GIFIP
Integrated Governance
of
Productive Companies
in
Sectoral Cluster
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1
I D I S T R E T T I I N D U S T R I A L I:
ASPETTI ECONOMICI
E
SOCIALI
IL CASO ALTOLIVENZ A
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2
Cos’è il Distretto Industriale?
• E’ una possibile forma avanzata di
economia di comunità all’interno di un
equilibrio territoriale.
• Ha consentito, sino ad ora, lo sviluppo
sostenibile e compatibile senza generare
pericolose situazioni di polarizzazione e
d’esclusione sociale.
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3
Perché l’interesse per i Distretti
Industriali?
• E’ rilevante il ruolo della piccola e media
impresa nell’economia italiana.
• I Distretti Industriali sono fenomeni di
(nuova?) industrializzazione, trainati dalle
PMI.
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4
Qual è la concezione classica di
Distretto Industriale?
• “Quando il processo manifatturiero può
essere separato in fasi svolte in
stabilimenti diversi è possibile organizzarlo
efficacemente sia in forma verticalmente
integrata, sia in forma disintegrata, a
condizione che le piccole imprese di fase
siano territorialmente raggruppate”
(Marshall).
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5
Quali sono i vantaggi del
Distretto Industriale?
• “In tale modo si creano delle economie
esterne alla singola impresa, ma interne
al distretto, permettendo così anche alle
piccole aziende di rimanere sul mercato”
(Marshall).
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Il concetto classico di Distretto
Industriale è un concetto economico?
• L’osservazione di Marshall pone enfasi
sugli aspetti economici e di organizzazione
produttiva.
• Ma comunità, società e territorio
assumono un preciso ruolo strategico.
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Perché è stata così importante
la realtà distrettuale italiana?
• L’originalità del Distretto Industriale è stata
la sua netta contrapposizione al modello
fordista.
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8
Il modello Distretto Industriale
era stato pensato a tavolino?
• NO, il fenomeno nasce di per sé, è a tutti
gli effetti spontaneo.
• Solo successivamente si studiano e si
creano i modelli per descriverlo.
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Qual è stato l’elemento di rottura?
• L’evoluzione della produzione di massa.
• Si afferma un nuovo modello di
industrializzazione governato dalla Economia
della Diversità.
• Il modello per accumulazione (fordista) è troppo
rigido.
• Mentre il modello per propagazione (distretto),
dove le imprese lavorano assieme o in rete, è
più funzionale alle cambiate esigenze del
mercato.
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“Diseconomie Interne” ed
“Economie Esterne”
• Le “diseconomie interne” sono situazioni per le
quali la singola impresa perde valore aggiunto,
perde quindi ricchezza.
• Le “economie interne” sono situazioni per le
quali un sistema (aperto o chiuso che sia)
genera al suo interno valore aggiunto, genera
cioè ricchezza.
• Le “economie esterne” sono situazioni esterne
all’impresa che le permettono però di trarne un
vantaggio economico.
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11
Come si legano questi concetti
con il Distretto Industriale?
• Con la frammentazione del processo
produttivo in tante attività svolte da
imprese diverse, cioè soggetti economici
distinti, la ricchezza generata, lungo la
catena del valore e la filiera produttiva, si
suddivide tra tutti gli attori del sistema.
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12
Come si legano questi concetti
con il Distretto Industriale?
• Pertanto le diseconomie della singola
azienda, che per essa come soggetto
isolato sono a tutti gli effetti un danno, si
trasformano in opportunità per le altre
imprese e, quindi, in economie interne al
distretto, con le conseguenti ricadute
positive sulla comunità e sul territorio.
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13
Il Sistema Rete
• Le aziende, più o meno consciamente, ritengono
che sia possibile creare un insieme di relazioni
tra le imprese comunque efficiente.
• Le imprese strettamente collegate tra loro (a
rete) non appartengono ad un’unica proprietà,
non appartengono ad un unico soggetto
pensante e decidente.
• L’enfasi viene spostata dalle economie di scala
interne, alle economie esterne localizzate.
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Cosa significa specializzazione
produttiva?
• Nel Distretto le aziende, concentrate
geograficamente, svolgono poche fasi
intermedie della produzione dello stesso output
con una connotazione monosettoriale, ma non di
omogeneità produttiva.
• L’organizzazione della produzione si realizza
attraverso piccole e medie imprese indipendenti
tendenzialmente coincidenti con le singole
attività di lavorazione.
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La concentrazione geografica
della produzione è condizionata
da tre ingredienti:
1) economie di scala elevate;
2) costi di trasporto bassi;
3) una quota elevata della produzione mobile
sul territorio (esportazioni, vendita fuori
dalla zona di produzione, vendite non
legate a specifiche localizzazioni
geografiche).
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C’è la necessità di una nuova
organizzazione della produzione
• Considerando gli aspetti economici ed
industriali, la frammentazione del processo
produttivo in tante attività svolte da
imprese diverse richiede una diversa
organizzazione della produzione, in pratica
richiede una nuova logica produttiva.
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Che cos’è il decentramento
produttivo?
• Il decentramento produttivo, iniziato in
Italia negli anni ’70, è stato caratterizzato
dalla scomposizione del ciclo produttivo e
dalla specializzazione in senso verticale
delle imprese le quali si sono orientate a
svolgere solo alcune fasi del ciclo tecnico,
solo alcune operazioni-lavorazioni.
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Nel caso del settore del mobile
• Queste nuove imprese si posizionavano a
monte dei mobilifici e, spesso, erano
avviate da ex dipendenti desiderosi o
incentivati dagli stessi datori di lavoro a
mettersi in proprio.
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Il Sistema Cognitivo
Distrettuale
• L’evoluzione dei Distretti Industriali ha
avuto come base il “sistema cognitivo”.
• Cioè le persone e le organizzazioni che
operano nella comunità locale, dopo aver
interiorizzato tali competenze, le hanno
diffuse ed applicate in altre situazioni.
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Come avviene la divisione
sociale del lavoro?
• Nell’economia moderna ci sono molteplici
forme di divisione del lavoro intermedie a
due forme canoniche estreme, considerate
forme “pure”: la “gerarchia” ed il “mercato”.
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21
Che cos’è la subfornitura?
• La Subfornitura è una metodologia di
divisione del lavoro che, accanto al
legame contrattuale formale
giuridicamente obbligante, dà rilievo alla
comunicazione, alla fiducia, al potere di
influenza, alle aspettative di
comportamento, all’integrazione delle
competenze e capacità produttive delle
parti coinvolte.
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Il valore del fattore umano nel
rapporto di subfornitura
• C’è a questo punto da sottolineare che il
discriminante riguarda sempre più la
capacità di comunicare e di relazionarsi
che gli attori, in quanto uomini, mettono in
gioco per inventare nuove possibilità e
nuovi processi interattivi.
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Il valore del fattore umano nel
rapporto di subfornitura
• L’apprendimento che prende forma in
queste situazioni non è infatti determinato
dalle caratteristiche strutturali delle
organizzazioni, ma dalle intuizioni
soggettive, da interazioni sociali altamente
indeterminate non strutturate, da trame
comunicative e di fiducia tra le persone
che ne sono coinvolte.
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I gruppi d’imprese
• Negli anni ’80 e ’90 i distretti in genere, ed
il distretto dell’Altolivenza in particolare,
sono stati interessati dalla formazione di
gruppi di imprese, che hanno portato alla
modifica del sistema delle relazioni locali.
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Acquisizioni e filiazioni
• Alcune aziende hanno sostituito o
affiancato la crescita interna con la
filiazione o l’acquisizione di nuove società.
• La grande maggioranza delle case madre
ha perseguito una strategia di
diversificazione omogenea, ossia hanno
ampliato la gamma produttiva e si sono
rivolte ad altri comparti del mercato.
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Evoluzione
• Negli ultimi decenni: Fenomeno di forte GLOBALIZZAZIONE
economica, sociale e culturale.
• Crescente interdipendenza tra i mercati e le economie di
Paesi differenti.
• Trasformazione dei Sistemi, sempre più aperti e competitivi:
dalla dimensione locale a quella internazionale.
• Nuove dinamiche tra gli attori, soprattutto imprese, e tra
territori, nei quali questi attori vivono ed esercitano i loro
diversi ruoli.
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Concorrenza
• Due livelli di “concorrenza” che si auto
alimentano:
“concorrenza commerciale”, riguarda le
singole imprese;
“concorrenza strategica” nuova e molto
più complessa, che coinvolge i territori nei
quali le imprese sono insediate.
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Sistemi Territoriali
• Con la globalizzazione si assiste a due
processi:
La Competizione Strategica tra Sistemi
Territoriali.
L’Internazionalizzazione dei Sistemi
Territoriali.
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Nuovo Modello
• Si inizia a ripensare al ruolo dei diversi
ATTORI di un Territorio e alle loro
interrelazioni interne ed esterne.
• Si definisce un NUOVO MODELLO che
integra lo sviluppo sociale a quello
economico.
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Lo Sviluppo Locale
•
Stretto rapporto fra tre dimensioni:
Territorio, Comunità/Società ed Istituzioni.
•
L’obiettivo è lo Sviluppo, quindi la Creazione di Ricchezza per le
imprese e per la comunità.
•
Attenzione!!! Sviluppo e Ricchezza intesi NON SOLO in senso
economico.
•
Integrare Territorio, Comunità/Società ed Istituzioni porta alla
generazione di un Sistema Territoriale.
•
Far funzionare il Sistema Territoriale permette di valorizzare e
potenziare le risorse locali.
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La Complessità dello Sviluppo Locale
• I processi di Sviluppo Locale sono complessi.
• Nasce l’esigenza di creare, tra i diversi attori del
Territorio, la più ampia condivisione di obiettivi e
strategie.
• Diventa utile, se non necessario, valorizzare l’esperienze
dei diversi attori, quindi un approccio dal basso (bottom
up).
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Come Gestire la Complessità
• Sono necessarie competenze forti; quindi conoscenze tecniche
e capacità di leggere i bisogni del territorio per trovare soluzioni
innovative.
• Confronto continuo tra i diversi attori coinvolti nel processo.
• Si introducono i concetti di “Partenariato”, di “Public and
Private Partnership” e di “Progettazione Integrata”.
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La Progettazione Integrata
• Un’opportunità di partecipazione diretta alle
politiche di sviluppo.
• Un veicolo d’innovazione istituzionale ed
amministrativa.
• Un percorso per la valorizzazione dei territori.
• Uno strumento per includere nel processo di
sviluppo le competenze (sia pure latenti) presenti
nella Comunità/Società e nel Territorio.
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I Benefici della
Progettazione Integrata
• La capacità di consentire l’evoluzione di un Sistema
Territoriale mantenendone però l’identità.
• La condivisione delle regole e delle scelte che determinano le
strategie.
• La concentrazione delle risorse su obiettivi condivisi e definiti
prioritari.
• La intersettorialità degli interventi.
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I Costi della Progettazione Integrata
• Il costo della complessità caratterizza il
Progetto Integrato.
• Il costo del coordinamento istituzionale ed
amministrativo, del Progetto Integrato, è
rilevante.
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Il Ritorno Economico del Progetto Integrato
Visti i costi che un Progetto Integrato comporta questo
deve:
1. Produrre un impatto economico sul Territorio con forte
valore aggiunto;
2. Produrre una rottura con il passato (nelle dinamiche
e nei metodi) e creare innovazione;
3. Mettere in crisi le inerzie degli attori istituzionali;
4. Attivare le risorse disponibili non ancora utilizzate.
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“Public and Private Partnership”
• La costruzione di un Sistema Territoriale
prevede il coinvolgimento di molti attori.
• La “P&PP” è una possibile forma
contrattuale che coinvolge in maniera forte
soggetti pubblici e privati.
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L’Idea del Progetto EMAS
• C’era la necessità di disporre di affidabili
strumenti di gestione delle questioni
ambientali.
• Garantire il miglioramento delle condizioni
ambientali del territorio lungo tutta la filiera
produttiva.
• Ricerca di uno strumento gestionale
basato sul coordinamento di vari attori in
primis imprese e comuni.
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La Registrazione EMAS
• Rappresenta il riconoscimento ufficiale a
livello europeo dell’impegno ambientale
assunto dalle organizzazioni (in primis
imprese e comuni).
• E’ un’attestazione che indica la capacità
dell’organizzazione a perseguire un
miglioramento continuo delle proprie
prestazioni ambientali.
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I Vantaggi dell’Adesione ad EMAS
• Controllo e riduzione degli impatti negativi
sull’ambiente.
• Ottimizzazione e risparmio delle risorse interne.
• Un miglior posto dove lavorare e vivere.
• Migliore immagine dell’organizzazione sul
mercato.
• Punteggio favorevole negli appalti e nelle gare.
• Migliori opportunità per l’impresa sul mercato.
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I Soggetti che Hanno Aderito al
Progetto EMAS
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
ACOP srl
ALEA srl
COPAT SpA
DVO SpA
MARTEX SpA
MEETING srl
MERCURY ARREDAMENTI SpA
PMT srl
PRESOTTO INDUSTRIE MOBILI SpA
SANTAROSSA MARINO & C. sas
TEMPOR SpA
•
•
•
COMUNE DI BRUGNERA
COMUNE DI PASIANO DI PORDENONE
COMUNE DI PRATA DI PORDENONE
Componenti per mobili
Mobili per ufficio
Industria cucine
Mobili per ufficio
Industria mobili
Verniciatura c/terzi
Industria mobili
Semilavorati per mobili
Industria mobili
Prodotti vernicianti
Industria mobili
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Le Tappe del Progetto EMAS
• Primavera 2002: inizio dello Studio di Fattibilità su iniziativa
dell’Unione degli Industriali di Pordenone (finanziato dal COMAD).
• Confronto e coinvolgimento del Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit
– Sezione EMAS Italia
• Coinvolgimento delle forze socio-economiche locali e sostegno da
parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
• Primavera 2003: presentazione ufficiale dello Studio di Fattibilità
• Giugno 2004: sottoscrizione dell’Accordo di Programma
• Luglio 2006: attestato EMAS al soggetto promotore (Consorzio del
Mobile Livenza).
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I coordinatori del progetto EMAS nel DML
Ministero
Ambiente
Consorzio
Mobile
Livenza
Provincia
PN
Regione
FVG
Comitato
Gestione
Coordin.
ARPA
FVG
Unione
Industriali
PN
Igeam
Comitato
Distretto
Mobile
Sindacato
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Internazionalizzazione e mercato mondiale:
Grado di apertura del Territorio
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La Matrice dell’Internazionalizzazione (2)
• Se consideriamo un Territorio con le proprie Comunità e
possibilmente con la propria Società, allora possiamo riassumere
il suo grado di apertura e quindi di internazionalizzazione
riferendoci a queste quattro situazioni limite.
• E’ doveroso sottolineare che con il termine Territorio intendiamo
non solo il luogo e lo spazio nel quale si consuma la quotidianità,
ma una “entità storica complessa” da un punto di vista culturale,
all’interno della quale vivono individui ed Istituzioni.
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La Matrice dell’Internazionalizzazione (3)
•
Situazione 1: quando il grado di apertura è basso sia dal punto di vista socioculturale che economico ci troviamo in una situazione che possiamo definire di
“Sistema Chiuso” o di Autarchia. In questo caso il Territorio e la sua Comunità/Società
sono facile preda degli agenti esterni a meno di un severo controllo del Territorio e
della Comunità/Società da parte delle autorità.
•
Situazione 2: quando il grado di apertura è basso dal punto di vista socio-culturale,
ma è alto dal punto di vista economico, ci troviamo in una situazione che possiamo
definire di “Colonizzazione”. In questo caso il Territorio e la sua Comunità/Società ne
pagano i costi senza goderne i benefici.
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La Matrice dell’Internazionalizzazione (4)
•
Situazione 3: quando il grado di apertura è alto dal punto di vista socioculturale, ma è basso dal punto di vista economico, ci troviamo in una situazione
che possiamo definire di “Predisposizione”. Il Territorio e la sua
Comunità/Società devono ancora trovare le proprie convenienze economiche, i
propri vantaggi. La Comunità si sta trasformando o si è già trasformata in
Società.
•
Situazione 4: quando il grado di apertura è alto sia dal punto di vista socioculturale che economico ci troviamo in una situazione che possiamo definire di
“Sistema Internazionalizzato”.
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La Matrice dell’Internazionalizzazione (5)
• Il Territorio e la sua Società, ormai non più Comunità,
si trova inserito in un sistema mondiale più che globale
(pensiamo alle città mondiali). In questo caso lo
scambio costante è fonte di creatività ed innovazione
che produce vantaggi e benefici superiori ai costi. La
creazione di ricchezza non è solo economica.
• L’internazionalizzazione si declina in 4 ambiti o
dimensioni: sociale, culturale, economico ed
istituzionale.
• La conoscenza è necessaria per comprendere e per
operare.
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Internazionalizzazione e mercato mondiale:
impatto economico sul Territorio
• L’internazionalizzazione aumenta o diminuisce la ricchezza
per il Sistema locale?
– Valore generato superiore ai costi sociali?
•
Per la teoria economica l’internazionalizzazine produttiva è un
fenomeno positivo per i territori:
Vantaggi competitivi
–
–
–
Commerciale (+ interscambi)
Produttivo (produzione diretta su mercati esteri)
Sviluppo reti distributive
Innovazione
–
–
•
Relazioni
Scambio di conoscenze (progetti , design, sw, tecnologie,…)
Delocalizzazione, valore sociale negativo
in quanto drenaggio di risorse verso l’esterno. Distruzione di ricchezza. Rende
“oziose” le risorse.
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L’Altolivenza: Distretto
Industriale del Mobile
• L’Altolivenza è uno dei distretti industriali
del legno-mobile-arredamentocomponentistica più importanti e
conosciuti d’Europa.
• Il modello economico è quello della
Industrializzazione diffusa.
• La sua configurazione territoriale è di
“campagna urbanizzata”.
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L’Altolivenza e la sua dimensione
sociologica
• In Altolivenza la matrice del comportamento è
comune soprattutto per gli adulti; la radice
culturale è nella comunità agricola e nel
profondo senso d’appartenenza al proprio
paese.
• E’ la vita del villaggio industrializzato con
rapporti diretti, faccia a faccia, rapidi e frequenti,
nei quali si confondono componenti oggettive
d’interesse personale, con una forte
propensione comune al lavoro ed al risparmio.
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Altolivenza: Distretto e comunità
• Il distretto non è solo una forma organizzativa tra
imprese, ma è un ambiente sociale nel quale le
persone si conoscono da anni, spesso
frequentano i medesimi luoghi di produzione e di
socializzazione (la fabbrica, l’osteria, la
parrocchia e le associazioni), dove non esiste
una marcata polarizzazione della società in
classi, fenomeno tipico di una realtà urbana, ma,
piuttosto, uno stesso ceto sociale, secondo la
concezione weberiana.
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La “Industrial Atmosphere”
• Fra la gente si genera un senso di familiarità con
uno specifico prodotto (i mobili) e tale rapporto
empatico travalica i confini di ogni singola
impresa per tradursi in conoscenza reciproca, in
fiducia ed in competenza.
• Nelle aree distrettuali si innestano meccanismi
stabili di accumulazione di vantaggi comparati,
anche dal punto di vista del sapere collettivo.
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L’Altolivenza è un Distretto
Industriale
• In Altolivenza il processo produttivo è di
tipo industriale.
• Permangono comunque alcune fasi o
lavorazioni a produzione artigianale
(esempio particolare le aziende artigiane
per la realizzazione di prototipi).
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Se fotografiamo il Distretto, cosa vediamo?
• Industrializzazione diffusa; numerose piccole e
medie imprese in un’area limitata.
• Specializzazione nella produzione ed elevata
competizione interna.
• Articolata divisione del lavoro e know how
diffuso.
• Strutture snelle e dinamiche.
• Effetto imitativo, o effetto fiera.
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L’Altolivenza ed il lavoro
Comportamenti tipici nel mercato del lavoro:
• minore età di entrata nel mercato,
• mobilità più elevata,
• maggiore velocità di aumento delle
retribuzioni,
• maggiore aumento di figure professionali
flessibili, autonomi, apprendisti, lavoratori
e domicilio, ecc..
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Dov’è l’Altolivenza?
• Localizzato nel Nord Est dell’Italia dista 70
km da Venezia e 120 km da Trieste.
• Sviluppato sulle sponde del fiume Livenza,
il Distretto interessa 19 Comuni divisi tra
due Regioni, il Friuli Venezia Giulia (11) ed
il Veneto (8).
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Il territorio dell’Altolivenza
• 19 Comuni suddivisi tra 2
Province, 2 Regioni e 2 Diocesi.
• 130.000 abitanti.
• 900 Kmq.
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L’Altolivenza: alcuni dati
• 2.500 unità lavorative manifatturiere
di cui quasi 1.400 del legno-mobile
(circa il 56%).
• 30.000 occupati manifatturieri di cui
quasi 19.000 nel legno-mobile (circa il
63%).
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L’Altolivenza: stabilimenti
• Altolivenza 1 stabilimento
manifatturiero ogni 52 abitanti;
• Italia 1 stabilimento ogni 96 abitanti.
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L’Altolivenza: addetti
Addetti manifatturieri ogni 100 abitanti:
• Altolivenza 22.
• Provincia di Pordenone 15.
• Provincia di Treviso 18.
• Regione Friuli Venezia Giulia 11.
• Regione Veneto 15.
• Italia 9 addetti manifatturieri ogni 100 ab.
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L’Altolivenza
•
•
•
La dimensione media degli stabilimenti è
elevata: 14 addetti per unità produttiva
contro una media nazionale di 4 addetti.
1981 - 1991 crescita dell’occupazione in
Altolivenza del 27%, del 23% nel legnomobile.
Italia un calo del 10%.
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L’Altolivenza: fatturato
(Stime 2003):
• complessivo 3,6 miliardi di euro di cui 1,4
miliardi dedicati all’export (il 38%);
•
legno-mobili 3,0 miliardi di euro di cui 1,2
miliardi dedicati all’export (35%);
•
prima del 2001 il fatturato cresceva ad
un tasso del 10% annuo.
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67
L’Altolivenza
•
I prodotti principali sono: cucine, camere
da letto, mobili d’ufficio;
•
Il distretto realizza il 25% della
produzione italiana di mobili, ma il 60%
della produzione di cucine;
•
L’Italia era (fino al 2004) il maggior
esportatore mondiale di mobili; è il
secondo produttore in U.E.
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L’Altolivenza: export
Paesi di esportazione:
•
•
•
•
•
•
•
•
21% Germania;
12% Regno Unito;
11% Francia;
10% Stati Uniti America;
6% Russia;
3% Svizzera;
3% Austria;
34% Altri.
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L’Altolivenza e l’est
Delocalizzazione della produzione:
• Romania.
• Ungheria.
• Slovenia.
• Croazia.
• Bosnia Herzegovina.
• Oggi Russia e Cina.
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L’Altolivenza in America Latina
Esperienze interessanti:
• Brasile.
• Argentina.
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Scuola, Università e Formazione
Entrano nel Distretto
• Istituto del Design Mobile ed Arredamento
di Brugnera.
• Consorzio Universitario di Pordenone.
• Centro Formazione Pordenone.
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Istituto del Design Mobile ed
Arredamento di Brugnera
• Tecnico dell’Industria del Mobile e
dell’Arredamento (5 anni).
Ideazione, sviluppo e realizzazione di un
progetto, design, materiali e sistemi di
produzione.
Formazione integrata: culturale-teorica e
tecnico-pratica.
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Consorzio Universitario di
Pordenone
• Curriculum Ingegneria del Legno (3 anni).
Ingegnere di primo livello per governare
processi produttivi, dalla ricerca e sviluppo
alla industrializzazione dei processi.
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Centro Formazione Pordenone
• “Creazione di Disegnatori del Mobile e
dell’Arredamento” (Argentina-BrasileUruguay).
• “Creazione di Tecnici dei Processi di
Automazione Industriale-Settore Legno”
(Argentina-Brasile-Uruguay).
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Centro Formazione Pordenone
• Piano Formativo Distretto del Mobile
Aggiornamento professionale di dipendenti
ed imprenditori.
Progettazione e design, marketing,
produzione logistica,
internazionalizzazione, ambiente,
management e contabilità, knowledge
management, comunicazione e
multimedia.
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