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PROBLEMATICHE INFRAGRUPPO
FRA ITALIA E GERMANIA:
“COME GESTIRE UN’ISPEZIONE
FISCALE SUI PREZZI DI
TRASFERIMENTO”
Dott. Marco Petrucci
Como, 21 Novembre 2008
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I SEMINARI PRECEDENTI
Le relazioni dei seguenti seminari:
•
•
•
•
Aspetti civilistici e contrattuali dei Service Agreements
Direzione e Coordinamento
La deducibilita fiscale dei costi per Management Fees
Modalità per la determinazione e il riaddebito dei Management
Fees
• Recepimento della Direttiva 2003-49-CE
sono scaricabili da www.pgpartners.it
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Approfondimenti
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PERCHE’ PREPARARSI
Nei seminari precedenti abbiamo evidenziato che:
1. in determinati casi, una società tedesca che eserciti
“direzione e coordinamento” su una società italiana può
essere chiamata a rispondere dei debiti per gli
accertamenti tributari subiti dalla controllata italiana;
2. questo rischio aumenta se trattasi di rettifiche sui prezzi
di trasferimento in presenza di un sistema di
determinazione degli stessi imposto dalla società
coordinante;
3. possono sorgere responsabilità anche in capo agli
amministratori che hanno passivamente eseguito le
direttive del Gruppo.
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COME PREPARARSI
LE PROBABILITA’ DI UN’ISPEZIONE
La WTO ha pubblicato che più del 30% degli scambi
internazionali avviene infragruppo. Altre statistiche
arrivano ad indicare addirittura più del 50%!
L’art. 42 della L. 388 del 23/12/2000 ha stabilito che:
• tutti i contribuenti con fatturato superiore a
Euro 25.822.845 devono essere verificati ogni due anni;
• tutti gli altri contribuenti ogni quattro anni.
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COME PREPARARSI
LA SITUAZIONE GENERALE
Nella maggior parte dei Gruppi:
• le informazioni sulla determinazione dei prezzi di
trasferimento sono pienamente disponibili soltanto
presso la casa madre;
• gli uffici centrali “affari fiscali” si preoccupano
soltanto degli impatti fiscali nel paese del “quartier
generale”;
• indipendentemente dagli impatti fiscali, c’è interesse a
massimizzare il risultato presso il “quartier generale”.
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COME PREPARARSI
LA SITUAZIONE GENERALE
Le “Guidelines” dell’OCSE del 1995 dedicano l’intero
capitolo 5 alla documentazione giustificativa per
fornire indicazioni:
• alle amministrazioni finanziarie sulla documentazione
da richiedere a supporto della deducibilità e sulle
procedure di verifica da adottare;
• ai contribuenti sulla documentazione idonea a provare
la corretta determinazione dei prezzi di trasferimento.
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COME PREPARARSI
IN ITALIA OCCORRE DOCUMENTARE
1.
2.
3.
4.
5.
l’“inerenza” (art . 109, c. 5 T.U.I.R. – prova
del beneficio);
la “certezza” ( art. 109, c. 1 T.U.I.R. riferita
all’ “an”);
l’“oggettiva determinabilità” (art. 109, c. 1
T.U.I.R. – riferita al “quantum”);
il “valore normale” ( art. 9 + art. 110, c. 7
T.U.I.R. + art. 9 convenzione I/D);
la “competenza” (art. 109, c. 1, 2 e 4
T.U.I.R. – attribuzione al periodo di imposta
di maturazione).
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COME PREPARARSI
QUALE DOCUMENTAZIONE OCCORRE
Definiamo col termine “forma” l’insieme della
documentazione, cartacea e/o magnetica, che raccoglie
le informazioni relative alla natura, alla destinazione e
alla determinazione dei costi per management fees.
La forma deve essere tale da dimostrare l’esistenza dei
predetti requisiti sostanziali.
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COME PREPARARSI
QUALE DOCUMENTAZIONE OCCORRE
Una preliminare “regola del pollice”:
se la filiale italiana non è al suo interno in grado di
verificare nel merito la determinazione dei prezzi
infragruppo (in particolare per i servizi), allora la
“forma” utilizzata è sicuramente inadeguata a garantire
la deducibilità fiscale e a provare il corretto
adempimento degli obblighi degli amministratori.
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COME PREPARARSI
QUALE DOCUMENTAZIONE OCCORRE
I principi fin qui esaminati hanno ispirato la sentenza
della Commissione Tributaria Provinciale di Milano del
29 luglio 2005 che, in tema di “management fees”, ha
enunciato una serie di criteri in gran parte estendibili,
per analogia, anche alle altre tipologie di operazioni
infragruppo soggette alla normativa sul transfer pricing.
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COME PREPARARSI
LE INDICAZIONI DEL MINISTERO DELLE
FINANZE TEDESCO
Il ministero delle finanze tedesco si era già a sua volta
espresso sullo stesso argomento con circolare del 30
dicembre 1999.
La posizione assunta del fisco tedesco è sostanzialmente analoga a quella del fisco italiano. Entrambe
accolgono, almeno formalmente, la gran parte del
contenuto delle raccomandazioni dell’OCSE.
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COME PREPARARSI
SI PUO’ RICORRERE AL “RULING”
Sono applicabili gli interpelli di cui:
-
all’art. 11 L. 212/2000 (interpello “generale”
di cui allo Statuto del Contribuente);
all’art. 8 del D.L. 269/2003 (interpello
“internazionale” per accordi tra contribuente
e amministrazione sul transfer pricing – tipologia
di accordi internazionalmente nota come “APA”,
ma scarsamente utilizzata).
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COME PREPARARSI
IN EUROPA:
DAL 1800 AL “CODE OF CONDUCT”
•
•
•
•
•
•
•
•
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•
•
•
•
Early 1800’s development of arm’s length principle
1915 first UK transfer pricing legislation
1916 OECD model taxation convention
1977 Mutual Assistance Directive
1984 OECD report
1980’s International opposition to unitary taxation
1990 (2003) Parent-Subsidiary Directive
1990 (2005) Merger Directive
OECD report on 1992 temporary regulations
OECD report on 1992 proposed regulations
1994 OECD Guidelines Part I (draft)
1995 OECD Guidelines Part II (draft)
1996 OECD Guidelines 6 and 7 final
1997 Code of Conduct for business taxation
2004 Code of Conduct on transfer pricing adjustments
2006 Code of Conduct on transfer pricing documentation
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COME PREPARARSI
IL CODICE DI CONDOTTA UE SULLA
DOCUMENTAZIONE SUI PREZZI DI
TRASFERIMENTO
Deriva principalmente dalle esigenze di:
• uniformare le condizioni di competitività nel mercato
comune;
• prevenire politiche discriminatorie e arbitrarietà nelle
verifiche fiscali;
• favorire la libertà di stabilimento.
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COME PREPARARSI
IL CODICE DI CONDOTTA UE SULLA
DOCUMENTAZIONE SUI PREZZI DI
TRASFERIMENTO
Si propone di:
• uniformare la tipologia di documentazione da
archiviare ai fini delle verifiche fiscali sui prezzi di
trasferimento in tutta la UE.
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COME PREPARARSI
IL CODICE DI CONDOTTA UE SULLA
DOCUMENTAZIONE SUI PREZZI DI
TRASFERIMENTO
Prevede due tipologie di documentazione:
• il “Master file”
• e il “Country specific file”
da conservarsi presso ogni società del Gruppo.
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COME PREPARARSI
IL MASTER FILE
Redatto a cura del “quartier generale”, deve
contenere la descrizione generale delle attività e
della composizione del Gruppo, del settore in cui
opera, delle tipologie di transazioni infragruppo e dei
criteri adottati per la determinazione dei prezzi di
trasferimento.
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COME PREPARARSI
IL COUNTRY SPECIFIC FILE
Redatto a cura della singola società appartenente al
Gruppo, deve contenere la descrizione dell’attività
svolta dalla società, della sua funzione all’interno del
Gruppo, della tipologia di transazioni che essa
effettua col resto del Gruppo e dei margini che da
queste le derivano.
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COME PREPARARSI
NATURA DEL CODICE DI CONDOTTA
E’ stato adottato dal Consiglio UE con Ris.
2006/C176/01. Non ha effetto vincolante nè per gli
stati membri, nè per le imprese (cd. effetto “soft
law”).
Sta per essere recepito dall’Agenzia della Entrate
sotto forma di circolare (fonte Sole 24 Ore del
07/04/2008).
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COME PREPARARSI
PIU’ IN DETTAGLIO NEL MASTER FILE
Occorre riportare anche:
• la funzione delle diverse società a livello di gruppo
con le informazioni necessarie per l’analisi
dell’allocazione del rischio di impresa;
• l’indicazione degli “intangible assets” il cui utilizzo
e’ soggetto a royalties, l’attività di sviluppo e
mantenimento degli stessi effettuata dalla società che
percepisce le royalties, gli utilizzi da parte del
gruppo, la determinazione dei costi coperti dalle
royalties.
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COME PREPARARSI
PIU’ IN DETTAGLIO NEL COUNTRY
SPECIFIC FILE
Occorre riportare anche:
• quale metodo di determinazioni dei prezzi di
trasferimento col resto del Gruppo è stato scelto e
perchè;
• le strategie aziendali e l’evoluzione/modifica delle
stesse rispetto al passato (comparabilità nel tempo);
• l’analisi di comparabilità esterna e interna.
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COME PREPARARSI
L’ANALISI DI COMPARABILITA’
Controlled
Affiliate
Controlled
Transaction
Controlled
Affiliate
Compare with:
Controlled
Affiliate
Third
Party
Internal
comparable
External
comparable
Third
Party
Third
Party
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COME PREPARARSI
L’ONERE DELLA PROVA
Spetta al contribuente provare i requisiti generali di:
inerenza, certezza, oggettiva determinabilità e
competenza.
Spetta all’Amministrazione Finanziaria provare che i
prezzi di trasferimento non sono stati determinati
conformemente al “valore normale” (Cassazione,
sentenza 13/10/2006 n. 2203).
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COME PREPARARSI
L’ONERE DELLA PROVA
Per provare l’errore nella determinazione dei prezzi
di trasferimento, l’Amministrazione Finanziaria
deve dettagliare sia l’avvenuto esame degli stessi, sia
il criterio e le modalità di calcolo utilizzati per la
rideterminazione del “valore normale” nel caso
specifico (V. anche circolare 32/1980).
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COME PREPARARSI
L’ONERE DELLA PROVA
La presenza di documentazione giustificativa
prodotta dal contribuente obbliga l’Amministrazione
Finanziaria all’esame della stessa e a motivarne
l’eventuale mancata accoglienza.
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COME PREPARARSI
L’ONERE DELLA PROVA
L’Amministrazione Finanziaria deve motivare le
proprie contestazioni facendo espresso riferimento
alla documentazione prodotta dal contribuente e
quindi deve indicare in dettaglio i motivi per cui
ritiene che la documentazione:
• sia falsa
• non sia idonea a comprovare i presupposti di
deducibilità
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
Il “valore normale” è un concetto sostanziale,
l’eventuale ripresa fiscale sullo stesso non può essere
basata su “discordanze formali”.
(Es. riferimenti all’oggetto sociale nelle contestazioni del “cost
sharing” o contestazioni di mancata esistenza di un “contratto”
infragruppo in presenza di “guidelines”– v. Sentenza Cassazione
16/05/2007 n. 11226)
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
La determinazione dei prezzi di trasferimento avviene
tramite sistemi di contabilità analitica per l’allocazione
dei costi “per destinazione”. La ripresa fiscale non può
prescindere dalla comprensione del sistema in uso
presso il contribuente.
Spesso non vengono distinte le classificazioni “per
natura” da quelle “per destinazione”.
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
Possono esserci giustificati motivi contingenti per
l’applicazione di specifiche eccezioni al sistema generale
dei prezzi di trasferimento applicati nel gruppo.
Il confronto interno e quello esterno non possono
prescindere dall’analisi delle particolari strategie
commerciali e delle particolari condizioni di mercato
vigenti al momento di effettuazione dell’operazione in
esame.
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
L’impossibilità per l’Amministrazione Finanziaria di
verificare i dati forniti dal quartier generale non può
essere assunta come valido motivo per prescindere
dagli stessi. Specie in presenza di accordi
internazionali per lo scambio di informazioni.
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
Spesso, per contestare l’esistenza del beneficio,
vengono utilizzate presunzioni “gravi, precise e
concordanti”. Affinchè le stesse possano essere
assunte come “prova”, devono sussistere anche
indizi “oggettivi” e “concreti” a supporto delle
deduzioni logiche poste a fondamento delle
presunzioni.
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
Salvo per quanto espressamente previsto dalla legge,
non possono essere utilizzate “presunzioni” in
presenza di documentazione contrastante con le
stesse, a meno di provare la falsità o l’inadeguatezza
della suddetta documentazione.
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
Non possono essere utilizzate riclassificazioni e/o
rielaborazione statistiche per ottenere informazioni
già ottenibili dal sistema contabile aziendale senza
provare la non attendibilità di queste ultime.
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COME PREPARARSI
I PRINCIPALI ERRORI DELL’AMMINISTRAZIONE
Gli eventuali prezzi “interni” ottenibili da un sistema di
controllo di gestione funzionante col metodo del “full
costing” non possono essere assunti come secondo
termine di confronto con i prezzi di mercato per
rilevare una non corretta determinazione del valore
normale. Il “full costing”, infatti, prescinde dal
confronto con le condizioni di concorrenza e dipende
dalle quantità prodotte.
L’APERTURA
DELL’ISPEZIONE
•
•
•
•
•
L’avviso di ispezione
Il mandato all’ispezione
La durata massima dell’ispezione
Il luogo dell’ispezione
L’assistenza durante l’ispezione
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DURANTE L’ISPEZIONE
per rifiuto
La documentazione non esibita
perché non
richiesta
I verbali giornalieri:
obiettivo, contenuto e sottoscrizione.
Le dichiarazioni di parte.
CHIUSURA
DELL’ISPEZIONE
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Il P.V.C. :
• Valenza giuridica del documento
• Contenuto obbligatorio
• Contenuti suggeriti (le osservazioni del Contribuente
alla consegna del P.V.C.)
Le osservazioni del contribuente entro 60 giorni dal
P.V.C. (art. 12 c. 7, L. 212/2000).
IL PROCEDIMENTO
DI ACCERTAMENTO
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Vi è un obbligo di istruttoria in capo al Responsabile
del Procedimento (art. 6 L. 241/1990).
E’ nullo l’avviso di accertamento emesso senza
esaminare le osservazioni del Contribuente di cui
all’art. 12, c. 7 L. 212/2000.
Nullità dell’avviso di accertamento non motivato.
IL PROCEDIMENTO
DI ACCERTAMENTO
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Entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di
accertamento è possibile:
• ricorrere in Commissione Tributaria
• presentare domanda di accertamento con adesione.
L’accertamento con adesione:
• si esplica mediante un procedimento che sospende
per 90 giorni i 60 giorni per ricorrere in
Commissione Tributaria (art. 6, c. 3 D. Lgs. 218/97);
• non comporta vincoli in caso di mancato accordo
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IL CONTENZIOSO
Il Processo Tibutario è regolato dalle norme di cui al
D. Lgs. 31/12/1992 n. 546.
Contro l’avviso di accertamento possono essere
sollevate eccezioni per:
– l’irregolarità del procedimento che ha portato
all’adozione del provvedimento (principalmente
violazioni del principio di legittimità);
– altri motivi di nullita/annullabilità
– errori nel merito delle riprese.
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LE SANZIONI
• In caso di accertamento avente ad oggetto i prezzi di
trasferimento,
sono
applicabili
le
sanzioni
amministrative ordinarie per le imposte sui redditi, così
come disciplinate dall’art. 1, c. 2 D. Lgs. 18 dicembre
1997, n. 471: sanzione amministrativa dal 100% al
200% delle imposte calcolate sul maggior imponibile
accertato, sia ai fini dell’Imposta sul Reddito delle
Società (IRES, con aliquota del 33%) che dell’Imposta
Regionale sulle Attività Produttive (IRAP, con aliquota
del 4,25%).
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LE SANZIONI
• Le suddette sanzioni possono essere ridotte ad 1/4, se
versate entro 60 giorni dalla data della notifica
dell’accertamento da parte delle Autorità Fiscali,
sempre che il contribuente non ricorra contro
l’accertamento.
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LE SANZIONI
• Inoltre, qualora l’imposta evasa e gli elementi sottratti
ad imposizione eccedano determinati importi, si
potrebbero rendere applicabili, in linea di principio,
anche le sanzioni penali (artt. 4 e 7, D. Lgs. 10 Marzo
2000, n. 74)
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LE SANZIONI
LA PENA PECUNIARIA PREVISTA SI RIDUCE:
• a 1/4 accettando l’accertamento
• a 1/4 in accertamento con adesione
• a 1/3 in conciliazione giudiziale (spese sempre
compensate)
Parallelamente, sono previste riduzioni anche delle
sanzioni penali
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LE SANZIONI
SISTEMA SANZIONATORIO E IMPATTO DEI
TRATTATI INTERNAZIONALI
Il principio del “Giusto Processo” si applica anche al
processo tributario (sentenza Corte Europea dei diritti
dell’uomo del 23/11/2006 n. 73053/01) e include anche
il principio di “proporzionalità” della sanzione.
IL “SECONDARY
ADJUSTMENT”
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In capo alla società in Germania, sorge il diritto a
recuperare le imposte localmente pagate sul maggior
reddito attribuito alla società italiana (v. Convenzione
contro la doppia imposizione fra Italia e Germania
firmata a Bonn il 18 Ottobre 1989).
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LE MASSIME
Sentenza n. 213 del 9 Ottobre 2001 della Corte di Cassazione, Sezione
tributaria.
In caso di accertamento di un maggior reddito ai fini Irpeg, l’imponibile
dovrà essere determinato dall’Ufficio, tenendo conto della maggiore Ilor
dovuta, senza che rilevi la esistenza o meno di un apposito accantonamento,
ai sensi dell’ art. 61, comma 1, del D.P.R. n. 897/1973, relativamente ad
imposte non ancora definitivamente accertate.
Sono irrilevanti, a fronte della richiesta dell’Ufficio di voler accertare la
congruità delle rimanenze, le deduzioni di una società per azioni che evidenzi
la non obbligatorietà della tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino ai
sensi dell’art. 14, commi 1, lettera d), e 6, del D.P.R. n. 600/1973, nella
misura in cui dal combinato disposto degli artt.14, comma 1, lettera a), del
D.P.R. n.600/1973, 2214, 2215, 2217 e 2421 del codice civile emerge,
comunque, l’obbligo, per tale tipo di società, di tenere il libro degli inventari
e di effettuare, ivi, le valutazioni delle rimanenze, seguendo il criterio imposto
dall’art. 62, comma 1, del D.P.R. n. 597/1973.
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LE MASSIME
Sentenza n. 1209 del 29 Ottobre 1999 della Corte di Cassazione, Sezione
tributaria.
L’avviso di accertamento ha carattere di provocatorio ad opponendum e
soddisfa l’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 42, D.P.R. n. 600/1973,
ogni volta che l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di
conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di
contestarne efficacemente l’an e il quantum debeatur; così il contribuente
non può invocare la nullità di un accertamento motivato con riferimento ad
un processo verbale di constatazione della Guardi di Finanza a lui
regolarmente notificato o consegnato quando l’avviso di accertamento
indichi il presupposto della maggiore imposizione e renda palese la fonte
informativa sottostante.
La verifica degli estratti di conto corrente che individui versamenti di somme
che non possono non derivare dall’unica ed esclusiva attività lavorativa, in
mancanza di un contrasto di tale valutazione da parte del contribuente,
dando luogo ad una presunzione di omessa contabilizzazione di ricavi,
legittima l’uso di un accertamento di tipo analitico induttivo.
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LE MASSIME
Sentenza n. 162 del 22 Settembre 2006 della Commissione Tributaria
Regionale di Roma, sezione XX.
L’omessa indicazione delle fonti giurisprudenziali richiamate a sostegno del
convincimento del giudice non costituisce motivo di nullità o censura della
sentenza attesa l’insussistenza di alcun obbligo normativo di tale indicazione
nell’estensione del testo della decisione
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LE MASSIME
Sentenza Tribunale di Milano del 13 Maggio 1999, in “Rassegna di
Fiscalità Internazionale” n. 1 – 01/2001.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 2504 quater c.c. in relazione all’art. 41 Cost., perché la norma
non consente all’iniziativa privata di svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale ma, al contrario, è rivolta al raggiungimento della massima
utilità sociale, privilegiando la stabilità dei rapporti derivanti dalla
fusione ed evitando da un lato di pregiudicare le aspettative che i soci di
maggioranza ed i terzi collegano alla fusione e dell’altro di introdurre
motivi di diffidenza sul mercato.
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LE MASSIME
Spolidoro “incorporazione della controllante nella controllata e Leverage Buy out”, in “Le
società”, n. I, 2000, pag. 988.
Con l’iscrizione della fusione resta sanato ogni vizio precedente, in quanto il termine “invalidità”
(utilizzato nell’art. 2504 quater c.c.) è comprensivo di ogni ipotesi di vizio dell’atto ed include i vizi
di nullità ed annullabilità fatti valere in concreto; dal canto suo la sanatoria si estende a tutto il
procedimento di fusione ( e quindi anche alle nullità delle delibere di approvazione del progetto di
fusione impugnate dal socio dissenziente), non potendo sussistere alcun interesse concreto
all’accoglimento di una domanda di invalidità di delibere che producono effetti esclusivamente
all’interno del complesso procedimento di fusione.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2504 c.c. in relazione
all’art. 41 Cost., perché la norma non consente all’iniziativa privata di svolgersi in contrasto con
l’utilità sociale ma, al contrario, è rivolta al raggiungimento della massima utilità sociale,
privilegiando la stabilità dei rapporti derivanti dalla fusione ed evitando da un lato di pregiudicare
le aspettative che i soci di maggioranza ed i terzi collegano alla fusione e dell’altro di introdurre
motivi di diffidenza sul mercato.
Il conflitto di interessi rilevante ai sensi degli artt. 2373 e 2368, secondo comma, c.c. non si
concreta semplicemente quando l’operazione societaria risulti dettata da un interesse della
maggioranza dei soci, essendo invece indispensabile che questo interesse contrasti con quello della
società, risolvendosi in un danno della stessa
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LE MASSIME
Sentenza Tribunale di Milano del 14 Maggio 1992, in “Giur. Comm.”,
1992, II, pag. 988.
La fusione fra società acquirente e società acquisita non comporta per le
società incorporata una operazione di prestito o di garanzia finalizzata a
fare acquistare sue azioni all’incorporante. Del pari non si può ravvisare
nella fusione una violazione indiretta del disposto di cui all’articolo 2358
del codice civile, non potendosi configurare la fusione come negozio in
frode alla legge
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LE MASSIME
Sentenza della Corte di Giustizia Europea, sez. V, del 18 dicembre 199,
procedimento C-286/94 e C-340/95.
L’art. 18, n. 4, della Direttiva 17 maggio 1977, n. 388, non osta, in linea
di principio, a provvedimenti nazionali che consentano alle competenti
autorità fiscali di trattenere, a titolo conservativo, gli importi di IVA da
restituire, qualora esistano indizi di frode fiscale o qualora tali autorità
facciano valere un credito di imposta sul valore aggiunto che non
risulta dalle dichiarazioni del soggetto passivo e che quest’ultimo
contesta
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LE MASSIME
Sentenza della Corte di Cassazione, sezione tributaria, n. 22023 del 22
giugno 2006 (dep. Il 13.10.2006).
Gli accordi infragruppo fra una società estera e la società controllata
italiana il cui capitale sia quasi integralmente posseduto dalla società
italiana non sono regolati dalla legge italiana bensì dalla Convenzione di
Vienna dell’11 aprile 1980 (ratificata e resa esecutiva con L. 11 dicembre
1985, n. 765). Di conseguenza, non è necessaria la forma scritta per i
contratti di vendita infragruppo e le loro clausole. Perciò il giudice di
merito può ritenere che una direttiva emanata dalla casa-madre
costituisca prova della sussistenza di un accordo secondo cui le spese di
riparazione dei veicoli commercializzati dal gruppo fanno carico alla
società nazionale venditrice e non alla società statunitense produttrice dei
veicoli stessi (determinando così un minor reddito imponibile per la
società italiana).
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LE MASSIME
Sentenza commissione tributaria provinciale di Pisa, sezione 3, n. 77/03/01 del 27 Giugno 2001.
Definizione errore formale
L'art. 10, comma 3, della L. n. 212 del 2000 prevede, tra l'altro, la non punibilità di quei comportamenti che si traducono in una "mera
violazione formale senza alcun debito d'imposta". In attuazione di tale previsione, la disposizione recata dal comma 5-bis dell'art. 6 del D.Lgs.
n. 472 del 1997 stabilisce, come già detto, che non sono punibili le violazioni che, oltre a non incidere sulla determinazione della base
imponibile, dell'imposta e sul versamento deltributo, non pregiudicano l'attività di controllo dell'Amministrazionefinanziaria. Resta, invece,
punibile ogni altra violazione che sia di ostacolo all'attività di controllo. Ai fini della non punibilità della commessa violazione, le condizioni
negative appena richiamate devono intendersi alternative e non concorrenti, con la conseguenza che non può configurarsi una violazione
meramente formale ove manchi in concreto una sola di esse. La natura meramente formale è più spesso ravvisabile nelle violazioni di norme
tributarie punibili con sanzioni amministrative stabilite in misura fissa, non legata cioè all'ammontare del tributo. In relazione a tali
violazioni, è stato posto il problema circa l'individuazione del momento in cui occorre stabilire se esse siano state o meno di ostacolo
all'esercizio del potere di accertamento. In altre parole, se il giudizio sulla natura meramente formale della violazione debba essere compiuto
in astratto (vale a dire a priori sulla sola base delle caratteristiche proprie di un fatto illecito) ovvero in concreto (vale a dire a posteriori in
base all'effettiva incidenza dell'illecito sulla determinazione del tributo o sull'attività di controllo).
Al riguardo, si ritiene che gli uffici debbano valutare in concreto (a posteriori), nei singoli casi specifici, se gli illeciti commessi abbiano
determinato pregiudizio all'esercizio dell'azione di controllo. Per effetto di quanto appena chiarito, si può verificare che violazioni
potenzialmente idonee ad incidere negativamente sull'attività di controllo, come, ad esempio, le irregolarità formali relative al contenuto delle
dichiarazioni di cui all'art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997, non siano punibili, essendo risultato in concreto che le stesse, anche per
effetto dell'eventuale regolarizzazione delle medesime, non abbiano ostacolato l'azione dell'ufficio.
Quanto sopra premesso, va rilevato che l'esimente in esame non torna applicabile per quelle violazioni, pur sempre formali, aventi ad oggetto
la presentazione, entro termini predeterminati normativamente, di atti che, per definizione, sono soggetti a controllo. Tra queste violazioni,
che continuano ad essere sanzionabili, si possono annoverare quelle connesse all'obbligo di presentazione di dichiarazioni entro determinate
scadenze (ad esempio: omessa presentazione della dichiarazione dei redditi nel caso in cui non sono dovute imposte, la cui sanzione è prevista
dall'art. 1,comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. n. 471 del 1997; omessa presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta se le
ritenute relative ai compensi, interessi ed altre somme sono state interamente versate, sanzionata ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.Lgs. n.
471 del 1997; omessa presentazione della dichiarazione annuale Iva allorché il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è
dovuta l'imposta, ovvero omessa presentazione della dichiarazione periodica Iva o quella prescritta dall'art. 50, comma 4, del D.L. 30 agosto
1993, n. 331, la cui sanzione è prevista dall'art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 471 del 1997). Sono, inoltre, sanzionabili tutte le violazioni per le
quali l'esistenza del pregiudizio all'attività di controllo è palese per essere quest'ultima già iniziata. Così, sempre a titolo esemplificativo, le
violazioni consistenti nella mancata o tardiva restituzione di un questionario inviato al contribuente o nell'inottemperanza all'invito a
comparire in ufficio, pur dovendosi considerare di natura formale (in quanto non incidenti direttamente
sull'imponibile, sull'imposta o sul versamento della stessa), continuano ad essere sanzionabili ai sensi dell'art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471
del 1997, poiché arrecano sempre pregiudizio alla già avviata attività di controllo. Parimenti, è punibile l'omessa tenuta delle scritture
contabiliprescritte dalle leggi in materia di imposte dirette e Iva e il rifiuto da parte del contribuente della citata documentazione richiesta in
sede di accessi eseguiti ai fini dell'accertamento delle stesse imposte.
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Sentenza Commissione Tributaria di I grado di Trento, sez. II, 31/01/2007, n.
85
Si è in presenza di violazioni dalle quali non deriva un’incidenza sulle
risultanze delle liquidazioni periodiche IVA quando il contribuente, pur non
avendo provveduto in toto agli adempimenti prescritti ai fini IVA, avrebbe
dovuto eseguire formalità che, complessivamente considerate, portavano ad
azzerare l’imposta dovuta poiché il debito derivante dall’annotazione nel
registro delle vendite sarebbe stato neutralizzato dalla contemporanea
annotazione nel registro degli acquisti. Considerato, infatti, il carattere
trasparente e neutro dell’IVA, deve ritenersi che le violazioni, come quelle del
caso deciso, consistenti nella omessa integrazione delle fatture ricevute e
mancata emissione delle autofatture nonché omissione di ogni relativa
registrazione, in quanto omissioni di adempimenti formali e privi di rilievo
nella determinazione del tributo dovuto per effetto della neutralità derivante
dalla doppia annotazione nei registri IVA, non comportino alcuna
conseguenza sul piano impositivo. Di conseguenza, in tali ipotesi non
possono essere applicate le sanzioni per omessa registrazione sui registri IVA
e quelle per infedele dichiarazione che presuppongono, nella determinazione
del quantum, l’esistenza di una maggiore IVA recuperata.
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Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 12 luglio 2001,
procedimento C-262/99.
Gli stati membri sono tenuti ad esercitare questa competenza nel
rispetto del diritto comunitario e del suoi principi generali e, di
conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità. Infatti, le
misure amministrative o repressive non devono esulare dai limiti di
quanto strettamente necessario agli obiettivi perseguiti, e una sanzione
non deve essere così sproporzionata rispetto alla gravità
dell’infrazione da risolversi in un ostacolo alle libertà sancite dal
Trattato.
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Sentenza della Cassazione Civile, Sezione Tributaria, n. 21953 del
19/10/2007.
In tema di accertamento dell’I.V.A., qualora, L’Amministrazione
fornisca validi elementi di prova per affermare che alcune fatture sono
state emesse per operazioni inesistenti, è onere del contribuente
dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni, tenendo presente,
tuttavia, che l’Amministrazione non può limitarsi ad una generale ed
apodittica non accettazione della documentazione del contribuente,
essendo suo onere quello di indicare specificatamente gli elementi,
anche indiziari, sui quali si fonda la contestazione ed il giudice di
merito deve prendere in considerazione tali elementi, senza limitarsi a
dichiarare che essi esistono e sono tali da dimostrare la falsità delle
fatture (nella specie, la S.C. cassato con rinvio la sentenza del giudice
tributario che, pur in presenza di un provvedimento penale di
archiviazione emesso dal p.m., aveva accolto le ragioni
dell’Amministrazione – così come risultanti da un processo verbale di
constatazione, secondo cui le fatture erano relative ad operazioni –
senza valutare in alcun modo, nel quadro indiziario complessivo,
l’esito favorevole per il contribuente dovuto al provvedimento
di archiviazione).
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Sentenza della Cassazione Civile, Sezione I, n. 7867 del 22/08/1997.
In tema di imposte sui redditi, ai fini della determinazione del reddito
di impresa, è onere del contribuente e non dell’ufficio finanziario
documentare l’esistenza dei costi deducibili, trattandosi di una
componente negativa del reddito la cui effettività deve essere
dimostrata dal contribuente tramite la contabilità di cui egli, e non
l’ufficio, dispone. Una volta dimostrata l’esistenza della voce addotta
come costo (e discorso analogo vale per le rimanenze o giacenze),
spetterà all’ufficio – che intenda rettificare il reddito provando la
diversità dei corrispettivi reali da quelli dichiarati – spiegare le ragioni
per le quali quella voce debba considerarsi indeducibile, perché, ad
esempio, non di competenza dell’esercizio o non inerente l’attività di
impresa.
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Sentenza della Commissione Tributaria di Pisa, Sezione II, n. 52 del
26/02/2007.
La disciplina tributaria in materia di ammortamento anticipato
richiede che il bene abbia una vita produttiva autonoma e distinta da
quella di altri beni strumentali. E’ dunque illegittimo l’accertamento
con conseguente disconoscimento del costo deducibile formulato
dall’Amministrazione finanziaria fondato su tale erroneo presupposto.
La ratio delle disposizione di cui all’art. 76 (ora 110) del Tuir è quella
di evitare che all’interno di un gruppo vengano posti in essere
trasferimenti di utili tramite l’applicazione di prezzi inferiori al valore
normale dei beni ceduti, al fine di sottrarli alla tassazione in Italia in
favore di tassazioni estere inferiori. L’onere della prova, in ordine
all’applicabilità della disciplina grava sull’Amministrazione
finanziaria la quale è chiamata a dimostrare che la differenza tra il
prezzo praticato soggetti infragruppo comparato alle condizioni di
mercato ordinaria non trovi adeguata giustificazione economica.
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Sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, Sezione
XXXIV, n. 342 del 04/02/1998.
Nelle operazioni tra società non residenti controllate o controllanti la
valutazione al valore normale dei beni trasferiti implica, ai sensi
dell’art. 9 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, un’accurata indagine
ed analisi critica da parte dell’ufficio ed un effettivo confronto con i
prezzi praticati dalle imprese concorrenti per i beni della medesima
specie o similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo
stadio di commercializzazione. L’affermazione che il prezzo praticato
dalle parti non rispecchia il “valore normale”, se non supportata da
alcun elemento di prova, si risolve in una mera enunciazione di
principio ed in una ingiustificata intrusione nella determinazione dei
prezzi inter partes.
Per l’individuazione del tasso di interesse normale applicabile ai muti
fra società collegate appartenenti a paesi diversi si deve fare
riferimento al mercato dove sono stati raccolti i fondi oggetto del
prestito, avendo riguardo altresì ad altri fattori rilevanti quali
l’ammontare del prestito, la durata, la posizione finanziaria del
mutuante, la moneta di computo, i rischi di cambio.
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Sentenza della Cassazione Civile, Sezione V, n. 7080 del 14/04/2004.
In caso di possibilità di fornire due interpretazioni alternative della disposizione
(nella specie: l’art. 25 D.L. n. 513 del 1992, applicabile”ratione temporis”, non
convertito, ma il contenuto è stato reiterato con altri DD.LL. fino al D.L. n. 331 del
1993, convertito nella L. n. 427 del 1993, i cui effetti sono stati salvaguardati con
apposita disposizione, che ha abrogato il sistema degli abbuoni,già stabilito, in
misura percentuale differenziata in relazione al numero di anni di invecchiamento,
dall’art. 7 del D.L. n. 142 del 1950, ed espressamente mantenuto in vigore dall’art. 1
D.L. n. 854 del 1971, convertito nella L. n. 1039 del 1971), deve essere preferita
quella che non comporti la retroattività della misura fiscale più sfavorevole, in
considerazione del principio generale dell’ordinamento tributario posto dall’art. 3
dello Statuto del contribuente, di cui alla L. n. 212 del 2000 (nella specie: con
riguardo alla quantità di acquavite prodotte anteriormente ad essa, anche se estratta
e posta in commercio dopo di essa, secondo una applicazione del tributo su una
fattispecie a formazione successiva). Infatti, il cd. Statuto del contribuente ha inteso
attribuire alle proprie disposizioni (e tra queste a quella sulla irretroattività delle
leggi fiscali) il valore dei principi generali dell’ordinamento tributario, con una
autoqualificazione che dà attuazione che dà attuazione alle norme costituzionali
richiamate dallo Statuto, e che costituiscono orientamento ermeneutico ed applicativo
vincolante nell’interpretazione del diritto, cosicché qualsiasi dubbio interpretativo o
applicativo deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme a questi
principi, a cui la legislazione tributaria, anche antecedente allo Statuto, deve essere
adeguata .
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Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 77/E-45808 del 03/08/2001.
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Sentenza della Commissione Tributaria Centrale n. 1971 del
01/02/1990.
Nel sistema del contenzioso tributario, a mente dell’art. 39 del D.P.R.
26 ottobre 1972, n. 636, trova applicazione la disposizione dell’art.
116, comma 2, del codice di procedura civile, e, pertanto, è consentito
alle Commissioni tributarie desumere argomenti di prova dal contegno
delle parti nel processo.
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Sentenza della Cassazione Civile, n. 10257 del 21/04/2008.
In tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito
d'impresa, ricade sul contribuente l'onere di dimostrare l'inerenza all'attività di
impresa delle singole spese affrontate; ed il giudice di merito nel valutare se
questa prova sia stata fornita deve prendere in esame la funzione dei beni e dei
servizi acquisiti, prescindendo dall'entità della spesa e dalla circostanza che i
versamenti siano stati erogati ad un soggetto diverso dal contribuente, il quale
abbia a sua volta provveduto alla acquisizione dei beni o alla organizzazione
dei servizi. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bologna, 11 Giugno 2002).
In tema di imposte sul reddito di impresa, non hanno efficacia nei confronti
della amministrazione finanziaria quegli atti posti in essere dal contribuente che
costituiscano "abuso del diritto", cioè che si traducano in operazioni compiute
essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale; ed incombe sul
contribuente la prova della esistenza di ragioni economiche alternative o
concorrenti di carattere non meramente marginale o teorico che siano idonee
ad escludere l'abusività. (Nella specie, il S.C. ha ravvisato l'uso distorto del
meccanismo del credito di imposta collegato a minusvalenze derivanti da un
contratto di usufrutto di azioni, immune da invalidità, stipulato tra la società
contribuente e una società avente sede all'estero). (Cassa con rinvio, Comm.
Trib. Reg. Bologna, 11 Giugno 2002)
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Sentenza della Cassazione Civile, Sezione V, n. 5712 del 12/03/2007.
In tema di condono fiscale, la sanatoria di cui all’art. 19-bis del
decreto legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito con modificazioni
dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, essendo subordinata alla condizione
che la violazione non rilevi ai fini della determinazione del reddito e
dell’IVA, non trova applicazione nell’ipotesi di omessa
autofatturazione di operazioni intercorse con un soggetto non residente
e privo di stabile organizzazione in Italia: poiché, infatti, gli
adempimenti di cui agli artt. 17, terzo comma, e 25, quarto comma, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 sono correlati al procedimento di
determinazione del reddito d’impresa, consentendo di procedere
all’accertamento dello stesso, tale violazione, neurale ai fini dell’,IVA,
attesa la non imponibilità delle predette operazioni, interrompe il
meccanismo di applicazione delle imposte sul reddito, e pertanto non
ha carattere meramente formale, bensì sostanziale. (Cassa con rinvio,
Comm. Trib. Reg. Milano, 21 Aprile 2000).
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Sentenza della Cassazione Civile, Sezione V, n. 5268 del 10/03/2005.
In tema di IVA, l’art. 41, comma sesto, D.P.R. n. 633 del 1972 (nel testo in
vigore “ratione temporis”, anteriore all’intervento abrogativo e sostitutivo
operato dal D.Lgs. N. 471 del 1997), nel disporre che al cessionario di beni o
committente di servizi si applichino, in caso di omessa o irregolare fatturazione
e mancata regolarizzazione, “le pene pecuniarie previste dai primi tre commi,
oltre al pagamento dell’imposta”, considera tale prelievo, compreso quello di
importo pari all’imposta, quale sanzione, ferme restando le obbligazioni verso
l’erario del cedente di beni o prestatore di servizi per l’imposta, le sanzioni a
suo carico e le dichiarazioni annuali. Pertanto, virtù del principio di legalità
stabilito dall’art. 3, comma terzo, D.Lgs. N. 472 del 1997, anche riguardo a
detto prelievo, qualificato “pagamento dell’imposta” dall’art. 41 D.P.R. n. 633
del 1972, citato, si applica la norma posteriore, più favorevole al contribuente
(In applicazione di tale principio, la Corte ha accolto il ricorso del contribuente
contro la sentenza di merito, che aveva disatteso le sue deduzioni in ordine al
silenzio tenuto dall’Amministrazione finanziaria con riguardo alla richiesta di
rimborso delle somme versate ai sensi dell’art. 41, comma sesto, D.P.R. n. 633
del 1972, che era stato abrogato dall’art. 16, comma primo, lett. A), del D.Lgs.
N. 471 del 1997 e sostituito dall’art. 6 dello stesso D.Lgs. N. 471 del 1997,
previsione quest’ultima più favorevole al contribuente).
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Sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, n. 15774 del
13/05/2005.
L’art. 41, comma 5, lettera b), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
(riformulato dal D.P.R. 29 gennaio 1979, n. 24 e dall’art. 1 del D.L. 2
Marzo 1989, n. 69, convertito in L. 27 aprile 1989, n. 154, poi abrogato
dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e sostituito dalla disposizione dell’art.
6 di quest’ultimo), in base al quale il cessionario di un bene o il
committente di un servizio, ricevendo fattura irregolare, è tenuto a
“regolarizzare l’operazione”, con la presentazione di un documento
integrativo contenente tutte le indicazioni prescritte dall’art. 21 e con il
versamento dell’imposta dovuta (cosiddetta “autofatturazione”), restando
soggetto, in caso di omissione, a sanzione pecuniaria,implica l’obbligo di
supplire alle mancanze commesse dall’emittente in ordine
all’identificazione dell’atto negoziale ed alla notizia dei dati di fatto
fiscalmente rilevanti, non anche di controllare e sindacare le valutazioni
giuridiche espresse dall’emittente medesimo (quindi, la società, che abbia
ricevuto in locazione dei locali da un Consorzio portuale, non è tenuta a
procedere ad autofatturazione, qualora il Consorzio non ritenga di
assoggettare ad IVA i relativi canoni).
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Sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, n. 1540 del 26/10/2006.
L'onere di contestazione (col relativo corollario del dovere, per il giudice, di ritenere non
abbisognevole di prova quanto non espressamente contestato) è principio generale che informa il
sistema processuale (e perciò anche il processo tributario) poggiando le proprie basi non soltanto
sul tenore degli artt. 416 e 167 del codice di procedura civile, bensì anche sul carattere dispositivo
del processo - comportante una struttura dialettica a catena -, sulla generale organizzazione per
preclusioni successive - che, in misura maggiore o minore, caratterizza ogni sistema processuale sul dovere di lealtà e probità posto a carico delle parti dall'art. 88 del codice di procedura civile che deve ritenersi applicabile anche al processo tributario in virtù del rinvio di cui all'art. 1 del
D.Lgs. n. 546/1992 - ed infine, soprattutto, sul generale principio di economia che deve sempre
informare il processo, vieppiù alla luce del novellato art. 111 della Costituzione. Né l'applicazione
del suddetto principio incontra ostacoli nelle peculiarità del processo tributario, quali il carattere
eminentemente documentale dell'istruttoria e la ritenuta non applicabilità in materia della
disciplina di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo (nel caso di specie la
Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse erroneamente escluso che il contribuente avesse
esercitato l'attività di autotrasporto, nonostante tale circostanza affermata dal contribuente non
fosse mai stata contestata dall'Amministrazione). (1) Il principio costituzionale della ragionevole
durata del processo deve ritenersi rivolto non soltanto, in funzione acceleratoria, al giudice quale
soggetto processuale ma anche e soprattutto al legislatore ordinario ed al giudice quale interprete
della norma processuale (in quanto una lettura "costituzionalmente orientata" delle norme che
regolano il processo non può prescindere dal principio in esame, che esprime un canone
ermeneutico valevole per ogni disciplina processuale) oltre che a tutti i protagonisti del processo
(ivi comprese le parti, che, specie nei processi caratterizzati da una difesa tecnica, devono
responsabilmente collaborare a circoscrivere tempestivamente i fatti effettivamente controversi),
senza che la mancata applicabilità della disciplina in materia di equa riparazione al processo
tributario possa indurre ad escludere che il precetto sancito dal novellato art. 111 della
Costituzione sia applicabile anche al processo tributario. (principio affermato in relazione
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Stralcio della sentenza della Corte di Cassazione, n. 16097 del
20/07/2007.
....Evidenzia assoluta insufficienza della valutazione del peculiare caso
compiuta dal giudice tributario in appello – la cui decisione sul punto deve
essere, pertanto, cassata – atteso che lo stesso, da un lato, ha affermato che
dalla fusione contestata è derivato «un notevole» (ma non meglio
precisato) «vantaggio fiscale per la contribuente» e, dall’altro, ha ritenuto
insussistente l’elusione denunziata dall’ufficio erariale sulla base della
mera enunciazione delle “motivazioni” dell’operazione addotte dalla
contribuente (...);
Senza prima accertare (rendendone conto in motivazione), come dovuto,
l’effettiva sussistenza, da un lato, di concreti elementi dimostrativi di quelle
“motivazioni” nonché del loro valore economico e, dell’altro, dell’entità
del vantaggio fiscale (…) eventualmente conseguito e indi operare un
esame globale della situazione concretamente accertata al fine di verificare
che la “ragione economica” per la quale la fusione è stata operata
trascenda effettivamente la «ricerca di un’agevolazione puramente fiscale»
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Sentenze della Corte di Cassazione Civile, Sezione V, n. 22023 del
13/10/2006 e n. 11226 del 16/05/2007 da “fisco nel mondo”.
Ancora in merito all’abuso di diritto
ATTENZIONE!!!! DELLA 22023 PARLAIMO
ANCHE NELLA SLIDE N. 54
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Sentenza della Cassazione Civile, Sezione III, n. 5733 del 20/05/1993.
L’onere probatorio del convenuto, di contenuto contrario a quello
dell’attore, sorge in concreto solo quando quest’ultimo abbia fornito la
prova dei fatti posti a fondamento della domanda, con la conseguenza
che l’insufficienza della prova con cui il convenuto abbia inteso
confortare le contestazioni delle pretese dell’attore non vale a
dispensare quest’ultimo dell’onere probatorio a suo carico, salvo,
peraltro, il principio, di generale applicazione, per cui i fatti allegati
da una parte possono essere considerati pacifici, sì da potere essere
posti a base della decisione, non solo quando siano stati esplicitamente
ammessi dalla controparte, ma anche quando questa non li contesti
specificatamente ed imposti altrimenti il proprio sistema difensivo
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Sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Bari, Sezione XIV,
n. 67 del 23/05/2008.
La disposizione di cui all’art. 12 dello Statuto dei diritti del
contribuente - la quale stabilisce il termine iniziale per l’emissione e
notificazione dell’avviso di accertamento in dipendenza del contenuto
di un processo verbale di constatazione, salvo comprovate e motivate
esigenze di urgenza - costituisce norma di carattere imperativo e non
richiede, in virtù di detta natura, una comminatoria espressa di nullità
del provvedimento. Conseguentemente, l’anticipata notificazione
dell’avviso di accertamento conduce alla declaratoria di illegittimità
dell’atto impositivo, essendo la norma in parola espressione di principi
costituzionali, di cui lo Statuto è diretta attuazione, ed essendo leso il
diritto del contribuente all’instaurazione di un contraddittorio
amministrativo e pre-contenzioso volto a rendere edotta
l’Amministrazione finanziaria delle proprie doglianze, delle quali la
Medesima è chiamata a dare conto ex post in sede di motivazione
dell’avviso stesso, giusta il principio di cooperazione e leale
collaborazione.
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Sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Trieste, Sezione XI, n. 9 del
20/02/2008.
Il rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente deve ritenersi
improntato al rigoroso ossequio ai princìpi della Carta costituzionale dei quali
le disposizioni di cui alla L. n. 212 del 2000 costituiscono espressione e diretta
applicazione. L’esercizio del potere di accertamento è subordinato
all’osservanza degli adempimenti previsti dal relativo procedimento fra i quali
figura il divieto di emissione e notificazione dell’atto impositivo anteriormente
al termine di sessanta giorni dalla redazione del p.v.c.; termine a disposizione
del soggetto verificato per la presentazione di memorie difensive al competente
ufficio finanziario. Conseguentemente, l’anticipata notificazione al contribuente
dell’avviso di accertamento comporta vulnus al principio di leale
collaborazione e vizio di illegittimità dell’atto per carenza di potere. L’avviso di
accertamento, agli effetti del combinato disposto dell’art. 12, comma 7, L. n.
212/2000 e dell’art. 21-septies, L. n. 241/1990, costituisce fattispecie a
formazione progressiva la cui validità ed efficacia è condizionata alla
sussistenza di tutti gli elementi costitutivi previsti dalla legge. Deve pertanto
comminarsi la nullità/inesistenza giuridica all’atto, ancorché non
espressamente stabilita dalla norma dello Statuto del contribuente, per
l’inidoneità dell’avviso di accertamento a spiegare efficacia per incompletezza
della fattispecie.
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE!
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17-4-2007-0014