Decisione N. 6032 del 03 agosto 2015
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA
Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) ORLANDI
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) GRECO
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) GIRINO
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore (MI) LUCCHINI GUASTALLA
Nella seduta del 02/07/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La società ricorrente chiede il rimborso di € 7.576,10, oltre spese legali, corrispondente
all’importo di un addebito RID non autorizzato e ai danni patrimoniali subiti.
Più precisamente, in data 26/01/2012 la società ricorrente (di seguito “X Sas”) stipulava
con l’intermediario un contratto di conto corrente n.***80.
In data 15/11/2012, la banca erroneamente addebitava su tale conto il pagamento, non
autorizzato, della fattura del 31/10/2012 emessa da un fornitore di energia elettrica e
intestata a un Hotel. La fattura era stata emessa a titolo di conguaglio per il periodo da
aprile e giugno 2008 per l’importo di € 6.576,10.
Il 29/03/2013 il rappresentante legale della X Sas chiedeva al fornitore di energia elettrica
il rimborso della fattura e il risarcimento del danno ex art. 1224 c.c. poiché il c/c sul quale
era stato effettuato l’addebito utilizzava un fido bancario. Al reclamo non veniva dato
riscontro.
Il 30/07/2013 la ricorrente effettuava un nuovo reclamo al fornitore, precisando di non
essere sua cliente, ma, al contrario, di aver stipulato un contratto di fornitura con un altro
soggetto a far data dall’1/12/2012. Anche in tal caso non perveniva alcun riscontro.
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Con reclamo del 21/03/2014 la società ricorrente chiedeva all’intermediario il rimborso di
quanto erroneamente addebitato.
Con riscontro del 29/04/2014 la banca respingeva la richiesta stante il decorso dei termini
decadenziali previsti dal D.Lgs. 11/2010: 8 settimane ex art. 11 e 13 mesi ex art. 9.
Con il proprio ricorso la società ricorrente rilevava che:
¾ il consenso del pagatore era elemento necessario per la corretta esecuzione del
pagamento ex art. 5 del D.Lgs 11/2010; al contrario l’operazione non era stata
autorizzata;
¾ l’art.11 del D.Lgs 11/2010 stabiliva l’immediato rimborso delle operazioni non
autorizzate;
¾ il termine previsto dall’art. 9 non si applicava nel caso in cui la banca avesse
omesso di fornire o mettere a disposizione del correntista le informazioni
obbligatorie sull’operazione;
¾ era stato violato il principio di buona fede e trasparenza bancaria;
¾ l’intestazione della fattura a una diversa società era un elemento di anomalia
che doveva indurre la banca alla massima cautela avvertendo il cliente;
¾ a seguito dell’addebito la società aveva sostenuto costi e interessi negativi per
l’utilizzo del fido.
La società ricorrente ha chiesto:
Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario ripercorreva come segue le vicende
societarie della società ricorrente X Sas e dell’Hotel intestatario della fattura contestata:
¾ il 12/12/1999 la società Y Srl, gestore dell’Hotel, accendeva il c/c n.***71 presso
la convenuta;
¾ il 22/12/1999 otteneva un’apertura di credito garantita da fideiussione omnibus
rilasciata, tra gli altri, dal rappresentante legale dell’odierna ricorrente e dalla
stessa società ricorrente che, all’epoca, rivestiva una diversa forma e
composizione societaria;
¾ il 07/01/2000 la X Sas cedeva alla Y Srl l’affitto dell’azienda comprensiva di
albergo e ristorante; il successivo 10/04/2003 l’affitto veniva circoscritto al solo
Hotel;
¾ il 09/07/2001 il fornitore di energia elettrica della Y Srl trasmetteva richiesta di
autorizzazione all’addebito RID;
¾ il 31/12/2011 cessava il contratto di affitto d’azienda con la società Y Srl e la
società ricorrente iniziava a svolgere l’attività di gestore dell’Hotel;
¾ il 26/01/2012 la X Sas apriva il c/c n. ***80 e l’1/02/2012 e conferiva procura ad
operare sul conto a Tizio e Caio (già soci e fideiussori della Y Srl);
¾ il 04/04/2012 il rappresentante legale della ricorrente e i due procuratori
trasferivano tutte le autorizzazioni RID presenti sul c/c n.***71 al nuovo c/c
n.***80;
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¾ il 24/04/2012 la Y Srl veniva posta in liquidazione; il 05/11/2012 estingueva il c/c
n.***71 e il 29/11/2012 veniva cancellata dal registro delle imprese;
¾ il 25/02/2015 uno dei procuratori revocava l’autorizzazione all’addebito RID del
fornitore di energia elettrica.
Con riferimento alla fattura oggetto di contestazione, la banca osserva che la stessa
veniva addebitata il 15/11/2012 sul c/c n.***80 per l’importo di € 6.576,10.
La richiesta di rimborso dell’operazione contestata era pervenuta oltre i termini
decadenziali previsti dal D.Lgs. 11/2010, sia quelli previsti dall’art. 14 (8 settimane
dall’addebito) che dall’art. 9 (13 mesi dall’addebito); anche l’art. 12 del contratto di c/c
prevedeva un termine di 13 mesi. La società ricorrente, al contrario, aveva reso noto di
non aver autorizzato l’operazione con comunicazione ricevuta il 31/03/2014, con oltre 16
mesi di ritardo.
Il Provvedimento della Banca d'Italia del 05/07/2011 prevedeva la possibilità di rettificare
l’operazione oltre i 13 mesi solo nel caso in cui il prestatore dei servizi di pagamento
avesse omesso di fornire o mettere a disposizione l’informativa successiva all’operazione.
Il modulo sottoscritto dai due procuratori il 05/11/2014 costituiva approvazione del corretto
allineamento di tutte le disposizioni RID trasferite dal c/c della Y Srl al c/c della X Sas.
La banca osservava che il servizio di domiciliazione consentiva che l’autorizzazione
potesse essere rilasciata da un soggetto diverso dal titolare del contratto di servizio, a
nulla rilevando l’intestazione dell’utenza.
La causale del RID era riportata chiaramente nell’estratto conto del 4° trimestre 2012,
regolarmente trasmesso alla società ricorrente.
Inoltre, la X Sas era titolare del servizio di home banking abilitato alla funzione di inquiry,
in grado, pertanto, di garantire il monitoraggio dei rapporti.
L’intermediario allegava l’elenco delle autorizzazioni RID trasferite sul nuovo conto che
avevano generato addebiti non contestati.
Quanto alla richiesta di risarcimento del danno, la convenuta rilevava la mancanza di
prove sulla sua sussistenza e sul nesso causale con la condotta della banca.
Analogamente, affermava essere da rigettare anche la richiesta di rimborso delle spese
legali.
L’intermediario ha chiesto al Collegio di respingere l’istanza.
DIRITTO
Prima di esaminare nel merito la controversia, sembra opportuno riportare alcuni aspetti
essenziali ai fini della decisione.
Oggetto del ricorso è un’operazione di addebito RID del 15/11/2012 per l’importo di euro
6.576,10 relativa al pagamento di una fattura per la fornitura di energia elettrica intestata a
un Hotel. La società ricorrente respinge l’addebito perché intestato a una diversa società,
mentre l’intermediario eccepisce l’avvenuto disconoscimento dell’operazione oltre il
termine di 13 mesi.
Sul punto, si riporta evidenza della Segnalazione Certificata di inizio Attività agli atti del
presente procedimento – SCIA del 30/12/2011 con la quale il rappresentante legale della
società ricorrente comunica il subingresso “senza modifiche”, in luogo della Y Srl,
nell’esercizio dell’Hotel intestatario della fattura contestata.
La società ricorrente è intestataria del c/c n.***80.
Sono state prodotte le procure rilasciate dal rappresentante legale l’1/02/2012 con l’elenco
delle operazioni ricomprese (all.11 alle controdeduzioni). I due procuratori sono i soci della
Y Srl.
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In data 05/11/2012 la società Y Srl, precedente gestore dell’Hotel, estingueva il proprio c/c
n.***71. Quanto alle utenze e ai pagamenti periodici è presente in atti l’indicazione di
trasferimento delle stesse al c/c n.***80 intestato alla società ricorrente. Il modulo riporta il
timbro dell’Hotel.
La società ricorrente dichiara di aver stipulato un contratto di fornitura di energia elettrica
con un’altra società con decorrenza 01/12/2012 e allega al ricorso copia della
comunicazione di accettazione della proposta contrattuale ricevuta da tale diverso
fornitore.
In proposito, si osserva che la fattura contestata è stata addebitata il 15/11/2012, ma fa
riferimento al conguaglio del periodo aprile-giugno 2008.
Con riferimento al disconoscimento dell’operazione e al rispetto o meno dei termini
decadenziali previsti, si segnala che l’art. 12 del contratto di c/c – sezione V “Servizi di
pagamento” – sottoscritto dalla società ricorrente l’1/02/2012 dispone che:
L’estratto conto al 31/12/2012, allegato dalla stessa società ricorrente, riporta l’addebito
del 15/11/2012 con la sola indicazione del fornitore; la ricorrente ha inviato un reclamo al
fornitore il 29/03/2013 e il 30/07/2013; la richiesta di rimborso all’intermediario è invece
datata 21/03/2014, 16 mesi dopo l’addebito; l’addebito RID è stato revocato da uno dei
procuratori il 25/02/2015.
L’intermediario, inoltre, produce evidenza interna di alcuni addebiti RID, sia precedenti che
successivi alla fattura in questione, anch’essi intestati all’Hotel ma non disconosciuti dalla
ricorrente.
La società ricorrente chiede il rimborso del danno patrimoniale subito quantificandolo, in
via equitativa, in € 1.000,00. Il danno deriverebbe dalla circostanza che all’addebito della
fattura sono conseguiti costi e interessi negativi per l’utilizzo del fido. Non vi sono evidenze
probatorie.
Anche per la richiesta di rimborso delle spese legali non si riscontrano agli atti fatture e/o
altra documentazione probatoria.
Ciò chiarito e venendo all’esame del merito della controversia, non può che essere
richiamata la normativa rilevante per la decisione della presente vertenza, ovvero anzitutto
quanto previsto dal Decreto Legislativo 27 gennaio 2010 n. 11 (“Attuazione della direttiva
2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle
direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva
97/5/CE”), agli artt. 9 e 11, che rispettivamente dispongono:
x art. 9: “L’utilizzatore, venuto a conoscenza di un’operazione di pagamento non
autorizzata o eseguita in modo inesatto, ………, ne ottiene la rettifica solo se
comunica senza indugio tale circostanza al proprio prestatore di servizi di
pagamento ……. La comunicazione deve essere in ogni caso effettuata entro 13
mesi dalla data di addebito …”.
x art. 11: “Fatto salvo l’art. 9, nel caso in cui un’operazione di pagamento non sia
stata autorizzata, il prestatore dei servizi di pagamento rimborsa immediatamente al
pagatore l’importo dell’operazione medesima ……”.
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A quanto appena illustrato si affianca la previsione del Provvedimento della Banca d’Italia
del 5 luglio 2011 per l’attuazione del titolo II del d.lgs. n. 11/2010, relativo ai servizi di
pagamento (diritti ed obblighi delle parti), che, all’art. 4 prevede espressamente che
“Quando viene a conoscenza del fatto che un’operazione di pagamento è stata eseguita in
difetto di autorizzazione o in modo inesatto, l’utilizzatore deve comunicarlo senza indugio
al proprio prestatore con le modalità e secondo i termini concordati con quest’ultimo;
l’utilizzatore avrà quindi diritto ad ottenere la rettifica e, nei casi specificati nei paragrafi
seguenti, il rimborso dell’operazione. Ferma restando l’esigenza di tempestività della
comunicazione di cui al precedente paragrafo, l’utilizzatore può chiedere la rettifica
dell’operazione entro il termine di 13 mesi dalla data dell’addebito, nel caso del pagatore,
o di accredito, nel caso del beneficiario […]”.
La disciplina appena richiamata è chiaramente finalizzata a tenere indenne il cliente dalle
conseguenze pregiudizievoli che possano derivare da addebiti effettuati in assenza di
un’autorizzazione RID.
Presupposto essenziale, tuttavia, è che il cliente comunichi senza indugio al prestatore di
servizi la circostanza della mancanza di autorizzazione dell’operazione, circostanza che,
nel caso di specie, non ricorre, posto che parte ricorrente ha contestato all’intermediario
l’addebito in questione oltre sedici mesi dopo la sua esecuzione.
Ciò è sufficiente per la soluzione del caso in esame; tuttavia, osserva, ad abundantiam il
Collegio, che dall’esame della documentazione in atti può comunque seriamente dubitarsi
che l’addebito fosse stato erroneamente posto in essere, dal momento che parte ricorrente
risulterebbe essere subentrata nell’attività della società Y, “ereditandone”
conseguentemente i rapporti attivi e passivi.
Da quanto appena rilevato, consegue la totale infondatezza delle istanze formulate dalla
ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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