UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTA’ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA INFORMATICA E
DELL’AUTOMAZIONE (A DISTANZA)
Esperienze didattiche riguardanti
l’applicazione dei PLC nei sistemi di
controllo
Laureando:
Relatore:
LELIO SPADONI
Prof. LEOPOLDO JETTO
Sessione Autunnale
Anno Accademico 2005 - 2006
UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE
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Indice
Prefazione
pag.
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Parte prima: “Introduzione ai sistemi di controllo”
Sistemi di controllo nell’ambito dell’automazione industriale
Sistemi di controllo a catena aperta e a catena chiusa
Controlli automatici di tipo numerico
Caratteristiche di un controllore
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Parte seconda: “Il controllore a logica programmabile”
Programmable Logic Controller (PLC)
Considerazioni storiche
Configurazione minima di un PLC
Il modulo processore
I moduli di ingresso/uscita
Il modulo alimentatore
L’armadio
Il terminale di programmazione
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Parte terza: “La programmazione dei PLC”
I linguaggi di programmazione
Il Grafcet. Sequential Funcional Chart (FSC).
Il linguaggio a contatti Ladder
Il successo dello schema a contatti Ladder
Lista di istruzioni
Passaggio da uno schema grafcet a uno schema Ladder
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25
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Parte quarta: “Esempi di architetture di controllo”
Elementi della CPU 226 utilizzati nelle esperienze
Modo di procedere comune a tutte le esperienze condotte
Esperienza n° 1: Avviatore reversibile per l’inversione del
senso di rotazione dei motori trifasi.
Esperienza n° 2: Frenatura in corrente continua di un motore
asincrono trifase.
Esperienza n° 3: Controllo di posizione di un motore passo-passo
Esperienza n° 4 / Proposta di lavoro: Controllo di velocità di un
motore in cc realizzato con la funzione PID del
PLC S7-200 CPU 226.
Esperienza n° 5: Controllo di temperatura di un forno elettrico.
Appendice A
Caratteristiche del PLC S7-200 CPU 226
Pag. 2
pag. 30
pag. 32
pag. 34
pag. 44
pag. 53
pag. 69
pag. 77
pag. 87
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Appendice B
Data sheet encoder E5
Data sheet L297- L298
Caratteristiche motore passo-passo
Unità di ampliamento analogica EM 235
pag. 96
pag. 98
pag. 100
pag. 102
Appendice C
Funzione speciale PID
pag. 106
Bibliografia
pag. 115
Si allega il CD contenete il file in formato .doc relativo al presente lavoro.
Pag. 3
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Prefazione
La prima parte del lavoro costituisce un’introduzione, a livello generale, ai
sistemi di controllo.
Nella seconda parte invece, si parla del controllore a logica programmabile,
con riferimento alle sue caratteristiche e alle sue componenti tipiche.
Nella terza parte si considera la programmazione dei PLC, mettendo in
evidenza gli elementi che permettono una progettazione del software di controllo
efficiente.
La quarta e ultima parte, è relativa alle esperienze didattiche condotte sui PLC,
per il controllo di grandezze fisiche di varia natura come, per esempio, la velocità, la
temperatura, la posizione, ecc...
L’ambizione di tale testo è quella di diventare un manuale d’uso per tutti gli
utenti che, anche a digiuno di esperienze con i PLC, vogliono avvicinarsi a questo
dispositivo divenuto oramai un elemento importante nelle automazioni industriali.
Per tale motivo tutte le esperienze condotte sono perfettamente funzionanti e
ripetibili in qualsiasi momento grazie al grado di dettaglio con cui sono descritte. Da
un punto di vista didattico dunque, il lavoro rappresenta la base di partenza per
ulteriori approfondimenti che sono in un certo senso dovuti, proprio perché dato lo
scopo didattico del lavoro non si sono certamente utilizzate tutte le notevoli
potenzialità di elaborazione del PLC.
Solo nell’esperienza numero quattro, che in realtà è una proposta di lavoro,
viene utilizzata una funzione avanzata del PLC relativa all’operazione di regolazione
proporzionale, integrativa e derivativa (PID).
Nelle esperienze svolte si potrà notare che non esiste una progettazione del
blocco regolatore (il controllore); mediante un “approccio diretto” si parte dalle
specifiche richieste per costruire il modello desiderato del processo, che è
riconducibile a quello del controllore con poche modifiche concettuali.
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PARTE PRIMA
Introduzione ai sistemi di controllo
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Sistemi di controllo nell’ambito delle automazione industriali
Per sistema di controllo nell’ambito delle automazioni industriali si intende, in
generale, un sistema automatizzato composto da un processo fisico e da un sistema di
controllo, vedere figura 0.
Figura 0. Modello di un sistema automatizzato
Il processo fisico può essere definito come una combinazione di operazioni che
agiscono su entità appartenenti al mondo fisico cambiandone alcune caratteristiche.
Un processo fisico riceve in ingresso dei materiali, sotto forma di prodotti grezzi, e
dell’energia; riceve, inoltre, dal sistema di controllo delle informazioni sotto varie
forme quali, valori di tensione o di corrente elettrica, di pressione di un fluido,
oppure sequenze di valori binari codificati. Il processo produce in uscita materiali,
sotto forma di prodotti finiti e scarti, ed energia: invia inoltre delle informazioni al
sistema di controllo. Anche i disturbi provenienti dall’ambiente che agiscono sul
processo si possono considerare come ingressi al processo.
Le informazioni in uscita dal processo fisico, sono fornite da appositi
dispositivi formati da un componente detto sensore, il quale trasforma la variabile da
misurare nel tipo di grandezza che si adotta per la misura, e da un componente detto
trasduttore, il quale accetta un’informazione sotto forma di variabile fisica e la
converte in una grandezza di natura tipicamente elettrica, adatta ad essere trasmessa.
Molto spesso sensore e trasduttore coincidono nello stesso elemento.
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Le informazioni in entrata al processo fisico, sono utilizzate dagli attuatori per
alterare il valore delle variabili di controllo per il processo. Di solito gli attuatori veri
e propri sono preceduti dai pre-attuatori, i quali provvedono a realizzare le
conversioni delle informazioni e le amplificazioni di potenza.
I sensori, gli attuatori, e i pre-attuatori possono essere considerati come facenti
parte del processo fisico e ne costituiscono l’interfaccia verso il sistema di controllo.
Il sistema di controllo, quindi, riceve informazioni sullo stato del processo
tramite i sensori, le elabora secondo algoritmi specificati e invia agli attuatori le
informazioni relative alle azioni da mettere in atto per realizzare il controllo del
processo fisico. A tale scopo esso riceve anche informazioni da una o più unità
esterne, le quali possono essere degli operatori o altri sistemi di controllo
gerarchicamente superiori; inoltre è in grado di fornire a queste entità esterne
informazioni sul suo stato e su quello del processo controllato.
Sistemi di controllo a catena aperta e a catena chiusa
Il controllo è l’insieme delle azioni atte a far variare nella maniera voluta una
certa grandezza fisica. Il controllo di una grandezza fisica può avvenire in catena
aperta o in catena chiusa.
Nel primo caso si hanno i sistemi di controllo a catena aperta che possono
essere schematizzati come in figura 1, dove un generatore del segnale di comando
(A) fornisce il segnale di riferimento (o di comando) all’organo attuatore (B) che
provvede a sua volta a pilotare opportunamente il processo controllato (C).
Figura 1. Sistemi di controllo a catena aperta
Con il metodo ora descritto si può raggiungere il valore desiderato della grandezza
da controllare u(t) agendo sul segnale di riferimento e(t). Se però, adesso, si generano
dei disturbi che provocano la variazione della grandezza controllata l’unico modo per
riportarla sui valori desiderati è quello di agire manualmente sul segnale di
riferimento (cioè in maniera non automatica, generalmente con l’intervento di un
operatore esterno), oppure compensando direttamente il disturbo.
Un approccio alternativo utilizza un sistema di controllo a catena chiusa dove
è presente una linea di reazione che la grandezza controllata in ingresso. Facendo
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riferimento alla figura 2 si nota che la grandezza controllata u(t) viene confrontata
con il segnale di
Figura 2. Sistemi di controllo a catena chiusa
riferimento e(t) dando origine ad un segnale differenza d(t) che viene utilizzato per
agire sulla grandezza da controllare u(t); quando interviene un qualsiasi disturbo che
provoca una variazione della grandezza da controllare, si origina il segnale differenza
d(t) in modo tale da compensare in gran parte l’effetto del disturbo. Poiché ciò
avviene in forma automatica si parla di controllo automatico.
Controlli automatici di tipo numerico
Un sistema di controllo è detto digitale quando per la sua realizzazione si
impiegano componenti digitali.
I sistemi di controllo digitale hanno assunto nel tempo un’importanza sempre
maggiore e la tendenza attuale è quella di utilizzarli, ove sia possibile, anche nel caso
in cui i processi da controllare siano analogici. Le ragioni principali di questa scelta
sono da ricercarsi nella minor complessità circuitale, nella più agevole manutenzione
e nella possibilità di apportare modifiche al controllo senza stravolgerne la struttura.
Inoltre le tecniche digitali di trasmissione del segnale consentono un’elevata
immunità al rumore e costi contenuti. Tuttavia alcuni dispositivi analogici, quali
trasduttori, attuatori e amplificatori di potenza, non possono essere sostituiti da
analoghi componenti digitali. Pertanto in un sistema di controllo digitale sarà
necessario prevedere l’impiego di appositi convertitori analogico/digitale che
convertono i dati analogici, relativi al processo da controllare, in segnali digitali
manipolabili dall’elaboratore e analogamente convertitori digitali/analogici che
svolgano la funzione inversa, ovvero convertano i segnali digitali emessi
dall’elaboratore in segnali analogici che agiscano direttamente o indirettamente sul
processo.
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Sotto l’aspetto funzionale la differenza fondamentale tra i sistemi di controllo
digitale e quelli analogici è che il nodo di confronto è realizzato da dispositivi di
natura digitale che possono essere rappresentati dal più semplice componente tipo, ad
esempio, il comparatore digitale fino al più elevato rappresentato dall’elaboratore.
Figura 3. Sistemi di controllo a catena chiusa
In particolare l’elaboratore può ancora essere utilizzato per implementare gli
algoritmi che definiscono i tipi di regolatore descritti per il controllo analogico, quali,
ad esempio, le regolazioni ON-OFF, proporzionale, integrativa, derivativa ed
eventualmente le loro combinazioni. Inoltre può essere sviluppato un software
apposito che consente di risolvere agevolmente i problemi che si presentano quando
esiste un notevole livello di interazione tra le varie parti del processo e quando il
legame tra le variabili del processo non è lineare.
Caratteristiche di un controllore
L’elemento fondamentale di un sistema di controllo è il controllore. Questo
dispositivo è in grado di ricevere segnali in ingresso provenienti dal processo fisico,
di elaborare internamente tali informazioni e di fornire in uscita dei segnali elettrici
destinati agli attuatori. Questi ultimi, di conseguenza, potranno modificare il
processo fisico secondo le modalità scelta dal progettista.
I controllori si possono dividere in tre categorie: monolitici, con architettura a bus,
personal computer.
Monolitici: prendono il nome di microcontrollori e sono dispositivi che
inglobano tutti gli elementi necessari per realizzare le funzioni di controllo in un
unico chip. Hanno ingressi/uscite analogiche o digitali (in numero limitato), capacità
(limitata) di memorizzare i dati in modo volatile o permanente e non hanno un
sistema operativo, ma è l’utente che, nello scrivere i programmi, si deve occupare
della
corretta
gestione
delle
risorse.
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Sono
generalmente
presenti
negli
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elettrodomestici, negli apparecchi telefonici, ecc…, ed in generale dove non è
necessaria una elevata potenza di elaborazione.
Controllori con architettura a bus: sono pensati per quelle situazioni in cui
sono necessarie una notevole capacità di elaborazione, un elevato numero di
ingressi/uscite, una sofisticata interfaccia utente e la possibilità di comunicare
attraverso reti informatiche.
Gli elementi di questi controllori sono tra loro collegati attraverso uno o più bus
(insieme di conduttori aventi caratteristiche ben definite) quali: VME, EISA, ecc…
Una simile configurazione è espandibile a piacimento con il semplice collegamento
al bus di opportuni moduli di espansione (I/O, memorie, contatori, ecc…).
Personal computer: è il calcolatore “general purpose” che offre notevoli
vantaggi quali: prezzo relativamente basso, bassa professionalità per il suo utilizzo,
semplificazione della manutenzione, ecc…
Lo svantaggio principale è che il Personal computer ha una limitata interfaccia di
processo (pochi ingressi/uscite) e, soprattutto, non è robusto, cioè non adatto in
ambienti ostili come quelli industriali. L’utilizzo delle reti informatiche ha di fatto
ridimensionato l’ultimo svantaggio; infatti il PC può controllare i vari processi pur
rimanendo a debita distanza, in un ambiente meno ostile.
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PARTE SECONDA
Il controllore a logica programmabile PLC
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Programmable logic controller
Il controllore a logica programmabile, che da questo punto in avanti
chiameremo con l’acronimo PLC, è il più diffuso dispositivo di controllo per
l’automazione industriale. Grazie alla sua architettura a bus, il PLC, è
un’apparecchiatura talmente versatile che collegando più moduli di espansione
(interfacce) ad una unità base, si possono ottenere migliaia di punti di ingresso o di
uscita sia analogici, sia digitali. I costruttori di questi dispositivi, inoltre, da sempre
impegnati nell’ampliamento del mercato di riferimento, progettano e realizzano
moduli di espansione dedicati al controllo di particolari sistemi, quali: il controllo di
motori asincroni trifasi, il controllo di motori passo-passo, il controllo di livello e di
temperatura, solo per citarne alcuni.
Il PLC è a tutti gli effetti un calcolatore composto da componenti elettronici e
memorie destinate a contenere sia dati sia programmi e in grado di leggere ed
eseguire le istruzioni dei programmi stessi. In particolare però,
si tratta di un
calcolatore concepito per l’installazione in ambiente industriale, dove sono presenti
gravose variazioni di temperatura, umidità, vibrazioni, disturbi elettrici, ecc. Questa
peculiarità attribuisce al controllore a logica programmabile la caratteristica di
robustezza. E’ dotato di sistemi operativi proprietari real-time multi-tasking molto
efficienti.
Grazie a questo elaboratore è possibile realizzare una notevole quantità di
sistemi di controllo di tipo digitale anche quando le grandezze da controllare sono
analogiche.
Considerazioni di natura storica
Fino agli anni ’70 i sistemi di controllo dei processi e movimentazioni
industriali erano risolti utilizzando circuiti in logica elettromeccanica, come relè e
temporizzatori, contatori, ecc... Questi sistemi erano scarsamente flessibili in quanto
qualsiasi variazione della sequenza logica richiedeva modifiche del cablaggio, cioè
quella parte fisica degli elementi facenti parte dell’automatismo; in più non avevano
una elevata velocità di elaborazione dei segnali ed erano molto costosi.
Intorno agli anni ’70 con l’avvento dei microprocessori si iniziò a sostituire i
vecchi sistemi di controllo dei processi industriali,
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basati su elementi a logica
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cablata, con i controllori a logica programmabile detti comunemente PLC. Questi
nuovi dispositivi avevano una maggiore flessibilità unita a una grande semplicità di
utilizzo, permettendo la variazione della logica di controllo semplicemente
modificando via software il programma relativo (eventualmente sul luogo di
funzionamento). Erano di concezione modulare ed avevano una facile manutenzione.
Inoltre, erano abbastanza robusti, occupavano meno spazio rispetto ai sistemi
utilizzati fino ad allora, ed erano competitivi nei costi.
Come abbiamo già detto, attualmente un PLC di alta classe è basato su un
sistema multiprocessore, integra la possibilità di connessione in rete informatica ed è
capace di eseguire funzioni molto complesse. E’, in sostanza, basato sulle stesse
tecnologie di un calcolatore convenzionale “general purpose”, ma è adatto al suo
utilizzo principale: il controllo dei processi industriali.
Configurazione minima di un PLC
La configurazione minima di un PLC è composta dai seguenti cinque elementi
fondamentali: l’armadio, il modulo processore, i moduli di ingresso e di uscita, il
modulo alimentatore, il terminale di programmazione.
L’armadio, o rack, contiene tutti gli altri moduli di un sistema basato su PLC:
dall’unità base (CPU), ai moduli I/O e via via fino all’alimentatore.
Il modulo processore è costituito da una scheda a microprocessore con architettura
simile a quella dei calcolatori general pur pose. Esegue e controlla tutte le operazioni
svolte all’interno del sistema.
I moduli ingresso/uscita sono le interfacce attraverso cui l’elettronica del PLC si
collega con il mondo esterno.
Il modulo alimentatore alimenta l’intero rack in cui è ospitato il PLC ed
eventualmente le interfacce ad esso collegate.
Il terminale di programmazione era in origine una tastiera alfanumerica con cui si
inseriva in memoria il programma utente. Attualmente il terminale di
programmazione è un personal computer nel quale è caricato il software per la
gestione dell’interfaccia utente e della programmazione vera e propria.
Il modulo processore
E’ il vero e proprio cuore del PLC ed è costituito da una scheda con uno o più
microprocessori con un’architettura simile a quella dei calcolatori tradizionali. Il
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microprocessore esegue i programmi del sistema operativo proprietario e quelli
dell’utente, prelevando le istruzioni da eseguire dalla memoria volatile o da quella
permanente. Il funzionamento tipico è quello ciclico, come rappresentato in figura 4.
Figura 4. Ciclo tipico di funzionamento di un PLC
Come si può vedere dalla figura 4, il PLC esegue la lettura degli ingressi ( e la
scrittura nelle uscite) una sola volta in ogni ciclo. Ciò comporta il fatto che se il
segnale in ingresso cambia stato durante l’esecuzione del ciclo, la variazione non
viene rilevata. Gli attuali PLC però, prevedono dei modi di funzionamento che
permettono di accedere direttamente, ed in qualsiasi momento, ai moduli di ingesso e
di uscita. Inoltre, i PLC, offrono la possibilità di gestire le interruzioni temporizzate
(per realizzare, per esempio, algoritmi di controllo numerico) o collegate allo stato di
uno dei segnali di ingresso.
Per caratterizzare la velocità di esecuzione dei programmi applicativi da parte
di un PLC, si definiscono i seguenti tempi: tempo di scansione e tempo di risposta.
Il primo rappresenta il tempo che intercorre tra due attivazioni successive della stessa
porzione del programma applicativo (comprende anche il tempo per l’aggiornamento
degli ingressi e delle uscite). Il tempo di risposta invece è il massimo intervallo di
tempo che intercorre tra la rilevazione di un evento e l’esecuzione dell’azione della
risposta programmata (comprende anche i ritardi introdotti dai moduli di
ingresso/uscita).
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Il sistema operativo è composto da un insieme di programmi di supervisione
memorizzati in una memoria permanente, e dedicati al controllo delle attività del
dispositivo, all’elaborazione dei programmi utente, alla comunicazione, alla
diagnostica interna e ad altre funzioni come, ad esempio, il controllo della presenza
della tensione di alimentazione o della tensione della batteria tampone. Di
conseguenza il sistema operativo potrà indicare degli indicatori di stato (memoria
OK, batteria OK, ecc…)
Il PLC può lavorare in diverse modalità operative necessarie per la fase di
programmazione, la fase di test del programma utente introdotto e quella di
esecuzione del programma stesso in cui sono prese in considerazione le variazioni
dello stato degli ingressi:
la modalità di programmazione, nella quale il codice sviluppato dall’utente viene
caricato nella memoria del PLC:
la modalità di validazione , nella quale i programmi utente vengono eseguiti, senza
che le uscite vengano aggiornate, per verificare la correttezza del codice sviluppato;
la modalità di esecuzione, nella quale i programmi utente vengono completamente
eseguiti, aggiornando conseguentemente ingressi ed uscite.
La memoria di un PLC è solitamente suddivisa in aree distinte come riportato
in figura 6.
Figura 6. Organizzazione tipica della memoria di un PLC
-
L’area del S.O., contiene i programmi del S.O. che devono essere
memorizzati permanentemente;
-
L’area di lavoro del S.O., è utilizzata per la memorizzazione dei dati
intermedi da parte dei programmi del S.O.;
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-
L’area ingressi/uscite, necessaria per la memorizzazione degli stati degli
ingressi e delle uscite;
-
L’area programmi utente, utilizzata per la memorizzazione dei programmi
utente;
-
L’area dati utente, indispensabile per la memorizzazione dei dati utilizzabili
dai programmi utenti.
Le aree di memoria RAM sono generalmente alimentate da una batteria tampone per
evitare la perdita di informazione nel caso venga a mancare la tensione di
alimentazione.
Riguardo ancora al modulo processore si vuole segnalare l’esistenza di moduli
particolari, detti di “sicurezza”, progettati per essere impiegati in applicazioni che
richiedono gradi di sicurezza molto elevati.
I moduli di ingresso/uscita
I moduli di ingresso e di uscita sono la parte del PLC che comunica con il processo
fisico; rilevano gli eventi o i dati provenienti dai sensori e comandano le azioni degli
attuatori ad essi collegati.
Da un punto di vista esclusivamente elettrico essi devono adattare i livelli di tensione
con cui opera il PLC, ai livelli di tensione del mondo esterno. Questo permette
generalmente di collegare direttamente al PLC i vari dispositivi presenti nel campo,
senza bisogno di ulteriori condizionamenti.
Gli ingressi digitali sono di solito protetti attraverso fotoaccoppiatori, per evitare che
eventuali sbalzi di tensione provenienti dall’esterno danneggino l’elettronica del
dispositivo. I moduli di ingresso digitali sono anche forniti di circuiti di filtraggio
contro il rumore e i rimbalzi.
Le uscite digitali sono invece protette da fusibili. Quelle in corrente continua sono
realizzate con dei transistor; quelle in corrente alternata con dei TRIAC o SCR;
mentre quelle (le più diffuse) in corrente alternata e continua, con dei relè.
I moduli di ingresso e di uscita analogici sono in grado di acquisire e di trasmettere i
segnali analogici. I moduli di ingresso, con degli appositi convertitori A/D,
convertono i segnali analogici in digitali, fino a renderli disponibili al PLC per le
successive elaborazioni. I moduli di uscita, al contrario, attraverso un convertitore
D/A, rendono disponibile sulle apposite uscite segnali analogici.
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Per la loro diffusione si segnalano anche i moduli di ingresso progettati per l’utilizzo
diretto con i sensori di temperatura.
Esistono inoltre una certa quantità di moduli che realizzano delle funzionalità
speciali. Tra di essi si segnalano:
i moduli PID per le regolazione Proporzionale-Integrale-Derivativa; i moduli servo
che realizzano direttamente ed in maniera autonoma, l’asservimento di motori di
diversi tipi; moduli encoder che semplificano l’interfacciamento con encoder assoluti
e incrementali; moduli interfaccia operatore, che semplificano l’interazione tra
l’uomo e la macchina; moduli per la connessione in rete; moduli I/O remoti; moduli
coprocessore ed altri.
Il modulo alimentatore
L’alimentatore fornisce l’alimentazione elettrica stabilizzata a tutti i moduli del
sistema PLC. Questo componente deve essere dimensionato in base alla potenza
assorbita dall’insieme dei vari moduli. Esso, inoltre, deve fornire la tensione di
alimentazione
costante
anche
in
presenza
di
microinterruzioni
o
abbassamenti/innalzamenti della fornitura elettrica.
Gli alimentatori hanno degli indicatori luminosi che mostrano il loro stato (attivo,
corto circuito, ecc…). Alcuni di essi possiedono delle funzioni che permettono la
comunicazione con il PLC; per esempio, quando la tensione di alimentazione scende
sotto certi valori, l’alimentatore può avvisare il PLC, che a sua volta, lancia dei
programmi per il salvataggio dello stato attuale del sistema e/o dei dati presenti in
memoria RAM.
L’armadio
E’ il contenitore in cui vengono alloggiati i vari moduli di cui abbiamo parlato
in precedenza.
L’armadio oltre ad essere il supporto meccanico dei vari moduli, ne assicura anche la
loro connessione dal punto di vista elettrico, che avviene secondo una architettura a
bus (insieme di collegamenti elettrici).
Il terminale di programmazione
Oggi si utilizzano veri e propri sistemi di sviluppo basati su personal computer
i quali facilitano molto la programmazione e la configurazione del PLC, che possono
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essere effettuati anche off-line. Sono connessi al PLC o direttamente o attraverso una
rete informatica. Sono inoltre previste funzioni per il monitoraggio dell’esecuzione
del programma in esecuzione, eseguibili anche durante il normale funzionamento del
dispositivo.
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PARTE TERZA
La programmazione dei PLC
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Linguaggi di programmazione
Tra i più diffusi linguaggi di programmazione adottati per tradurre gli algoritmi
di controllo dei processi industriali, si possono ricordare i seguenti linguaggi grafici:
-
diagramma sequenziale funzionale (Sequential Functional Chart – SFC);
-
linguaggio a contatti Ladder
Riguardo ai linguaggi testuali si sottolinea quello chiamato “lista delle istruzioni”.
Il Grafcet. (Sequential Functional Chart – SFC)
Il grafcet è un sistema grafico che permette la modellizzazione del processo
che si vuole comandare, controllare o automatizzare. Fu adottato nel 1988 dal
Comitato Elettrotecnico Internazionale, nello standard internazionale 848. Il Grafcet
costituiva una semplificazione delle Reti di Petri, uno strumento grafico più generale
per la rappresentazione e l’analisi dei sistemi ad eventi discreti.
A partire dalle specifiche richieste, che generalmente sono descritte in maniera
informale attraverso una descrizione verbale, con il diagramma grafcet è possibile
formulare una descrizione del comportamento dell’automatismo in modo rigoroso
eliminando eventuali conflitti, incoerenze, punti morti (deadlock), nell’ambito del
funzionamento.
Il grafcet si compone di due livelli ognuno dei quali ha lo scopo di descrivere
con diversa precisione il sistema di controllo che si vuole realizzare:
• il livello funzionale in cui sono descritte le operazioni da svolgere e gli eventi
che devono succedersi per risolvere il problema desiderato, senza tener conto
dell’aspetto tecnologico cioè di che tipo sono gli attuatori, i pulsanti o i
sensori da utilizzare;
• il livello operazionale in cui le operazioni e gli eventi sono descritti con
riferimento ai componenti fisici che si utilizzano (contattori, pulsanti, ecc..).
In un grafcet il funzionamento dell’automatismo è rappresentato graficamente
da un insieme di elementi quali, ad esempio, quelli indicati in figura 7.
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Figura 7. Passi, transizioni, archi orientati
-
PASSI a cui sono associate una o più azioni da compiere ogni volta che il
passo è attivo. Le azioni possono essere esterne (uscite – ordini emessi
verso la parte operativa es. attuatori) o interne (lancio di temporizzatori,
conteggi, ecc…);
-
TRANSIZIONI a cui sono associate delle condizioni che rappresentano le
informazioni provenienti dal processo e che permettono l’evoluzione del
sistema. Una transizione indica la possibilità di evoluzione tra un passo e il
successivo. Questa evoluzione si compie mediante il superamento della
transizione. Una transizione può essere abilitata o non abilitata; essa è
abilitata se i passi che la precedono (ad essa collegati) sono attivi. Se la
condizione logica associata alla transizione è verificata e se i passi ad essa
collegati sono attivi, allora la transizione può scattare e il sistema può
evolvere disabilitando il passo precedente e abilitando il passo successivo.
Figura 8. Stati (o passi) attivi e transizioni abilitate
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In altri termini, lo scatto di una transizione disabilita l’azione associata al
passo precedente e abilita l’azione associata al passo successivo.
Figura 9. Azioni associate agli stati (o passi)
Generalmente le condizioni sono le informazioni relative ai comandi da
parte dell’utente o informazioni che i vari sensori generano in relazione allo
stato del sistema;
-
ARCHI ORIENTATI indicano come i vari passi sono tra loro collegati fino
a formare l’intero sistema.
Le strutture classiche presenti nel grafcet sono:
•
Scelta: un passo è seguito da più transizioni, con condizioni di scelta
mutuamente esclusive, realizzate eventualmente imponendo priorità tra le
transizioni (figura 10.a).
•
Convergenza: più attività terminano nello stesso passo attraverso transizioni
diverse (figura 10.b).
Figura 10. a) Scelta, b) Convergenza
•
Parallelismo o concorrenza: una transizione è seguita da più fasi (figura 11.a).
•
Sincronizzazione: più passi precedono una stessa transizione, che viene
superata solo quando tutti i passi ad essa collegati sono attivi (figura 11.b).
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Figura 11. a) Parallelismo o concorrenza, b) Sincronizzazione
Linguaggio a contatti Ladder
Il linguaggio a contatti, meglio conosciuto con il nome inglese di Ladder
Diagram (la cui traduzione letterale è “diagramma a scala”, dalla forma cha assume il
programma) è quello maggiormente usato in campo internazionale per la
programmazione dei PLC. Si compone di una serie molto limitata di segni grafici e
risulta estremamente congeniale ai programmatori con conoscenza logica
elettromeccanica, perché richiama in un certo senso lo schema elettrico funzionale.
Figura 12. Esempio di schema ladder
Lo schema ladder strutturalmente è composto da due linee verticali e da linee
orizzontali sulle quali vengono disegnati gli elementi costituenti il sistema da gestire
(figura 12).
Si distinguono:
-
l’alimentazione (riga verticale sinistra), cui fanno capo tutti gli elementi di
input;
-
la massa comune (riga verticale destra che spesso viene omessa), cui fanno
capo tutte le variabili di uscita (output);
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-
la zona di test : in questa parte dello schema vengono disegnati i vari
contatti di input in serie o in parallelo, seguendo la logica di evoluzione del
processo:
-
la zona di output destinata alle variabili di uscita abilitate o meno dalla
zona precedente.
In una rete in linguaggio a contatti, il flusso di energia può andare sempre e solo da
sinistra verso destra, senza possibilità di inversione. Inoltre, l’esecuzione delle
istruzioni avviene dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra. Nell’esempio di
figura 12 il contatto n.c. sulla prima linea permette il passaggio del flusso di energia
che attiva l’uscita (bobina) collegata nella medesima linea. Nella terza linea invece si
può notare che il flusso di energia è interrotto da un contatto n.a. per cui non si avrà
l’attivazione dell’uscita connessa su quella linea.
Il successo dello schema a contatti (ladder)
Le ragioni sono da ricercarsi nel fatto che prima dell’avvento dei PLC i sistemi
di controllo o più in generale le automazioni erano realizzate in logica cablata il cui
progetto è formalizzato attraverso lo schema funzionale. La figura 13 mostra un
semplice comando per un relè monostabile K con pulsanti di set (SB1), reset (SB2) e
autoritenuta K, secondo gli schemi funzionale e a contatti. L’autoritenuta è quella
configurazione che permette ad un contattore di rimanere abilitato (attivo, eccitato),
pur in assenza di ulteriori impulsi di comando. Dalla figura 13 (c) si può notare che
una volta premuto, anche per un solo istante, il contatto SB1, il contattore K rimane
sempre attivo; questo è possibile perchè il suo contatto ausiliario K permette al flusso
di corrente di scorrere da un estremo dell’alimentazione (linea orizzontale alta) fino
al contattore K, che ha l’altro punto del circuito di comando collegato all’altro
estremo dell’alimentazione (linea orizzontale bassa).
Figura 13. Esempio di schema funzionale (a) e a contatti (b)
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Possiamo notare che lo schema a contatti è simile (almeno nei progetti più
semplici) allo schema funzionale con la particolarità di essere sviluppato in
orizzontale piuttosto che in verticale.
Lista istruzioni
E’ un linguaggio di tipo letterale denominato anche mnemonico, risulta molto
potente, non utilizza segni grafici ed è generalmente utilizzato da programmatori
esperti. Inoltre è un linguaggio di basso livello, di tipo assemblativo, composto da
sequenze di istruzioni, ognuna su una riga diversa.
Il set di istruzioni che contiene le abbreviazioni mnemoniche del linguaggio,
dipende dal PLC; solitamente i PLC permettono di tradurre in automatico un tipo di
linguaggio in un altro.
Comune a tutti i PLC è la riga di istruzioni così caratterizzata:
INDIRIZZO - ISTRUZIONE - OPERANDO
Dove:
-
indirizzo è la locazione della memoria utente;
-
istruzione è il comando per il PLC (cioè che cosa deve eseguire);
-
operando è la conseguenza del comando (cioè su quale elemento
hardware/software deve essere eseguito il comando stesso.
In pratica il PLC viene istruito riga per riga sull’operazione che deve compiere. Con
riferimento al PLC S7-200 della Siemens si fornisce un esempio (figura 14) di lista
di istruzioni:
Figura 14. Esempio di lista di istruzioni
Nelle esperienze condotte nel seguito il programma scritto in lista di istruzioni
non viene mostrato sia perché non è di immediata lettura come il ladder sia perché è
un linguaggio più complesso destinato all’uso da parte di programmatori esperti.
Passaggio da uno schema grafcet ad uno schema ladder
Il passaggio da uno schema grafcet ad uno schema ladder è per molti versi un
procedimento automatico. Naturalmente quando la struttura diviene complessa si
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dovranno valutare volta per volta le modifiche da fare in deroga alla normale
procedura di seguito riportata:
ogni stato viene attivato dallo stato precedente e dalla condizione indicata nella
transizione in ingresso; si autoritiene e viene disattivato dall’attivazione dello stato
successivo.
Per mostrare la procedura consideriamo l’esempio di figura 15.
Figura 15. Esempio
Lo stato zero è attivato dallo stato precedente (lo stato due) e dalla transizione
in ingresso (evento pressione pulsante di stop); si autoritiene con un contatto che
porta il suo nome (autoritenuta) e viene chiuso dallo stato successivo che è lo stato
uno; tutto questo si traduce in ladder nel modo seguente (figura 16):
Figura 16. Stato zero
Proseguendo a tradurre il grafcet di figura 15, si ha che lo stato uno è attivato
dallo stato precedente (lo stato zero) e dalla transizione in ingresso (evento
interruttore generale attivo); si autoritiene con un contatto che porta il suo nome
(autoritenuta) e viene chiuso dallo stato successivo che è lo stato due; tutto questo si
traduce in ladder nel seguente modo (figura 17):
Figura 17. Stato uno
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Per finire, lo stato due è attivato dallo stato precedente (lo stato uno) e dalla
transizione in ingresso (evento pressione pulsante start); si autoritiene con un
contatto che porta il suo nome (autoritenuta) e viene chiuso dallo stato successivo
che è lo stato zero; tutto questo si traduce in ladder nel seguente modo (figura 18):
Figura 18. Stato due
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PARTE QUARTA
Esempi di architetture di controllo
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Nelle esperienze che seguiranno si farà uso del PLC S7-200 della Siemens,
nella versione CPU 226 DC/DC/DC: alimentazione a 24 V dc, ingressi a 24 V dc e
uscite a 24 V dc.
La scelta di un PLC piuttosto che un altro, nulla toglie alla generalità degli
argomenti trattati. I PLC in commercio, infatti, offrono tutti le stesse funzioni di
base, differenziandosi però per le funzioni aggiuntive che variano da costruttore a
costruttore.
La serie S7-200 è una linea di controllori programmabili di dimensioni ridotte
in grado di controllare un’ampia varietà di applicazioni. La compattezza del design, i
costi contenuti e l’esteso set di istruzioni ne fanno una soluzione ottimale per le
piccole automazioni industriali. Per questo motivo può essere utilizzato con grande
vantaggio anche per le esperienze didattiche. Inoltre il tool di programmazione in
ambiente Windows garantisce la flessibilità necessaria per affrontare e risolvere i più
svariati problemi di automazione.
Alcune tra le principali caratteristiche del PLC sono riportate in appendice A e
fanno riferimento sostanzialmente ai dati riportati nel seguente testo di riferimento:
“Manuale di sistema – Sistema di automazione S7-200”
SIEMENS edizione 05/2003
numero di ordinazione 6EST298-8FA23-8EH0.
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Elementi della CPU 226 utilizzati nelle esperienze seguenti
Merker (memorie interne)
I merker sono delle memorie interne utilizzate come relè di controllo per
memorizzare lo stato intermedio di un’operazione o altre informazioni di controllo.
Figura 19. Esempio di utilizzo di un merker
Nella figura 19 si osserva che l’attivazione dell’ingresso I0.0 attiva il merker M0.0
(riga uno); il relativo contatto abilita l’uscita Q0.0 (riga 2). I merker non vengono
visualizzati all’esterno perché fisicamente rappresentano un’area della memoria
interna.
Temporizzatori
I temporizzatori sono elementi che permettono di far evolvere il sistema in
istanti di tempo ben precisi. La CPU 226 ne contiene 256 suddivisi in tre categorie:
temporizzatori di ritardo all’inserzione TON, temporizzatori con ritardo alla
disinserzione e temporizzatori con memoria. La figura 20 mostra un temporizzatore
T32 con ritardo all’inserzione impostato ad un valore pari a 10ms. Quando viene
premuto l’ingresso I0.0 si attiva il temporizzatore che inizia a contare il tempo fino a
quando non arriva al valore preimpostato; a questo punto il temporizzatore attiva un
contatto (utilizzabile in una qualsiasi parte del programma) che porta il suo stesso
nome che nell’esempio è utilizzato per attivar l’uscita Q0.0.
Figura 20. Esempio di utilizzo di un temporizzatore con ritardo all’inserzione
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Contatori
I contatori servono invece per contare degli eventi. La CPU ne contiene 256
che si dividono in: contatori in avanti, contatori indietro e contatori avanti/indietro.
Figura 21. Esempio di utilizzo di un contatore in avanti.
Nell’esempio della figura 21 il contatore C0 è impostato ad un valore di
conteggio uguale a 4 (PV = +4). Ogni volta che il contatto I0.0 è attivo C0
incrementa il suo valore attuale; arrivato a quattro attiva il suo contatto interno che
ha il suo stesso nome. In questo caso il contatto C0 è utilizzato per attivare l’uscita
Q0.0. Con I0.1 si pone il valore attuale uguale a zero (reset).
Ingressi
Gli ingressi del PLC S7-200 con CPU 226 sono sensibili a una tensione pari a
24 V DC.
Seguendo lo schema elettrico in figura 22 si vede che la chiusura di un
interruttore crea una caduta di potenziale pari a 24 V DC tra il punto M1 (massa dei
segnali di ingresso) e il relativo ingresso; si genera così una corrente che viene
utilizzata per mandare in conduzione il relativo MOS; questa condizione viene
interpretata dal PLC come ingresso attivo
Figura 22. Schema elettrico degli ingressi del PLC
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In generale i PLC in commercio possono accettare diverse tensioni in ingresso
sia continue che alternate.
Uscite
Nella CPU 226 anche le uscite sono a 24 V DC. Osservando la figura 23 si può
notare che quando viene attivata una uscita (mediante la conduzione del relativo
MOS), a seguito dell’elaborazione del programma utente caricato nella memoria del
PLC, ai capi dell’utilizzatore cade una tensione pari a 24 V DC.
Figura 23. Schema elettrico delle uscite del PLC
In generale i PLC in commercio possono avere diversi tipi di uscite; la più
comune è senz’altro l’uscita a relè (figura 24) che permette il collegamento diretto di
diversi attuatori con tensioni di alimentazione in alternata o in continua.
Figura 24. Schema elettrico delle uscite a relè di un PLC
Modo di procedere comune a tutte le esperienze condotte
In primo luogo, vengono descritte le esperienze facendo riferimento in
particolare al funzionamento desiderato (specifiche del problema) e alla descrizione
dei componenti utilizzati.
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Viene quindi prodotto uno schema elettrico in cui sono visibili tutti i
collegamenti elettrici necessari allo scopo e viene sviluppato il programma da
inserire nella memoria del PLC necessario allo scopo.
Ciò detto, il tutto si traduce nella stesura di una serie di tavole di lavoro che
vengono commentate in dettaglio e che sono la base di partenza per realizzare in
pratica le varie esperienze.
La realizzazione pratica è stata effettuata presso il laboratorio “Sistemi 5” della
specializzazione di Elettrotecnica ed automazione dell’I.T.I.S. “V.Volterra” di
Torrette di Ancona.
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Esperienza n° 1
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Descrizione
Il primo problema rappresenta un sistema a catena aperta in cui un operatore
comanda l’azionamento di un motore asincrono trifase scegliendone il senso di
rotazione orario od antiorario.
Per ottenere l’inversione del senso di rotazione di un motore asincrono trifase è
sufficiente invertire due delle tre fasi di alimentazione.
La documentazione di riferimento è composta da tre tavole che sono di seguito
commentate.
Funzionamento:
Il pulsante “orario” nell'ingresso I0.0 consente di avviare il motore in senso
orario, il pulsante “antiorario” nell'ingresso I0.1 consente di avviarlo in senso
antiorario. Il pulsante STOP nell'ingresso I0.2 ferma la rotazione del motore.
Il senso di rotazione può essere invertito solo dopo che è stato premuto il
pulsante STOP e dopo che siano trascorsi 5 sec. Ciò consente al motore di frenare e
riavviarsi nella direzione opposta.
Se vengono attivati contemporaneamente entrambi i pulsanti I0.0 e I0., il
motore si arresta senza riavviarsi.
Tavola N°1
La prima tavola mostra i collegamenti di potenza che sono necessari allo
scopo. L’alimentazione trifase viene portata al motore attraverso i contatti di potenza
dei due contattori Ko oppure Ka (il contattore è un apparecchio usato per chiudere o
aprire un circuito mediante un comando elettromagnetico, meccanico o pneumatico;
il suo nome commerciale è teleruttore);
Figura 25. Contattore: contatti di potenza e circuito di comando
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attivando il contattore Ko con un impulso sul circuito di comando, il motore inizia a
ruotare in senso orario, mentre attivando Ka si ottiene l’inversione di due delle tre
fasi dell’ alimentazione per cui la rotazione diviene antioraria. Disattivando entrambi
si toglie l’alimentazione al motore facendolo fermare.
Sempre nella prima tavola si possono vedere anche i componenti in ingresso e in
uscita al PLC. I primi (quelli in ingresso – figura 26) sono naturalmente i pulsanti (o
a seconda dei casi i sensori) di cui l’operatore si serve per selezionare il
funzionamento desiderato;
Figura 26. Sezione degli ingressi
i secondi (quelli in uscita - 27) sono i collegamenti che permettono di attivare o
disattivare gli attautori che agiscono fisicamente sul processo secondo un sequenza
che dipende dal programma utente in esecuzione nel PLC (nel nostro caso sono i
contattori Ko e Ka).
Figura 27. Sezione delle uscite
Tavola n°2
In questa tavola si possono vedere gli schemi dei due livelli grafcet.
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Il primo stato ad essere abilitato al momento dell’accensione dell’alimentazione del
PLC, è lo zero dove non viene eseguita nessuna operazione (wait); in questo modo
sono abilitate le due transizioni t1 e t2 che sono mutamente esclusive, infatti il
motore può girare in un verso o nell’altro ma mai contemporaneamente nei due versi;
premendo il solo pulsante “antiorario” (evento associato alla transizione t1) si abilita
lo stato uno in cui si genera l’impulso in uscita dal PLC per attivare il contattore Ko;
premendo invece il solo pulsante “orario” (evento associato alla transizione t2) si
abilita lo stato due in cui si genera l’impulso in uscita dal PLC per attivare il
contattore Ka. In entrambi i casi si ha che il motore si porta in rotazione.
Dopo aver raggiunto indifferentemente lo stato uno o lo stato due, si ha che una delle
due transizioni t3 e t4 sono abilitate, per cui premendo il pulsante di “stop” (evento
associato sia alla transizione t3 sia alla transizione t4) si disattiva uno degli stati
precedenti (uno o due) in modo che il motore si fermi, e si attiva lo stato tre che
provvede ad abilitare il temporizzatore T37 a contare il tempo pari a 5 sec. La
transizione t5 è abilitata e potrà scattare solo quando si verifica l’evento ad essa
associato è cioè dopo che il temporizzatore avrà contato per un tempo pari a 5 sec.
Con lo scatto della transizione t5 si abilita di nuovo lo stato zero e il procedimento
può essere ripetuto un’altra volta.
Tavola n° 3
Nella tavola 3 è presente anche la tabella di assegnazione degli elementi in cui
sono riportati:
-
i nomi dei pulsanti con il relativo ingresso al PLC (in altre parole si indica
il quale ingresso del PLC il pulsante è collegato), es:
il pulsante orario è collegato fisicamente all’ingresso I0.0;
-
i nomi degli attuatori con la relativa uscita, es:
il contattore Ko è collegato all’uscita Q0.1 del PLC;
-
tutti gli altri elementi che sono stati utilizzati per la stesura del programma:
memorie interne (merker), temporizzatori, e quant’altro utilizzato.Ciascun
PLC possiede un numero di identificazione dei propri elementi hardware e
software, descritto nel manuale d’uso; è necessario abbinare tale
numerazione agli
elementi
funzionali
individuati
per il
corretto
funzionamento del sistema di controllo (pulsanti, sensori, ecc…).
L’assegnazione
comprende
anche
elementi
non
hardware
temporizzatori, contatori, memorie interne, shift register, ecc…).
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quali:
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La tabella è estremamente utile al programmatore per avere sempre riferimenti
software congruenti con le impostazioni hardware.
Tavola n° 4
L’ultima tavola riporta lo schema a contatti (ladder) relativo al diagramma
grafcet riportato nella tavola 2.
Le righe 1,2 e 3 rappresentano i passi del programma necessari all’abilitazione
del primo stato (stato zero): come si può vedere al momento dell’accensione del PLC
viene abilitato lo stato zero (e solo quello) perché il merker (memoria interna o
contatto interno) M10.0 è normalmente chiuso e permette il passaggio del flusso di
corrente che abilita il merker M0.0. Si noti che i merker possono essere associati sia
ai contatti sia alle bobine (uscite interne che non vengono riportate sulle uscite
fisiche del PLC). A questo punto si ha la chiusura del contatto M0.0 della prima riga
che abilita la bobina M10.0; questa si autoritiene (riga2) e nello stesso tempo apre il
contatto M10.0 che da chiuso diventa aperto. La particolarità di questo modo di
inizializzare lo stato zero (che non è l’unico), è che la procedura fin qui descritta
verrà eseguita una ed una sola volta in tutto il corso dell’elaborazione del
programma. Le righe 1,2 e 3 dopo la prima esecuzione non influiscono più
sull’evoluzione del programma.
Le righe da 4 a 14 sono il corpo del programma ottenuto applicando le regole
definite nel paragrafo relativo alla traduzione dallo schema grafcet allo schema a
contatti indicate a pag. 14. Gli stati da zero a tre sono rappresentati dalle bobine
interne (merker), rispettivamente da M0.0 a M0.3.
La riga 13 mostra il temporizzatore di tipo TON (ritardato all’inserzione).
Dalle caratteristiche relative ai temporizzatori, che non sono state inserite nel
presente lavoro ma possono essere trovate sul manuale del PLC, si evince che il T37
ha una risoluzione di 100 ms; per cui impostando il temporizzatore a 50 si ottiene un
ritardo di 5 sec, infatti
50 × 100ms = 5 sec
(1.1).
Le righe 15 e 16 formano la sezione delle uscite. In questa parte del
programma si effettua l’associazione tra gli stati del grafcet e le uscite fisiche del
PLC. Gli stati in cui si effettuano delle azioni sono chiaramente gli stati uno e due, e
sono rappresentati come abbiamo detto dalle bobine interne M0.1 e M0.2. La riga 15
associa a M0.1 l’uscita fisica Q0.0, infatti quando il programma si trova nello stato
uno (M0.1) il PLC deve dare l’impulso di comando al contattore Ka che permette la
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rotazione del motore in senso antiorario. La riga 16 invece, associa a M0.2 l’uscita
fisica del PLC Q0.1, infatti quando il programma si trova nello stato due (M0.2) il
PLC deve dare l’impulso di comando al contattore Ko per la rotazione oraria del
motore.
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Esperienza n° 2
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Descrizione
In questa seconda esperienza realizzeremo un automatismo per la frenatura di
un motore asincrono trifase, che può essere rappresentato con un sistema a catena
chiusa per il controllo di velocità o per meglio dire, di quel particolare valore di
velocità che è lo zero giri/min.
Tipi di frenatura: frenatura in controcorrente e frenatura in corrente continua
La frenatura contro corrente consiste nell’invertire repentinamente due fasi
d’alimentazione del motore fino all’istante in cui il motore è a 0 giri.
Il sistema per rilevare che il motore è a 0 giri è dato da un dispositivo calettato
meccanicamente
sull’albero motore.
Il dispositivo chiamato comunemente
“dispositivo di frenatura alnico” dal nome del materiale magnetico da cui è costituito,
contiene due contatti elettrici espandibili in concomitanza del senso di rotazione.
Con opportuni collegamenti elettrici dei contatti è possibile interrompere
l’alimentazione al motore quando è a 0 giri, evitando così che s’inverta il senso di
rotazione.
Con questo sistema si ottiene una frenatura rapida ma violenta con notevoli
sollecitazioni meccaniche del motore.
La frenatura in corrente continua consiste nell’inviare una corrente continua da
60-80V in due dei tre avvolgimenti del motore, dopo averne staccato l’alimentazione
di potenza.
La corrente continua deve avere un valore non superiore a 3-4 volte la corrente
nominale di lavoro.
Essa è ottenuta tramite un raddrizzatore monofase a onda intera.
Il sistema di frenatura che adotteremo è quello in corrente continua perchè
permette una frenatura più dolce e controllata.
Funzionamento: il pulsante “marcia” nell'ingresso I0.0 consente di avviare il
motore, il pulsante “arresto” nell'ingresso I0.1 consente di fermare il motore senza
far intervenire la frenatura, mentre il pulsante di “frenatura” nell'ingresso I0.2 frena il
motore fino a quando non si ferma.
Il contatto del sensore (relè alnico) all’ingresso I0.3 permette di stabilire
quando il motore è arrivato a zero giri/min (fermo) in modo tale da interrompere il
flusso di corrente continua negli avvolgimenti del motore.
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Tavola n° 1
In questa prima tavola si vedono i collegamenti di potenza al motore e i
collegamenti dei vari dispositivi al PLC.
La prima cosa da notare è che la tensione continua necessaria per la frenatura
del motore è ottenuta grazie ad un trasformatore monofase (primario = 380 V,
secondario = 60 V) seguita da un ponte raddrizzatore a diodi; questa tensione
continua potrà essere inserita su due fasi del motore attivando il contattore Kf.
Il motore asincrono trifase è alimentato invece, da una tensione trifase a 380 V
attraverso il contattore Km.
Calettato sull’albero motore c’è il sensore di zero giri/min chiamato relè alnico.
Questo dispositivo rende disponibile un contatto che è aperto quando il motore è
fermo (figura 28.b) mentre è chiuso quando il motore è in rotazione (figura 28.a).
Figura 28. Contatti del relè alnico
Tavola n° 2
Partendo dallo stato zero che è abilitato all’atto dell’accensione del PLC, risulta
attiva la prima transizione t1, che scatta quando si verifica l’evento ad essa associato
cioè la pressione del pulsante “marcia” da parte di un operatore/addetto. Dopo lo
scatto della t1 il sistema giunge nello stato uno in cui è abilitata l’uscita Q0.1 e di
conseguenza è attivo il contattore Km per cui il motore entra in rotazione. A questo
punto risultano abilitate le due transizioni t2 e t3:
•
se l’operatore decide di inserire la frenatura preme il pulsante “frenatura”
(evento associato alla transizione t2) in modo tale da far passare il sistema nel
nuovo stato due in cui si attiva l‘uscita Q0.0 alla quale è collegato il
contattore Kf che permette l’inserimento della tensione continua per la
frenatura. Ora la transizione abilitata è la t4 alla quale è associato l’evento
apertura del contatto del sensore di zero giri/min (relè alnico) che non appena
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si verifica riporta il sistema nello stato iniziale (lo stato zero) in cui il motore
non è più in rotazione;
•
se l’operatore decide invece di fermare il motore senza far intervenire la
procedura di frenatura, allora preme il pulsante “arresto” (evento associato
alla transizione t3) portando il sistema nel nuovo stato tre: questo stato è
inserito unicamente per risolvere un problema di traduzione dal grafcet al
ladder che non vale la pena di prendere in considerazione in questa sede. Ma
dallo stato tre si passa subito allo stato iniziale (stato zero) in quanto la
transizione t5 è sempre verificata (nello schema questo fatto è indicato con il
simbolo “= 1”). Il motore risulta non più in rotazione e l’operatore, se vuole
può ripetere nuovamente tutte le operazioni viste fin ora.
Tavola n° 3
Nella tavola 3 è presente la tabella di assegnazione degli elementi in cui sono
riportati:
-
i nomi dei pulsanti e del sensore (relè alnico) con il relativo ingresso al PLC
(in altre parole si indica il quale ingresso del PLC il pulsante è collegato),
es:
il pulsante “marcia” è collegato fisicamente all’ingresso I0.0;
-
i nomi degli attuatori con la relativa uscita, es:
il contattore Kf è collegato all’uscita Q0.0 del PLC;
-
tutti gli altri elementi che sono stati utilizzati per la stesura del programma:
memorie interne (merker), temporizzatori, e quant’altro utilizzato.
Tavola n°4
Nella quarta tavola è disegnato il diagramma ladder relativo al diagramma
grafcet riportato nella tavola 2 pronto per essere inserito nella memoria del PLC.
Come per la precedente esperienza le righe 1,2 e 3 rappresentano i passi del
programma necessari all’abilitazione del primo stato (stato zero): come si può vedere
al momento dell’accensione del PLC viene abilitato lo stato zero (e solo quello)
perché il merker (memoria interna o contatto interno) M10.0 è normalmente chiuso e
permette il passaggio del flusso di corrente che abilita il merker M0.0. Si noti che i
merker possono essere associati sia ai contatti sia alle bobine (uscite interne che non
vengono riportate sulle uscite fisiche del PLC). A questo punto si ha la chiusura del
contatto M0.0 della prima riga che abilita la bobina M10.0; questa si autoritiene
(riga2) e nello stesso tempo apre il contatto M10.0 che da chiuso diventa aperto. La
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particolarità di questo modo di inizializzare lo stato zero (che non è l’unico), è che la
procedura fin qui descritta verrà eseguita una ed una sola volta in tutto il corso
dell’elaborazione del programma. Le righe 1,2 e 3 dopo la prima esecuzione non
producono più alcun effetto durante l’evoluzione del programma.
Le righe da 4 a 13 sono il corpo del programma ottenuto applicando le regole
definite nel paragrafo relativo alla traduzione dallo schema grafcet allo schema a
contatti indicate a pag. 14. Gli stati da zero a tre sono rappresentati dalle bobine
interne (merker), rispettivamente da M0.0 a M0.3.
Le righe 14 e 15 formano la sezione delle uscite. In questa parte del
programma si effettua l’associazione tra gli stati del grafcet e le uscite fisiche del
PLC. Gli stati in cui si effettuano delle azioni sono chiaramente gli stati uno e due, e
sono rappresentati come abbiamo detto dalle bobine interne M0.1 e M0.2. La riga 14
associa a M0.1 l’uscita fisica Q0.1, infatti quando il programma si trova nello stato
uno (M0.1) il PLC deve dare l’impulso di comando al contattore Km che permette la
rotazione del motore . La riga 15 invece, associa a M0.2 l’uscita fisica del PLC Q0.0,
infatti quando il programma si trova nello stato 2 (M0.2) il PLC deve dare l’impulso
di comando al contattore Kf per iniziare la procedura di frenatura in contro corrente.
I due contatti normalmente chiusi M0.1 e M0.2 presenti in queste due ultime righe di
codice del programma, servono unicamente per evitare che le due uscite vengano
attivate contemporaneamente (mutuamente esclusive).
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Esperienza n° 3
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Descrizione
Con la terza esperienza realizzeremo un sistema di controllo di posizione per
un motore passo-passo. Il sistema è un esempio si sistema a catena chiusa in quanto
il PLC comanda un motore passo-passo affichè esso ruoti per un certo numero di giri
e un encoder (incrementale) restituisce, sotto forma di impulsi, la posizione effettiva
raggiunta dal motore. Se il confronto tra queste due informazioni dà esito positivo,
allora il sistema evolve regolarmente, altrimenti è necessario intraprendere delle
azioni atte a ricondurre il sistema verso il funzionamento desiderato.
Data la valenza didattica di questa esperienza supporremo che il confronto dia
sempre esito favorevole in modo tale da non dover intraprendere nessuna azione
correttiva che porterebbe ad una notevole complicazione sia hardware che software
della prova di laboratorio in esame; un semplice modo di risolvere il problema di
posizionamento, è quello di ridurre la velocità di lavoro.
Funzionamento: con la pressione del pulsante “start” (ingresso I0.2) si dà inizio
ad un ciclo di lavorazione. Il controllore impone al motore la seguente sequenza di
lavoro (peraltro arbitraria):
1. movimento orario di 72° dell’albero del motore passo-passo (corrispondente
a 12 impulsi generati dall’encoder - 12 x 6°);
2. movimento
antiorario
di
144° dell’albero
del
motore
passo-passo
(corrispondente a 24 impulsi generati dall’encoder - 24 x 6°);
3. movimento orario di 72° dell’albero del motore passo-passo (corrispondente
a 12 impulsi generati dall’encoder - 12 x 6°).
Dopo aver completato la sequenza di lavoro il motore si riporta nella posizione
iniziale.
Nella descrizione della sequenza di lavoro abbiamo implicitamente supposto
che ad un passo angolare del motore passo-passo corrisponda un impulso generato
dall’encoder (i due dispositivi hanno la stessa risoluzione). In realtà il motore
utilizzato ha un passo angolare di 7,5° mentre l’encoder fornisce un impulso ogni 6°.
Per tale motivo lo spostamento effettivo dell’albero motore sarà di 75° durante la
prima fase, a150° durante la seconda e di 75° durante la terza; alla fine del ciclo si
ritorna comunque alla posizione iniziale (vedere figura 29).
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Figura 29. Corrispondenza movimento motore/encoder
Come possiamo notare osservando la parte evidenziata in giallo della figura 29,
i dodici impulsi generati dall’encoder fanno supporre che il motore sia fermo nella
posizione di 72°; in realtà, il motore potendosi muovere solo di 7,5° alla volta,
oltrepassa tale posizione fermandosi in quella corrispondente a 75°.
Questo inconveniente si sarebbe potuto evitare se avessimo avuto a
disposizione un encoder e un motore passo-passo con la stessa risoluzione.
Breve descrizione dei componenti utilizzati
Per raggiungere lo scopo si utilizza un encoder che viene collegato al motore
passo-passo per mezzo di una cinghia.
Figura 30. Collegamento del motore passo-passo all’encoder
Il motore passo-passo
I motori passo-passo sono dispositivi elettromeccanici nei quali il movimento
avviene in modo discontinuo e possono essere considerati come la versione digitale
dei motori in cc. Infatti essi trasformano una sequenza di impulsi in uno spostamento
angolare prefissato detto passo (step) con una cadenza imposta dal circuito di
comando.
Figura 31. Motore passo-passo
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Encoder
Gli encoder sono dei dispositivi elettromeccanici che convertono una posizione
angolare o lineare in un treno di impulsi (encoder incrementali) o in una parola
codificata di n bit (encoder assoluti). Essi trovano largo impiego in campo
industriale; infatti la necessità di valutare la posizione angolare di un qualsiasi
dispositivo è di fatto parte integrante delle macchine a controllo numerico, dei
plotter, dei dispositivi, del controllo di posizione delle antenne radar e tante altre
applicazioni. Possono anche essere impiegati come trasduttori di velocità sfruttando
il fatto che la velocità risulta espressa dal rapporto tra lo spostamento ed il tempo
impiegato per effettuare tale spostamento.
Figura 32. Principio di funzionamento di un encoder
Le caratteristiche complete dell’encoder utilizzato sono riportate in appendice B,
mentre per ora ci interessa sapere che il dispositivo fornisce 60 impulsi ogni giro
ovvero un impulso ogni 6 gradi di spostamento.
Circuito di potenza L297-L298
Il circuito di potenza è composto dai due integrati L297 e L298 ed è progettato
per il pilotaggio di motori passo-passo. Il circuito genera le fasi necessarie per far
muovere di un passo alla volta il motorino ad esso collegato; inoltre prevede alcuni
ingressi dedicati quali:
-
clock, in cui si deve inserire un segnale ad onda quadra di frequenza
variabile in funzione della velocità di rotazione del motore passo-passo
desiderata;
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-
orario/antiorario, per selezionare il senso di rotazione. Quando è presente
una tensione di 0 V su questo ingresso il motore ruota in senso orario,
mentre se è presente una tensione di 5 V il motore gira in senso antiorario;
-
marcia/arresto, per mettere in movimento il motore o per fermarlo. Quando
è presente una tensione di 0 V su questo ingresso il motore si ferma, mentre
se è presente una tensione di 5 V il motore si mette in rotazione.
Funzione speciale del PLC S7-200 : PTO (Pulse Train Output)
Questa funzione, caratteristica del PLC S7-200, è utilizzata per generare il
clock necessario alla scheda di potenza L29-L298. La frequenza del clock può essere
variata a piacimento imponendo così diverse velocità di avanzamento del motore.
La funzione PTO fornisce in uscita un treno di impulsi o per meglio dire
un’onda quadra con un duty cycle del 50%, per un dato numero di cicli e per un dato
tempo di ciclo (vedere la figura 33).
Figura 33. Uscita di treni di impulsi
Nella figura 34 è possibile vedere un treno di impulsi disponibile all’uscita
Q0.0 che ha un tempo di ciclo pari a 1000ms e viene ripetuto per 4 volte.
Figura 34. Esempio di utilizzo della funzione PTO
La funzione PTO ha diversi registri di controllo. Tre di questi sono
fondamentali per il suo funzionamento:
registro SMB67 destinato a contenere il byte di configurazione della funzione
PTO. Nel nostro caso è inserito il valore esadecimale 8D, ottenendo cosi il
funzionamento descritto dalla tabella seguente (figura 35).
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Figura 35. Byte di controllo della funzione PTO
In sostanza la tabella indica che devono essere caricati il numero degli
impulsi o cicli e il tempo di ciclo espresso in ms, prima di richiamare la
funzione PTO attraverso la chiamata PLS.
registro SMW68 nel quale deve essere caricato il valore del tempo di ciclo
PTO (1000, nel nostro caso).
registro SMD72 nel quale deve essere caricato il numero di cicli o impulsi
desiderato (10, nel nostro caso).
Tutta la fase di inizializzazione della funzione PTO è descritta in dettaglio nella
tavola n°5 all’interno del sottoprogramma SBR_0. Da notare il blocco PLS che serve
a richiamare la funzione attivandola sull’uscita desiderata (Q0.0).
Tavola n° 1
Come sempre lo schema elettrico fornisce una visione completa di come è
composto il sistema e quali siano i componenti utilizzati per la sua realizzazione.
Abbiamo già detto nella sezione dedicata alla “Breve descrizione dei
componenti utilizzati” , che il motore è collegato ad un encoder il quale fornisce un
impulso ogni 6° di spostamento. Il treno di impulsi arriva all’ingresso I0.0 del PLC
che provvede a contarli attraverso vari contatori (vedere programma). Il
collegamento tra l’encoder e il PLC non è però diretto in quanto il primo fornisce un
treno di impulsi di ampiezza uguale a 5 V mentre il PLC accetta in ingresso
solamente tensioni a 24 V. Per tale motivo il segnale proveniente dall’encoder viene
adattato alla tensione di 24 V attraverso il circuito T2 – R3- R4.
Per lo stesso motivo il segnale di clock di ampiezza pari a 24 V generato dal
PLC e disponibile all’uscita Q0.0, deve essere adattato ad una tensione pari a 5 V in
quanto la scheda di potenza accetta in ingresso un segnale di tale ampiezza. Il
circuito dedicato allo scopo è allora quello composto da T1 – R1 – R2.
Anche i due segnali disponibili alle uscite Q0.2 e Q0.3 (relativi alle funzioni di
marcia/arresto e senso di marcia orario/antiorario) devono essere adattati alla
tensione di 5 V. In questo caso vengono utilizzati i relè al posto del circuito con il
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transistor semplicemente perché questi componenti erano già collegati al PLC in
seguito ad un loro utilizzo in una prova di laboratorio precedente.
Il pulsante “start” collegato all’ingresso I0.2 è utilizzato per dare il via alla
sequenza di movimenti del motore e inoltre per inizializzare i contatori (vedere
programma).
Tavola n° 2
Partendo dallo stato iniziale zero (abilitato come di consueto al momento di
alimentare il PLC – vedere esperienze precedenti) il PLC provvede a generare il
segnale di clock che da questo punto in avanti è sempre disponibile all’uscita Q0.0
(la procedura per generare il segnale di clock è descritta in dettaglio nella sezione
relativa alle tavole 3 - 4 - 5).
La transizione t1 risulta abilitata e il verificarsi dell’evento ad essa associato
(pressione del pulsante “start”) fa passare il sistema dallo stato zero allo stato uno in
cui devono essere eseguite diverse azioni: 1) il motore deve essere portato in
rotazione per cui il relè 1 deve essere eccitato attraverso l’attivazione dell’uscita
Q0.2 - nota: si è scelto di far rimanere attiva per tutta la sequenza di lavoro questa
uscita per indicare che comunque sia il motore, una volta iniziata la sequenza
assegnata la porta a termine senza arrestarsi mai -; 2) viene scelto il senso di
rotazione orario diseccitando il relè 2 attraverso l’uscita Q0.3 che viene disabilitata;
3) si contano gli impulsi (contatore C0) provenienti dall’encoder che indicano la
posizione del motore come richiesto dalla prima parte della sequenza di lavoro.
La transizione t2 è abilitata allo scatto, che avviene quando il contatore C0 ha
contato 12 impulsi. A questo punto il sistema passa dallo stato uno allo stato due
dove viene selezionato il senso di rotazione antiorario eccitando il relè 2 attraverso
l’abilitazione dell’uscita del PLC Q0.3; inoltre in questo stato vengono contati dal
contatore C1 i 24 impulsi richiesti dalla seconda parte della sequenza di lavoro.
La transizione t3 è abilitata allo scatto che avviene quando il contatore C1 ha
contato 24 impulsi. Il sistema passa dallo stato due allo stato tre, viene selezionato il
senso di rotazione orario diseccitando il relè 2 attraverso la
disabilitazione
dell’uscita Q0.3, vengono contati i 12 impulsi richiesti dalla terza parte della
sequenza di lavoro (contatore C2).
La transizione t4 è abilitata e scatta quando il contatore C2 ha contato i 12
impulsi. Dopodiché il sistema ritorna nello stato iniziale ed è pronto per ricominciare
un nuovo ciclo della sequenza desiderata.
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Tavole 3 – 4 – 5
In questa esperienza il programma è stato diviso in tre sezioni: MAIN, SBR_0 e
INT_0.
MAIN: è la sezione del programma principale. La prima riga di codice richiama,
durante il primo ciclo di esecuzione attraverso il bit speciale SM0.1, il
sottoprogramma SBR_0 in cui riportato il codice per inizializzare e richiamare la
funzione PTO (Pulse Train Output) per generare il segnale di clock.
Le righe dalla 4 alla 6 servono per l’inizializzazione dello stato zero, come
ampiamente descritto nelle esperienze precedenti.
Dalla riga 7 alla 14 ci sono le righe di codice che scaturiscono dall’applicazione delle
regole di traduzione dal grafcet al ladder descritte nella relativa sezione a pag. 14.
Dalla riga 15 alla 26 invece si osserva il codice relativo all’abilitazione dei contatori
C0 – C1 – C2. Commentiamo solo le righe dalla 15 alla 18 relative al contatore C1 in
quanto per gli altri contatori la procedura è perfettamente identica. Innanzi tutto il
contatore viene resettato al momento della pressione del tasto “start” (I0.2),
dopodiché vengono contati gli impulsi provenienti dall’ingresso I0.0, a patto però
che lo stato del sistema si trovi in una situazione congruente e cioè si abbia M0.1
attivo ovvero il sistema si trovi nello stato uno; raggiunto il valore di impostazione
(PV) uguale a 12 il contatore C0 chiude il suo contatto interno che a sua volta abilita
la bobina interna M10.2 utilizzata per resettare il contatore a conteggio ultimato.
La sezione delle uscite riguarda le ultime righe 27 a 30. Le righe 27,28 e 29 in
particolare, mostrano che l’uscita Q0.2 è sempre (infatti si è già detto che il motore
deve essere sempre in moto durante le tre fasi di lavorazione richieste). L’uscita Q0.3
presente alla riga 30 viene semplicemente abilitata quando è attivo lo stato due e cioè
è richiesto il senso di rotazione antiorario.
SBR-0: questa è la sezione in cui viene inizializzata e richiamate la funzione PTO
che genera un clock disponibile sull’uscita Q0.0.
Quando
il
sottoprogramma
SBR_0
viene
richiamato
vengono
attivati
immediatamente diversi componenti; questo avviene semplicemente perché il bit
speciale SM0.0, in serie a tutti gli altri componenti, è un bit sempre attivo
(caratteristico del PLC S7-200).
Riga 01: imposta il byte di controllo SMB67 con il dato esadecimale 8D (vedi la
descrizione della funzione PTO nelle sezione relativa ad una “breve descrizione dei
componenti utilizzati” nelle pagine precedenti);
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Riga 03: viene scritto il dato 1000 nel registro di controllo SMW68 per impostare il
tempo di ciclo a 1000ms (questo fa si che il motore compia una rotazione di un passo
ogni secondo);
Riga 04: viene scritto nel registro di controllo SMD72 il dato 10 per indicare il
numero di cicli desiderato;
Riga 07: questo componente associa all’evento 19 (l’evento è verificato ogni volta
che il numero di cicli effettuati dalla funzione PTO è uguale a quelli impostati – nel
nostro caso 10); allora ogni 10 cicli viene richiamato in automatico il
sottoprogramma INT_0;
Riga 09: abilita tutte le interruzioni;
Riga 10: richiama la funzione PTO attivandola sull’uscita Q0.0 (la stessa funzione
potrebbe essere attivabile anche sull’uscita Q0.1).
INT-0: questo sottoprogramma non è strettamente necessario, ma è stato inserito per
indicare che ogni qualvolta viene richiamato è possibile variare il tempo di ciclo in
modo tale da avere un segnale di clock di frequenza variabile (ad indicare che il
motore si può muovere con diverse velocità). Nel nostro esempio il tempo di ciclo
rimane invariato per cui non si ha una variazione di velocità.
Tavola n° 6
Tabella assegnamenti degli elementi.
Calcolo dei valori delle resistenze dei circuiti adattatori di tensione
Il problema di adattare i livelli di tensione nasce dal fatto che il PLC S7-200
CPU 226 accetta in ingresso e fornisce in uscita segnali proprio a 24V DC, mentre il
resto dei circuiti funzionano con livelli di segnale di 5V DC.
Il problema è stato risolto utilizzando i due circuiti riportati in figura 36
realizzati con interruttori a transistor, sfruttando le due zone di interdizione e di
saturazione caratteristiche di questo componente.
Figura 36. Circuiti per adattare i livelli di tensione
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Per entrambi i circuiti sono stati utilizzati transistor BC107 che hanno la corrente di
collettore e la corrente di base di saturazione indicati di seguito:
I C = 100mA , I Bsat = 5mA , VBE ≅ 0,7V
Per quanto riguarda il circuito “a” di figura 36 conoscendo la corrente di base
di saturazione possiamo calcolarci la resistenza di base R1:
R1 =
VCC − VBE 24 − 0,7
=
≅ 5 KΩ
I Bsat
5 ⋅ 10 −3
(3.1)
mentre la resistenza di collettore R2 dovrà essere di
R2 =
VCC
5
=
= 50Ω
IC
100 ⋅ 10 −3
(3.2)
Per quanto riguarda il circuito “b” di figura 36 conoscendo la corrente di base
di saturazione possiamo calcolarci la resistenza di base R3:
R3 =
VCC − V BE 5 − 0,7
=
≅ 1KΩ
I Bsat
5 ⋅ 10 −3
(3.3)
mentre la resistenza di collettore R4 dovrà essere di
R4 =
VCC
24
=
= 240Ω
IC
100 ⋅ 10 −3
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(3.4)
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Esperienza n° 4 – Proposta di lavoro
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Descrizione generale del sistema
Si vuole realizzare il controllo di velocità di un motore monofase (ad es. di un
trapano elettrico) utilizzando la funzione speciale di regolazione proporzionale e
integrativa (PI) del PLC S7-200 CPU 226 della SIEMENS.
Questa esperienza è stata sviluppata solo dal punto di vista progettuale, e
rimane pertanto una proposta di lavoro che sarà possibile realizzare in un secondo
momento.
La parte realizzativa
e il collaudo non sono stati eseguiti a causa della
mancanza dell’interfaccia analogica EM 235 necessaria allo scopo.
Questa esperienza/proposta di lavoro è stata inserita per mostrare le effettive
potenzialità di un PLC nel controllo di processi industriali. In tale ambito capita
spesso di non riuscire a determinare esattamente il modello matematico del sistema
di controllo e quindi l’espressione della relativa funzione di trasferimento. Pertanto i
metodi per la sintesi del regolatore (guadagno e rete compensatrice) non possono
essere utilizzati. Si ricorre allora a regolatori standard che siano caratterizzati da
parametri di regolazione variabili entro ampi limiti in modo da essere inseriti in un
qualsiasi sistema di controllo e adattati fissando opportunamente i valori dei
parametri suddetti.
Il PLC SIEMENS S7-200 dispone di una la funzione speciale di regolazione
proporzionale, integrativa e derivativa (PID).
Figura 37. Byte di controllo della funzione PTO
Con riferimento allo schema
blocchi di figura 37 possiamo scrivere che
l’uscita del blocco regolatore e data dalla seguente espressione 4.1:
t
m(t ) = K p ⋅ e(t ) + K i ⋅ ∫ e(t )dt + K d ⋅
0
de(t )
.
dt
(4.1)
Il segnale di uscita dal regolatore è formato da tre termini che rappresentano
rispettivamente l’azione proporzionale, integrativa e derivativa agenti sul segnale di
errore.
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I segnali analogici provenienti dal trasduttore e dal set-point (riferimento) subiscono
una conversione A/D per poter essere elaborati da un calcolatore elettronico digitale
quale il PLC; per tale motivo l’espressione 4.1 non è utilizzabile ma viene sostituita
con una equivalente adatta a segnali discreti
m n = K c ⋅ en + ( K i ⋅ en + m x ) + K d ⋅ (en − en −1 )
(4.2)
in cui
m n = è il valore calcolato dell’uscita nel tempo di campionamento n
K c = è il guadagno
en = è il valore dell’errore nel tempo di campionamento n
en −1 = è il valore dell’errore al tempo di campionamento n-1
K i = è la costante proporzionale del termine integrale
m x = è il valore precedente del termine integrale (nel tempo di campionamento n-1)
K d = è la costante proporzionale del termine integrale.
Per la descrizione dettagliata dell’espressione 4.2 indicata si rimanda alla
lettura del paragrafo “OPERAZIONE DI REGOLAZIONE PROPORZIONALE,
INTEGRALE, DERIVATIVA (PID)” riportata in appendice C, dove risulta che per
calcolare l’uscita, il PLC non usa direttamente l’espressione 4.2 ma una sua versione
semplificata.
Funzionamento: Il controllo di velocità a inizio con la pressione del pulsante
“start” (I0.0) da parte dell’operatore addetto.
Breve descrizione dei componenti utilizzati
Come si può vedere dallo schema elettrico sono stati utilizzati un motore
monofase, un circuito di potenza per il controllo della velocità del motore, una
dinamo tachimetrica e una interfaccia con ingressi e uscite analogiche tipo EM 235.
Motore monofase
…omissis…
Circuito di potenza
Il motore è alimentato dal circuito di potenza, che fornisce una tensione
variabile da 0 a 220V attraverso una tensione continua di controllo da 0 a 10V.
Dinamo tachimetrica
La dinamo tachimetrica è un trasduttore di velocità angolare che basa il suo
principio di funzionamento sull’iterazione di un campo magnetico ed un conduttore
in movimento. Si tratta in definitiva di una piccola dinamo il cui flusso è
generalmente prodotto da un magnete permanente.
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In una dinamo techimetrica la tensione di uscita è direttamente proporzionale
alla velocità di rotazione.
Nella nostra esperienza faremo l’ipotesi che la tensione prodotta dalla dinamo
tachimetrica alla massima velocità sia di 10 V, in modo tale da poterla interfacciare
direttamente all’ingresso analogico presente sull’unità EM 235.
Unità di ampliamento analogica EM 235
Questa unità permette di leggere il valore del segnale analogico presente in uno
dei sui ingressi (compreso in un range da 0 a +10V) e di mandare un segnale
analogico nella sua uscita (compreso in un range da 0 a +10V).
Tavola n° 1
Tutti i componenti utilizzati possono essere interfacciati direttamente tra loro
(come si evince dalle caratteristiche indicate nella descrizione dei componenti
utilizzati), per cui lo schema elettrico è di immediata interpretazione.
Il PLC è collegato con un apposito cavo all’unità di ampliamento analogica
EM235, composta da tre ingressi (A,B,C) analogici e un’uscita (anch’essa analogica)
V0; il segnale proveniente dalla dinamo tachimetrica arriva all’ingresso C
dell’EM235, mentre il segnale di controllo calcolato mediante la funzione PID del
PLC è disponibile all’uscita V0 ed è collegato al dimmer: quest’ultimo in base alla
tensione continua da 0 a 10 V presente al suo ingresso, fornisce una tensione
alternata da 0 a 220 V per pilotare il motore monofase.
Tavole n° 2 - 3
L’insieme di queste tavole costituisce il programma scritto nella modalità
prevista dal PLC S7-200 CPU 226 per la funzione speciale PID:
MAIN: l’unica operazione che viene eseguita dal programma principale è
quella di richiamare il sottoprogramma SBR_0 durante il primo ciclo di esecuzione
del programma (SM0.1 è attivo solo durante il primo ciclo);
SBR-0: in questa sezione di programma sono riportati tutti i passi necessari per
configurare la funzione PID attraverso il caricamento dei dati occorrenti in una
apposita tabella (vedere appendice C) a partire dall’indirizzo VB100; inoltre si
definisce la routine di interruzione per l’esecuzione effettiva della funzione PID.
I valori più importanti da commentare sono quelli dei primi quattro blocchi
MOV_R. Questo blocco serve per muovere (MOVE) il numero reale presente
all’ingresso (IN) nella locazione di memoria indicata sull’uscita (OUT).
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Con il primo blocco mov_r (righe 1 e 2 – tavola n° 2) si imposta il valore di
riferimento al quale l’uscita deve tendere; il numero deve essere compreso tra 0 e 1.
Nel nostro caso è stato inserito 0.75 per indicare che vogliamo controllare la velocità
del motore al valore del 75% della sua massima velocità.
Il secondo blocco mov_r (righe 3 e 4 – tavola n° 2) imposta il valore del guadagno
Kc, dal quale dipende la sensibilità del calcolo dell’uscita (il valore può essere
modificato fino a trovare quello ottimale). Inizialmente si è posto Kc = 0.25.
Il terzo blocco mov_r (righe 5 e 6 – tavola n° 2) imposta il tempo di campionamento
che è il tempo di ciclo sul quale la funzione PID ricalcala il valore dell’uscita.
L’uscita viene ricalcolata ogni 0,1 secondi.
L’ultimo blocco mov_r (righe 7 e 8 – tavola n° 2) impone il tempo di integrazione e
cioè il tempo usato per controllare l’influenza del termine integrale nel calcolo
dell’uscita: si è inserito un tempo di integrazione pari a 30 minuti.
INT-0: questa parte di programma viene richiamata una volta ogni 100 ms ed
effettua nell’ordine:
1) la lettura del dato proveniente dal trasduttore AIW0: questo valore deve
essere convertito in un numero a 32 bit e deve essere normalizzato per ottener
un valore compreso tra 0 e 1 (righe dalla 1 alla 9);
2) l’esecuzione della funzione PID (calcolo de valore dell’uscita) quando viene
premuto il pulsante “start” associato all’ingresso I0.0 (righe dalla 10 alla 12);
3) il trasferimento sull’uscita AQW0 del risultato proveniente dal passo
precedente utilizzabile per controllare il processo in esame: il valore calcolato
deve essere riportato in scale e convertito in un numero intero (righe dalla 13
alla 20).
Tutte le operazioni sono scritte in dettaglio a fianco di ogni singola riga di
programma.
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Esperienza n° 5
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Descrizione generale del sistema
Con questa esperienza si vuole controllare la temperatura di un forno elettrico
che rappresenta un classico esempio di sistema a catena chiusa.
L’elemento riscaldante è un riscaldatore di tipo industriale e la sonda per la
rilevazione della temperatura è il circuito integrato LM335.
La temperatura desiderata (set-point o segnale di riferimento) è memorizzato
all’interno del PLC (sotto forma di numero decimale) e non è possibile la sua
modifica dall’esterno; qualora si volesse cambiare la temperatura di riferimento
occorre agire sul programma.
La temperatura rilevata dalla sonda LM335 viene inviata al convertitore A/D
per essere convertita dal formato analogico in formato digitale. L’uscita del
convertitore viene riportata sugli ingressi del PLC (I0.0, I0.1,……,I0.7). Il valore
presente su questi ingressi viene letto come byte e viene confrontato con quello di
riferimento; se il valore (e quindi la temperatura) rilevato è inferiore al valore
impostato allora il PLC attiva l’uscita Q0.0 che aziona l’elemento riscaldante; in caso
contrario l’uscita rimane disattivata e di conseguenza anche l’elemento riscaldante è
inattivo.
Come si può notare la conversione del segnale analogico in quello digitale è
stata eseguita esternamente al PLC con il convertitore ADC0801; per aumentare
l’affidabilità, sarebbe stato conveniente utilizzare un’unità di ampliamento analogica
da collegare al PLC, in modo tale da collegare direttamente il segnale in uscita dalla
sonda di temperatura al PLC.
Funzionamento: Il controllo di temperatura ha inizio con la pressione del
pulsante “start” (I1.0) da parte dell’operatore addetto; le restanti operazioni sono
eseguite nel solo modo automatico.
Breve descrizione dei componenti utilizzati
Nello schema elettrico sono visibili i componenti utilizzati per l’esecuzione
dell’esperienza: un riscaldatore industriale , una sonda di temperatura e un
convertitore A/D integrato ADC0801.
Riscaldatore industriale
Tensione di alimentazione: 220 V
Potenza: 150W
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LM335
Questa sonda di temperatura fornisce in uscita una tensione di 10 mV ogni
grado Kelvin (0° C = 273° Kelvin) ed è in grado di rilevare temperature comprese
tra -40°C e +100°C.
Figura 38. LM335: Package, Wiev, Calibration
Il segnale in uscita dalla sonda sarà quindi compreso tra 2,33 V (-40° C) e 3,73
V (+100° C) ed è perfettamente compatibile con il segnale che deve essere posto in
ingresso al convertitore A/D (da 0 a 5 V).
Alla sonda deve essere collegato un trimmer per la calibrazione, come è
visibile nella figura 38.
ADC0801
Figura 39. Convertitore ADC0801 – Typical application
Le principali caratteristiche sono:
•
Compatibile con i microprocessori della serie 8080
•
Facilmente interfacciabile a tutti i microprocessori oppure può operare in
“stand alone”
•
Ingresso analogico di tipo differenziale
•
Range del segnale analogico d’ingresso da 0V a 5V
•
Supply voltage: 5 VDC
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•
Resolution: 8 bits
•
Linearity: ± 1LSB
•
Conversion speed: 100 us
•
Clock interno
Tavola n° 1
Lo schema elettrico rappresentato è di per se esaustivo per la comprensione dei
vari collegamenti effettuati tra il PLC e il resto del sistema.
Per completezza comunque notiamo che il convertitore A/D non è collegato
direttamente al PLC in quanto l’uscita del primo fornisce segnali con ampiezza di +5
V, mentre il secondo opera con segnali di ingresso con ampiezza di +24 V; per tale
motivo è presente una sezione che ha il compito di adattare i due livelli di tensione
composta da otto transistor (T1 ÷ T8 tutti BC107) e varie resistenze (R2 ÷ R9 di
valore 240Ω e R10 ÷ R17 di valore 1 KΩ - Nota: i valori delle resistenze sono quelli
calcolati nell’esperienza n° 3) adatte allo scopo. Inoltre si evince che anche il
riscaldatore non è pilotato direttamente dal PLC ma è ad esso interfacciato attraverso
un relè a 24 V DC (Relè 1) con contatti n.a. adatti a sopportare una tensione di 220 V
(ed una adeguata corrente) necessaria al funzionamento dell’elemento riscaldante.
Per il resto si nota che in questa esperienza è stato utilizzato anche un secondo
canale di ingresso I1.x che è comunque in dotazione al PLC SIEMENS - CPU 226. Il
circuito relativo alla sonda di temperatura comprende un trimmer P1 (10 KΩ) per la
sua calibrazione (come descritto dal costruttore) e una resistenza R1 (21KΩ) per
limitare la corrente di funzionamento a valori idonei (circa 1 mA): infatti se si
utilizza come tensione di alimentazione 24V e si suppone che la tensione minima di
uscita sia VTmin=2,63V , la massima caduta di tensione sulla R1 vale
∆V = 24 − 2,63 = 21,37V
(5.1)
per cui assumendo come corrente assorbita dalla sonda Ia=1mA, si dove impiegare
un resistore con resistenza pari a
R1 =
∆V
21,37
=
≅ 21KΩ
Ia
1 ⋅ 10 −3
(5.2).
Tavola n° 2
Lo stato iniziale zero viene abilitato, come di consueto, al momento di
alimentare il PLC. A questo punto il sistema è pronto per iniziare il ciclo di
funzionamento desiderato.
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La transizione t1 risulta abilitata. Una volta premuto il pulsante di start e verificato
che il segnale in ingresso al canale zero è minore del valore di riferimento, la
transizione t1 scatta, facendo passare il sistema dallo stato zero allo stato uno.
Questo stato detto di transito, è inserito solamente per risolvere un problema di
programmazione, infatti non viene eseguita nessuna azione; anzi siccome la
transizione t2 è sempre verificata, si ha che il sistema passa quasi istantaneamente
dallo stato uno allo stato due.
In questo stato viene attivata l’uscita Q0.0 che eccita il relè che a sua volta pilota
l’accensione del riscaldatore industriale per far aumentare la temperatura all’interno
del forno. Si rimane in questo stato fino a quando l’evento associato alla transizione
t3 non si verifica e cioè fino a quando la temperatura del forno (codificata in codice
binario e riportata all’ingresso del canale zero del PLC) diventa maggiore del valore
di riferimento.
Il ciclo può ricominciare con una nuova pressione del pulsante di start oppure
volendo ottenere un ciclo continuo basta sostituire il pulsante di start con un
interruttore da attivare solo durante il primo ciclo.
Tavola n° 3
Il programma è la classica la traduzione (già descritta ampiamente nelle
esperienze precedenti) dello schema grafcet in linguaggio ladder.
Unica novità, che peraltro è fondamentale per la stesura del programma, è il
componente software utilizzato per il confronto, che viene riportato in figura 40:
Figura 40. Istruzione di confronto tra byte
Questo elemento software preleva il byte del relativo canale di ingresso (nel nostro
esempio il canale 0) IB0 e lo confronta con un valore decimale (naturalmente
compreso tra 0 e 256) impostato all’atto della programmazione (nel nostro caso
178d). La condizione che determina il verificarsi o meno dell’apertura del contatto è
quella scritta all’interno del contatto stesso ( >= oppure > ). Nel caso di figura 40
(a) , quando il valore istantaneo del byte IB0 è maggiore o uguale a 178 allora il
contatto si chiude, in caso contrario rimane aperto.
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A questo punto non rimane altro che definire il valore di riferimento o set
point. Volendo impostare una temperatura all’interno del forno pari a 75° C si deve
calcolare il valore di riferimento o set-point, da memorizzare nel PLC per il
confronto con il valore istantaneo rilevato dalla sonda; sapendo che quest’ultima
fornisce una tensione di 2,73V a 0° C, si ha che per una temperature di 75° C
l’uscita della sonda è un segnale uguale a
2,73 + 0,75 = 3,48V
(5.3)
dove il primo addendo della 5.3 è il valore in uscita dalla sonda a 0° C, mentre il
secondo addendo della formula 5.3 indica il valore di tensione fornito dalla sonda per
un incremento di 75° C e cioè
75°C × 10mV = 0,75V
(5.4)
Come abbiamo visto poco sopra il componente software utilizzato per il confronto
richiede un numero decimale corrispondente al valore di riferimento; per ottenerlo
basta dividere il risultato della 5.4 per 0,0195 che è la risoluzione del convertitore
A/D
3,48 0,0195 ≅ 178 d
(5.5)
Tavola n° 4
La tabella indica gli assegnamenti degli ingressi, delle uscite e di ogni altro
elemento utilizzato nel programma.
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Appendice
Caratteristiche del PLC S7-200 CPU 226
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A
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Pag. 92
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Pag. 93
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Pag. 94
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Appendice
B
• Data sheet encoder E5
• Data sheet L297- L298
• Caratteristiche motore passo-passo
• Unità di ampliamento analogica EM 235
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Encoder (estratto)
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Pag. 97
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L297 – L298 (estratto)
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Pag. 99
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Motore passo-passo (estratto)
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Pag. 101
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Unità di ampliamento analogica EM 235
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Pag. 103
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Pag. 104
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Pag. 105
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Appendice
• Funzione speciale PID
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C
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Pag. 107
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Pag. 108
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Pag. 109
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Pag. 110
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Pag. 111
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Pag. 112
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Pag. 113
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Pag. 114
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Bibliografia
Tecnologie informatiche per l’automazione – Seconda edizione
Pasquale Chiacchio – Francesco Basile
McGraw-Hill
Manuale di sistema – Sistema di automazione S7-200
SIEMENS edizione 05/2003
numero di ordinazione 6EST298-8FA23-8EH0.
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Esperienze didattiche riguardanti l`applicazione