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Intervista al presidente
nazionale della C.N.D.A.
Giovanni Gentile
di Francesco Fabbri
Caro presidente, inizio questa
chiacchierata con un titolo “C.N.D.A.-UITS,
un anno dopo”Come giudichi il primo campionato
congiunto e quali sono le prospettive per il
prossimo, tra l’altro già iniziato nel migliore
dei modi?
“Non scopro certamente l’acqua calda
affermando che senza le tensioni degli anni scorsi
si sia potuto lavorare meglio e con più tranquillità,
concentrando la nostra attenzione alla crescita
dell’avancarica italiana ed a un miglioramento
tecnico ed organizzativo.
Ma questo non vuol certamente significare
un abbassamento della guardia e il cullarsi sugli
allori, parlo del sottoscritto, di tutto il Consiglio
Direttivo e dei più stretti collaboratori, i nostri
occhi sono sempre aperti e le orecchie sono sempre
tese, la responsabilità che ci siamo assunti
accettando il mandato ci impone la tutela e la
salvaguardia del patrimonio che è la C.N.D.A., un
patrimonio umano e tecnico che vive e cresce
proprio grazie alla coesione e all’unità d’intenti di
tutti noi.
Purtroppo ci sono ancora alcune note
stonate e mi riferisco ad alcune persone ed in
particolare ad un ex presidente di compagnia,
nonché aspirante presidente C.N.D.A., che ancora
oggi non ha capito la linea adottata dalla C.N.D.A.
e continua a creare problemi con la sua condotta.”
Per chi volesse inviare materiale da
pubblicare (articoli, foto, disegni, ecc...)
può scrivere, telefonare oppure inviare
una e-mail alla redazione:
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La nuova organizzazione tecnica
della C.N.D.A. come sta crescendo e come la
vivono i tiratori?
“Le figure del “Range Officer” e del
“Controllo Bersagli” sono novità che si vanno ad
affiancare ai già presenti e collaudati organismi
tecnici e di controllo, esse rappresentano una
tutela e una garanzia di equità e sicurezza per i
tiratori stessi e per le compagnie organizzatrici.
Come tutte le novità vanno assimilate col tempo
per poi apprezzarne l’importanza. Rappresentano
anche un salto di qualità nella gestione tecnica
del tiro ad avancarica.
Per qualificare queste figure sono stati
organizzati dei corsi di preparazione e altri ne
saranno organizzati a breve, e mi preme rilevare
che questi corsi sono completamente gratuiti. Mi
compiaccio nell'affermare che le richieste di
partecipazione ai corsi sono numerose.”
Campionato Mondiale a Barcelos, una
riflessione a riflettori spenti.
“Come non iniziare a parlare del mondiale
di Barcelos senza ricordare il bel bottino di undici
medaglie conquistate, c’è il rammarico per qualche
podio sfuggito, ma è la legge dello sport e tutto
va accettato. Una cosa che invece mi ha lasciato
un po’ d’amarezza, è stata la mancanza dello spirito
di gruppo manifestata da alcuni partecipanti,
fortunatamente pochi.
Il tiro a segno è uno sport individuale, la
squadra è solo un insieme aritmetico di punti e
quindi un’entità fittizia e questo ci può anche
stare, lo spirito di squadra non è in vendita e
quando non c’è non s’inventa.
Ben diverso è il discorso sullo spirito di
gruppo e qui mi si scaldano le orecchie, all’interno
di un gruppo ci si deve sentire come in famiglia o
almeno circondati da amici che all’occorrenza si
sostengono tra loro e che gioiscono per le vittorie
e i risultati degli altri.
Questo, purtroppo, non sempre è avvenuto
e siccome è tra le cose che questo Consiglio
Direttivo, ed io in prima persona, consideriamo di
primaria importanza, sin dai prossimi impegni
internazionali, nostro malgrado, saremo intransigenti con coloro che non si atterranno a questa
precisa indicazione.“
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Per la prossima stagione agonistica
Per chiudere in bellezza questa
internazionale, puoi già anticipare qualcosa? intervista parlaci dell’ultima “grana”, in ordine
di tempo e cioè la richiesta di aumentare le
“La macchina organizzativa della quote d’iscrizione alle gare d’avancarica.
C.N.D.A., guidata da Valerio Andriotto, si è già
messa in moto e la trasferta in Francia per
Questa richiesta, avanzata dall’UITS
l’incontro Italia- Francia sta prendendo corpo, per come tramite di alcuni TSN, fortunatamente
la parte tecnica e sportiva ci saranno delle novità pochi, mirava a portare la quota d’iscrizione alle
importanti che saranno comunicate a tempo gare dagli attuali 11 euro a 16 euro, adducendo
debito alle compagnie ed ai tiratori.
la poca convenienza economica a organizzare le
Anche per l’organizzazione della trasferta gare d’avancarica, praticamente si andava in
per l’europeo in Finlandia siamo già partiti e rimessa.
siamo a buon punto.
Alla riunione di Santarcangelo di
Sempre restando in tema di gare Romagna, organizzata dall’UITS all’inizio di
internazionali ho apprezzato molto la novità della settembre per discutere di questa vertenza e
trasferta in pullman, un’esperienza da riproporre
riservata ai presidenti di TSN era presente anche
senz’altro, naturalmente quando è possibile.”
C.N.D.A. come spettatrice e come presentatrice
della bozza del nuovo calendario.
Per quanto riguarda l’attività
Dopo un dibattito animato, a tratti a tinte
nazionale, quali sono le novità?
forti tra i presidenti di TSN, è emerso che, tra i
“Come sapete, e questa non è una presenti, erano solo due quelli schierati per un
novità, c’è un accordo tra FITAV e C.N.D.A. e aumento delle quote, Codogno e Parma, gli altri,
questo ha portato al riconoscimento ufficiale la maggioranza, favorevole a lasciare invariate le
del tiro a volo ad avancarica da parte di FITAV quote.
Interpellata, la C.N.D.A., pur prendendo
e al riconoscimento ufficiale dei campi di tiro,
atto
della
legittimità delle richieste, rispondeva
dove lo si pratica, alla C.N.D.A. il compito,
che
la
richiesta
non poteva essere accolta perché
importante, di certificarne l’idoneità.
una
delibera
del
CD fissava il tetto delle iscrizioni
Un’altra piacevole novità è stata la
ad
11
euro
per
i
quattro anni di gestione e che
partenza ufficiale dell’avancarica in Sardegna,
si è disputato il primo campionato sardo ad comunque occorreva il parere dell’assemblea
avancarica col patrocinio della C.N.D.A. che era delle compagnie, unico organo sovrano. Le quote
presente con una rappresentanza qualificata. sono e resteranno ferme a undici euro.
Purtroppo durante questa riunione sono
Recependo la richiesta dei tiratori
d’avancarica del sud, la C.N.D.A. si è attivata emerse delle posizioni che mi hanno lasciato
per sostenere la ricerca di nuove sedi di gara l’amaro in bocca, ho dovuto costatare l’inspiegabile
nel meridione, il primo risultato positivo ottenuto ostilità del TSN di Parma nei confronti di C.N.D.A.
è stata la gara a Bari, altri TSN si sono proposti e dell’avancarica in genere, ho udito delle
e stiamo valutando la possibilità d’inserirli nel affermazioni di totale chiusura da parte di un
circuito. Novità assoluta: stiamo cercando e consigliere di Parma che toccavano la C.N.D.A. e
forse lo abbiamo individuato, un sito per far la compagnia parmense SPTA, affermazioni che
decollare anche in Italia il tiro “Long Range”, reputo assolutamente e storicamente ingiustificate.
chiaramente al di fuori delle strutture dei
Vorrei ricordare a queste persone che
TSN.”
l'organizzazione dell'Europeo del 2007 ha portato
nelle casse del TSN di Parma più di € 10,000,00,
Si è chiusa la causa legale tra come richiestoci dal Presidente Bicocchi.
C.N.D.A. ed Euroarms, cosa ci puoi raccontare
Ben diverso è l’atteggiamento della città
al riguardo?
di Parma che, per voce dei suoi amministratori e
delle sue delle forze economiche, ha un ottimo
“Era una storia che si trascinava ormai da
rapporto di collaborazione e stima per C.N.D.A.
6 anni, Euroarms non aveva onorato il contratto
dopo l’esperienza dell’Europeo 2007, e si è sempre
di sponsorizzazione regolarmente sottoscritto con
dimostrata entusiasta alle proposte che erano
C.N.D.A. e perciò, a tutela dell’interesse della
avanzate, al punto di offrirsi come sede di un
Consociazione siamo ricorsi alle vie legali,
finalmente è arrivata la sentenza e la parte eventuale Campionato Mondiale d'Avancarica.“
avversa è stata costretta a pagare quanto dovuto,
oltre agli interessi e le spese legali.
Per la cronaca, la somma dovuta (circa
€. 28.000) è già stata incassata e sarà impiegata
a sostegno dell’attività sportiva e organizzativa
per far crescere la C.N.D.A.
Chiudiamo questa chiacchierata
con un augurio di BUONE FESTE
a tutti i soci di C.N.D.A.
ed alle loro famiglie
pagina 4
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pagina 5
Napoli, sesta di Campionato
sugli allori Caruso, Lepore, Signorini e… l’organizzazione.
di Francesco Fabbri
delle colline
Circondata dalla splendida cornice a tappa del
sest
la
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del Vomero è andata in
a C.N.D.A.-UITS,
Campionato italiano d’avancaric
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il clima mite e quasi sem
dell’avancarica
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una bella gita
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Il TSN di Napoli
Gentile e Massimo Correra
Giovanni Moro
Livia
Giuseppe Moffa
Ruggero Croce e Pasquale Punzo
Maria, Paola, Loredana Buschini e Lucia Campolongo
pagina 6
”Eprouvettes”
test della polvere nera
By Lee Kennett - traduzione di Cyndea Zanella
Oggi la polvere nera ha reputazione di vecchio
ma sicuro propellente, generalmente di alta qualità e
straordinariamente perfetto e fidato sul piano pratico che,
nel corso degli anni ha subito enormi variazioni in qualità
e potenza. Nei secoli precedenti però questo non accadeva ed essa variava enormemente in composizione e in
quantità. Soltanto recentemente, circa un secolo fa, quando
gli sportivi si riunivano, cominciavano a discutere della
quantità e della potenza delle loro polveri.
Nel 1850 l'inglese William Badwin, che cacciava
nelle praterie africane con una poderosa pistola di calibro
sette, annotava nel suo giornale: “La mia polvere
quest'anno è eccellente, spero solo che i miei nervi lo
siano altrettanto”. Se trovare, una buona polvere era
difficile, conservare bene quella che si aveva era un vero
problema. Anche la polvere di migliore qualità, infatti, può
deteriorarsi, se il metodo di conservazione è improprio.
Questa circostanza accadeva specialmente quando
era custodita nelle fortezze od a bordo delle navi, dove
l'umidità era un nemico costante. Il problema era
veramente serio: dal 1790 al 1811 la marina Britannica
dovette rimandare indietro 200 mila barili di polvere
deteriorata. Per queste ragioni sia gli sportivi sia i soldati
cercarono un modo per determinare la qualità della polvere
da sparo e la prima soluzione comparì abbastanza
facilmente. Esso consisteva nell’avvolgere una piccola
quantità di polvere in un foglio di carta e bruciarlo. Se la
polvere era di buona qualità, infatti, non avrebbe lasciato
residui.
Questa tecnica, menzionata nel XVI secolo, era
ancora in uso nel XIX. Un'altra prova, certamente più
rischiosa, consisteva nel bruciare un pizzico di polvere
tenuta nel palmo. Una buona polvere si sarebbe presubilmente consumata prima di scottare la mano. Alcuni uomini
dell'artiglieria usavano invece un terzo metodo e versavano
una striscia di polvere sul terreno giudicandone la qualità
in base alla velocità con cui bruciava e al volume del fumo
prodotto.
Siccome però queste regole basate sull'esperienza
scarseggiavano un po' di precisione fu trovata presto
un'altra soluzione. William Bourne, un’autorità inglese nel
campo dell'artiglieria, descrisse nel 1570 una piccola
scatola usata per testate la polvere. Una piccola quantità
era messa dentro la scatola e bruciata e la sua esplosione
ne sollevava 1 lato, tanto più potente era la polvere e
tanto più in alto era mandato il coperchio. Dalla descrizione
è chiaro che Bourne stava descrivendo una prima e
rudimentale eprouvette o test per la polvere nera.
Nonostante la differenza nei dettagli di costruzione,
le eprouvette funzionano tutte sullo stesso principio. La
quantità di polvere che deve essere testata è misurata
accuratamente e la sua esplosione serve a innescare un
lavoro meccanico (per esempio a sollevare un peso).
Il grado in cui l'azione è compiuta può essere misurato
esattamente; così che la forza di una polvere può essere
stabilita confrontando la lettura sulla scala graduata.
La prima eprouvette generalmente nata aveva
un tipo di ruota dentata verticale e veniva anche chiamata
eprouvette di Furtenbach perchè fu descritta da Joseph
Furtenbach nel suo “Halimto Ryrobolia” che comparve nel
1627. Questo progetto consisteva in un sottile mortaio
posto verticalmente e la cui bocca era coperta con 1 peso.
In seguito all’esplosione il peso era proiettato verso l'alto
guidato tra 2 sostegni rigidi e un meccanismo dentellato
lo preveniva dalle ricadute verso il basso. Secondo
Furtenbach, una buona qualità di polvere avrebbe alzato il
peso di 4 pollici.
Il riferimento per una buona polvere da moschetto
era di 5 pollici mentre quello per la caccia doveva arrivare
a 8 pollici. L'eprouvette di Furtenbach fu superata in
popolarità alla fine del 17° secolo dalla seguente e meno
ingombrante “eprouvette” di Saint Remy (un ufficiale di
artiglieria francese). Questo tipo è frequentemente tenuto
nelle collezioni private e fu usato per ben 4 secoli. Essa ha
generalmente la forma di una pistola tascabile, con la
bocca sormontata da uno stretto coperchio. Il coperchio è
attaccato a una ruota dentata in modo che, quando la
polvere bruciata respinge il coperchio, la ruota si gira.
Quest’ultima deve superare l'attrito di una molla
piatta schiacciata contro il suo bordo dentellato. Il numero
di denti che la ruota riesce a muovere indica la potenza
della polvere. Una nota variante prevede invece una ruota
che sostituisce ai dentini una più comune scala numerica.
Con l’inizio del 19° secolo apparvero alcune modifiche e
molte di esse miravano a correggere il movimento
sbagliato della molla. Un tipo usato era quello con la molla
a “V” la cui tensione poteva essere facilmente misurata; il
carico comprimeva la molla e l'uso della frizione poteva
essere scartato.
Questa forma di eprouvette è probabilmente
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originaria di Liegi ed è stata talvolta attribuita al
costruttore di armi di Liegi Guillaume Berbeur. Nel 1810
il fisico francese Regnier introdusse la sua eprouvette
idrostatica che eliminò completamente le molle.
Questo meccanismo era composto da un cilindro
galleggiante; l’esplosione di un carico di polvere nella sua
estremità superiore lo guidava in basso verso il liquido in
cui questo galleggiava e la sua profondità dipendeva dalla
forza propulsiva della polvere. In una maniera quasi simile
un inventore chiamato Hoer perfezionò una eprouvette
consistente in 2 bracci legati assieme come il compasso di
uno studente.
Un braccio conteneva alla sua estremità una
cavità per la polvere mentre l’altro, adattato sopra la
cavità, teneva il peso. Nell’esplosione il braccio caricato
sarebbe stato spinto via e la sua distanza misurata con un
arco graduato. Le eprouvette erano prodotte in un
numero incredibile di varianti e raramente se ne trovano 2
identiche.
Un costruttore di pistole belga che ne costruì una
notevole quantità le soprannominò “Strumenti che ogni
artigiano produce seguendo la sua particolare idea”. La
mancanza di standardizzazione non presentava problemi
finché il test delle eprouvette era empirico e comparativo.
Dopo che uno strumento aveva fornito prova di leggere e
riconoscere la polvere di buona qualità, le prestazioni delle
altre polveri erano paragonate con questo.
Un simile ma molto più ampio progetto era
l'eprouvette mortaio o prova mortaio usata dai militari
nei test di accettazione della polvere nera deliberati dal
governo. L'eprouvette mortaio dell’esercito francese, in
uso nel 1686 e probabilmente anche prima, è abbastanza
indicativa per questo tipo di oggetto.
Essa assomiglia abbastanza a un normale
mortaio, ma la sua costruzione richiedeva un po' più di
attenzione. Essa sparava un globo di rame a 45° gradi e
per essere accettata, 3 "once" di polvere da testare
dovevano lanciare il globo a 50 “toises”, oltre i 320 “feet”.
E' interessante notare come, mentre il mortaio rimase
essenzialmente lo stesso per 2 secoli, gli standard per la
polvere si restrinsero. La polvere al tempo di Napoleone
infatti, per essere accettabile,
doveva spingere il globo a 100
“toises” ed il governo pagava un
premio per chi lo avesse spinto a
120 “toises”.
Questo è un dato abbastanza evidente del graduale
miglioramento della polvere nera
nel corso degli anni. Come ci si
poteva aspettare, questi mortai
cambiavano da una città all’altra.
Il modello russo, per esempio
sparava la palla in maniera
diretta, così come quello usato
dall’esercito svedese ma, in
quest’ultimo tipo, il proiettile si
trascinava dietro un nastro di
seta, per facilitare la misurazione.
Inutile dire che anche i produttori
delle polveri commerciali testavano i loro prodotti con l’aiuto
delle eprouvette. Il loro uso
declinò nel corso del 19° secolo
per svariate ragioni.
Anche l’eprouvette più
sensibile era un progetto meccanico
relativamente rozzo. Esso si
proponeva di misurare la “forza” di una polvere ignorando
che questo lavoro mascherava un’intera serie di proprietà
balistiche. Conseguentemente l’eprouvette poteva dare
una migliore valutazione ad una polvere debole ma veloce
rispetto ad una forte ma più lenta nella combustione.
Dalla metà del 19° secolo il cronografo ed il misuratore
d’impatto possono dire ai balistici molto più che
un’eprouvette. La standardizzazione nella produzione
della polvere nera infine rende il test meno necessario ai
consumatori e l’introduzione di polveri meno fumose rende
inutili i test casalinghi.
Come spesso succede, l’eprouvette rimase in
uso per qualche tempo anche dopo la scoperta della sua
inaffidabilità. Nel 1880 comunque, a dispetto della
scoperta del misuratore d’impatto, le autorità del Banco di
Prova di Birmingham in Inghilterra stavano ancora testando
la resistenza della loro polvere con una eprouvette a
ruota e anche alla fine del secolo una ditta di articoli
sportivi offriva ancora ai suoi clienti l’eprouvette Hober.
Eprouvette, test della polvere nera rimasero in uso per
circa 400 anni sino al 1900 quando è stata abbandonata
del tutto per poi diventare la curiosità che è ai giorni
nostri.
pagina 8
pagina 9
La C.N.D.A. sbarca
in SARDEGNA
per il primo campionato
sardo d’avancarica.
di Vittorio Serra e Ufficio Stampa C.N.D.A.
Si è disputato il 18 settembre
scorso, a Sinnai, in provincia di
Cagliari, il primo campionato sardo
d’avancarica con il patrocinio della
C.N.D.A.
Al campo di tiro realizzato
nella tenuta “Le Vigne”, era presente
una delegazione della C.N.D.A.
guidata dal presidente Giovanni
Gentile, accompagnato dai consiglieri nazionali Giancarlo Moro e
Valerio Andriotto che oltre a portare
il saluto della C.N.D.A. agli amici
sardi, collaborava col promotore
dell’iniziativa, l’instancabile Vittorio
Serra, per fare partire al meglio
questo evento con un corretto uso
delle armi e un’altrettanto corretta
gestione della gara.
(continua nelle pagine seguenti)
pagina 10
L’onore del primo colpo
spettava, doverosamente, al sindaco
di Sinnai, Sandro Serreli, ed era
subito un “colpo grosso” trattandosi
di un Enfield a 3 fascette, rotto il
ghiaccio, partiva ufficialmente la
gara ed era subito un susseguirsi di
spari e di nuvole di fumo.
A dire il vero si trattava di
una gara “estemporanea” che poco
a che vedere con le gare ufficiali
C.N.D.A., ma l’importante era
iniziare ed iniziare divertendosi, nel
pieno rispetto del motto che è alla
base di questa bella disciplina
sportiva.
Dove gli amici di Sinnai si
sono espressi ai massimi livelli, è
stato nella calda ospitalità e
nell’amicizia offerta agli ospiti e in
questo, penso non siano secondi a
nessuno.
Trattandosi di una gara e
per giunta molto combattuta, con in
palio il titolo sardo di tiro ad
avancarica, i concorrenti non si
sono certo risparmiati ed è stato un
susseguirsi d’emozioni, come solo
l’avancarica sa dare, la classifica
stilata sulla somma dei punti di
pistola e di fucile ha tenuto il risultato
in bilico sino all’ultimo.
pagina 11
Al termine è risultato essere
il vincitore Daniele Scala con al
secondo posto Vittorio Serra ed al
terzo Giulia Setzu.
Seguono poi nell’ordine,
Damiano Serra, Massimo Melis,
Gianni Lai, Antonio Exana, Michele
Aledda, Antonello Alentini, Martino
Escana, Angela Vargiu, Walter
Asuni, Samuele Pisu, Giovanni
Amos Moscheri, Giuseppe Cocco,
Ignazio Ceredda, Simona Pilleri,
Paolo Latini.
Nel salutare gli amici della
Sardegna, Giovanni Gentile, ha
espresso l’intenzione della C.N.D.A.
di valutare l’ipotesi di candidare il
campo di tiro di Sinnai per ospitare
un evento internazionale di “Long
Range” sotto le insegne del
M.L.A.I.C.
pagina 12
I CORTI DI PIRKO
Siamo nei dintorni di Vienna in una fresca mattina all’inizio d’autunno, il sole filtra tra le
foglie di quercia, l’atmosfera e tesa e attenta.
Nascosto da un cespuglio di nocciolo il capocaccia Erich attento e guardingo, imbraccia il
corto fucile, all’improvviso dal folto del bosco grugniti e passi pesanti.
Con un rauco grugnire si presenta a circa cinque metri, grande come uno schreibkommode
nel miglior stile Badermeier,
il cinghiale. Stecchito da un
colpo preciso nella zona
occipitale. ”Bravo” con
una battuta sulla spalla
dichiarava la sua vicinanza
il barone Rudolf Novak,
“con quale fucile hai fatto
questo preciso e coraggioso
tiro?” con riverenza e un
N. 1 SAU STUTZEN
poco di timidezza il capocaccia presenta il suo fucile corto firmato Karl
Pirko in Wien.
Come avrete capito questa introduzione creata
dalla mia fantasia per introdurre i fucili corti “ Sau
Stutzen” per caccia al cinghiale usciti dalle abili
mani di Karl Pirko armaiolo austriaco vissuto a
Vienna dal 1804 al 1867 anno della sua morte e
facenti parte della mia collezione, interamente, di
armi fabbricate dall’armaiolo viennese.
I fucili sottodimensionati ma potentissimi,
ideati per la difesa dai
briganti nei lunghi viaggi in
carrozza e per muoversi
meglio nel sottobosco
austriaco fitto di vegetazione,
i corti sembrano giocattoli,
funzionali, eleganti, rustici
secondo l’ordine e possibilità
del committente. Nati con
la specifica esigenza d’arma
N. 2 REISEBUCHSE
d’appoggio e solo per
affrontare in velocità un animale pericolosamente
ferito nel folto della foresta e alle brevi distanze
dove la precisione era accantonata, e quindi
quest’arma nello specifico trovava il suo uso
adeguato.
Analizziamo i tre pezzi che ho numerato per
riconoscerli meglio.
N. 1 “SAU STUTZEN” il più semplice e
micidiale, canna rigata lunga cm. 33,00 per palla
pagina 13
rotonda cal. 16,80 mm.
lunghezza totale cm. 73,00
senza stecher, perché il tiro
era di potenza e non di
precisione, con un tiro dai
cinque ai quindici metri
“d’imbracciata”. Alcune incisioni per ingentilirlo (guardamano di legno per non
congelare le dita).
N. 2 “REISEBUCHSE” (Carabina per postiglioni) elegantissima
doppietta tipo “express” a palla ogivale sistema Lorenz, utilizza la
cartuccia militare cal. 13,90 canne rigate contrapposte e damascate
lunghe cm.46,00 Tacca di mira con alzo a fogliette da 25/50/100
metri, stecher per un tiro statico e preciso, Cartella incisa a fiorami,
lunghezza totale cm. 86.
N. 3 “SAU STUTZEN” carabina corta, ricercata nelle proporzioni,
con canna damascata, arrivata nella mia collezione alcuni anni fa.
Canna rigata lunga cm. 43,00 cal. 12,85 mm. tacca di mira per un
tiro teso non oltre i 50mt. Provato in poligono, devo dire veramente
precisa, con palla tonda e 30 grani di svizzera n. 2, non sono uscito
dal nero. Stecher, cartelle lavorate con incisioni di alta qualità,
lunghezza totale cm. 85,00. Termino questa breve carrellata su tre
pezzi della mia collezione Karl Pirko, con la speranza di una futura
mostra in modo di far vedere e apprezzare i manufatti di questo
ingegnoso, preciso ed elegante armaiolo viennese.
R.V.
N. 3 SAU STUTZEN
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NUOVO RECORD ITALIANO
...in Remington
Gabriele Farneti
della Compagnia del Passatore
di Forlì, nella terza gara
del campionato italiano
d’avancarica, disputato
proprio a Forlì,
il 2 e 3 ottobre scorsi,
ha stabilito il nuovo record
italiano nella specialità
Remington con 172 punti
(Mariette punti 90
e Donald Malson
punti 82).
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L’accensione a “ruota”:
Il nuovo sistema che non
riuscì a spegnere la miccia
di Gualtiero Fabbri
Facciamoci dagli inizi
Esisteva la testimonianza scritta, con data del 1505, di un abitante di Norimberga, il Nobile Martin
Loffelholtz, dove in un manoscritto illustrava due congegni a ruota applicati a acciarini per l’accensione del
fuoco domestico, in uno di questi il funzionamento era dato tramite una cinghia di cuoio avvolta attorno al suo
asse, il secondo meccanismo disegnato poteva essere attaccato ad un’asse di legno, aveva una ruota, una molla
motrice collegata alla ruota tramite una catena di trasmissione, un cane tenuto da una molla contro la ruota e
un congegno di scatto.
Il manoscritto non esiste più, probabilmente perso negli sconvolgimenti dell’ultima guerra, vi sono copie
dei disegni e descrizioni di seconda mano, Loffelhholtz, fu comunque un testimone del meccanismo e non il suo
inventore, nei fogli del suo manoscritto pare descrivesse le novità tecniche dell’epoca.
Allora chi fu l’inventore del meccanismo a ruota sulle armi da fuoco?
Il sistema di accensione a “ruota” per le armi è stato inventato da
Leonardo da Vinci a Milano, agli inizi del cinquecento.
No.
Il vero padre del congegno a “ruota” è Johan Kiefuss, che lo mise a
punto a Norimberga nel 1517.
Nemmeno.
Di solito tra i due litiganti il terzo gode….qui il terzo non c’è ma è
possibile che ve ne siano parecchi e del tutto sconosciuti.
Iniziamo ad eliminare il
secondo candidato, che è più
facile.
A Norimberga nel 1517 non
c’è traccia di Johan Kiefuss,
quindi oltre che retrodatare l’invenzione di un paio di decenni almeno,
il suddetto dovrebbe dimostrare di essere esistito; per la verità a
Norimberga è registrato un Johan Kiefuss, ( o Kuhfuss) armaiolo, ma
solo dopo il 1617….
Eliminare Leonardo è un poco più faticoso.
Il primo documento esistente al mondo che mostra un congegno
a ruota è indubbiamente il suo (nel Codice Atlantico).
Sul “recto” del foglio 231 vi è l’immagine di un acciarino ad
“esca” per il fuoco domestico dotato di molla ed il disegno di un congegno
a ruota montato su una piastra.
Può sembrare poco, ma tutto
quello che si ha di documentato
sugli inizi del congegno a ruota
è tutto nelle tre righe qui sopra.
Molti anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1519, Pompeo Leoni, con
il lodevole intento di salvare l’opera di Leonardo tagliò i fogli e li incollò
assieme formando almeno sei volumi, se prima i fogli erano stati quasi
sicuramente datati ai bordi ora non lo erano più. <<…Gli indizi più
attendibili fanno ritenere probabile che i disegni riguardanti l’arma a
ruota siano da far risalire ad una decina di anni prima della morte di
Piastra per pistola con meccanismo alla bresciana Leonardo..>> (dice H. L. Peterson)
(1630 circa)
Gli studiosi datano comunque i codici tra il 1478 e il 1519. Secondo
molti il foglio con il meccanismo a ruota dovrebbe essere del 1500.
Infine gli studi del prof. Carlo Pedretti, studioso di grafia Leonardesca indica come data più probabile il
1514 documentandola in modo ragionevolmente certo.
continua a pag. 16
pagina 16
Il meccanismo disegnato da Leonardo è stato studiato, qualcuno ha anche tentato di costruirlo
secondo il disegno, prendendo le proporzioni delle parti esattamente il meccanismo risulta troppo fragile e
si rompe dopo poche prove, alla fine l’inglese J. Hard, armaiolo esperto, dopo averlo riprodotto esattamente
con i risultati sopradetti lo ha rifatto modificando un poco alcune proporzioni ed ha costruito un acciarino a ruota
perfettamente funzionante, secondo il suo parere quello dei Leonardo non è lo schizzo di una cosa vista ma una
invenzione originale.
Ma è più probabile che Leonardo col disegno abbia “fotografato” una
cosa vista, magari con l’intento di studiarla o usarla per altri progetti, a
quei tempi, ovviamente, viaggiatori e studiosi come documenti per la
memoria avevano solo carta e matita con cui schizzavano ciò che
vedevano o trovavano interessante, questo potrebbe spiegare le non
esattissime proporzioni dei vari pezzi del meccanismo Leonardesco.
Questo perché altri indizi fanno ragionevolmente credere che le armi
con accensione a ruota fossero già attive alla fine del quattrocento e non
Piastra per fucile tedesca “alla fiamminga”, fine solamente progetti sulla carta.
‘500 inizi ‘600
Era dalla notte dei tempi che in ogni famiglia esisteva una qualche
specie di sistema per accendere il fuoco e sicuramente si basava sul pezzo di pirite che sfregata su un ferro
produceva le scintille necessarie al bisogno, di certo l’idea di utilizzare queste scintille per far sparare un
archibugio sarà venuta a più di un armaiolo, e molti di loro avranno fatto tentativi autonomi, ma nel meccanismo
a ruota occorreva anche la presenza dell’arte orologiaia, solo un orologiaio aveva allora la necessaria competenza
per l’abbinamento e la combinazione di ruote con molle caricate tramite una chiave, probabilmente il lavoro di un
paio di decenni di prove separate e poi paragonate ad altre che poco alla volta ha fatto emergere le soluzioni
più idonee.
Se la data di nascita non è certa, per il luogo gli studiosi sono praticamente d’accordo: Le città di
Norimberga e di Augusta, questi furono i maggiori, anzi per molto tempo gli unici luoghi in cui si fabbricava
il sistema, certamente uno dei maggiori centri di produzione delle armi con il meccanismo a ruota fu
Brescia e le sue valli, allora sotto il dominio della Serenissima, nonchè a Pontebba in Friuli ma i primi
meccanismi pare venissero dalle due città tedesche, a conferma di questo vi è un documento negli Archivi
di Stato di Venezia(1606) dove il “Capitanio” di Brescia all’ordine di
500 archibugi a ruota per gli albanesi risponde: <<...vi è difficolta a
trovare piastre da ruoda adatte, essendo possibile procurarsi tale
materiale solo a Bolzano>>
Per sostenere validamente l’antichità del sistema a ruota si può
citare un libro contabile dell’amministratore del cardinale Ippolito
D’Este, arcivescovo di Zagabria dove all’anno 1507 scrive (in latino):
<<...quattro fiorini dati al servo Gaspar Bohemus, pellegrino a S.
Farkas (Germania) per l’acquisto al Reverendissimo Signore di un’arma Piastra per fucile da caccia, Europa centrale, 1680“che si spara per mezzo di una pietra”, comprata e mandata a Ferrara 1700
per mano di Pietro Lardo, castellano di Zagabria.>>
Vi è poi l’editto dell’Imperatore Massimiliano I dove vietava la fabbricazione delle armi da fuoco
“insidiose” (1517), cioè che si potevano portare nascoste, anche se non nominate esplicitamente non potevano
essere altro che armi a ruota, l’archibugio a miccia aveva dimensioni importanti, pochissimi sono gli esemplari
di armi piccole a miccia, almeno in Europa,( la pistola è nata proprio col meccanismo a ruota), del resto portare
un’arma con la miccia accesa sotto ad un mantello non doveva essere il massimo e un agguato al buio con
il lume della brace a segnalare la presenza del sicario poteva diventare pericoloso per quest’ultimo.
Se questo non bastasse nel 1522 anche Alfonso I d’Este emise un’ordinanza dove vietava l’uso di
balestre e armi a ruota menzionate questa volta esplicitamente: <<…..siccome si sta diffondendo l’uso di armi
da fuoco particolarmente pericolose comunemente chiamate armi a pietra….. il Serenissimo conoscendole
per armi diaboliche proibisce a chiunque di armarsene salvo autorizzazione e sotto la pena di aver una mano
mozzata pubblicamente….>>
L’esempio fu seguito da Milano, Firenze, e altre città, in alcune il divieto era limitato solo alle armi di
piccole dimensioni, cioè con canna corta, che potessero essere per questo nascoste sotto le vesti.
Quindi da tempo erano conosciute e diventate di uso comune (almeno tra
i benestanti) ed avevano già subito la loro evoluzione più importante:
la Pistola.
Vediamo ora le prime armi esistenti e databili con una ragionevole
precisione.
La prima con una data che può avere un limite temporale certo è un
fucile abbinato ad una balestra appartenuto a Ferdinando D’Asburgo,
Pistola a ruota “di Norimberga” interamente dono della sua futura moglie, Anna D’Ungheria, con sopra il suo
in acciaio, con sicura allo scatto, e chiusura stemma e quello della futura consorte, i due si sposarono nel 1521.
automatica dello sportellino (1580).
Altre armi a ruota appartenute a suo fratello, l’Imperatore Carlo V, sono più recenti, la più antica, datata 1530,
è una piccola carabina fabbricata ad Augsburg da T. Marquart, un secondo fucile è datato 1535, una terza è
un’interessante pistola a tre colpi, quindi con tre meccanismi a ruota e tre canne caricate con frecce, occorre
dire che ai tempi le armi da fuoco sparavano indifferentemente sia pallottole che frecce.
pagina 17
Alcuni asseriscono che armi veneziane, tuttora esistenti nella collezione del Palazzo dei Dogi a Venezia,
(anche queste un abbinamento fucile-balestra), potrebbero risalire al 1510, una sicuramente no, essendo
firmata: Renaldo De Visin da Asolo, 1562.
Le altre due, entrate in arsenale nel 1548, come risulta dai registri, non risultando acquistate o donate,
possono essere solo preda bellica contro i tedeschi, quindi effettivamente risalire al 1508-1510 quando la
Serenissima dovette lottare contro “quel giro di valzer” che fu la Lega di Cambray.
Il meccanismo a ruota era già noto e diffuso ai primi del ‘500, necessariamente la sua nascita deve
aggirarsi nell’ultimo quarto del XV secolo.
Tutto questo dovrebbe togliere la paternità dell’invenzione a Leonardo.
Un poco di storia Europea.
L’arma da fuoco adottando la miccia aveva fatto un passo da gigante,
era diventata un’arma con cui si poteva armare la fanteria, là dove
con l’arco lungo si poteva solo sperare di colpire un cavaliere corazzato
in un punto vulnerabile, con un archibugio a miccia si poteva mirare,
certamente l’arco lungo era più potente, poteva colpire a distanze
notevoli, tre volte in più di un archibugio, costava meno, era meno
Puffer” della Guardia dell’Elettore di Sassonia ingombrante, ma il vantaggio insuperabile del secondo rispetto al
(1590)
primo, oltre alla “magia” e alla suggestione che dava al soldato il tuono
e la fiammata della nuova arma, era che, per fare un’archibugiere bastava
prendere un qualsiasi individuo, un archibugio, appunto, qualche giorno di istruzione, ed eccolo pronto.
Maneggiare un arco lungo con le sue 120-150 libbre ed anche più non era prestazione alla portata
di chiunque, occorreva un uomo robusto, ma non solo , andava tenuto in forze e ben nutrito, ma soprattutto
ben addestrato, e l’addestramento andava mantenuto nel tempo, un arciere lo doveva essere per la vita
ed esercitarsi anche quando non era sotto le armi.
Se questa era la potenzialità dell’archibugio, anche trascurando la balistica, i suoi limiti rimanevano molti,
quando ad esempio pioveva era inutilizzabile, il soldato poi, doveva marciare con al fianco la miccia accesa, anzi,
doveva essere tenuta accesa alle due estremità, avere la miccia spenta equivaleva ad essere disarmati, se si
fosse stati in marcia con la miccia spenta, dove accenderla in caso di urgenza? Non è che avessero dietro un
fiammifero od un accendino, meno ancora fiamme libere, con tutta la polvere nera in giro e l’uso delle
fiaschette per caricare immagino che gli incidenti fossero all’ordine
del giorno, non per nulla l’utilizzo delle “cartucce” con la dose della polvere e dei “bossoli” fu molto precoce.
Sembra che l’onnisciente Leonardo Da Vinci parli già di cartucce
all’inizio del ‘500 riferendosi a cose già note.
Sembra altresì che la pessima rinomanza dei Lanzichenecchi,
oltre che la violenza e il saccheggio fosse data anche dai numerosi Fucile bresciano con ruota alla “fiamminga”
(1590-1600), aveva due scatti montati nello stesso
incendi che si lasciavano dietro col trasporto delle micce.
meccanismo, per sicurezza, se uno falliva si usava
La ricerca di un metodo di accensione più pratico della miccia l’altro
era sicuramente un obbiettivo inseguito da inventori e armaioli,
l’accensione a ruota fu uno di questi, non pienamente riuscito in quanto se pure più valido dell’altro era troppo
costoso per armare un esercito.
Comunque, avuto il tempo di affinare le strategie belliche con la nuova arma, l’archibugio a miccia non
molto dopo la sua nascita divenne il protagonista incontrastato delle battaglie.
Così come l’arco lungo, iniziando dalla battaglia di Crècy (1346), proseguendo a Poitiers (1356) e
Azincuourt,( 1415) sancì la fine della cavalleria medievale, l’avvento delle truppe di “picchieri” svizzeri
nella seconda metà del quattrocento decretò anche la fine delle guerre del medioevo, la loro terribile
formazione a “istrice” da dove spuntavano solo le picche lunghe oltre cinque metri quando avanzava era un
muro impenetrabile, e gli svizzeri avanzavano per uccidere, non era più il tempo delle battaglie passate, con i
cavalieri che si invitavano a cena prima dello scontro, dove se non si moriva (i nobili) si diventava ospiti del
vincitore, ma per lo più erano combattute a “minacce e insulti”: la cosiddetta: <<… guerra all’italiana, sanza
tema, sanza periglio, ma soprattutto sanza danno….>> (Machiavelli).
Un primo assaggio della potenzialità dell’archibugio a miccia si ebbe durante le “guerre Hussite” (14191431), dove gli eretici, sempre in inferiorità numerica ma chiusi dentro
i loro recinti di carri, con archi , balestre e ora anche con gli archibugi,
spezzarono per oltre dieci anni tutti le cariche e gli attacchi dei “crociati”
occidentali, fino a che questi ultimi dovettero “lasciar perdere” e dare
voce alla diplomazia e alla teologia.
La “consacrazione” dell’ archibugio come arma di massa si ebbe alla
“Battaglia della Bicocca” (1522).
Fucile da caccia, Europa Centrale (1750)
I Francesi mandarono avanti i mercenari Svizzeri, i Veneziani, alleati anche
loro dei Francesi, sembra che, più che altro, se ne stessero “alla finestra”
continua a pag. 18
pagina 18
a guardare, dice Pietro Verri: <<…i Veneziani poco si mossero, e
rimasero quasi spettatori…>> evidentemente erano dei tradizionalisti.
Se fino ad allora scompaginare un Quadrato Svizzero era impresa
che costava sudore ma soprattutto sangue, quella volta il comandante
degli Spagnoli, il nobile romano Prospero Colonna, schierò gli
archibugieri in quattro file di mille che aprirono un fuoco infernale ed
Fiasca per polverino dotata di chiave per caricare ininterrotto contro gli Svizzeri che avanzavano implacabili a ranghi
serrati, non si conoscono esattamente le perdite svizzere quel giorno, i
il meccanismo a ruota
numeri vanno da tremila a settemila caduti su ottomila che erano, la fine
della battaglia segnò anche la fine del Soldato Di Ventura Svizzero.
Ma torniamo all’arma a ruota.
Il nuovo meccanismo, almeno sugli archibugi, non prese mai veramente piede come arma da guerra.
Gli eserciti agli inizi del settecento passarono direttamente dal sistema a miccia a quello a pietra focaia.
L’arma a ruota nella versione fucile rimase un’esclusiva per la caccia, ed appannaggio di signori con vasta
disponibilità economica, erano armi di lusso, impreziosite con incisioni, metalli nobili e gemme, alcune
adottarono soluzioni tecniche impensabili fino ad allora, di cui potremo parlare in seguito, al massimo armarono
corpi particolari o guardie di grandi personalità.
Diverso fu il discorso per la pistola: abbiamo accennato che già
all’inizio del cinquecento le armi da fuoco, grazie al nuovo congegno,
potevano essere ridotte di dimensioni, venivano così costruite armi che
si potevano portare addosso, era nata la pistola.
Alcuni vogliono che il nome derivi dalla città di Pistoia, agli inizi
del secolo Pistoia fu una delle prime ad emanare divieti contro le armi
corte, per molti è un’ipotesi verosimile.
Muller Buchse Germania, (1650)
I Cechi affermano il nome
provenire da un’arma corta boema, la Pistala, che deriverebbe dal
nome della pipa (ma in ceco pipa si dice sebuo, in tedesco leitung, in
polacco rurka, mah!).
Tschinche, Slesia (1630-1670)
I cavalieri si accorsero ben presto che con una pistola a ruota potevano
far fuoco anche loro, se era impossibile portare un’arma con la miccia
accesa, se pur di ridotte dimensioni, a cavallo, con due o più pistole a
ruota nelle fonde della sella, potevano rioccupare una posizione
d’attacco e non essere più relegati alla semplice ricognizione, dove li
aveva spinti l’archibugio.
Una pistola a ruota poteva essere portata carica, oltretutto, a parte i primi esemplari, era già dotata di
sicura allo scatto, sopportava l’umidità e un poco di pioggia, ma soprattutto si poteva usare con una mano sola.
Già la cavalleria di Carlo V nella prima metà del cinquecento aveva adottato una tattica che prevedeva
l’uso della nuova arma, caricava a file successive, anche più di quindici, arrivata a tiro si bloccava scaricava
l’arma e aprendosi verso i lati lasciava il posto alla fila seguente.
La cavalleria poteva riprendere il suo ruolo di forza d’urto nelle battaglie.
Stranamente, ma solo a prima vista, nel Nuovo Mondo, l’arma a ruota era di uso abbastanza comune
anche tra i meno abbienti, quindi non solo tra i Conquistadores, ma anche tra gli immigrati poveri (spesso
deportati) delle colonie britanniche, in un paese sconosciuto dove l’insidia del nativo, del grizzly, e anche del
vicino, erano sempre presenti, meglio avere un’arma pronta ed affidabile costantemente a portata di mano.
Nell’inventario della Colonia “perduta” di Roanoke Island, North
Carolina, erano presenti diverse pistole a ruota ed un Pètrinal (arma
intermedia tra fucile e pistola, si sparava appoggiandoselo al petto),
negli scavi eseguiti nella colonia di Jamestown, Virginia), (famosa per
l’indiana Pocahontas ed il successivo massacro di coloni) sono stati
recuperati numerosi resti di armi a ruota.
La spedizione di Juan Onate, fondatore di El Paso (Texas) era
armata sia di armi a miccia che di armi a ruota.
Leggendo le disposizioni militari per il servizio di sentinella di L’ultima arma a ruota fu costruita nel 1829 a
un soldato nella colonia di Parigi da Le Page (era una bellissima coppia di
Jamestown (1611) si può capire pistole)
che appena possibile era meglio
avere a disposizione un’arma a ruota piuttosto che a miccia: la
sentinella: <<….deve assicurarsi che la miccia sia ben accesa da
entrambi i lati, deve aver caricato e innescato l’arma e deve avere in
bocca la scorta delle pallottole, con l’arma imbracciata rimarrà in piedi
con l’occhio costantemente vigile fino a quando il caporale non lo
dimetterà dal turno….>>
Piastra con meccanismo alla francese
pagina 19
GARA “1860”
In ricordo di Gianfranco Pittatore:
l’omaggio del G.A.M. ad un cultore
della storia e del patrimonio locale.
Domenica 31 ottobre si è svolta al poligono del Tiro a Segno Nazionale
in Borgo Cittadella, la gara “1860”, riservata alle pistole a percussione
e ai revolver di epoca risorgimentale.
Organizzata dal Gruppo Avancarica
Marengo con il patrocinio ed il contributo della
Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, la
gara ha visto la nutrita partecipazione dei tiratori
alessandrini che si erano avvicinati alle armi
storiche proprio grazie ai corsi settimanali realizzati
dal G.A.M. con il sostegno della Fondazione: aver
imparato le modalità di uso al punto da sentirsi in
grado di affrontare un momento di tensione come
una gara è di per sé indice del successo dell’attività
didattica svolta per tutto l’anno.
ad Avancarica (93 punti) e da Pier Giorgio Sifletto
degli Archibugieri di Piemonte (86).
La gara 1860 avvenimento fa parte di un
triennio di iniziative che il Gruppo Avancarica
Marengo ha organizzato per celebrare il 150°
anniversario dell’unità nazionale: gli anni
significativi per il processo di unificazione furono
il 1859, il 1860 ed infine il 1861, ed è con questa
cadenza che vengono proposte conferenze e gare
con le armi a percussione che i nostri avi usarono
sui vari campi di battaglia.
Complessivamente hanno partecipato 43
Le conferenze si tengono per tradizione al
tiratori di pistola e 18 tiratori di revolver, provenienti anche dalle società di avancarica di Museo della Gambarina di Alessandria e
riguardano temi attinenti ai singoli anni: per il
Piemonte, Lombardia e Liguria.
1859 si è parlato del revolver Colt 1851 come
“La gara era dedicata al ricordo del dott. primo prodotto “industriale” in senso moderno e
Gianfranco Pittatore che non solo iniziò a patroci- della battaglia di Solferino, cruciale per la nascita
nare il progetto del Gruppo Avancarica Marengo, della Croce Rossa, mentre per il 1860 si è
ma soprattutto in tempi lontani seppe intuire il ricordato l’esercito borbonico nei romanzi di
potenziale culturale della storia militare del nostro Carlo Alianello: “l’Alfiere”, “L’eredità della priora”
territorio e delle vestigia imponenti tuttora e “Soldati del Re”.
esistenti, come testimoni e come possibili risorse
Il progetto pluriennale ha ottenuto il
per le future generazioni – commentano i soci del
G.A.M. – il bello delle nostre gare è proprio che patrocinio ed il contributo della Fondazione Cassa di
non si parla solo di punti e di tecnica, ma anche Risparmio di Alessandria, che ne ha riconosciuto
e soprattutto di storia e di storie, di scoperte la validità anche ai fini della diffusione della
nuove, di documenti, coinvolgendo i numerosi conoscenza e della valorizzazione della storia
giovani che si avvicinano a questa disciplina con locale.
entusiasmo e freschezza”.
Infatti Alessandria, in quegli anni cruciali,
I partecipanti alla gara erano tiratori di svolse un ruolo di primo piano (anzi di “prima
caratura nazionale, vincitori di numerosi campionati linea”) nelle operazioni militari, come piazza
e competizioni anche a livello europeo: i tiratori fortificata di prima classe, ai confini con i territori
alessandrini hanno comunque tenuto alto il imperiali del Lombardo Veneto.
prestigio del G.A.M., offrendo un’organizzazione
Anche la Cittadella, ai piedi del cui spalto
impeccabile e consueto pranzo per tutti i presenti.
sorge il poligono di tiro del Tiro a Segno
I primi 3 classificati sono stati, per la Nazionale, in questo programma è stata oggetto
categoria pistola a percussione Sergio Lucchelli di lezioni e visite pensate e realizzate per
degli Archibugieri di Piemonte (con 93 punti su scolaresche e per gruppi organizzati. Questo a
100), Carlo Guasco e Ulrico Ghimmy del G.A.M. significare che il tiro con le armi antiche è solo un
aspetto di un discorso articolato e pluridisciplinare
(rispettivamente con 92 e 90 punti).
che ha per obiettivo una conoscenza completa e
Per la categoria revolver, Paolo Penna complessa del momento storico.
Comunicato Stampa
degli Archibugieri di Piemonte ha vinto con 93
Gruppo Avancarica Marengo
punti, seguito da Stefano Caruso del Galliate Tiro
pagina 20
DEBUTTO A BARI
per l’avancarica al poligono di tiro di Bari,
Per la prima volta la “polvere nera” va in scena in Puglia
in una gara di campionato C.N.D.A. - UITS
Organizzata dalla compagnia
d’avancarica I.B. (I briganti) in collaborazione con la sezione di Bari del Tiro a
Segno Nazionale, si è disputata al
poligono di via Napoli, la 5a tappa del
campionato italiano di tiro con armi
antiche e ad avancarica C.N.D.A.-UITS.
Buona la partecipazione con tiratori
provenienti anche da altre regioni, dalle
più lontane: Castelfranco Veneto,
Ravenna, Faenza, alle più vicine come
Roma e Napoli.
Oltre sessanta le prestazioni in
pedana con la cornice di alcuni risultati di
rilievo.
Da citare tra tutti i 98 punti su
100 di Rosario Cocumazzi di Foggia, nella
specialità “fucile Vetterli” ed il 95
su 100 del romano Enzo Curcio nella
specialità “pistola Kuchenreuter”.
Più dei numeri ci sono da sottolineare l’organizzazione, la professionalità
e la calda ospitalità del personale del tiro
a segno barese a iniziare dal padrone di
casa, il presidente Giovanni Vito Perta e
dall’organizzatore Rosario Cocumazzi.
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scambi?
pagina 21
Trattandosi della prima gara di
campionato organizzata a Bari non poteva
mancare la presenza del presidente
nazionale della C.N.D.A. (Consociazione
nazionale degli Archibugieri) Giovanni
Gentile, accompagnato dal consigliere
Gian Carlo Moro, dal delegato tecnico
Gualtiero Fabbri e dall’addetto stampa
Francesco Fabbri.
All’interno della struttura del TSN,
durante i due giorni di gara, è stata
allestita un’esposizione di armi ad
avancarica prodotte dalla ditta Armi
Sport di Silvia e Rino Chiappa, con la
signora Chiappa in prima persona a
presentarle ai tanti curiosi ed appassionati
che hanno affollato la mostra.
Un ringraziamento collettivo a
quanti hanno collaborato col presidente
del tiro a segno e con l’organizzatore per
la buona riuscita dell’evento, dall’addetta
alla segreteria, Costantina, a Palma
Valeria Tansella, a Giovanni Servidio,
Giulio Amendolagine, Simone Vessia,
Antonello Barnabà, Marco Ceglie,
Antonio Peraldo, Giuseppe Ardito ed altri
soci del tiro.
Francesco Fabbri
Addetto stampa C.N.D.A.
Per tutte le altre
news, classifiche e varie
collegati al sito
www.cnda.it
pagina 22
DITE LA V
STRA
la v o ce a ll ’a v a n ca ri ca
Risponde Massimo Capone
Oggetto:
Regolamento specialità S&W
Noto, sempre più spesso che,
parecchi tiratori, nella disciplina
a cartuccia metallica S&W, usano
palle di tipo “Semi WadCutter”
o “Tronco Coniche” se non
addirittura “WadCutter”.
Mi sembra che il regolamento parli
chiaro, e cioè all’ articolo 700,
comma 4, recita testuamente:”
La munizione deve essere del tipo
in uso all'epoca ecc…”.
All’epoca, mi risulta, non esistevano
certamente le palle dei tipi
sopramenzionati, che quindi non
dovrebbero essere consentite.
E se qualcuno volesse dimostrare il
contrario sarebbe tenuto a produrre
adeguata documentazione.
Ritengo pertanto auspicabile una
presa di posizione in merito, chiara
e tempestiva, da parte della C.N.D.A.,
anche per evitare per il futuro
polemiche o reclami assai probabili.
Colgo l’occasione per complimentarmi
per il graditissimo ritorno della rivista
che leggo sempre con piacere ed
interesse.
Cordialità
Alfredo Vedani (3Leoni)
Gazzada (VA)
A proposito della perplessità sull'uso di
proiettili tipo wad-cutter nella categoria a cartuccia
metallica, esprimo il mio parere come membro
omologazione armi:
"Le cartucce a bossolo metallico originali
montavano proiettili completamente ogivali,
oppure lievemente appiattiti sulla sommità
dell'ogiva ma sempre mantenendo i bordi
sottostanti al profilo ogivale arrotondato: mai
wad-cutter o semi wad-cutter con ogiva a bordi
rettilinei!
In riferimento a quanto già segnalatovi,
aggiungo ulteriori considerazioni.
Ho trovato in cataloghi della Colt del 1890 e
1898, la segnalazione e la raffigurazione di un
tipo di cartuccia utilizzabile per tiro al bersaglio
(per revolver mod. 1873 e Bisley).
"Gallery and Target", .44 e .44 Russian, .38
S&W , .38-44 S&W, .32 S&W, e .32-44.
In un disegno questa cartuccia, nel calibro
44, appare contenere il proiettile completamente
affondato nel bossolo (quindi come le attuali wad
cutter!) ma è descritta una carica di polvere di
soli 7 grani, ed un peso del proiettile stesso di
110 grani (laddove il proiettile normale era
riportato in 250 grani!).
Massimo Capone
E’ doveroso sottolineare che il regolamento
M.L.A.I.C. vieta l’uso delle palle “wad cutter”.
(Ufficio Sportivo CNDA)
Per tutte le altre news
classifiche e varie
collegati al sito
www.cnda.it
pagina 23
La nascita degli A.P.
ed i primi anni del tiro ad avancarica in Italia
di Giorgio Sifletto
Eravamo a metà degli Anni Sessanta. In quel periodo un buon numero di
collezionisti di armi d'epoca faceva capo all'Accademia di San Marciano per le Armi
Antiche, associazione con sede a Torino.
In questo contesto alcuni appassionati decisero di costituire una sezione
dedicata al tiro ad avancarica ispirandosi a
precedenti storici, il gruppo prese il nome di
Archibusiè 'd Piemont, (Archibugieri di Piemonte)
e con l'aiuto dell'allora vicepresidente del TSN ai
Torino, Audino, questa nuova e strana specialità
riuscì a inserirsi nel locale poligono. Il 22 gennaio
1967 venne perciò organizzata la prima gara.
Asti 1975
Non molti i competitori, una dozzina, e le
specialità erano al momento solo tre: fucili a
pietra focaia, a luminello a canna liscia e a
luminello a canna rigata. Tra le armi in linea si
poteva contare su qualche pezzo interessante e
raro: moschettone da Cacciatori a Cavallo del
Regno Italico Mod. Anno 9 (dell'arsenale di
Brescia), un fucile da Fanteria Piemontese 1782,
una carabina Bernerstuzen 1842 ed una perfetta
carabina Lamarmora Mod. 44.
I punteggi, alla luce attuale, furono
molto modesti: nei fucili a pietra, primo
Sterrantino con 36 punti e secondo Morre con
32; Nei fucili a percussione a canna liscia,
primo Gibbone con 62 e secondo Nebbia con
58; In quelli a percussione con canna rigata,
primo Colanzi con 70, e secondi ex-equo
Vergnano e Torello con 37 punti.
Madrid
La rivista di settore Tac, (fascicolo del
marzo 1967), dedicò ben tre pagine all'avvenimento, con dovizia di dettagli tecnici, come si
confaceva, sottolineando che si era aperta una
nuova era: la nascita del tiro ad avancarica in
Italia.
Nei mesi seguenti furono organizzate
un paio di altre competizioni, che dovevano
servire per attrarre nuovi adepti oltre che
stimolare il livello qualitativo.
Si ebbe così la presenza del primo tiratore
"straniero", il lombardo Gianfranco Simone.
Pietro Vergnano, che si era addossata la
responsabilità orgarizzativa della nuova attività,
con la collaborazione di Francesco Sterrantino,
grazie ai frequenti viaggi in Francia ed in
Inghilterra aveva potuto stringere i primi legami
con i veri "esperti", gli inglesi della Muzzle
Loading Association of Great Britain nata nel
1952 riunendo club locali attivi fin dall'anteguerra
e gli Arquebusiers de France nati ufficialmente
nel 1962, ma composti da tiratori già veterani.
(continua nella pagina successiva)
Novi Ligure 1978
pagina 24
Fu per primo con i francesi che si tenne
il confronto. La trasferta di una decina di tiratori
torinesi ebbe luogo a Lione il 7 e 8 ottobre dello,
stesso anno e se i risultati furono inevitabilmente
inferiori a quelli degli avversari, l'esperienza fu
utile per imparare, per capire trucchi e segreti e
per dare entusiasmo.
E fu in effetti così che il match di ritorno,
avvenuto a Torino dal 25 al 27 ottobre 1968,
oltre ad assumere un aspetto di un certo livello
con presenza della televisione italiana, visite ed
incontri ufficiali, vide anche il nostro team
competere egregiamente, aggiudicandosi la
specialità a pietra focaia sia nell'individuale che a
squadre e ottenere dei punteggi competitivi nei
"luminello rigati".
Torino 1967
La febbre dell’orgoglio fu non poco
stimolata dall'organo ufficiale degli Arquebusiers il quale scrisse: “i
progressi della squadra italiana sono rapidi (Vergnano 84, Audino
77, Sterrantino 71) e bisognerà tener seriamente conto di loro nei
prossimi incontri”. Ma la strada per portare i nostri colori ai vertici
delle classifiche sarebbe stata ancora lunga.
Gli anni che seguirono videro gli Archibusiè 'd Piemont
impegnati nella miglior messa a punto della combinata arma-munizionamento uomo, tenendo presente che la specialità era nata da
collezionisti divenuti tiratori, passo più difficile del reciproco per
l'ottenimento di punteggi elevati. In altri poligoni dell'Italia
settentrionale intanto comparivano i primi sporadici tiratori di
polvere nera, ma non ancora riuniti in club.
Il campo dell'avancarica aveva nel frattempo raggiunto una
diffusione europea di tutto riguardo e i francesi furono i primi,
anche per la loro posizione geografica centrale, a patrocinare un
vero incontro internazionale. Il 19 ed il 20 giugno 1971, a Vaudoyen-Brie, poco lontano da Parigi, in un piccolo poligono privato, si
diedero convegno 16 tiratori provenienti da Inghilterra, Germania,
Spagna, Francia, Italia e Stati Uniti.
I tre italiani presenti (i soliti noti) portarono a casa un terzo
posto a squadre nei fucili rigati, ma la cosa importante fu la
nascita del Comitato Internazionale delle
Associazioni di Tiro ad Avancarica (M.L.A.I.C.).
Torino 1987
Finalità fondamentali di questo organo
erano la formulazione, indispensabile, di un
regolamento comune e l'organizzazione di un
campionato mondiale.
Presidente venne eletto il francese
Landry e segretario generale fu nominato Paul
Marchand.
La posizione di delegato italiano venne
assunta da Vergnano, come sempre assistito da
Sterrantino.
Con il 1972 nacquero finalmente nuovi
gruppi quali l'alessandrino Liberi Archibugieri di
Marengo e la Società Lombardo Veneta del Tiro
ad Avancarica, che si sviluppò grazie all'azione di
Enrico Arrigoni, oplologo di chiara fama, da
Egidio Cattaneo, tiratore già presente da anni
nelle fila degli Archibusie' 'd Piemont e da Enrico
Tettamanti.
Valance 1978
pagina 26
I fucili Tryon Target
e Match di Pedersoli
La Davide Pedersoli propone da circa trent’anni una replica di plains rifle
fabbricato da Edward K. Tryon di Philadelphia. Un’arma affidabile, precisa e
che ha sempre affascinato centinaia di tiratori moderni.
(a cura dell’ufficio stampa Davide Pedersoli)
L’attività della famiglia Tryon inizia con George W. nel 1811 nella città di Philadelphia, in
Pennsylvania, con la produzione di pistole a pietra focaia. Nel 1833 Tryon fornisce al governo
mille fucili da utilizzare come regali per i nativi americani e nel 1839 si aggiudica una fornitura
di 1.500 moschetti modello US 1816 alla Repubblica del Texas. Nel 1836 il figlio maggiore
Edward K. inizia a far parte della ditta, giusto in tempo per poter partecipare al successo di un
altro contratto di mille fucili stipulato con la commissione per gli affari indiani. Dal 1846 al 1848
i Tryon produssero cinquemila fucili modello US 1841, i famosi Mississippi Rifle.
La replica prodotta da Pedersoli si riferisce a un periodo (1840-50) in cui i fucili Tryon dovevano
competere con altre armi, anche firmate famosi armaioli che operavano dalla Pennsylvania al Missouri.
La pubblicità era importante anche allora, tanto che in una inserzione in un giornale di St. Louis del
1851 Edward K. Tryon, divenuto titolare dell’azienda, propone sconti, indica che oltre a fabbricare
importa armi e attrezzature e invita gli interessati a visitare il suo negozio prima di fare acquisti
in qualsiasi altro posto. La presenza pubblicitaria su un giornale di St. Louis era estremamente
importante poiché la città del Missouri costituiva una sede commerciale di grande interesse. Era anche
la città dei fratelli Jacob e Samuel Hawken
e la concorrenza era notevole. Edward
Tryon produsse anche numerosi fucili tipo
Kentucky nel 1850, pistole Derringer
monocolpo tra il 1860 e il 1875 nonché
Il Tryon Target in allestimento standard. rivoltelle pepperbox.
Le repliche
I modelli Tryon sono caratterizzati da una linea robusta e massiccia, tipica dei fucili americani
della seconda metà del 1800. Evidenziano la discendenza dai vecchi long rifles di cui conservano
alcuni aspetti come la tabacchiera e il profilo ottagonale della canna, divenuta più corta e con
una sezione maggiore a causa dei calibri e dei caricamenti più corposi. Anche la tabacchiera si
adegua ai nuovi tempi, abbandonando il vano, e il coperchio, rettangolare per adottare quello
circolare, con la nuova definizione di cap box, più specifica per le armi a percussione.
Il calcio presenta un poggiaguancia sul lato sinistro, le due piastrine a protezione dei fori
delle chiavette di tenuta della canna (in culatta è fissata mediante il rampone), un elaborato fregio
che funge da contro cartella, e un puntale di ferro all’estremità anteriore. L’acciarino è a “molla
indietro”, famoso per non accumulare sporcizia all'interno del meccanismo.
Lo scatto è servito da uno stecher a due grilletti con la vite di regolazione posta in mezzo.
Il Tryon Target
L’arma è disponibile nei calibri .45, .50 e .54, con rigatura ottenuta tramite brocciatura.
Nei calibri .45 e .50 le righe sono sei con un passo di 1.200 mm (1:48”), mentre nel calibro .54 la canna
presenta sette righe che sviluppano un passo di 1.660 mm (1:65”). La lunghezza della canna è 820
mm, la lunghezza totale 1.230 mm, il peso varia da 4.200 kg (cal. .50 e .54) a 4.400 kg (cal. .45).
I congegni di mira sono costituiti
dalla tacca con alzo a rampa e dal mirino
a lama. È possibile installare una diottra
utilizzando i fori già predisposti nella
codetta di bascula, e il mirino può essere
sostituito con uno a tunnel con inserti
intercambiabili.
Il Tryon Target Deluxe.
Il Tryon Target si pone come l’arma
ideale per chi vuole iniziare il tiro ad
avancarica. Un’arma che oltre a offrire elevate garanzie di sicurezza, garantisce risultati gratificanti e
risulta di facile utilizzo, pulizia e manutenzione.
Del Tryon Target sono presenti in catalogo la versione Standard e quella Deluxe. La Standard
presenta la canna brunita nera e i fornimenti tartarugati; nella Deluxe si può apprezzare il colore
marrone della canna e del calciolo e quello argento vecchio della tabacchiera, dell’acciarino e degli altri
fornimenti (fregio, piastrine chiavetta, codetta, guardamano, puntale calcio, tubetto posteriore
portabacchetta e piastrina del calciolo). Le incisioni sulle parti color argento della Deluxe (a fiorami
su tabacchiera, fregio e piastrina inferiore del calcio, e con scene di fagiani sulla cartella) sono
state riprodotte fedelmente dall’esemplare originale firmato Tryon da cui è nata la replica.
pagina 27
Il Tryon Match
Da qualche anno, un nuovo allestimento del fucile Tryon, dall’aspetto gradevole e imperioso,
trova il suo naturale impiego nel tiro di precisione. Il Tryon Match si differenzia esteticamente dalle
altre versioni per le finiture colore argento
vecchio dell’acciarino, della contro cartella,
della tabacchiera, delle piastrine delle
chiavette e del puntale del calcio, che gli
conferiscono una particolare eleganza. Il
calciolo, il paragrilletto e il tubetto porta
Il fucile Tryon Match, completo di diottra bacchetta posteriore conservano la finitura
tartarugata.
La canna, in calibro .45, è del tipo scodolabile, misura
820 mm ed è solcata da cinque righe ottenute tramite
brocciatura che sviluppano un passo di 530 mm (1:21): le
condizioni ideali per l’impiego di proiettili Minié (cal. .450, peso
310 grani) e per ottenere le migliori performance nel tiro a
cinquanta e cento metri.
L’arma è dotata di diottra universale corta, con possibilità
di regolazione in verticale, con una escursione massima di 50,8
mm (2”), e in orizzontale, tramite lo scorrimento della slitta
porta oculare. Il mirino è a tunnel, con possibilità di scegliere
l’inserto di mira fra diciotto diverse visuali.
La lunghezza totale del fucile Tryon Match è 1.230 millimetri,
il peso 4,600 chilogrammi.
Per sottolineare la precisione balistica del fucile mostriamo
una rosata con dieci colpi tutti concentrati nella zona del 10 del
bersaglio. Distanza cinquanta metri, arma bloccata su rest
dopo ogni caricamento (40 grani di svizzera n. 2 e proiettile
Minié calibro .450 ingrassato con Lubriblack). La rosata misura
28xh40 mm, con gli otto colpi centrali, quasi tutti nella
“mouche”, racchiusi in 20xh26 millimetri. Considerando che il Rosata Match) Rosata di dieci colpi a
metri realizzata con il Tryon
proiettile non è stato calibrato, il risultato della prova non cinquanta
Match: 40 grani di polvere svizzera n. 2 e
necessita di ulteriori commenti.
proiettile Minié cal. .450 ingrassato.
Scheda Tecnica
Fabbrica
Tipo
Congegno di sicurezza
Materiali
Lunghezza canna
Lunghezza totale
Calibro
Canna
Congegno di puntamento
Finitura
Peso
Prezzo
Calibro
Canna
Congegno di puntamento
Finitura
Peso
Prezzo
Ampiezza: 28xh40 mm, otto colpi in
20xh26 millimetri.
Davide Pedersoli & C., via Artigiani 57, 25063 Gardone Val Trompia
fucile ad avancarica con sistema di accensione a percussione
posizione di mezza monta del cane
canna e fornimenti in acciaio, calcio e bacchetta di caricamento in legno di
noce, puntale della bacchetta in ottone
820 mm (32 5/16”)
1.230 mm (48 7/16”)
Tryon Target
.45, .50, .54
solcata da sei righe che sviluppano un passo di 1.200 mm (nel cal. .54 sette
righe con passo di 1.660 mm)
mirino a lama su base incastrata a coda di rondine; tacca di mira con alzo
a rampa; possibilità di montaggio della diottra
canna brunita colore nero, fornimenti colore tartaruga, calcio lucidato a
olio. Nel modello Deluxe, fornimenti color argento vecchio (paragrilletto
tartarugato); acciarino, fregio, tabacchiera e piastrine chiavette incisi
4,400 kg nel cal. .45; 4,200 kg nei calibri .50 e .54
Euro 746,00 (Target Standard); Euro 1.012,00 (Tryon Deluxe)
Tryon Match
.45
solcata da cinque righe ottenute tramite brocciatura che sviluppano un
passo di 530 mm (1:21)
mirino a tunnel con inserti intercambiabili; diottra con regolazione in
verticale e in orizzontale
canna brunita colore nero; acciarino, fregio, tabacchiera, piastrine chiavette
e puntale calcio colore argento vecchio; calciolo, paragrilletto e tubetto
porta bacchetta posteriore tartarugati
4,600 kg
1.096,00 Euro
pagina 28
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A TU PER TU CON UN
BUFALO DA 1000 CHILI
Una caccia d’altri tempi raccontata in prima persona da Rino Chiappa
Marzo 2010, New Mexico: Rino Chiappa, Direttore Generale del Gruppo Chiappa, sta
provando con Ron Norton- presidente della Chiappa Firearms di Dayton, e gli amici del Bonanza
Creek Ranch di Sante Fe l’emozione della caccia tradizionale.
“Da due generazioni produciamo repliche dei più famosi modelli di armi che un secolo fa,
o un secolo e mezzo, venivano usate a scopo militare
e per la caccia. Ho voluto provare in prima persona
cosa significasse cacciare con un Winchester 1886,
l’ultimo modello di produzione Armi Sport. E’ stata
un’esperienza emozionante, non lo dimenticherò
mai”.
Rino racconta che le sue aspettative erano molto
lontane dall’esperienza che ha vissuto. Immaginava
che l’organizzazione della battuta di caccia al bufalo
in una riserva apposita fosse una sorta di vacanza
con un piccolo brivido “per turisti”. Non si sarebbe
mai aspettato di ritrovarsi a vivere la fatica di inseguire
il bufalo per una intera settimana, a cavallo dalla
mattina alla sera, con un freddo pungente e
temperature che non salivano mai sopra lo zero. Il bufalo percorreva delle distanze enormi nella
riserva di 5.000 acri, e già dal secondo giorno la fatica e il desiderio di trovarlo creavano nei
partecipanti alla battuta una determinazione fortissima, uno
stimolo antico, il vero spirito della
caccia.
“Io mi reputo una persona estremamente civilizzata, sono appassionato
di tecnologia e mi sento un uomo
decisamente calato nella modernità.
Non credevo che mi sarei lasciato
coinvolgere in maniera così forte,
ma quando insegui da giorni una
preda affrontando mille fatiche e
disagi, l’unico desiderio è quello di trovarla e vincerla”.
I momenti emozionanti sono stati molti: vivere intere
giornate all’aperto con i compagni in mezzo a paesaggi
mozzafiato e imparare la sopravvivenza in un ambiente intatto ricostruisce una parte di sé
che sembra sepolta sotto le nostre sovrastrutture culturali.
Il finale è stato di grande soddisfazione per
Rino. Il fucile 1886 in calibro 45/70 ha abbattuto il
bufalo – un esemplare di 12 anni dal peso di circa
1000 chili - al primo colpo con una ferita mortale
ai polmoni e un secondo colpo alla spalla che l’ha
atterrato.
“Il modello 1886, pur essendo un prototipo di
inizio produzione, ha avuto una prestazione eccellente,
azione fluidissima con potenza e precisione impeccabili”. Il 1886 Lever Action di Chiappa Firearms è
ormai disponibile sul mercato nella versione calibro
45/70 con canna ottagonale da 26”. Entro la primavera saranno prodotte anche le altre tre versioni,
pagina 31
ovvero il fucile in calibro .444 Marlin (8 colpi + 1) e
la versione carabina con canna da 22” (7 colpi + 1)
in entrambi i calibri. Il peso è di circa 4 Kg per il fucile
e di circa 3,5 kg per la carabina, per una lunghezza
totale di 114 cm e 104 cm rispettivamente. Bascula,
leva di armamento, calciolo e puntale hanno finitura
tartarugata, mentre l’otturatore, la canna e lo sportello
di inserimento delle cartucce sono bruniti. Il prezzo
indicativo al pubblico è di € 1.254,00 per il fucile e
€ 1.122,00 per la carabina: come sempre un rapporto
ottimo qualità/prezzo.
Ci sono volute più di 5 ore di lavoro di tutti i
cacciatori per preparare i tagli di carne che sono stati
donati al vicino orfanotrofio
di Santa Fe.
“Sono entusiasta di questa
esperienza. Credevo nella caccia
tradizionale, quella cioè senza armi
sofisticate, e l’ho sempre sostenuta
e sponsorizzata. Ma ora che l’ho
provata direttamente la sento come
un valore morale, come una crescita
personale verso un rapporto profondo
con la natura”.
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N°4 - 2010