1° Premio Pietro Croce,
Migliore progetto per l’abolizione o la promozione di metodi di ricerca sostitutivi)
Allestimento di metodiche in vitro (che utilizzano ESCLUSIVAMENTE linee
cellulari stabilizzate UMANE ), che permetta di valutare il potenziale tossico e
irritante di materie prime e prodotti finiti che, per loro utilizzo, sono soggetti a
venire a contatto con l’epidermide.
RELAZIONE SULL’OBIETTIVO N.1
SCOPO DEL PROGETTO
L’iniziativa mondiale per migliorare, ridurre e/o sostituire i test in vivo, su animali,
per la valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico, ha aumentato gli studi in
questo campo. Noi, non credendo all’utilità degli studi sull’animale da
esperimento, da sempre ci dedichiamo a studi in vitro. Accordi internazionali
prevedono lo sviluppo e la validazione di metodi alternativi all’uso dell’animale
per i test di tossicità di composti chimici. Tutto ciò ha già portato, in questi ultimi
anni, alla riduzione sensibile del numero di animali usati per i test in vivo. In
particolare, nel campo dei test usati in cosmetologia, sono sempre più crescenti le
evidenze sulle numerose differenze biologiche tra uomo e animale, per cui la salute
e la sicurezza del consumatore potrebbe essere in alcuni casi compromessa.
Il sistema per rendere maggiormente accurati e rilevanti i risultati dei test in vitro è
indubbiamente quello di utilizzare cellule umane. Alcuni di questi sistemi in vitro
prevedono l’uso di colture di cellule umane o l’utilizzo di materiale bioptico, ma
ancora non sono stati messi a punto sistemi che garantiscano la loro predittività.
La procedura di screening in vivo su volontari umani trova molti ostacoli per la
ricerca di volontari. Inoltre, si fa sempre più impellente la necessità di allestire dei
modelli in vitro per riprodurre il microambiente dell’organo e/o tessuto bersaglio
del composto chimico in esame.
Nello studio intrapreso abbiamo cercato di sviluppare e migliorare la fattibilità e il
valore predittivo dei test tossicologici in vitro in uso per la valutazione del rischio
chimico associato a composti presenti negli ingredienti di preparazioni cosmetiche.
Come modello sperimentale, si è utilizzata la linea stabilizzata di cheratinociti
umani NCTC 2544, in quanto si tratta di cellule in uno stadio ancora poco
differenziato e pertanto più sensibili a eventuali insulti chimico-fisici, e quindi più
adatte per studiare l’effetto biologico di ingredienti di preparazioni cosmetiche.
Studi precedenti, svolti nel nostro laboratorio, e dati della letteratura hanno
evidenziato che questa linea di cheratinociti possa rappresentare un modello
attendibile per valutare la citotossicità in previsione del potenziale irritante (1-5)
In questo studio abbiamo quindi voluto verificare l’affidabilità del nostro modello,
attraverso l’analisi dell’espressione di citochine infiammatorie nelle cellule NCTC
2544 esposte ad alcune sostanze di cui si sospettano proprietà allergeniche.
E’ noto che la pelle, a contatto con molecole irritanti, subisce diversi cambiamenti
dal punto di vista istologico, che dipendono dal tipo di molecola, dalla sua
concentrazione e dal tempo di esposizione (1).
Le molecole impiegate a tale scopo, sono state scelte sulla base delle loro già note
capacità di alterare specifici parametri cellulari e molecolari nelle cellule sensibili
ai loro effetti (cheratinociti). Non si sono quindi esplorati i meccanismi di
citotossicità basali, bensì si è cercato di definire natura e potenza degli effetti
irritativi che dette sostanze producono in vitro.
Dall'insieme dei dati ci si proponeva quindi di allestire appropriate batterie di test
in vitro di tipo meccanicistico in grado di costituire uno strumento valido per
ridurre l'uso di animali nella valutazione del potenziale irritativo.
Si è quindi dapprima verificato se le cellule NCTC2544, avendo ancora un
fenotipo indifferenziato, esprimessero le proteine per due citochine precoci marker
di infiammazione, Il-1 e LIF.
2
Per lo studio dell’interleuchina 1 si è deciso di analizzare l’espressione
dell’isoforma 1α, la forma predominante prodotta dai cheratinociti e quella che,
dai dati della letteratura, sembra essere
rilasciata in seguito a stimoli dannosi
come l’irradiazione UV.
Si è proceduto ad analizzare se le cellule NCTC fossero in grado di evocare una
risposta infiammatoria attraverso una modulazione dell’espressione di IL-1α in
seguito a esposizione a stimoli fisici (UVB) e chimici da utilizzare come molecole
di controllo positivo per stimoli irritativo e allergenico. A questo scopo si sono
quindi verificati gli effetti del sodio dodecil solfato, SDS, e del nichel solfato,
rispettivamente. L’SDS è comunemente utilizzato nella formulazione di diversi
cosmetici ad azione detergente ed impiegato in molte ricerche come agente
irritante (5, 6), mentre il Nichel Solfato è invece un sale utilizzato come agente
sensibilizzante per trattare le cellule (1 )
Alla luce dei risultati ottenuti, successivamente la ricerca è stata incentrata sulla
verifica che il modello in vitro scelto potesse essere proposto nella fase di prescreening del potenziale irritativo/allergenico di composti presenti in ingredienti
cosmetici.
Nella direttiva 2003/15/CEE è presente l’emendamento dell’articolo 6(1)(g), che
prevede l’obbligo di indicare, nella lista degli ingredienti, 26 sostanze
aromatizzanti, considerate potenzialmente allergeniche, “indipendentemente dalla
funzione che hanno nel prodotto” (vedi Tabella). Si sono scelte quindi alcune
molecole, ingredienti di prodotti cosmetici, tra quelle indicate nell’elenco riportato
in tale direttiva, prediligendo composti “naturali”.
3
da: CHELAB S.r.l. Flavours Laboratory - Documenti informativi DI 100EAllergenic Aromatizing Substances in Cosmetic Products – referente Dr. Fasan S. ,
06.10.2003.
4
Le sostanze scelte sono state:
Geraniolo, Limonene, Alcool Benzilico e
Citronellolo.
Prima dell’analisi dell’espressione delle due citochine, per ogni sostanza utilizzata,
si è prima valutato il potenziale citotossico, in modo da trovare le concentrazioni
più adatte da impiegare nei trattamenti, scartando quindi quelle dosi che,
esplicando forte citotossicità, nei termini di morte cellulare, potessero inficiare le
risposte.
Seguendo le indicazioni presenti sull’”Index Merck”, le molecole scelte sono
altamente idrofobiche e pertanto si è dovuto utilizzare come veicolo il DMSO, e
ciò ovviamente ha creato un limite sulla concentrazione di sostanza da testare.
Per poter proporre questo tipo di analisi come modello in vitro per lo
screening del potenziale irritativo di molecole presenti in ingredienti
cosmetici, si è analizzata l’espressione proteica della forma immatura e
matura di Il-1α
α e quella della LIF, per verificare se la modulazione dei loro
livelli fosse correlabile alla concentrazione della sostanza in esame e del tempo
di esposizione.
5
Stato dell’arte: Cosmetici e potenziale irritante in vitro :
Si definisce test in vitro una specifica categoria di metodi alternativi alla
sperimentazione animale che impiega sistemi biologici semplificati (colture
cellulari) o sofisticati (organi e tessuti ricostruiti), sistemi artificiali chimici o fisici
o programmi computerizzati (7).
Si definiscono test di citotossicità generale quelli che analizzano parametri
associati ad una alterazione delle strutture o dei processi intrinseci a tutti i tipi di
cellule, come le variazioni della permeabilità di membrana (test sull'incorporazione
o rilascio di un colorante vitale come il rosso neutro, il rilascio dell'enzima lattico
deidrogenasi, la funzione mitocondriale, la proliferazione cellulare, ecc.). La
tossicità specifica prende in esame invece specifiche funzioni cellulari come la
sintesi proteica, la produzione di citochine, e l'espressione di altri marcatori
specifici del tipo cellulare utilizzato come modello.
Le Metodologie in Vitro quindi devono impiegare modelli sperimentali che
permettano lo studio di singoli parametri di un fenomeno e forniscano dati
quantitativi, oggettivi e sensibili: non solo un numero, ma anche il meccanismo di
azione del prodotto e dell'ingrediente.
La complementarità del test in Vitro rispetto alle valutazioni in Vivo risiede nel
fatto di poter arricchire il test in Vivo di parametri quantitativi, sensibili, precoci e
spesso unici perché non esplorabili direttamente sull'uomo: ragioni di ordine etico
non autorizzano ad inserire l'uomo al primo gradino della valutazione della
sicurezza.
Con sperimentazione in vitro oggi si intende:
Un nuovo modo di formulare i prodotti valorizzando la fase progettuale
Una nuova impostazione del dossier che tiene conto sia dei meccanismi
di tossicità che dell'impatto ambientale
6
Una nuova linea di comunicazione scientifica tra l'azienda ed il
consumatore improntata alla trasparenza
Rappresenta infine l'Innovazione necessaria per dare una risposta ad una
chiara richiesta normativa che globalmente valorizza la sperimentazione in vitro
nel rispetto dell'Uomo e del suo ambiente.
I produttori di cosmetici stanno sviluppando alternative innovative alla
sperimentazione sugli animali per dimostrare la sicurezza dei prodotti, tra cui studi
in vitro e analisi struttura-funzione computerizzate. Questi nuovi metodi, oltretutto,
sono più rapidi, più affidabili e più economici dei test sugli animali.
Le Metodologie in Vitro si stanno affermando nell'ambito del processo teso ad
individuare con maggiore chiarezza e scientificità sia i meccanismi che regolano la
pelle sana che quelli che ne determinano le alterazioni. Rendono quindi
oggettivamente possibile distinguere tra il prodotto sicuro da quello che potrebbe
non esserlo.
Nella preparazione cosmetica esistono diversi ingredienti che possono provocare
irritazione della pelle (alcool, surfactanti, aromi, coloranti, ecc.)
La valutazione degli ingredienti in grado di irritare la pelle è un passo
fondamentale per valutare la sicurezza del prodotto (8).
Attualmente esistono diversi test (in vivo e in vitro) per valutare il potenziale
irritante delle varie sostanze.
Nell’industria cosmetica i test in vitro solitamente si basano sull’utilizzo di kit che
prescindono da un contatto diretto della sostanza da testare con le cellule e quindi
hanno solo un valore di pre-screening la cui affidabilità in molti casi lascia molto a
desiderare in quanto forniscono dati che non tengono conto della complessità
dell’apparato tegumentario.
7
A questi test segue una serie di test in vivo che prevede l’uso in una prima fase di
cavie animali e in una seconda fase di persone volontarie.
Test per valutare il potere corrosivo o irritante delle materie prime sono
tradizionalmente condotti sugli animali, soprattutto sulla mucosa oculare dei
conigli, attraverso il metodo Draize (9).
In questo quadro generale, esiste una crescente sensibilizzazione riguardo alla
sperimentazione animale, sia per motivi etici, sia in vista della sua possibile
cessazione, per motivi economici (10).
Escludendo a priori l’uso di esseri umani nella fase di pre-screening, con tutte le
implicazioni morali del caso, esiste la necessità di sviluppare buone alternative in
vitro.
Per il rapporto Cosmetico è necessario inoltre considerare la specificità
dell'applicazione topica molto significativa dal punto di vista tossicologico
(...preparazioni destinate ad essere applicate sulle superfici esterne del corpo
umano, art. 1 Legge 713...) e la loro complessità formulativa: i modelli di tessuti
cutanei ricostruiti, frutto di tecnologie sofisticate, consentono il rispetto dell'unicità
del prodotto cosmetico e rappresentano il futuro della Biologia Cutanea e della
Dermatologia (11-13)
I test di tossicità in vitro offrono molti vantaggi rispetto a quelli in vivo, ad
esempio sono immediatamente disponibili, riproducibili, sono più economici,
permettono di preventivare il costo del lavoro e, in certi casi, di eliminare il
bisogno di pelle umana o animale (14)
Le colture cellulari sono state gradualmente introdotte come test di tossicità per la
valutazione del potenziale irritante sulla pelle (15-18) e, negli ultimi anni, questi
tipi di test hanno visto crescere in maniera esponenziale il numero dei propri
estimatori (10).
8
La valutazione dell’effetto irritante, studiato tramite l’uso di cheratinociti umani, è
stata già applicata anche in ambito cosmetologico (8, 19) e i dati ottenuti dalle
colture cellulari sono stati comparati con quelli ottenuti da test in vivo (20, 21).
Dall’analisi comparativa dei dati in vivo e in vitro sembra emergere una buona
correlazione sia per quanto riguarda l’effetto della sostanza utilizzata sia per
quanto riguarda i dati di previsione del potenziale d’irritazione (22).
Purtroppo, a dispetto dei vantaggi delle metodiche in vitro, le colture cellulari
mancano di alcune proprietà che sono presenti nella pelle intatta, come il ruolo
della sua barriera selettiva o l’interazione tra i diversi tipi cellulari.
In ogni modo, sebbene il potenziale irritante possa essere sovrastimato, esso può
essere utile come test di pre-screening (23) e da questo punto di vista riproduce
sicuramente meglio i fenomeni che avvengono in vivo rispetto ai dati ottenuti da kit
pre-assemblati
Valutazione del potenziale irritativo di prodotti cosmetici
La pelle è la parte del nostro corpo che entra più facilmente in contatto con svariate
sostanze, che possono essere assorbite e penetrare nel circolo sanguigno, causando
danni severi.
Viviamo in un mondo pieno di sostanze che possono irritare la nostra pelle, quindi
è molto importante la ricerca verso lo sviluppo di nuovi test per la valutazione del
potenziale irritativo di sostanze chimiche.
Fino a pochi anni fa i test di questo tipo venivano condotti prevalentemente su
animali (24, 25).
Metodologie alternative: stato odierno e prospettive future
La reazione in vivo è complessa e, per coprire tutte le fasi della sensibilizzazione,
saranno necessari più test alternativi.
9
Sono ora in fase di sviluppo o di pre-convalida 14 test in vitro alternativi che
utilizzano, ad esempio, cornee bovine o uova di gallina. I sei più promettenti,
alcuni dei quali sono già accettati dalle autorità UE per la classificazione di agenti
gravemente irritanti, dovrebbero essere convalidati entro quattro anni. I test sugli
animali, per l’irritazione oculare, dovrebbero essere completamente sostituiti entro
sei anni.
I test per la valutazione della sensibilizzazione cutanea sono sviluppati secondo
due linee distinte, ovvero i modelli in vitro e i sistemi QSAR (quantitative
structure activity relationships).
E’ stato istituito un gruppo di professionisti (composto da rappresentanti
dell’industria cosmetica, delle associazioni animaliste e per la tutela del
consumatore, del mondo accademico, dell'UE e dell'OCSE) per pianificare lo
sviluppo dei metodi alternativi che ha proposto un approccio tripartito, basato su
una combinazione di metodi in vitro e in silico. La fase 1 valuta l'assorbimento
orale, cutaneo e respiratorio, la fase 2 prevede una serie di test su metabolismo e
accumulo, mentre la fase 3 valuta la tossicità. Soltanto un risultato positivo nella
fase 1 può innescare la fase 2.
I test di assorbimento potrebbero essere disponibili in otto anni e i test metabolici
in cinque, ma una sostituzione totale dei test sugli animali richiederà
probabilmente oltre dieci anni.
Il gruppo costituito ad hoc prima citato deve analizzare la situazione dello sviluppo
di metodi alternativi in 11 aree tossicologiche cruciali e stimare il tempo necessario
per una sostituzione completa dei test cosmetici sugli animali (26).
Le aree tossicologiche di riferimento sono:
1.
tossicità acuta
2.
irritazione e corrosione della cute
3.
irritazione oculare
4.
sensibilizzazione cutanea
5.
assorbimento cutaneo e penetrazione
10
6.
tossicità subacuta e subcronica
7.
genotossicità e mutagenicità
8.
effetti tossici UV-indotti
9.
tossicocinetica e metabolismo
10.
carcinogenicità
11.
tossicità riproduttiva e dello sviluppo
In aree quali l’assorbimento cutaneo, la corrosione cutanea e la fototossicità acuta,
gli effetti sulla salute umana possono già essere valutati attraverso metodi
alternativi in vitro. Sono in corso di convalida i test alternativi per l'irritazione
oculare e cutanea, mentre quelli per la tossicocinetica e il metabolismo
richiederanno tempi più lunghi.
In altri ambiti, quali la sensibilizzazione cutanea , ci si attende molto dai metodi in
silico, che rappresenta una tecnologia in rapida espansione, proprio perché le
funzioni dei computer si sviluppano con una velocità impressionante e possono
arrivare a prevedere i possibili effetti tossici di un agente chimico sulla base della
sua struttura.
Bisogna ammettere però che i primi metodi in questo campo sono sottoposti
soltanto ora a convalida.
Una conseguenza pratica dello sviluppo di metodi di sperimentazione alternativa è
la nascita di un servizio commerciale assolutamente nuovo, che mette a
disposizione strutture o kit portatili per i test in vitro sull'irritazione oculare o la
sensibilizzazione cutanea.
Si sta pensando di utilizzare anche i test e i prodotti dell’ingegneria tissutale
originariamente sviluppati a scopo terapeutico per la sperimentazione preventiva.
11
Il ruolo dell’ECVAM nella convalida dei metodi alternativi
Dal 1992 il Centro europeo per la convalida dei metodi alternativi (ECVAM,
European Centre for Validation of Alternative Methods), parte del Centro comune
di ricerca di Ispra (VA), si concentra sullo sviluppo e sulla convalida di metodi di
sperimentazione alternativi, per evitare, ridurre e perfezionare l’impiego di animali
da laboratorio. Il centro lavora su metodi in vitro, che utilizzano colture cellulari e
tissutali, e in silico, con modelli computerizzati basati sulla relazione tra la
struttura chimica e l’attività biochimica, fisiologica e biocinetica, ovvero relazioni
struttura-attività di tipo quantitativo (QSAR).
I metodi alternativi sviluppati e convalidati dall'ECVAM sono poi adottati nella
legislazione UE, a opera dell'unità Prodotti farmaceutici e cosmetici della DG
Imprese e Industria, che ha un ruolo di primo piano nello sviluppo di politiche in
materia. Oltre a entrare nel diritto comunitario, i nuovi metodi vengono presentati
all'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e, se
accettati, diventano linee guida internazionali valide per i 30 Stati membri
dell'organizzazione e per molti paesi terzi.
I primi 2 metodi accettati riguardavano la sperimentazione per la corrosione
cutanea (danno cutaneo permanente). Finora sono stati convalidati tre test in vitro
basati su tali metodi, oltre a uno per la valutazione del potenziale fototossico del
danneggiamento cellulare e a un quarto test per l'assorbimento e la penetrazione
cutanei delle sostanze chimiche.
Questa mutua accettazione evita alle imprese di dover ripetere esperimenti per
ottenere l’autorizzazione a commercializzare i prodotti all’estero.
L’OCSE, da parte sua, conduce solo un numero limitato di studi di validazione su
metodi alternativi, ma lavora fianco a fianco con l’ECVAM e con il suo
equivalente americano, l’ICCVAM (Interagency Coordinating Committee on the
Validation of Alternative Methods). Anche il Giappone sta dando vita a un centro
di convalida nazionale, e si auspica che i primi passi mossi dai ricercatori nipponici
in quest’ambito possano potenziare il coordinamento a livello internazionale.
12
L’ECVAM coordina gli sforzi profusi dalle aziende nello sviluppo di metodi
alternativi per far sì che le scadenze UE per la sostituzione dei test sugli animali
siano rispettate. Le imprese stabiliscono quanti e quali test possono candidarsi alla
convalida. In alcuni casi, l’ECVAM prende parte agli studi di validazione.
Solitamente, la convalida di un nuovo metodo di sperimentazione richiede da 3 - 8
anni e costa circa 250.000 euro.
La convalida dell'ECVAM mira a mantenere il livello di sicurezza dei prodotti
dimostrando che questi nuovi metodi alternativi sono all'altezza del compito, si
tratti di sperimentazioni in vitro, in silico, o di test perfezionati sugli animali.
Normalmente si fa riferimento ai dati storici sugli animali. In un certo senso,
quindi, i metodi alternativi convalidati sono degni di maggior fiducia rispetto ai
test tradizionali (non convalidati) sugli animali, sebbene l’efficacia di questi ultimi
sia dimostrata dall'esperienza (27-29).
Esempio di metodologia alternativa validata: Caso Episkin
30 aprile 2007 - L'ECVAM (European Center for Validation of Alternative
Methods) ha annunciato la validazione di un test «in vitro» predittivo del
potenziale irritante delle sostanze chimiche che permettendo di sostituire
totalmente il test sull’animale. Questo test si basa sul modello Episkin di L'Oréal:
un’epidermide
umana
ricostruita
su
un
supporto
di
collagene.
All’inizio degli anni ‘80, la Recherche di L'Oréal intraprende la strada della
ricostruzione della pelle umana, per meglio studiare i meccanismi biologici e per
evitare il ricorso agli animali da laboratorio per la valutazione della tollerabilità
degli ingredienti e dei prodotti finiti.
Questi studi hanno permesso a L'Oréal di eliminare i test sugli animali per i
prodotti finiti nel 1989. "Oggi Episkin è utilizzata di routine per valutare la
tollerabilità di tutti i nostri prodotti ed il nostro impegno a sviluppare metodi
alternativi continua" aggiunge JF Grollier.
13
La validazione di Episkin è un risultato importante perchè la valutazione del potere
irritante sulla pelle delle sostanze chimiche era effettuato, fino ad oggi,
sull’animale. Questo metodo alternativo è particolarmente interessante nel quadro
del REACH, la nuova regolamentazione sulle sostanze chimiche che prevede la
valutazione
dell’irritazione
cutanea
di
circa
10.000
sostanze.
Per l'ECVAM, il test sull’Episkin "permette di predire il potenziale d’irritazione
cutanea delle sostanze chimiche con grande affidabilità e sostituirà completamente
i test sugli animali”.
Valutazione delle citochine: un parametro importante per lo studio del
potenziale “irritante” di un composto chimico.
Spesso si tende a fare confusione fra allergene e irritante e a volte questi due
termini possono non essere disgiunti: ricordiamo che una sostanza o uno stimolo
irritante è definito come elemento che scatena il processo di irritazione,
ovvero la reazione di un organismo o di un tessuto a stimoli nocivi, coincidente
con la prima fase dell’infiammazione.
Con infiammazione si intende una complessa reazione locale della componente
vaso-connettivale di un tessuto vascolarizzato, in risposta a uno stimolo lesivo.
Essa ha lo scopo di rendere inefficaci o di distruggere fattori nocivi di natura
chimica, fisica, biologica e successivamente di riparare eventuali danni subiti dai
tessuti colpiti. Nel caso d’irritazione propriamente detta, ci si riferisce a una
reazione infiammatoria reversibile prodotta da mediatori dell’infiammazione sia
nei cheratinociti sia nei fibroblasti della pelle (30).
Sostanze sia di sintesi che di origine naturale, come i costituenti cosmetici possono
causare una reazione infiammatoria che può essere di tipo acuto, ad insorgenza
rapida, entro le 12 ore, con sintomi che scompaiono altrettanto rapidamente.
Questo tipo di reazione è caratterizzato dai classici segni clinici di calore, rossore,
14
tumefazione e dolore, e da risposte patologiche prevalentemente vascolari ed
essudative. Essa viene indotta da mediatori biologici come le interleuchine 1 e 6.
Con il termine allergene si intende invece ogni antigene che determina reazioni di
ipersensibilità mediate da anticorpi IgE.
Citochine: uno sguardo generale
Possiamo definire le citochine come piccole molecole proteiche solubili prodotte
sia dal sistema immunitario aspecifico, sia specifico, ma anche da altri tipi cellulari
fra cui ricordiamo i cheratinociti e i fibroblasti dermali.
Possono svilupparsi in risposta agli antigeni e, secondo il tipo di antigene presente,
viene prodotto uno spettro di citochine abbastanza specifico.
Alcune citochine favoriscono sia la crescita sia la differenziazione dei linfociti,
inoltre promuovono, nella fase effettrice, l’eliminazione di microbi ed antigeni: in
pratica sono mediatori della risposta immunitaria sia innata, sia acquisita.
Alcune citochine sono fondamentali nello sviluppo delle cellule emopoietiche.
Le citochine sono state classificate in base al tipo cellulare da cui sono prodotte,
ma dopo aver scoperto che una stessa citochina può essere prodotta da diversi tipi
di cellule, attualmente si preferisce far riferimento a queste proteine con il termine
più generale di citochine.
Per tale motivo molte citochine, essendo prodotte dalle cellule leucocitarie, sono
storicamente chiamate interleuchine, ma oggi sappiamo che la produzione di
citochine non è prerogativa unica dei globuli bianchi.
La secrezione di citochine è un evento di breve durata e auto-limitato: ciò si
realizza attraverso processi post-trascrizionali e a livello di proteine immature.
Le azioni svolte dalle citochine sono pleiotropiche (le citochine sono in grado di
svolgere le loro azioni su più tipi cellulari diversi) e ridondanti (diverse citochine
15
possono attivare uno stesso fenomeno). Le diverse citochine possono, inoltre, avere
effetti antagonisti, additivi e sinergici.
L’azione delle citochine può essere locale o sistemica: per tale motivo si parla di
azione autocrina, paracrina ed endocrina.
Le citochine svolgono la loro azione legandosi a recettori specifici espressi sulla
membrana delle cellule bersaglio.
Tali recettori sono attivati anche a bassissime concentrazioni di citochine (Kd= 1010
-10-12) e la loro presenza sulla membrana cellulare è regolata da segnali esterni
alla cellula (es: presenza dell’antigene, attivazione dei linfociti T e B, presenza di
altre citochine).
Le cellule bersaglio, in risposta alle citochine, modificano la propria espressione
genica acquisendo così nuove funzioni.
Meccanismi di azione delle citochine
(da Abbas - Lichtman – Pober: Immunologia Cellulare e Molecolare, Piccin)
16
Funzioni di alcune citochine proinfiammatorie
da: C.A. Janeway , Jr - P. Travers - M. Walport - M.J. Shlomchik: Immunobiologia, Piccin
Classificazione delle citochine
Le citochine sono fondamentalmente suddivise a seconda che regolino l’immunità
innata o acquisita. Oltre a questi due gruppi bisogna anche ricordare le citochine che
stimolano l’emopoiesi, prodotte dalle cellule stromali del midollo osseo, dai leucociti
e da altri tipi cellulari, che stimolano la crescita e la differenziazione dei leucociti
immaturi. Tale classificazione non è una regola, in quanto più di una citochina si può
trovare coinvolta in azioni che differiscono dalla sua classificazione, ma è accettata.
17
Classificazione delle citochine
Da: www.nic.sav.sk/logos/books/scientific/node32.html
18
Classificazione delle citochine pro- e anti-infiammatorie
Da: www.nic.sav.sk/logos/books/scientific/node32.html
19
Recettori delle citochine e trasduzione del segnale.
Le proteine si legano a recettori che sono proteine trans-membrana in cui la
porzione extra-citoplasmatica è responsabile del legame alla citochina, mentre la
porzione citoplasmatica innesca la trasduzione del segnale. Il ligando permette
l’aggregazione di più recettori e il conseguente avvicinamento di più domini
citoplasmatici che danno il via alla trasduzione del segnale.
Recettori delle citochine
(da Abbas - Lichtman – Pober: Immunologia Cellulare e Molecolare, Piccin)
I recettori sono solitamente classificati in base alle caratteristiche dei domini extracitoplasmatici.
20
Esistono recettori di tipo I, detti anche recettori dell’emopoietina, che legano
molecole formate dal ripiegamento di 4 domini ad α-elica; presentano solitamente
una struttura multimerica in quanto vi possono essere più catene deputate alla
trasduzione del segnale. Sono spesso condivise da recettori per citochine diverse.
I recettori di tipo II non sono molto diversi da quelli di tipo I, ma differiscono da
essi per una piccola sequenza amminoacidica come si può osservare dalla figura.
Esistono inoltre recettori della superfamiglia delle Ig in quanto contengono domini
extra-cellulari di tipo Ig.
I recettori per il fattore di necrosi tumorale (TNF) presentano domini conservati e
ricchi di cisteina e innescano una catena di trasduzione del segnale in grado di
indurre l’apoptosi.
I recettori a serpentina presentano sette domini transmembrana che attraversano il
bilayer lipidico.
A seconda del tipo di recettore coinvolto vengono innescate differenti vie di
trasduzione del segnale, fra cui la più studiata è sicuramente la via JAK/STAT.
21
Cheratinociti e citochine
La produzione costitutiva di mediatori immunologici e infiammatori in
cheratinociti normali è abbastanza bassa sia in vivo sia in vitro.
Tuttavia l’espressione di queste molecole può essere drasticamente amplificata da
diversi stimoli, tra i quali le radiazioni UV, gli irritanti, i microrganismi e i loro
prodotti, i promotori tumorali, i traumi e i promotori di riparo delle ferite (31).
Molte reazioni della pelle sono il risultato dello scambio di comunicazione tra i
cheratinociti e le cellule T infiltrate.
In particolare le linfochine derivate dalle cellule T sono state identificate come gli
“interruttori” per la produzione nei cheratinociti di molecole sia solubili che di
membrana, che sono sia direttamente che indirettamente responsabili del
reclutamento e dell’attivazione locale di cellule T e altri leucociti: tutto ciò porta
all’amplificazione della reazione infiammatoria (32-34).
D’altra parte i cheratinociti possono produrre fattori immunosoppressivi e
citochine in grado di bloccare le risposte infiammatorie mediate dai cheratinociti
stessi o da cellule del sistema immunitario (35,36).
Molti studi hanno dimostrato che colture di cheratinociti umani rispondono a
sostanze chimiche di basso peso molecolare (apteni), come ad esempio il nichel.
Queste molecole inducono una reazione infiammatoria diretta dei cheratinociti,
portando all’espressione di citochine, di chemochine e di molecole d’adesione (3739).
Durante le risposte allergiche cutanee agli apteni, i cheratinociti producono TNFα, interleuchina-1 (IL-1) e il fattore stimolante le colonie di granulociti e monociti
(GM-CSF), citochine che hanno effetti pleiotropici e possono attivare diverse
popolazioni cellulari della pelle, incluse le cellule del Langerhans e le cellule
endoteliali dermali (40, 41). In fenomeni patologici come nella fase iniziale della
reazione della dermatite da contatto, i cheratinociti attivati dall’aptene sono
produttori importanti di mediatori dell’infiammazione e di altre molecole proteiche
22
che agiscono su altre cellule cutanee (31). In questo primo stadio, le cellule T e le
altre sottopopolazioni leucocitarie non sono ancora richiamate alla pelle,
supportando il concetto che i cheratinociti sono attivati direttamente dal contatto
con gli allergeni piuttosto che dalle citochine rilasciate dalle cellule infiltrate. In
verità, Grabbe e collaboratori dimostrarono che gli effetti non specifici degli apteni
applicati in maniera epicutanea contribuiscono alla comparsa della dermatite da
contatto, e che le proprietà irritanti piuttosto che quelle antigeniche dell’aptene,
sono responsabili della rigida dose-dipendenza della fase effettrice della dermatite
da contatto (42).
I cheratinociti esprimono i recettori per un largo spettro di citochine.
L’interferone-γ (ΙΝF-γ) derivante dalle cellule T è una citochina chiave nella
regolazione delle manifestazioni delle risposte infiammatorie e immunitarie della
pelle, e i cheratinociti, i quali esprimono costitutivamente il complesso del
recettore per l’INF-γ, sono un target importante per questa citochina (43). In
seguito a interazione con INF-γ, i cheratinociti esprimono alti livelli di molecola di
adesione
intercellulare
(ICAM-1),
un
importante
mediatore
per
la
compartimentazione di Leukocyte Function-associated Antigen-1 (LFA-1)
derivante dai linfociti T, esso può servire anche come rilevante segnale accessorio
sia per i linfociti T CD4+ che per quelli CD8+ (44, 45). Le ICAM-1 di membrana,
indotte dall’INF-γ, spesso si trovano correlate a una gran quantità di ICAM-1
solubile. Queste ultime derivano da un clivaggio proteolitico di quelle legate alla
membrana e promuovono la de-adesione tra i linfociti e le cellule ICAM-1 positive
(46).
TNF-α, IL-17 e IL-4 rinforzano l’induzione delle ICAM-1 promossa dall’INF-γ
(40, 41, 43).
Viene ritenuta importante la produzione costitutiva da parte dei cheratinociti di
CCL20MIP-3α per il reclutamento basale delle cellule del Langerhans
nell’epidermide (47). Tuttavia, altri autori non concordino né con i dati che
23
mostrano alte produzioni di queste citochine da parte di cheratinociti non stimolati,
né la loro espressione nell’epidermide normale (48, 49). IFN-γ, che sinergizza
spesso con il TNF-α, amplifica CXCL8/IL-8 e CCL27/CTACK, e induce
CXCL1/Gro-α, CCL20/MIP-3α, CCL5/RANTES, CCL22/ MDC e CCL1/I309,
con quest’ultime due chemochine prodotte a livelli più bassi e con una cinetica
ritardata (49, 50).
Comunque l’espressione nei cheratinociti di CCL27/CTACK è primariamente
indotta da TNF-α e IL-1β (31).
CCL17/TARC è espressa costitutivamente a bassi livelli da parte dei cheratinociti
primari e non è amplificata dopo trattamento con citochine pro-infiammatorie (50,
51).
IL-1 e TNF-α inducono fortemente CCL20/MIP-3α, CCL5/RANTES e
CXCL8/IL-8 (31,33, 48, 52) .
IL-17, una citochina prodotta da parte dei linfociti T helper 1(Th1) e T helper 2
(Th2), modula gli effetti dell’INF-γ sui cheratinociti, aumentando CXCL8/IL-8 e
diminuendo il rilascio di CCL5/RANTES (31)
L’IL-4, una citochina di tipo II, amplifica la produzione indotta da INF-γ di
CXCL10/IP-10, CXCL9/Mig e di CXCL11/I-TAC nei cheratinociti in coltura (41)
40). In verità studi in vitro effettuati su cheratinociti umani normali attivati dal
sopranatante di cellule T attivate in maniera specifica da nichel, dimostrano che i
cheratinociti sembrano più sensibili in termini di varietà e di quantità di
chemochine rilasciate alle linfochine derivate dalle cellule Th1, piuttosto che da
quelle derivate dalle cellule Th2 e promuovono la migrazione preferenziale dei
linfociti Th1 (50). Oltre alle chemochine, i cheratinociti possono up-regolare o
generare sia citochine che i loro recettori, influenzando le risposte immunitarie.
Il GM-CSF è un altro importante mediatore dell’infiammazione: è prodotto dai
cheratinociti in condizioni patologiche, è conosciuto per essere essenziale per lo
24
sviluppo delle cellule dendritiche ed è fortemente coinvolto nelle regolazioni
cellulari delle funzioni di questo tipo di cellule (53). Il GM-CSF è anche un forte
mitogeno per i cheratinociti umani, rappresentando così un favorevole indiziato
nella funzione di fattore di proliferazione dei cheratinociti nella pelle umana in
vivo (54).
Sia l’IL-6 che il GM-CSF rilasciate dai cheratinociti sono finemente regolate da
molte citochine, incluse l’INF-γ, TNF-α, IL-4 e IL-17 (55).
L’IL-18 è un’importante citochina espressa anche dai cheratinociti umani, la quale
può regolare la migrazione delle cellule del Langerhans, le risposte delle cellule T
così come la riparazione delle ferite (56).
Sia i cheratinociti a riposo che quelli attivati possono produrre anche il fattore di
crescita tumorale-β (TGF-β).
Tra i fattori solubili, i cheratinociti possono produrre molti peptidi antimicrobici,
incluse le defensine e le catelecidine LL-37 (57).
Epidermide e interleuchina 1α
α
E’ noto che i cheratinociti dell’epidermide sono in grado di produrre e secernere un
gran numero di citochine (57), ma solo poche di esse, fra cui l’IL-1, possono essere
valutate da un punto di vista quali/quantitativo.
Con IL-1 si definisce una famiglia di
mediatori correlati che sembrano giocare un
ruolo
importante
in
molti
processi
infiammatori e reazioni immunologiche (5860). Esistono 2 isoforme di IL-1: la forma α
e la forma β. Le due forme delle proteine
Struttura terziaria dell’ IL-1
hanno un’omologia non superiore al 30%,
ma hanno le stesse funzioni biologiche e si legano allo stesso recettore con affinità
paragonabile (61, 62), entrambe vengono sintetizzate come precursori per essere
poi secrete come proteine mature (anche se l’IL-1α può svolgere la propria azione
25
in forma non clivata, cioè immatura). Sia l’IL-1α che l’IL-1β sono prodotte e
stoccate all’interno dei cheratinociti in grandi quantità e sono facilmente rilasciate
in seguito a danno cellulare (31). Esistono due recettori per l’IL-1, entrambi della
superfamiglia delle Ig, che vengono detti semplicemente IL-1RI e IL-1RII: l’unica
forma in grado di trasdurre il segnale è IL-1RI, che lo fa tramite una proteina
accessoria, mentre IL-1RII è un recettore fasullo, un tipico esempio di
modulazione negativa nei sistemi biologici (63).
Il recettore di tipo I presenta una certa omologia con il recettore Toll della
Drosofila, anch’esso implicato nella risposta immunitaria (dell’insetto).
Il legame fra la citochina e il recettore porta all’attivazione dei fattori di
trascrizione NF-kB e AP-1 con una via di trasduzione del segnale che coinvolge un
componente della famiglia TRAF.
La principale funzione dell’IL-1, analogamente al TNF, è quella di mediare la
risposta infiammatoria dell’ospite alle infezioni e agli altri stimoli flogistici.
Come per il TNF, la principale, ma non unica, sorgente di IL-1 sono i fagociti
mononucleati attivati, la sua secrezione è indotta da prodotti batterici come LPS,
ma anche da altre citochine come il TNF, da allergeni di diversa natura, inoltre,
può agire sui cheratinociti stessi e stimola la sintesi di chemochine e di altre
citochine (64).
Esistono studi che dimostrano come la stimolazione di IL-1α, in seguito a danni di
natura chimica o fisica, persista anche fino a 96 ore, denotando la presenza di
un’up-regolazione della proteina (65).
Secreta
in
piccole
quantità,
l’IL-1,
agisce
come
mediatore
locale
dell’infiammazione, inducendo sulle cellule endoteliali l’espressione di molecole
che permettono l’adesione delle cellule del sistema immunitario (es: integrine), se
secreta in grandi quantità svolge un’azione endocrina provocando febbre,
inducendo la sintesi delle proteine della fase acuta da parte del fegato e portando
alla cachessia.
26
L’IL-1, anche ad alte concentrazioni, non è in grado di indurre l’apoptosi, ma come
il TNF è in grado provocare lo shock settico.
I cheratinociti, in vitro e nell’epidermide intatta in vivo, contengono una variante
intracellulare del recettore antagonista (IL-1ra) (66). Il IL-1ra è strutturalmente
correlato con l’IL-1α e l’IL1-β e lega i recettori dell’IL-1 su diversi target cellulari,
inclusi i cheratinociti, senza indurre nessuna risposta biologica. Uno squilibrio tra
IL-1 e IL-1ra ha importanti conseguenze sul potenziale infiammatorio dell’IL-1, in
quanto la quantità intracellulare di IL-1ra sembra abbassare la concentrazione di
IL-1α nei cheratinociti dopo trattamento con INF-γ, IL-4 e IL-17 (54). La forma
prevalente dell’IL-1 circolante è quella β, ma l’IL-1α è la forma predominante
prodotta dalle cellule epiteliali, come i cheratinociti ed è rilasciata in seguito a
stimoli dannosi come l’irradiazione UV (67-69).
Diversi studi dimostrano che molti tipi cellulari sono in grado, in vitro, di produrre
IL-1, fra questi, oltre alle cellule dell’epidermide (cheratinociti e cellule del
Langerhans), monociti-macrofagi , leucociti polimorfonucleati, cellule B
trasformate dall’Epstain-Barr virus, linfociti grandi granulari, astrociti, cellule
endoteliali, cellule mesangiali glomerulari, cellule di melanoma, e fibroblasti;
inoltre, sono state trovate molecole IL-1 simili, in maniera corposa, in lisati
cellulari di colture cellulari di epidermide umana normale (70-85, 58-60)
L’IL-1α prodotta dai cheratinociti è un potente mediatore di molte varietà di
risposte infiammatorie, inclusa la secrezione di collagenasi e di prostaglandine da
parte dei fibroblasti dermali
e l’induzione della proliferazione degli stessi
fibroblasti (86, 87) .
Essa attiva anche i linfociti T e stimola il rilascio del contenuto lisosomiale
(rewieved in 88, 89).
L’ importanza dell’IL-1α, in uno studio cosmetologico, deriva dal fatto che IL-1α
è una citochina epidermale che è costitutivamente sintetizzata dai cheratinociti (90,
91) e che può essere modulata in presenza di sostanze irritanti e/o allergeniche.
27
Molti fattori di crescita e citochine inducono l’espressione nei cheratinociti
epidermici di IL-1α come: il TNF-α , il TGF-β e la stessa IL-1 (92-95) .
E’ comunque verosimile che l’IL-1 gioca un ruolo fisiologico nell’epidermide e
che la sua presenza in questo tessuto è dettata da certe condizioni (95). Ciò è
avvalorato da studi che dimostrano che l’interleuchina 1 è normalmente presente in
vivo nel tessuto epidermico (92). L’esposizione dei cheratinociti a IL-1 stimola
queste cellule a rilasciare diverse citochine tra cui l’IL-6, e il GM-CSF (96).
E’ stato inoltre dimostrato che nell’epidermide umana normale, oltre a essere
presenti molecole IL-1 simili, vi sono anche i precursori di questa citochina e ne
costituiscono una riserva alla quale non è stato dato ancora un significato preciso
(96) .
E’ stato dimostrato che la componente irritante di un allergene può determinare la
forza dell’effetto sensibilizzante (97).
Molti autori sostengono che il coinvolgimento dell’IL-1 non è dovuto solo alla
presenza di allergeni, ma anche di sostanze irritanti (98) o di insulti fisici. Anche i
raggi ultravioletti B, per esempio, sono in grado di indurre la produzione di queste
citochine (69, 99, 100) .
Pertanto la produzione di IL-1α da parte dei cheratinociti può essere rappresentata
come un possibile strumento per la predizione sia della forza sensibilizzante, sia
del potenziale irritante dei composti chimici testati .
In quest’ottica i test in vitro possono essere usati anche per classificare le sostanze
chimiche in base al potenziale di sensibilizzazione o irritante, con lo scopo di
ridurre il numero dei test fatti su animali.
La localizzazione anatomica dei cheratinociti e il loro ruolo significativo nello
sviluppo allergico di dermatiti da contatto giustifica l’uso di queste linee cellulari
per studiare il potenziale allergenico/irritante delle varie sostanze.
28
I cheratinociti non solo rappresentano il primo target per gli irritanti , ma possono
anche convertire stimoli esogeni, non definiti, in produzione di citochine e dare il
via a una serie di meccanismi biologici che permettono di identificare la sostanza
che innesca la cascata di eventi come allergene (101, 102).
Tuttavia, un test che utilizza cheratinociti non può essere usato da solo per stimare
il potenziale allergenico (al contrario del potenziale irritante) in quanto queste
cellule mancano della capacità di presentare l’antigene, funzione che
nell’epidermide è assolta dalle cellule del Langerhans.
Pertanto, si è ipotizzato che la capacità irritante degli allergeni rappresenta un
fattore di rischio addizionale, tanto che quelli irritanti possono essere più forti degli
allergeni non irritanti (103, 104).
Ciò suggerisce che valutare il potenziale irritante di una sostanza può essere di
aiuto anche per stabilire il potenziale allergenico, che può essere comunque
ipotizzato in presenza di modulazione di IL-1α.
Cosmetici, citochine e LIF
La citochina Leukaemia inhibitory factor (LIF) sembra essere un importante
segnale all’interno della risposta infiammatoria/allergenico, e secondo alcuni
ricercatori sembra implicata nell’insorgenza della dermatite da contatto.
La LIF è un membro della famiglia dei fattori di crescita ematopoietici e una
citochina con ampio spettro di attività. LIF è formata da una sola catena che risulta
glicosilata in modo variabile di 38000-67000 Dalton (105- 108). Essa promuove la
crescita e la differenziamento di diversi tipi di cellule bersaglio.
Il ruolo infiammatorio della LIF è confermato dalla sua presenza in forma
biologicamente attiva nel fluido sinoviale di pazienti affetti da artrite reumatoide
(109).
29
LIF è prodotta da cellule T antigenicamente attivate, monociti attivati da
lipopolisaccaridi, fibroblasti stimolati da acido retinoico e da astrociti. Essa è in
grado di stimolare il rilascio di citochine pro-infiammatorie come: IL-1, IL-6, e IL8 in diversi tipi cellulari inclusi i monociti, i sinoviociti, i condrociti, i neuroni e le
cellule endoteliali (110, 111).
Recentemente
in cheratinociti umani normali è stata dimostrata la presenza del
mRNA della LIF e del suo recettore. Si ritiene che nei cheratinociti questa
citochina svolga un ruolo autocrino, iuxtacrino e paracrino (112-115).
Azioni della LIF: da: Nature Reviews Neuroscience 8, 221-232, 2007
30
Meccanismi di trasduzione del segnale e fattori di trascrizione coinvolti nella sopravvivenza,
proliferazione, differenziamento delle cellule embrionali staminali (ES) e germinali (EG). LIF,
leukaemia inhibitory factor; PTEN, phosphatase and tensin homologue; PI(3)K,
phosphatidylinositol-3-OH-kinase; Stat3, signal transducer and activator of transcription 3.
da: EMBO reports 5, 3, 241–244 (2004)
Nei cheratinociti normali umani, l’espressione di LIF sembra regolata da stimoli
proinfiammatori e dal differenziamento, inoltre anche in questo tipo cellulare tale
citochina è a sua volta in grado di regolare l’espressione di altre citochine quali
IL1α e IL8 (112). Inoltre l’IL-1, IL-6 e il TNF-α amplificano la produzione della
LIF stessa (105, 113).
Recentemente è stato anche confermato che il fattore stimolante la produzione di
proteine di fase acuta da parte degli epatociti, noto come HSF-III, in realtà è la LIF
(112, 113).
Uno studio del 1997 ha dimostrato che biopsie cutanee di pazienti affetti da
dermatite allergica da contatto verso il Nichel mostravano, dopo esposizione a
questo elemento, un aumento dell’espressione genica della LIF molto significativa
(114).
31
Le ricerche sulla LIF hanno evidenziato un suo ruolo multifattoriale e pleiotropico,
ma nessuno studio ha finora precisato il suo raggio d’azione e il suo ruolo
fisiologico. Fra le numerose funzioni che le si attribuiscono, essa risulta
sicuramente protagonista nella fisiologia dei cheratinociti.
Alcuni autori le attribuiscono alla LIF effetti anti-infiammatori (115). Dato il suo
ruolo ambiguo, la LIF è ancora oggetto di studio.
La scelta della LIF come parametro di valutazione nei processi di sensibilizzazione
della cute (115-118) e del Nichel Solfato come controllo positivo, utilizzato in
diversi studi allergologici, non può portarci a determinare l’effetto allergenico dei
composti da noi scelti, ma può darci forti indicazioni sul comportamento dei
cheratinociti stressati da agenti sensibilizzanti.
32
MATERIALI E METODI
Colture Cellulari
La linea di cheratinociti umani a fenotipo normale NCTC 2544, ottenuta da Cell
Bank and Culture in GMP (IST -Genova, Italy), è mantenuta
in condizioni di
coltura standard (119).
Periodicamente, le colture vengono sottoposte a colorazione fluorocromica del
DNA con il colorante bis-benzimide (Hoechst 33258) per escludere l’eventuale
presenza di micoplasmi.
Trattamenti delle cellule
Le soluzioni stock di Geraniolo, Limonene, Citronellolo e Alcool Benzilico sono
state preparate in DMSO (1:1). Nel terreno d’incubazione sono state aggiunte
aliquote delle soluzioni stock in modo tale che alle concentrazioni maggiori il
solvente non superasse lo 0,25%. L’SDS e il Nichel solfato sono stati sciolti
direttamente nel terreno. Per i composti Geraniolo, Limonene, Citronellolo e
Alcool Benzilico, si sono testate concentrazioni comprese tra 0 - 18 mM; l’SDS è
stato testato a concentrazioni comprese tra 0 - 270 µM, mentre il Nichel Solfato è
stato testato a concentrazioni comprese tra 0 - 1 M.
Le cellule NCTC2544 sono state seminate in piastre da 96 pozzetti (5 x 104
cellule/pozzetto) per la valutazione della citotossicità e in fiasche da 75 cm2 o petri
dishes (Ø = 10 cm; 1x 106 cellule ) per le analisi molecolari.
Irradiamento delle colture di cellule NCTC 2544
Per l’applicazione dell’irradiamento con UVB come
stimolo fisico di irritazione
si sono utilizzate le seguenti attrezzature:
33
lampade UVB composta da due tubi fluorescenti PHTI20W UVB, (Sara
S.R.I., Varese –Italia) con picco di emissione compreso fra 275 e 365 nm.
Radiometro: UVX Digital Radiometer dotato di due sensori UVX-31 e UVX-36
(UVP Inc., Upland CA, USA) progettati calibrati per misurare accuratamente le
radiazioni UV alla lunghezza d’onda di 308 e 365 nm rispettivamente
Come potenza di irradiamento si sono utilizzate le dosi di 100 e 200 mJ/cm2.
I controlli sono stati sottoposti agli stessi trattamenti, ma mantenuti al buio per
tutto il periodo dell’irradiamento. La temperatura, monitorata per tutta la durata
d’irradiamento, ha mantenuto il valore costante di 32°C. L’esposizione è stata
condotta sotto una cappa sterile a flusso laminare orizzontale.
Al termine d’irradiamento, il monostrato è stato lavato due volte con Hank’s con
poco Ca2+ e Mg2+ ed è stato aggiunto terreno di crescita senza siero e senza rosso
fenolo.
Valutazione della vitalità cellulare
Le cellule, dopo 24 ore dalla semina, in piastre da 96 pozzetti, quando la
confluenza era quasi raggiunta, sono state esposte per 3 ore ai composti chimici. Al
termine dei vari trattamenti, il terreno d’incubazione è stato rimosso e i monolayers
lavati con Hank’s, procedendo con il test di captazione del rosso neutro (RNU) e il
test di riduzione intracellulare dei sali di tetrazolio (MTT).
Test di captazione del Rosso neutro (NRU) :
Il principio è basato sulla capacità delle cellule vitali di incorporare all’interno dei
lisosomi il colorante vitale, 3-ammino-7-dimetil-2-metilfenazina cloruro (rosso
neutro, RN), che attraversa la membrana plasmatica mediante un meccanismo di
trasporto passivo (120).
34
Le colture, dopo i trattamenti, venivano esposte per 3 ore a 37°C ad una soluzione
di RN (50µl/ml), sciolto nel terreno standard di coltura; al termine dell’incubazione
le cellule, precedentemente lavate con PBS (37°C) per rimuovere l’eccesso di
colorante, venivano decolorate con 1 ml di una soluzione composta da 1% acido
acetico glaciale, 50% etanolo, 49% acqua; aliquote di 100µl/campione venivano
poste successivamente in piastre da 96 pozzetti e lette in spettrofotometria con un
lettore per piastra alla lunghezza d’onda di 540 nm.
Le cellule con lesioni di membrana o morte perdevano la capacità di trattenere il
colorante che veniva rimosso durante il procedimento di lavaggio e decolorazione.
I risultati venivano quindi espressi come percentuale di vitalità dei trattati rispetto a
colture di controllo mantenute in condizioni standard di crescita
MTT
Il test è basato sulla capacità degli enzimi di deidrogenazione mitocondriale delle
cellule viventi di convertire un sale di tetrazolio, solubile e di colore giallo, il 3(4,5-dimetiltiazolo-2-il)2,5-difeniltetrazolio
bromuro
(MTT),
in
formazano
insolubile, che forma un precipitato blu-violetto nella cellula. (121).
Le colture venivano incubate a 37°C per 3 ore in presenza di soluzione salina
contenente MTT (0.5 mg/ml); al termine si asportava il terreno e, dopo un lavaggio
con soluzione salina di Hank’s, si aggiungeva 1 ml di isopropanolo acidificato con
HCl 0.04 N per lisare le cellule e solubilizzare i cristalli di formazano.
I risultati ottenuti dalla lettura spettrofotometrica a 570 nm venivano espressi come
percentuale di vitalità nelle cellule trattate rispetto a cellule di controllo mantenute
in condizioni standard di crescita
35
Western Blotting.
L’espressione proteica di
IL1α, LIF e GAPDH (gene housekeeping) è stata
verificata mediante separazione elettroforetica dell’omogenato cellulare (SDSPAGE) secondo il metodo Laemmli (122).
Si preparano i gel a diverse concentrazioni di acrilamide:
“Stacking gel”, costituito dal 5% di acrilamide, 0,1% di bisacrilamide e 0,1% di
SDS in tris HCl a pH 8,8
“Running gel”, costituito dal 10% di acrilamide, 0,2% di bisacrilamide e 0,1% di
SDS in tris HCl a pH 6,8
30 µg di proteine cellulari, sospesi in un sample buffer (0,48 M tris HCl pH 6,6,
glicerolo al 30%, blu di bromofenolo allo 0,003%), vengono bolliti per 5 minuti,
ed infine viene aggiunto β-mercaptoetanolo (concentrazione finale 5%) . In ogni
pozzetto di corsa sono caricati i campioni e le proteine sono separate mediante
elettroforesi, in una mini-cella (10x10 cm) in presenza di corrente di 50V per 30
minuti, per lo stacking gel, e a 150V per 80, per il running gel. Alla fine
dell’elettroforesi, le proteine ormai separate, venivano trasferite (blotting) sulla
membrana di PVDF (Amersham): i gel (contenenti le proteine separate) sono messi
a contatto con le membrane di trasferimento all’interno di un apparato Trans-Blot,
contenente il Towbin Buffer (Tris HCl pH 6.6 25 mM, Glicina 192 mM metanolo
al 20% e acqua), in presenza di corrente a 70V per 80 minuti.
Successivamente le membrane vengono incubate per un’ora circa, con una
soluzione di latte in polvere al 5% in PBS, addizionato con Tween allo 0,025%, per
saturare i siti della membrana non occupati da proteine. Al termine le membrane
vengono sciacquate tre volte per dieci minuti con una soluzione di TBS
addizionata di Tween allo 0,025% e quindi incubate per un’ora a temperatura
ambiente o per 12 ore a 4°C con l’anticorpo primario di coniglio, (antiIL1α, −LIF e -GAPDH. (Santa Cruz Biotecnology).
36
Per ogni anticorpo sono state usate le diluizioni suggerite dalla ditta fornitrice.
Al termine dell’incubazione le membrane, dopo 3 lavaggi per dieci minuti in una
soluzione di TBS-Tween allo 0,1%, sono incubate con un secondo anticorpo anti
Ig-G di coniglio coniugato con la perossidasi di rafano (diluizione di 1:2000,
Amersham).
Le membrane sono
infine incubate con substrati per lo sviluppo della
chemioluminescenza (ECL plus, Amersham) e poste poi a contatto con una lastra
fotografica, che una volta impressionata, rivela il segnale.
Analisi della localizzazione della LIF con tecnica dell’Immunofluorescenza
L’ immunofluorescenza è una tecnica che viene impiegata per rilevare un’ampia
varietà di molecole proteiche nei tessuti o nelle sospensioni cellulari. L’uso di
questa tecnica presuppone la disponibilità di un microscopio a fluorescenza dotato
di un sistema ottico equipaggiato con filtri speciali e con una lampada al mercurio.
L’immunofluorescenza presenta due metodi di realizzazione: diretto ed indiretto.
Nel metodo diretto (una sola tappa) una sostanza fluorescente viene legata
direttamente all’anticorpo che verrà poi saggiato con l’antigene di interesse. Nel
metodo indiretto (due tappe) il materiale in studio viene prima saggiato con
l’antisiero (anticorpo primario) e quindi con un anticorpo fluoresceinato specifico
contro l’anticorpo primario. I fluorocromi più usati sono la fluoresceina
isotiocianato (FITC) e l’isotiocianato di rodammina (TRITC).
Per ottenere il fenomeno della fluorescenza si utilizzano delle lunghezze d’onda
nel range dell’UV o del blu. Lo strumento di elezione per l’analisi di campioni
fluorescenti è il microscopio a luce incidente (a epifluorescenza). Nel microscopio
a epifluorescenza l’obiettivo funge anche da condensatore. L’obiettivo, dunque,
porta sull’oggetto un fascio di luce incidente pari a quella della luce eccitante e, in
senso inverso, raccoglie la luce fluorescente prodotta dal campione e la porta
37
all’oculare. Per far ciò, è necessaria la presenza di un filtro (o di una combinazione
di filtri) disposto sul percorso ottico, in grado di separare luci di diversa lunghezza
d’onda
e
di
garantire
separazione
cromatiche
accurate.
Il
vantaggio
dell’epifluorescenza è quello di riuscire a concentrare una grande quantità di luce
eccitante su un’area limitata del campione e ottenere così un segnale ad alta
efficienza. Un ulteriore vantaggio del microscopio a epifluorescenza è che
l’illuminazione dall’alto permette di mantenere anche l’illuminazione in luce
bianca proveniente dal condensatore sotto al tavolino. Ciò è particolarmente utile
quando bisogna analizzare un oggetto sia in fluorescenza sia in contrasto di fase.
Esistono in commercio diversi fluorocromi (FITC, TRITC, Texas Red, DAPI, etc.)
e ognuno di questi possiede un preciso spettro di eccitazione e di emissione. Per
poter osservare il segnale emesso da un fluorocromo bisogna che il microscopio sia
dotato di un gruppo di filtri di eccitazione e di emissione compatibili con le
caratteristiche del fluorocromo scelto.
La metodica
eseguita per questo studio è stata quella del metodo indiretto. Le
cellule NCTC sono state seminate in vetrini da 13 mm di diametro posti in piastre
da 12 pozzetti, alla concentrazione di 5x 104 cellule per pozzetto. Dopo 24 ore
dalla semina le colture sono state esposte a GERANIOLO (0,5 mM) per 3 ore e il
terreno è stato aspirato e le cellule sui vetrini sono state lavate con PBS 1x, prima
di procedere alla fissazione con paraformaldeide al 4% in PBS a temperatura
ambiente, per 30 minuti. Successivamente si sono esposte a NH4Cl 30 mM per 30
minuti al fine di bloccare i siti aspecifici. La permeabilizzazione delle membrane
è stata effettuata con TRITON®X-100 allo 0,1% per 15 minuti a temperatura
ambiente. Si procedeva poi all’incubazione per circa 1h in camera umida a
temperatura ambiente, con l’anticorpo primario monoclonale (ottenuto nel topo)
anti-LIF diluito in TRITON 0,1%; un vetrino senza anticorpo primario era usato
come controllo negativo. Dopo tre lavaggi in PBS/TRITON®X-100 allo 0,1%, si
procedeva all’incubazione con l’Ab II ottenuto nella capra anti topo coniugato col
fluorocromo FITC (isotiocianato di fluorosceina , a temperatura ambiente in
38
camera umida. Al termine della reazione immunologia, e dopo lavaggio per tre
volte consecutive, con PBS/TRITON 0,1% per eliminare l’eccesso di anticorpo
secondario, si è eseguito il montaggio dei vetrini utilizzando Mowiol e poi si sono
osservati i vetrini al microscopio invertito a epi-fluorescenza (Leica). Le immagini
sono state acquisite con il programma fornito dalla ditta IM500.
Analisi statistica
Tutte le analisi statistiche sono state estrapolate mediante il software del
programma statistico GraphPad Prism. Tutti i risultati sono stati espressi come
media ± DS di singoli valori calcolati su 3-6 esperimenti in triplicato; la
significatività è stata calcolata mediante l’analisi della varianza (test ANOVA)
seguita dal Dunnet’s test (programma GRAPHPAD INPLOT).
39
RISULTATI
Valutazione degli effetti citotossici dei composti
Dalle relazioni dose-risposta ottenute sulla base degli indici di vitalità ottenuti con
i test NRU e MTT (Figura 1), dopo esposizione delle colture a diverse
concentrazioni dei composti in esame, è stato possibile l’estrapolazione dell’IC50,
cioè della concentrazione in grado di inibire del 50% la vitalità cellulare.
Figura 1 . Curve dose-risposta ottenute dopo esposizione delle cellule NCTC 2544 ai
vari composti chimici in esame.
100
Vitalità%
Vitalità%
100
75
50
75
50
25
25
0
0
0
1
2
3
4
5
6
7
0 .0
8
2 .5
5.0
7 .5
1 0.0
12 .5
1 5.0
L i m o n e n e ( m M )
G e r a n i o l o (m M )
100
75
Vitalità%
Vitalità%
100
75
50
50
25
25
0
0
0
5
10
15
0
20
1000
2000
Vitalità%
Vitalità%
4000
5000
6000
7000
100
100
75
50
75
50
25
25
0
3000
C itr onellolo µM
A l c o o l B e n z i l i c o (m M )
0
0
50
100
150
S D S
200
( µ M )
250
300
0
250
500
N i S O
750
4
1000
1250
( m M )
Gli indici di vitalità sono stati misurati con i test MTT(●) e RNU(●)
Per tutte le molecole il tempo di esposizione è stato di 3 ore.
I risultati rappresentano la media ± SEM di almeno 5 esperimenti condotti in triplicato
40
I valori di IC50 sono stati ottenuti grazie all’utilizzo del programma GRAPH-PAD
(Tabella 1).
Tabella 1.
Valutazione della vitalità cellulare nella linea NCTC 2544 dopo esposizione per 3 ore
ai composti chimici in esame.
Molecola
Test vitalità
NRU
MTT
Geraniolo
1521 ± 1,05
1265 ± 1,12
Limonene
8623 ± 1,02
6657 ± 1,00
Alcool Benzilico
n.d.
n.d.
Citronellolo
1166 ± 1,04
1410 ± 1,02
SDS
233 ± 1,05
132 ± 1,18
Nichel solfato
500 ± 52
569 ± 36,55
I dati sono espressi come Ic50 (concentrazione µM) e 95% intervallo di confidenza. n.d. = non
determinabile.
I dati rappresentano la media ± SEM di 4-6 esperimenti condotti in duplicato.
* = p<0.01 colture esposte a SG vs il rispettivo controllo (test ANOVA seguito dal test di
Dunnett’s).
La molecola più tossica è risultata essere l’SDS, seguita da Citronellolo, Geraniolo,
Limonene e Nichel Solfato. Per l’Alcool Benzilico non è stato possibile valutare il
valore di IC50 a causa delle limitazioni imposte dal solvente.
41
Analisi dell’espressione proteica delle citochine IL1α
α e LIF dopo esposizione
delle cellule NCTC 2544 ad alcune molecole aromatizzanti presenti nelle
formulazioni cosmetiche
Nella serie di
esperimenti per l’analisi dell’espressione proteica delle due
citochine abbiamo deciso di utilizzare solo 3 molecole: Geraniolo, Limonene e
Alcool benzilico. La scelta è stata fatta sulla base degli indici di vitalità cellulare,
infatti queste tre molecole avevano evidenziato effetti citotossici forti, medi e lievi,
rispettivamente. Ovviamente sono stati sempre analizzati anche le molecole di
controllo positivo, come
SDS e Nichel Solfato (elevata e scarsa tossicità,
rispettivamente).
Le colture di NCTC 2544 sono state esposte alle molecole utilizzando
concentrazioni che ritenevamo potessero innescare
una modulazione delle
citochine, senza esplicare una riduzione marcata della vitalità cellulare. Il range di
concentrazioni utilizzate rimaneva comunque alquanto ristretto (0,25 - 4 mM).
Per l’Alcool benzilico e Nichel solfato, che possiedono IC50 troppo alte rispetto
alle altre sostanze, si è deciso di utilizzare le stesse concentrazioni del Limonene
(bassa tossicità).
Partendo dalle concentrazioni efficaci di trattamento scelte, abbiamo quindi
proseguito la ricerca valutando l’espressione proteica di
IL-1α, sia nella forma
immatura che matura, e della LIF, esponendo le cellule alle sostanze in esame per
tempi da 1 a 6 ore.
Le colture di NCTC 2544 sono state esposte ai vari trattamenti in due condizioni
sperimentali:
•
Tempo di esposizione costante (3 ore) e concentrazioni variabili
•
Concentrazione costante e tempi di esposizione variabili (1-6 ore)
Al termine delle esposizioni si è proceduto all’analisi dell’espressione proteica
42
della IL-1α nella sua forma immatura e matura (17 e 30 Kda, rispettivamente) e
della LIF.
Nella prima parte di esperimenti le cellule NCTC 2544 sono state esposte per 3 ore
alle molecole in esame,
a
concentrazioni che avevano esplicato lievi effetti
citotossici, abbassando gli indici di vitalità al massimo del 20 - 25% (tabella
sottostante). Nella seconda parte degli esperimenti le colture sono state esposte per
1-3-6 ore alla concentrazione intermedia di ognuna delle molecole scelte.
Molecola
SDS
Concentrazioni (mM)
0,025 - 0,05 - 0,1
Nichel solfato
1-2-4
Alcool Benzilico
1-2-4
Geraniolo
0,25 - 0,5 - 1
Limonene
1-2-4
In figura 2 sono mostrati i dati relativi all’espressione proteica delle citochine
trattamento con SDS.
43
Figura 2: Espressione proteica delle citochine LIF e IL1 α nelle cellule NCTC 2544 dopo
trattamento con Sodio Dodecil Solfato.
C
25µ
µM 50µ
µM 100µ
µM
50 µM
1 h 6h
IL1 17 Kda
IL1 30 Kda
LIF
GAPDH
150
a
100
*
**
**
**
50
AU%
AU%
150
b
100
*
**
50
**
0
0
0
25
50
75
microM
100
125
0
1
2
3
4
5
6
7
ore
Le colture sono state esposte a SDS per 3 ore alla concentrazione di 25, 50 e 100 µM (pannello
a) e per 1, 3 e 6 ore alla concentrazione 50 µM (pannello b). L’analisi è stata eseguita con la
tecnica dell’immunoblotting. I dati rappresentano media ± DS di almeno 3 esperimenti.
* = p < 0,05; ** = p < 0,01; (ANOVA’s test, seguito da Dunnet’s test)
LIF (●), IL1α (■) e pro-IL1α (▲)
Per quanto riguarda l’IL-1α, si osserva, negli esperimenti a varie concentrazioni di
SDS, (Fig. 2a) l’andamento della forma matura e di quella immatura dell’IL-1α è
molto simile:
la citochina subisce un forte e significativo decremento alla
concentrazione minore (25 µM); ciò fa supporre che, presumibilmente oltre a un
fenomeno di secrezione attiva, nel caso dell’SDS si osservi anche un probabile
danno di membrana e quindi un fenomeno di diffusione passiva di citochine al di
fuori della membrana.
Dai dati della letteratura (8 ) risulta che se l’IL1 α, in condizioni normali, deve
essere clivata per essere secreta, in caso di fuoriuscita passiva (es: morte
cellulare) la sua forma immatura ha gli stessi effetti infiammatori di quella
matura.
44
A concentrazioni maggiori (50 e 100 µM), si osserva un innalzamento
generale dell’espressione proteica della citochina, fenomeno che può essere
spiegato come un adattamento cellulare a stimoli più forti.
Questo effetto fa supporre un veloce recupero cellulare delle scorte di
citochina, e i livelli della forma immatura raggiungono valori pari al 70-80%
di quelli del controllo non trattato.
L’andamento dell’espressione della
LIF risulta parallelo a quello
dell’interleuchina 1α. Α basse dosi di SDS l’espressione della LIF non sembra
diminuire significativamente, mentre a dosi maggiori si osserva, dopo un lieve
aumento, un brusco e significativo decremento (50% rispetto al controllo).
Questi risultati sembrano confermare l’azione più tardiva della LIF rispetto
all’IL-1 (115).
Durante le 6 ore di esposizione a 50µM di SDS (Fig. 2b), nelle cellule NCTC
2544 si è osservato un lieve, ma costante decremento di entrambe le citochine,
con valori molto significativi per IL1α dopo 6 ore; la regolarità del fenomeno
potrebbe essere correlata con l’azione tensioattiva dell’SDS che spiegherebbe
il discreto potere irritante della molecola.
Il trattamento con concentrazioni crescenti (Fig. 3a) di Nichel Solfato
(molecola considerata controllo positivo per il potere allergenico) alle
concentrazioni 1 e 4 mM ha modulato in maniera significativa l’espressione
della proteina IL1α, che nella sua forma matura raggiunge livelli
40%
superiori rispetto a quelli del controllo non trattato.
45
Figura 3: Espressione proteica delle citochine LIF e IL1 α nelle cellule NCTC 2544 dopo
trattamento con Nichel Solfato.
C
1mM
2mM 4mM
2 mM
1h 6h
IL1 17 Kda
IL1 30 Kda
LIF
GAPDH
200
**
150
**
*
100
50
5b
**
150
*
AU%
AU%
200
5a
**
*
100
50
0
0
0
1
2
3
4
5
mM
0
1
2
3
4
5
6
7
ore
Le colture sono state esposte a Nichel Solfato per 3 ore alla concentrazione di 1, 2, 4 mM (pannello
a) e per 1, 3 e 6 ore alla concentrazione di 2 mM (pannello b).
I dati rappresentano la media ± DS di almeno 3 esperimenti.
* = p < 0,05; ** = p < 0,01; (ANOVA’s test, seguito da Dunnet’s test)
LIF (●), IL1α (■) e pro-IL1α (▲)
L’esposizione a 2 mM di Nichel Solfato sembra viceversa determinare una
riduzione dei livelli di espressione della IL-1α e ciò potrebbe far pensare ad
una sua maggior secrezione.
L’andamento più costante delle forma immatura di IL1α può far presumere che
ci sia un continuo incremento del processo traduzionale per bilanciare i livelli
della forma matura. Nelle stesse condizioni sperimentali la LIF mostra un
andamento molto simile a quelli di IL1α.
Durante l’esposizione per 6 ore a 2 mM Nichel Solfato (Fig. 3b) i livelli di
citochine evidenziano un incremento significativo tempo dipendente: si
osserva un forte incremento dei livelli di LIF (valori oltre il 50% dei valori del
46
controllo) e un recupero molto pronunciato delle scorte di IL1α immatura al
termine del trattamento.
Il trattamento con alcool benzilico (Figura 4) determina
un fenomeno di
maturazione dell’IL-1 con andamento dose e tempo dipendente (pannelli a e b
rispettivamente). La forma matura di IL1α aumenta significativamente in tutte
le condizioni sperimentali e, alla dose più alta di trattamento con alcool
benzilico (4 mM), si raggiungono livelli d’espressione di 2,3 volte superiore a
quelli del controllo non trattato
La forma immatura di IL1α sembra risentire meno dell’esposizione ad alcool
benzilico probabilmente perché il consumo della forma immatura (30Kda) , a
vantaggio di quella matura (17Kda) , viene bilanciato da un processo attivo di
traduzione proteica.
La citochina LIF sembra avere lo stesso andamento dell’IL1α anche se i suoi
livelli sono lievemente più bassi rispetto all’altra citochina. Ciò potrebbe far
ipotizzare che l’espressione di questa citochina sia più tardiva di quella
osservata nel caso dell’IL-1 α.
47
Figura 4: Espressione proteica delle citochine LIF e IL1 α nelle cellule NCTC 2544 dopo
trattamento con alcool benzilico.
C
1mM
2mM 4mM
2 mM
1h 6h
IL1 17 Kda
IL1 30 Kda
LIF
GAPDH
300
b
300
a
200
*
**
*
AU%
AU%
**
100
**
200
*
*
**
100
0
0
1
2
3
mM
4
5
0
0
1
2
3
4
5
6
7
ore
Le colture sono state esposte ad alcool benzilico per 3 ore alla concentrazione di 1, 2 4 mM
(pannello a) e per 1, 3 e 6 ore alla concentrazione di 2 mM (pannello b).
I dati rappresentano media ± DS di almeno 3 esperimenti. * = p < 0,05; ** = p < 0,01;
(ANOVA’s test, seguito da Dunnet’s test) LIF (●), IL1α (■) e pro-IL1α (▲)
Durante l’esposizione per 6 ore ad alcool benzilico si è osservato un aumento
della forma matura di IL-1α e della LIF, mentre i livelli della proteina IL1α immatura rimane invariata.
Il trattamento con Geraniolo ha creato notevoli variazioni dell’espressione
intracellulare delle citochine in tutte le condizioni sperimentali (Figura 5).
48
Figura 5: Espressione proteica delle citochine LIF e IL1 α nelle cellule NCTC 2544
dopo trattamento con Geraniolo
C
0,25mM 0,5mM 1Mm
0,5 mM
1h 6h
IL1 17 Kda
IL1 30 Kda
LIF
GAPDH
200
200
a
150
AU%
AU%
150
100
50
0
0.00
b
*
**
100
**
50
**
**
0
0.25
0.50
0.75
mM
1.00
1.25
0
1
2
3
4
5
6
7
ore
Le colture sono state esposte a Geraniolo per 3 ore alla concentrazione di 0,25, 0,5, e 1 mM
(pannello a) e per 1, 3 e 6 ore alla concentrazione di 0,5 mM (pannello b). I dati
rappresentano media ± DS di almeno 3 esperimenti. * = p < 0,05; ** = p < 0,01;
(ANOVA’s test, seguito da Dunnet’s test)
LIF (●), IL1α (■) e pro-IL1α (▲)
I livelli di IL1α aumentano di circa il 50% alla più bassa concentrazione testata
di geraniolo (0,25 mM), mentre alla concentrazione 0,5 mM si è verificata una
riduzione dell’espressione. Ciò potrebbe dipendere da una secrezione della
citochina e da un suo successivo assestamento a valori simili al controllo.
L’andamento parallelo tra le due forme di IL1α matura e immatura è
riconducibile a una stretta temporalità tra processi di traduzione, clivaggio e
secrezione. In particolare, in questo caso, si può supporre che il geraniolo
induca un clivaggio, pressoché istantaneo, della forma immatura neoformata.
49
I livelli di LIF
diminuiscono significativamente già alla concentrazione più
bassa 0,25 mM) e rimangono pressoché costanti alle concentrazioni maggiori .
In questo caso l’andamento della LIF potrebbe confermare l’ipotesi, in accordo
con quanto riportato in letteratura (114), di una sua implicazione in fase di
presunta secrezione, e quindi una sua influenza sull’espressione dell’IL1α.
Durante l’esposizione per 6 ore a Geraniolo 0,5 mM, si osserva un forte e
significativo decremento dell’ IL1α matura (livelli inferiori al 50% rispetto al
controllo), mentre la forma immatura si mantiene a livelli costanti sempre
inferiori a quelli basali.
Un andamento simile si è osservato anche per l’espressione della LIF.
In Figura 6 sono riportati i dati relativi all’esposizione delle cellule NCTC
2544 a limonene.
A differenza di quanto osservato con le altre molecole testate, il limonene
determina un aumento significativo (incremento pari al 65% rispetto ai valori
del controllo) della forma immatura di IL1α alla concentrazione più bassa
testata (1 mM), mentre alle altre concentrazioni, i livelli di citochina sono
simili a quelli del controllo. I livelli della forma matura di IL-1α evidenziano
un suo drammatico decremento, che fa presumere che si verifichi un blocco del
fenomeno di clivaggio, che fa sì che i processi di traduzione e secrezione
risultino totalmente disgiunti.
50
Figura 6: Espressione proteica delle citochine LIF e IL1 α nelle cellule NCTC 2544
dopo trattamento con Limonene.
C
1mM
2mM 4mM
2 mM
1h
6h
IL1 17 Kda
IL1 30 Kda
LIF
GAPDH
200
200
*
150
150
AU%
AU%
b
a
*
100
50
100
**
**
**
50
*
0
0
0
1
2
3
4
5
0
1
2
mM
3
4
5
6
7
ore
Le colture sono state esposte a limonene per 3 ore alla concentrazione di 1, 2 e 4 mM (pannello
a) e per 1, 3 e 6 ore alla concentrazione di 2 mM (pannello b). I dati rappresentano la media ± DS
di almeno 3 esperimenti. * = p < 0,05; ** = p < 0,01; (ANOVA’s test, seguito da Dunnet’s test)
LIF (●), IL1α (■) e pro-IL1α (▲)
Alla concentrazione più alta (4mM) l’espressione della forma matura raggiunge
invece valori superiori a quelli del controllo, il che potrebbe suggerire che dopo
una rapida secrezione ci sia stata una maturazione della forma immatura che in
effetti nelle stesse condizioni decresce.
La LIF aumenta l’espressione in maniera significativa (oltre il
50% del
controllo) dopo esposizione delle cellule alla concentrazione di limonene più
bassa testata (1mM), mentre alle concentrazioni maggiori si osserva un drastico
calo, attribuibile probabilmente ad una secrezione.
51
Anche negli esperimenti tempo dipendenti (Figura 6b) si osserva un diverso
comportamento fra le due forme di IL1α: dopo 3 ore i livelli di espressione
della forma matura si riducono al 60% , rispetto al controllo, mentre dopo 6 ore
si osserva una risalita ai livelli basali.
La forma immatura invece non sembra subire troppe variazioni se non un lieve
aumento, non significativo, costante nel tempo, molto probabilmente grazie a
un’attivazione del fenomeno di traduzione.
Anche i livelli della LIF diminuiscono significativamente, suggerendo una
attiva e costante secrezione nel tempo: alle 6 ore l’espressione della citochina è
risultata essere ridotta del 50% rispetto alle colture di controllo non trattate.
Analisi della localizzazione della LIF
L’analisi della localizzazione delle citochine durante l’esposizione delle cellule
NCTC 2544 a stimoli irritanti è stata limitata alla LIF, in quanto in letteratura
ci sono già evidenze relative alla IL-1.
La molecola scelta per tale indagine è stata il Geraniolo perché negli
esperimenti precedenti tale esposizione
determinava una riduzione
dell’espressione intracellulare della LIF a livelli che si mantenevano pressoché
invariati, indipendentemente dalla dose e dal tempo di esposizione (figura 5).
Quindi le cellule NCTC 2544 sono state esposte al Geraniolo 0,5 mM per 3
ore.
I risultati ottenuti con la tecnica dell’immnofluorescenza (Figura 7) hanno
confermato l’ipotesi che i cheratinociti NCTC 2544 rispondono ad uno stimolo
irritante di natura chimica secernendo la LIF. Le immagini digitali ottenute
infatti mostrano una marcata riduzione della positività
per la LIF: nelle
colture di controllo la citochina risulta ammassata nel citoplasma, mentre in
quelle trattate si osserva una localizzazione più diffusa.
52
Figura 7: Localizzazione della LIF in cheratinociti NCTC 2544
A
B
L’analisi della localizzazione intracellulare della LIF è stata effettuata con la tecnica
dell’immunofluorescenza.
Pannello A: colture di controllo
Pannello B: colture esposte a Geraniolo 0,5 mM per 3 ore.
53
Note conclusive sui risultati ottenuti finora.
Lo scopo principale del progetto di ricerca consiste nell’allestimento di
un modello in vitro da poter proporre nella fase di pre-screeening del
potenziale irritativo di ingredienti di preparazioni cosmetiche.
In particolare il nuovo modello deve rispondere all’esigenza di
analizzare la modulazione di citochine infiammatorie, quali IL1α e LIF,
in cheratinociti umani normali.
In letteratura esistono già molte evidenze sperimentali sulla misura IL-α
come indice di irritazione, da parte di modelli di pelle umana ricostituita
(es. EpiDermTM, EpiskinTM e SkinEthicR), ma il rilascio di questa
citochina sembra essere varaibile da lotto a lotto.
Nel primo obiettivo abbiamo cercato
di ovviare al problema della
variabilità ricorrendo ad una linea stabilizzata di cheratinociti umani
normali (NCTC 2544) e, per garantire una maggior attendibilità del
modello, si è anche analizzata contemporaneamente l’espressione di
un’altra citochina precoce, la LIF, che però è ancora oggetto di studio
in quanto non tutti i gruppi di ricerca sono concordi sulla sua
implicazione nei processi infiammatori e soprattutto se ci sia un rapporto
di dipendenza con IL-1α.
Inoltre, per la predizione del potenziale infiammatorio, a differenza di
altri studi, in cui si sono valutati i livelli di citochine nell’arco di 24 e
48 ore, abbiamo
verificato la modulazione di IL-1α e LIF nelle fasi
precoci di irritazione, limitando l’esposizione al massimo per 6 ore.
Per verificare l’attendibilità
molecole,
del modello abbiamo scelto alcune
ingredienti di prodotti cosmetici,
aromatizzanti,
considerate
tra le 26 sostanze
potenzialmente
allergeniche,
54
“indipendentemente
dalla
funzione
che
hanno
nel
prodotto”
direttiva2003/15/CEE, emendamento dell’articolo 6(1)(g), prediligendo
quelle che rientravano tra i composti “naturali”. Come molecole di
controllo positivo per l’irritazione cutanea
e per l’induzione di
fenomeni di sensibilità abbiamo scelto di studiare rispettivamente l’SDS
e il Nickel solfato.
Una visione generale dei risultati ottenuti finora ci permette di fare due
considerazioni molto importanti:
1) entrambe le citochine testate rispondono in tempi di esposizione
precoce.
2) abbiamo fornito l’evidenza dell’espressione
della LIF nei
cheratinociti NCTC 2544 e della sua modulazione durante i trattamenti
con molecole potenzialmente irritanti;
I dati sull’espressione delle citochine
durante esposizione a diverse
concentrazioni dei composti in esame correlano sempre molto bene con
quelli ottenuti dagli indici di tossicità basale sui cheratinociti.
Si può quindi affermare che, nel nostro modello sperimentale, i
trattamenti a basso potere tossico (le concentrazioni scelte erano molto
più basse dall’ IC50 del composto) hanno esplicato un’azione di lieve
irritazione sulle cellule, in quanto hanno determinato
modulazioni
pressoché identiche e limitate, in fase di decremento, sia di IL1α che di
LIF.
In generale le due citochine, pur essendo modulate in maniera simile,
sembrano rispondere in maniera indipendente allo stimolo irritativo, con
una, seppur lieve, maggiore reattività da parte di IL1α sia in fase di
accumulo sia di ipotetica secrezione.
55
Questo comportamento può suggerirci che entrambe le citochine siano
precoci, ma la loro modulazione, molto probabilmente, risulta
vicendevolmente influenzata sotto stimoli irritanti di una certa entità.
Dalla analisi dei livelli di espressione delle citochine durante le 6 ore di
esposizione si può dedurre che molecole dotate di bassa tossicità
incrementano i livelli intracellulari di Il-1α e LIF, mentre, le molecole
con più elevato potenziale citotossico determini un effetto opposto,
ascrivibile ad una effettiva secrezione delle citochine.
I dati ottenuti ci hanno permesso di elaborare una scala di potenzialità
tossicologiche e infiammatorie di molecole ad uso topico, sempre con
una buona correlazione con gli indici di citotossicità.
Ora gli esperimenti stanno proseguendo per verificare la risposta anche
nei fibroblasti dermici.
56
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Relazione della Dott.ssa Susanna Penco su primo