Real Windjammer: cenni storici
Il Real Windjammer moderno è un gioco per frisbee nato come evoluzione del già ben collaudato
Ultimate. La consacrazione a sport goliardico è avvenuta il 23 maggio 2007 ad opera di quattro
intraprendenti ragazzi un po’ fuori dagli schemi, mentre la singolare storia di quest’attività inizia
negli anni trenta nella periferia di Philadelphia (Pennsylvania), ad opera di un gruppo di studenti.
Durante un’ora di lezione al National High Tribute Of Honor Secondary College, due ragazzi, per
sbaglio, ruppero un banco, e così, puniti dal preside, dovettero ritrovarsi al di fuori dell’orario
scolastico per riparare al danno. Sennonché, appena appoggiata l’asse su un piedistallo in mezzo al
giardino della casa di uno di loro, una gamba del sostegno, spezzandosi, fece cadere l’asse ad alcuni
metri. Jimmy O’Toolen, uno dei due giovani, raccolto il legno pesante diversi chili, lo passò
all’amico, Trevor Zimaski, lanciandolo di manrovescio. L’asse, roteando su se stessa, in pochi
attimi giunse tra le mani dell’amico, che riportò varie ferite dovute alla presenza di molteplici
schegge. A quel lancio ne seguirono altri. Tale attività risultò essere agli occhi dei due stranamente
divertente, dolorosa forse, ma divertente. Come disse in seguito O’Toolen: <<Era come giocare a
lanciarsi una palla, ma era diverso, perché si trattava di un pezzo di legno>>: era nato l“oggetto
piatto che si poteva lanciare”. Infatti, il frisbee fece la sua comparsa solo trent’anni dopo, in un altro
college americano, sottoforma di fondo per torte.
La grande popolarità odierna del frisbee ha in qualche modo cancellato le sue vere origini, che
sono ancora nascoste ai più.
Ma riprendiamo la nostra storia. Come abbiamo appena avuto modo di notare, il frisbee non si
chiamava ancora così, ma era appellato con “oggetto piatto che si poteva lanciare”. O’Toolen e
Zimaski, apportata qualche modifica all’attrezzo, lo presentarono ai loro compagni, i quali rimasero
entusiasti dell’idea. Per quella dozzina di ragazzi del National High i pomeriggi divennero momenti
da condividere con l’oggetto piatto che si poteva lanciare, e in un vecchio parcheggio della zona
suburbana (vedi foto 1 e 2) ebbero origine le prime partite di quello che sarebbe poi diventato “Real
Windjammer”.
Le prime modifiche (le uniche durante i successivi quindici anni) che i ragazzi apportarono al
loro oggetto piatto furono quelle di limare i bordi e smussare gli angoli; per il resto continuarono a
giocare con un’asse di legno pesante circa otto chili e larga quanto lo schienale di un’auto.
Sebbene fosse pesante, nessuno di quei giovani mostrò mai difficoltà a lanciarla; forse per paura
di essere deriso da parte dei compagni, o semplicemente per una questione di orgoglio personale.
Certo è, però, che sia nelle primissime partite, come in quelle che si svolgono ai giorni nostri, era
presente un’incredibile sportività tra i giocatori, il tutto, naturalmente, aiutato dal fatto che si
conoscevano tra loro.
Oggi non ci si riesce a spiegare come questo sport non sia riuscito ad emergere prima
all’attenzione delle masse, ma si suppone che, in quanto gruppo chiuso, i ragazzi non avessero
pensato a una possibile estensione del gioco anche ad altre persone. Testimonianze della pratica di
un gioco simile sono dovute solamente a degli scritti autografi reperiti nelle biblioteche di alcuni
paesini limitrofi alla città di Philadelphia, grazie all’opera di zelanti contadini che annotarono le
loro partite [rigorosamente notturne] su dei taccuini in pelle conciata.
Le prime partite giocate non avevano tutte le regole che sono in vigore oggi, poiché si trattava di
un semplice gioco tra amici. Si iniziava lanciando con tutta la forza possibile l’oggetto piatto che si
poteva lanciare verso la squadra avversaria, che doveva fermarlo e, dopo un tot di passaggi,
rilanciarlo all’altra squadra, il tutto senza mai farlo cadere. Chi avesse fatto cadere l’oggetto piatto
sarebbe dovuto uscire dalla partita fino alla successiva; vinceva la squadra che non si ritirava per
forfait.
Durante gli anni però furono apportate varie modifiche, sia all’attrezzo che al regolamento.
L’oggetto piatto che si poteva lanciare, vista la scomodità del nome, divenne semplicemente
l”oggetto che si poteva lanciare”, in conseguenza anche al cambiamento sostanziale della forma.
Infatti, dopo quindici anni di lanci con la stessa asse di legno, dalla forma squadrata che aveva ne
assunse una tondeggiante e piena di bozzi e graffi, “smagrendosi” letteralmente e arrivando a pesare
ben cinque chili in meno. Le partite invece, si fecero forti di nuove regole, e anche la concezione
della vittoria cambiò: una squadra vinceva se l’oggetto che si poteva lanciare veniva recuperato da
un giocatore oltre la difesa avversaria, e prese finalmente il nome di “Thing That Can Throw &
Beyond”, ovvero “L’Oggetto Che Si Può Lanciare E Oltre”.
Oltre allo scorrere del tempo e alle vite sempre più impegnate dei ragazzi, ci si mise anche la
nascita del “frisbee” – in un campus americano, del tutto casualmente – a contribuire alla scomparsa
(almeno apparente) del Thing That Can Throw & Beyond. Così, fino ad oggi, il frisbee e i suoi
derivati si sono imposti sul mercato e nella vita della gente. Ma un’altra cosa che in pochi sanno è
che, parallelamente al frisbee, è rimasta accesa la scintilla del Thing That Can Throw & Beyond
grazie a Edward James Coppleton, studente di giurisprudenza ad Harvard. Coppleton, appassionato
sin da bambino di cose rotonde, ha scovato le trascrizioni dei contadini della East Coast nella
biblioteca della sua università, e ha cominciato a fare ricerche fino a che, il 9 novembre del 1973, ha
dato alla luce, dopo un’intera nottata passata a revisionare regolamenti ufficiali, appunti e scritte
occasionali, il “Primo Regolamento Atlantico Di T.T.C.T.B.”, acronimo che sta per il nome intero
del gioco. Il regolamento si presentava ben diverso, molto più corposo, e persino l’oggetto del gioco
era cambiato, anche se non di molto: si giocava con un disco in plastica, aerodinamico, in poche
parole, con il frisbee! Ebbene si, intuito il grande potere che quell’oggetto aveva sulle masse,
Coppleton lo adottò come elemento del suo gioco. Ma il frisbee e il T.T.C.T.B., rimanevano ancora
uno sport di nicchia, rispetto invece all’Ultimate Frisbee, disciplina nascente e dal successo
indiscutibile. Così, l’idea nuova di Coppleton, fu quella di stravolgere ancora una volta il
regolamento, in funzione di un gioco più <<dinamico e combattivo>>, (così l’aveva definito in una
sua lettera ad amici, ndr), con la presenza di bersagli, aree, maggiori possibilità di movimento. Ma
nemmeno questo, inizialmente, riuscì a sollevare il T.T.C.T.B. dall’anonimato. Fu dopo qualche
mese che una prestigiosa ditta di videosoftware comprò i diritti del T.T.C.T.B. per la ragguardevole
somma di 300.047 dollari, e trasformò quell’ammasso cartaceo in un videogioco, chiamato
Windjammers. Il successo di questo gioco esplose subito dopo, facendo il giro del globo. Il
presidente di allora, che aveva commissionato il progetto, si espresse in merito: <<Il T.T.C.T.B. è il
gioco giusto, l’attività più adatta per essere trasposta su un videogioco. I giovani ne andranno
matti.>> Mr. Diansena non si sbagliava, fu così.
Il successo del videogioco perdurò a lungo, e solamente oggi, dopo quarant’anni, quattro ragazzi
veronesi che hanno scoperto l’amore per il gioco del frisbee sono riusciti a ricreare Windjammers
nella realtà, tornando a praticare il vecchio T.T.C.T.B. con regole moderne e materiali
all’avanguardia. Il 23 maggio 2007 è ufficialmente nato Real Windjammer.
In queste due foto il campo dei sobborghi di Phipadelphia, dove O’Toolen e Zimaski giocarono le
prime partite di Real Windjammer.
Pillole di frisbee nella storia
Ci sono attestazioni dell’uso di “grossi dischi” come oggetti da lancio fin da epoche preistoriche.
Infatti, già prima della ruota (evolutasi dal “frisbee”), gli ominidi erano soliti organizzare affollati
ritrovi in cui, a gruppi di dieci o più individui, sollevavano pietre piatte del diametro anche di
diversi metri, che tutti insieme facevano girare e scagliavano verso un secondo gruppo di ominidi
pronti a riceverle. Non si conoscono con precisione i motivi di tale pratica, ma si suppone che
servissero per sdrammatizzare la tensione creatasi dopo uno scontro per il controllo del territorio.
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