del festival di Reading nel-
volenti o nolenti, si finisce
per passarla a ascoltare la
quella pratica…). Anni ’70:
molti illusi si convinsero
l’estate del 2002, ma è pur
vero che non tutto è sem-
loro musica.
che andare a un concerto
pre andato per il meglio: al
signore
posti
fulminati
ri all’ombra, e la mattina,
Un
i
rimanere
di
mezza
bruciando
l’arena
età
ha sperimentato la vendita di angurie e gli è andata bene: sono centinaia le
persone che durante tutto
questo tempo vanno da lui
a
rinfrescarsi:
niente
di
meglio della frutta quando
si
te.
è
ballato
tutta
la
not-
L’ o r g a n i z z a z i o n e ,
dal
canto suo, ha fatto la sua
bella parte per prevenire i
rischi del forte caldo con
la costruzione di zone chill
out con tanto di poltrone e
vaporizzatori d’acqua.
Nonostante l’orario ultimo
di chiusura fosse previsto
per le 16 della domenica,
alle 18 si ascoltava ancora qualche nota, magari un
po’ più bassa e si potevano
vedere alcuni gruppetti di
gente
chiacchierare
tran-
quillamente, come se tutto
fosse appena cominciato.
Con il sole di nuovo al tramonto, dopo quarantotto
ore di musica senza sosta,
si chiude il sipario su questa nona Street parade e
se non fosse che le forze
sono ormai esaurite, verrebbe di rimettersi a ballare. Ma l’incantesimo si
è già spezzato. La festa è
finita.
White Stripes
K r i z a n k e , L u b i a na
2005)
(6
luglio
King Buzzo
dei
Kiss
significasse
tomaticamente
au-
combinare
Flippaut del 2003, vittime
di
un’ingegneria
del
suo-
con prosperose pollastrel-
no ingloriosa, quasi non si
di ©2005 Lorenzo Filipaz
le. Anni 2000: molti pensa-
sentirono dopo il baccano
Piccolo saggio sulle assur-
no che una batteria e una
scatenato
de credenze del rock: quan-
chitarra da soli non possa-
queer dei Turbonegro.
do nel 1967 Jimi Hendrix si
no farcela a tenere un pal-
Lo spazio al Krizanke, in
96 sentireascoltare
dall’orchestra
pieno centro di Lubiana, è
ampio ma non troppo. Una
grande
scalinata
coperta da un telone: formidabile cassa di risonanza o
dispersiva piazza in balia
dei venti?
Show fatto di scenografie
bis ed è il delirio. La pe-
rigorosamente
dana sotto il palco ha on-
so-nere,
bianco-ros-
disseminate
canditi,
palme
di
bianche
deggiato
paurosamente
e
durante tutta la durata del
drappi cremisi, animato da
concerto ma ora si avvici-
continui sketch, ammicca-
na seriamente al punto di
menti,
rottura costringendo a sal-
rimproveri
e
altre
I White Stripes peraltro vi-
pantomime fra Jack e Meg,
tare
vono il dopo–Seven Nation
rappresentazioni
viven-
più posato. Lo spettacolo
Army
scegliendo
rien-
ti al bubblegum di picco-
si conclude sulle frizzan-
trare
nella
di
Little
anche
lo
spettatore
Room,
li ma universali dualismi:
ti note di Boll Weevil, una
schiaffando quanti si aspet-
maschio e femmina, ritmo
delle
tavano un nuovo infuocato
e melodia, innocenza e fu-
della tradizione americana
guitar-driven
rore.
a
rock’n’roll
Un
incredibile
mix
più
cui
antiche
Jack
canzoni
White
aggiun-
con una profusione di pia-
fra il minstrel show della
ge
noforti,
arie
frontiera
otto-
do: “se vi chiedono da chi
Tim
centesca, la tragedia gre-
avete sentito questa can-
L’ u n d e r s t a t e m e n t
ca e il fumetto pop-art alla
zone, dite che ve l’ha can-
Roy Lichtenstein. I brani,
tata Jack White e che sta
lungi
disperatamente
xilophoni
e
gotico-fiabesche
Burton.
si
manifesta
alla
anche
pianificazione
del
nella
tour
di
americana
dall’essere
semplici
una
strofa,
grossomo-
cercando
lancio di Get Behind Me Sa-
litografie
tan: anziché progettare un
prendono vita in indiavola-
ripete estasiato “he’s loo-
bombardamento
tappeto
ti
interpretazioni
king for a home!”, catarti-
e
USA,
anomale che assumono ora
ca formula fra lo scherno e
di
Gran
partono
a
Bretagna
dall’Est
degli
m e d l e y,
originali,
una
casa!”
e
il
pubblico
Europeo.
foggie proto-metalliche ora
il pathos. La maschera che
Per il marketing più spiccio
strutture post-punk ora ca-
ride
una scelta suicida, con gli
tacombali figure blues alla
dipinti nel ghigno e nella
occhi più lungimiranti della
chitarra slide, ora sbaraz-
voce tremula dell’istrione-
scienza del desiderio forse
zini
country-blue-
sco White. La ricerca del-
un colpo di genio. Non è da
le radici messe in scena,
escludere che con queste
grass.
Cruciale il momento di The
premesse lo show ripieghi
Nurse,
e
nell’introversione,
magari
no allo xilofono, squarcia-
la sincerità in una grande
rifugiandosi
intimi-
to da estese esplosioni di
esibizione
stico unplugged incornicia-
rumore
si-
l’arte. Il fantasma del Pop
to dall’attento silenzio del
gnificativa celebrazione di
è qui davanti a noi, vestito
pubblico:
in
un
l’attacco
sapori
il
famigerato
bianco,
la
più
bra-
e
quella
pencolante
sincera
che
fra
soffre
sincerità
imitazione
di
teatro
deldel-
deto-
quello scontro-incontro fra
con gli abiti sgargianti del
nante di Dead Leaves And
candore e violenza di cui
Rock più belluino e primi-
The Dirty Ground e il boato
il marchio White Stripes è
tivo.
della folla spazzano via i
espressione.
residui dubbi, il Krizanke
ruenza di Let’s Shake Han-
si trasforma letteralmente
ds,
nella
uscito nel ’97 inizialmente
rutilante
chitarra
di
Jack White, squassato dal
in
marziale
il
Sentire
primissimo
tiratura
l’ir-
singolo
limitata
a
500
Wolf Eyes
Ex Mercato24 (Bologna, 1 l u g l i o
2005)
Meg.
vinili, su questo palco di
di ©2005 Daniele
Edoardo Bridda
Il fuoco non fa che alimen-
Lubiana così lontano dagli
I Wolf Eyes oggi rappresen-
tarsi nei successivi brani
scantinati
tano il limite massimo del-
dell’ultimo album, il riff di
mina il percorso e l’eterno
l’underground,
Blue Orchid si insedia pre-
oscillare del duo fra little
più rumorosa e isterica del
potentemente sul trono che
room e bigger room.
panorama
f u d i S e v e n N a t i o n A r m y.
Il leviatano Seven Nation
Ta g l i e n t i , p e s a n t i , e s t r e m i .
Parte così il White Stripes
Army
Difficile non farsi tentare
metronomo
di
arriva
Detroit
soltanto
illu-
nel
Follero
e
l’estremità
musicale
indie.
sentireascoltare 97
dalla possibilità di vederli
do l’orecchio dal loro ran-
che a dirlo, viene deciso al
vivo.
Un’esperien-
tolare
notiamo
momento e con le più de-
piuttosto
interessante:
che a mancare all’appello
dal
za
selvatico,
raffina-
è un membro storico della
vastanti intenzioni.
Il
martellante
incedere
tezza sonora (mai ricerca-
b a n d , A a r o n D i l l o w a y, m e n -
della
ta), quanto per un impat-
tre la lineup è composta,
scandisce
to
oltre
e
non
certo
per
violento,
la
straniante
e
che
dall’indiscusso
batteria
elettronica
un
ritmo
inesorabile
che
lento
si
per-
doloroso - per le orecchie
fondatore, da John Olson,
de in più di un’occasione
sicuramente - con l’ogget-
membro del duo Dead Ma-
in esplosioni caotiche che
to musicale. C’è un non so
chines assieme alla moglie
creano una massa rumoro-
che di nichilista nella mu-
To v a h
sica dei Wolf Eyes, che vie-
C o n n e l l y,
e
Mike
sa
negli
Hair
affaccia al di là del muro
ne fuori ancora meglio dal
Police. Aaron non è uscito
del suono per vedere cosa
vivo, dove vengono spaz-
dalla band, come dichiara
c’è oltre. E qualcosa c’è:
zati via anche i più piccoli
nel
tutto
“ammorbidimenti”
semplicemente
di
post-
O’Rourke,
sito
già
Smelltheremains,
è
indistinguibile,
un
mondo
che
di
si
suoni
l’ultimo
che fuoriesce da una mate-
di
della ciurma a doversi spo-
ria sonora vicina al rumore
un luogo come l’Ex Merca-
sare, lo conferma lo stesso
bianco,
to 24, un locale piuttosto
C o n n e l l y, i l p i ù g i o v a n e e
ne
spartano, tra i pochi centri
neoarrivato
del
come se volesse orientarsi
sociali
mantenuto una parvenza di
do.
È l’ora
concerto:
autogestione, ha aiutato la
palco una chitarra (utiliz-
pieno
“sporcizia” sonora a farsi
zata
per
li di profondità. Un gioco
spazio e ad abbrutire ulte-
l’emissione
noi-
percettivo che costa caro
riormente il sound.
se),
machine,
alle orecchie, ma che vale
Facciamo due chiacchiere
una specie di strano bas-
la pena giocare per andare
con i musicisti prima che
so, di una pesantezza che
oltre la banalità del rumo-
salgano sul palco e non ne
fa vibrare lo stomaco, un
re in sé.
ricaviamo
granché:
Nate
corno, un piatto e poco al-
Difficile dire se i Wolf Eyes
Yo u n g
due
produzione.
La
scelta
bolognesi
ad
aver
comman-
che
ricrea
la
percezio-
istintivamente,
in un deserto in apparenza
del
sul
esclusivamente
una
di
suoni
drum
statico e compatto eppure
di
dune
e
che
tro. La scaletta è facile da
abbiano
parlano da soli e alla do-
intuire, composta per lo più
questo o vogliano sorpren-
manda “cosa ci dobbiamo
da
dere solo per il loro estre-
aspettare
di
eppure c’è una differenza
mismo,
questa sera” non può che
sostanziale con le versioni
fenomeno
rispondere “il nostro solito
in studio, che contribuisce
Ma poco importa. In nean-
spettacolo”,
a
performance
che
superflua:
presenti si lasciano ipno-
ha
occhi
dallo
show
aggiungendo,
brani
rendere
fatalista e menefreghista,
tutt’altro
che
di
Burned
la
che
mind,
i
pensato
dislivel-
come
tutto
fossero
da
un’ora
a
un
baraccone.
di
concerto,
tre si mettono sotto i pie-
tizzare
tazione è andata distrutta
di
le mani alle orecchie e il
lungo le prime date della
Sub Pop, fregandosene al-
sorriso
tournée.
E non c’è di che stupirsi:
tamente di riprodurre quel
gno di un gradimento che
sound ben “lavorato”, con
riguarda
i tre bad-boy sono grezzi
un’attitudine che più punk
dell’esperienza
e sfrontati proprio come i
non ce n’è. E non è neces-
vissuta, che il piacere del-
cattivi dei film polizieschi
sario
l’ascolto, qualcuno non ce
USA, e non lesinano nep-
ammetta dopo lo show per
la
pure breviari fatti di “yo,
intuire che soltanto le li-
ma nessuno insiste più di
m o t h e r f u c k e r, s h i t e c c . ” i n -
nee di base (e il più delle
tanto quando la band salu-
tervallati da qualche verbo
volte un singolo suono in
ta e se ne va. Nessun bis,
e veramente pochi agget-
loop) appartengono ai bra-
nessuno lo vuole, la gente
tivi.
ni originari; il resto, nean-
è soddisfatta e altri dieci
metà
della
Tuttavia,
strumen-
sospenden-
98 sentireascoltare
la
buona
che
produzione
Connelly
ce
lo
fa
ed
senza
storie
i
sulle
più
labbra,
con
se-
l’estremismo
esce
appena
anzitempo,
minuti
potrebbero
fatali.
Ci
essere
cuzioni il bellissimo Chio-
sentare
un’oret-
stro di Santa Cristina, una
a p r e n d o c o n u n a Yo u C a n
ta per riacquistare piena-
cornice suggestiva che ha
Hear The Room molto fede-
mente
funzionato perfettamente a
le alla versione in studio,
creare
le
vorrà
l’udito,
esperienze
ma,
si
sa,
estreme
si
l’atmosfera
il
nuovo
disco,
adatta
seguendo poi con Night Of
pagano con gli effetti col-
alla musica di Glen John-
T h e H u n t e r, L o v e A n d M u -
laterali. Quando ne vale la
son e compagni.
s i c , Yo u r G h o s t . L a c r e a t u -
pena…
Qualcuno
annun-
ra di Glen Johnson questa
perfor-
volta ha messo a nudo il
mance acustica, forse in-
suo lato più “elettrico”, più
gannato dal vecchio nome
rock,
tralasciando
del
(“Manifatture
menti
glaciali
di ©2005 Daniele Follero
acustiche”).
Il
quartetto
altra faccia della medaglia
Se i Piano Magic fossero
si è invece presentato sul
del loro ghost-sound e la-
un colore sarebbero un blu
palco con la classica stru-
sciando
notte. Come la notte bolo-
mentazione,
splendida
gnese che li ha ospitati il
elettriche, tastiere e bat-
David-Guillou. Disaffected
6 luglio per aprire la ras-
teria, per presentare l’ulti-
non è un brutto album, ma
segna
dal vivo mette ancora più
grazie a una collaborazio-
mo album Disaffected.
Vista
la
versatilità
ne
l’estrema eterogeneità del
come
una
Antony
ciata
l’aveva
Piano Magic
C h i o s t r o d i Santa Cristina (Bo l o g n a , 6 l u glio 2005)
tra
Julive,
la
organizzata
Electric
Priest,
festival
due
loro
sound
curiosità derivava proprio
quest’anno
ricca
prima
di nomi interessanti della
dalla
scena indie, tra cui Calvin
Nessuna
Johnson e Cocorosie. Luo-
La
go
tutta la prima parte a pre-
prescelto
per
le
ese-
proposta
la
e
il Covo, l’Estragon e Boe
repertorio,
chitarre
band
musicale.
sorpresa,
inglese
però.
dedica
in
a
ed
casa
voce
evidenza
la
i
mo-
electro,
anche
di
la
Angèle
mancanza
dei momenti trascinanti e
ipnotici tipici del sound
“classico” della band.
E’, infatti, proprio quando
rispolverano il passato che
i
Piano
con
una
Magic
resa
incantano,
live
ancora
sentireascoltare 99
più ipnotica che in studio.
sissimo, non ultima la data
tempo che ha esaltato am-
In alcuni momenti, più che il
di Ferrara Sotto le Stelle.
piamente uno stile in bili-
tipico sound 4AD che tanto
A vederlo sul palco non si
co tra femminee latitudini
li ha caratterizzati, sembra
direbbe e invece sotto la
e intimismo espressivo in
quasi
Pink
parrucca dai lunghi capel-
vibrato, contorni strumen-
Floyd dei momenti miglio-
di
ascoltare
i
li neri stampata sul volto
tali essenziali (spesso ri-
ri. Le influenze psichedeli-
pallido e una doppia t-shirt
dotti al solo pianoforte) e
che, del resto, non sono un
che nasconde a fatica un
crescendo vorticosi, grazie
mistero per il gruppo. Ne è
corpo ingombrante, c’è un
anche a un ensemble cali-
testimone una cover degli
artista
da
bratissimo nel suo essere
Spacemen 3, epigoni della
sembrare quasi finto, così
presente e al tempo stesso
psichedelica anni ’80, tra
trasparente
un
invisibile.
gli episodi culminanti del
certo
reverenziale
Potremmo
concerto, che si chiude con
anche nei confronti di una
T h e r e ’ s S o m e o n e , Yo u A r e
Password, brano del tanto
platea
M y S i s t e r, m a è d o v e r o s o
discusso Artist’s Rifles del
ta.
2000. Un solo bis, poi tutti
Davanti
a casa dopo un’ora scar-
coda e circondato da chi-
sa di musica affascinante,
tarre, violini, fisarmoniche
te
onirica e ipnotica, che ha
e viole, il musicista ame-
ta live del cantautore): le
incantato chi li conosceva
e annoiato chi non sapeva
cosa aspettarsi. Io non mi
ricano
sarei più alzato dalla sedia…
Antony
F e r r a r a s o t t o l e stelle (Ferrar a , 1 4 l u g l i o 2 0 0 5)
così
innocente
da
timore
tradire
letteralmente
al
rapi-
pianoforte
delinea
a
annoverare
anche
cover
(che
dopo
tour
sono
Hope
le
il
tre
lungo
perfettamen-
integrate
nella
scalet-
a
velvettiane Candy Says e
metà strada tra un Marvin
Afraid (di Nico) e The Gue-
Gaye folk e un J.J. Johan-
sts, una dolente ballata di
son plagiato dal soul, stro-
Leonard Cohen.
piccia ricordi dolorosi e si
Trattasi soltanto di citazio-
lascia sovrastare da fram-
ni estemporanee: quella di
menti
mette
Antony è sublime poetica,
a nudo l’anima e la dà in
slancio sincero e incorrot-
pasto al pubblico. E il pub-
to, che tuttavia - come si è
di ©2005 Fabrizio Zampighi e
Edoardo Bridda
blico è lì, certo d’aver di
visto - rischia, in una con-
fronte
l’Elephant
temporaneità che divora il
Se
turno,
pronto
c’è
un
artista
che
ha
di
melodie
ricordare
emozioni,
a
Man
di
cogliere
talento
come
un
lollypop
messo d’accordo critica e
ogni respiro, impegnato a
all’arancia,
pubblico
la
tradurre i sussurri in battiti
cipio di fine, inizio di cri-
prima in virtù delle note-
o magari deciso a seguirlo
stallizzazione,
voli doti canore e conqui-
in gospel improvvisati voce
visione di un Donkey che
stando
il
e clapping hands come il
si
ad
musica
divertissement
tra lacrime di ragazzine e
una
convincendo
secondo
grazie
febbrile
e
conclusivo
intensa come poche, quel-
Water
l’artista
primordiale dopo tanta li-
è
Antony
Hegar-
And
Dust,
rilascio
spegne
d’esser
di
prin-
soffocante
perfezione
plausi della sinistra radical chic.
t y. U n m u s i c i s t a c r e s c i u t o
rica bontà.
sotto l’ala protettrice di un
Il concerto ripercorre gran
paterno Lou Reed, ma or-
parte degli episodi dei due
mai talmente originale da
album
diventare più di una costo-
tony & the Johnsons e I’m
la
Heroin,
a bird now -, arricchendo-
nonché il “caso discogra-
si di alcune cover - Leo-
fico”
nard Cohen, Nico, Reed e dell’immancabile Cripple
Appuntamento
and the Starfish, per una
sotto
toccanti e capaci di richia-
durata complessiva vicina
la tornata è quella dei pa-
mare un pubblico numero-
alle due ore. Un lasso di
ladini
dell’Adamo
di
dell’anno.
Ne
sono
testimonianza le sue apparizioni italiane, sempre
100 sentireascoltare
dell’artista
-
An-
Bright Eyes
The Faint, Ferrara Sotto L e
Stelle (Ferrara, 29 giug n o
2005)
di
©2005
Marina
Edoardo Bridda
Pierri
e
america-
no numero tre per Ferrara
le
stelle,
del
sul
palco
synth-wave
go-
tico The Faint e in ariete
atteso della serata.
co selvaggio di un autenti-
d a s f o n d a m e n t o M r. C o n o r
La doppia uscita I’m Wide
co piccolo esercito sonoro.
Orbest in versione elettri-
Awake
Di-
Non cela, o malcela, il nar-
ca; in altre parole la ciur-
gital Ash in a Digital Urn
cisismo e l’autoindulgenza
ma Saddle Creek che con-
ha
che
ta
gli
ad una sorta di necessa-
mente parte del suo fasci-
amici del breakfast club di
rio doppio tour: per la se-
no di cantautore e bambino
Omaha,
conda volta nell’arco di un
prodigio:
sferta in Europa.
anno Conor Oberst calca i
puntati esclusivamente su
Salgono sul palco i Faint,
palchi italiani e per la se-
di lui mentre intona Ship in
quintetto
base
con
giunta
due
archi,
al
gran
completo,
Nebraska,
di
macchina
in
tra-
l’ ag-
It’s
Morning
portato
i
/
Bright
Eyes
pure
fanno
i
assoluta-
riflettori
sono
conda volta, dopo l’esecu-
a Bottle, Arc of Time e Li-
e
la
zione del progetto acustico
ght Pollution ed una selva
sonico-visiva
si
in occasione del live di Mi-
di ragazzine in visibilio gli
mette in moto giustifican-
lano, una folla straordina-
gridano richieste che non
do pienamente la fama live
riamente ben nutrita si sti-
esaudisce.
del gruppo. Fin dalle prime
pa sotto il palco di Piazza
La band lentamente snoc-
note
membri
Castello per ascoltare dal
ciola, come già nella pras-
della band (rigorosamente
gli
chiccosi
vivo il, pur minore, proget-
si del tour di Wide Awake,
in banana nero corvino e
to elettronico del giovane
il
lavoro
elettro-acustico
maglia
talento di Omaha.
di
Oberst
quasi
no duro grazie a una mi-
Piomba in scena una band
ro. Forse inevitabilmente,
scela efficacissima: un hic
incredibilmente
struttura-
la qualità lasca e laconi-
et
a
di
colpisco-
canzoni
ango-
per
inte-
ta: due batterie, una viola
ca del disco si riflette su
late, folgoranti, torrenzia-
elettrica,
di un’esibizione a cui, no-
li; verrebbe da dire degli
chitarre, basso e due ta-
nostante
Human League catapultati
stiere (mini-moog e wurli-
va dirompente che è ormai
a un rave party per vampi-
tzer); presenti, almeno tre
marchio di fabbrica di casa
ri. A corredo ritmico, i due
membri dei The Faint (tra
Bright Eyes, manca la ca-
maxischermi
cui Joel Petersen) a testi-
ratura del tour precedente.
moniare
corpo
Alfiere di sè stesso, duran-
Saddle
te il bis conclusivo la voce
sul
nunc
righe)
rigurgitano
pubblico
una
cascata
di
due
violini,
l’unità
radioattiva di immagini al-
e
trettanto prepotenti curate
Creek,
spirito
creatura
dal
desimo
Oberst
di
della
la
carica
emoti-
me-
dirotta di Conor Oberst si
dopo
allarga nella forma di Lover
Time
I Don’t Have to Love (da
se: uno streaming video di
Code, entra minuto e ag-
The Story is in The Soil)
parate militari e scene di
gressivo
e denuncia il paradosso di
guerra,
team
tarrista
grafico
della
del
band
chi-
Dapo-
telegiornali
l’incipit
del
tre
che,
sintetico
al
di
centro
del-
della
lo stage. È vestito, come
un
CNN e della BBC, numeri
quasi sempre compare dal
messo in scena nei gesti
erotici, qualche silver mo-
vivo, in maniera piuttosto
meccanici di un attore pre-
vie all’insegna di un kitsch
trascurata:
maturamente consumato.
grafico
in
perfetta
una
felpaccia
pathos
adolescenziale
linea
nera che si sfila al momen-
Ta k e i t E a s y ( L o v e N o t h i n g )
con l’artwork dei dischi. Il
to giusto, una camicia gri-
e Hit the Switch - idealmen-
pubblico
gia,
pantaloni
te e concretamente ispirate
e balla rapito una scalet-
raffazzonati e - forse - un
dalla cifra stilistica Postal
ta
paio
S e r v i c e ( J i m m y Ta m b o r e l l o
quasi
ascolta,
identica
guarda
a
quel-
un
di
paio
di
converse
nere.
È
la della data milanese al
truccato. Finge di nascon-
aka
Transilvania
Milano
ha
collabo-
dersi dietro un ciuffo nero
rato) - restano due ottimi
fintamente
momenti
miotta da poseur quale è
- come un giovane Robert
non interamente indimenticabile che si giova e sof-
è il turno di Oberst ed è
Smith - e salta da una parte
fre, a un tempo, dell’istrio-
senz’altro
all’altra come il capobran-
nismo nervoso e della foga
l’ospite
lo
vi
s c o r s o 11 D i c e m b r e 2 0 0 4 .
Conclusa la danza macabra di 50 minuti contati,
lui
di
DNtel
più
casuale,
scim-
per
un
concerto
sentireascoltare 101
espressiva sregolata di un
Ellis
leader imperfetto.
posseduto
Nick Cave
M u s i c V i l l a g e ( P a rco Novi Sad,
M o d e n a 7 L u g l i o 2005)
di ©2005 Pasquale Boffoli
La
dicitura
“Solo
Perfor-
-
invasato
da
passionalità
violinista
“romantica”
l’audience
invitandola/ob-
gestualità
bligandola (come resistere
spiritata - ha strapazzato
ad un invito tanto seducen-
la
tastiera
e
dalle sedie tre quarti del-
percuotendola
te?) a raggiungerlo sotto il
ossessivamente ed abban-
palco per un contatto fisi-
donandola a scatti ripetuti
co molto più diretto. E ad
per
alternarsi
inscenare
tumultuose
sono
sorrisi
,
mance” attribuita al mini-
versioni teatrali delle sto-
estemporanee ed esilaran-
tour italiano di Nick Cave
riche apocalittiche Tupelo
ti
ha
e
la band (a causa di piccoli
dato
adito
a
qualche
The
Mercy
Seat,
tortu-
battute
individuali
con
equivoco: in realtà Re in-
rando in lungo e largo le
fraintendimenti
chiostro si è presentato a
assi estreme del palcosce-
torio) e il pubblico (soprat-
Modena, nell’affollato pa-
nico in preda ai suoi fatidi-
tutto con un certo Antonio,
diglione del Music Village
ci sconvolti deliri espressi-
cui
con una formazione ridotta
vi, sfiorando o stringendo
una chilometrica liberato-
dei
Bad
Seeds
compren-
sul
finalmente
reper-
dedicherà
le mille mani protese verso
ria Tupelo, ossessivamente
dente i fedeli gregari Mar-
di lui.
richiesta
t y n P. C a s e y a l b a s s o , W a r -
Al di là di questa ortodos-
s h o w ) . Ve r s o l a f i n e d e l l o
ren Ellis al violino e strings
sa dicotomia la spiazzan-
spettacolo non si dimenti-
varie, Jim Sclavonous alla
te positiva impressione in
ca certo di moglie e figli
batteria. La formula adot-
alcuni
sottolineando,
tata
dall’artista
episodi
austra-
un
liano in questa occasione
to
ha avuto il grande pregio
esperimento
di
in
incredibi-
porre
risalto
maggiormente
quegli
metodico
è
stata
di
dall’inizio
non
dello
senza
ribaltamen-
un pizzico di ironia, il suo
primigenio,
status di marito e padre: a
probabilmen-
lei dedica Babe, you turn
te ispiratore della formula
me on (un po’ melensa ?),
del
mood
a quattro: brani originaria-
uno dei brani forse meno
li chiaroscuri e magistrali
mente
Red
riusciti di The Lyre of Or-
sbalzi di umore che costi-
Right Hand , Stagger Lee
pheus … ma si fa perdona-
tuiscono
ed
re subito dopo con una fe-
ormai
da
tempo
abrasivi
addirittura
come
in
alcune
la collaudatissima materia
fasi The Mercy Seat trasfi-
r o c e J a c k T h e R i p p e r.
palpitante della sua arte.
gurati
Richiamato
Il
Cave
del
2005
visto
a
in
sontuosi
a
gran
voce
pianistici,
concede due lunghi bis ad
Modena è performer ormai
sono risultati (orfani della
un pubblico che copre tra-
maturo, poliedrico e cari-
grattuggiante e gracchian-
sversalmente
smatico al di là di qualsiasi
te chitarra di Blixa Bargeld
dai
scala di valori, sia quando,
)
interioriz-
anni
ai
seduto al pianoforte, si è
zati; al contrario il combo
sa…
Cos’altro
concentrato
nelle
soffuse
arrangiamenti
inediti
mirabilmente
una
fascia
diciassette-diciotto
cinquanta
e
pas-
dire:
che
di Cave dal vivo ha tirato
è
nebbie mistiche di timeless
fuori
per caso (?) lo sguardo di
ballads ripescate oculata-
Weeping Song, Henry Lee,
una
mente dai suoi lavori degli
Hiding All Away (dall’ultimo
dersi, scoprendo che state
ultimi venti anni - People
Abattoir Blues) un’energia
cantando
ain’t
che in studio appariva sol-
trambi a memoria i versi di
no
baby
good,
n o w,
Nobody’s
L u c y,
Loom
of
da
brani
come
The
meraviglioso
incrociare
diciottenne
e
sorri-
conoscendo
en-
tanto potenziale.
Nobody’s Baby Now mentre
arms,
A Modena Nick ci è apparso
Nick Cave ne sta eseguen-
The Ship song, God in in
or-
comunque uomo ed artista
estremamente comunicati-
do una
ne…
mai come può esserla una
vo, positivo, ed a suo modo
piéce pianistica di Chopin
pacificato
-
confortato
capace già dopo i primi tre-
magistralmente da Warren
quattro brani di schiodare
the
the
land,
house,
sia
Into
My
classiche
quando,
102 sentireascoltare
con
se
stesso,
stupenda
versio-
demo
Cat Claws
S e l f T i t l e d (Cd-r autoprodotto,
2005)
di Italo Rizzo
Il quartetto romano dei Cat
Claws sembra aver capito
come
tributare
omaggio
ai propri idoli evitando di
apparire dei banali imitatori: comporre canzoni
con riff semplici da ricordare, cantarle con un tono
a metà tra lo svogliato e
l’aggressivo,
condire
il
tutto con dosi moderate di
feedback e tanta grinta.
Sono indie? Non è compito
nostro
affibbiargli
un’etichetta, serve invece
dire che le quattro canzoni contenute in questo
demo sono un buon viatico
per il futuro del gruppo.
Si diceva dei riferimenti
scoperti: come non riconoscere in Joseph giornate
intere trascorse ad ascoltare i Pixies (e, perché
no, le Breeders)? Merito
del ritmo “a cascata” e del
cantato di Lavinia, mentre
in S-Banhof a farla da pad r o n e s o n o i S o n i c Yo u t h ,
situati tra Daydream Nat i o n e D i r t y, i n v i r t ù d i u n
muro di suono ripetutamente violato da una sottile melodia.
Ta n t o b a s t a p e r r e n d e r l i
convincenti, sebbene derivativi e con la necessità
di farsi le ossa. Tuttavia
il songwriting sembra già
ben sviluppato: Ugly girls
e Death of Joseph sono
variazioni sul tema molto
efficaci, inoltre la traccia nascosta alla fine, in-
trodotta da bizzarri campionamenti vocali, ci svela
un lato inconsueto dei Cat
Claws, pop obliquo con
scorie elettroniche che fa
pensare ai Blur del disco omonimo. Niene male.
(7.4/10)
Nosound
sol29 (Cd-r
autoprodotto,
2005)
d i G i a n l u c a Ta l i a
Fosse uscito questo disco
una trentina d’anni fa si
sarebbe gridato al miracolo.
Giancarlo
Erra,
giovane
compositore romano nonchè impeccabile pittore di
affreschi ritraenti plumbei
paesaggi albionici che pare
conoscere come le proprie
tasche, ha infatti adottato
la stessa musa ispiratrice
della psichedelia inglese
dei primi Settanta, quella
dei Pink Floyd delle macchine, con le sue atmosfere dilatate e avvolgenti,
condite di qualche elemento moderno.
In questo ambizioso esordio del progetto Nosound
la qualità del suono è eccezionale e la cura per particolare maniacale, nulla
insomma viene lasciato al
caso, con una punta peraltro di ambizioso autocompiacimento, già intuibile
dalla ricchezza del packaging, forte di un booklet
di sedici pagine a colori,
cose mai viste in regime di
autoproduzione.
Canzoni come In TheWhite Air – bellissima, per-
sa nei suoi riverberi – o
W e a r i n g L i e s O n Yo u r L i p s
– floydiana fin nel midollo con quegli assoli di chitarra puliti su cui Gilmour
può vantare il copyright
– cosi come The Moment
She Knew e Idle End però,
anche se non brillano certo per l’originalità delle
soluzioni, non avrebbero
sfigurato nelle scalette di
album di gruppi come i già
più volte citati Pink Floyd
o i Porcupine Tree, riferimenti dichiarati del musicista.
Ma Nosound non è solo psichedelia, emerge infatti anche una propensione per le
ballate
(elettro)acustiche
raffinate
(Overloaded
e
The Broken Parts) e per
l’electro-ambient della title track, senza che la
falsariga emozionale del
resto del disco venga compromessa, anzi.
In definitiva Erra pare un
ottimo musicista, dal limpido talento, che pecca
però spesso di vanità e,
soffermandosi davanti allo
specchio più del dovuto,
succede che dimentichi di
fermare la musica laddove
un bel colpo netto di forbice sarebbe stato maggiormente indicato (specie
nei lunghi brani strumentali), ma è proprio questo
aspetto che lascia ottimisti
per il futuro, la consapevolezza crescente ad ogni
ascolto cioè, che sotto le
mani di un produttore professionista farebbe faville.
(6.9/10)
sentireascoltare 103
Schiele
T h i s H e a r t D o e s Not Hurt (Cd-r
a u t o p r o d o t t o , 2 0 05)
di Fabrizio Zampighi
È un disco appetitoso questo This heart does not
hurt dei vicentini Schiele,
un lavoro che pur giocando con una strumentazione
piuttosto ridotta – batteria,
chitarra, basso –, lascia intravedere chiaroscuri inaspettati ed insolite stratificazioni. A dimostrazione
del fatto, una natura musicale che non si accontenta
di adottare come ragione
s o c i a l e l o s t o n e r a l l a To r a zina del brano di apertura,
ma decide di avventurarsi
in territori differenti e di
confine, senza perdere mai
l’orientamento.
Potremmo accostarne l’inquietante incedere a termini “problematici” come
post rock e non ci parrebbe
certo un delitto così come
non ci sentiremmo colpevoli di spergiuro paragonandone l’attitudine spigolosa e l’indole melodica a
nomi altisonanti quali Son i c Yo u t h e N i r v a n a . N i e n t e
a che vedere naturalmente
con il periodo mainstream
del gruppo di Kurt Cobain,
semmai una rivisitazione
logorroica e decisamente
più pulita di alcune delle suggestioni migliori di
Bleach.
Al di là di quella che può
essere la roulette russa
delle somiglianze va detto che This heart does not
hurt contiene soprattutto
nove
brani
interessanti,
per lo più sotto forma di
mid-tempo quasi del tutto
strumentali strutturati su
cambi di ritmo frequenti,
chitarre precise, cantato
di personalità. Un suono
che quando non si configura come crescendo poco
rassicuranti – Frigna, di
gran lunga l’episodio migliore del disco – spinge
104 sentireascoltare
sull’acceleratore delle diss o n a n z e – To n n a r a , L a l t r a ,
Zara -, o magari costruisce
apprezzabili
impalcature
dalle sembianze vagamente progressive (Intro).
Gli Schiele fanno convergere buone idee e tecnica consolidata in un disco
ricco di spunti, il cui unico difetto è forse quello di
colpire senza affondare,
coinvolgere senza toccare,
cedendo ad arrangiamenti
troppo monocordi ed alla
lunga un tantino prevedibili.
Un difetto di gioventù che
non pregiudica comunque
la qualità del prodotto finale. (6.5/10)
Lacuori
Voilà
(Cd-r
2005)
autoprodotto,
di Stefano Solventi
Non è propriamente un incontro armonico, quello tra
Alessio Luise AKA Luisenzaltro - qui perlopiù in veste di produttore e arrangiatore - e la debuttante
Lacuori, ma forse proprio in
questo sta il suo principale
motivo di interesse. Di Luise, della sua vena surrealsardonica, del suo giocare
coi dritti e i rovesci della parola, del suo armeggiare elettroniche minime
appena oltre il grado zero
(cifra
formale-espressiva
che trova piena conferma
nelle qui presenti Inrealtà
e Casinò, entrambe a sua
firma), ho già scritto in
un paio di circostanze e a
quelle vi rimando. Quanto
alla ragazza, nessuna notizia biografica, ma naturalmente ciò che più conta
qui e ora è ciò che ci dice
la sua musica.
Scrittura e canto sono pervasi da un languore differito, una specie di sensualità felpata e distante,
uno sconcerto soffocato.
Come se una vena d’ango-
scia si infilasse nel torpore dei vocalizzi e tra quei
giri di parole a spirale, tra
le tentazioni wave-soul e
le strinite strutture sintetiche,
intossicandone
la
malizia, spaesandone l’arguzia. E’ a questo punto
che la disarmonicità di cui
dicevamo acquista un senso, spargendo cioè quelle
particelle di squilibrio in
grado di rendere particolare una proposta altrimenti destinata ad apparire
piuttosto derivativa, tipo
la narcolessia folk psych
piantata in un limbo tra
Zero7 e Massive Attack
(quel tipico zampettio ritmico) di Nonsostarequi, o
l’algida declinazione popwave Notwist vagamente
funktronizzata Royksopp di
Menù, entrambe riscattate
da una strisciante, lasciva
inquietudine.
La dolcezza quindi, quando c’è, è come minimo bieca, la danza acuminata e
un po’ rude delle elettroniche vibra d’un indecifrabile esotismo, i sussulti
soul virano tra il sordido e
il beffardo in un bagno di
miasmi radioattivi e scabrezze robotiche (Abitué).
Quanto alla voce di Lacuori, va detto che quando
gioca a stemperare i singulti bjorkiani con la sottile pastosità di Sky (la cantante dei Morcheeba) non
va molto oltre un onesto
guadagnarsi la pagnotta,
però quando sdilinquisce
come una Goldfrapp rannicchiata in un’afflizione
New Order (nella scivol o s a Vo i l à , d o v e i f o u n d
voices dei Tg e la chitarra flamenca tracciano trepidi argini “ambientali”) o
quando come nella breve
Inrealtà sembra Cristina
Donà stregata da un anello motoristico Neu!, allora,
beh, s’intuisce che la tipa
potrebbe davvero possedere la cosiddetta marcia in
più.
A questo punto val bene
metterci un tanto banale
quanto appropriato: staremo a vedere. (6.6/10)
R u m o r i D a l Fondo
d e m o 2 0 0 5 (Cd-r autoprodotto,
2005)
di Stefano Solventi
Ecco quello che si dice un
demo. Tre pezzi dimostrativi, tre cartucce sparate
con foga (se non con precisione) di un arsenale che
– a sentire la band – può
contarne già una ventina.
I Rumori Dal Fondo sono
duo lombardo che sembra
piantare il centro di gravità in quella linea d’ombra
che vide i Radiohead transitare dalle forme irruenti
e ingenue di Pablo Honey
alla frenesia apocalittica
di The Bends, ovvero circa
dalle parti dell’ep My Iron
Lung. Non si tratta solo di
questo, ci mancherebbe,
però è principalmente a
quell’oggetto semi-oscuro
che viene da pensare ad
esempio di fronte all’impeto spigoloso/spinoso di
Traiettorie,
e
potremmo
dire lo stesso per il valzer
screziato d’amara ebbrezza di La rapina.
Completano il quadro di
riferimenti
la
veemenza
obliqua e accorata degli
Scisma, certi sussulti melodici come la Ginevra di
Marco più umorale, i Pearl
Jam
più
funkeggianti
e
“oscuri”, e finalmente – e
innanzitutto – un’emotività dolente molto Marlene
Kuntz, il cui spettro ossuto pervade il tre quarti
sincopato di Dentro le tue
stanze. Pezzo quest’ultimo dal DNA sorprendente, se è vero che tra cupezze Marlene coniugate
Smog, incandescenze emo
e barbagli post si fa largo
un ispessimento ritmico/
timbrico (sono archi o tastiere o cosa quella neb-
bia bituminosa nel finale?)
dalle neanche troppo vaghe ascendenza prog. Curioso poi come nella parte
conclusiva di La rapina, un
po’ per l’ostinazione del
basso un po’ per la stilizzazione dei watt, tutto
sembra convogliare dalle
parti di un soul meccanico,
artificioso, straniante, ossificato da memorie wave
per non dire kraut. Insomma, ti si spostano un po’
di coordinate sotto i piedi
che neanche te ne accorgi, quasi che i RDF fossero
qualcosa in più che la solita ragazzata con un bel sogno nel cassetto e in tasca
un ferreo progetto di emulazione/dissimulazione.
Ciò che effettivamente potrebbero sembrare, almeno
ad un primo ascolto.
Resta da dire che la voce
non è eccelsa, indugia su
registri un po’ Subsonica
u n p o ’ Ve r d e n a ( q u e l l e l a mentose e non certo vigorose espettorazioni), ma
ha dalla sua una certa sincerità. Quanto ai testi, che
alludono a distanze, dissoluzioni, perdizioni, incastri
e collisioni dentro scenari
di (iper)modernità cupa,
sono piuttosto buoni e possono migliorare (un pizzico
di sano cinismo a compensare l’attitudine melò, ad
esempio, non guasterebbe). Aspettiamo altre dimostrazioni. (6.7/10)
Luca Correnti
Che C’entra Iside? (Cd-r auto prodotto, 2005)
di Daniele Follero
Strana carriera quella di
Luca Correnti, sempre in
bilico tra il dark metal e il
pop rock radiofonico. Nel
1994 è membro dei Sinoath, una metal band catanese, mentre nel ’99 incide
il suo primo disco come
cantautore solista (“promo
1999”).
Nel decennio successivo
passa da produzioni interamente acustiche all’indie
rock degli Ikara, band in cui
entra a far parte nel 2004.
Non pago di questo saltellare si butta a capofitto in
un “side-project di melodic
death metal (!) chiamato
Incise, che raccoglie ottimi
riscontri (a quanto si dice)
nella scena metal nostrana. A questo punto sarebbe ovvio pensare che Che
c’entra Iside? sia un disco
darkeggiante, magari raffinato. E invece no.
Il nostro ha deciso di cambiare ancora rotta, stavolta
verso un pop-rock annacquato in stile Negramaro
(8° giù di lì). Pochi soldi
con il metal? O una semplice virata d’ispirazione? Lui
ne parla come un “viaggio
all’interno del proprio animo”. Beh, se fosse sincero
bisognerebbe preoccuparsi per quanto poco il suo
spirito sia riuscito a tirare
fuori in queste dieci canzoni.
Un
timido
“rock
targato italia” fatto di arpeggi e riffettini di chitarra
alla Ligabue e ritornelli
così orecchiabili e appiccicosi da andare bene a
Irene Grandi. Anche momenti piacevolmente leggeri come Ma_Riposa, con
i suoi sottili controcanti,
non riescono mai ad andare oltre una banale semplicità del sentito e risentito. Non mancano, invece,
i veri e propri “polpettoni”
per teen-ager malinconici,
nei quali spicca maggiormente la sua voce in stile
Sanremo-nuove proposte.
Speriamo ritorni presto sui
suoi passi… (4.0/10)
sentireascoltare 105
classic
Daevid Allen
c o m e cantare uno yodel al supermercato
di Filippo Bordignon
La vita di Daevid Allen in un’intervista. La storia delle teiere e di quel
che avvenne dopo, a New York. Di tanti amici e compagni di viaggio (Smith,
Ayers, Frith, Laswell, Burroughs, Riley, Orridge, Moerlen, Hillage, Makoto,
Pip Pyle...) e dell’ultima reincarnazione a nome Acidmothergong nel 2003.
Quarant’anni di storia di un freak per il quale nomadismo e patafisica, dadaismo e no wave sono ingredienti di un’unica formula musicale.
A Melbourne lo si sapeva studente d’arte,
a lasciare il loro gruppo di r’n’b, i Wild
poi estroso poeta, quindi attore teatrale.
Flowers, per tentare qualcosa di più az-
Ma nel ’62, dopo svariate peregrinazioni
zardato. Di lì ebbe inizio una delle car-
europee, Daevid Allen optò per Canter-
riere più significative che la musica pop-
bury e, senza nessun progetto ben de-
rock abbia mai potuto vantare. Affittata
finito, indusse il giovane batterista Ro-
una stanza nella casa dei genitori di Wyatt
bert Wyatt ed il chitarrista Kevin Ayers
il nostro introdusse gli ex-‘Fiori Selvag-
106 sentireascoltare
gi’ alle gioie psichedeliche
surrezioni studentesche, nacque Magick Brother Mystick
e
allora
S i s t e r, p r i m o a l b u m a t t r i b u i t o a i G o n g . D u r a n t e t u t t a l a
che nacquero i Soft Machi-
travagliata vicenda coi Gong si alterneranno decine di
ne (nome rubato da un ro-
musicisti di grande levatura come Pip Pyle (poi Hatfield
manzo del solito William S.
& the North) Pierre Moerlen e Steve Hillage ma l’im-
Burroughs). Con i Soft egli
pronta che fa la differenza, beh quella è da rintracciarsi
si esibiva sovente presso
in Daevid che con le sue liriche in bilico tra il puro da-
lo storico locale londinese
daismo (per essere precisi è giusto scomodare la “Pa-
UFO (tracce alleniane nella
tafisica” di Alfred Jarry) e la fiaba ‘sballata’ da vita a
raccolta demo della ‘Mac-
una saga vera e propria che parla di alieni, folletti e di
china Morbida’ Jet Propel-
navi spaziali a forma di teiera. Per i più curiosi va detto
led Photographs), dividen-
che nel sito ufficiale dei Gong è possibile scaricare le
do il palco con i Pink Floyd
traduzioni in italiano di album storici come Camembert
di Syd Barrett e ponendo
e l e c t r i q u e ( ’ 7 1 ) e F l y i n g Te a p o t ( ’ 7 3 ) c h e , c o n A n g e l
le
al
free-jazz.
coordinate
Fu
stilistiche
e g g ’ s e Yo u ( ’ 7 4 ) , c o s t i t u i s c o n o l e t a p p e f o n d a m e n t a l i
per quel Canterbury sound
del vicenda riguardante il pianeta Gong. Svilito dall’ap-
che tanto influenzò il mi-
proccio sempre più tecnicista e meno spontaneo emer-
glior rock progressivo ne-
so nelle ultime esibizioni Allen, con estrema coerenza,
gli anni a venire. Poi nel
abbandona il gruppo per tornare al suo vagabondaggio.
’67, causa un permesso di
D o p o Yo u l a b a n d p r o c e d e r à s e n z a i l s u o f o n d a t o r e d a n -
soggiorno scaduto, Daevid
do origine a lavori trascurabili e ‘di maniera’.
è
Poi una gran confusione di date, eventi, partecipazio-
costretto
l’esperienza
ad
a
archiviare
dei
ni, ritiri subito dopo smentiti si accavallano contro la
compagni e decide di tra-
fianco
figura del nostro; è però doveroso estrarre da questo
sferirsi in Francia con la
caos (inestricabile anche per il fan più accanito) l’LP
moglie (poetessa e giornalista) Gill Smith..
acustico Now is the happiest time of your life zeppo di
cantilene infantili e non-sense, il live del ’77 Floating
Qui, nella Parigi delle in-
Anarchy a nome Planet Gong e, dopo la separazione
sentireascoltare 107
con Gill, i lavori della parentesi newyorkese. Si tratta
tra il divertito ed il lucife-
in questo caso di registrazioni live ove la scarsa qualità
rino “Buona fortuna per la
sonora è sopperita da un ispirazione creativa ai massimi
traduzione!”. Allen dunque
livelli, tanto che il nostro appare perfettamente in linea
non si aspetta la pedisse-
con le nuove tendenze della scena off no-wave. E poi,
qua
nei ’90, a Daevid avanza il tempo per la reunion in gran-
sue parole in un’altra lin-
de stile dei Gong ‘prima maniera’ (o quasi) e da lì via
gua. Pretende uno sforzo,
nuovamente per San Francisco dove verranno concepiti
tanto dal sottoscritto che
gli album in bilico tra kraut-rock e psichedelica spazia-
dal fruitore della sua mu-
le a nome University of Errors… insomma, impossibile
sica, come a dire “ho can-
non tralasciare qualcosa. Il fatto è che verrebbe da sof-
tato un pianeta fantastico,
fermarsi su molti altri episodi topici della vita artisti-
l’ho popolato di alcuni spa-
ca e umana del nostro. Sarebbe un peccato tralasciare
ruti personaggi ma, perché
per esempio il primo album solista (’71) a titolo Banana
il gioco sia davvero diver-
moon nel quale Allen, recuperato permesso di soggiorno
tente, tocca a voi lo sforzo
e un ispiratissimo Wyatt alla batteria, da vita a una jam-
maggiore”. E lo sforzo più
session straordinariamente efficace. Poi ci sono i 20 cd
grande
a tiratura limitata in 1000 copie della serie Obscura che
ascoltare attivamente pri-
raccolgono rare esibizioni live intrise di umorismo, rea-
ma che ciò che ascoltiamo
ding, musica ambient e ogni possibile digressione spe-
ci abbia rivelato tutti i suoi
rimentale applicata al formato pop. Daevid Allen è un
trucchi.
g o d i b i l e m i s t e r o . Te o r i z z a t o r e d e l m o v i m e n t o F r e a k , a n -
riproposizione
è
proprio
delle
questo:
ticipatore di un surreale prog-rock, sorprendente alfiere
Intervista
di impro elettroniche e poi ancora disegnatore per di-
- Daevid, che mi dici del-
letto, scrittore, seguace dell’oscura Mistery School per
la tuo periodo di militan-
la quale organizzò pure dei workshops intitolati Zero
za nei primi Soft Machine?
Initiation: da più di 40 anni resta raro esempio di un
Qual’era il tuo ruolo?
estro creativo eclettico e dirompente. Si ascolti a que-
Ero quello che ci ha cre-
sto proposito l’album del 2003 Acidmotherhood a nome
duto per primo. Ero il più
Gong (ma la line-up comprende pure il leader dei giap-
vecchio
p o n e s i A c i d M o t h e r s Te m p l e ) : p e z z i c o m e B r a i n w a s h M e
scriteriato. Il crudele poe-
o Supercotton risultano apolidi ad ogni definizione ed
ta
estremamente attuali al contempo.
La vita di questo freak dal viso di bambino (nonostante
spogliava dei suoi appetiti
i lunghi capelli bianchi che cadono su una figura alta
sionaria.
e scheletrica) è in realtà l’intricata sequenza di tan-
occulto e il chitarrista ri-
ti e tali fatti che non basterebbe un enciclopedia per
luttante.
comprenderli tutti. Si dice abbia suonato piano-bar con
-
Te r r y R i l e y , c h e a b b i a v i s s u t o i n u n a f o r e s t a d e n t r o a d
‘successo’?
una capanna soffittata con foglie di Banano, che abbia
Prima devi visualizzarne la
composto musiche per il già citato Burroughs. Pare non
tua visione. Poi devi darti
vi sia nulla che gli sia rimasto da provare tanto è sem-
da fare per materializzar-
pre stata inappagabile la sua smania di tuffarsi in ogni
la. Definisco ‘un successo’
affare della vita. Allen rappresenta una figura di outsi-
quando riesci a realizzare
der sincera e assolutamente valida; i suoi spettacoli lo
un ‘esperienza’ (per quan-
vedono calzare copricapo a forma di ombrello senza che
to
ti venga da pensare alla trovata maliziosa di chi vuole
propria specifica visione.
catturarti a suon di stramberie. Egli è sempre stato ciò
-
che è e quest’intervista ne è la riprova. Conscio del fat-
anni ‘80?
to che parte dei flusso di coscienza riversato nelle sue
All’inizio degli anni ‘80 ero
risposte non avrebbe trovato un esatta corrispondenza
un propagandista militante
nella lingua italiana mi augurò, immagino con un sorriso
della mia privatissima cam-
108 sentireascoltare
ma
beatnik.
anche
il
Quello
più
che
si
in preda ad un isteria vi-
Come
L’ o r g a n i z z a t o r e
descriveresti
labile)
Cosa
basata
ti
su
ricordi
il
una
degli
pagna
anti-cannibalismo.
maniera di procedere Divided Alien Playbax Band (rin-
Cercavo ovunque dei musi-
tracciabile negli album Divided Alien Playbax, live at
cisti che non si ‘facessero’
the Mistake cd 1 e 2, n.d.a.). Fatto ciò me ne tornai in
e
Australia.
non
mi
riusciva
di
tro-
varne. Me ne andai a New
- Cosa pensi del fermento provocato dalla new-wave?
Yo r k : B i l l L a s w e l l e i M a -
L a p r i m a e s i b i z i o n e d e i N e w Yo r k G o n g a v v e n n e a l l o
terial detestavano la gen-
Zu Manifestival organizzato da Giorgio Gomelski. Era il
te ‘fatta’. Me ne andai con
1978. Invitò un sacco di gruppi no-wave come i Theore-
loro a suonare in Francia
tical Girls, Thurston Moore, gli Static e i Floating Gar-
ma, a un certo punto, mi
bage. Con i Material suonai per la prima volta in quel-
sembrava di essere un im-
l’occasione. Era straordinario vedere Fred Frith suonare
piegato di banca. Una volta
al Mudd Club. Davvero una combinazione ispirata!
alloggiamo in una magione
- Ma cos’è che riesce a scandalizzare ancora le perso-
del 16esimo secolo circon-
ne?
data da una radura irrea-
Tutto ciò che è relazionato alla paura. Il terrorismo, ad
le. Questo mandò fuori di
esempio. Se abbastanza estreme anche certe pratiche
testa i ragazzi della band;
sessuali. Non è che sia poi così complicato scandaliz-
trovai Bill in un’angolo tut-
zare fino a quando un pene in erezione desterà meravi-
to tremante che biascicava
glia… specialmente se si tratta di un magnifico pene di
alla
67 anni! (ricordiamo che Allen è nato nel 1938, n.d.a.)
Humpery
Bogart:
“Le
due del pomeriggio e tutti
- In cosa consiste la tua morale?
i negozi sono chiusi!”. Beh
Essere onesto anche a discapito dell’etichetta, in un
sai,
tripudio di etiche astratte e serenità patafisica.
erano
giovani…
ancora
erano
molto
cresciuti
- Qualcuno vede Julian Cope come uno dei tuoi seguaci
nella giungla della concre-
più riusciti.
tezza,
quella
Ah, mio caro signor Qualcuno! Mi chiedo cosa ne pen-
magnificente foresta ‘il bo-
serebbe Cope. Fosse anche vero, significherebbe che
schetto’. Tutto quello che
siamo tutti parte di’infinita catena umana, una specie in
volevano
evoluzione, un’enorme brigata.
chiamavano
era
un’asettica
città, hamburger e un caf-
- T’infastidisce pensare di avere dei ‘seguaci’? Preferi-
fé castrato. La natura sel-
resti restare unico e inimitato?
vaggia li rendeva irrequie-
Forse siamo una processione di maghi: io ho seguito
ti. Comunque tenemmo dei
quello che mi precedeva e altri magari seguiranno il
bellissimi
Pec-
sottoscritto. O magari siamo una fila di elefanti dove
cato non aver mai suonato
quello che sta dietro tiene con la proboscide la coda di
in Italia. Suscitammo una
quello che lo precede… o una catena di sodomiti che si
specie
scambiano sostanze proteiche e gonorrea al contempo…
di
concerti.
rivolta
al
Chez
Les Breton. Trovarono una
o i l s e r p e n t e d e l l ’ a r c o b a l e n o c h i a m a t o Te s l a .
bomba a Marsiglia! Anche
- Avessi la facoltà di scrutare nel futuro cosa ti augure-
il Bataclan di Parigi era to-
resti di trovarci?
sto. Ma presto mi annoiai
Uno specchio smisurato e una tazza di tè.
e f e c i r i t o r n o a N e w Yo r k
- Come occupi il tuo tempo libero?
dove
per
Come molta gente, mi troveresti intento a sognare, ci-
realizzare un album infar-
sciolsi
la
barmi, scoreggiare, pregare, meditare, disegnare, star-
cito di loop simile a certi
nutire, dipingere, tenere reading di poesia, chiacchie-
cut-up
Wil-
rare, svignarmela, intonando lo yodel al supermercato,
liam S. Burroughs. Ecco da
svolgendo lavori domestici, facendo il papà, il nonno,
dove vengono i campiona-
la mamma, ascoltando gli altri, rimuginando, critican-
menti. Mi esibii come soli-
do, dichiarando la verità, facendo l’amore, insabbiando
sta per gli Stati Uniti mu-
le mie bugie, ‘shockando’, auto-commiserandomi, rin-
nito di questi loop sonori.
viando gli appuntamenti dal dentista e atteggiandomi
Ribattezzai
da melodrammatica regina. Facendo visita a una teiera,
registrati
band
da
quell’insolita
sentireascoltare 109
qualche volta.
- Qual è il tuo approccio alla tecnica musicale?
Mi ci approccio raggirandola e con un certo minimalismo. Se così facendo non ottengo dei risultati cerco
solamente di essere un dilettante ispirato.
- Quando la musica si trasforma in rumore?
Quando inizi a considerarla tale.
- Sì ma ci sarà pure un limite…
…il limite ha a che fare con il raggiungimento del proprio
limite estetico. Ma non scordiamoci che esiste sempre
quella porticina d’entrata: se il tuo ego è abbastanza
piccolo da varcarla può ritrovarsi al centro del Suono e
capire una volta per tutte il Linguaggio della Musica. È
un mondo straordinario ma pericoloso allo stesso tempo,
ricco di sensazioni e possibilità illimitate. Certa gente
non vi ha mai fatto ritorno.
- E delle improvvisazioni industriali di gruppi estremi
come i Throbbing Gristle cosa ne pensi?
Dipende dal tipo di potere spirituale che si evoca e dal
modo in cui questo si spinge all’interno dei musicisti.
Capita che, improvvisamente, si avverta la totalità delle
cose attraverso la voce di uno spirito che risuona all’interno di ogni cosa. Ad ogni modo Genesis P-Orridge
è un amico e un artista che ammiro e rispetto particolarmente. Infierisce violentemente sul suo corpo al fine
di essere sincero con la sua poetica artistica. Questa è
dedizione totale. È un santo.
- Perché hai lasciato i Gong dopo la realizzazione di
Yo u ?
Vo l e v o s m e t t e r e d i f u m a r e l a ‘ r o b a ’ e t r o v a r e u n a b a n d
che non ne fumasse. Restai nella band fino a quando il
mio spirito guida m’impedì di salire sul palco durante
una data in Inghilterra. Era la fine di un ciclo ma ormai
la trilogia del pianeta Gong era stata raccontata sicché
ne fui soddisfatto. Inizialmente fu proprio una liberazione. Poi mi sentii vuoto.
- Mai ceduto alla tentazione di avvicinarti ad un pubblico più vasto commercializzando la tua musica?
Ti risponderò come fece Idi Amin quando gli chiesero se
si ritenesse un dittatore: “Non completamente”.
11 0 s e n t i r e a s c o l t a r e
classic
album
gi, all’azzeccare il riffettino giusto e vivaddio. Che
effetto stordente sentire in
heavy rotation radiofonico
quegli arrangiamenti esotici e rigogliosi, e scorgere
lo stentoreo Mark - freak
dal
il
profilo
nasale
improbabile
e
legnoso/vaporo-
so – far capolino dal mai
troppo rimpianto pulpito di
Videomusic. Correva l’opera
seconda
It’s
My
Life
(1984), ma già col successivo The Colour Of Spring
(1986) avvenne l’implosio-
Mark Hollis
Mark Hollis (Polydor, 1998)
ne:
atmosfere
lari,
dilatate,
vago,
crepuscotumide.
attanagliante
panico.
Attraversare ponti a volte
larità - naturalmente - in
operazione
senso
di
inutile,
non-utile,
nel
pura-
mente spirituale o - al limite
-
estetica.
importante
Non
cioè
è
arrivare
dall’altra parte, è il passaggio che conta, è stare
appeso
tra
le
possibilità.
Come un punto interrogativo tra due sponde. Senza
dimenticare
il
flusso
che scorre più sotto, verso
dove non si sa e in fondo
non importa. Semplicemente,
quel
fruscio
e
quella
vertigine oltre il parapetto sono il motivo per cui
stai
attraversando.
Ecco,
Mark Hollis è uno che si è
fermato,
un
sospeso,
il
interrogativo
balzo
rimasto
incompiuto, congelato sull’apice della parabola. Sta
ancora lì, da qualche parte. Come una statua nella
e
timor
di Stefano Solventi
è
Ve n d i t e
Un
popo-
caduta libera, per sparire
in coincidenza di Spirit Of
Eden (1988), album in cui
blues, jazz e rock escogitano un “levare” prodigioso, un equilibrio etereo e
febbricitante. E poi, Laughing Stock (1991): ancora
riapre i battenti. Un porre
spazio, un consolidare distanze.
Stupisce
la
lista
di
stru-
menti riportata nel libretto: tromba, clarino, corno
inglese,
chitarre,
harmonium,
basso,
piano,
batte-
ria, percussioni, armonica,
fagotto... Sembrano troppi
rispetto a quello che senti.
Poi fai mente locale e scopri
che in effetti ci sono, che
la trama è in realtà spessa,
stratificata.
L’ e q u i v o -
co nasce dalla leggerezza
con cui si sovrappongono
e intrecciano, come si trattasse di una danza di luce.
Leggerezza che nasce da
un patto stretto col tempo,
come se la manifestazione
di ogni elemento dovesse
prima liberarsi dal nulla in
cui
sboccia.
gno
alla
Pagando
propria
pe-
fisicità,
ottenendone in cambio un
nitore caldissimo, un fra-
di meno, ancora di più. La
grante
nebbia sale. Silenzio.
Sette anni. Una vita. Poi,
di timbri e riverberi e sussulti dell’anima.
questo disco invisibile, la-
Il piano che apre il disco,
sciato cadere come un ciot-
per esempio, da dove arri-
tolo in un fiume. Invisibile
va? Dove è stato? Prece-
perché quasi una sfumatura
de di poco la voce di Mark,
di
negli
trasparenza.
Invisibile
esserci.
anni
Brulichio
diventata
più
e (perché) quasi inaudibi-
densa, però come pervasa
le, come una prosecuzione
da una memoria d’aria, da
del silenzio in altra forma.
una possibilità di volo (se
Fu il palpito di un artista
solo ne valesse la pena).
arreso alla propria finitez-
Piuttosto, una pena infinita
za, troppo consapevole per
ma gracile è ciò che ci re-
proseguire
elemosinando
gala The Colour Of Spring,
oneri e onori in mezzo agli
di nuovo solo il piano e la
strepiti
voce e camminare con pas-
dei
silenzio
si muti nel folto dei ricordi,
necessario sembrano rife-
e vederli dissolversi come
M a r k f u i l l e a d e r d e i Ta l k
rirsi le parentesi di nulla
vapore. D’ora in avanti è
Ta l k , a u t e n t i c o m i r a c o l o i n
iniziale
tutta
uno
mere
nebbia.
scenario
pop
dedito
perlopiù all’arraffa e fug-
Proprio
in
cui
a
commensali.
e
di
il
questo
conclusivo,
ca-
decompressione
mondo
chiude
e
una
meditazione
su
perdita e dolore. Anche se,
incredibilmente, tutto con-
s e n t i r e a s c o l t a r e 111
tinua a sembrare leggero.
gurgiti di antiche ballate.
Oggi,
Non
obliqua
Ma è finzione: con la disin-
cia né dove sia Mark Hol-
non
voltura di un Tim Buckley
lis. E non voglio saperlo.
perso
Hollis
Uno dei motivi per cui amo
Drake, neppure l’intimismo
conduce i versi in un vi-
ascoltare la sua musica - e
raggelante di Tim Hardin:
colo cieco, spegne e riac-
questo disco in particolare
di
è
l’angoscia
Robert
Wyatt,
amarezze
setose
ascoltate
di
nelle
stelle,
so
cosa
fac-
Looking
- è proprio l’assenza che
(1895-
annuncia, che presuppone.
1915) – dedicata alle gio-
Che contiene. Un’assenza
vani vite polverizzate dalla
ricca di rimpianti e fierezza
prima guerra mondiale – il
e amore. E pensieri lascia-
modo in cui una sensibilità
ti cadere sul tavolo. Con la
soul allo stremo attraversa
sottigliezza sospesa di un
quello scenario diafano e
haiku. Fermo-immagine dai
disarticolato (sbuffi di le-
colori dileguati. Come se,
gni e ottoni, ritmiche ap-
trovata finalmente la chia-
pena
sussurri
ve del proprio esistere, gli
atonali…). Quasi Mark fos-
sembrasse troppo fragile e
Out
Inside
le
Nick
non
oppure A Life
abbozzate,
se estraneo, quasi ne fosse
preziosa per comunicarce-
già fuori. Così non stupi-
cende le luci a piacimento,
la. Solo qualche accenno.
sce che in Westward Bound
disinnesca l’energia lungo
Il brontolio di un tempora-
ogni ipotesi folk ceda alla
assolo fibrosi d’armonica e
le. Ormai passato.
negazione
stessa:
tromba, non concede – mai
chitarra e voce entrano ed
di
- la benedizione di un cho-
escono
una melodia contesa al si-
rus liberatorio.
The Daily Planet ripete il
Laura Nyro
Eli and the Thirteenth Confe ssion (Columbia, 1968)
lenzio, come se si staccas-
copione
di Stefano Solventi
se dall’anima a fatica. Non
basso cavernoso e legni in
Canzoni
stanno già qui gran parte
prima linea, quasi una dan-
cessive,
di Jamie Stewart ed i suoi
za macabra felliniana fin-
blues,
jazz,
giustamente
ché non sboccia una melo-
senso
teatrale,
dia memore - chessò? - di
sciante vocazione pop. Ma
dal
se
cono
di
luce,
celebrati
Xiu?
Esperienza
d’ascolto
Xiu
aggiungendo
un
proteiformi,
scosse.
uno
ecSoul,
spiccato
una
stri-
tan-
Te r r y C a l l i e r e D a v i d C r o -
sotto,
to più concreta quanto più
s b y, l u n g o q u e l l ’ i n t e r c a p e -
uno spettacolo cupo, dolo-
“spirituale”, come jazz in-
dine tra soul, blues e folk
roso, insostenibile. Scrivo
segna.
E
in
moti
forse sotto l’influsso della
certo,
per
anche
il
cui
rimbombano
si
agita
in-
segreti
incen-
sua precoce (era il 1977) e
e
la-
diati dall’armonica scorti-
feroce (tumore alle ovaie)
sciato evaporare tra palpi-
cata di un grande Mark Fel-
scomparsa? Sì, certo. Non
ti soul/folk (che è quanto
tham. É per questo che la
potrebbe essere altrimen-
avviene nella imprendibile
conclusiva A New Jerusa-
ti. Non posso fare a meno
The
percussio-
lem sembra avanzare sot-
di pensare che Laura Ni-
armonica
ni
al
Gift,
suolo
tra
sfarfallanti,
vetrosa
e
asciutti
d’abbandono).
to una pioggia di cenere?
gro in arte Nyro cantasse
ansiti
Forse. O forse è a causa
e suonasse in una lucidis-
Water-
di quel rogo in paradiso, di
sima preveggenza di spe-
shed barlumi di rabbia, un
quel
gnimento.
impeto
di
appena
In
dell’anima,
i
dietro,
qui
chiodato
quanto
blues,
e
accennato
deserto
post-bellico,
quell’amore
devastato.
un
po’
in
Soccombendo
ogni
canzone,
(tamburello e piatti osses-
Poi “freevolezze” jazz co-
consumandosi in esse, per
sivi in primissimo piano),
prono tutto come un’onda
esse. Quasi fossero prove
colori
accendono
più alta. E nel riflusso di
tecniche di scomparsa.
d’harmonium,
nuovo il silenzio. Quel si-
Ad un tratto, di quella fu-
lenzio. Più nulla.
tura
(il
che
bordone
si
l’arpeggio vibrante) tra ri-
11 2 s e n t i r e a s c o l t a r e
sparizione,
decise
di
dare
al
mondo
as-
stita, trascinata da un con-
in
incamerato
vergere di flussi e riflussi,
Oppure considerate la sua
saggio.
Cioè:
il
successo
buon
un
cupezza.
Tin Pan Alley e soul, jazz
controparte
e R&B, folk e psichedelia,
quella Lucky tutta cambi di
Beads
più una spolverata di ro-
tempo e corde a grattare il
mantico
Sul
ritmo, il soul che inciampa
quarto album sotto l’egida
punto di cavalcare questa
RnB, il flauto che flirta con
occhiuta di David Geffen,
spuma,
preveggenza
gli archi, il piano che cin-
Laura
Christmas
of
and
Sweat
(1969)
the
(1970),
non
New
derelitta
e
Y o r k Te n d a b e r r y
di
una
volle
terzo
e
classicismo.
una
“luminosa”,
approfit-
di fallimento sembra spin-
guetta col vibrafono, quasi
tare della zona franca tra
gerla sul fondo, in balia di
stralcio d’operetta in guisa
la fine dei sessanta ed il
correnti scure.
di canzone.
vero inizio dei settanta. Di
Quel
quella polpa pronta da mor-
lambente,
ab-
le col soul dietro l’angolo
dere, di quella stasi tra il
bandono ravvivato (ma non
di Timer (delicati trapassi
disfacimento
delle
redento)
dalla
tensione
errebì, ubriacanti giustap-
e
di
sensuale,
dall’irrefrenabi-
posizioni vocali), i ricami
avvisaglie
Così,
licenziò
utopie
tempesta.
discre-
di
il
tragedia
cosmico
E
poi
ancora
il
vaudevil-
le polimorfismo, dalla fre-
country con sterzate pop-
to album di cover (Gonna
netica
uno
soul di Once It Was Alright
Ta k e a M i r a c l e , 1 9 7 1 ) e p o i
stupefatto, incessante en-
Now (Farmer Joe), il doo-
s’impose un’eclisse volon-
tusiasmo: lo scopo di Lau-
wop
taria (leggi: il matrimonio
ra
una
le gospel di Sweet Blind-
col falegname David Bian-
fantasmagoria che consoli
ness. Non è chiaro capire
chini) lunga un quinquen-
e distolga innanzitutto se
quanto ci sia di istintivo e
nio. Roba da pazzi, da ro-
stessa
quanto
mantici,
disperati.
innocenza,
sembra
da
imbastire
dalla
disperazione
sostenuto
tra
invece
di
frego-
pianifi-
Al
che l’attanaglia. Prendete
cato in questa spiazzante
suo ritorno sulle scene fu
l’itinerante Poverty Train,
sarabanda stilistica. Con-
arduo
il blues atavico screziato
ta però come - una volta
d’incidenze
preparati
za
da
un
senso
affrontare
ben
più
la
scor-
ruggente
dei
psych-folk,
il
ad
accoglierne
tempi, cotonati dance e in
flauto vivace e stralunato
le stranianti piroette, una
procinto
come certe arguzie Traffic,
volta assestata la nicchia
punk-wave.
poi quell’incedere melodi-
emotiva
Quel che accadde da lì in
co in sella ad enfasi soul,
cipiterà – sappia suonare
avanti
-
di
sclerotizzarsi
per
pre-
quindi i riverberi aerei del
ancora oggi vivida, inten-
vibrafono,
sa, bruciante.
velli della produzione ’68
gestione fumosa à la Fred
-’70. Un apice creativo di
Neil
cui Eli And The Thirteenth
un corridoio di corde pic-
ticenza
a
Confession
secon-
chiettate e zufolii di legni
proprio
tempo,
da dopo un ancora acerbo
– ecco - il buio s’ingoia la
l’estenuante
More
svolte e inversioni stilisti-
very del 1966, lei appena
voce.
Oppure
Lonely
che, è un programma che
diciassettenne) fu l’incipit
Women, il modo in cui sor-
attanaglia: ha buon gioco
migliore: in questo disco,
ge jazz-soul sull’orizzonte
in questo l’apparato d’im-
la sua eclettica formazione
mandando avanti il chiaro-
prendibili “devianze”, dagli
musicale (il padre era un
re gracile di una congrega
effluvi jazz-soul di trombe
trombettista jazz, la madre
piano-canto-sax, prima che
e
devota fruitrice di “colta”) acquista il carattere
le corde vocali ispessisca-
sca Woman’s Blues (prima
no il timbro, surriscaldino
che
di un’insofferenza vibrante
il mood, aprano la porta ad
e
per gli steccati tra forme
una scarica di grancasse,
tarsino
e generi. Per dirla meglio,
agli archi e al vibrafono,
funk) al gospel minaccio-
Laura
per poi andare a spegnersi
so venato RnB in derapage
(opera
a
sembra
New
come
buo-
quale
no – non si avvicina ai li-
Than
quanto
nella
Disco-
inve-
del
infine
finale,
prendete
la
sug-
dove
in
Pur nella sua ostinata re-
organo
una
staccarsi
pur
strategia
con
cui
chitarra
propulsioni
spigoli
di
s’inneelastica
d’ottoni
e
dal
con
in-
sincopi
s e n t i r e a s c o l t a r e 113
verso una languida, spos-
Anello di congiunzione tra
sante dissolvenza di Eli’s
un sogno di vita e il quo-
Coming (barriti di ottoni e
tidiano inferno della vita,
percussioni accese, il can-
tra l’attrazione irresistibi-
to posseduto e rassegnato
le per la luce (idealizzata,
assieme), per non tacere i
idealizzante) dei riflettori
cromatismi ruvidi e le dina-
e
miche luminose nella swin-
marciapiedi del Bronx, tra
gante, quasi frivola Lu.
le proprie sole fragili for-
Non
si
finirebbe
dire,
ogni
pezzo
più
di
reclama
la
mediabilmente
questa
sembra
l’episodio
e
dinario
di
eccezionale:
Picnic
straor-
collezione
Stoned
amabile
e
Soul
suaden-
te, puntuta e amarognola,
soffice e sornione ordigno
soul-doo-wop con sorpresa
funky finale (i 5th Dimension ne faranno un successone);
la
conclusiva
The
Confession, mestizia iridescente
d’archi,
tramestio
serrato di chitarra e batteria, fiammelle di vibrafono e d’organo a sprimacciare
un
folk-errebì
nella
cui strinata malinconia balena la Kate Bush di The
Man With The Child In His
Eyes…
Poi, e soprattutto, l’ambiz i o s a D e c e m b e r ’s B o u d o i r,
il tremito della poca luce
tagliata da una voce sottile, l’arpa come un liquore angelico e quegli archi
cherubini,
french-horn
e
flauto a folleggiare i contorni del malanimo - indicibile, davvero, la distanza tra soul, jazz e pop. A
metà strada il guscio sembra incrinarsi, si rompe, ne
esce un valzer repentino,
ma è solo un miraggio veloce che l’ombra si divora.
In questo pezzo c’è forse
già tutta la Nyro, quel che
troppo brevemente sarà.
11 4 s e n t i r e a s c o l t a r e
dei
ze e le proprie forze irri-
la sua parte d’attenzione,
una
consapevolezza
sole.
potenza
diafana,
Per
geniale
affascinante
e
malferma, Laura Nyro suona ancora oggi viva. Come
non mai.
rubrica la sera della prima
Gus Van Sant
i vagabondi dell’ a n i m a
di Antonello Comunale
un’immagine del film Elephant
There’s a race of men that don’t fit in,
A race that can’t still;
So they break the hearts of kith and kin,
And roam the world at will.
They range the field and they rove the flood,
And they climb the mountain crest,
Theirs is the curse of the gipsy blood,
And they don’t know how to rest.
(Robert W. Service)
Il
sogno
americano
un’invenzione
del
non
marketing
esiste.
per
i
E’
poggeresti mai lo sguardo. Un popolo di
figli
reietti, hobo, tossici, omosessuali, ado-
buoni della grande democrazia. Per tutti
lescenti
complessati
e
personalità
che
gli altri, il sogno americano si traduce in
non si allineano. Tutte figure che si pon-
una dose di eroina o in un vagabondare
gono in modo problematico nei confronti
senza meta nel dedalo delle “strade blu”.
dell’agire comune.
Q u e l l o d i G u s Va n S a n t è u n m o n d o a b i -
Figlio volontario e al tempo stesso in-
tato da figure che si collocano ai margini,
volontario della controcultura hippy degli
alle periferie, nei vicoli bui su cui non
a n n i ’ 6 0 , Va n S a n t n e c o n t i n u a e d e v o l v e
s e n t i r e a s c o l t a r e 11 5
i temi, riassumendo in sé sia la cupa e disperata es-
la grande città e le grandi
tetica tossicomane di William Burroghs, sia l’umorismo
highways
s u r r e a l i s t a e s o p r a l e r i g h e d i To m R o b b i n s , s e n z a d i -
sempre
menticare la provocazione pop di Andy Warhol. Profon-
che
damente americano, ma al tempo stesso distante dagli
giovanilistica
stereotipi culturali della nazione a stelle e strisce (in
ereditare
un’intervista ai Cahiers du Cinema dichiara di non es-
sponsabilità e privilegi del
s e r e u n a m m i r a t o r e d e l w e s t e r n … ) , Va n S a n t è a u t o r e
padre. Così come accade a
capace di manipolare a proprio piacimento qualunque
Matt Damon, in Will Hunt-
tipo di storia e di trascinarla nella propria personalis-
ing, che si trova faccia a
sima visuale. Una visuale che spesso assume i conno-
faccia con la maturazione
tati lisergici di un viaggio fatto con l’acido e che può
dopo il rissoso periodo di
incidere in modo evidente anche sul montaggio; con-
sbandamento.
siderazione valida soprattutto per i primi film, pieni di
Lontanissimo
inserti girati in super-8 e momenti “drogati”. Si veda,
moralistici, come Pasolini
i n t a l s e n s o , M a t t D i l l o n i n D r u g s t o r e C o w b o y, c h e d o p o
Va n S a n t s i l a s c i a a f f a s c i -
l’ennesima dose osserva fuori dal finestrino un mondo di
nare dalle storie di vita, a
piccole figurine da albero natalizio fluttuanti nell’etere,
cui
o come River Phoenix in My Own Private Idaho, che nei
per le figure paterne, sem-
momenti di narcolessia ha onirici lampi di epifania con
pre
case, famiglie e nuvole. Le nuvole tra l’altro sembrano
loro
e s s e r e u n a d e l l e “ f o r m e ” p r e d i l e t t e d a Va n S a n t : p i c c o l i
si
intermezzi con rapidi pa(e)ssaggi di nuvole sono pre-
one, lungo tutto l’excursus
senti in pressoché tutti i suoi film, e spesso sottolin-
registico,
eano utilmente un cambio di registro o una particolare
a
evoluzione della storia.
pure tanto sottile sposta-
Se i protagonisti sono dei disadattati, la vita che si tro-
mento
vano a condurre è diretta conseguenza della loro con-
protagonisti: i reietti degli
dizione esistenziale. Alla perenne ricerca di qualcosa
esordi si sono trasformati
che li emancipi, li trasformi o cambi comunque le co-
negli adolescenti autistici
o r d i n a t e d e l l o r o a g i r e q u o t i d i a n o , i p e r s o n a g g i d i Va n
e robotici degli ultimi film.
Sant sublimano nel viaggio la loro mancanza di orizzonti
Quasi come se il passag-
certi e stabili. La dimensione del road movie è per st-
gio per la terra di mezzo
essa ammissione del regista di Portland la più adatta a
delle produzioni hollywoo-
trasformare in narrazione l’inadeguatezza e l’instabilità
diane
di chi è senza dimora, per prima cosa dentro di sé.
cho, Scoprendo Forrester),
Se da un lato il road moving si può tradurre in un “chi
a b b i a p o r t a t o Va n S a n t a
parte sa da cosa fugge, ma non sa che cosa cerca” di
guardare ad un’altra fetta
troisiana memoria, come ben sanno i due protagonisti
dello stesso cielo. I raga-
d i G e r r y, d a l l ’ a l t r o l a t o s p e s s o s i p a r t e p e r s e g u i r e u n a
zzi
missione che porterà al cambiamento come l’approdo al
in My Own Private Idaho e
Ranch Rubber Rose per l’autostoppista per deformazi-
i teenagers ripresi in una
o n e a n a t o m i c a , S i s s y H a n k s h a w, i n E v e n C o w g i r l s G e t
giornata qualunque in El-
The Blues. Il concetto di viaggio ha dunque evidenti
ephant, sebbene mossi da
intenti metaforici, come da grande tradizione del roman-
coordinate
zo americano, e quindi se da un lato il movimento e il
tecipano
vagabondare presuppongono una vocazione al cambia-
stesso vacuum esistenzia-
mento, occorre sottolineare come questo viaggio verso
le. Semmai è lo sguardo di
il cambiamento possa avvenire anche all’interno della
Va n S a n t c h e c o n i l p a s -
propria dimensione esistenziale. Come sempre accade è
sare del tempo si è fatto
una questione di scelte e di intenti. Per un River Phoe-
sempre
nix che si perde definitivamente tra i marciapiedi del-
lenne ed austero, in modo
11 6 s e n t i r e a s c o l t a r e
americane,
un
Keanu
dopo
la
il
decide
carico
da
da
assi
che
si
è
Noche
un
nep-
intorno
Hunting,
ai
Psy-
prostituiscono
diverse,
comunque
più
che
evoluzi-
Mala
Days,
nella
Quello
come
(Will
re-
intenti
anche
assenza.
di
di
di
l’attrazione
presenti
Last
Reeves
perdizione
aggiunge
mostra
c’è
ieratico,
pardello
so-
Last Days (2005)
Il
lento
uomo
sivo
to.
dissolversi
e
il
suo
allontanarsi
Un
di
un
progres-
tuffarsi
da
nel
tut-
nulla.
L’ a p e r t u r a d e l l ’ u l t i m o f i l m
d i G u s Va n S a n t d à s u b i t o i l
tono allo scorrere di questi
ultimi giorni. Liberamente
ispirato alla figura di Kurt
Cobain, che nel film viene
ribattezzato
Blake,
Last
Days è un oggetto strano
e sinistro che ti entra sottopelle e, come sempre accade
con
Va n
Sant,
alla
fine ti lascia con molti più
dubbi che risposte.
Te r z a p a r t e d i u n ’ i d e a l e t r i logia sulla perdizione esistenziale che vede in Gerry e Elephant i primi due
capitoli,
Last
Days
film
scontroso
che
si
e
è
un
involuto
disinteressa
total-
mente del fatto di cronaca
da distaccarsi ancora maggiormente dall’oggetto guardato, alla ricerca di quell’oggettività dello sguardo filmico che è sempre stato il sogno segreto di molti registi,
da Hitchcock a Kubrick.
Il rapido montaggio “kitch” degli esordi ha ceduto il
passo alle lunghe planate con steadycam di Elephant.
I lunghi corridoi della scuola di Columbine fanno rima
con quelli dell’Overlook Hotel (Shining di Stanley Kubrick), mentre i piani sequenza che come ombre seguono
l’errare dei giovani protagonisti, evocano la solennità
d e l l ’ u n g h e r e s e B e l a Ta r r ( o m a g g i a t o e s p l i c i t a m e n t e g i à
n e l f i n a l e d i G e r r y ) . G u s Va n S a n t h a v i n t o n e l 2 0 0 3 l a
Palma d’Oro e il premio per la miglior regia al Festival
di Cannes, in un’accoppiata particolarmente rara. Una
sorta di definitiva affermazione nel mondo del cinema,
alla cui appartenenza egli non ha mai mostrato di tenere
particolarmente. Dopo il periodo dell’infanzia registica,
c o n i p r i m i s s i m i f i l m f i n o a To d i e f o r , e l ’ a d o l e s c e n z a
a l l a c o r t e d i H o l l y w o o d f i n o a S c o p r e n d o F o r r e s t e r, G u s
Va n S a n t h a o r m a i r a g g i u n t o l ’ e t à a d u l t a d e l l a r e g i a c o n
l a t r i l o g i a f i n a l e ( G e r r y, E l e p h a n t , L a s t D a y s ) , i n a t t e s a
di una vecchiaia che si spera tardi ad arrivare.
in
sé,
per
si
sull’osservazione
partecipata
concentrardegli
non
eventi.
Un’attitudine da documentario, che ripropone pedissequamente
lo
sguardo
vitreo e asettico con cui in
Elephant erano stati indagati i fatti di Columbine.
Ad
aumentare
l’effetto
di
vero è il montaggio incrociato e non lineare con la
riproposizione
cadimenti
degli
ripresi
da
acpiù
punti di vista, tecnica che
non
fa
altro
che
amplifi-
care ulteriormente la tensione
verso
l’oggettività.
Ciò che cambia è l’assetto
cromatico:
tanto
Elephant
era un film colorato e vivace per gli occhi, quanto
Last Days è un film da toni
di grigio, umido e funereo.
In uno degli innumerevoli
s e n t i r e a s c o l t a r e 117
piani sequenza che segu-
mezzo del nulla americano. Lo stesso nulla che lo ac-
ono il peregrinare del pro-
coglierà a fine film e lo stesso nulla annichilente verso
tagonista, vediamo la sua
c u i s e m b r a n o t e n d e r e q u a s i t u t t i i p r o t a g o n i s t i d i Va n
figura di spalle, come un
Sant. Blake è solo l’ultimo dannato, l’ultimo reietto che
Norman Bates che va verso
devia dalla società e si perde in se stesso a conferma
la propria casa da gotico
della costante attenzione all’universo dei marginali, dei
americano,
dimenticati, di quelli che si perdono/smarriscono in un
in
un
nottur-
no cupissimo e con i rami
spogli degli alberi minacciosi a graffiare i contorni
dell’immagine. Un’estetica
da
horror
non
americano
lascia
che
dubbi,
così
come non lascia dubbi lo
stato
allucinatorio
sequenze.
delle
Va l g a n o
per
tutte, quella del video dei
Boys
II
Men
mandato
da
MTV con un Blake accasciato
a
terra
e
quella
di
Ve n u s i n F u r s m a n d a t a i n
riverbero.
Il vagabondare tra le stanze
della
casa
e
il
comp-
iere gesti apparentemente
non chiari, si inserisce in
quest’ottica
e
deve
qual-
nomadismo sia reale che metaforico.
Filmografia essenziale
Last Days, 2005;
Elephant, 2003;
Finding Forrester (Scoprendo Forrester), 2000;
Psycho, 1998;
Good Will Hunting (Will Hunting – Genio ribelle), 1997;
To D i e F o r ( D a m o r i r e ) , 1 9 9 5 ;
Even Cowgirls Get The Blues (Cowgirls – Il nuovo sesso), 1993;
My Own Private Idaho (Belli e dannati), 1991;
D r u g s t o r e C o w b o y, 1 9 8 9 ; M a l a N o c h e , 1 9 8 5
L’Amore Fatale (di Roger Michell - Uk, 2004)
di Teresa Greco
“L’innamoramento è sempre un’esperienza estrema:
quando ci si innamora l’altro diventa un’ossessione” (Ian McEwan).
Bar-
Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore inglese Ian
tas, regista che fa parte di
M c E w a n , L’ A m o r e F a t a l e ( E n d u r i n g l o v e ) d i R o g e r M i -
quella sorta di severa nou-
chell si interroga sull’ossessione amorosa e sul senso
velle vague contemporanea
dell’amore.
dell’est europeo, che tanto
Il professore Joe Rose, rimasto coinvolto in un bizzar-
sembra
cosa
alla
House
di
sul
ro incidente in mongolfiera in cui è morto un uomo, si
n u o v o c o r s o d i Va n S a n t .
trova ad esser pedinato e spiato ossessivamente da un
A p a r t i r e d a G e r r y, i n f a t t i ,
g i o v a n e , J e d P a r r y, i n n a m o r a t o d i l u i , e c o n v i n t o d i e s -
i suoi film hanno rimodel-
sere ricambiato. Il folle biondo Parry è un uomo solo
lato il modo di osservare
in cerca di affetto; offre a Rose un amore universale e
gli eventi, seguendo la lib-
mistico, di cui si sente investito da quando sono stati
ertà e la leggerezza dei pi-
entrambi coinvolti nel mancato salvataggio con la mon-
a n i s e q u e n z a d i B e l a Ta r r
golfiera. Ne resta coinvolta Claire, fidanzata di Joe, in-
e
evitabile rivale e vittima in questo particolare triangolo
aver
di Abbas
influito
Kiarostami. A
ben vedere questo cambi-
amoroso.
amento non è altro che la
Già regista di produzioni di alto livello come Nothing Hill
naturale evoluzione di uno
e Ipotesi di reato, Roger Michell prosegue la via del cin-
sguardo
costantemente
ema d’autore intrapresa con The mother (2003, tratto da
qualche
zona
un romanzo di Hanif Kureishi), facendo del libro di McE-
cinema
wan un serrato thriller psicologico, basato sul contrasto
perso
in
dell’anima.
Il
suo
o
tra i due protagonisti coinvolti in un gioco psicologico
una caduta, come il River
sottile e ossessivo, in cui i ruoli carnefice-vittima fini-
Phoenix di My own private
ranno per ribaltarsi. Con la collaborazione dello stesso
Idaho, che senza punti di
autore (che è anche produttore associato), Michell ha
riferimento, apre il film nel
trovato il modo di rendere il romanzo in immagini filmi-
è
sempre
un
risveglio
118 s e n t i r e a s c o l t a r e
che efficaci (come l’iniziale scena del salvataggio, la
migliore nel libro e nel film, o le drammatiche sequenze
finali), senza risultare pedante e didascalico, giocando
sui movimenti di macchina più che sulle parole per descrivere sentimenti e stati d’animo, rendendo i numerosi
monologhi mentali di Joe (nel romanzo) in dialoghi, e
affidando a lente carrellate le riprese in esterni.
L’ a m o r e
fatale
è
drammaticamente
quello
non
dall’oggetto
contraccambiato,
del
desiderio.
subito
Parry
è
folle vittima della sindrome di de Clérembault, una forma di psicosi passionale (scoperta nel secolo scorso
dall’omonimo psichiatra) nei confronti di un altro soggetto, spesso inconsapevole, con ossessione a sfondo religioso. E’ un amore perdurante in cui ci si sente investiti dalla missione di rendere consapevole dell’amore
l’oggetto della passione. Il soggetto è persuaso di essere in comunicazione amorosa con l’oggetto d’amore,
attraverso particolari segnali segreti (secondo Parry il
modo in cui Joe sposta le tende dalle finestre di casa è
per lui un chiaro segnale di intesa). “Io ti amo e tu mi
ami, e questo è tutto” dice assolutisticamente Parry a
Joe; “Dio solo sa cosa sarei senza di te!” : ecco esplicitato il delirio amoroso a sfondo religioso, che rende la
beachboysiana God only knows funzionale al messaggio
mistico ossessivo.
Il risultato è un film raffinato e di gusto inglese, fedele
allo spirito del libro, ben diretto e recitato - buone le
prove dell’intenso Daniel Craig (Joe), già protagonista di
The mother e di Era mio padre di Sam Mendes, e di Rhys
Ifans (Jed) già visto in Nothing Hill, qui in un’inedita
veste drammatica; Michell ci regala un’amara, grottesca, ironica meditazione sulle possibili forme d’amore
(l’unico amore che dura è proprio quello del folle Parry?)
e sull’impossibilità di sfuggire a un’ossessione devastante e, in altre parole, fatale.
s e n t i r e a s c o l t a r e 11 9
rubrica on connait la chanson
Jean-Louis Murat
Se Mettre Aux Ange s
di Andreas Flevin
Jean Louis Murat è allo stesso tempo un classico e un outsider della canzone
francese, un trovadore del ventesimo secolo dotato di una costante e spiccata vena individualista, la cui ricerca da sempre si distingue per cambi di
direzione, scelte fuori moda e nomadismi intellettuali.
tradizione francofona. Infatti non mi soffermerò su tutta l’opera, ma sulla sua produzione a partire dalla fine degli anni ’90,
periodo a cui si può far risalire l’inizio di
quella nuova ventata di autori identificati
poi come i nuovi chansonniers francesi.
Sono gli anni in cui Murat pubblica gli
album Dolores
e Mustango, quest’ultimo
considerato un punto di rottura sia per i
testi che per la musica, nonchè l’inizio di
una prolifica attività che lo porterà ad essere riconosciuto artisticamente.
Jean-Louis
Bergheaud,
originario
dell’Auvergne, nasce il 28 gennaio 1954.
In seguito alla separazione dei suoi genitori, trascorre gran parte dell’infanzia a
Murat-le-Quaire a casa dei nonni (è da
questa località che prenderà il nome Murat,
specificando
sempre
“Bergheaud,
detto Murat”). Inizia presto a studiare vari
strumenti e canto al conservatorio, senza
però prendere una direzione stilistica precisa nelle sue prime prove compositive.
Ancora molto giovane, si sposa e diventa
Jean-Louis Murat non potrebbe rientare a
padre. Decide a questo punto di lasciare
pieno titolo in una rubrica sulla così detta
tutto per poter viaggiare, prima in territo-
nuova canzone francese, in primo luogo
rio francese e poi in Europa. Gli elementi
perchè è ormai considerato un classico
che caratterizzano questo periodo della
(ha iniziato la sua carriera già verso la
sua
fine degli anni ’80), e in secondo luogo
con l’isolamento dell’abitare in campagna
perché la sua produzione – eterogenea e
a plasmare il suo carattere ritroso ed in-
poco coerente – non sempre corrisponde
troverso, ed il viaggio a connotare gran
alla
“canzone”,
parte delle tematiche affrontate nei testi
anzi spesso nemmeno si riconosce nella
e a rappresentare l’origine di migrazioni
canonica
definizione
120 sentireascoltare
di
vita
saranno
sempre
più
influenti,
stilistiche in un crescendo di maturità compositiva.
seguito altri, anche grazie
La tradizione della terra di origine di Murat è quella dei
ad una maggiore familiar-
trovadori, a cui si possono ricondurre due elementi sa-
ità
lienti nel suo approccio alla musica, ovvero la musica
blico verso la sua semplic-
intesa come un contorno alle parole (sulle quali l’autore
ità, la sua coerenza, doti
indugia con estrema cura) e l’idea che l’armonia debba
molto apprezzare ed abil-
risultare immediata all’ascolto. Un’eredità concettuale
mente
quindi, più che un ricalcare gli stili dell’epoca, come di
nel videoclip Regrèts, gi-
fatto avviene nella musica popolare.
rato in duo con la cantante
dei
media
e
messe
del
in
pub-
evidenza
M y l é n e F a r m e r.
Nel 1977 Murat fa ritorno a casa dove fonda i Clara,
La sua fama si stabilizza
subito notati dal – purtroppo – quasi dimenticato Wil-
ed è ormai considerato un
l i a m S h e l l e r, i l q u a l e o ff r e a l M u r a t s o l i s t a l ’ o p p o r t u n i t à
punto fermo nella canzone
di registrare il suo primo 45 giri nel 1981. Un disco che
francese.
rimarrà nell’ombra a causa di uno stile davvero troppo
produzione
lontano dai fermenti dell’epoca, caratterizzata da quel
1994)
procede
particolare passaggio dalla generazione punk a quella
bassi.
Fra
new wave. Murat all’epoca non produce nulla di simile
pubblicati (in studio e live)
e, rimanendo fermo sulle sue posizioni, lascia incorrere
vale la pena segnalare in
nella stessa sorte anche il suo primo album Passions
particolare Murat en plein
privèes (1984). In definitiva non si può dire che il desti-
air del 1991.
no sia stato ingiustamente avverso, trattandosi di espe-
L’ a l b u m
rimenti non particolarmente felici e dal risultato decisa-
un progetto piuttosto am-
mente monotono (fatta eccezione per pochi momenti),
bizioso in cui Murat fonde
se non ancora banalmente kitsch. A tal proposito, però,
le
bisogna precisare che un comune errore nel giudicare la
denti con i recenti ascolti
musica di Murat è il volerla considerare una produzione
di dub anglosassone, quali
coerente e magari con mire commerciali. Innanzi tutto è
Portishead,
erroneo valutare i singoli album come se fossero slegati
tack . Il risultato è gradev-
tra di loro, in questa maniera si perde di vista il fatto
ole, ma non molto incisivo;
che nella sua globalità il lavoro di Murat acquista un
anche in questo caso sono
significato (naturalmente è un giudizio che si può dare
i testi il vero punto saldo
solo a posteriori, con il senno di poi). In secondo luogo,
dell’opera.
sue
La
sua
(dal
i
feconda
1989
tra
sette
Dolorés
al
alti
e
album
(1996)
esperienze
è
prece-
Massive
At-
l’idea di autore (che sia di cinema, letteratura o musica) si riferisce all’opera nel suo complesso, intendendo
Nel 1999, in seguito ad un
questa come il frutto di una ricerca senza fine, impos-
lungo periodo trascorso in
sibile da circoscrivere ad un unico lavoro. Murat di fatto
giro negli Stati Uniti, so-
n o n è u n h i t m a k e r, p e r c h é è p r o p r i o l u i a n o n v o l e r l o .
prattutto nel sud, Murat dà
Non ha mai gravitato nei circuiti musicali più ufficiali,
luce all’album che apre le
in Francia come in Europa, perché nelle sue melodie
porte ad una nuova e più
si trovano di rado facili progressioni armoniche, pas-
convincente impronta com-
saggi d’effetto e strizzate d’occhio varie. La sua musica
positiva:
risulta estremamente ascoltabile – sino a sfiorare an-
istrato
che il commerciale dozzinale –, ma attenta ad evitare
Yo r k , i l d i s c o p o r t a c e r t a -
sistematicamente elementi che possano renderla pre-
mente
vedibile.
accade negli States in quel
In seguito ai primi insuccessi ed al suo carattere troppo
periodo
introverso per poter essere lanciato come personaggio
primi su tutti i Calexico. La
pubblico, l’etichetta scioglie il contratto, ma dopo tre
critica lo accoglie positiva-
anni di silenzio gli si presenta una nuova occasione con
mente, dando così il via ad
la Virgin, per la quale incide il singolo Si je devais man-
un nuovo periodo ricco di
quer de toi, il primo grosso successo. A questo ne fanno
stimoli ed idee come non
Mustango.
tra
il
Tucson
segno
in
di
ambito
Rege
New
quanto
Indie,
sentireascoltare 121
si era mai verificato prima.
poire un titolo, come si direbbe in Francia, scritto in
È infatti il turno di Madame
franglese (dalla fusione di francese e inglese) per sot-
Deshoulières,
tolineare l’ascendenza di certa musica pop anni ses-
diversione
strepitosa
verso
sonorità
santa inglese. Il risultato sono dodici tracce gradevolis-
affidate
sime, musicalmente risolte grazie alla collaborazione
seicentesche
all’esperto
compositore
del vecchio amico e collega Fred Jimenez.
D a n i e l M e i e r. A l s u o f i a n c o
Il
Murat vuole l’attrice e can-
l’uscita di ben due lavori, molto diversi tra loro: Moscou
tante Isabelle Huppert, che
e 1829. Il primo suona un po’ come un album che fa il
dona al lavoro un carattere
punto su quello che è il Murat più riconoscibile, quasi
unico ed inconfondibile. Il
una summa dei suoi lavori precedenti, in cui si avvale
progetto nasce dalla scop-
della partecipazione di Carla Bruni e Camille. E palese
erta di un libro di poemi
sarà il debito che autori come Dominique A, Bertrand
della
francese
Bourgalat e Stephan Eicher avranno nei suoi confronti.
Dèshoulières
1829 si sofferma invece più su un’idea di canzone clas-
poetessa
Antoinette
(1638-1694),
Murat
dal
attinge
usando
i
conferma
l’estrema
prolificità
di
Murat
con
quale
sica ed orecchiabile, vicina talvolta alla forma da can-
talvolta
tastorie, anche se i testi sono recuperati dal repertorio
loro
d e l p o e t a f r a n c e s e P i e r r e - J e a n d e B è r a n g e r, u n o t r a i
talvolta
più celebri autori a cavallo tra il 1700 e 1800. Non è
soluzi-
nuovo Murat all’utilizzo di testi di autori d’epoca, inter-
oni personali sempre molto
esse che risale ai tempi in cui non si era ancora defini-
misurate.
produzione
to come cantante e musicista. E’ infatti nella scrittura
cui
forma
testi
2005
nella
originale,
mescolandoli
con
Una
memorabile,
se-
e nella letteratura che risiede la sua principale fonte
uno
di ispirazione, una letteratura spesso antica, arrivata
dei suoi peggiori lavori: Le
sino a noi per testimoniare la propria continuità e per-
moujik et sa femme (2003)
sistenza al di là dei secoli e delle mode. Come lo stesso
è un pop rock senza nes-
Murat.
guito
suna
a
fa
incredibilmente
idea
eccezione
tracce,
notevole
per
che
un
(fatta
paio
risultano
di
del
tutto fuori contesto).
Nello
stesso
anno
Murat
cambia nuovamente direzione dando alle stampe Lilith, un doppio in cui mette
alla prova le proprie doti
di scrittore e di compositore, riuscendo in entrambi i casi. Registrato in soli
quattro
giorni,
l’album
è
caratterizzato da una forte
intimità e sincerità, qualità
per
altro
dall’utilizzo
acustici
e
sottolineate
di
archi
strumenti
(preferi-
ti questa volta a chitarre
elettriche, tastiere e batterie), in cui la media delle 23 tracce presenti è decisamente buona.
Nel 2004 esce A bird on a
122 sentireascoltare
rubrica la promiscuità dell’arte
contemporanea
Luka Moncaleano
d i D a v i d e Va l e n t i
Quanti anni si devono avere per fare una personale in uno spazio istituzionale con tanto di curatore e di sovvenzione del comune? Quanti anni si devono
avere per fare l’artista?
Lo
stupore
contagia
tutti
quelli che sanno dell’evento:
Il
19
Giugno
è
avvenuta
p r e s s o l a F a b b r i c a d e l Va pore l’inaugurazione della
personale di Luka Moncaleano.
La
mostra,
curata
da Alessandro Riva, è un
progetto di Italian Factory
ed è sovvenzionata dal com u n e d i M i l a n o . L’ a r t i s t a è
il vincitore del Premio Italian Factory per la giovane
pittura italiana. Ma la vera
notizia è questa: Luka Moncaleano
tordici
è
(1990)
anni.
La
d’obbligo,
doci
bene,
stupore?
essere
ma,
ha
pensan-
perché
Non
ormai
quat-
Sorpresa
tanto
dovrebbe
un
segreto
per nessuno che l’arte sia
quella del bambino che è
in noi. Certo, un bambino
non ha la sapienza tecnica ed espressiva di LuKa,
ma siamo nel 2005 e Luka
ha avuto tutti gli stimoli e
gli strumenti adatti ad apprendere quella sapienza.
sentireascoltare 123
In fondo non ci vuole molto
Sembrano però dare all’opera un senso più ampio le
ad essere come Luka Mon-
parole
caleano. Avere quattordici
Canali per il catalogo della mostra: “Ho voluto rappre-
anni,
premio
sentare me stesso bambino per avermi sempre davanti
d’arte, essere figlio della
e poi ho voluto esprimere le mie sensazioni e i miei
video artista Maria Assun-
desideri, come l’idea di vedermi volare…”. Di fatto, il
ta Karini, vivere nel caos
tema della Metamorfosi, da Ovidio a Karin Andersen, è
informatico del ventunesi-
un tema straordinariamente ricco di significati che solo
mo secolo, sovraccaricarsi
con violenza possono essere ricondotti a quello della
inconsciamente
dati
Bioetica. La metamorfosi è cambiamento di prospettiva,
diverse
contestazione della cultura antropocentrica, distruzione
essere
di vecchi paradigmi e costruzione di nuovi, creatività
Moncaleano
euristica, voglia di dare fastidio, shockare…e infinite
vincere
delle
e
un
culture
dei
più
disparate…
come
Per
Luka
dello
stesso
artista
nell’intervista
di
Chiara
basta essere Luka Monca-
altre sensazioni per lo più indescrivibili.
leano.
Si possono percepire nei lavori di Luca gli echi di artisti
come Damien Hirst, i fratelli Chapman e Luigi Ontani.
Detto ciò, bisogna ammet-
Di solito ci si avvicina in età più avanzata a certi autori
tere
stupisce
dell’arte contemporanea, Luka ha potuto scoprirli prima.
sua
Così, se i suoi coetanei hanno un’immaginazione dis-
che
non
solo
Luka
per
la
età,
ma soprattutto per la sua
bravura. Alla mostra sono
presenti 19 quadri raffiguranti uccelli mutanti, raddoppiati, in pose innaturali
oppure leggermente antropomorfizzate
che
basta
leggero
quel
a
tanto
suscitare
disgusto.
un
Inoltre
10 sculture in vetroresina
rappresentano
esseri
dal-
la testa di bambino e dal
corpo di pulcino. Riguardo
alle
tecniche
non
si
nere
ta
pone
e
usate,
limiti
dimostra
di
una
indipendenza:
sono
Luka
i
elaborazioni
gecer-
quadri
digitali
di immagini sulle quali intervengono
il
pastello
e
l’acrilico.
Il
tema
dell’ibridazione
uomo-animale viene spesso
in
racchiuso
quello
della
progresso
comunicato
mostra
vuole
idea
sul
dai
critica
al
scientifico.
Il
stampa
dichiara
che
esprimere
di
tema
critici
“la
della
Luka
sua
arte
incentrata
delle
sperimen-
tazioni biologiche e delle
trasformazioni genetiche.”
124 sentireascoltare
neyana, Luka ne ha una Chapmaniana.
Margherita Manzelli
d i D a v i d e Va l e n t i
Quando un artista vuole stare al sicuro inizia a produrre copie dei suoi
lavori più acclamati. Allo Studio Guenzani la Manzelli si libera dell’identità.
Stando a quel che si dice in giro, Marghe-
tolo della mostra di Margherita Manzelli
rita Manzelli (1968) è la pittura italiana.
allo Studio Guenzani di Milano, la prima
Negli ultimi anni l’artista ha rappresen-
personale dopo cinque anni. I suoi sog-
tato l’Italia alla Biennale di San Paolo in
getti sono sempre state donne emaciate,
B r a s i l e n e l 2 0 0 2 e a q u e l l a d i Ve n e z i a n e l
sguardi
2003, ha esposto diverse personali alla
sa di poco chiaro e, quindi, angoscian-
Greengrassi di Londra, all ’Art Institute
te. Creano un’intesa con lo spettatore, il
of Chicago, al Maxxi di Roma e al Mu-
quale rimane col dubbio di chi non è si-
seum of Modern Art di Dublino.
curo se conosce o no quella ragazza che
“Il buio sbiadisce. La luce delimita. Tut-
lo sta guardando, vorrebbe fare qualcosa
to frontale la dimensione umana” è il ti-
per scoprirlo, ma l’unica possibilità di in-
che
lasciano
intendere
qualco-
sentireascoltare 125
terazione è la contemplazione. Lo sfondo è sempre stato quasi asettico, scarno
come le figure, ma di un colore. In questa
personale, invece, è il vuoto a prevale,
il nero. “La luce delimita” la figura conferendole contorni netti, mentre dietro e
intorno a lei il buio apre un universo di
assenza.
Sono due quadri, uno molto grande, l’altro piccolo. Soprattutto nel primo l’artista
apre nuove prospettive per la sua futura ricerca. Se fino ad ora abbiamo visto
nei suoi lavori una meticolosa attenzione
formale, quasi una certa cautela, adesso lo sfondo si riempie di strani esseri coloratissimi e molto poco realistici.
Anche la figura di donna ha uno sguardo
meno inquietante, il suo sorriso è quasi
rassicurante. La fantasia ha preso il sopravvento sul controllo dell’espressione.
“La dimensione umana” è in questo caso
quella onirica. Il nero e gli esserini fanno
chiarezza sull’universo interiore della figura: la libertà rivendica il suo diritto di
esistenza.
Il buio e la luce sono temi centrali di questa mostra. La luce diffusa è stata eliminata in favore di una luce direttissima,
che svela ciò che vuole lasciando ignoto
i l r e s t o . L’ a r t i s t a n o n l a s c i a n i e n t e d i i n definito. Il buio è molto meno indefinito
rispetto al sospetto che destavano le sue
vecchie opere. È chiaro: è buio.
Spesso, nella produzione di un artista, si
assiste ad una ripetizione perseverante
dello stesso tema o dello stesso soggett o . L’ a r t i s t a s i a s s i c u r a c o s ì l a s u a r i c o noscibilità e la sua “serietà”, a scapito
della ricerca espressiva vera e propria,
della
sua
crescita
ricchimento
personale
culturale
della
e
dell’ar-
società.
In
questa ultima mostra, invece, Margherita
Manzelli effettua un distacco dai vecchi
lavori e si catapulta verso un ignoto che
rappresenta nei nuovi. È giusto che il coraggio, in ogni sua manifestazione, venga
encomiato, com’è giusto che esso venga
sempre, in qualche modo, ripagato.
126 sentireascoltare
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