Nel segno di Darwin
(Spilimbergo - 2 febbraio 2010)
EVOLUZIONE:
La Parola della Scienza
e la Parola della Fede
… per iniziare
 […]Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione
della vita con le sue molte capacità, che inizialmente
fu data a poche forme o a una sola e che mentre il
pianeta seguita a girare secondo la legge
immutabile della gravità, si è evoluta e si evolve,
partendo da inizi così semplici, fino a creare infinite
forme estremamente belle e meravigliose. […]
(Charles Darwin)
(… il linguaggio darwiniano è quasi lirico)
La Metodologia
 Dovendo stare con voi solo in questo incontro,
necessariamente la sintesi richiesta lascerà delle
insoddisfazioni teoriche e conoscitive.
 Cercheremo di rimediare proponendo uno schema
eminentemente dialogico e di raffronto tra la
scienza naturale e la sua epistemologia, e la fede
teologale, che possiede una propria epistemologia,
e soprattutto cercando di rigorizzare la terminologia
utilizzata.
 Ho fornito agli organizzatori una breve bibliografia.
La Scienza
 Nella cultura occidentale la parola “scienza” risale a
circa 2500 anni fa, ed in greco si diceva ε̉πιστήμη
(epistème): usavano il termine i “presocratici”,
Socrate, Platone, Aristotele, stoici, etc..
 Nell’antichità classica con epistème si intendeva ogni
sapere umano legato alla natura φύσις (fùsis) e
all’uomo ά̉νθροπος (àntropos).
 Il sapere umano concerneva tutti gli aspetti della vita
individuale, familiare e collettiva, e di solito era
trasmesso oralmente e mediante le scuole.
La Scienza e la Sapienza
 Accanto alla parola “scienza” gli antichi della
Tradizione, sia ellenistica, sia vicino-orientale (o
biblica), utilizzavano la parola “sapienza” σοφία
(sofìa, hokmà in ebraico), da cui il lemma filosofìa, cioè “amore per la sapienza”.
 La filosofia si è imposta subito come un sapere
generalista e comprensivo di ogni epistemologia.
 In particolare, con la metafisica (od ontologia)
classica si è fondata la “scienza dell’essere”.
La Filosofia della Natura
 Dal periodo ellenistico, per tutto il Medioevo si è intesa la
“scienza” come una conoscenza legata alla Tradizione
giudaico-cristiana, in base a una cosmologia di tipo biblico,
e a un naturalismo ispirato alla filosofia della natura di
matrice classica (testi e autori principali: Timeo di Platone,
Fisica di Aristotele, le opere di Porfirio, De Rerum Natura
di Lucrezio, le opere di Democrito, Nemesio di Apamea,
etc.).
 Si può dire che tra questi Platone e Aristotele, e i loro
discepoli, erano “finalisti” o “causalisti”, mentre Democrito.
Lucrezio, Empedocle e altri erano “casualisti”.
La Scienza evolve
 La parola “scienza” ha cominciato ad assumere il significato
moderno con Bacon, Galilei e Newton, quando la
rivoluzione filosofica cartesiana (dal “cogito ergo sum”) e la
rivoluzione scientifica galileiana (epistemologia deduttiva)
ha posto l’uomo come soggetto primario e attivo della
conoscenza, misconoscendo all’ontologia classica un ruolo
gnoseologico fondativo, anche perché scaduta in una
metafisica ripetitiva e stantia, molto distante
dall’impostazione di Tommaso d’Aquino (più
intellettualista) o di Bonaventura da Bagnoregio e Giovanni
Duns Scoto (in questi due più volontarista).
La Filosofia della Scienza
 Oggi, però, bisogna intendersi bene sul concetto di
“scienza”.
 Una proposta (verificabile) di significato: “(scienza è)
conoscenza certa ed evidente di un enunciato in forza del
suo perché proprio, adeguato e prossimo”.
 E’ “scienza”, dunque, qualsiasi sapere epistemologicamente
fondato su un sistema deduttivo-induttivo, progressivo ed
approssimativo, indipendentemente dalla disciplina
trattata, spettando solo alla matematica classica la
condizione di incontrovertibilità logica, in quanto fondata
sulla convenzione numerica e sul rigoroso procedere del
principio di non contraddizione.
La Scienza e la Filosofia
 Uno dei problemi che l’uomo contemporaneo deve
risolvere, ancor prima del dilemma scienza/fede, è quello,
dunque, di una dicotomia radicale tra le accezioni comuni
di “sapere scientifico” e “sapere filosofico”, il secondo dei
quali non avrebbe, secondo il senso comune, carattere di
probatorietà analogo e tantomeno altrettanto denso del
primo;
 ne conseguirebbe che, a maggior ragione, godrebbe di
ancora minore plausibilità un pensiero religioso in tema di
conoscenza del mondo e delle sue leggi.
La Scienza e l’Ideologia
 Un altro tema è quello relativo all’ideologia: questo
termine, nato durante la Rivoluzione Francese,
rischia talora di essere erroneamente utilizzato in
luogo di filosofia o di scienza;
 l’ideologia, come strutturazione del pensiero, in
quanto collegata all’idealismo filosofico e
all’utopismo, se non vigilata, rischia di far perdere
il percorso razionale logico-argomentativo.
La Scienza e la Bibbia
 In ogni caso, nel XVII secolo, Galileo stesso, nel
corso della sua complessa vicenda scientificoprocessuale, ha ben chiarito che nella Bibbia “(…)
l'intenzione dello Spirito Santo essere d'insegnarci
come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo”.
(dalla Lettera scritta dal Galilei a Maria Cristina di Lorena,
Granduchessa di Toscana nel 1615)
La Cosmologia e l’Evoluzione
Prima di continuare il nostro percorso conoscitivo pare
utile porsi un quesito: se sia il caso di mantenere una
certa terminologia tradizionale. Ci sembra di sì.
Pertanto, può e quindi deve essere posto un discorso
razionale sull’evoluzione, sull’ontogenesi e sulla
cosmologia, poiché correlate strettamente e
concettualmente:
oggi è dunque ragionevole proporre un’ipotesi
cosmologica che contenga una ontogenesi evolutiva.
La Rivoluzione filosofica e scientifica
 Sulle basi della rivoluzione filosofica cartesiana e della
rivoluzione galileiana, nel XVIII secolo, con l’Illuminismo
(degli Enciclopedisti francesi) e l’Empirismo (Locke, Hume,
Berkeley) vengono poste le basi per una lettura della
Tradizione filosofica e biblica non più letteralista, ma
basata sull’interpretazione, sulla critica (Kant), separando
la metafisica classica dalla scienza.
 Vedremo successivamente come tale distacco radicale abbia
causato alcune negatività gnoseologiche.
L’Origine dell’Uomo
 Siamo al dunque, allora, circa la domanda
sull’origine dell’uomo, come animale
razionale (coscienza riflessa e riflettente) e
provvisto di senso etico, domanda che
interpella un considerevole plesso
interdisciplinare filosofico, biologico ed
antropologico. La questione dell’evoluzione non
data primariamente dalle ricerche di Darwin e
Lamarck. È stata posta ben prima, sia pure
indirettamente, proprio con il superamento della
lettura letteralista della sacra Scrittura.
Carlo Linneo (1707 - 1778)
 Carlo Linneo, circa verso la metà del ‘700 concepì un
criterio empirico di classificazione molto semplice e molto
potente: è a Linneo che si deve il modello dicotomico che
ancora oggi è utilizzato da naturalisti e biologi. A fare da
elementi portanti, da unità fondamentali del suo sistema di
classificazione, Linneo pose i generi e le specie, che
concepì come entità reali, fisse, suscettibili solo di
modificazioni transitorie e secondarie.
 Linneo diceva: “Tot numeramus species quot ab initio
creavit Infinitum Ens”.
Jean B. de Lamarck (1744 - 1829)
 Lamarck partì dal concetto che le specie non fossero fisse
(come pensava Linneo), ma capaci di adattarsi
all’ambiente. Colse anche la presenza di alcune
caratteristiche costanti nelle varie specie, che
successivamente sono state chiamate “genetiche”.
 Ipotizzò un primo schema di ereditarietà e di
adattatività all’ambiente delle varie specie.
 Weismann, però, dimostrò mezzo secolo dopo che i
caratteri acquisiti non sono ereditari.
 Il merito di Lamarck fu però quello di rendere la biologia
scienza utonoma dalla filosofia e dalla teologia.
Charles Darwin (1809 - 1882)
 Darwin comprese che le variazioni nelle singole
specie viventi fossero minuscole e continue,
anche se non influenzate dall’ambiente, e
ubbidissero a … leggi casuali.
 A ciò aggiunse il paradigma della selezione
naturale, secondo la quale le varie specie si
affermano in base alla loro forza intrinseca.
 Il suo schema era quello di un albero da cui si
dipartono molti rami irregolari, come anche accade
nei coralli.
Gregor Mendel (1822 - 1884)
 Il pensiero darwiniano presentava però alcuni problemi,
primo dei quali quello della variabilità. Al suo tempo, la
biologia non poteva far conto della scienza che studia
l’ereditarietà, cioè la genetica.
 Gregor Mendel, monaco agostiniano moravo, descrisse le
modalità con cui i caratteri materni e paterni vengono
ereditati dalla prole, caratteri che non hanno nulla di vago.
Le successive scoperte permisero di identificare nel DNA la
molecola portatrice dell’informazione ereditaria e nei geni
(segmenti di DNA) le particelle materiali recanti
l’informazione di ogni singolo carattere.
Il Neodarwinismo (1920 - 1950)
 L’innesto delle nuove teorie di biochimica e biologia
molecolare, asse costitutivo del cosiddetto
neodarwinismo, teorie che raccoglie attualmente i
maggiori consensi, però, ha teso a riconfermare il dato di
una sostanziale casualità degli eventi evolutivi: il
vivente varierebbe in modo anarchico e condizionato
sostanzialmente dall’ambiente, il quale eliminerebbe gli
individui più deboli.
 La difficoltà maggiore che si individua riguarda la
confusione fra questa teoria e l’evoluzione vera e propria,
che si presenta con una complessità non riassumibile in
una sola teoria.
Il Pluralismo teorico odierno
 Occorre infatti tenere presente che:
 A) tutti i viventi, anche i più complessi, discendono da uno
o più progenitori comuni, particolarmente semplici, i
batteri;
 B) nel corso di tale discendenza si è verificata la
diversificazione dei viventi,
 C) la diversificazione dei viventi è stata accompagnata da
un aumento di complessità e di evoluzione.
 Negli ultimi decenni si sono sviluppate teorie ulteriori,
come il costruttivismo, il neolamarckismo e l’evoluzione
punteggiata.
I rischi delle nuove teorie I
 Come non è accettabile un ritorno puro e semplice a Linneo, in nome di
una lettura letteralista e fondamentalista della Scrittura, già superata
dalle Scienze bibliche (cf. i prodromi agostiniani e origeniani) da
almeno tre secoli, può essere rischioso, anche da un punto di vista
scientifico, se per scienza intendiamo ciò che si è detto più sopra,
escludere in via prioritaria ogni ipotesi finalistica, che non
appartiene comunque allo statuto epistemologico delle
scienze naturali, bensì allo statuto delle scienze filosofiche e
teologiche.
 Infatti, le scienze naturali debbono statutariamente rispondere ai
“come”, mentre spetta alla filo-sofia (e alla teo-logia) cercare di
esplorare le risposte ai “perché”.
I rischi delle nuove teorie II
 La negazione “scientifica” di qualsiasi finalità porta poi a
negare qualsiasi legge o logica del vivente.
 È strano, ma secondo il neodarwinismo (che ha mentori e
autori come Pievani, la Hack, Dawkins, e divulgatori come
Piero Angela), la scienza non dovrebbe neppure chiedersi se
vi siano leggi preposte al mondo della vita, ma limitarsi a
registrare empiricamente i fenomeni, che accadrebbero per
pura e caotica casualità.
 Pare di poter dire che vi sia sotteso un qualche peccato di
ideologismo (?).
I limiti della teoria del “caso”
 Innanzitutto il termine “caso”, come significato,
non è sinonimo di “probabilità”,
 e, sia nella scienza deterministica classica, sia nella
statistica contemporanea “caso” significa
letteralmente “mancanza di intelligibilità”,
 terzo, il “caso” non è, quindi, in grado di
spiegare niente, né può esser considerato un
agente che facilita l’evoluzione.
 Si può dire che vi è qualche problema, forse?
Il “creazionismo”
 Sull’altro versante, specialmente in ambienti
protestanti fondamentalisti americani, ha preso
molto vigore una forma di “creazionismo”, per il
quale bisognerebbe tornare ad una interpretazione
letteralista dei primi due capitoli della Genesi,
interpretazione respinta perfino dai Padri della
Chiesa dei primi secoli.
 L’errore è analogo a quello dell’ideologismo
scientifico: dare risposte teologico-religiose a quesiti
scientifici.
Il “disegno intelligente”
 Si tratta di una teoria creazionista più raffinata.
L’errore commesso, però, è della stessa natura del
creazionismo, un errore di natura epistemologica:
non si può infatti chiedere alle scienze sperimentali
delle risposte che sono di eminente carattere
filosofico-teologico, cioè, il darsi o non darsi di Dio,
di un Ens Infinitum (Linneo), o di un Ipsum
Esse Subsistens (San Tommaso d’Aquino), e
perciò non afferenti le scienze empiriche.
 Il contrasto teorico corretto è dunque tra
evoluzionismo e fissismo.
L’Interpretazione della Bibbia I
 Dalla metà del XVIII secolo iniziò una nuova metodologia di lettura della
Bibbia, soprattutto a cura di alcuni filologi illuministi tedeschi e francesi
(Reimarus, Lessing, Simon, etc.). Costoro scelsero di interpretare la Scrittura
utilizzando,:
 A) da un lato i modelli dell’esegesi mutuata dall’allegoria e dalla
tipologia dell’esegesi ellenistica classica, per cui la Scrittura è Parola
ispirata all’autore umano dallo Spirito Santo, ma si esprime per metafore e
altre figure narratologiche, volendo Dio stesso che l’uomo giunga alla Verità
con le proprie forze; ed esistendo un rapporto figurato tra protagonisti ed
eventi del Primo Testamento, come Adamo, Abramo, Davide, il diluvio
universale, le guerre, le carestie, la malattia e la morte, etc., e personaggi e
storie del Nuovo Testamento, come Gesù di Nazareth, Maria sua madre, gli
apostoli, il battesimo di Gesù, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, i “segni” o
miracoli, etc.;
 B) dall’altro lato l’analisi storico-critica che utilizza la ricerca storica,
archeologica e delle scienze umane (sociologia, antropologia, etc.), che
sono da tenere in considerazione come dati di conoscenza fondamentali.
L’Interpretazione della Bibbia II
 L’ermeneutica biblica, dunque, fondata sulla lezione dei
grandi Padri occidentali (Ireneo, Girolamo, Agostino, etc.) e
orientali (Origene, i Cappadoci, il Crisostomo, etc.), non
ha mai temuto di non ritenere che la “lettera” del testo
sacro intendesse un senso e un significato immediatamente
evidente, veridico e plausibile appunto, alla lettera, secondo
lo schema della storiografia e della scienza moderne.
L’interpretazione spirituale, secondo questi esegeti,
doveva essere il fine dei perfecti, cioè dei cristiani che
volevano veramente, di tutto cuore, penetrare la Parola. Poi
la storia ci ha mostrato che le cose sono andate anche
diversamente, con il caso Galileo sopra tutti. Papa Giovanni
Paolo II ha chiuso una triste vicenda nella quale la Chiesa
cattolica non ha certo brillato.
Fissismo ed Evoluzionismo I
 Ma la questione, che nell’’800 era posta come
contrasto tra i cosiddetti “fissisti” creazionisti e gli
“evoluzionisti” darwiniani, sotto un certo profilo
rimane aperta al dibattito. Si tratta solo di porlo sul
piano epistemologicamente più corretto. Non vi è
infatti alcun contrasto fra l’evoluzionismo (più o
meno darwiniano) e una fede in Dio, poiché nulla e
nessuno vieta che le due “credenze” siano
contemperabili, essendo poste su piani cognitivi
ed intellettuali differenti.
Fissismo ed Evoluzionismo II
 La credenza nel dato scientifico è incontrovertibile
fino a che la scienza stessa con il suo metodo
deduttivo-induttivo non lo metta in questione. La
credenza in Dio è atto intellettuale volontario
(favorito dalla Grazia), che non preclude alcunché
alla ricerca dell’intelletto umano. La creazione
come atto divino non è assolutamente in contrasto
con l’evoluzione, essendo plausibile anche come
atto intellettivo-volontario (si fa per dire, usando il
linguaggio umano) continuo nella creazione stessa.
Fissismo ed Evoluzionismo III
 Si tratta del famoso detto scolastico del “sostegno
nell’essere” di tutte le creature. Spesso nella
Scrittura il testo è enigmatico e contorto, come
sanno bene i biblisti cristiani, gli esegeti giudaicotalmudici e i dottori musulmani, poiché anche la
vita e l’uomo stesso sono complessi, essendo
creature. La molteplicità e l’evoluzione, il divenire
e la storia sono tipici di ciò che è imperfetto,
mentre ciò che è perfetto e perfettamente (totus et
totaliter) auto-nomo non può essere che Dio. Ma
questa è questione di fede (e anche di ratio).
L’Origine della Vita I
 Sappiamo che la vita non può prescindere dalla cellularità.
 Occorrono delle proteine strutturate per certe funzioni e un
dove si deposti il patrimonio genetico, con una membrana
che separi e unisca tutto questo con il mondo circostante.
 È stata necessaria una lunga fase fisico-chimica, cioè
prebiotica.
 Trecento milioni di anni ci sono voluti per questa fase,
forse, dalle catastrofi iniziali fino alla comparsa delle prime
strutture viventi, circa tre miliardi e mezzo di anni fa.
L’Origine della Vita II
 Un’evoluzione chimica che ha proceduto per prove ed
errori?
 In laboratorio si è riusciti a creare degli aminoacidi e di
altre molecole organiche sottoponendo a scariche
elettriche una miscela di gas simile a quella che si ritiene
fosse stata quella delle origini.
 Qualcuno sostiene che, non essendovi stato tempo
sufficiente sulla terra per tutto ciò (fase pre-biotica), questi
composti primordiali sarebbero venuti dallo spazio
profondo, dalle stelle, e cioè che saremmo “figli delle stelle”
(Margherita Hack e … Alan Sorrenti).
L’Origine della Vita III
 Si trattava certamente di cellule simili a quelle dei
batteri (procariotiche, cioè sprovviste di un nucleo
chiaramente identificabile, come le nostre attuali
dette eucariotiche).
 Pare che le prime cellule con nucleo siano comparse
un miliardo e mezzo di anni fa.
 Poi vi è stato lo sviluppo pluricellulare, nelle varie
forme della vita, sviluppando quelli che abbiamo
chiamato noi umani: “regni”.
L’esplosione del Cambriano
 Ciò che la scienza biologica non è riuscita a spiegare
è come, dai resti fossili rinvenuti, circa 500 milioni di
anni fa, in qualche decina di milioni di anni (+ o 30?), si siano formati quasi tutti (una trentina) tipi
animali oggi esistenti.
 Da quel momento in poi è iniziato un lungo periodo
di evoluzione più lineare e relativamente lenta che ha
portato alla situazione attuale.
 Così la Natura si è preparata alla venuta dell’Uomo.
L’Evoluzione dell’Uomo I
 I primi resti di vertebrato risalgono a 450 milioni di




anni fa.
I primi vertebrati terrestri a 350 milioni di anni fa.
I primi amnioti (rettili, uccelli, mammiferi) a 320
milioni di anni fa.
I mammiferi quali oggi conosciamo circa 100 milioni
di anni fa.
Le scimmie si sono differenziate dalle proscimmie
circa 50 milioni di anni fa.
L’Evoluzione dell’Uomo II
 Il resto, afferma Edoardo Boncinelli, è storia di oggi.
 … per dire: la separazione fra le grandi scimmie, cioè
gorilla, scimpanze, orangutan e i “nostri antenati” è
avvenuta all’incirca 25 milioni di anni fa, mentre la
separazione del fascio, potremmo dire,
“antropologico”, si pensa, attorno a 5/6 milioni di
anni fa.
 Allora sono comparsi gli Australopitechi, che hanno
tenuto il campo per poco più di un paio di milioni di
anni…
L’Evoluzione dell’Uomo III
 … ma circa un milione di anni fa hanno dovuto
cedere al genere homo, che comunque pare sia
comparso circa 2, 4 milioni di anni fa, non si sa se
diretto discendente dai primi.
 Forse anche può essere da un asse parallelo, si sono
sviluppati: l’homo habilis, l’homo erectus (o
ergaster).
 L’ominazione o ominizzazione/ominazione si è così
avviata…
L’Evoluzione dell’Uomo IV
 Che cosa fa sì che l’uomo sia tale?
 A) il linguaggio,
 B) la stazione eretta?
 C) l’uso di strumenti e utensili?
 D) l’autocoscienza?
 E) il senso morale?
L’Evoluzione dell’Uomo V
 Vediamo il quoziente di encefalizzazione dell’uomo






comparato con quello degli altri grandi primati:
- 2 per i gorilla
- 2, 5 per gli australopitechi
- 3, 1 per l’homo habilis (700 cmq)
- 3, 3 per l’homo erectus (900 cmq)
- 5, 8 per l’homo sapiens (1200/1440 cmq)
…
L’Evoluzione dell’Uomo VI
 Del linguaggio come codice non sappiamo nulla,
possiamo presumere di lallazioni primordiali,
almeno fino all’invenzione delle scritture, prima
ideografica e poi alfabetica, che risale ad alcune
migliaia di anni fa.
 Il passaggio dai primi suoni ai primi segni che
significassero alcunché sappiamo molto poco…
 Può essere ad esempio che il suggere del latte
materno abbia prodotto “mmmm(amma)”, e lo
sputare abbia prodotto “pppp(apà), …
L’Evoluzione dell’Uomo VII
 49
cellule “Har” sembra siano le cosiddette “aree
accellerate” del Dna dell’uomo, cioè quelle che fanno di
questo grande primate un uomo. Ricercatori
statunitensi, belgi e francesi hanno potuto stabilire che i 18
costituenti elementari del Dna (nucleotidi) sui 118 che lo
compongono, hanno modificato in profondità le
combinazioni da quando si è verificata la divisione degli
ominidi dai primati, circa cinque/sei milioni di anni fa. La
considerazione che fa contrasto con la scoperta è che negli
oltre 300 milioni di anni precedenti (cioè, dalla “comparsa”
dei primati) solo due nucleotidi si erano parzialmente
modificati.
L’Evoluzione dell’Uomo VIII
 È successo, dunque, che dalla scissione fra ominidi e “restanti” primati
(gorilla, scimpanzè, oranghi, etc.), lo sviluppo genetico evolutivo del
“fascio antropologico” che ha portato all’homo sapiens ha avuto una
straordinaria accelerazione, diversificazione e complessificazione. Dice
David Haussler del Howard Hughes Medical Institute: “Ciò che
abbiamo messo in evidenza potrebbe spiegare il passo fondamentale
che ha portato allo sviluppo del cervello umano, anche se dobbiamo
trovare la prova definitiva di ciò che fa davvero la differenza con gli
scimpanzè. Questo studio è stato davvero una ricerca innovativa
perché ha utilizzato l’evoluzione per studiare regioni del nostro
genoma che fino ad oggi erano rimaste inesplorate”.
L’Evoluzione dell’Uomo IX
 La questione è dunque se la differenza tra uomo e gli altri
primati sia imputabile ad una sola area del genoma. Su ciò
risponde Claude Bernard, dell’università di Bruxelles, uno
tra i ricercatori coinvolti: “No, non può essere una sola
area genetica, bensì una serie di mutamenti in aree
diverse”. Fino ad ora la ricerca si è soffermata sulla regione
chiamata Har1, comprendente due geni, uno dei quali
Har1F sarebbe molto attivo nella formazione delle cellule
nervose che si sviluppano nelle prime settimane di vita del
feto umano, le quali sono preposte alla strutturazione degli
strati della corteccia cerebrale.
 La ricerca continua.
La Parola della Scienza e della Fede I
 Vi può dunque non esserci contraddizione tra le
teorie evoluzionistiche e la dottrina cristianocattolica sulla creazione, poiché oggi è riconosciuta
una legittima autonomia della scienza, che utilizza
il pensiero razionale logico-argomentativo, ma va
preservata anche un’altrettanto legittima
autonomia al discorso religioso e teologale (di
fede), il quale utilizza ragionevolmente un pensiero
diverso, ma comunque rappresentativo di un modo
plausibile del fluire concettuale.
La Parola della Scienza e della Fede II
 La scienza e la fede teologale stanno rispettivamente su delle
“frontiere” dalle quali si guardano, ma sempre attingendo entrambe,
anche se in modi diversi, alle risorse della razionalità umana.
 Afferma Fiorenzo Facchini che l’homo erectus è studiato dalle varie
scienze: la paleontologia, l’anatomia, la genetica, etc., , fino alla
constatazione della presenza dell’homo sapiens sapiens, ma oggi siamo
qui a constatare che la specie umana è l’unica (anche tra i grandi
primati) in possesso di coscienza riflessa e di senso etico…
 E ciò dovrebbe costituire problema (dal verbo greco προβάλλω, metto
davanti) anche per coloro che negano (ideologicamente) ogni finalismo.
 Si dovrebbe porre, inoltre, la plausibilità di una distinzione rigorosa fra
i “fondamenti delle fedi religiose” e i “sistemi e paradigmi scientifici di
una data epoca”.
L’ipotesi della “causa prima”
 Se l’evoluzionismo delle forme vitali naturali, uomo
compreso, allo stato delle conoscenze scientifiche,
deve essere ragionevolmente accettato, perché non
ipotizzare ragionevolmente che possano darsi
“differenziazioni ontologiche” tra i viventi e l’uomo,
proprio perché l’uomo è in grado di porsi il tema di
tutto ciò che è altro da lui stesso?
 … e che tali differenziazioni ontologiche possano
rispondere a una Logica (Lògos, Mens) Intelligente?
L’ipotesi delle “cause seconde”
 Si può ipotizzare, o comunque non escludere anche
razionalmente, che ciò che la scienza empiricamente e
meccanicisticamente comprova, compresa l’ammissibilità
del caso, costituiscano parti di una visione inaccessibile alla
metodologia logico-deduttiva della scienza stessa?
 Si può ipotizzare, o comunque non escludere l’ammissione
di una specie di “supervisione” nell’ambito dell’evoluzione
dei viventi, poiché le leggi della biologia, ancora in larga
parte non conosciute, sono più complesse delle leggi della
meccanica, della fisica e della chimica?
 Si possono, per il momento, chiamare “cause seconde”
(o prime?) queste leggi non conosciute?
Un recupero di due cause? I
 Come è noto Aristotele poneva nella sua Fisica la
necessità di quattro cause del moto dei viventi, tutti
comunque sottoposti ai processi di generazione e
corruzione:
 Causa materiale,
 Causa efficiente
 Causa formale,
 Causa finale .
Oggi sono state scartate la “formale” e la “finale”.
Un recupero di due cause? II
 Pensiamo all’essere umano: nel suo unicum la forma
è “ciò che lo anima” rendendolo unità singola e
conferendogli carattere umano. Una volta persa la
forma, gli elementi materiali si decompongono
(fosfati) e il corpo cessa di essere umano. È dunque
vano cercare di definire l’essere umano unicamente
in base alle sue componenti fisiche.
 Senza la forma o “causa formale” è impossibile dare
ragione dell’unità e identità specifica di qualsiasi
sostanza. O no?
Un recupero di due cause? III
 Nel regno dei viventi la causalità finale ha un ruolo
prioritario. Gli organi di tutti gli animali e delle
piante, e a maggiore ragione del corpo umano non
sarebbero comprensibili se non in base alla loro
finalità. Il cervello stesso dell’uomo (che è la
macchina più complessa presente in natura) non è
comprensibile se non unito alla facoltà di pensiero
che è il suo scopo, e che permette questo nostro
incontro, così come non lo è l’occhio se separato
dalla sua funzione del vedere.
I due sguardi (della ragione umana)
 Senza che ciò sia esaustivo e conclusivo, si può dire
che la scienza può gettare e getta una luce su come
funziona la natura, contribuendo a migliorare di
molto le condizioni della vita umana e di questa tra
gli altri viventi, ma la fede teologale può dare una
risposta all’anelito naturale di conoscenza dei
perché umani, dei quesiti attorno al dato
dell’esistenza, della vita e della morte.
 Lo scientismo ateo militante e l’integralismo
letteralistico sono ambedue nemici della recta ratio.
Lo spirito è più della vita
 E concludiamo con i pensiero di uno scienziato, che
era anche un religioso, il p. Teilhard de Chardin:
“[…] la maniera più espressiva e più intimamente
esatta di raccontare l’Evoluzione universale
consisterebbe probabilmente nel rintracciare
l’Evoluzione nell’Amore.”
(Pierre Teilhard de Chardin)
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