PODOLOGO
il
N.180
in medicina
RIVISTA TRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PODOLOGI
2015
La ricerca scientifica in podologia
per una sanità migliore
ottobre/novembre/dicembre 2014
PODOLOGO
il
in medicina
RIVISTA TRIMESTRALE DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PODOLOGI
DIRETTORE RESPONSABILE
Mauro Montesi, Presidente A.I.P.
VICE DIRETTORE
Giovanni Pepè, Presidente Onorario A.I.P.
DIRETTORE SCIENTIFICO
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Antonio D’Amico, Consigliere A.I.P.
VICE DIRETTORE SCIENTIFICO
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Facoltà di Medicina e Psicologia Università Sapienza di Roma
DIRETTORE EDITORIALE
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Mauro Montesi,
Linda Passaro,
Roberto Remia,
Edoardo Zucchi
Alessandra Leonoro (Rapp. Studenti)
COLLEGIO DEI PROBIVIRI
Isabella Bianco
Carlo Bruziches
Catia Filippi
Stefano Mella
Gerardo Russo
COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI
Renzo Renzi
Alessandra Pausania
Magdalena Skorupska
Ferruccio Montesi
COMUNICAZIONE E
RAPPORTI ISTITUZIONALI
Benedetto Leone
INDIRIZZO SITO AIP
www.associazionepodologi.it
email: [email protected]
SOMMARIO
6
14
15
Editoriale......................................................................................................................... 5
A.I.P.
Quale futuro per la Podologia Italiana? La partecipazione e il contributo
di tutti fondamentale per la definitiva valorizzazione.......................................................................... 6
La novità dei Gruppi di Studio inizia a prendere forma...................................................................... 8
Quarant’anni fa veniva fondata l’Associazione Italiana Podologi......................................................... 9
Forum e Convegni
Forum ECM 2014: i risultati raggiunti e le nuove sfide
per la formazione in Sanità........................................................................................................... 10
L’AIP al 9° Forum Risk Management in Sanità .............................................................................. 14
Università
Novembre 2014. Nella sede di Bolzano della “Sapienza” i primi
14 neo laureati in podologia......................................................................................................... 15
Novembre 2014. Sono 13 i neo laureati in podologia
alla “Sapienza”............................................................................................................................. 18
L’angolo Dermo-Podologico
Onicopatia, una patologia non sempre di facile diagnosi................................................................. 20
Medicina
Ulcere neuropatiche. Un caso clinico............................................................................................. 24
Ipercheratosi / tiloma nel tallone. Caso clinico................................................................................ 30
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24
30
EDITORIALE
Editoriale
S
i dice che un ottimista sta in piedi fino a mezzanotte per vedere l’anno nuovo. Un pessimista sta in piedi fino a mezzanotte per essere sicuro che l’anno vecchio sia passato.
La direzione della rivista e noi della redazione ci indentifichiamo in ambedue le figure. Finalmente, infatti, l’anno vecchio è passato portandosi via le bugie di chi utilizza il web per far
girare affermazioni senza alcun fondamento; la sordità di alcune Istituzioni centrali e locali
che inspiegabilmente fingono di attivarsi ma in realtà nulla fanno; le pseudo associazioni che
coltivano solo loro interessi di bottega; l’abusivismo, sempre più dilagante sul territorio (a proposito, dove sono i requisiti minimi degli studi?); la sfrontatezza di ambulatori che proclamano
di essere di podologia ma che tali non sono; ecc.. ecc..
Ma noi, finalmente ottimisti staremo in piedi fino a mezzanotte per vedere il sorgere dell’anno, il 2015, quello della ricerca scientifica in podologia per una Sanità migliore come recita
il titolo di copertina. Ce lo fa pensare il dibattito nel corso dell’incontro associativo del 29
novembre. Si è ben compreso che serve l’impegno di tutti per conseguire l’obiettivo della definitiva valorizzazione di una moderna podologia; che poter contare su protocolli e linee guida
derivanti dagli studi e dalle ricerche è indispensabile; che la formazione batterà vie nuove,
anche su temi proposti dai colleghi; che l’assistenza podologica verrà attivata negli ospedali,
nelle ASL, nelle Case della Salute; ecc.. ecc..
Risultati questi ben espressi nella relazione del Presidente Montesi “Quale futuro per la podologia italiana?” che ha aperto l’incontro-dibattito al quale abbiamo riservato ampio spazio
nelle pagine che seguono. Quest’ultimo numero del 2014, poi, si presenta particolarmente
ricco. Le indicazioni di D’Amico sui gruppi di studio; quanto si è deciso per la nuova ECM; il
percorso della professione tra presente passato e futuro e la rievocazione dei quarant’anni
che compie l’Associazione; il successo al Forum Risk di Arezzo, tutti temi di sicuro interesse
per quanti leggeranno le pagine che seguono.
Ma anche da queste righe desideriamo far giungere un sincero, caloroso augurio per le
festività natalizie, per l’anno nuovo e, perché no, per una podologia che finalmente possa
affermare: “ci sono anch’io. I pazienti possono contare con fiducia su di me” n
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il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
AIP
Quale futuro per la Podologia Italiana?
La partecipazione e il contributo di tutti
fondamentale per la definitiva valorizzazione
Benedetto
Leone
Responsabile
Comunicazione A.I.P.
Sandra
Salerno
Redazione
I
l futuro della Podologia alla luce dell’attuale situazione economica, politica e istituzionale è stato al centro dell’incontro dibattito che si è svolto il 29 novembre
a Roma presso il Grand Hotel Palatino. Già, perché
nonostante i numerosi appelli rivolti dal Presidente
Montesi ai Soci, affinchè non venissero sottovalutate
le ripercussioni che la crisi economica in primis, ma
anche le iniziative e i cambiamenti nei contesti istituzionali e della Sanità, potevano avere sulla professione podologica, alla fine le problematiche si sono
rese evidenti e ancora una volta, questa volta con una
maggiore presa di coscienza dei presenti, è risuonato
evidente il significato della locuzione “E’ finita!”. E allora, se tutto cambia, occorre riorganizzarsi in funzione
del cambiamento, affrontando al meglio le nuove sfide,
senza perdere di vista i propri valori e la propria identità
professionale.
Un aspetto fondamentale, affrontato durante l’incontro, è quello della tutela della professione dagli attacchi
provenienti dall’esterno. L’abusivismo professionale
dilagante, le speculazioni di Master professionalizzanti
ingiustificatamente aperti a tutte le professioni sanitarie, ma anche le pressioni continue da parte di altre
professioni (tra cui gli estetisti) volte all’ottenimento
dell’equipollenza con la Laurea in Podologia. Si tratta
di attacchi la cui gravità è ancora più evidente perché ha ripercussioni dirette sulla salute e la tutela del
cittadino. Per questo l’Associazione Italiana Podologi
continua a portare avanti il suo ruolo di scudo, attento
e scrupoloso, non solo nei confronti dei suoi associati,
ma della Podologia italiana e a beneficio del cittadino,
che merita di essere posto sempre al centro dell’attenzione del professionista sanitario.
Ma difendere la professione significa anche rafforzarne
il ruolo e il peso nei confronti del panorama sanitario
e universitario. Per questo motivo, particolarmente significative sono state le riflessioni del Vice Presidente Marseglia, delegato AIP per i rapporti con il MIUR,
sull’attuale situazione della Podologia nell’ordinamento
didattico e su come i limiti di tale organizzazione non
permettano nel prossimo futuro una crescita della disciplina nel contesto tanto della ricerca quanto dell’università, oltre ad escludere di fatto dalla carriera specialistica e universitaria i professionisti podologi. L’attuale
ordinamento infatti prevede da un lato come unica
possibilità per i laureati alla triennale di conseguire
una Laurea Specialistica che, essendo rivolta a diversi
professionisti sanitari e non essendo quindi specifica
Un momento dell’incontro
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n.179 luglio/agosto/settembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
AIP
per il Podologo, non fornisce allo studente “una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di
elevata qualificazione in ambiti specifici”; d’altra parte
nemmeno i master professionalizzanti riescono a colmare concretamente quella che è una evidente lacuna
a livello normativo. A questo si aggiunge il fatto che ai
bandi di dottorato di ricerca per il settore disciplinare di
appartenenza del Podologo (Scienze Tecniche Mediche Applicate MED/50), peraltro già condiviso con altri
professionisti sanitari, possono accedere per affinità i
professionisti appartenenti a ben 11 altri settori disciplinari, rendendo in questo modo fortemente improbabile l’accesso di un congruo numero di Podologi alla
ricerca e alla carriera universitaria ad essa connessa.
Anche in quest’ambito qualcosa però si può e si deve
fare. Non solo attraverso le battaglie istituzionali. Dare
alla Podologia italiana una dignità scientifica, attraverso
la costituzione di gruppi di studio sulle più interessanti
aree di intervento del Podologo, è il progetto presentato dal Consigliere Antonio D’Amico. Il progetto, che
prevede il coinvolgimento sia degli studenti del Corso
di Laurea in Podologia, sia degli associati, con livelli di
partecipazione commisurati a competenze e disponibilità di ognuno, consentirebbe negli anni di approfondire ambiti di studio di indubbio interesse scientifico,
e di produrre studi clinici e pubblicazioni scientifiche
atte a costituire anche nel nostro Paese un corpus di
studi sul piede, da troppo tempo dimenticato. “Dotare
la professione di protocolli e linee guida adottabili da
tutti in presenza della medesima patologia” ha detto il
Presidente Montesi “costituirebbe un salto di qualità
fondamentale per la professione”.
Ma perché il futuro della podologia possa ancora definirsi tale è indispensabile la partecipazione e il contributo di tutti gli associati. Un contributo che si declina
tanto nella partecipazione alle iniziative associative,
quanto nell’iniziativa personale a sostegno e difesa
della professione. Occorre in sostanza abbandonare
l’ottica dell’ “ognun per sé”, che oltre che sterile si
rivela sempre più una scelta di ben poca lungimiranza,
per abbracciare con maggiore coinvolgimento l’idea
che solo uniti è possibile raggiungere l’obiettivo.
Anche sul programma informatico Podium, e sempre
Da sinistra: Antonio D’Amico Mauro Montesi
ed Antonietta Codella
in relazione alla necessità di avere a disposizione della
professione un corpus di dati scientifici ed epidemiologici, non è mancato un ampio dibattito. “Occorre valorizzarne ancora più l’utilizzo” ha detto Montes “non
solo quale indispensabile supporto per l’attività professionale, ma anche quale fonte di dati statistici sull’insorgenza delle patologie, le modalità di trattamento e
i risultati ragigunti: dati indispensabili per ogni studio e
ricerca futura”.
La giornata ha visto infine l’approfondimento con relativo dibattito sulle nuove normative ECM, trattate nel
dettaglio in un articolo dedicato. Con molta chiarezza
Croce, Salerno e Passaro hanno richiamato l’attenzione sulle novità, al centro dell’appena passato Forum
ECM tenutosi a fine novembre presso il Palazzo dei
Congressi di Roma. “Non badate a chi vuol farvi credere che l’ECM non sia obbligatorio” è così intervenuto
con forza Montesi, in riferimento alla recente polemica sollevata da una sentenza della Corte di Giustizia
nei confronti di Ordine professionale di uno degli stati
membri. Il caso infatti non può estendersi all’Ordinamento Italiano, il cui Sistema di Educazione Continua in
Medicina si presenta invece come perfettamente conforme alla normativa comunitaria di riferimento, ragion
per cui continua a vigere l’obbligo di formazione per i
professionisti sanitari n
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il
PODOLOGO in medicina
n.179 luglio/agosto/settembre 2014
AIP
Antonio
D’Amico
Podologo A.I.P.
U
La novità dei Gruppi di Studio
inizia a prendere forma
no dei punti trattati nel corso dell’assemblea
svoltasi a Roma sabato 29 novembre 2014 aveva per oggetto i costituendi Gruppi di Studio, nell’ambito di quella riorganizzazione associativa già proposta durante l’ultimo Congresso di Bolzano. Rispetto
ai precedenti interventi informativi che denunciavano
uno scarso interesse da parte degli associati, devo
dire che si può registrare un progresso, soprattutto
per merito di molti studenti e qualche neolaureato
che hanno aderito all’iniziativa con entusiasmo. Va
dato quindi merito alla loro disponibilità, segno di
interesse e passione per la professione che hanno
scelto di svolgere. Allo stato attuale sono stati istituiti
i seguenti Gruppi di studio: piede diabetico, piede
reumatoide, piede geriatrico, biomeccanica, farmacologia podologica, impostazione professionale. E
con ogni probabilità, a breve, dovrebbero aggiungersi
almeno altri due Gruppi, uno relativo alla diagnostica
per immagini e l’altro alla terapia fisiatrica.
Le finalità di ogni singolo Gruppo, come ho già avuto
modo di dire, sono varie e dovranno essere affrontate
con quella gradualità che impone un’iniziativa tanto
nuova quanto complessa. A parte l’iniziale periodo di
rodaggio necessario per cementare la conoscenza
dei partecipanti e per mettere a punto l’organigramma interno, si procederà innanzitutto ad elaborare un
programma di base (per altro già delineato a grandi
linee e comune a tutti i Gruppi), quindi a fissare un
obiettivo minimo specifico per ogni Area di studio
su cui concentrare le iniziali energie. Si tratta naturalmente di una sfida e vi terremo aggiornati strada
facendo.
Rimane tuttavia il rammarico per la mancata adesione all’iniziativa degli associati che sono già da anni
impegnati nello svolgimento della professione e che,
almeno per il momento, hanno mostrato un atteggia-
mento di freddo distacco. Dispiace soprattutto perché la novità di questo progetto consisteva proprio
nell’agganciare il Gruppo di Studio – che per sua
natura richiedeva all’aderente un’applicazione maggiore e un attitudine teorica, ciò che ovviamente è
più facile rintracciare in uno studente, in un neolaureato o in un professionista alle prime armi – agli
studi professionali che, per varie ragioni, potevano
essere ugualmente interessati a un determinato argomento podologico. Ad essi veniva solo richiesto la
disponibilità a rilasciare dati, a rispondere a questionari o a segnalare al Gruppo di Studio casi particolari
e interessanti, sollevandoli quindi da un impegno di
tempo e di studio vero e proprio. Inoltre, mi pareva
questo un modo per avvicinare le varie componenti
dell’Associazione (direttivo, comitato scientifico, soci)
per superare quelle barriere che inevitabilmente si
ergono quando si stabiliscono ruoli e gerarchie. Sono
tuttavia ottimista e non voglio affibbiare a questa
acquiescenza l’etichetta del fallimento. Il progetto è
ambizioso e quindi può anche spaventare e soprattutto rappresenta una novità. E’ probabile che debba
ancora essere metabolizzato – o meglio compreso o
meglio spiegato - e quindi non è detto che prossimamente, soprattutto se dimostrerà la sua reale utilità, non possa attirare quelle adesioni che per ora non
vi sono ancora state n
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n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
AIP
Quarant’anni fa veniva fondata
l’Associazione Italiana Podologi
R
ecentemente al ventennale del riconoscimento delle
professioni sanitarie non mediche è stato dedicato il
giusto e doveroso spazio che tale evento meritava e anche
la nostra rivista le ha riservato la dovuta attenzione. Ciò tuttavia ha fatto passare nel dimenticatoio un’altra scadenza
che reputo ugualmente degna di memoria. Quarant’anni
fa veniva fondata l’Associazione Italiana Podologi! Capisco
per qualcuno ciò non possa essere meritevole di alcuna
commemorazione, ma per chi si è nutrito di certe idealità e
per chi vi ha dedicato una parte consistente della propria
vita non solo professionale, credo si tratti di una data quanto meno da rammentare e su cui svolgere alcune riflessioni, lasciando magari ad altra occasione, visti i tempi di
crisi economica e sociale, i pur meritati festeggiamenti. Per
curiosità sono andato a rileggermi quanto scrissi in occasione del ventennale della fondazione dell’A.I.P., quindi nel
1994. A parte ricordare le tappe fondamentali che caratterizzarono i primi vent’anni dell’azione associativa, in quegli
articoli lamentavo soprattutto quel clima di diffidenza che
ancora contraddistingueva i rapporti tra la classe medica e
i podologi e che traspariva anche dagli incontri congressuali, oltre che dalla quotidiana interazione professionale.
“Quello che doveva essere un ponte e cioè un mezzo per
avvicinare, unire due punti di vista, è stato più che altro
sentito – specie dalla classe medica – come un cuneo
divaricatore” e mi riferivo agli sforzi fatti dalla podologia per
dare “sostanza scientifica e rigore professionale a principi e
pratiche sanitarie non invasive già accettate all’estero”. In
queste due frasi che ho riportato in pratica vi è la sintesi di
ciò che unisce ancora passato e futuro. Gli sforzi operati
dall’Associazione nel corso di un ventennio per offrire, oltre
che all’utenza, anche ai medici un’immagine della podologia diversa da quella fissata nel loro immaginario, non
c’è dubbio che siano stati coronati dal successo: dapprima
l’istituzione delle scuole triennali regionali, poi il corso di
laurea di podologia hanno colmato quel divario e profes-
Antonio
D’Amico
Podologo A.I.P.
sionale e culturale che separava la podologia dalle altre
discipline mediche e non mediche. Ciò è avvenuto a caro
prezzo, bisogna riconoscerlo, in quanto l’azione dell’Associazione nei confronti dell’abusivismo professionale, della
regolarità della formazione professionale e del comportamento non sempre coerente delle istituzionali, ha dovuto
essere ferma ed incisiva, creandole in tal modo – e paradossalmente – non poche ostilità. Ancora oggi, tuttavia,
non si può abbassare la guardia, in quanto va affermandosi
un nuovo tipo di “abusivismo” professionale, questa volta
operato da altri professionisti che, più o meno consapevolmente e grazie anche all’appoggio poco trasparente delle autorità accademiche, invadono il campo delle
competenze del podologo. Ecco dunque l’importanza che
assume il ruolo dell’Associazione nel difendere, con ostinazione e senza tentennamenti, quello spazio professionale
conquistato con tanti sacrifici e nel tutelarlo da ingerenze
improprie. In quest’ottica possiamo dire che i quarant’anni
dell’A.I.P. sono ben portati!
Se vent’anni fa il desiderio di consegnare una valenza
scientifica alla disciplina podologica e di perseguire un rigore professionale apparivano legati al riconoscimento di
una formazione professionale giuridicamente sanzionata,
ora tali obiettivi sembrano legati all’elaborazione di un nuovo profilo professionale, che sappia finalmente innalzarci ai
livelli delle nazioni più evolute. Al di là delle ricadute positive
che ciò avrebbe sui pazienti, in quanto potrebbero usufruire
di un ventaglio terapeutico più ampio ed efficace, un profilo
professionale ben calibrato aprirebbe le porte anche ad
una approfondita rielaborazione scientifica di molte procedure oggi incomplete. Credo quindi che l’azione dell’A.I.P.
debba proseguire su questa strada, affinché ciò che è stato acquisito non sia messo in discussione e affinché nuovi
traguardi possano ancora essere conseguiti. Quindi buon
compleanno A.I.P. da parte mia n
9
il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
FORUM E CONVEGNI
Sandra
Salerno
Redazione
Forum ECM 2014: i risultati
raggiunti e le nuove sfide per la
formazione in Sanità
S
i è svolta anche quest’anno, il 24 e 25 novembre,
la consueta Convention di dibattito e approfondimento dedicata all’ECM, organizzata dalla Commissione Nazionale per la Formazione Continua del Ministero
della Salute in collaborazione con l’Agenzia nazionale
per i servizi sanitari regionali (Age.na.s). L’incontro,
che per il secondo anno consecutivo ha avuto sede
a Roma, presso il Palazzo dei Congressi, si conferma
come la principale occasione per riunire i protagonisti
e gli stakeholder che a diverso titolo partecipano alla
costruzione della formazione dedicata ai professionisti
della Sanità. Soprattutto è una opportunità per fare il
punto sul Sistema ECM del nostro Paese, valutando le
criticità e i risultati raggiunti.
Gli ultimi anni hanno rappresentato una vera e propria
trasformazione dell’idea di fare formazione in Sanità.
Dal processo di accreditamento dei provider, al doppio accreditamento nazionale e regionale, dal sistema
delle certificazioni al ruolo delle Associazioni/Ordini/
Collegi. Il cammino è stato complesso e l’obiettivo è
sempre stato quello di garantire una formazione più
indipendente, concreta e orientata alle esigenze del
professionista e del contesto sanitario di riferimento.
Il sistema ECM è stato oggetto di particolare manutenzione sia legislativa che operativa, finalizzata alla
riqualificazione della formazione rivolta ai professionisti sanitari, cercando di creare un sistema che
fosse uniforme a livello nazionale pur rispettando le
specificità locali, ma soprattutto con un occhio rivolto
alle esigenze e alle sollecitazioni a livello Comunitario.
Sebbene la situazione infatti sia tutt’altro che uniforme a livello europeo e sebbene tale difformità parta
in primo luogo dalla disuguaglianza tra i diversi profili professionali negli Stati Membri, è necessario non
perdere di vista l’obiettivo che resta quello di garantire
ai professionisti sanitari la libera circolazione sia nell’e-
sercizio della professione, sia nella propria formazione
professionale.
Le esigenze e i trend formativi sono cambiati nell’ultimo triennio. Si assiste in primo luogo ad un numero
sempre crescente di professionisti che sceglie di aggiornarsi costantemente e di investire concretamente
nella propria formazione. È in crescita la partecipazione a eventi di formazione FAD e di FSC, che andrebbe ulteriormente incentivata, data l’indubbia efficacia
del “veder fare” e del “fare concretamente” rispetto al
semplice ascolto tipico della didattica frontale. Nonostante i risultati positivi registrati, sono ancora presenti
significative lacune che necessitano di essere sanate,
non soltanto in termini normativi, ma anche di offerta formativa, rivolta per la stragrande maggioranza al
personale medico e infermieristico, e molto carente
nei confronti delle altre professioni sanitarie.
Altra questione spinosa è quella relativa alle sanzioni
per i professionisti che non soddisfano l’obbligo formativo. Sebbene venga riconosciuta indiscutibilmente
l’imprescindibilità della formazione per il professionista che opera nella Sanità, un vero e proprio sistema sanzionatorio uniforme a livello nazionale non è
ancora stato previsto, così come accade in altri Paesi
(ad esempio gli USA), tanto che in Italia l’unico titolo
abilitante all’esercizio della professione risulta essere
il titolo di studio, senza alcun obbligo concreto all’aggiornamento professionale. Ciò porta una fetta ancora
considerevole di professionisti a disattendere agli obblighi formativi, con evidenti risvolti negativi in termini
di sicurezza per la salute del cittadino. Ma le cose
sarebbero pronte a cambiare. Alcune forme sanzionatorie sono state introdotte ad esempio per alcune
categorie di medici, come i medici di sorveglianza sanitaria. L’assolvimento dell’obbligo formativo è diventato necessario nel contesto di alcune aziende ospe-
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n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
FORUM E CONVEGNI
daliere (pubbliche e private) nell’ambito concorsuale
o come requisito per la carriera in ambito dirigenziale.
Se nel prossimo futuro non è ancora stata prevista
una normativa sanzionatoria uniforme, si è orientati
però a continuare sulla strada degli incentivi per tutti i
professionisti che assolvono all’obbligo formativo, con
agevolazioni economiche, di carriera o, come già in
questo momento, di riduzione dell’obbligo formativo
per il triennio successivo.
D’altra parte però, come abbiamo già detto, è sempre crescente il numero dei professionisti che sceglie
di puntare sul proprio aggiornamento professionale.
L’introduzione della certificazione per il triennio 20112013, ha messo in evidenza come circa il 38% dei
professionisti sanitari ha acquisito lo status di certificabilità (assolvendo completamente al proprio obbligo formativo), ai quali andrebbe aggiunto un ulteriore
10% di professionisti che è arrivato molto vicino alla
certificazione (solo pochi crediti di differenza). Si tratta
di percentuali che, sebbene confortanti, non sono in
grado di dirci però se effettivamente il professionista
ha acquisito realmente le competenze necessarie a
certificarne l’aggiornamento. La situazione dovrebbe essere differente per il prossimo triennio (20142016). La certificazione infatti non sarà più solo
quantitativa (intesa come semplice somma algebrica
dei crediti acquisiti), ma inizia ad essere qualitativa. La
qualità della formazione infatti viene garantita da due
strumenti fondamentali:
• Redazione del dossier formativo (DF);
• Introduzione di limitazioni più stringenti relative alla
formazione acquisita (in particolare per quanto riguarda i limiti quantitativi min/max di crediti per
ogni anno, e i limiti qualitativi relativi alle percentuali
min/max della tipologia di formazione).
Il Dossier Formativo: cos’è e come si fa
Il Dossier Formativo (introdotto in sperimentazione
a partire dal dicembre 2013) è un documento programmatico che il professionista può compilare sia
in maniera individuale che in maniera aggregata (nel
caso di impiego all’interno di aziende sanitarie), individuando le aree in cui programma di indirizzare il
proprio aggiornamento professionale nel triennio suc-
cessivo.
In fase di compilazione sul sito del Cogeaps, il professionista dovrà definire gli obiettivi formativi per ciascuna delle 3 aree di riferimento:
• Competenze tecnico-professionali
• Competenze di processo
• Competenze di sistema
Attribuendo a ciascuna area un determinato peso percentuale (minimo 10%).
Una volta introdotto, il sistema valuterà in automatico
la coerenza della formazione svolta durante il triennio
con quella dichiarata nel DF, aggiornandosi in relazione agli eventi a cui il professionista prenderà parte. I
crediti acquisiti fuori dalle previsioni del DF saranno
registrati in anagrafica ai fini dell’assolvimento dell’obbligo ECM triennale ma non potranno essere ricompresi all’interno del dossier stesso.
Al fine di incentivare il più possibile la redazione del
DF, la Commissione Nazionale per la Formazione Continua ha deciso di riconoscere un bonus pari a 15 crediti formativi, bonus spendibile nel triennio successivo
rispetto a quello in cui si è costruito il dossier. E’ necessario però che si verifichino le seguenti condizioni:
• Allestimento da parte del professionista del DF individuale;
• Rispetto della coerenza con il proprio profilo professionale;
• Realizzazione di almeno il 70% del DF programmato (corrispondente al 70% del fabbisogno formativo individuale del professionista);
• Costruzione del dossier formativo per almeno due
anni consecutivi.
Dovendo modellarsi sulle esigenze formative professionali, il DF può essere modificato una volta all’anno
(a partire però dal 2° e 3° anno), in virtù delle modifiche del proprio profilo lavorativo. Attenzione però,
eventuali crediti già ottenuti da eventi svolti, che risultavano non coerenti con gli obiettivi inseriti nel DF, non
potranno essere fatti rientrare nel DF nemmeno se, a
seguito delle modifiche, dovessero risultare coerenti
con i nuovi obiettivi inseriti nel DF.
In caso di formazione svolta all’estero, autoapprendimento e tutoraggio, la registrazione dei crediti matu11
il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
FORUM E CONVEGNI
rati e il relativo obiettivo avverrà a cura di Associazioni/
Ordini/Collegi di appartenenza.
Nel caso in cui il professionista eserciti due professioni, il sistema informatico Cogeaps prevede la possibilità di inserire una seconda professione esercitata.
Parimenti è previsto nell’ambito di una stessa singola
professione la possibilità di indicare due discipline
esercitate. Il sistema registrerà nel dossier solo le attività formative coerenti con le professioni e le discipline dichiarate dal professionista.
Il DF, ancora facoltativo e in sperimentazione durante il
triennio in corso, diventerà presumibilmente obbligatorio nel prossimo triennio. È senza dubbio lo strumento
più efficace a disposizione del professionista per costruire il proprio percorso formativo, e dei provider di
formazione per calibrare la propria offerta formativa in
relazione alle esigenze espresse dagli operatori della
sanità.
La formazione del Libero Professionista
Una disciplina particolare è quella della formazione
per il Libero Professionista. La Commissione Nazionale per la Formazione Continua ha infatti riconosciuto
la peculiarità del LP e ha disciplinato diversamente
la sua condizione rispetto ai rispettivi Convenzionati o
Dipendenti, per i quali la formazione viene maggiormente indirizzata da parte delle Aziende Sanitarie di
competenza. La formazione del Libero Professionista
è stata oggetto di un documento redatto dalla CNFC
in data 10 ottobre 2014, ancora non pubblicato sul
sito dell’Age.na.s, ma presentato durante una sessione dedicata nell’ambito del Forum ECM.
Agevolazioni
1. E’ riconosciuta al LP una specifica flessibilità in termini di numero minimo/massimo di crediti acquisiti
in ciascun anno del triennio. Questa flessibilità si
traduce nel fatto che il professionista nell’ assolvere all’obbligo formativo individuale non è tenuto al
rispetto del minimo di 25, massimo 75 crediti da
acquisire in ciascuno dei prossimi tre anni.
2. La stessa flessibilità vale anche per le modalità di
apprendimento (ex. docenza, tutoraggio) e per gli
obiettivi formativi che possono essere acquisiti an-
che interamente nell’area degli obiettivi individuali.
3. Solo per i LP è prevista la possibilità di vedersi riconosciuti fino al 10% dell’obbligo formativo
individuale (fino a 15 crediti nell’arco del triennio)
attraverso l’autoformazione, realizzabile attraverso
studio e lettura di testi scientifici coerenti con il
profilo professionale, dietro presentazione all’Associazione/Ordine/Collegio di riferimento di una autocertificazione in merito (Rif. Determina CNFC del
17 luglio 2013).
4. Nel caso di formazione all’estero, esoneri, esenzioni, tutoraggio, autoformazione, il LP può fare riferimento alla relativa Associazione/Ordine/Collegio,
che provvederà a validare la documentazione al
fine della riduzione dell’obbligo formativo individuale.
5. Per quanto riguarda il DF, vale quanto già esposto
nel paragrafo precedente, e quindi un bonus del
10% dell’obbligo formativo individuale alla realizzazione del 70% del DF presentato.
6. Infine per il prossimo triennio è stato dato il via
ad una sperimentazione riservata esclusivamente
ai LP. Nel caso in cui un LP frequenti ai fini formativi uno studio o una struttura sanitaria (anche
non convenzionata con il SSN) per formarsi presso
un collega più esperto (iscritto da almeno 5 anni
all’Associazione/Ordine/Collegio), può attivare un
progetto di training e vedersi riconosciuti crediti formativi proporzionali alla durata del progetto.
Dall’altra parte, anche il professionista che assume
la funzione di tutor, potrà fare richiesta di riconoscimento di crediti ECM per l’attività di tutoraggio
svolta. I dettagli relativi a questa modalità formativa
e le limitazioni/vincoli connessi saranno esplicitate
nel documento redatto dalla CNFC il 10 ottobre,
pubblicato presumibilmente sul sito dell’Age.na.s
per la prima metà del mese di dicembre.
La regolamentazione specifica relativa alle procedure
di attuazione di quanto descritto sono presenti nella
Sezione ECM del sito www.associazionepodologi.it.
Consigliamo pertanto ai soci di consultare frequentemente la pagina per rimanere aggiornati sulle nuove
normative in corso n
12
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
FORUM E CONVEGNI
13
il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
FORUM E CONVEGNI
Alessandra
Leonoro
studentessa III° anno
Cdl in Podologia,
Sapienza
L’AIP al 9° Forum
Risk Management in Sanità
Giuseppe
La Guardia
studente II° anno
Cdl in Podologia,
Sapienza
A
nche quest’anno l’AIP ha partecipato attivamente al
9° Forum Risk Management in Sanità, nell’ambito
della sessione in programma il 27 novembre, dal titolo
“La Sanità plurale: un patto tra professionisti, produttori
di salute per attuare il Patto della Salute”.
Notevole interesse ha suscitato l’intervento del presidente dell’Associazione Italiana Podologi, Prof. Mauro
Montesi durante la terza giornata del 9° Forum Risk
Management tenutosi al Centro Fiere e Congressi di
Arezzo in data 25-28 novembre 2014, alla quale ha
partecipato anche una nutrita delegazione di studenti
del C.d.L in Podologia “La Sapienza” di Roma. Nella
Sala Auditorium i coordinatori Rossana Ugenti, Direttore
Generale delle Professioni Sanitarie presso il Ministero
della Salute e Claudio Montaldo, Assessore alla Sanità della Regione Liguria, dopo un discorso introduttivo,
hanno incentrato la discussione sull’importanza del Nuovo Patto della Salute dopo la spending review dettata
dal Decreto Ministeriale 24 aprile 2013, sottolineando
come per la prima volta in una Legge di stabilità si parli
di riforme con il coinvolgimento delle parti interessate.
A tal proposito l’intervento del Presidente Montesi ha
L’intervento del Presidente AIP
sottolineato come sia importante la collaborazione tra il
Podologo e gli altri professionisti della Sanità e di come
il ruolo del podologo sia determinante per la riduzione
dei costi del paziente se preso in cura per tempo dando
rilievo a quanto si ridurrebbe drasticamente il numero
delle ospedalizzazioni per amputazione agli arti inferiori,
con contestuale abbattimento dei costi della spesa pubblica, attraverso l’appropriatezza terapeutica del Podologo inserito in un’equipe multidisciplinare.
E’ dunque necessario che tali propositi vengano attuati
secondo una appropriatezza stessa delle cure e con una
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché attraverso la valorizzazione del professionista in un sistema di
cura incentrato sulla salute e sul benessere del paziente.
L’evento è stato particolarmente rilevante anche per la
trattazione di temi quali la convivenza e la collaborazione
tra tutte le professioni sanitarie e la difesa delle loro specificità, sempre più assediata dalle figure di numerose
professioni non accreditate, quali counselor, osteopati,
estetisti ed altri, che cercano in ogni modo, ogni giorno,
di ottenere il riconoscimento istituzionale.
La dott.ssa Cristina Rinaldi, del Ministero della Salute,
ha chiarito il quadro istituzionale della situazione citando
la legge n.4 del 2013 che dona dignità giuridica alle
professioni non organizzate in collegi ed ordini. Ciò ha
causato una forte spinta da parte di molte associazioni,
fino a quel momento silenti, per farsi accreditare presso
il Ministero dello Sviluppo Economico come Professioni
Sanitarie.
Prima, invece, l’unica via era il riconoscimento presso il
Ministero della Salute, mentre ora con la legge n.4 del
2013 è stata creata una seconda via, per molti versi più
semplice da percorrere, che va monitorata molto attentamente per il bene dei professionisti ad oggi accreditati
e soprattutto per i cittadini stessi che alle figure accreditate affidano la propria salute n
14
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
UNIVERSITÀ
Novembre 2014. Nella sede
di Bolzano della “Sapienza” i primi
14 neo laureati in podologia
Rocco
Menechella
Responsabile
Editoriale A.I.P.
L
o scorso mese di novembre ha fatto registrare i primi
laureati in podologia della Scuola Provinciale Claudiana
di Bolzano, sede staccata del corso di Laurea in Podologia dell’Università “Sapienza” di Roma. Una sessione sviluppatasi in due giorni con la prova pratica che si è svolta
il 13 novembre alle ore 14.30 e la relativa discussione
delle tesi il giorno successivo 14 novembre con inizio alle
ore 8.30. Grande entusiasmo tra i presenti compresa la
delegazione di Roma capeggiata dal Presidente AIP, Prof.
Mauro Montesi e dal Presidente del Corso di Laurea in
Podologia della Sapienza, Prof. Marco Cavallini. A fare gli
onori di casa è stato il Dott. Eduard Egarter Vigl, colui che
insieme al Prof. Montesi ha voluto fortemente l’apertura
del corso di podologia proprio a Bolzano. Particolarmente
emozionante la proclamazione dei neo laureati e la consegna ad ognuno di loro del “giuramento professionale
del podologo” che è stato letto a nome di tutti da un
neo podologo. Una giornata che sicuramente non resterà
isolata tanto che è già partito il nuovo corso di laurea che
ha fatto registrare anche quest’anno il numero massimo
di iscrizioni e che garantirà nel corso degli anni a seguire
un nutrito gruppo di professionisti qualificati e pronti ad
esercitare nel migliore dei modi.
Vediamo allora, oltre ai nomi dei laureati, le tesi che hanno discusso (naturalmente in stretto ordine alfabetico).
• Cazzaro Sara - Piede torto congenito e le strategie
posturali in età adulta
• Ceravolo Bernardo - Analisi della corsa e dell’appoggio plantare di un gruppo di calciatori dilettanti
• De Demo Pamela - Studio osservazionale pre- e
postescissione delle ipercheratosi del piede in pazienti adulti e anziani
• De Marzi Valentina - Valutazione dell´efficacia della
medicazione avanzata Holoil® sulle lesioni croniche del piede
• Giora Camilla - Piede e sport: affezioni postraumatiche. La pallavolo e le distorsioni della caviglia.
• Kiebacher Sigrid - Fascite plantare - Uno studio
retrospettivo della patogenesi e decorso della ma-
I neo laureati di Bolzano con la commissione
lattia rispetto alla letteratura
• Leitner Martina - L’iter terapeutico ideale per un
paziente con un’infezione acuta del piede diabetico
secondo le linee guida vigenti
• Margoni Ilaria - Da scimmia a uomo: indagine
sull’adattamento del piede nel corso dell’evoluzione umana
• Menegolo Martina - Lesione cronica. Aspetti fisiopatologici del biofilm: l’importanza della sostanza
esopolimerica(EPS) e del quorum sensing nel processo di cronicizzazione
• Minerbi Andrea - La Sindrome di Down e le problematiche al piede
• Skudelny Ute - L’ecografia nel sospetto neuroma
di morton
• Unterfrauner Michele - Il piede del climber: studio osservazionale delle alterazioni morfologiche e
funzionali del piede su un campione di arrampicatori professionisti
• Vieider Vera - Problemi podalici più comuni dei
podisti e i loro fattori di rischio - uno studio di 642
soggetti
• Zingerle Theresia - In che misura l’intervento del podologo può contribuire a migliorare la qualità della vita
del paziente affetto da artrite reumatoide? n
15
il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
UNIVERSITÀ
Rocco
Menechella
Responsabile
Editoriale A.I.P.
Novembre 2014.
Sono 13 i neo laureati in podologia
alla “Sapienza”
H
a avuto luogo lo scorso 19 novembre la sessione autunnale delle lauree in Podologia della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “Sapienza”. Per la prima
volta sia la prova pratica che la discussione della tesi sono
state svolte nella stessa giornata dividendo le prove tra
mattina e pomeriggio. Un qualificato e buon numero di
neo dottori e dottoresse in Podologia che sapranno sicuramente portare un ulteriore impulso alla professione.
Hanno dimostrato nel corso del proprio percorso di studio
una forte preparazione sia sotto l’aspetto scientifico che
pratico. Non a caso si sono registrati diversi voti alti, tra
i quali alcuni comprensivi della lode della commissione
esaminatrice. Le più vive felicitazioni vanno quindi rivolte
a chi si accinge a svolgere la professione, forte di un percorso formativo in cui non è mai mancato l’apporto dei
professori durante lezioni di grande spessore, ma soprattutto di un tirocinio pratico svolto direttamente sul paziente
ed altamente professionalizzante.
Vediamo allora, oltre ai nomi dei laureati, le tesi che hanno
discusso (naturalmente in stretto ordine alfabetico):
• Asci Davide
Il ruolo del podologo nella prevenzione e cura del
piede diabetico
• Attardo Sebastiano Studio su campione di pazienti geriatrici
• Colacino Arianna
La ricostruzione ungueale a scopo terapeutico: uso
della resina odontoiatrica in podologia • Ferraro Federica
I punti di fissità e le spine irritative. Lesioni dermatologiche assetto podo-posturale
• Fraudentali Alessio
Drenaggio del piede diabetico complicato
• Frontoni Gabriele
La luce come mezzo fisico applicabile in campo
podologico: principi, indicazioni e limiti
• Gasperini Matteo
Studio osservazionale dell’ortesi plantare nel piede
piatto con stimoli propriocettivi
• Gattelli Alessio
La comunicazione verbale e non verbale in ambito
podologico
• Lusi Alessandro
Il podologo: sentinella della medicina preventiva
• Riccardi Roberta
Valutazione clinico-funzionale e dell’equilibrio,
attraverso l’utilizzo di un plantare in pazienti con
compromissioni cognitive, comportamentali, croniche e stabilizzate in grado di mantenere la posizione eretta
• Ricci Antonella
Il ruolo del podologo nella prevenzione e cura delle
ulcere venose degli arti inferiori
• Russo Veronica
Studio osservazionale, attraverso il formetric, della
superficie del dorso, in pazienti con piede supinato
e pronato, sottoposti a modificazioni dell’appoggio
• Sartorelli Desiree
Valutazione di ortesi plantari in soggetti con alterazioni vascolari venose periferiche degli arti inferiori n
I neo laureati della Sapienza con la commissione d’esame
18
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
Auguri di
Buon Natale e di
Felice Anno Nuovo
dal Presidente Mauro Montesi
dal Consiglio Direttivo
e dalla Redazione
L’ANGOLO DERMO-PODOLOGICO
Giulia Pranteda
Ferruccio Montesi
Dottore in Podologia, Professore
Università “La Sapienza”- Az.Osp
Sant’Andrea, Roma
Guglielmo Pranteda
Specializzanda in Dermatologia,
Università “la Sapienza”
Manuel Tuzi
Medico Chrurgo, Università “la
Sapienza”
Claudia Abruzzese
Professore Aggregato, Ricercatore
Università “La Sapienza”- Az. Osp.
Sant’Andrea, Roma
Specializzanda in Dermatologia,
Università “la Sapienza”
Dottoressa in Podologia, Università
“La Sapienza”, Roma
Studenti II anno CdL in Podologia,
Università “La Sapienza”, Roma
Aurora Orfei
Marta Sani
Maria Reluca Popa
L
Onicopatia,
una patologia non
sempre di facile diagnosi
e onicopatie sono patologie molto frequenti e
spesso la valutazione eziologica è difficile. Seppur
il ruolo dei miceti sia quello più riscontrato, è un errore
considerare tutte le onicopatie come delle onicomicosi.
Tale concetto è diffuso nei pazienti che ne sono affetti, ma soprattutto tra gli operatori sanitari. Tuttavia
frequentemente non viene eseguito l’accertamento
diagnostico consistente nell’esame microscopico e/o
colturale, per verificare la presenza del micete, infatti
spesso si riscontrano terapie per via orale per onicopatie non micotiche.
E’ stato osservato un caso di non facile interpretazione
che ci ha indotto a segnalarlo.
A maggio del 2014 si è recata presso lo studio podologico una paziente di 17 anni che presentava, all’esame obiettivo, una perionissi a livello del primo dito
di entrambi i piedi caratterizzata dai classici segni di
infiammazione: tumor, rubor,calor,dolor e functio laesa.
(Figura 1)
L’anamnesi ha evidenziato come tale problema si fosse verificato dopo aver indossato delle calzature che
presentavano a livello dell’avampiede la tomaia bassa
e delle cuciture, che traumatizzavano l’iponichio. (Figura 2)
Figura 2
Dopo l’anamnesi e l’esame obiettivo del piede è stata
eseguita una valutazione della lesione stessa mediante l’utilizzo di uno strumento diagnostico non invasivo
come l’ ecografo(Figura 3),grazie al quale abbiamo
evidenziato la presenza di corpi estranei a livello dell’i-
Figura 3
Figura 1
ponichio.
Successivamente ispezionando l’area,si è potuto dimostrare la presenza di frammenti di lamina ungueale
che, attraverso un’accurata detersione mediante solu-
20
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
L’ANGOLO DERMO-PODOLOGICO
colturale per la ricerca di germi patogeni e antibiogramma per una eventuale terapia antibiotica mirata.
(Figura 5)
Figura 4
Figura 5
Figura 6
zione fisiologica, sono stati rimossi; all’esame obiettivo, la lesione risultava essere maleodorante di colorito
giallo-verdastro per cui è stato effettuato un’esame
Ad entrambi gli alluci è stata effettuata una medicazione con gentamicina ed è stato consigliato, a causa
della presenza del granuloma a livello dell’iponichio,
un trattamento con impacchi di euclorina seguiti da
gentamicina una volta al dì. Ad un successivo controllo
delle lesioni eseguito a distanza di 48h dal primo trattamento, sono stati riscontrati miglioramenti.(Figura 4)
La risposta dell’esame colturale (Figura 5) ha rilevato
la presenza di Pseudomonas Aeruginosa, che ha permesso un’adeguata interpretazione della lesione evitando un’erronea diagnosi per onicomicosi. (Figura 5)
La richiesta di tale esame colturale ha permesso un’efficace e immediata collaborazione con il
dermatologo,che ha consigliato una terapia per via
orale con Ciprofloxacina in compresse da 500 mg per
due volte al giorno mattina e sera per quattro giorni
e successivamente una riduzione a 250 mg sempre
due volte al dì per altri sei giorni, aggiungendo una
terapia giornaliera con Dermacit in crema. Durante la
terapia la paziente veniva medicata, giornalmente e
regolarmente nello studio podologico, con lavaggio
a pressione mediante siringa da 10 cc con soluzione
fisiologica. Al successivo controllo si eseguiva la rimozione totale di parti di lamina ungueale con applicazioni
locali di Dermacit in crema secondo prescrizione del
dermatologo.
Dopo circa un mese, il trattamento della lesione viene
modificato sotto stretto controllo del dermatologo e
del podologo; l’utilizzo di Rifocin per via locale è stato
effettuato solo dopo la sospensione di antibiotici per
via orale.
Come riscontrabile dalle foto la paziente è migliorata, con assenza di infezione e dolore a livello di tutto
l’iponichio, anche se persiste un lieve eritema ed una
distrofia della lamina ungueale. (Figura 6)
Attualmente la paziente non presenta più alcuna infezione, ma attraverso il monitoraggio ecografico della
matrice ungueale è stata riscontrata una sua compro21
il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
L’ANGOLO DERMO-PODOLOGICO
Figura 7
Figura 9
Figura 8
missione. (Figura 7- 8)
Presso lo studio podologico, al termine della terapia
topica, viene eseguito un trattamento di rieducazione
della lamina come prevenzione di onicocriptosi. (Figura 9-10).
Le onicopatie sono patologie frequenti spesso di difficile interpretazione dovute alla diagnosi differenziale
con altre patologie.
Figura 10
In definitiva a seguito di un attento esame obiettivo
non si può prescindere dal richiedere una valutazione
laboratoristica con esame colturale; è inoltre necessaria la collaborazione di uno specialista dermatologo
che possa affiancare una terapia farmacologica e che
monitori l’andamento dell’affezione assieme ad un
continuo controllo podologico n
22
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
MEDICINA
Mauro
Montesi
Docente e Coordinatore CdL in
Podologia, Università
“Sapienza”, Roma
Silvana
De Luca
Podologo AIP
Ulcere neuropatiche.
Un caso clinico
Paolo
Grilli
Studente II anno CdL
in Podologia, Università “Sapienza”,
Roma
Si riporta il caso del Signor G.B., pensionato settantenne
affetto da Diabete Mellito Tipo 2 insorto circa vent’anni
fa e per il quale il paziente segue regime alimentare e
terapia con Metformina. Giunge all’Istituto Podologico
Italiano nel gennaio 2012 per una piccola lesione di forma circolare * a bordi regolari (fig.01) in corrispondenza
della I testa metatarsale, contornata da una ben più ampia area ipercheratosica comprendente segni localizzati
di pregresso stravaso ematico intradermico.*
pressurizzata di Soluzione Fisiologica con siringa.
Il debridement effettuato ha permesso di liberare i tessuti vitali ancora irrorati (fig.02). da quelli necrotici che,
Figura 2
Figura 1
Il colorito della cute e la presenza dei polsi tibiale posteriore e pedidio fanno escludere una patogenesi ischemica, mentre l’assenza di dolore, la deviazione in valgo
dell’alluce ed in griffe delle dita con atrofia dei muscoli
interossei, l’accentuazione della volta plantare longitudinale e la diffusa secchezza cutanea compongono un
quadro di probabilissima neuropatia, confermata dall’esito degli specifici test di screening eseguiti contestualmente alla visita.
Il Podologo, informato il paziente circa la sua condizione, ed ottenuto il consenso dallo stesso, inizia il trattamento sanitario rimuovendo gli strati cornei perilesionali
e tutto il tessuto devitalizzato, fino a scoprire un’ampia
area recessuale per un’estensione complessiva di circa
3 cm^2. Esegue poi detersione mediante irrigazione
macerando, sarebbero diventati fonte di nutrimento per
tutta una serie di microrganismi saprofiti abitualmente presenti sulla cute ad una concentrazione tale da
non risultare patogeni; in presenza di abbondanti fonti
nutritive, possono aumentare in modo esponenziale il
loro ritmo di replicazione, proliferando fino a superare
la soglia critica di colonizzazione, oltre la quale la loro
concentrazione (carica batterica) sarebbe in grado di
scatenare un’infezione dovuta all’azione patogena delle
tossine prodotte dal loro metabolismo. L’ospite, di contro,
ha a disposizione i complessi meccanismi dell’immunità umorale e cellulo-mediata a difenderlo, se efficienti,
dall’aggressione degli antigeni, dunque la probabilità
che si instauri un’infezione è determinata da molteplici
fattori e può essere stimata col seguente rapporto:
Carica batterica x Virulenza
Prob. infezione= -------------------------------------
Resistenza dell’ospite
E’ proprio l’infezione la principale minaccia alla salute
24
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
MEDICINA
del paziente ulcerato poiché, in virtù delle alterazioni
metaboliche indotte dal diabete, il suo organismo risulta
meno capace di fronteggiarla.
Un’infezione superficiale misconosciuta, o peggio trascurata, è destinata a progredire facendosi largo nei
tessuti molli fino a coinvolgere l’osso, dove si infiltra
provocando gradualmente periosteite, osteite ed infine
osteomielite, sovente anticamera dell’amputazione. Purtroppo infatti un’infezione lasciata a sé stessa non solo
si espande, ma protegge la sua cronicizzazione con la
generazione di una sorta di barriera organica detta biofilm che è in grado di schermarla dall’azione dei farmaci
antibiotici che potrebbero tardivamente essere somministrati al paziente.
Nel caso clinico qui presentato la cute perilesionale non
mostrava segni di infiammazione ed il fondo appariva
ben irrorato, deterso, non secernente essudato, per cui
il Podologo ha applicato Cutifass pomata, i cui principi attivi conferiscono al prodotto proprietà battericida,
batteriostatica, antinfiammatoria, idratante e lenitiva e
l’associazione con bendaggio occlusivo ha indotto la
rivascolarizzazione del fondo dell’ulcera, quindi lo sviluppo di un tessuto di granulazione sano che ha promosso
e velocizzato la cicatrizzazione. Di fatti già al controllo
successivo, dopo due giorni, la lesione appariva in via di
riepitelizzazione: (Fig. 3).
so l’IPI per la comparsa di una nuova lesione sotto alla
pianta dello stesso piede di forma ovoidale a bordi irregolari in corrispondenza della II e III testa metatarsale,
fig.04 contornata da un’ampia area ipercheratosica che
all’osservazione fa sospettare la presenza di bordi sottominati.*
Figura 4
Dalla valutazione clinica al podoscopio ed alla pedana
baropodometrica si evidenzia l’avvenuta migrazione dei
picchi pressori al comparto metatarsale centrale e quindi
l’etiologia traumatico/pressoria della nuova lesione, dovuta alle componenti perpendicolare e trasversale delle
forze gravanti sull’avampiede sia in statica che durante
le deambulazione. Il Podologo esegue il debridement
portando alla luce un’ulcera cutanea delle dimensioni
di circa 1,5 cm^2 di estensione per una profondità di
pochi millimetri. (fig.05)
Figura 3
Da questo momento in poi il paziente è tornato all’assistenza del suo Podologo di fiducia, che ha continuato la
terapia somministrata con efficacia presso l’Istituto Podologico Italiano, fino a completa restituito ad integrum.
Dopo un anno il paziente torna all’osservazione pres-
Figura 5
E’ possibile notare come la lesione a livello I metatarsale* non abbia recidivato, mostrando
esclusivamente lievi segni di desquamazione su25
il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
MEDICINA
perficiale assolutamente gestibili con i controlli podologici di routine programmati ad intervalli regolari.
Il trattamento della seconda lesione, di seguito descritto,
vuole evidenziare quanto invece possa differire in termini
di tempistiche ed efficacia terapeutica la risposta delle
lesioni neuropatiche da un caso all’altro, perfino nello
stesso soggetto: i parametri che influiscono sulla corretta guarigione della ferita in un soggetto diabetico sono
molteplici e spaziano dall’equilibrato apporto calorico e
idrico di una dieta adeguata all’aumentato fabbisogno
di un organismo in lotta per contrastare l’aggressione
di agenti patogeni e per ripristinare la perdita di sostanza occorsa, alla necessità di controllare la glicemia a
sua volta condizionata dalla terapia farmacologica,
dallo stress e dal tentativo dell’organismo di far fronte
alla lesione stessa. Da non sottovalutare poi è il vissuto
socio-psicologico del paziente al suo problema, che se
non positivo e proteso al superamento dello stesso può
sfociare in uno stato di sconforto e depressione che inibisce le fisiologiche capacità rigenerative dell’organismo
e porta ad un approccio alla vita quotidiana caratterizzato da rassegnazione e trascuratezza verso la salute e
l’igiene personale.
Ecco allora che il ruolo sociale del Professionista Sanitario Podologo diventa importante tanto quanto l’esecuzione del trattamento in sé: informando con trasparenza
il paziente circa le sue condizioni ed i rischi di complicanze dovute ad abitudini di vita a rischio per la sua
salute e proponendo, dopo attenta valutazione, la terapia
che secondo scienza e coscienza ritiene più adeguata al
trattamento della patologia, eventualmente anche dopo
coinvolgimento del Medico di base e degli opportuni
Specialisti, senza creare false speranze, ma prospettando con onestà i possibili benefici realmente raggiungibili, ottiene il fondamentale risultato di far percepire al
paziente che non è da solo nel combattere il problema e che l’obiettivo si può raggiungere esclusivamente
con la collaborazione di tutte le parti, ognuna secondo
il proprio ruolo. La compliance del paziente alla terapia
somministrata, in particolar modo per quanto riguarda le
automedicazioni domiciliari, è di fondamentale importanza per il mantenimento, tra una visita di controllo e la
successiva, dei successi che il Podologo può ottenere
durante il ciclo di cura.
Tornando alle condizioni della seconda ulcera dopo lo
sbrigliamento, per esempio, si potrebbe immaginare una
facile risoluzione visti gli ottimi risultati ottenuti con la prima, invece ha impegnato il Podologo molto più a lungo,
con episodi di remissione alternati ad altri di esacerbazione: dopo la prima medicazione occlusiva con Cutifass
infatti, il paziente dopo due giorni è tornato a controllo e
la lesione mostrava già i primi segni di riepitelizzazione.
Dopodiché il medesimo non si è presentato alle visite
di controllo per alcuni mesi, per poi tornare in queste
condizioni: (fig.06) (fig.07)
Figura 6
Figura 7
L’ulcera non solo si è estesa, ma ha acquisito le caratteristiche di una lesione cronica: bordi ovoidali netti
ed ispessiti, presenza sul fondo di uno pseudo tessuto
di granulazione in realtà molto fragile e sanguinante al
minimo tocco e ricoperto da tessuto necrotico, produzione di essudato. Non sembrava esserci estesa infiammazione perilesionale, ma il quadro era sufficiente per
decidere di eseguire prelievo di materiale organico dal
26
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
il
PODOLOGO in medicina
MEDICINA
fondo e dai bordi dell’ulcera mediante tampone ed inviare celermente il campione all’esame colturale. Si è optato per una medicazione semiocclusiva con antisettico
locale Betadine® 10% Gel alla quale è stato applicato
in corrispondenza dell’avampiede uno spessore di tamponi di circa 1-1,5 cm tagliati in modo da creare uno
scarico intorno all’ulcera.
Questa tecnica di scarico è molto utile nelle prime medicazioni, quando la lesione può essere sufficientemente
essudante da impregnare ortesi plantari che poi risulterebbero difficilmente lavabili.
L’antibiogramma ha evidenziato quanto segue:
Presane visione, il Podologo ha inviato il paziente dal
Figura 9
Una volta ottenuto il controllo dell’essudato e scongiurato il rischio di infezione profonda grazie all’efficacia della
terapia antibiotica però, il Podologo ha potuto trattare la
causa meccanica all’origine della ferita facendo indossare al paziente prima una calzatura di scarico tipo “Talus”
per 20 giorni e poi un paio di ortesi plantari su misura
realizzate su calco e dotate di elementi aggiuntivi al fine
di attenuare i picchi pressori patogeni ridistribuendoli su
un’area di superficie plantare il più estesa possibile.
Pressione =
Medico Curante che ha provveduto a prescrivere specifico antibiotico sistemico. Nel frattempo si è proseguito
con le medicazioni, ma finché non si è raggiunta la riduzione della carica batterica grazie alla terapia antibiotica,
l’unico risultato ottenuto è stato quello di mantenere la
ferita detersa da residui organici e fibrinosi e limitare
l’ulteriore allargamento della lesione, che comunque c’è
stato: (fig.08) (fig.09)
Forza ( peso)
Superficie
Gli effetti positivi non hanno tardato ad arrivare, ripagando il paziente ed il Podologo degli sforzi profusi nell’attuare il piano terapeutico.
(fig.11) (fig.12) (fig.13) (fig.14)
Figura 10
Figura 8
Determinante per il raggiungimento dell’obiettivo è stata la capacità del Podologo di “leggere” i segni che la
lesione, modificandosi, ha mostrato e di interpretare
27
il
PODOLOGO in medicina
n.180 ottobre/novembre/dicembre 2014
MEDICINA
Figura 11
Figura 12
quindi il piano terapeutico inizialmente delineato ricalibrandolo passo dopo passo seguendo l’evoluzione della
stessa, senza fossilizzarsi in schemi senza uscita, ma
dosando i propri atti su un’evidenza d’efficacia. Questo
gli ha consentito di non perdere la lucidità durante gli
episodi di esacerbazione e, forte della sua preparazione,
di gestire le complicanze che la patologia porta con sé.
D’altro canto, il paziente si è reso conto di quanto la neuropatia diabetica sia un’affezione ad altissimo rischio di
invalidità se trascurata e quindi ha collaborato aderendo
strettamente alle indicazioni terapeutiche.
C’è da dire però che un piede diabetico, pur restituito
all’integrità cutanea e salvato dal rischio dell’amputazione, non si può mai archiviare come un successo definitivo. Le successive misure di prevenzione secondaria
a cui viene sottoposto il paziente al fine di evitare recidive infatti non garantiscono il 100% dell’efficacia, per cui
resta fondamentale il monitoraggio diretto da parte del
Podologo, che può tempestivamente trattare eventuali
riacutizzazioni o nuove ulcere.
E’ stato questo il caso del Sig. G.B., che per i due mesi
successivi ha mantenuto una cute dell’avampiede in
condizioni di integrità e buon trofismo, ma al controllo
del terzo mese ha presentato l’insorgenza di una nuova lesione, stavolta in corrispondenza della quarta testa
metatarsale, nascosta sotto uno strato ipercheratosico.*
(fig.15) (fig.16)
Figura 13
Figura 15
Figura 14
Ad una prima medicazione con Betadine Gel è seguita,
dopo due giorni, quella con Cutifass pomata, che è stata
ripetuta dal paziente in automedicazione a domicilio per
28
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MEDICINA
Figura 16
due settimane. Al controllo l’ulcera si è mostrata, come
da immagine, in via di riepitelizzazione. (Fig.17)
Persiste la diffusa secchezza dovuta alla componente
autonomica della neuropatia diabetica, ma l’applicazione
serale di creme idratanti riesce ad attenuarne gli effetti.
Le ortesi plantari sono diventate per il paziente un dispositivo imprescindibile, che viene attentamente esaminato
ad ogni visita podologica di controllo al fine di mantenerne l’efficienza.
Il Sig. G.B. continua ad usufruire dei servizi dell’Istituto
Podologico Italiano anche per il curettage delle unghie e
per la cura di una recente onicomicosi dell’alluce che è
in corso di trattamento con Canesten Unidie, dopo le prime due settimane di applicazione di Canespro unguento
e bendaggio occlusivo.
Si ringrazia l’Istituto Podologico Italiano per il materiale iconografico reso disponibile e per la consultazione del programma informatico di gestione delle
cartelle cliniche podologiche elettroniche “Podium”,
che ha reso possibile la stesura di questo articolo
riguardante il caso clinico.
Figura 17
29
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PODOLOGO in medicina
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MEDICINA
JOSÉ VALERO- SALAS JOSÉ GALLART- ORTEGA
Podologo e Antropologo. Specializzato in Podologo e Antropologo. Dottorato presChirurgia Podologica. Dottorato presso
so l’Università di Zaragoza (Medicina).
l’Università di Zaragoza (Sociologia),
Dottorato presso l’Università di Zaragoza DAVID GONZÁLEZ- LÓPEZ
(Medicina). Podologo. Máster presso Università Complutense di Madrid. Dottorando presso
JOSÉ LUIS
l’Università di Zaragoza (Medicina).
SALCINI- MACÍAS
Podologo. Specializzato in Chirurgia Podologica. Dottorato presso l’Università di
Sevilla (Medicina). Professore Dipartimento di Podologia (Universitá di Sevilla).
Contatto
[email protected]
SINTESI
Si presenta un caso di ipercheratosi/tiloma localizzato nella
zona posteriore del tallone, di lunga evoluzione e di origine
traumatica/patomeccanica. Si descrive il tumore, il procedimento chiurgico utilizzato per la sua estirpazione, il trattamento post-operatorio e lo studio anatomopatologico.
PAROLE CHIAVE
Ipercheratosi. Tiloma. Chirurgia. Podoiatria.
ABSTRACT
A case of hyperkeratosis / tyloma in the back of the heel,
with traumatic/pathomechanic etiology, is presented. The
tumor, the surgical procedure, treatment and post-operative pathologic examination, is described.
KEY WORDS
Hyperkeratosis. Tyloma. Surgery. Podiatry
INTRODUZIONE
L’ipercheratosi si definisce, in generale, come un aumento
dello strato corneo della pelle1. La sua localizzazione è in
corrispondenza delle zone di pressione, frizione o compressione laterale dato che il luogo dove appare con più
frequenza è l’avampiede, nello specifico sotto le teste metatarsali, e sul tallone. Il tiloma invece rientra nelle alterazioni della cheratinizzazione e si definisce come un’area superficiale e circoscritta di ipercheratosi localizzata in zone
esposte a traumi ripetuti (calli) o come una ipercheratosi
dolorosa, di forma conica localizzata sul dorso delle articolazioni interfalangiche delle dita dei piedi (corno cutaneo)2.
Volgarmente si definisce come callo o callosità. Alcuni autori lo considerano un heloma duro di eziologia reumatica
o patomeccanica, anche se si differenzia dall’heloma duro
propriamente detto (che può avere una comparsa dorsale
o plantare) per la sua localizzazione plantare3. Altri lo identificano come una forma di ipercheratosi diffusa che può
presentarsi per differenti cause tra le quali le alterazioni
Ipercheratosi
tiloma nel tallone.
Caso clinico
dell’idratazione della pelle e le alterazioni patomeccaniche che producono sfregamento, compressione laterale
o iperpressione in una zona concreta del piede che gli
danno l’aspetto di un tumore4.
Da un punto di vista anatomopatologico generale, studi
compiuti da diversi decenni e altri più recenti, suggeriscono che i tilomi assomigliano ai volgarmente denominati
“calli” presentando una interruzione dello strato granuloso
in alcuni punti della sua struttura e sono il risultato della
iperproliferazione e differenziazione incompleta dei cheratinociti epidermici e una manifestazione aumentata dell’adesione molecolare 6, 7, 8, 9, 10.
Per il trattamento degli helomi duri e dei tilomi circoscritti
sono stati descritti numerosi procedimenti, dalla semplice enucleazione 11, 12 alla crioterapia13 e all’applicazione di
cheratolitici2 fino a diversi procedimenti chirurgici14.
CASO CLINICO
Paziente, donna di 45 anni che presenta una lesione ipercheratosica profonda sul bordo posteriore di entrambi i
talloni. La paziente comunica di avvertire dolore nel camminare e anche a riposo e che la rimozione meccanica
(chiropodia) le produce un minimo attenuarsi dei sintomi
anche se per una durata molto scarsa (pochi giorni). Come
antecedenti non direttamente connessi, riferisce che nel
1966, all’età di 15 mesi le fu diagnosticata una sublussazione congenita di anca e piede equino-varo, trattata per
la durata di 12-14 mesi, con l’ingessatura di entrambe le
estremità inferiori che “hanno determinato, per immobilità
prolungata con una benda gessata, i suoi piedi equinovari supini” (resoconto scritto del chirurgo ortopedico).
Dopo il trattamento con le bende gessate, è stata operata
chirurgicamente all’anca nell’Ospedale “Puerta de Hierro”
di Madrid ed è stata nuovamente ingessata per vari mesi.
Dopo il primo trattamento con l’ingessatura è apparsa una
lesione al tallone che è rimasta, nel corso degli anni, per
tutta la sua vita. La paziente riferisce che la lesione è stata trattata, nell’arco della sua vita, in alcuni casi come un
“callo” e, più frequentemente come “verruca”, da diversi
professionisti sanitari e senza alcun risultato nè come du-
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ratura riduzione del dolore nè come riduzione della lesione.
Allo stato attuale la lesione è aumentata di dimensioni e di
spessore, così come la sintomatologia dolorosa.
All’analisi si rileva una lesione dall’aspetto cheratinoso/
verrucoso, con contorno e spessore irregolare, con zone
in rilievo e una depressione centrale, di colore biancastrogiallognolo, di consistenza dura, nell’insieme sopraelevata,
dolorosa al tatto e circondata da una ampia zona di ipercheratosi (Figura 1).
Sono state effettuate radiografie assiali e laterali di entrambi i talloni, che mostrano una alterazione nella continuità
della corticale e iperostosi della tuberosità calcaneare posteriore (Figura 2).
L’esplorazione funzionale mostra piedi equini con una marcata insufficienza del tricipite surale in entrambe le estremità inferiori, retropiede varo e supinazione dell’avampiede
con marcata instabilità laterale della caviglia. Quest’ultimo
aspetto può essere originato dall’uso di stivali rigidi che
impediscono una mobilità adeguata della caviglia e, per
questo motivo, hanno causato una debolezza dei legamenti e dei muscoli sia nell’articolazione sottoastragalica
sia in quella tibio-peronea-astragalica.
Figura 2: Radiografia assiale di entrambi i calcagni che mostra
l’alterazione nella continuità della corticale e iperostosi della
tubersoità calcaneare posteriore che coincide con la lesione
dermatologica
È stata prescritta una terapia antibiotica per via orale (500
mg di amoxicilina + 125 mg di acido clavulanico ogni 8
ore) per otto giorni. Si è prescritto riposo assoluto per le
prime 24 ore e relativo durante i giorni seguenti fino al
riassorbimento della sutura.
Il periodo post-operatorio si è svolto con normalità: non si
sono manifestate febbre nè dolore nè perdite (secrezioni)
in alcun momento. La ferita si è riassorbita in 14 giorni,
sono state applicate strisce di sutura e si è permesso al
paziente di camminare un pò di più, con una calzatura
comoda e protezioni con un apposita imbottitura in corrispondenza della zona dell’intervento.
Si è effettuato un controllo due volte alla settimana, e si è
messa in atto una nuova terapia per la ferita chirurgica. La
Figura 1: Aspetto della lesione
Procedimento chirurgico
Si pratica una doppia incisione semiellittica includendo la
lesione e un margine di sicurezza (Figura 3a e 3b), andando in profondità per estrarre la totalità della lesione (Figura
3c) e pulendo il tessuto fibroso che lo accompagna (Figura 3d). Si sutura con punti a U al fine di separare le fasce
(superficiale e profonda) della pelle (Figue 3e e 3f).
Trattamento post- chirurgico
Le parti estratte sono state sottoposte a studio anatomopatologico, indicando il lato e l’opinione clinica.
Figura 3a: Doppia incisione semiellittica, marcando il contorno
della lesione e lasciando un margine di sicurezza
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Figura 3b: Dissezione profonda.
Figura3c: Estrazione della lesione nella sua totalità
Figura3d: Eliminazione del tessuto firbroso che lo accompagna
Figura3e: Sutura con punti a “U” per separare il livello profondo e
quello superficiale
Figura3f: Sutura. Aspetto finale
paziente è stata visitata a trenta giorni dall’intervento
e si è constatato la totale guarigione della lesione.
A sei mesi dall’intervento la paziente è stata visitata
nuovamente e, avendo appurato la totale guarigione
e l’assenza di qualsiasi segnale di recidiva, la si è
congedata definitivamente. L’aspetto, a trenta giorni
dall’intervento, è buono: la zona si è rivascolarizzata e la pelle, leggermente inspessita, presenta un
aspetto sano (Figura 4).
Si è scelto di compensare con supporti plantari l’equinismo e il varismo, proteggendo allo stesso tempo la zona posteriore del tallone con materiale spugnoso per evitare lo sfregamento con la calzatura.
Studio anatomopatologico
Descrizione macroscopica: Un frammento di pelle a
forma di asola che misura 4,5x2 cm di lunghezza
per 0,9 di profondità, che include il tessuto cellulare sottocutaneo. È osservabile una lesione con una
fenditura schiacciata biancastra a forma di cuneo di
2x0,8 cm di lunghezza. Si include nella sua totalità
(Figura 5).
Descrizione microscopica: Frammento di pelle
che mostra una zona schiacciata a forma di fendi-
Figura 4: Aspetto del tallone 30 giorni dopo l’intervento
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tura piena di materiale ortocheratosico compatto laminato
eosinofilo che si appoggia sopra un’epidermide con una
acantosi con papillomatosi irregolare e ipergranulosi che si
appoggia a sua volta sopra uno stroma con una moderata
reazione fibroblastica (Figura 6). I bordi della resezione laterali non sono stati compromessi dalla lesione.
Diagnostica anatomopatologica: Biopsia della pelle della
zona posteriore del tallone destro con una ipercheratosi
invaginata tipo tiloma.
DISCUSSIONE
Le lesioni ipercheratosiche, come nel caso presentato in
cui si nota una proliferazione di cheratinociti, devono essere affrontate tenendo conto delle funzioni svolte da queste
cellule. I cheratinociti, dato che rappresentano il 95% delle
cellule dell’epidermide, oltre a mantenere la struttura di
quest’ultima (per mezzo della citocheratina) rappresentano
la prima fondamentale barriera difensiva della pelle contro
fonte importante di citosine, chimosine e peptidi antimicrobici capaci, a loro volta di produrre antigeni di tipo II. Con
questo si dimostra che non solo partecipano alla risposta
Figura 6a: Microfotografia che mostra la invaginazione dell’epitelio squamoso (H-E, x50)
Figura 6b: Microfotografia che mostra l’epitelio squamoso maturo con ipercheratosi, ipergranulosi con acantosi (H-E, x100)
Figura 5a: Vista superficiale del frammento estirpato
Figura 5b: Vista in profondità del frammento estirpato.
agenti esterni, per cui detengono una funzione immunologica fondamentale per prevenire infezioni sistemiche, oltre
ad avere un ruolo attivo nella immunità di tipo congenito
15, 16
. Studi degli anni 90, Barker e al., dimostrarono che
i cheratinociti rappresentano recettori Toll e che sono una
immunitaria, ma che hanno un ruolo fondamentale nell’inizio della risposta 17, 18.
L’eziologia patomeccanica di un buon numero di lesioni
ipercheratosiche è stata descritta da diversi decenni 19. Nel
caso presentato l’invaginazione della pelle ipercheratosica, dovuta ad un processo patomeccanico di torsione e
frizione, ha prodotto, durante gli anni una necrosi che ha
determinato la disfunzione dei cheratinociti che hanno perso parte del loro potenziale immunologico.
Non deve soprendere, pertanto, che nella descrizione anatomopatologica del caso presentato, in cui si tratta una
“epidermide con una acantosi con papillomatosi irregolare
e ipergranulosi”, si suggerisca che in un qualche momento la lesione abbia avuto un componente papillomatoso
e/o infettivo di tipo batterico o micotico, probabilmente
causato dalla perdita della funzione protettiva dei cheratinociti. Quest’ultimo punto è stato possibile constatarlo
in relazione a ciò che disse il paziente su “vari trattamenti,
nei diversi anni da parte di diversi professionisti sanitari di
una verruca...”
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Pertanto, la diagnostica differenziale (clinica e anatomopatologica) deve essere fatta con entità con le quali l’ipercheratosi/tiloma abbia qualche somiglianza clinica come
l’acrocheratosi, 20 i papillomi, 2, 21 la papillomatosi, la stuccocheratosi 22 e la cheratosi seborroica 23. Le differenze
fondamentali si trovano nello studio anatomopatologico
anche se, nel caso presentato e come si è indicato in precedenza, entrambe possono coesistere. Tenendo conto
che gli “helomi duri”, e i tilomi sono lesioni molto simili e
che, frequentemente, si considerano la stessa cosa, bisogna tenere presente che entrambe possono mascherare
un’altra lesione come una borsite calcifica, 24, 25 o un neuroma 26. Altre patologie con le quali bisogna stabilire una
diagnostica differenziale sono le lesioni tumorali benigne,
pre-maligne o maligne che si diramano con alterazioni
nello strato corneo della pelle, come il cheratoacantoma,
il corno cutaneo, il carcinoma verrucoso e il carcinoma
squamoso cellulare, tra le più importanti.
Per il trattamento delle ipercheratosi/tilomi e affezioni affini
sono state proposte numerose alternative: dalla semplice
delaminazione o enucleazione 2,9,27, la elettrochirurgia 28 e
la “elettrodissezione”29 fino all’utilizzo di strumenti specifici
come il Canthacur-PS 30. McCarthy ritiene che il tiloma sia
una lesione complessa frutto di una debolezza (mancanza)
del retropiede, mesopiede e avampiede per cui propone
un trattamento ortopedico con supporti plantari e di scarico5. Nel caso presentato, una volta falliti tutti i trattamenti
utilizzati in precedenza, l’unica opzione è stata l’intervento
chirurgico e il trattamento ortopodologico che, in modo
congiunto, hanno portato alla risoluzione completa della
patologia tumorale.
RINGRAZIAMENTI
Al Dr. M.A. Marigil Gómez, Anatomopatologo, per la sua
preziosa collaborazione con lo studio anatomopatologico
del caso presentato in questo articolo.
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