Il processo di imbutitura
1. Il processo di imbutitura
1.1.
Lo stampaggio della lamiera
Con il termine di stampaggio si intende una serie di operazioni
meccaniche tramite le quali, senza avere produzione di truciolo, si può ottenere
un oggetto di forma qualsiasi, più o meno cava, a partire da un foglio piano di
metallo laminato [7]. In definitiva si sottopone il laminato ad una deformazione
plastica. La realizzazione di tali operazione avviene mediante utensili speciali
denominati stampi, i quali, a loro volta, vengono opportunamente montati su
apposite macchine, in genere a moto rettilineo alternativo e più raramente a moto
continuo rotatorio, chiamate presse. In genere le lavorazioni su laminati piani
vengono suddivise in tre categorie:
a) Tranciatura
b) Piegatura e curvatura
c) Imbutitura
Le prime due operazioni vengono solitamente eseguite a freddo
mentre per l’imbutitura si può scegliere se sia più conveniente lavorare a freddo o
a caldo.
Per ottenere un pezzo finito di lamiera stampata si può ricorrere ad
una o più delle tre operazioni appena citate in quanto non sempre è possibile
raggiungere la geometria finale con una sola delle tre tecniche. Infatti sono
frequenti i casi in cui vengono abbinati almeno due dei processi di stampaggio:
un esempio tipico è la successione di tranciatura del profilo iniziale e imbutitura
dello stesso per ottenere un elemento cavo. Inoltre queste due fasi distinte
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Il processo di imbutitura
potrebbero essere, a loro volta, suddivise in fasi intermedie: ad esempio se
l’oggetto cavo è particolarmente profondo si potrebbe suddividere l’imbutitura in
più passaggi.
E’ quindi evidente come sia più corretto parlare di ciclo di stampaggio
piuttosto che di stampaggio semplice. Tale ciclo, che consiste quindi di una serie
ordinata di operazioni atte a trasformare la lamiera piana in un oggetto dalla
geometria e profondità ben definita, dipende da diversi fattori:
1. dalla forma dell’oggetto da ottenere
2. dalle sue dimensioni
3. dalla qualità del materiale costituente la lamiera
Infatti, la forma del pezzo finito è determinante per stabilire il numero
indicativo delle operazioni da effettuare: in altri termini, quanto più è semplice la
geometria e meno profonda la cavità, tanto più breve risulterà la successione di
operazioni da portare a termine. Anche le dimensioni sono importanti: per
imbutire uno scodellino molto profondo rispetto al diametro della cavità saranno
necessari più passaggi di stampaggio. Infine il materiale è anch’esso un fattore
assai importante: un laminato di materiale molto plastico è adatto ad essere
assoggettato ad una imbutitura molto profonda senza rischi di rottura, mentre un
acciaio scadente, ad esempio, non permette, a parità di dimensioni iniziali e di
spessore della lamiera, uno stampaggio altrettanto profondo.
In precedenza si è accennato al fatto che lo stampaggio, ed in
particolare l’operazione di imbutitura, può essere effettuato a caldo. In genere
questo accorgimento deve essere attuato nei casi in cui la lamiera subisce
notevoli variazioni non solo di forma ma anche di spessore. Infatti in molti casi
non è sempre possibile pretendere una eccessiva deformazione a freddo poiché la
buona riuscita di tale lavorazione dipende prima di tutto dalla geometria del
pezzo finito e dallo spessore. Pertanto le lamiere molto spesse (oltre i 7 mm),
specialmente di acciaio duro, richiedono una lavorazione a caldo.
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Il processo di imbutitura
1.2.
Concetti generali sull’imbutitura
Si intende ora introdurre una descrizione sia qualitativa che
quantitativa sul processo di deformazione plastica noto come imbutitura; per
quanto riguarda tale trattazione si fa esplicito riferimento al testo di M. Rossi
“Stampaggio a freddo delle lamiere” [7].
L’operazione di imbutitura consiste nella trasformazione di una lastra
piana di materiale metallico laminato in un oggetto cavo di geometria più o meno
complessa tramite uno o più passaggi. La semplice lavorazione di imbutitura non
dovrebbe in teoria alterare lo spessore iniziale della lamiera che dovrebbe
pertanto rimanere pari a quello del foglio grezzo iniziale. Nella realtà lo spessore
del laminato viene variato anche pesantemente.
Per comprendere meglio il processo vero e proprio che verrà descritto
in seguito, è interessante osservare come si comportano le fibre di materiale
durante la lavorazione. Si supponga di voler ottenere dal disco di partenza A, di
diametro D, un cilindro cavo B di diametro d e altezza h (Figura 1.1).
Figura 1.1: Schema che mostra la deformazione che ha subito il materiale di una scatola
circolare imbutita (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle lamiere, pag. 97)
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Il processo di imbutitura
Si supponga inoltre che la lavorazione avvenga a spessore costante. Il
disco di fondo del cilindro non ha subito deformazioni mentre la parete cilindrica
si è evidentemente deformata in quanto inizialmente componeva la corona
circolare piana di larghezza h0 compresa tra i diametri D e d del disco A. Si può
quindi osservare che l’elemento s0 tratteggiato sul disco iniziale ha subito una
deformazione durante l’imbutitura, cambiando la forma da trapezoidale a
rettangolare s (tratteggiata sulla parete cilindrica del pezzo); inoltre, nello stesso
tempo, l’elemento s0 si piega di 90°. A causa di tale cambiamento di forma, si
verifica che l’altezza h del cilindro risulta essere maggiore dell’altezza h0
dell’elemento trapezoidale piano s0. Come risultato si può affermare che durante
il processo di imbutitura ogni elemento di materiale è soggetto a sforzi radiali di
tensione e a sforzi tangenziali di compressione.
L’andamento delle fibre del materiale che si è deformato è assai
importante per prevedere possibili eccessivi stiramenti che potrebbero produrre
strappi nella lamiera: infatti, prima che fossero introdotti i moderni programmi di
simulazione del processo ad elementi finiti, era prassi comune tracciare con una
punta da segno un reticolo di linee incrociate sulla lamiera da imbutire. Secondo
la deformazione subita dal materiale durante la lavorazione era possibile rilevare
gli spostamenti e calcolare le deformazioni subite dal pezzo. Tramite questo
semplice artificio era possibile prevedere e motivare le rotture nel materiale
dovute ad un eccessivo stiramento delle fibre causato dal cattivo progetto dello
stampo o da un’eccessiva pressione esercitata dal premilamiera.
Si vuole ora entrare nello specifico del procedimento di imbutitura:
tale lavorazione tende a obbligare un disco, o una forma qualsiasi, di lamiera a
passare, sotto l’azione di pressione esercitata da un utensile chiamato punzone,
attraverso un generico foro di dimensione leggermente maggiore rispetto a quella
del punzone, in genere di due volte lo spessore del foglio di lamiera iniziale
(Figura 1.2).
La parte di materiale che è costretta a passare nella sottile porzione di
spazio delimitata interiormente dal punzone ed esteriormente dalle pareti dello
stampo subisce una compressione in modo da impedire la formazione delle
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Il processo di imbutitura
grinze che altrimenti sarebbe inevitabile. L’azione di compressione è risentita da
tutta la superficie laterale del pezzo mentre la superficie di fondo, che rimane
indeformata, deve solamente resistere alla pressione esercitata dal punzone che
sta scendendo.
Figura 1.2: Schema di imbutitura semplice (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle lamiere, pag.
98)
Nella maggior parte dei casi, il processo è più complesso: infatti , nel
caso ad esempio di componenti di dimensioni elevate e con spessori di materiale
piccoli, è necessario tenere sotto controllo il bordo della lastra iniziale. Tale
controllo viene effettuato tramite l’inserimento del premilamiera che si può
assimilare ad un piano che fissa i bordi della lamiera ed agisce da distensore
mentre nella parte centrale dello stampo avviene il vero processo di formatura. In
tal modo la lamiera è prima costretta a distendersi sotto l’azione del premilamiera
che la preme moderatamente, poi, vincendo la pressione di distensione, tende a
scivolare trascinata dalla discesa del punzone che forma il pezzo finito come
mostrato dalla Figura 1.3.
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Il processo di imbutitura
Figura 1.3: Procedimento di imbutitura con premilamiera (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle
lamiere, pag. 99)
Naturalmente il materiale subisce anche una certa “stiratura” dovuta
alla pressione esercitata dall’organo di tenuta della lamiera stessa.
La Figura 1.4 mostra i passaggi fondamentali del processo completo di
formatura per imbutitura.
Figura 1.4: Le fasi del processo di imbutitura (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle lamiere,
pag. 100)
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Il processo di imbutitura
Il primo particolare che si può notare è il continuo slittamento del
materiale verso il centro a formare il pezzo finito. La lamiera, al contrario del
processo di piegatura dove viene deformata lungo una sola direzione, in questo
caso subisce deformazioni su gran parte di tutta la sua superficie e quindi della
sua materia. Infatti, come si nota dalla Figura 1.4, il foglio viene prima piegato
poi nuovamente teso; tale operazione può provocare, in certi casi, una forte
dilatazione del materiale e cioè si nota un allungamento delle fibre a spese dello
spessore iniziale. In conseguenza di ciò si dovrà essere attenti a non superare mai
il limite di resistenza del materiale per non provocarne la rottura.
Da quanto esposto finora, è possibile stabilire che alla fine della
lavorazione la disposizione delle fibre del materiale è completamente cambiata
anche se si è tenuto idealmente costante lo spessore della lamiera. Tale
cambiamento è tanto più evidente nel caso di formatura di pezzi cubitali o
parallelepipedi anche se gli spigoli sono ampiamente raccordati. La Figura 1.5
mostra graficamente come negli spigoli sia maggiore la distensione delle fibre.
Figura 1.5: Dimostrazione grafica della distensione delle fibre sulle pareti di un recipiente
imbutito (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle lamiere, pag. 100)
Infatti, per la formatura di tali componenti, le zone più vicine agli
angoli richiedono una quantità minore di materiale in quanto le facce, durante la
formatura, convergono verso di essi alimentadoli di materiale al tempo stesso.
Pertanto lo sviluppo di una scatola parallelepipeda si può presentare come un
rettangolo o un quadrato smussato negli angoli (Figura 1.6).
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Il processo di imbutitura
Figura 1.6: Esempi di sviluppi iniziali della lamiera per pezzi di forma parallelepipeda (M.
Rossi, Stampaggio a freddo delle lamiere, pag. 101)
Con il procedimento fin qui esposto è possibile realizzare con un
passaggio unico profondità di stampaggio maggiori, rispetto all’imbutitura
semplice, senza il rischio che si possano formare delle grinze. E’ importante
sottolineare che se i piani di fissaggio non fossero eseguiti con dovuta precisione,
ed in tal caso la lamiera non fosse tesa uniformemente, si verificherebbe uno
scorrimento non uniforme del materiale verso il centro dello stampo con la
conseguente insorgenza più o meno marcata di grinze. Quindi il premilamiera
deve esercitare la massima pressione consentita dai limiti di resistenza del
materiale. Inoltre tanto maggiore è lo spessore della lamiera e tanto minore
risulta essere il pericolo di rottura del materiale; quindi per alcuni spessori, in
relazione ad una minore profondità di formatura, non è necessario utilizzare il
premilamiera: in pratica la maggiore resistenza alla rottura del materiale sta in
rapporto con la sezione trasversale dello stesso.
Tramite lo schema mostrato in Figura 1.7 è possibile descrivere tutti
gli organi necessari ad un generico processo di imbutitura. Il punzone A dello
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Il processo di imbutitura
stampo è rigidamente collegato al portapunzone B. Il gruppo AB viene fissato alla
parte mobile della pressa. Il maschio A, durante la discesa verso la lamiera,
penetra nella matrice C formando il pezzo. La bussola D, che all’inizio del
processo si trova a filo del piano superiore e che durante la lavorazione ha la
funzione di non fare accartocciare la lamiera, si abbassa accompagnando il
materiale per effetto della pressione esercitata dal punzone comprimendo
contemporaneamente la molla E. Il disco G di tenuta, il premilamiera, garantisce
un’imbutitura senza grinze. Il maschio A, al termine della formatura, risale e
lascia libera la bussola la quale sotto l’azione della molla si alza ed espelle il
pezzo stampato. La matrice è fissata alla piastra F la quale, a sua volta, è
collegata al banco della pressa.
Figura 1.7: Schema di uno stampo semplice per imbutire (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle
lamiere, pag. 102)
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Il processo di imbutitura
1.3.
Influenza del materiale sul processo di imbutitura
La buona riuscita della lavorazione dipende in gran parte, oltre che dai
parametri di processo stabiliti, anche dalla qualità del materiale scelto e dai
trattamenti termici che ha subito. In particolare, per quanto riguarda l'imbutitura,
la lamiera deve essere di metallo molto dolce e anche ricotto; questo perché la
formatura richiede una notevole deformazione delle fibre interne al materiale e
quindi una lastra poco duttile darà risultati assolutamente scadenti. In pratica, a
parità di spessore della lamiera, di stampo utilizzato e di parametri applicati, un
materiale meno duttile potrà anche non superare il primo passaggio di imbutitura,
mentre uno più dolce potrà essere formato in più passaggi con ottimi risultati.
Risulta quindi evidente che il tipo e la qualità del materiale scelto
influenzano notevolmente il processo di lavorazione da attuare: è quindi
fondamentale effettuare una serie di prove sul materiale stesso prima di poter
stabilire se è il più adatto ad essere formato secondo i progetti stabiliti.
1.4.
Lubrificanti per l'imbutitura
Come descritto in precedenza, per trasformare una lastra laminata in
un oggetto imbutito è necessario applicare una forza assiale la quale sollecita,
entro i limiti di formatura del materiale, le fibre della lamiera. Il punzone e la
matrice devono quindi vincere l'effetto risultante di forze laterali le quali
generano un notevole effetto di attrito tra le pareti. Il materiale è inoltre costretto
a distendersi all'interno della stretta luce lasciata tra punzone e matrice. In
definitiva si deve cambiare la disposizione delle fibre interne al materiale e per
fare ciò è necessario compiere un certo lavoro.
Per evitare che si verifichino rotture del materiale e per rendere più
agevole l'intera lavorazione, è necessario che siano sufficientemente lubrificate
tutte le superfici a contatto della lamiera con lo stampo, in modo tale da
prolungare anche la vita dello stampo stesso. I lubrificanti devono essere scelti a
10
Il processo di imbutitura
seconda del ciclo di lavorazione applicato e anche dei materiali coinvolti nella
lavorazione.
1.5.
Pressione occorrente in imbutitura
L’impostazione di questo problema è da sempre considerata assai
complessa ed anche poco efficace. Tuttavia, è possibile ricavare una formula che
offra la possibilità di valutare lo sforzo necessario ad imbutire un disco di lamiera
seguendo le metodologie già esposte.
Per arrivare a tale soluzione è necessario riprendere alcuni concetti
fondamentali della teoria della plasticità dei metalli. Un corpo metallico,
sottoposto all’azione crescente di un sistema di forze esterne, tende dapprima a
deformarsi elasticamente e poi plasticamente: in questo ultimo caso avviene lo
scorrimento delle fibre del materiale.
Facendo riferimento alla Figura 1.8, un punto qualsiasi P, all’interno
di un corpo metallico, risulta essere in equilibrio sotto l’azione di un sistema di
forze esterne. Si può ipotizzare che per tale punto passino tre piani, α, β e γ tra
loro ortogonali e sui quali agiscono tre tensioni unitarie, siano esse di trazione o
compressione, σ1, σ2 e σ3.
Figura 1.8: Schema di un punto P appartenente ad un blocchetto di metallo in equilibrio sotto
l’azione di tre tensioni agenti su tre piani passanti per il punto stesso (M. Rossi, Stampaggio a
freddo delle lamiere, pag. 117)
11
Il processo di imbutitura
Si tenga presente che la tensione σ3 in imbutitura risulta nulla in
quanto non esiste alcune forza trasversale che modifica lo spessore della lamiera,
anzi, in questa trattazione, si impone che lo spessore rimanga costante per tutta la
deformazione. Risulta quindi σ 3 = 0 . E’ possibile, comunque, mettere in
relazione tra loro le tre tensioni in questo modo
σ1 > σ 2 > σ 3
(1.1)
E’ necessario ricordare che i solidi metallici sono a struttura
cristallina, cioè sono composti da tanti grani cristallini uniti tra loro a formare un
solido omogeneo; se tali grani sono molto fini tendono a dare una massa
omogenea avente le stesse proprietà lungo qualsiasi direzione (materiale
isotropo). In ogni punto del solido metallico esistono delle tensioni massime
orientate secondo direzioni ben precise: se le azioni esterne assumono un certo
valore tali tensioni producono lo slittamento dei cristalli i cui piani sono orientati
secondo le direzioni di massima tensione.
Come già accennato si considera una deformazione a spessore
costante di una generica lastra di metallo. Si indica con rd la resistenza ideale alla
deformazione e cioè la forza interna che si oppone agli slittamenti dei cristalli e
che da un certo punto in poi, al crescere delle forza esterne, tende a cedere. Si
può quindi porre
rd = σ 1 − σ 2
(1.2)
Durante la deformazione plastica, lo slittamento dei piani cristallini
non provoca alcuna variazione di volume nel materiale. Inoltre il valore di rd non
è unico per ogni metallo in quanto esso dipende da altri fattori quali, ad esempio,
la temperatura alla quale viene effettuata l’imbutitura o la velocità di
deformazione.
Si consideri ora una porzione di lastra metallica avente dimensioni a0,
b0 e spessore unitario (Figura 1.9).
12
Il processo di imbutitura
Figura 1.9: Porzione di lastra metallica prima e dopo la deformazione. Lo spessore viene
ritenuto costante. (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle lamiere, pag. 118)
Se la deformazione avviene lungo la direzione normale agli spigoli
alla fine si avranno le dimensioni a1 e b1. Se s = 1 ed il volume rimane costante
allora
a 0 ⋅ b0 = a1 ⋅ b1 = Vc
(1.3)
dividendo i primi due membri per a0 ⋅ b0 e risolvendo con i logaritmi si ottiene
ln
a1
b
+ ln 1 = 0
a0
b0
(1.4)
Tramite gli integrali
ln
a1 da
a1
=∫
a0 a
a0
b1 db
b
ln 1 = ∫
b0 b
b0
(1.5)
quindi si può scrivere
13
Il processo di imbutitura
∫
a1
a0
b1 db
da
+∫
=0
b0 b
a
(1.6)
Se si indica con ϕ la deformazione subita dalla lastra si ottiene
ϕ a = ln
a1 da
a1
=∫
a
0 a
a0
b1 db
b
ϕ b = ln 1 = ∫
b0 b
b0
(1.7)
dove ϕa è la deformazione di restringimento o strizione e ϕb è la deformazione di
allungamento. Per quanto scritto sopra è possibile quindi porre
ϕa + ϕb = 0
(1.8)
Si vuole ora determinare lo sforzo Pd in funzione del rapporto
R
,
r
dove R è il raggio del disco al momento in cui si vuole calcolare lo sforzo, ed r è
il raggio ideale del punzone (raggio punzone + spessore lamiera / 2); in definitiva
si desidera valutare lo sforzo al variare della corsa h del punzone. L’elemento di
disco, tratteggiato nella Figura 1.10, è sottoposto a sforzi radiali di tensione e
tangenziali di compressione1.
Si considerino ora le tensioni agenti sulle superfici elementari x ⋅ dα e
(x + dx ) ⋅ dα sulle quali agiscono rispettivamente le tensioni σ r e σ r + dσ r , dove
la variazione dσ r corrisponde al tratto elementare dx . Si ricorda che, come già
sottolineato in precedenza, σ r > σ t .
L’elemento è quindi sottoposto ad una forza radiale pari a
(x + dx ) ⋅ dα ⋅ (σ r + dσ r ) − x ⋅ dα ⋅ σ r
(1.9)
1
Gli sforzi tangenziali sono costanti lungo il raggio, mentre le forze radiali, considerate in direzione
normale, si differenziano.
14
Il processo di imbutitura
e ad una tangenziale pari a
2 ⋅ dx ⋅ sin
dα
⋅σ t
2
(1.10)
Figura 1.10: Schema che considera un elemento di lamiera sottoposto all’azione delle forze
esterne prodotte in imbutitura (M. Rossi, Stampaggio a freddo delle lamiere, pag. 121)
L’equilibrio dell’elemento è dato dall’uguaglianza delle due
precedenti espressioni, la quale, eliminando gli infinitesimi di ordine superiore e
dividendo per dα , risulta essere
x ⋅ dσ r = σ t ⋅ dx − σ r ⋅ dx
(1.11)
che può anche essere scritta come
15
Il processo di imbutitura
dσ r = (σ t − σ r )
dx
x
(1.12)
Ricordando l’espressione della resistenza ideale alla deformazione
(1.2) ed introducendo la resistenza reale alla deformazione come
Rd =
rd
(1.13)
η
dove con η si intende un coefficiente di rendimento, si può ottenere la seguente
relazione
dσ r = − R d
dx
x
(1.14)
Il risultato che interessa è la tensione radiale sul contorno della
matrice di raggio ideale r; integrando quindi tra R ed r si ottiene
σ r = Rd ⋅ ln
R
r
(1.15)
Questa semplice formula, che comunque si basa su una serie di
approssimazioni, è valida solo se si considera un valore medio della resistenza
reale alla deformazione, in quanto tale parametro risulta essere variabile per ogni
sezione elementare che compone il foglio di lamiera.
L’intero sforzo deformativo che agisce sul disco risulta quindi essere
Pd = 2 π r ⋅ s ⋅ Rdm ⋅ ln
R
r
(1.16)
Dall’esame della (1.16) si può affermare che lo sforzo deformativo,
eliminando il contributo dovuto agli attriti, allo sforzo di piegamento e ad altre
16
Il processo di imbutitura
cause, è continuamente variabile con legge logaritmica. Tale sforzo risulta
massimo nella posizione di inizio imbutitura per poi decrescere fino a zero nel
caso di imbutitura completa (cioè con bossoli senza flangia). Al contrario, gli
attriti, che inizialmente sono nulli, assumono un valore massimo a fine
lavorazione e ciò è dovuto alla pressione elastica del bossolo contro le pareti
della matrice. Il calcolo dello sforzo deformativo è importante per poter
prevedere eventuali lacerazioni nel materiale: se si calcola, infatti, il valore
massimo Pd max e lo si divide per la sezione resistente della lamiera si ottiene il
valore di σ r max superato il quale avviene la rottura del materiale. Per avere un
valore effettivo della pressione di imbutitura, è necessario dividere il valore
teorico per un rendimento che dipende principalmente dagli attriti tra lamiera e
matrice; quanto più piccoli saranno gli attriti, tanto minore sarà la sollecitazione
radiale di imbutitura e tanto maggiore sarà la probabilità di effettuare la
lavorazione con successo.
1.6.
Sviluppo iniziale di un componente imbutito
Uno degli aspetti più importanti del processo di imbutitura, argomento
principale del presente lavoro, è la determinazione delle dimensioni e della forma
dello sviluppo iniziale della lamiera che dovrà dare vita, con il minore impiego di
materiale possibile, al pezzo stampato finito. Nel passato l'unico metodo per
ricavare la geometria del blank era quello delle prove successive in laboratorio
dove, basandosi essenzialmente sull'esperienza degli operatori, si tagliavano
geometrie diverse che mano a mano si avvicinavano sempre di più a quella
definitiva. Naturalmente ad ogni prova era necessaria una imbutitura e questo
portava ad uno spreco enorme di tempo e materiale. In seguito alcuni studiosi
hanno ricavato una serie di formule empiriche che riassumevano in pratica le
esperienze di laboratorio citate in precedenza. Nella pratica queste formule [12]
si basano sull’assunzione che il volume di materiale del blank debba essere lo
stesso di quello del componente stampato. Tale condizione, in molti casi, si
traduce nel considerare la costanza dello spessore della lamiera prima e dopo
17
Il processo di imbutitura
l’operazione di imbutitura; le precedenti affermazioni sono, in generale, valide
nel caso di operazioni che coinvolgono pezzi semplici e assialsimmetrici nei
quali sono ugualmente presenti assottigliamenti e ispessimenti nelle pareti del
pezzo stesso, in modo tale che lo spessore medio può essere considerato costante.
Tuttavia, nel caso di imbutiture di pezzi molto complessi e sagomati, le
deformazioni di stiramento possono essere localizzate solo in alcune aree e
questo provoca l’aumento dell’area della superficie del materiale. Un’ulteriore
difficoltà è rappresentata dal fatto che non è possibile stabilire a priori, tramite
calcoli, dove si localizzeranno gli assottigliamenti maggiori. In questo caso si
dimensionerà il blank ipotizzando la costanza del volume e delle aree ed in
seguito sarà modificata ed ottimizzata la geometria ricavata tramite prove
sperimentali.
Per componenti assialsimmetrici l’area del blank viene uguagliata alla
superficie del pezzo imbutito. Per pezzi composti da più elementi geometrici,
l’area totale è la somma delle aree di ogni parte. Il diametro del blank si può
ottenere tramite la seguente formula
d0 =
4
π
n
∑A
i =1
i
(1.17)
Nelle immagini successive vengono riassunti i risultati ottenuti da
questa formula per le più comuni forme geometriche appartenenti a pezzi
assialsimmetrici imbutiti. Nel caso in cui siano presenti molte geometrie semplici
all’interno della forma complessiva del componente, il calcolo delle aree di ogni
elemento potrebbe diventare assai lungo e macchinoso; in questi casi è possibile
utilizzare metodi grafici.
18
Il processo di imbutitura
Figura 1.11: Formule per detreminare la dimensione del blank iniziale per componenti imbutiti
assialsimmetrici (K. Lange, Handbook of metal drawing, tabella 20.6, pag. 20.48-20.49)
Si introduce ora un esempio di calcolo del blank per un pezzo
rettangolare simmetrico (Figura 1.12), utilizzando le formule appena introdotte.
Come prima operazione si sviluppano sul piano le superfici verticali
delle pareti; per stabilire la forme degli angoli dello sviluppo, i quattro angoli del
componente sono assemblati in una unica coppa cilindrica avente diametro
d = 2rc , dove rc è il raggio del raccordo del pezzo.
19
Il processo di imbutitura
Figura 1.12: Schema di calcolo del blank per un pezzo rettangolare attraverso l’uso di formule
empiriche (K. Lange, Handbook of metal drawing, pag. 20.50)
Per tale coppa il diametro del blank vale
2r = 0.253d 2 + d (hs + 0.506rB )
(1.18)
mentre l’altezza dello sviluppo delle pareti verticali
hs = 0.57rB + h + rC
(1.19)
Nelle due equazioni precedenti il raggio rB è il raggio di fondo del pezzo
compreso tra le pareti verticali e la superficie di fondo.
Lo sviluppo del pezzo è dato dalla linea a tratto e punto della figura. In
pratica, il materiale, negli angoli, viene costipato poiché la compressione
tangenziale non è limitata agli angoli ma è estesa a tutte le pareti verticali. Per
questa ragione le pareti verticali risultano troppo alte mentre gli angoli troppo
bassi se si utilizza tale sviluppo nel processo; per tenere conto di tale fenomeno,
20
Il processo di imbutitura
il diametro del blank della coppa cilindrica viene maggiorato tramite un fattore di
correzione pari a k in modo che
r ' = kr
(1.20)
dove
 r
k = 0.074
 2rC
2

 + 0.982

(1.21)
Il risultante aumento di area deve essere compensato da una riduzione
dell’altezza hs dello sviluppo delle pareti verticali. Tale scopo viene raggiunto
rimuovendo strisce di uguale area totale aventi altezza hs ,a e hs ,b con spessore a e
b, dove
hs , a =
yr 2
a
(1.22)
h s ,b =
yr 2
b
(1.23)
con
y=
π (k 2 − 1)
4
(1.24)
A questo punto il profilo del blank è completamente definito; in
genere i contorni dello sviluppo vengono arrotondati e addolciti in modo tale che
la forma finale risulti quella tracciata a linea spessa nella figura.
Negli ultimi anni si sono sviluppati approcci di calcolo automatici,
basati sull’utilizzo del metodo degli elementi finiti che restituiscono la forma del
blank iniziale [5, 8-11].
21
Il processo di imbutitura
Un esempio di tale applicazione è fornito da S. H. Park, J. W. Joon, D.
Y. Yang e Y. H. Kim [5], i quali hanno studiato un metodo iterativo che, a partire
da un blank di prova, attraverso una serie di iterazioni e di analisi agli elementi
finiti, giunge al risultato del profilo iniziale ottimale.
Per calcolare un primo blank di prova, utilizzato nella successiva
simulazione del processo, si può utilizzare la teoria dello stampaggio ideale. I
principi su cui si basa tale teoria possono essere considerati i seguenti
1. Per determinare il campo di deformazione non vengono considerati parametri
tecnologici quali l’attrito, la forza applicata dal premilamiera e i lubrificanti
eventualmente utilizzati
2. Il materiale viene modellizzato come rigido – plastico senza incrudimento e si
considera il criterio dell’anisotropia normale indicato da Hill
Secondo il modello di snervamento di Hill, la velocità di
deformazione può essere espressa secondo la seguente relazione

ε& = D1  ε&1 + ε& 2

M
M
M −1
≥ D2 ε&1 − ε& 2
M
M −1
 M −1


(1.25)
dove
D1 =
1
1
[2(1 + r )]M
2
D2 = (1 + 2r )
(1.26)
1
−
M −1
M è l’esponente utilizzato da Hill nel suo criterio di snervamento e r è il valore di
anisotropia normale calcolato da Lankford.
La deformazione effettiva può essere calcolata come l’integrale della
velocità di deformazione secondo un campo di lavoro minimo. Tale campo si può
ottenere solo nel caso in cui le linee di deformazione principale mantengano la
loro direzione durante tutto il processo deformativo del materiale e il rapporto tra
le velocità di deformazione rimanga costante.
22
Il processo di imbutitura
t
ε = ∫ ε& dt
(1.27)
0
In questo caso la deformazione può essere ottenuta secondo la
seguente relazione

M
λ
ε = D1  ln(λ1 ⋅ λ 2 ) M −1 + D2 ln 1
 λ2




M
M −1




M −1
M
(1.28)
in cui λ1 e λ 2 sono i termini principali del tensore delle deformazioni di Cauchy.
Avendo calcolato la deformazione, tramite una power law, è
immediato calcolare le tensioni
(
σ = K ε0 + ε
)
n
(1.29)
A questo punto, calcolate le tensioni e le deformazioni, si può ottenere
il lavoro plastico interno al materiale
W = ∫ σ ⋅ε dV0
V0
(1.30)
Per dimensionare il blank di partenza, utilizzando la teoria appena
esposta, è necessario risolvere la seguente equazione (1.31) che rappresenta
l’ottimizzazione del lavoro totale effettuato all’interno del materiale deformato.
Questo significa che il lavoro di deformazione deve essere ottimizzato nel blank
di partenza.
dW
=0
dX i
per i = 1, 2, ...
(1.31)
dove X i sono tutte le componenti del sistema di coordinate dello stato iniziale.
23
Il processo di imbutitura
Le condizioni necessarie e sufficienti per il campo di tensioni affinché
il corpo rigido plastico che si sta deformando sia in equilibrio al tempo t0+τ sono
date dalla seguente relazione del principio dei lavori virtuali
τ
( )
δWintτ = ∫ σ δ ∆ε t 0 dA = δWextτ
0
(1.32)
che integrata secondo il metodo di Newton-Raphson, può essere espressa come
K∆U i = R − F i −1
(1.33)
dove K è una matrice di rigidezza tangenziale, R un vettore di carichi esterni
applicati, ∆Ui è il vettore degli spostamenti e Fi-1 è un termine che indica la forza
interna all’iterazione (i-1). L’equazione (1.33) è calcolata iterativamente fino a
quando non è soddisfatta la seguente condizione
∆U / U < δ
(1.34)
dove δ è una costante piccola a piacere.
Come è stato già accennato in precedenza, il calcolo del primo blank
di prova non coinvolge parametri tecnologici come l’attrito, i lubrificanti ed altri,
quindi tale geometria iniziale inevitabilmente include errori di forma rispetto a
quella ottimale. Per correggere tali errori è possibile seguire un percorso iterativo
che tende a minimizzare gli errori passo dopo passo. Se viene riscontrata una
deviazione rispetto alla linea di contorno ottimale calcolata dal solutore ad
elementi finiti, l’area in eccesso, ad esempio, viene sottratta dal blank iniziale.
D’altra parte si riscontrano errori anche sulla forma ottima calcolata agli elementi
finiti ed in questo caso viene aggiunto un volume al blank pari a quello calcolato
in precedenza. Il profilo corretto viene così utilizzato per la successiva
simulazione al fine di poterlo confrontare con quello ottenuto. Se vengono ancora
24
Il processo di imbutitura
riscontrati degli errori sulla forma, il processo viene ripetuto fino a quando tale
errore non risulta essere minore di un certo valore stabilito in precedenza.
Modello
nominale
Stampaggio ideale
Analisi FEM
Pezzo deformato
Definizione dell'errore sulla forma
Definizione di una
nuova forma di blank
Calcolo dell'ampiezza dell'errore
||Errore di forma||<δ
NO
SI
Blank
ottimo
FINE
Figura 1.13: Diagramma a blocchi che riassume il procedimento iterativo per il calcolo del
blank iniziale. Il blank di prova può essere ottenuto con il campo di slip-lines o anche a partire
da forma geometriche precise. (S. H. Park, J. W. Yoon, D. Y. Yang, Y. H. Kim, Optimum blank
design in sheet metal forming by the deformation path iteration method, Intarnational Journal of
Mechanical Sciences 41, 1999).
25
Il processo di imbutitura
Le seguenti figure schematizzano il processo di addizione o
sottrazione del volume per arrivare alla forma ottimale del blank.
Figura 1.14: Schema riassuntivo del metodo di sottrazione ed addizione di volume al blank per
la correzione degli errori di forma (S. H. Park, J. W. Yoon, D. Y. Yang, Y. H. Kim, Optimum
blank design in sheet metal forming by the deformation path iteration method, Intarnational
Journal of Mechanical Sciences 41, 1999).
Come mostrato nella Figura 1.13, viene introdotto un errore di forma
per definire quantitativamente la deviazione geometrica dal blank ottimale. Tale
errore può essere calcolato come lo scarto quadratico medio delle differenze tra
la forma ottimale e quelle calcolate passo dopo passo
∆ errore =
1
N
N
∑d
i =1
2
i
(1.35)
26
Il processo di imbutitura
dove di è la distanza tra i punti appartenenti alla geometria ottimale e quelli
appartenenti a quella calcolata tramite le iterazioni, mentre N è il numero di nodi
lungo il contorno del blank.
Figura 1.15: Schema di calcolo dell’errore di forma (S. H. Park, J. W. Yoon, D. Y. Yang, Y. H.
Kim, Optimum blank design in sheet metal forming by the deformation path iteration method,
Intarnational Journal of Mechanical Sciences 41, 1999).
Nel caso in cui la geometria del blank venga calcolata seguendo la
teoria della plasticità ideale e tramite il processo iterativo appena esposto, occorre
tenere sotto controllo la formabilità del materiale ad ogni iterazione, in quanto
tale parametro è influenzato notevolmente dalla forma del blank stesso. Per
effettuare tale controllo è sufficiente controllare le curve limite di formatura in
cui il valore di FLD0 può essere ricavato tramite relazioni empiriche simili alla
seguente
FLD0 = (23.30 + 359.0 t ) ⋅ q
(1.36)
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Il processo di imbutitura
in cui, se l’esponente di incrudimento è maggiore di 0.21 allora q=1 altrimenti
q = n / 0.21 e t è lo spessore. Per determinare la formabilità delle lamiera,
vengono utilizzati i valori di massima e minima deformazione calcolati dal
solutore ad elementi finiti.
Figura 1.16: Esempio di curve limite di formatura (S. H. Park, J. W. Yoon, D. Y. Yang, Y. H.
Kim, Optimum blank design in sheet metal forming by the deformation path iteration method,
Intarnational Journal of Mechanical Sciences 41, 1999).
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1. Il processo di imbutitura - Laboratorio di Economia e Produzione