“Il mio progetto di vita: a che punto siamo?”
Lo stato dell’arte in Abruzzo dell’attuazione dell’art. 14 della L.328/00
SALA CONSILIARE COMUNE DI PESCARA
13 dicembre 2012 ORE 9,00- 13,30
Sintesi dell’intervento conclusivo
della Dott.ssa Roberta Speziale e dell’Avv. Gianfranco de Robertis
Ascoltati tutti i relatori intervenuti alla tavola rotonda, l’avvocato de Robertis apre l’intervento di
conclusione dei lavori con un sentito ringraziamento per tutti gli intervenuti e per il confronto serio e
concreto che è stato possibile grazie a loro nel corso della giornata (“non abbiamo fatto slogan!”).
L’intenzione, alla fine della giornata, è quella di fare una sintesi di ciò che emerso, sia sottolineando
qualche passaggio particolare emerso durante i lavori sia tentando di delineare una visione più dello
strumento del “progetto individuale” , considerando quanto si è detto rispetto agli aspetti concreti
dell’applicazione dell’art.14 della L. 328/00 in Abruzzo, alle proposte, alle situazioni in altri territori
italiani.
Prima considerazione: il progetto di vita non è un documento amministrativo che deve smistare una
persona all’interno dei vari contenitori, soprattutto se questi sono contenitori pre-configurati. Si ha il
timore, infatti, che il progetto individuale si riduca all’elencazione dei servizi esistenti sul territorio ed
alla concessione di alcuni di essi al richiedente il progetto, adattando ed indirizzando il progetto rispetto
a quanto già presente sul territorio. , quali servizi .
Al contrario, dovrebbero essere i servizi ad adattarsi e diversamente modularsi rispetto alle esigenze
delle persone con disabilità presenti su un dato territorio. In sostanza, non sono i progetti individuali ad
adattrsi, ma sonoiservizia dover essere ripensati rispetto alle vere e concrete esigenze delle persone. I
Piani di Zona, con i quali programmare l’attivazione e l’attuazione dei servizi e degli interventi sociali,
dovrebbero partire dall’analisi delle singole esigenze e, quindi, i Piani di Zona altro no dovrebbero
essere che la summa dei vari progetti individuali, che sicuramente vanno attivati prima dell’istituzione
dei servizi e non a posteriori.
L’avvocato porta l’esperienza di un distretto della Puglia dove, inizialmente, molti fondi erano stati
stanziati a favore dell’assistenza domiciliare (con un costo ormai di circa 19,00 euro l’ora) senza
verificare prima l’effettiva necessità di tale intervento in una zona che, godendo ancora di forti legami
familiari, necessita più che altro di servizi extra-domiciliari Infatti, poi, è stata richiesta tale assistenza
solo da n. 7 persone di quel territorio.
Dunque, l’avv. De Robertis evidenzia l’importanza di una giusta allocazione delle risorse, partendo dai
bisogni CONCRETI delle persone.
Infatti, è pur vero che tutti i documenti del PdZ iniziano con la rilevazione dei bisogni sul territorio, ma
spesso tale rilevazione è abbastanza generica, perché semmai facente riferimento ai soli dati demografici
e statistici, senza, viceversa, partire appunto, come ci si auspica per il futuro, dall’insieme dei vari
progetti individuali.
Secondo considerazione: Il progetto di vita deve tener conto di una serie di aspetti, non solo
assistenziali, ma anche di promozione della persona, nonché di sua protezione giuridica, che
certo non possono essere assicurati con i canonici servizi alla persona (centri diurni, assistenza
domiciliare, riabilitazione).
Per quanto riguarda la promozione della persona con disabilità e la necessità di interventi che lavorino
sulle abilità ed autonomie di funzionamento della stessa, in maniera da renderla sempre meno
destinataria passiva di servizi assistenziali, si è per esempio ricordata l’importanza della formazione ai
fini di un inserimento lavorativo. Se la creazione di un tale percorso può sembrare onerosa all’inizio (ma
l’assistente sociale di Pescara, nel suo intervento, ha parlato di un sistema addirittura gratuito),
sicuramente nel medio e lungo periodo può portare a far connotare la persona con disabilità, come
risorsa produttiva e partecipe della vita sociale del territorio.
Tutto ciò, purtroppo, spesso non viene tenuto in debito conto, tanto è vero che l’avvocato de Robertis
riporta, come esempio, il caso di una studentessa calabrese con disabilità, frequentante l’università e
necessitante, quindi, di sostegni ed interventi che supportino proprio il suo percorso accademico, alla
quale, viceversa, le si propone, all’interno del progetto individuale, la frequenza di un centro diurno,
che, oltre a costare per le Istituzioni ben 60,00 euro al giorno, certo non porti alcun beneficio al
percorso di vita della stessa. Essendo ricorsi al Tar Catanzaro, Il Giudice Amministrativo ha, infatti,
censurato, già nella fase cautelare del giudizio, il documento in cui si prevedevano (tra l’altro anche in
via del tutto generica e potenziali) dei servizi di mera assistenza per la studentessa in questione,senza
aver ben chiare le sue effettive necessità.
Nel progetto individuale occorre altresì valutare se la persona di cui ci si prende cura e carico necessiti
anche di una protezione giuridica quale l’amministrazione di sostegno, che possa decodificare i
messaggi, anche non convenzionali di una persona con disabilità e farsene portavoce nei confronti delle
istituzioni. Del resto, la valutazione della necessità del ricorso ad un’amministrazione di sostegno è
doverosa, ai sensi dell’art. 406 del codice civile, da parte dei servizi sociali e sanitari ogni qualvolta,
come per la redazione del progetto individuale, si occupino di persone con disabilità.
Questa azione, all’interno della procedura volta all’individuazione dei vari interventi da azionare con il
progetto individuale, è del resto a costo zero, perché tali Servizi potrebbero, al posto dell’attivazione
della procedura per la nomina di un AdS con un ricorso giudiziale, anche solo fare apposita
segnalazione al pubblico ministero, affinché si attivi una procedura per l’amministrazione di sostegno.
Ma è importante, che la persona abbia anche una tale protezione, che semmai, le permette di poter
meglio partecipare (attraverso anche l’assistenza o la rappresentanza dell’AdS), alla formulazione del
progetto individuale, al controllo nell’attuazione dello stesso, ma soprattutto di avere una figura che si
occupi anche di coordinare gli interventi erogati con l’esercizio e la tutela dei suoi diritti e doveri.
L’avv. de Robertis individua anche alcune cattive e buone prassi già rilevate in altre territori d’Italia,
affinché se ne faccia tesoro per il percorso di creazione di sistema che si vuole sviluppare in Abruzzo
intorno all’art. 14 Legge n. 328/00.
Buona prassi: Nella Regione Sicilia, quindi in una Regione dove -, così come in Abruzzo - non esiste
una Legge di recepimento dell’art. 14 della L.328/00, è stato istituito con L.R. n.47 del 10 agosto 2012 il
Garante delle Persone con disabilità che ha , tra gli altri, il compito di controllare che per ogni persona
con disabilità venga redatto un progetto individuale.
Cattive prassi o frequenti situazioni negative: a volte, il Comune riceve la richiesta di redazione del
progetto individuale, ma non contatta la Asl oppure, pur contattandola, non riesce a creare un proficuo
dialogo con la stessa (dimenticando lo strumento dell’indizione della Conferenza di Servizi ex art. 14
Legge n. 241/1990, quale possibilità per spingere l’esercizio dell’azione amministrativa della Asl). In
verità, tale problema non dovrebbe esserci sul territorio di Pescara, visto che i relatori hanno riferito
circa la costituzione di un gruppo interistituzionale tra Asl e Comune, ma su altri territori abruzzesi tale
appunto potrebbe essere utile proprio per evitare medesime situazioni negative.
Tra l’altro, l’avv. de Robertis si dichiara poi interessato e disponibile a comprendere le ragioni che
hanno arrestato l’intesa tra Comune ed Asl nel territorio di Lanciano rispetto alla sperimentazione di
stesura di progetti individuali, di cui si era parlato nel 2011.
Altra situazione da evitare: ritenere che il progetto individuale e tutti gli interventi a favore delle persone
con disabilità debbano essere assicurati solo con le risorse per i Piani Locali della Non Autosufficienza.
Ma tali risorse innanzitutto non potrebbero essere destinate al complesso delle persone con disabilità,
ma solo a quelle in situazione di non autosufficienza, ed, inoltre, non sarebbero indirizzate ad interventi
di promozione della persona, quanto soprattutto per quelli di cura ed assistenza. Spesso si corre il
rischio di pensare che il progetto personalizzato richiesto per accedere alle prestazioni della non
autosufficienza sia già in sé l’intero progetto individuale, che, invece, come sopra detto, è un progetto di
ben più ampio spessore, in cui possono anche rientrare gli interventi per la non autosufficienza.
In Abruzzo, si sta assistendo anche alla definizione delle tipologie degli interventi per la c.d. “vita
indipendente”, che, ad avviso di Anffas tutta, non dovrebbe solo connotarsi per l’individuazione di
interventi che determinino la possibilità di avere mera assistenza negli spostamenti e/o nel vivere in una
propria residenza, quanto anche nella possibilità di individuare percorsi di progressiva abilitazione nelle
autonomie quotidiane, specie per quanto riguarda le persone con disabilità intellettiva e/o relazionale
che necessitano di una sempre maggiore acquisizione della capacità di determinarsi e di programmare e
mettere in successione una serie di atti.
Altra situazione da evitare è quella del case-manager che cambia: non possono esserci più assistenti
sociali per un’unica persona, solo perché ogni assistente sociale si occupa di un singolo servizio; in caso
contrario, si snaturerebbe la ratio stessa del case manager che deve coordinare i vari interventi ed essere
l’interfaccia unico rispetto alle varie situazioni e vicende che si creino nel percorso del progetto
individuale. .
l’Avv. de Robertis, nelle battute finali, ribadisce che non può esserci un progetto individuale “giusto”,
sempre valido per tutti, visto che non può essere schematizzata la vita stessa delle persone, e quindi
anche di quelle con disabilità. Uno schema di progetto non potrebbe neppure esistere se si è compreso
il vero significato dello stesso.
Sicuramente, però, ci sono delle linee guida, delle modalità operative e delle considerazioni che devono
essere alla base della redazione del progetto individuale, così come emerse nei lavori della giornata e
quindi, su queste particolari attenzioni e possibili contenuti, può certo aprirsi un dialogo continuo e
proficuo.
Anffas è disponibile a confrontarsi per affrontare questi aspetti, aspetti che il sistema non può pensare e
che non si possono “ingabbiare”. Ma tutto lascia presagire che in Abruzzo ci sia la volontà di fare un
lavoro di squadra e di mettersi in discussione per ragionare insieme sulle linee di sistema delineate.
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