QUEL 1973
AMEDEO MINGHI
E IL SUO PRIMO ALBUM
Niccolò Carosi
Si ringrazia Simone Canesi per il suo archivio
Siamo nel 1970 e un giovane Amedeo Minghi, dopo aver inciso nel 1966 il suo primo 45 giri per
la Dischi Ricordi, scalpita per dimostrare al pubblico e soprattutto a se stesso che oltre a saper
cantare ed essere telegenico, sa scrivere canzoni. Si accorge di questa capacità compositiva
Edoardo Vianello, cantante e autore di successo, ma soprattutto un ottimo imprenditore di sé e
del mondo musicale di quegli anni. «Mi è bastato poco per capire l'abilità e la caparbietà che
Minghi già all'epoca possedeva - racconta Edoardo Vianello - . Negli anni Sessanta canzoni
allegre e frizzanti come Pinne fucile e occhiali, Guarda come dondolo, I Watussi,
Abbronzatissima, Tremarella e Il peperone sono state la colonna sonora degli Italiani e la loro
voglia di lasciare alle spalle le tragedie e vivere la vita. Ma stava cambiando qualcosa nel
rapporto fra le canzoni e il pubblico, così decisi di aprire una etichetta discografica, l'Apollo
Records, con cui ho messo sotto contratto e lanciato, fra gli altri, i Ricchi e Poveri, Amedeo
Minghi, Renato Zero. Avevo la possibilità di contare sulla distribuzione della RCA,
sull'amicizia di Franco Califano che collaborava con la mia etichetta e su uno studio di
registrazione che avevo chiamato Studio 38 in cui si appoggiavano anche altre etichette
satellite della RCA. È in questo periodo così effervescente artisticamente che conobbi Minghi e
insieme a Califano – ricorda Edoardo – ci diedero la possibilità a me e a Wilma Goich di vivere
una seconda stagione musicale con la formazione de I Vianella».
Amedeo Minghi in quegli anni compone canzoni che riscuotono un grande successo di
pubblico e di critica; se come autore la strada
sembrava ormai essere segnata, stenta ancora
a trovare una collocazione come cantautore.
Scrivere canzoni per I Vianella come la fortunata Vojo er canto de 'na canzone , Canto d'amore di Homeide e Fijo mio, e per l'Apollo
pubblica anche il suo secondo 45 giri nel 1971
che porta la firma dei testi di Carla Vistarini.
Due anni dopo il primo album intitolato semplicemente Amedeo Minghi.
Il disco, prodotto dallo stesso Vianello, si avvale per i testi della collaborazione di Edoardo De Angelis (con il quale Minghi collaborerà
in seguito per molti anni) e di un giovane
Francesco De Gregori (che vivendo in quell'anno l'esordio da solista con l'abum Alice
non lo sa, non compare fra i cediti), due canzoni sono scritte da Carla Vistarini; le edizioni
musicali di tutti i brani sono le Edizioni Vianello/Pull.
L'album certamente risente delle esperienze
eterogenee di quegli anni di sopravvivenza
nel modo di una musica dalle mille identità,
in cui individuarsi era difficile e a volte pericoloso. L'opera spazia dal progressive di
Racconto allo stile più cantautorale di
Fratello in civiltà, dal soft-rock di Candida
Sidelia al west coast di Mexico; in alcune canzoni, ad esempio in L'uomo e la terra (con
un'introduzione strumentale suonata dall'or-
chestra d'archi) e in Un uomo grande è però
possibile ritrovare le aperture melodiche che
caratterizzeranno la produzione futura del
cantautore, come accade nel brando di apertura E tu con lei. Gli arrangiamenti vengono curati dallo stesso Minghi e da Aldo Pizzolo, che
dirige l'orchestra d'archi; il disco viene registrato presso lo Studio 38 in Roma, di proprietà dell'Apollo Records di Edoardo Vianello con
Aurelio Rossitto come tecnico del suono, ed
agli studi Ortophonic, situati in piazza Euclide sempre a Roma, in cui il tecnico del suono
è Sergio Marcotulli, padre della pianista jazz
Rita.
L'album non riesce a permeare nel tessuto
musicale di quegli anni e passa quasi inosservato, diventando poi presto una rarità e raggiungendo quotazioni alte nel momento in cui
Minghi raggiungerà una fama internazionale;
verrà ristampato in CD e MC per la prima
volta nel 1992 dalla Dig-It (con il titolo mutato in Racconto, numero di catalogo DCD
10004) e solo su CD con copertina originale
etichetta RCA nel 2004.
Risulta ora interessante riportare integralmente una recensione colorita e arguta di un
cultore di musica, sicuramente lontano dal
mondo di Amedeo Minghi, ma attraverso una
sua interessante interpretazione di quel mondo mai sazio di contaminazioni e sperimentazioni, ci offre un godibile e pungente punto i
vista.
L'ESORDIO AVANT-POP DI AMEDEO MINGHI
ITALIAN FOLGORATI
di Demented Burrocacao
Per questo nuovo appuntamento prendiamo
in esame il primo album di un esponente di
spicco della canzone italiana: Amedeo Minghi
col suo omonimo, targa 1973. Ultimamente
salito agli onori di cronaca per un campionamento da parte di Justin Timberlake, cosa che
ovviamente l’ha riempito di gioia come da sopra. Amedeo è stato raramente ben visto dall’underground italico, probabilmente per le
prese di posizione fortemente cattoliche e per
i brani ultramelodici a rischio diabete. Vero è
invece che il nostro ha un passato insospettabile di sperimentatore e autore/interprete di
libraries estreme (sullo stile dell’osannata Daniela Casa per intenderci) a parte il brano campionato da Timberlake, ricordiamo so-
prattutto "Climax", apparso nella oscurissima
compilation Delirium, e non dimentichiamo le
collaborazioni con Pasquale Panella, che, a
parte la hit “Vattene Amore”, ha prodotto anche “Canzoni”, regalato all’ugola di Mietta.
Veniamo quindi all’album in questione: prodotto da Edoardo Vianello—si, quello dei Watussi—Amedeo Minghi è l’opera prima, che si
apre con “E tu Con Lei” un pezzo pop con un
arrangiamento ricorda il Paul McCartney dello stesso anno ("My Love"), ma è anche il primo assaggio del Minghi dalle ariose melodie
che più in là raggiungerà il successo. Un biglietto da visita di gran classe , sorretto dai
testi di Edoardo de Angelis e di un inaspettato
Francesco De Gregori, i due pezzi grossi del
folk studio. I suoni sono potenti, sicuramente
sopra la media dell’epoca. Il perché è presto
detto: agli strumenti troviamo Ciccaglioni,
chitarrista e collaboratore di Morricone e dei
Marc4, al basso il socio Piero Montanari (già
in "Climax", poi con Ivan Graziani) e Massimo
Buzzi poi batterista di Il Giorno Aveva Cinque Teste di Lucio Dalla e di Andrè Sulla
Luna di Arturo Stalteri, tutti avvezzi a pestare come assassini. Costoro nel pezzo successivo sfoderano un pop californiano che ricorda
gli esperimenti di Battiato con i Genco Puro &
Co, pressappoco di quella stessa epoca, con
tanto di synth in portamento fisso. Critica
alla città e ai suoi abitanti, “Fratello In
Civiltà” col suo gioco di parole e testo firmato
da Carla Vistarini, nota ai più per la sigla di
Cybernella, sembra consegnarci un Minghi tosto.
Il brano successivo “L’uomo E La Terra” torna
su arie classiche quasi cinquecentesche per
sfociare in un brano folk tra Dylan e il medioevale italiano. Testo chiaramente opposto
al precedente, è un inno quasi fricchetton/proletario alla terra e alla campagna, con un
flauto sintetico a puntellare qua e là. Ma è nel
pezzo successivo che troviamo l’anima rock di
Minghi: "Candida Sidelia" col suo giro psych
hard rock non avrebbe sfigurato cantata da
Ozzy Osbourne nei Black Sabbath. Storia di
una ragazza agognata sessualmente da molti
a cui viene consigliato di “rimettersi le
scarpe”, “Mille voci e mille volti stan chiamando te ed una mano sta sfiorando la tua
pelle ormai." Insomma, storie di sesso e droghe psichedeliche con tanto di caratteristico
“scat psichedelico” di Minghi già sperimentato
nel periodo "Climax", con voce direttamente
nel leslie che manco i MGMT o gli Stereolab.
Sicuramente un picco del disco, lascia il posto
a “La Speranza”, che ritorna sui territori melodrammatici e sarà poi—purtroppo— ripresa
piu’ avanti per meno nobili utilizzi cattolici.Ma ecco "Mexico" in cui Minghi, eoni prima di
Vasco, agogna alla “libertà dal tuo mondo di
juke boxe” per andare all’avventura. Pezzo totalmente west coast che non sarebbe stato
male nel repertorio della prima Mia Martini
(con la quale più avanti in effetti collaborerà):
lo sentissero i Rangers sicuramente ne farebbero una cover. Detto questo, scivoliamo verso
“Racconto”, grande brano aperto da un basso
fluido in cui l’influenza dei King Crimson è
evidentissima: la batteria gli dà di cassa completamente random per poi sfociare in un progressive rock mutante con cambi di tempi
continui, psycho-scat e flauto traverso che farebbero felici i Flaming Lips.
La via pop al prog si concretizza nell’ultimo
pezzo, ovvero “Un uomo grande”: pianoforte
apertissimo tipo l’Elton John con Buckmaster
alla produzione e melodie che si rincorrono in un finale di pop sinfonico
che pare anglosassone. Un disco eclettico insomma, che rispetto alle successive prove riesce a mantenere classe e
rock nel romanticismo, evitando cadute di stile. Nonostante i collaboratori
e tutto il contorno qualitativo, non
avrà però alcun successo e porterà
Minghi ad unirsi ai Pandemonium, ritentando la carriera solista solo dopo
sette anni. Quello che segue è—nel
bene e nel male—storia d’Italia.
Clicca sopra i titoli
dei brani e ti
ritroverai ad
ascoltare le canzoni
protagoniste di questo
approfondimento.
RIVISTA MULTIMEDIALE
Quarta di copertina dell'album d'esordio
ALLA RISCOPERTA DI
TRIMOTORE IDROVOLANTE
La band electro-pop salernitana VIDRA
rivisita “Trimotore Idrovolante”, canzone
tratta dal disco più futuristico del cantautore romano Amedeo Minghi, “Cuori di
pace” del 1986. La canzone scritta da Minghi, insieme al paroliere Gaio Chiocchio,
racconta la storia di un soldato, disertore
per amore durante la Seconda Guerra
Mondiale.
Il videoclip, girato tra Matera e Roma da
Antonio Andrisani e Amila Aliani, vede la
partecipazione dello stesso Minghi nelle
vesti del soldato in età adulta, intento a
ricordare le sue avventure sentimentali.
Il brano ha trovato la sua naturale collocazione nel concept-album “La fine delle
comunicazioni”, che affronta il tema delle
relazioni amorose con racconti di ambientazione spaziale. Il sound del singolo - nel
pieno stile della band - unisce l’elettronica
pop-dance alla tradizione italiana, in un
intreccio tra synth, voce e viola.
BIOGRAFIA
I VIDRA sono una band synth-pop/cantautorale fondata a Salerno nel 2006. La formazione attuale è composta da: Antonella "Giga"
Gigantino, cantante e autrice di testi, Francesco "Frencio" Fecondo, tastierista e autore
musicale, Michela Coppola, violista, e Davide
Emanuele Zinna, chitarrista e programmatore elettronico. Il gruppo ha partecipato a Sanremo Rock nel 2007, entrando nella compilation di Area Sonica con il brano "Chiedi alla
polvere", distribuito sui canali Mondadori e
con il Corriere di Sicilia. Nel 2009 ha pubblicato l'ep autoprodotto “Conti su conti", la cui
open-track "John Ford" è stata inserita nella
compilation vol.6 di Rockit. Dal 2010 al 2011
la band si è dedicata alla realizzazione di
spettacoli multimediali come "J-pop", "Moby
Dick, l'Oceano e i relitti musicali" , "S|pace monologo a due voci", "Raed - Requiem aeternam dona" e "Grand Theft Vidra". Nel 2012
ha vinto il Broken Stone Festival, aprendo il
concerto della Bandabardò a Contursi Terme.
Nel 2014 Frencio ha scritto e arrangiato il primo album solista dell'attore materano Anto-
nio Andrisani, "Andrisanissima", contenente i
singoli "Convertino", "Kolossal" e “Canzonissima” (feat. Fabrizio Bosso). Nel 2015 la band è
entrata a far parte della scuderia Rupa Rupa
Records (www.ruparuparecords.com). Il disco
in cantiere "La fine delle comunicazioni" è un
concept-album sul tema dello spazio. Tra gli
ospiti: Alessandro Orlando Graziano, Peppino
De Florio degli Heroscimmia, i Tough Tone e
Cesare Savastano degli Elettrauti. Il videoclip
del primo singolo estratto “Trimotore Idrovolante” vede la partecipazione straordinaria di
Amedeo Minghi.
Perché TRIMOTORE
IDROVOLANTE?
Perché Amedeo Minghi?
Risponde alle domande Francesco Frencio Fecondo, componente dei VIDRA
L’idea di rivisitare “Trimotore Idrovolante”
esisteva in me da anni. Il 3 febbraio del 2010
-intervistato da Patrizio Longo per il portale
musicale “Distrazioni sonore” - facevo citazione della canzone, parlando dei riferimenti dei
Vidra. Di certo in quel periodo stavo già pensando ad una rielaborazione. Vi confesso di
aver puntato tre brani: “Trimotore Idrovolante”, “Hallo Hallo” e “Alla leggera” (chissà, magari un giorno riprenderò anche queste ultime
due…chi può dirlo?)
Mentre stavo lavorando al nuovo disco, mi
sono accorto che si era creata la cornice ideale
per inserire una cover come “Trimotore”: nelle
altre canzoni dell’album si parla di viaggi spaziali, di “relitti dei velivoli”, ma soprattutto di
“telecomunicazioni sentimentali”, per dirla
con Gaio Chiocchio. Giga - autrice di tutti i testi - ha approfondito un aspetto particolare
delle comunicazioni d’amore: la non-sincronizzazione tra le parti, la differita tra gli universi emotivi di due innamorati. Un tema squisitamente minghiano. Il soldato protagonista di
“Trimotore idrovolante” aspetta delle lettere
dal suo amore lontano, ma lei non scrive mai.
Allora lui si fa disertore e prova a raggiungerla. Una storia perfetta.
Ho iniziato a lavorare all’arrangiamento con
Davide - nostro chitarrista e programmatore ed è stata sua l’idea di trattare la canzone
come una sigla di un cartone animato anni 70.
Il testo di Chiocchio ha un taglio cinematografico (sembra quasi un aeropoema futurista),
allora Davide ha pensato ad un ritmo incalzante di batteria elettronica che accompagnasse il viaggio di questo eroe irreale - da
cartoon appunto - che lascia la guerra per
amore. Per il sound di batteria si è ispirato a
“Planet O” la sigla di Lupin III dei Daisy
Daze & the Bumble Bees. Io ho aggiunto un
arpeggio di sintetizzatore e dei pad, pensando
agli P-model, band giapponese che adoro. Poi
è stata la volta di Michela: ha cercato melodie
impossibili con la viola, delle frasi arrampicate che disegnassero le traiettorie del trimotore
nella testa dell’ascoltatore.
Giga, infine, ha cantato il brano ed è venuto
fuori ciò che conoscete.
Cosa raccontare del video? Emozione indescrivibile incontrare il Maestro, con quegli occhi
illuminati pieni di curiosità, con quella gentilezza unica. In una pausa dalle riprese ha
suonato il ritornello di “Trimotore” alla tastiera, solo per noi…Non lo dimenticheremo mai.
Un saluto a tutti i lettori di Melos e ancora
buon ascolto.
Qui compone Francesco Frencio Fecondo
FANTAGHIRO' SENZA TEMPO
di Massimo Mastrogiovanni
Quello di FANTAGHIRÒ è uno dei
personaggi più amati e più ricordati della
televisione italiana. Le sue avventure sono
rimaste impresse indelebilmente nella mente,
e nel cuore, dei telespettatori di mezzo mondo,
cosa più unica che rara, considerando che,
contrariamente alle moderne fiction di lunga
serialità e telefilm di importazione, la saga
non è andata oltre i 5 FILM TV e le 15 ore di
programmazione. Secondo una recente
indagine di TvZap.it che titolava “I più amati
dagli italiani”, la nostra principessa guerriera
occupa il 5° posto di una TOP10 dove
compaiono altri due capisaldi della fiction
italiana: Elisa di Rivombrosa, celebre caso
televisivo campione d’ascolti, che ha per
protagonista una moderna eroina alle prese
con
una
travagliata
storia
d’amore
ambientata nel ‘700 e il Commissario
Montalbano, che da più di quindici anni tiene
incollati
ai
teleschermi
milioni
di
telespettatori,
alcuni
dei
quali
già
appassionati lettori dei suoi intricati casi,
frutto della fantasia di Andrea Camilleri.
Ma torniamo alla nostra Fantaghirò! Se la
prima miniserie aveva decretato il trionfo di
un esperimento che, partito nell’incertezza
più totale di una platea televisiva ancora
tutta da studiare, aveva finito per incantare
un pubblico talmente vasto e variegato,
FANTAGHIRÒ
2
si
proponeva
con
aspettative ancora più alte e con l’obiettivo di
proseguire
un
filone
fantastico
che
omaggiasse un cinema di genere d’oltralpe e
che attingesse a piene mani all’immenso
patrimonio narrativo favolistico mondiale.
Come già accennato nei nostri precedenti
appuntamenti, infatti, in Fantaghirò 2 lo
sceneggiatore Gianni Romoli introduce la
tradizionale figura fiabesca della Strega
Cattiva (Brigitte Nielsen) che tenta in tutti i
modi – ricorrendo, naturalmente, alle arti
della magia nera – di contrastare, ed
annientare, l’amore tra i due giovani
protagonisti. Una libertà narrativa maggiore
rispetto al primo episodio che era quello
ispirato, e per cui ancorato, con tutte le
dovute aggiunte ed invenzioni funzionali alla
trama, alla novella popolare di Italo Calvino.
Il tema affrontato in Fantaghirò 1 era quello
della principessa ribelle (il sottotitolo del
primo episodio nella versione francese è,
infatti, “La princesse rebelle”) che vuole
affermarsi come donna, come essere pensante,
non più sottomessa e succube dell’uomo, forse
non alla sua altezza quanto a forza fisica ma
ricca di altrettante doti come l’intelligenza,
l’ingegno e l’astuzia, qualità che serviranno
alla nostra protagonista per affrontare, di
volta in volta, mille difficoltà, pericoli e
nemici sempre più cattivi.
Come spiega Gianni Romoli in Fantaghirò.
Una
favola
moderna
(documentario
contenuto nel cofanetto DVD) «il primo
Fantaghirò è una metafora sulla crescita […]
come un romanzo di formazione attraverso il
quale Fantaghirò scopre il proprio mondo
interiore vedendone tutte le sfaccettature […];
una favola sulla presa di coscienza della
propria identità sessuale».
Il personaggio della principessa guerriera
incarna il mito della ragazza moderna,
coraggiosa e battagliera che vuole essere
padrona del proprio destino e non più pedina
nelle mani degli altri. L’occasione per
riscattarsi arriverà presto: Fantaghirò,
infatti, l’ultimogenita, lo spirito libero domato
attraverso continui rimproveri e punizioni,
sarà, infine colei che riporterà la vittoria e la
pace tra i due regni in guerra, che troverà
l’amore per sé e per le sorelle e che
riconquisterà l’amore di suo padre dando
prova del proprio coraggio e del proprio
valore. Superata la fase della propria
realizzazione personale, il viaggio nella
fantasia
continua,
appunto,
con
la
riproposizione dello schema tradizionale della
struttura fiabesca classica, Eroe, Nemico,
Aiutante
Magico,
ruolo,
quest’ultimo,
incarnato ancora una volta dalla Strega
Bianca, che nella prima serie era stata ‘fata
madrina’, maestra e consigliera, sempre
presente accanto alla protagonista sotto
fattezze ogni volta diverse, come quelle del
Cavaliere Bianco, del topolino e dell’Oca
parlante.
Fantaghirò (Alessandra Martines), donna,
regina e guerriera, è ancora protagonista a
360°. Perso ben presto l’aiuto dell’amato
Romualdo (Kim Rossi Stuart), succube degli
intrighi della Strega Nera, e senza l’aiuto del
Re Padre e dell’esercito alleato, la fanciulla
dovrà vedersela da sola contro un nemico
magico che non combatterà, certo, ad armi
pari.
La novità di Fantaghirò è proprio il suo
doppio ruolo di principessa e di combattente:
è tutta qui la modernità della fiaba, una
riscrittura che libera la donna dal suo
tradizionale ruolo di fanciulla in difficoltà e
che la rende personaggio attivo elevandola al
rango di eroe.
A
riconfermare,
ancora
una
volta
inaspettatamente, il successo di un genere
televisivo in ascesa, contribuiscono il giusto
mix di commedia - che stempera talvolta i
toni cupi e le atmosfere horrorifiche e
claustrofobiche del Castello Nero, eredi del
miglior cinema gotico di Lamberto e di Mario
Bava, e che conferiscono all’antagonista un
aspetto un po’ grottesco e sopra le righe - e la
presenza di creaturine fantastiche parlanti,
testimoni di un modo di fare cinema molto
artigianale che ci apparteneva ma che oggi è
stato totalmente soppiantato dalla computer
grafica. I mitici personaggi, creati ed animati
dal Maestro degli Effetti Speciali Sergio
Stivaletti, dell’Oca Parlante, della Pietra
Tornaindietro e dell’immancabile destriero
Chiomadoro, sono i fedeli compagni di viaggio
di Fantaghirò, che donano un ulteriore pizzico
di magia alle sue avventure e che divertono
indistintamente grandi e piccini, quello stesso
pubblico che oggi non può fare a meno di
ricordarli con tenerezza e con tanta nostalgia.
La grandiosità e la magniloquenza, proprie
della musica di Fantaghirò, sono ormai le
caratteristiche tangibili di una melodia che
incanta e commuove, una melodia sempre
all’altezza di una narrazione che richiede alla
musica una grande forza e una grande
personalità. È la forza della musica di
Amedeo Minghi…
continua…
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Il “tempo”... di una cena
di Gianluca Lucchese
Questa volta, ho voglia di proporvi un gioco.
Però occorrono inventiva e immaginazione!
Prendete il chitarrista Pat Metheney, oppure
Mark Knopfler dei Dire Straits, poi aggiungete
Ken Cailiat, il produttore di Billy Idol e Frank
Sinatra, dei The Beach Boys, Alice Cooper e i
Fleetwood Mac, tanto per intenderci, invitate
anche le nostre giovanissime cantanti Alessandra
Amoroso e Chiara, Teo Mammucari e lo
scrittore Stefano Benni; metteteli a una tavola
imbandita con Amedeo. Un po’ di fantasia, su!
Che ci vuole per “Noi che sappiamo viaggiare
in poco meno di un secondo”? Che c’entrano
tutti questi personaggi col Maestro, direte voi?
È “tempo” di pensarci!
E non è solo questione di Grammy Awards,
concerti, letture, premi, trofei e riconoscimenti.
Ah, dimenticavo chiamate pure Mario Balotelli!
Mica possiamo lasciarlo a casa o a zonzo con le
sue macchine super veloci! Eh sì, a cena con
tutti loro vorrei esserci pure io. Amedeo, non so,
ma scopriremo dopo il motivo di questa tavola
così allestita… E non è un caso!
Certo che il tempo per organizzare un prossimo
evento del genere potrebbe esserci, visto che
“prima di questo futuro dentro un bel tempo
passai”. Così, voi lasciate “che il tempo cambi
tutto intorno” e immaginate adesso i personaggi
citati, conversare spensierati a un tavolo in un
giardino perché “com’è il tempo non so com’è ”,
anzi sì, “Il tempo è incolore” ma se “vedi prati
immensi, vedi il tempo andare via”; sembra un
indovinello ma non lo è. Di sicuro Benni e
Amedeo sarebbero capaci di intavolare qualche
discorso “in un tempo così”. Minghi che tra
l’altro ama Cesare Pavese, Mark Twain e Victor
Hugo, avrebbe molto da dire al riguardo.
“Passare il tempo in silenzio, ringiovanisce gli
individui e i popoli” scriveva Pavese, che ha
anche intitolato una poesia “Il tempo passa”,
oppure cercando tra alcune citazioni di Twain,
ne ho trovata una che dice che “Tutti parlano
del tempo ma nessuno fa niente per cambiarlo”.
Io, invece, adesso, non starò in silenzio e farò di
tutto per cambiare il tempo in questo articolo,
cercando di giocare come un mago con fogli e
mantelle anche se “il tempo apre il mantello e
getta via il quaderno”, smascherando presto
ogni celato gioco di parole. Come scriveva
Hugo, “La libertà comincia dall’ironia” e allora
amici fans, sorridete a questa mia licenza! Con
Balotelli mi divertirei a sentirlo cantare “è
tondo quest’anno, è come un pallone, che tiro
diretto e che bell’effetto al mio cuore”: Mario
aveva 9 anni quando nel 1983 Amedeo scese le
scale di Sanremo, Chiara e Alessandra Amoroso,
3, Benni 36 come Minghi. “Il tempo torna
indietro e mi dà la mano” per raccontare una
storia che la fantasia ha confezionato in un
“tempo che vola lontano con ali sentimentali”.
Anche Hemingway è uno scrittore che il
maestro ama leggere e tra i suoi preferiti c’è
“Il vecchio e il mare”, un romanzo che ha a
che fare con l’attesa, la forza d’animo e un
volto impassibile in un “tempo che parte dal
cuore e che corre sul viso”.
Questa cena tra chitarristi, cantanti, comici e
scrittori, però, non sarà ideata un giorno a caso
anche se “giocare il tempo non si può”. Di
sicuro in questo mese di Agosto. Ma non dopo il
12. Anzi a dire il vero si potrebbe organizzare la
sera del giorno 11 aspettando la mezzanotte, o al
massimo il 12 ma non dopo le 24, perché “non
c’è né un prima, né un poi”. Pure tu, se sei un
fan arrivato solo adesso qui su Melos e “ti togli
l’orologio e ascolti il tempo fra noi ”, non ci
metterai molto a capire il senso di questa serata
ipotetica, anche se gli auguri “non durano che
gli attimi”. Sì! Certo che hai capito! è UN
GIORNO SPECIALE! “Il tempo lo soffia in
alto” e assieme a tutti noi, vuole fare gli auguri
di compleanno ad Amedeo e naturalmente anche
agli altri invitati, nati tutti lo stesso 12 Agosto!
“Che bel tempo sei tu”! Ecco “tradiscono i
decenni, saranno gli anni fa, il tempo li fa
belli”! AUGURI, AUGURI, AUGURIII! E ora
“è tempo di abbracci e baci”!
In questa rubrica un po’ folle come me, “Ho
cambiato come cambia il tempo”, giocato con
voi “ed il tempo svanì”. Adesso è “tempo di
partire, è tempo di affondare, è tempo di
cacciare” e che non ci restino male Pat
Metheney, Mark Knopfler, Ken Caillat, la
Amoroso, Chiara, Mammucari e Balotelli; sì,
“ride la vita e fugge via che di certezze non ne
dà”, ma noi saremo sempre pronti a festeggiare,
solo e incondizionatamente, il nostro Maestro e
se “il tempo di una canzone è la durata
dell’amore”, le nostre musiche non finiranno
mai. E “così è fatto il giro anche del tempo”.
Dunque, caro Amedeo, tu che “fermi il tempo e
fermi le parole”, perché “ così sei tu, al mondo
tu, solo tu”, festeggia con chi vuoi e continua a
scrivere per te e per noi “come i romanzi che
leggi tu e tutti quei film visti in tv”, “con gli
occhi pieni di te”. È una “festa di compleanno”
e non ci “manca la tua poesia”, però permettimi
di dedicarti, come mio personale regalo, alcuni
estratti di versi di Charles Bukowski. Ho ragione
di pensare che condividi in pieno questo suo
pensiero relativo alla scrittura. Del resto hai
sempre professato questo concetto e persino
rimborsato il biglietto a tutti, una sera in teatro,
quando capisti di non aver dato il meglio di te:
“Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
Se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
Se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo.
Se lo fai perché vuoi
delle donne nel letto,
non farlo…
… Non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare
dall'autocompiacimento…
… A meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo.
A meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
Quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sé e continuerà finché tu morirai o
morirà in te.
Non c'è altro modo
e non c'è mai stato.”
AUGURI AMEDEOOOOO!
LE INTERVISTE IMPOSSIBILI
DI GIANLUCA LUCCHESE
Niccolò mi ha proposto una rubrica per questo sito. Io, vista la mia devozione
totale per Amedeo, ho accettato senza nemmeno pensare a cosa scrivere;
poi, volando tra testi parole, ho immaginato un’improbabile intervista con il
Maestro; a volte distratto, altre cinico, altre ancora, preciso. E mi sono
divertito. In un mondo dove tutto diventa inevitabilmente e inverosimilmente
serio, vorrei che anche voi, come me, lasciaste spazio tra una domanda e
l’altra a qualche nota d’un sorriso…
Ciao Amedeo! Basta con questi festeggiamenti! Dai, posa la bottiglia e facciamo l’
intervista! Scendi da quel tavolo e vieni vicino, siamo distanti! C’è troppa gente, ci
perdiamo!
-
Ma davvero distanti
persi nel mondo non lo saremo mai.
Ta ta ta ta ta ta ta ta ta
ta ta ta ta ta ta ta ta ta
Festa di compleanno…
Forza, ora basta bere! Altrimenti con tutto questo alcol in giro, ti si impasta la lingua
sopra, sotto e addio canzoni! E che figure!
-
Quando uh..., dove uh..., come uh..., cosa uh..., sopra uh..., sotto uh..., detto uh..., fatto uh...
Traicionan los decennio, los años que se van, los vuelve el tiempo bellos,
Mary, dove vanno gli anni miei e dove vanno i tuoi?
Mary? Ma dai! Non ti voglio vedere in questo stato! Datti una pettinata e infilati la tshirt! Io sono serio adesso, sono Gianluca, altro che Mary! Mi riconosci?
-
Tu che vuoi? Si può sapere in che stato mi vuoi? Tu chi sei? Non s'è capito, ripeti, me lo scrivo
o ti dimenticherei.
Blam blam blam blam, blam blam blam blam!
Gian-lu-ca! Un Maestro ubriaco non s’era mai visto! Ma che figure mi fai fare?
-
Canto, di ridin din, tra la lallà, sous le Pont Mirabeau, du dududdù ta ratatta tattà, Na na
na nanà na, Na nanannà, sous le Pont Mirabeau, nà nanannànna, nanà nanannà.
Ma guarda te! E io che pensavo di iscriverti a un nuovo programma televisivo!
Ti escluderebbero subito!
-
Arii, ri riri ri ri ,ah… ariri ri ririii, ma tanto io lo so che vincerò, lo so perché lo sento.
E arii, di re ra, nere e e a riririri, diridiridi, aaa rariri, erari erarira didididi o diridi diride…
Mi hai fatto venire il mal di testa! ! Avrei bisogno di riposarmi! Non ho idea se siamo noi due qui, mi hai
confuso, mi pare di vaneggiare!
-
Come stai dudù? È ninna nanna oh!
Tara tara tata tatta tatta tatta.
Ti ripeto tara tatta tattà che si tratta di noi.
Ma perché ti sei scolato anche quest’altra bottiglia, Amede’! Perché?
-
Re, re, re, ri ,ri, ri, il perché io non so .
Io che sono quasi astemio, non so più che pensare. Mi tocca venirti dietro come una trottola!
-
Dirididi dididi diridi diridi di di di, pensa a me…
Trottolino amoroso, du du du, da da da.
Dai, appoggiati, ti porta a casa…
-
We can’t forget, we can’t forget!
She loves you ye ye, she loves you ye ye
Però, però. però…
Due passi ancora fra noi, nessuno muore per due passi ancora, fin là.
Annesaaa! Almaaa! Niccolò! Ci siete? Mi date una mano? Me lo porto a casa! Guardate che storia è
questa!
-
Qualcuno lo troverai i! Non c’è più posto da te, solo una stanza di là. Buon Natale. La storia il
nano la sa.
Na, na ,na, Mh, mh, mh rapid movements on your eyes! Di ri riri…
Buon Natale? Ma quanto hai bevuto? Amede’, dove vai? Vieni quiii! Annesaaaa, Almaaa!
Vocalizzi e testi tratti da: Storia di un uomo solo, L’amore con chi, Decenios, Mary,
Hallo Hallo, Vojo er canto de ‘na canzone, Di canzone in canzone, La gara di sogni,
Quando l’estate verrà, Amarsi è, Canzoni, Il perché io non so, Pensa a me, Vattene
amore, Ricorderò (Another song for guy), Anni 60, Anita. Due passi, Qualcuno, R.e.m.
'AZZI MIEI
MA COME MI CONCIAI
Linguaggio MINGHIATO
QUEGLI ANNI
NOVANTA
Filippo Alosi
Fra gli artisti italiani, come tutti sappiamo,
Amedeo Minghi vanta una delle carriere più
lunghe e prolifiche in assoluto. Pochi altri,
come lui, hanno saputo dare alla luce un numero così elevato – e certamente non solo sul
piano quantitativo – di creazioni musicali e
cantautoriali. E pochi altri, come lui, hanno
saputo superare con tenacia gli anni più difficili – quelli in cui il successo sembrava un miraggio, una sorta di utopica speranza – rimanendo concentrato su se stesso e su quegli
sperimentalismi che l’hanno reso uno dei cantautori più geniali, unici e apprezzati dello
scenario musicale italiano, europeo e non solo.
Uno dei pochissimi che, superata la lunga gavetta, ce l’hanno fatta e sono riusciti a rimanere costantemente sulla cresta dell’onda.
Mica come i ragazzetti di oggi, quelli usati e
spremuti dai talent per raggiungere un paio
d’anni di pseudo-gloria.
Amedeo, in sostanza, oltre che un esempio sul
piano musicale, lo è anche sul piano motivazionale. Ha creduto in se stesso, nella sua visione, nel suo modo di fare musica ed ha avuto ragione. Un caso che, personalmente, inserirei nei corsi dei più prestigiosi coach (come
si chiamano oggi) che insegnano alle persone
a non darsi mai per vinte, ad inseguire i propri sogni e credere nelle proprie doti fino a
farne la ragione della propria esistenza.
Di questa lunghissima carriera, in questo caldo e vacanziero mese d’agosto, approfondiremo proprio uno dei periodi più caldi in assoluto per quanto concerne il nostro melodista del
cuore. Parliamo degli anni ’90, un decennio
che può essere considerato a pieno titolo uno
dei più roventi in termini di successo, vendite,
esposizione mediatica, crescita di fan e naturalmente soddisfazioni discografiche e personali. Durante questo viaggio ci soffermeremo
soprattutto sull’album “I ricordi del cuore”
che, con le sue 600.000 copie, rimane uno dei
lavori di Amedeo più venduti in assoluto. E ricordiamoci che, in quel periodo, vendere un
numero tale di dischi o CD non era per niente
normale amministrazione.
Gli anni ’90 per Amedeo partono col botto,
come si suol dire. Ed il botto ha un titolo spe-
cifico: “Vattene amore”. Ma facciamo un piccolo passo indietro per comprendere meglio da
dove nasce questo progetto che, proprio nel
1990, vedrà Amedeo salire sul palco del teatro
Ariston di Sanremo assieme alla giovane e talentuosa Daniela Miglietta (in arte Mietta).
Nel 1989 Amedeo lanciò “La vita mia”, canzone che vendette 500.000 copie e che rafforzò
in maniera impressionante il suo successo in
Italia e oltre confine. Basti pensare che, con
questa canzone, prese il via quello che divenne il più lungo tour teatrale per un artista di
musica leggera. Ci riferiamo, ovviamente, al
mitico “Forse sì musicale” (conclusosi dopo
tre anni, ben 160 repliche e oltre 1 milione di
spettatori paganti).
Nello stesso anno, assieme a Pasquale Panella, scrisse per Mietta “Canzoni” con la
quale la cantante tarantina si presentò fra le
giovani proposte, si piazzò prima e si aggiudicò il Premio della critica e successivamente il
Telegatto d’oro.
A quel punto Amedeo e quel geniale poeta che
è Pasquale Panella, si guardarono negli occhi
e compresero che quel periodo eccezionale andava in qualche modo cavalcato perché proseguisse e portasse a qualcosa di ancora più
grande e lungimirante. A volte è difficile ripetersi, ma non quando si tratta di nomi come i
loro. Fu così che, nel 1990, Amedeo e Mietta si
presentarono a Sanremo con “Vattene amore”.
Non vinsero, ma arrivarono terzi. E scusate se
è poco. Ciò che più conta, però, fu lo straordinario successo che la canzone ottenne praticamente in ogni parte del mondo. Quel trottolino amoroso divenne un vero e proprio tormentone per milioni e milioni di persone che, a distanza di 25 anni, continuano a canticchiare
questo motivo e durante i concerti aspettano
con ansia il loro momento. Si, perché Amedeo
la fa intonare proprio a loro: i fan che, nei teatri o nelle piazze del mondo, inneggiano con
piacere a quelle parole e a quel motivo apparentemente semplici che hanno decretato l’estrema popolarità di questa canzone. In realtà
stiamo parlando, com’è nello stile dei due personaggi che l’hanno scritta, di qualcosa di
molto meno semplice di quanto si possa pensare. Sia sul piano del testo sia su quello mu-
sicale, infatti, ci troviamo dinanzi ad un raro
capolavoro. I motivi per i quali affermo questo, però, li approfondiremo in qualche altro
momento. Qui mi limiterò a sottolineare un
semplice aneddoto su cui, negli ultimi anni, è
tornato spesso lo stesso Amedeo. Lui e Panella, quando scrissero questa canzone, inserirono volutamente nel testo una citazione del celebre compositore Wolfgang Amadeus Mozart. Eh si, il famoso “trottolino amoroso”
altro non è che un omaggio al “farfallone
amoroso” di mozartiana memoria. Fu una
sorta di “gioco” che vollero fare per vedere in
quanto tempo e chi, anche fra i giornalisti, se
ne sarebbe accorto. Un paio d’anni fa, resosi
conto di quanto poco attenti furono tutti
quanti, fu il nostro cantautore stesso a svelare la cosa fra lo stupore generale.
Tornando a “Vattene amore” vinse 10 dischi di
platino ed un Telegatto d’oro, fece scalare le
classifiche ai suoi interpreti e consentì a Mietta di vendere ben 600.000 copie dell’album
“Canzoni”, scritto con la preziosa e indispensabile collaborazione di Amedeo Minghi e Pasquale Panella. Due che, con il lavoro sinergico di quegli anni, consacrarono l’artista pugliese e posero le basi per un decennio in cui
Minghi poté imporsi definitivamente come
uno dei più grandi cantautori italiani. Quanto
meno sul piano della popolarità, perché su
quello del talento e dell’estrema qualità dei
suoi lavori c’aveva pensato già anni prima con
“L’immenso” e non solo.
Fu proprio sulla scia di questo momento d’oro
che Amedeo, il 23 luglio dello stesso anno, si
propose in concerto a Santa Maria in Trastevere a Roma alla presenza di ben 40.000 spettatori letteralmente in delirio. Spettacolo che
venne registrato in presa diretta e che gli consentì di scalare le classifiche con l’album e
l’home video che ne seguirono.
L’anno dopo tornò a Sanremo con “Nenè”, che
diede anche il titolo ad una raccolta dei suoi
più grandi successi. Ovviamente il momento
propizio servì a far conoscere, a chi iniziava a
seguirlo solo allora, tutto il percorso passato,
ovvero quei lavori che dagli albori della sua
carriera lo avevano portato dov’era in quel
momento. Fu così che sempre più persone si
avvicinarono a lui e alla sua musica e che i
fan crebbero senza sosta di giorno in giorno.
Nello stesso periodo affiancò all’attività cantautoriale quella compositiva. Scrisse la colonna sonora di “Fantaghirò”, la
mini-serie televisiva di
Lamberto Bava che divenne un vero e proprio cult.
Venduta in decine e decine
di paesi, ne furono fatte
più serie e ancora oggi
spesso le reti Mediaset la
ritrasmettono durante il
periodo natalizio. Di Fantaghirò e del “Fantastico
mondo di Amedeo” ne stiamo trattando a lungo e
bene sui vari numeri di
Melos.
Torniamo a questi “mitici
anni ‘90” di Amedeo, anni in cui il successo
sembra davvero non conoscere soste. Infatti
nel 1992 le Reti Fininvest trasmisero
“Edera”, la prima vera e propria telenovela
italiana. La TV commerciale, resasi conto di
quanto questo genere potesse appassionare i
telespettatori, decise di produrre per conto
proprio questo sceneggiato diviso in ben 22
puntate. Le persone a capo del progetto compresero che, oltre ad una trama importante,
era necessaria una colonna sonora di alto impatto emotivo. E’ così che, come sigla della
soap, fu scelta l’ormai mitica “I ricordi del
cuore”.
La canzone catturò l’attenzione di milioni di
persone e, a quel punto, Amedeo assieme a
Pasquale Panella compresero che c’era un’altra scia da cavalcare, un’altra scia grazie alla
quale diffondere le vere e proprie poesie che
erano in grado di comporre. Così scrissero e
misero insieme velocemente una serie di tracce per dar vita ad un intero album, quello che
prese il nome dalla sigla di “Edera” e che divenne praticamente il più venduto nella storia discografica di Amedeo.
“I ricordi del cuore”, che prima ancora di arrivare nei negozi, fu prenotato da 140.000 persone, scalò le hit-parade e vendette oltre
600.000 copie. Esso è anche l’album da cui
ebbe inizio la mia storia d’amore con la musica del nostro melodista e col suo modo di porsi
al pubblico. Ad affascinarmi – oltre alle note,
alle parole e alla voce – fu proprio la sua
estrema raffinatezza sia sul piano artistico
sia su quello personale. Mai una caduta di stile, mai un abito fuori luogo, mai una presenza
scenica e una padronanza del palco al di sotto
dell’eccellenza.
Nel giugno dello stesso anno Amedeo tenne
un concerto allo stadio Olimpico di Roma davanti a 25.000 spettatori.
Il successo si consolidò con “Notte bella, magnifica”, presentata al Festival di Sanremo
del 1993. In seguito Amedeo calcò i palcoscenici dei più prestigiosi teatri italiani in una
serie di tour che rimarranno per sempre nel
cuore di ognuno di noi. Questa inarrestabile
corsa artistica proseguì con la produzione degli album “Come due soli in cielo” (1994) e
“Cantare è d’Amore” (1996), nato dopo aver
presentato a Sanremo l’omonima e ormai leggendaria canzone. Quella canzone con cui il
cantautore romano intese spiegare, una volta
per tutte, qual’era la cifra stilistica del suo
cantar d’amore ed il perché cantare non può
che essere d’Amore.
Furono gli anni in cui Amedeo esplose, nel
senso più positivo del termine, in Italia e in
tutto il mondo. Tenne concerti a San Paolo del
Brasile e in tutta l’America Latina, dove l’album “Cantar es de amor” vendette così tanto da portarlo in vetta a tutte le classifiche
musicali di quei Paesi per lungo tempo. Contemporaneamente anche la Spagna e l’Europa
del Nord, Olanda in testa, lo premiarono attraverso una crescente attenzione nei suoi
confronti.
nuovo di fare catechesi.
Questi “mitici anni
novanta” targati Minghi si concludono nel
1998 con la pubblicazione di “Decenni”,
album che superò le
300.000 copie e che
vinse 4 dischi d’oro.
All’interno, fra l’altro,
trova posto la struggente “Un uomo venuto da lontano”
(testi di Marcello
Marrocchi) accompagnata da una traccia
video sulla vita di
Giovanni Paolo II e la
cui diffusione fu entusiasticamente autorizzata dallo stesso
Pontefice. Un uomo,
appunto, venuto da
lontano che aveva capito come funzionavano i Media e che “usò”
questo videoclip come
parte di un modo
--------Facciamo ora un approfondimento dell’album
che possiamo definire il più importante degli
anni ’90, sicuramente quello che segnò il consolidamento e la continua escalation di successi del decennio. Come in tutte le recensioni, ognuno ci mette del suo in base alle proprie sensibilità e ai propri vissuti. Dunque
non me ne voglia chi, in ciascuna canzone, dovesse sentire o vedere qualcosa di diverso da
ciò che esporrò. Ma il bello delle canzoni è anche questo, no? Una volta scritte e lasciate
andare, diventano di tutti.
Intanto iniziamo col dire che l’album è il frutto della collaborazione fra Amedeo Minghi e
Pasquale Panella che, a suo tempo, si firmava
con lo pseudonimo di Vanda di Paolo.
Un’altra cosa importante da sottolineare è il
filo conduttore che lega le varie tracce. Come
sappiamo, tutti i suoi album sono concepiti in
questo modo e non come semplici accozzaglie
di testi slegati l’uno dall’altro. Ne “I ricordi
del cuore” possiamo affermare che, tra i fili
conduttori principali, c’è il tempo col suo trascorrere incessante. Dunque il passato, l’ansietà per il trascorrere del tempo, le “Cose”
della vita come gli amori che nascono e muoiono, che oggi sono qui e domani chissà.
Altra caratteristica da non sottovalutare,
sempre presente nella discografia di Amedeo,
è la musica per immagini. Infatti le varie
tracce, che siano o meno corredate da un video, sono scritte e musicate in maniera da
rendere vivide le immagini come nello scorre-
peccato…”. In sogno “i baci sembravano vivi”,
le emozioni e le sensazioni si fanno realistiche
a tal punto da sembrare tutt’altro che oniriche. Ami una persona, ma devi prepararti a
lasciarla perché è solo “il sogno di un sogno
lontano”.
Un amore non corrisposto? Un amore
sfiorato? Un amore vissuto e poi finito? Un
amore, senz’altro, motivo di una profonda sofferenza. Vibrante, totalizzante, pieno di pathos e di paura: la paura che tutto debba finire lì. Dunque il doversi preparare a lasciar
andare via questo forte sentimento e, nel frattempo, tormentare le mani dell’amata come a
non volerla far fuggire via. Come ad augurarsi ardentemente di non svegliarsi mai da quel
sogno.
Come seconda traccia troviamo “Per
sempre”, in cui l’artista sottolinea come nella vita tutto scorra e se ne vada via – appunto
– per sempre. Il tempo al centro della traccia,
il tempo che scorre via e porta con sé ogni
cosa.
“Sono i giorni tuoi,
sono i giorni miei,
giorni senza noi
per sempre.”
“C’è l’averti qui e c’è il perderti
e sarà così per sempre.
Tutto il mondo è come il mare
che torna e se ne va
per sempre.”
“Scorriamo via,
come lacrime
come va
la gioventù
in fuga.”
In sostanza tutto ha un ciclo, dunque anche
gli amori. Tutto corre via, e noi dobbiamo cercare di afferrare la vita, cercare di viverla e
catturarla prima che se ne vada via… per
sempre.
Ad aprire l’album è “In sogno”, a mio avviso
una delle canzoni più struggenti del nostro
melodista. Musica e parole sottolineano come
l’amata sia “croce e delizia, dolce ed atroce”.
“In sogno non c’è né un prima né un poi, subito è amore fra noi e svegliarsi fa male, è un
In “Qualcosa di lei” al centro vi è, semplicemente ed indiscutibilmente, la fine di una storia. Personalmente preferisco parlare di fine
di una storia, più che di fine di un Amore, perché la storia può finire ma l’amore non è detto. A volte ci si può lasciare, nonostante vi sia
comunque un sentimento acceso da qualche
parte. Magari flebile, sfumato e che potrebbe
essere salvato. In altri casi può finire per uno
dei due, ma non per entrambe. Dunque non
sempre si può parlare di fine di un Amore.
Quando finisce una storia, dicevamo, c’è sempre qualcosa di lei (o di lui) che rimane “smarrita perché le sfuggì”, qualcosa che non tornerà a riprendersi e lascerà là dove si è vissuto
quel sentimento. Una casa che, in un certo
senso, diventa un percorso ad ostacoli fra gli
oggetti di Lei, rimasti (o lasciati apposta?) nei
punti più disparati. E così vi sono “le riviste,
una lista di cose da fare e disfare… e poi la
boccetta di un certo profumo che esala così
come me”. Sulla lista da fare e disfare c’è
scritto “meglio dimenticare” e sulla boccetta
del profumo “Nuvole su di te”. Così nel procedere della canzone, viene fuori un pensiero:
“Io credo che in fondo in fondo son segni del
suo dispetto, dice ‘così sei tu che non mi servi
più’. Poi c’è dell’altro: la scatolina con il borotalco, mughetto inebriante e bianco che spina
qui nel mio fianco. Dice ‘così sei tu, polvere e
niente più’”.
Sul finale della canzone la frase: “E plastica
trasparente, prudente per quando piove. Spero non pioverà, sennò si bagnerà”. Una frase
che, come il resto del componimento, può certamente essere letta in due modi. Da un lato,
nonostante l’abbandono subito, sottolinea l’Amore ancora vivo in chi canta di questa Lei
andata via. Dall’altro lato lascia libero sfogo
ad una sorta di rancorosa ironia per essere
stato messo da parte e “dimenticato”.
Emozioni contrastanti che si fondono e affondano nel cuore del protagonista. Lo struggimento ed il dolore per una storia finita a causa di Lei, che ha deciso di andare via. Al contempo un rabbioso sfogo nei confronti di colei
che ha deciso per tutte e due, scrivendo in un
biglietto d’addio “eri l’amore mio” e andandosene lasciandolo solo. Adesso lui è ossessionato dal battere del cuore che, nel silenzio, si fa
prepotente e lo inchioda per ore ed ore al ritratto del triste amore.
“Il mondo è solo… e Lei non s’è ricordata di
avermi dimenticato.”
In “Marì” si canta, ancora una volta, il tempo
che trascorre portando con sé tutto. Anche l’Amore. Assistiamo allo “strazio” e alla consapevolezza di ciò che l’uno perde dell’altra. Il
tempo divora ogni cosa e allora ci si chiede:
“Dove vanno gli anni miei
e dove vanno i tuoi?
Sono cose che volano.
E dove va il piacere di scaldarsi insieme
quel tepore lo porterà via lontano
il vento aquilone.
Dove andrà quel che penso di Te
e quel che pensi di me?
Dove vanno le bellezze tue,
una per ogni stagione?”
E c’è da tremare al pensiero che al mondo non
c’è niente che stia fermo, dunque “dove andrà
quel che perdo di Te e quel che perdi di me?”.
Così viene chiesto a Marì che fine farà tutto
ciò che c’è fra loro. E la risposta, sconsolata, la
ritroviamo in quel disperato “tu non sai, non
sai Marì, come me tu non sai” che definisce la
precarietà e l’imprevedibilità della vita, degli
eventi, dell’Amore stesso.
“Quante notti che ho perso per Te. Soltanto il
Cielo lo sa”.
Il concetto del tempo lo ritroviamo, declinato
in maniera diversa, anche nella tormentata
“Ohi né”, dove fra l’altro si affronta il tema
della differenza d’età:
“Come sei piccola,
piccola mia,
come possiamo capirci
noi due?
Come si può,
come si fa?
Anni da ridere e piccoli i tuoi,
io rido meno
nel pieno dei miei”.
Un uomo giunto già nell’età matura, abituato
a passare da una storia all’altra, a fare in
qualche modo il playboy “perché è così che si
vive”. Un uomo che, ad un certo punto, s’innamora davvero e inizia a tormentarsi per la
paura di “cadere nel peccato del passato” e di
far male a quella giovane donna che è entrata
di prepotenza nel suo cuore. Ed è lui che, in
qualche modo, rimane ferito da tutto questo e
da uno “schiaffo innamorato”, che sottolinea
ulteriormente lo strazio di un individuo che
lotta fra la vita di un tempo e quella nuova a
cui vorrebbe dedicarsi. Ma ci riuscirà? Perché,
comunque sia, torna sempre a costeggiare il
mare del passato “e prima o poi cadrò”.
Ne “I ricordi del cuore”, che dà il titolo all’album ed esplode alla messa in onda della
soap “Edera”, Amedeo e Pasquale Panella affrontano uno dei temi più importanti della
vita di ognuno di noi: i ricordi, appunto. Ad
essi viene dato del “Voi” in segno di rispetto, a
sottolineare quanto siano importanti e parte
integrante della nostra esistenza. I ricordi,
“speranze che sperai, sorrisi e pianti miei,
promesse di allegria e sogni in cui volai”, i ricordi che "non passano mai, stanno con noi,
sono molto più forti di noi, più vivi”.
Essi affiorano quando meno ce l’aspettiamo,
non ne abbiamo per niente il controllo e siamo
destinati ad essere semplici spettatori. A noi
non è data la possibilità di decidere quando
richiamarli o, al contrario, quando tenerli lontani. Arrivano all’improvviso, quasi spietati, e
inondano i nostri pensieri e i nostri occhi
d’immagini di ogni tipo. A volte belle, altre
tutt’altro che piacevoli. L’unica cosa che possiamo fare è attraversarli e averne rispetto.
Col tempo, tuttavia, i ricordi si fanno “del cuore” poiché gli anni mitigano e rendono più
sopportabili anche quelli più duri. Quelli che,
nel pieno degli avvenimenti, ci dilaniano l’anima dal dolore. Infine dobbiamo dire che, spesso, i ricordi del cuore sono il frutto di come noi
stessi li abbiamo trasformati e manipolati attraverso i nostri sensi e i nostri sentimenti.
“Ma che buoni
quei baci fra noi.
Forse tu,
non vuoi smettere mai.
Per vederti mi bastano
gli occhi lucidi.
Se ti piace e se
ancora tu vuoi
nel ricordo,
anche senza di noi,
tutto torna possibile.
Anche Tu sei qui…
Qui nel cuore mio”.
Continuando a scorrere questo meraviglioso
album, arriva il turno de “Il perché non so”,
traccia in cui gli autori sottolineano, con una
musica a prima vista più “leggera e sbarazzina” ma caratterizzata da un crescendo emotivo abbastanza incisivo, come l’Amore sia imprevedibile e spesso scoppi senza che ce ne
rendiamo conto.
Fra due innamorati tutto si avvera, le emozioni prendono il sopravvento, la parola “per
sempre” come promessa d’amore eterno prende piede: “Stringimi, Amore mio, per sempre”.
Ma in tutto questo “il perché non so, non sappiamo… Ma ti amai, io scaldai la tua mano,
tutto in noi si avverò”.
E come l’amore ha inizio, ecco anche la sua
fine: “Finirà, te ne andrai, ed il perché non si
sa, non sappiamo”.
L’Amore che non ha regole o ingranaggi strani. L’Amore che arriva e che se ne va, senza
un apparente motivo. E forse non bisogna
chiedersi nemmeno perché, godendo di ciò che
s’è vissuto senza pensare a quel che finisce.
Perché “Tutto in noi si avverò”, quindi al bando i rimpianti e commutiamo in “ricordi del
cuore” quei baci il cui perché non sappiamo.
“Vicino vicino”, una delle mie preferite in
assoluto del repertorio di Amedeo. Qui parliamo dell’attesa di poter essere così “vicino vicino” alla propria amata da poter fare “nasin
nasino” e sapere che “il peggio è passato”, che
“son fortunato”, che “non dovrò più morire di
freddo e non dovrò più sentirmi un bambino”.
Qui assistiamo allo struggimento di un innamorato che aspetta la sua “fine del mondo”,
ovvero il momento in cui sarà così vicino alla
donna che ama da non dover più temere la
sua assenza.
“Io non lo so se
il cuore è innocente.
Io non lo so,
ma il resto è niente.
E quando sarò
vicino vicino,
il cuore vorrà
legarti un pochino
e stringerti a me
che tu non respiri”.
Un sentimento sul nascere è infatuazione, ma
una volta vicini il cuore potrebbe sentire di
volersi legare all’altro trasformando l’infatuazione in Amore. Un amore così travolgente e
irrazionale da diventare quasi “vendicativo”.
Per amore si piange, eccome se si piange! Lo
sappiamo su di noi, mi verrebbe da dire da
persona sensibile che vive questo sentimento
senza sfumature. Dunque, la speranza che
leggiamo negli ultimi versi della canzone è
che – una volta così vicini da definire quel mo-
mento la fine del mondo – questo Amore possa
vincere sul tempo:
“Ho pianto per Te,
oh sembravo un bambino!
Non farmi più dire:
se Tu fossi qui,
oh se Tu fossi qui!”
Traccia numero 8 del disco ecco “Vivere
vivere”, la canzone apparentemente più
spensierata, quella che sembra voler essere
una ballata giocosa e divertente. Un ritmo incalzante, che non conosce soste e cattura sin
dall’inizio. In realtà viene compiuto un salto
in un determinato periodo storico, con dei riferimenti tutt’altro che spensierati e privi di
spessore. Si parla di Amore, ovviamente, ma
anche del dopoguerra e di quel periodo in cui
forte era la voglia di vivere e di lasciarsi andare.
In “Vivere vivere”, a proposito
di salti indietro nella storia,
vengono fatti diversi omaggi o
citazioni. Uno al grande attore
e regista Vittorio De Sica, la
cui voce e le cui immagini
aprono la traccia ed il video.
L’altro, con tanto di citazione,
alla mitica Nilla Pizzi e a
quella “Papaveri e papere”
con la quale si presentò alla
seconda edizione di Sanremo
nel 1952. Un Festival unico,
dato che per la prima e l’ultima volta, una cantante si aggiudicò tutte e tre i posti del
podio con Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna
prega. Da questa canzone esce
il quadro di un certo periodo
storico, con dei riferimenti alle
“belle macchine e brutte vie” della “gioventù
bruciata” alla James Dean ed al fatto che
“piaceva calda la vita, calda e dolce sopra l’amara terra che tremò”. Sullo sfondo l’immancabile storia d’amore corredata dalla normale
gelosia perché “Tu piacevi a troppi e Tu piacevi troppo a me” e poi “era amore, mica uno
scherzo, che ti squadra, dopo ti incarta, e ti
porta via”. Infine il desiderio di spensieratezza e leggerezza tipica del periodo:
“Vivere vivere, la vita mia,
piccole camere ed amarsi così,
certi di essere al mondo,
contenti d’amarsi così.”
Arriva poi I Ricordi del cuore.
L’album si chiude con un omaggio molto delicato e impregnato d’amore per Roma, la città
del nostro cantautore preferito, la città eterna
di cui la maggior parte di noi s’è innamorato e
che c’invidiano in ogni parte del mondo. Il titolo? Semplicemente e giustamente “Roma”.
Per fare questo omaggio, Amedeo decide di far
scendere in campo una delle attrici più apprezzate del nostro bel Paese: Marisa Merlini. Una donna e una professionista d’altri
tempi, una di quelle persone che hanno fatto
grande la storia cinematografica italiana e
senza le quali tutto è meno di valore. E che
Amedeo, durante un monologo nel concerto tenutosi nel 1992 allo Stadio Olimpico di Roma,
presenta con queste parole: “L’unica attrice
che mi ha dato l’impressione di esistere
anche nella vita fu Marisa Merlini”. La
Merlini, con la sua voce chiara e rigorosamente in romanesco, recita con passione le parole
che poi vengono interpretate anche dal coro
de “I ricordi del cuore”. Un pezzo oserei dire
lirico, nobile ed elegante. Un pezzo che, proprio per queste caratteristiche, mira ad essere
eterno. Come Roma e, in fondo in fondo, come
il nostro Amedeo e la sua musica senza tempo!
LINK UTILI
https://youtu.be/r76VrEVJ6EE
https://youtu.be/jsMg4MebD84
(Per sempre)
(alcune immagini Edera)
https://youtu.be/AlwRZ8vyl70
https://youtu.be/hzJ2Mwp199k
(Qualcosa di lei)
(Sigla Edera)
https://youtu.be/jvy8xVRrt7U
https://it.wikipedia.org/wiki/Marisa_Merlini
(Marì)
(Marisa Merlini)
https://youtu.be/JVhwgTpwpUs
https://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_De_Sica
(Il perché non so)
(Vittorio De Sica)
https://youtu.be/DwKYAAJwxtM
https://youtu.be/rI-dkqUPVDs
(Ohi né)
(Roma con Marisa Merlini + coro)
https://youtu.be/IryvGpNxP_8
https://youtu.be/vucqkIxwazQ
(Vicino vicino)
(Roma versione Olimpico – Amedeo
parla della Merlini)
https://youtu.be/nUFnHDEDVLc
(Vivere vivere)
https://youtu.be/rI-dkqUPVDs
(Roma recitata da M.Merlini)
https://youtu.be/raTXqHYdejQ
(Vattene amore – Versione Sanremo)
https://youtu.be/v_iW4Coo2rI
(Farfallone amoroso)
https://youtu.be/MdecyjAWsp0
(Clip ufficiale Un uomo venuto da lon-
https://youtu.be/OL_dwkB14WQ
(In sogno)
tano)
CONCORSO LETTERARIO
LEGGI IL REGOLAMENTO
E PARTECIPA ANCHE TU
ALLA REALIZZAZIONE
DI QUESTO GRANDE
PROGETTO EDITORIALE
Concorso letterario
i ricordi del cuore
Racconta la tua esperienza di vita
legata alle canzoni, alle melodie di
Amedeo Minghi
Cinquantanni di vita artistica.
Per la prima volta, sarà il pubblico, a raccontare cosa in questi decenni è accaduto
attraverso la melodia di Amedeo Minghi,
colonna sonora di ognuno di noi.
Quale festeggiamento migliore allora, che
esprimere, attraverso un racconto, le nostre emozioni, i ricordi, legati alle centinaia di canzoni che nel tempo sono entrate a
pieno titolo ne “il nostro comune passato”.
corsi letterari, pena l’esclusione dal concorso. Ogni autore potrà inviare un solo
testo. Non potrà superare mezza pagina
A4 (documento word corpo del carattere
12).
art. 3
I partecipanti dovranno inoltre corredare
il componimento di Nome e Cognome o
Pseudonimo, data di nascita, recapiti telefonici e indirizzo, zona di appartenenza.
REGOLAMENTO
art. 1
Il concorso nasce da una idea di Amedeo
Minghi ed è presieduto da una giuria tecnica che valuterà i racconti partecipanti al
Concorso, previa visione e accettazione del
regolamento.
art. 2
Il concorso è aperto a tutti: con testi in lingua italiana e straniera (purché con traduzione ITALIANA) che raccontino esperienze di vita, emozioni, ricordi, aneddoti,
storie legate alle canzoni e alle melodie di
Amedeo Minghi. I testi dovranno essere
tassativamente inediti (fino al giorno della
pubblicazione) e non premiati in altri con-
art. 4
L’iscrizione potrà avvenire solo tramite email entro e non oltre il 20 febbraio 2016
(salvo proroghe).
INVIO TELEMATICO - Per l’invio telematico bisognerà trasmettere via e-mail, ovvero all’indirizzo
[email protected]
art. 5
La partecipazione al Concorso implica la
piena ed incondizionata accettazione di
questo regolamento e la divulgazione del
proprio nome, cognome (o pseudonimo) su
qualsiasi pubblicazione. L’organizzazione
attraverso la presente adesione acquisisce
implicitamente il diritto di pubblicare liberamente e senza alcun vincolo, tutti i
componimenti ritenuti idonei.
modi che l'artista riterrà opportuni.
art. 8
La giuria tecnica, mossa da buon senso,
laddove lo ritenesse opportuno, potrà intervenire sulla resa in italiano, di quei testi, che pur ritenuti interessanti, siano carenti per linguaggio e stile.
art. 9
La giuria, a suo insindacabile giudizio, poart. 6
trà intervenire quindi con un lavoro di ediLe opere saranno valutate a giudizio in- ting sui testi inviati, potrà ridurli e apporsindacabile e inappellabile della Giuria tare modifiche.
tecnica che per motivi di serietà non verrà
rivelata fino a giudizio espresso. Per garantire la massima trasparenza e regolarità concorsuale tutti i testi saranno valuta>
Accetto che ai sensi del D.Lgs. 169/03, i miei dati
ti anonimamente e senza possibilità di ri- siano utilizzati ai soli fini promozionali. Dichiaro inoltre
di accettare tutte le norme espresse nel regolamento. In
condurli all’identità dell’autore.
art. 7
Le opere valutate positivamente saranno
inserite in una iniziativa editoriale ufficializzata da Amedeo Minghi, nei tempi e nei
caso di iscritto minorenne dovrà essere inviata
carta di identità di chi ne esercita la potestà genitoriale.
La redazione di Melos saluta affettuosamente i lettori tutti ricordando alcuni
aspetti caratterizzanti del percorso artistico odierno di Amedeo Minghi.
Abbiamo una profilo Facebook ufficiale di Amedeo Minghi gestito da lui
stesso e dal suo staff. Clicca qui e metti “MI PIACE”
Un canale Youtube ufficiale. Clicca qui e iscriviti gratuitamente
Un sito ufficiale in continuo aggiornamento. www.amedeominghi.info
Una Radio Web; Primula web radio
Un approfondimento culturale mensile Melos
Scrivi anche tu, la
Attualmente un Concorso letterario per raccogliere in un progetto editoriale le
testimonianze più rappresentative di come la melodia
Amedeo Minghi
faccia alla
tuadi storia
legata
parte del nostra vita.
melodia di
A tutto ciò si aggiunge l'impegno costante di Amedeo che in occasione dei suoi
50 ANNI di vita artistica sta lavorando ad un ambizioso
progetto discografico.
Amedeo
Minghi,
Restiamo uniti e godetevi questa clip inedita di Amedeo e i giovani
partecipa al
concorso
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melos.04 - Amedeo Minghi