Cartoleria
GF
Acireale, Via Cavour 39
ria
cartole per ufficio ali
articoli i profession
o
Sconti su:
prod tto e pittura
quaderni, diari,
disegn ie
zaini e borse
fotocop
gadget delle MIGLIORI MARCHE
regali
LA Jonio
VOCE
Anno LVII - N. 1
Domenica, 19 gennaio 2014
€ 1,00
Spedizione in a.p. 45%
Autorizz. Dir. Prov. P.T. CT.
dell’
Speciale
www.vdj.it - [email protected]
Periodico cattolico fondato da Orazio Vecchio
San Sebastiano, festa di gioia
“La gioia del Vangelo riempie
il cuore e la vita intera di
coloro che si incontrano con
Gesù (Evangelii Gaudium, 1)
Con queste parole di Papa Francesco desidero, in questa festa di San Sebastiano 2014, fare
giungere a tutti i lettori della Voce dello Jonio, ai
devoti e a quanti si trovano ad Acireale in questi
giorni, il mio vivo e sincero augurio di sperimentare la gioia che nasce e rinasce dall’incontro con
il Signore Gesù.
L’annuale ricorrenza dei festeggiamenti in onore del glorioso martire Sebastiano diventi per
tutti occasione di rinnovo della propria fede in
Colui che è la fonte stessa della gioia, per saperla
comunicare agli uomini e alle donne di oggi, specialmente alle nuove generazioni.
Il martirio di San Sebastiano e la sua testimonianza sono per noi annuncio che Cristo dona a
tutti la possibilità di essere felici. Una felicità non
superficiale ed effimera, ma profonda e radicata,
perché scaturita dall’incontro personale con Gesù
che “fa ardere il cuore” (cfr. Lc 24,32) e dona la
salvezza.
Questa “lieta notizia” è patrimonio di tutti ed
attende che, anche attraverso le manifestazioni
più vive e sincere della religiosità popolare, sia
trasmessa da una generazione all’altra ridonando
ad essa tutta la sua
forza
evangelizzatrice. I gesti, le
grida, gli atteggiamenti, le rinunce,
gli abiti votivi, il
lungo pellegrinaggio
penitenziale
dietro o “sotto”
l’argenteo fercolo… sono, infatti,
segni esteriori di
un desiderio intimo di condividere con Sebastiano
quell’infinito amore per Cristo che
lo ha condotto a
donare la sua vita “per” e “come” Lui, in vista di
una felicità piena che non si corrompe e non marcisce.
Il mio augurio e la mia preghiera, dunque, unita a quella del Capitolo Collegiale della Basilica,
degli appassionati e generosi giovani del Comitato festeggiamenti, dei Devoti portatori del fercolo
e di quanti si fregiano di essere “amici di Sebastiano”, si eleva a Dio affinché questa festa sia vissuta
nella vera gioia portata dal Signore, a gloria della
Santissima Trinità e per amore di San Sebastiano,
nostro compatrono.
Can. Carmelo Sciuto
IOCHI DI FOCU
Ai botti veniva
affidato il compito
di tenere lontano
ogni forma di male
don Gaetano Pulvirenti
“SETTE CHIAMATE”
LA DEVOZIONE
3
Andrea, Sebastiano
e Pietro: età diverse
ma un unico grande
amore per il Santo
Anna Bella
4
I “PORTATORI”
La sera della vigilia
un’antica tradizione
per allertare i devoti
con gli scampanii
Saro Bella
7
Ppi San Mmastianu
ci sono quelli che
il giorno della festa
lassunu dinari a cuntari
Katya Musmeci
8
2
19 gennaio 2014
dell’
IL “GIRO” La fatica del trasporto del fercolo attraverso la città rimanda ad antichi riti religiosi
Come pellegrinaggi penitenziali
La processione esterna di un protettore
è il momento più sentito dai devoti, i quali si riappropriano della loro città e fieri
portano in trionfo il beneamato fin sulla
soglia delle proprie abitazioni. La fatica
del trasporto dovuta al peso del fercolo
rimanda ad ancestrali pellegrinaggi penitenziali e i segni impressi sul corpo lasciati dal grezzo baiardo figurano l’espiazione
flagellante dei peccati commessi. Compiere il giro al seguito del santo, o nel caso
acese di S. Sebastiano il mezzo giro, è lo
svelarsi di una promessa fatta al glorioso
Martire per una grazia ricevuta.
Ecco quindi aprirsi ai devoti e ai fedeli nel giorno della festa il ciclo della vita
che trova la luce nella nascita simboleggiata dall’apertura della cappella. S. Sebastiano alle 7,30 appare ai suoi devoti
che piangono di gioia e commozione
come si piange alla nascita di un figlio.
Il percorso della vita comincia con la
traslazione del simulacro sul fercolo e
la trionfale uscita alle 11, 30, metafora
dell’ingresso dell’uomo nella società.
Durante il giro il fercolo attraversa
ceti sociali, disagi di una città, bellezze
paesaggistiche e monumentali, col bel
tempo e il brutto tempo, come
l’uomo incontra nel percorso
della sua vita. La difficile uscita
di corsa in mezzo alla folla pigiata è il primo squarcio che si
apre sulla festa, squarcio subito richiuso dal popolo dopo il
passaggio del fercolo. La prima
grande fatica si palesa nella via
S. Carlo quando tutti i devoti si
stringono vicini per trasportare
sulle spalle il pesante argenteo
fercolo.
Sono circa le 12 quando la
vara oscilla sulle spalle dei portatori per cadere davanti la
chiesa di S. Biagio. Il mezzo giro
si conclude alle 15,30 in piazza
Marconi e il passaggio di corsa
davanti alla Basilica in direzione opposta a quella dell’uscita fa
ripartire la processione, simbolo
di una nuova vita.
Alle 16 una riflessione sulla
guerra e sulla morte echeggia in
piazza A. Pennisi nella rievocazione della partenza degli acesi
per la prima guerra mondiale.
Il giro serale è caratterizzato dai
giochi pirotecnici sparati in diversi quartieri e dalla sequenza
di corse che si effettuano in via Galatea,
via Roma e corso Umberto (“sutta l’arcu
du Viscuvu”). L’atteso spettacolo pirotecnico alle 21,30 nel viale Regina Margherita (quest’anno nel cinquantesimo del
passaggio di S. Sebastiano) anticipano la
spettacolare entrata, a mezzanotte, compiuta di corsa e con una difficile manovra.
La chiusura della cappella con i devoti
stanchi che invocano ‘u Rizzareddu conclude il giorno di festa, con le lacrime dei
fedeli che luccicano mentre si chiudono
le porte della cappella, sintesi finale del
percorso della vita.
Antonio Trovato
Intense giornate di fede
e amore verso il Santo
Spesso superficialmente
si identifica la festa di S. Sebastiano ad Acireale come
una festa folcloristica dove
corse del fercolo e fuochi
pirotecnici sono gli elementi principali. Chi sostiene
questa tesi vorrebbe sottolineare una certa assenza
di fede e religiosità in questa festa, relegandola quasi
a un rito pagano. Niente di
più falso. Il culto per san
Sebastiano affonda le sue
radici in una immensa fede
e in uno strepitoso amore
verso il santo. Testimonianza di questo sono le affollate
e partecipate attività liturgiche che si svolgono durante
i solenni festeggiamenti.
Durante il periodo che precede la festa le reliquie del
Santo bimartire visitano
ammalati,
istituti e
parrocchie
della città.
Come da
tradizione
una messa,
domenica
12
gennaio alle
11,30 nella
Basilica
di S. Seb a sti ano,
è celebrata con la
partecipazione delle associazioni
combattentistiche e d’arma
di Acireale. Tra le attività
più partecipate della festa c’è il solenne triduo in
NOVITA’ Un ricco programma di iniziative culturali arricchisce il tradizionale protocollo dei festeggiamenti “laici”
Mostra di fercoli, concerto e concorso fotografico
I venerdì di Fermata Spuligni con degustazione
di pizza, pasta, zuppe e calici di birra o vino.
E’ richiesta la prenotazione.
Vieni a trovarci su Facebook
Jonio
L’allargamento della festa di S. Sebastiano alle attività culturali è un fatto recente. Nell’ultimo decennio si è sentita l’esigenza di completare la tradizionale festa con
delle iniziative culturali e degli approfondimenti sui vari aspetti della festa. Il desiderio del popolo di conoscenza, aldilà del noto che la festa di S. Sebastiano ad Acireale
propone da secoli, ha spinto i decani e la commissione dei festeggiamenti ad allestire
un programma a contorno della festa che rispondesse alla voglia di approfondimento
del popolo di S. Sebastiano.In quest’ottica da ben sette anni l’emittente televisiva locale
Canale 9 porta nelle case di tanti telespettatori della Sicilia orientale e attraverso il web
nel mondo le spettacolari e tradizionali immagini di una delle feste religiose più intense della Sicilia.
Negli ultimi anni sono state organizzate partecipate conferenze sui significati della
festa e sulle varie componenti che la caratterizzano. Anche quest’anno il 10 gennaio
nella chiesa di Sant’Antonio di Padova una conferenza sul culto di S. Sebastiano offrirà spunti di riflessione sulla figura del martire trafitto dalle frecce. Riproposta dopo
il successo dello scorso anno, la mostra dei fercoli della devozione allestita nella chiesa
di Sant’Antonio di Padova
dal 12 al 18 gennaio, promette di sbalordire i visitatori per le particolari e
minuziose opere in esposizione. Durante il giorno
della festa (il 20 gennaio)
si rinnova l’appuntamento
nella chiesa di S. Crispino
in via Vittorio Emanuele con l’annullo postale
commemorativo
che
propone a turisti e fedeli
un prezioso ricordo della
festa impreziosito da uno
speciale annullo postale.
Novità dell’edizione della
festa di S. Sebastiano di
quest’anno è un concorso
fotografico dal titolo “se
fosse una copertina sarebbe…il tuo 20 gennaio”
in programma dal 22 al
27 gennaio nella chiesa di
S. Crispino con ingresso
dalle 17 alle 20. Infine il
25 gennaio a cura della
“Cappella Musicale S.
Sebastiano di Acireale e
della Corale polifonica
“Don Antonino Maugeri”
alle 20 nella Basilica di S.
Sebastiano sarà eseguito
un concerto in onore di S. Sebastiano. Il ricco programma delle attività culturali impreziosisce l’antico protocollo dei festeggiamenti in onore del compatrono di Acireale
offrendo una vasta scelta di iniziative da vivere nel nome di S. Sebastiano.
A. T.
programma il 16, 17 e 18
gennaio. A presiedere le
messe don Dionisio Candido, responsabile del Settore
Apostolato Biblico dell’ufficio Catechistico Nazionale. Argomento del triduo:
“ragazzi, giovani e famiglie
leggono la Bibbia con gli
occhi di S. Sebastiano”. Negli anni il numero dei partecipanti al triduo è sempre
più aumentato e la chiesa
gremita di fedeli nelle sere
che precedono la festa dimostra l’ardente amore di
Acireale per il suo protettore. I tradizionali appuntamenti della vigilia sono
scanditi dai primi vespri
solenni capitolari alle 18,30
nella chiesa di sant’Antonio
di Padova. A seguire la processione con le Reliquie e la
messa (quest’anno celebrata
dal parroco della Cattedrale
can. Roberto Strano) nella
Basilica di S. Sebastiano con
la benedizione degli abiti
votivi. Il 20 gennaio sono
in programma due messe
prima dell’apertura della
cappella. Poi la messa dei
devoti celebrata dal nuovo
amministratore della basilica can. Carmelo Sciuto e
alle 9,30 la solenne messa
Pontificale presieduta da
mons. Antonino Raspanti che precede l’uscita di S.
Sebastiano. Domenica 26
diverse messe si celebrano
con la cappella di S. Sebastiano aperta e alle ore 19
il simulacro del Martire è
traslato sull’altare maggiore
con la giornata conclusa da
una veglia di preghiera per
i giovani. L’ottava di giorno 27 è caratterizzata dalla
messa pomeridiana per gli
anziani e ammalati della
città seguita alle 17 da una
messa con la partecipazione
del corpo dei vigili urbani
della città di cui S. Sebastiano è il protettore. Alle
19 il Pontificale presieduto
dal vescovo di Caltagirone
mons. Calogero Peri. Al termine l’ultimo abbraccio dei
devoti a S. Sebastiano che
dopo un’apparizione nella
piazza L.Vigo fa rientro nella sua cappella.
An. Tr.
dell’
Jonio
Direttore responsabile
Giuseppe Vecchio
Editore
Associazione La Voce dell’Jonio
Via Mons. Genuardi, 14
95024 Acireale
Iscrizione Tribunale Catania n.
220 del 5/4/1958
Iscrizione al ROC
(Registro operatori della comunicazione) n° 22076
Redazione
Via Mons. Genuardi 16, 95024
Acireale - Ct (casella post. 174)
tel 095601992 - fax 095606182
www.vdj.it - [email protected]
[email protected]
Stampato da Tipografia Litografia
T.M. di Venera Mangano
Via Martoglio, 93
95010 Santa Venerina - tel 095953455
tipografi[email protected]
Abbonamento annuo
Ordinario euro 20,00
Extra 35,00 - Speciale 50,00
Sostenitore 100,00
Conto Corrente Postale
7313800 intestato a
Associazione La Voce dell’Jonio
Via Genuardi, 14
95024 Acireale
Membro FISC - Federazione
Italiana Settimanali Cattolici
dell’
19 gennaio 2014
Jonio
3
20 GENNAIO Dalle prime luci dell’alba sino a notte fonda gesti e azioni tutti rivolti al Compatrono
La città tutta ai piedi del Santo
E’ il giorno atteso da un anno
intero, quello per cui un acese
lascia ogni cosa per onorare il
suo Santo.
E’ un giorno pieno di emozioni che derivano da un legame viscerale tra gli abitanti della Città dei cento campanili ed
il loro protettore.
Il 20 di Gennaio dalle prime luci dell’alba a notte fonda
Acireale rende omaggio al suo
tanto amato compatrono San
Sebastiano .
La fede religiosa per il Santo Martire nella Città di Aci e
Galatea si perde nella notte dei
tempi. L’epidemia della peste
del 1466 che investì il nostro
territorio, è all’origine del culto del martire ormai collettivamente considerato colui che
scaccia la peste.
La popolazione acese rimase
quasi immune dal contagio e si
ringraziò il Santo per questo.
Dalle quattro del mattino del
giorno 20 gennaio nei crocicchi
delle strade e davanti alla Basilica già si vedono gli uomini di
Sebastiano, i devoti.
Si riconoscono subito, portano addosso i segni della fede
per il Santo. Si cingono con una
fascia, a simbolo della purezza
a cui amano aspirare; portano
un maglione che vuole essere
del colore della pelle, perché
vogliono apparire con il dorso
nudo come il loro Sebastiano,
bordato di rosso per perpetuare il ricordo del martirio affrontato con coraggio dall’amato
compatrono.
Hanno la testa coperta perchè il Santo lo si onora con il
capo cinto dal fazzoletto, l’in-
dumento che veniva indossato
quando si guariva dalla peste
per essere identificati e riammessi all’interno della città.
I devoti, gli “eroi”, indossando ai piedi solo calze, per
tutto l’atteso giorno portano il
fercolo con il simulacro di San
Sebastiano sollevandolo, tirandolo, girandolo attraverso tutta
la città compiendo molte volte
sforzi sovraumani .
Durante lo svolgimento del
giro trionfale in onore del Santo Martire si ripetono gli adagi
acesi: “nesci nudu e si cogghi lu
friddu” riferendosi alla statua
nuda del martire che si raccoglie tutto il freddo ed ancora
le “ vanniate” dei devoti, “ vaddatilu che beddu u rizzareddu
u rizzareddu, sempre ai vostri
pedi semu W San Mastianu”(
guardatelo che bello il ricciutello sempre sotto i tuoi piedi siamo W San Sebastiano).
Tanti sono i momenti
importanti di questo atteso
giorno:
. Sin dalle prime ore del
mattino la Basilica si affolla di devoti in trepidante
emozione per assistere
all’apertura della cappella desiderosi di rivedere
dopo un anno il proprio
Santo.
L’attesa svelata avviene alle ore 7:30 in punto e
finalmente Acireale può
riabbracciare il suo Compatrono.
Questo è il momento più
bello ed emozionante perchè dopo un intero anno
si rivede lo splendido volto
del proprio Santo Protettore; il momento è particolarmente toccante e molta
gente prega.
S. Sebastiano è lì all’interno della sua cappella, sul suo
grande fercolo argenteo: mette
i suoi occhi negli occhi di ogni
singolo devoto per comunicare qualcosa, speranza, amore,
conforto; tutti portano con se
una grazia da richiedere o un
ringraziamento da porre, e lui
silenzioso, legato all’albero, trafitto dalle frecce, opera presso
il buon Dio, benedicendo tutti,
scrutando nell’intimo dei cuori.
Dopo inizia la S. Messa della
svelata e successivamente il fercolo con l’effige del Martire viene uscito dalla cappella facendolo scivolare su un “baiardo”
ligneo con ruote ferrate.
Inizia il solenne Pontificale
presieduto dal vescovo della
diocesi di Acireale, alla presenza di tutte le autorità civili e militari.
Alle ore 11.00, nell’affollata piazza antistante la Basilica, fa la comparsa il simulacro
del martire “nudo nell’atto di
subire il martirio delle frecce”
sull’artistico fercolo del ‘700,
salutato da scampanii e fuochi
d’artificio.
Particolarmente spettacolare è la manovra d’uscita dalla
chiesa dove i devoti tradizionalmente scalzi tirano il baiardo ad alta velocità per portarlo
dal centro della piazza in via
Ruggiero Settimo davanti l’ex
caserma dei vigili urbani di cui
San Sebastiano è protettore.
Successivamente S. Sebastiano passa da piazza Duomo,
poi da S. Domenico ed infine
percorre la ripida salita di via S.
Biagio, dove il fercolo per tradizione viene portato a spalla dai
devoti, perchè si dice che anticamente la strada fosse parecchio danneggiata, era solo una
mulattiera, ed i devoti per farlo
transitare erano costretti a portarlo sulle loro spalle.
La tappa seguente è il passaggio dalla parrocchia del Cuore Immacolato di Maria e nel
quartiere di piazza Dante.
Poi, passando nuovamente dalla chiesa di S. Biagio, S.
Sebastiano si dirige alla volta
della chiesa di S. Michele e nel
quartiere di S. Giovanni punto
estremo a sud della città.
Nel pomeriggio il fercolo
arriva in pescheria dove tra
i fuochi pirotecnici si effettua
una corsa fin sotto l’altare della
Madonnina del Rosario.
Questa tappa rappresenta il
mezzo giro della processione.
Approfittando di una piccola sosta i devoti provvedono a
scaricare tutta la cera raccolta
nella prima parte del percorso.
Subito dopo il Santo passa di
corsa dalla piazza antistante la
sua Basilica alla volta della vecchia stazione ferroviaria.
Qui intorno alle ore 16 si ha
un’altro dei momenti più suggestivi della festa: l’arrivo del
treno che fischiando saluta il
martire, a ricordo di quel convoglio che partì proprio il 20
gennaio portando i militari acesi a combattere per la grande
guerra: in quella occasione S.
Sebastiano si trovava casual-
mente alla stazione, e il treno
fischiò incessantemente in saluto, invocando la sua benedizione per quei poveri militari
partiti per il fronte.
Da quel momento, ogni anno
si ricorda questa pietosa circostanza di distacco e si ricostruisce la scena di quel 20 gennaio
del 1940, con i devoti che salutano con i fazzoletti il treno che
fischia e che sosta per pochi
minuti, per poi ripartire per la
sua strada ;
Dopo questa tappa il Santo si
dirige nel quartiere Mandorle, e
poi passando da S. Martino, e
dal Carmine percorrendo la via
Galatea arriva di corsa introno alle 20 in Piazza Cappuccini.
Tradizionale è l’uscita dalla
Via Roma in Corso Umberto e
l’ arrivo del fercolo sempre di
corsa sotto l’arco del Vescovo
per la benedizione dell’alto Prelato.
Caratteristico è anche la tappa al Viale Regina Margherita
dove il Simulacro viene accolto
da sfavillanti fuochi offerti dagli
abitanti del quartiere.
La processione infine continua in tarda serata percorrendo la parte a nord della città,
passando dalla villa Belvedere,
dalla chiesa di S. Paolo e dalla
chiesa del SS. Salvatore, entrando infine da Corso Savoia di
corsa in piazza Duomo cuore
pulsante della Città.
Alle ore 24,00 circa i devoti
rientrano con una vertiginosa
corsa il Santo nella sua monumentale Basilica.
Queste sono le infinite emozioni di questa Solennità tutta
acese.
E’ davvero straordinario il
connubio che si crea dall’alba
a tarda notte attorno al Santo,
Acireale tutta si stringe in un
unico grande abbraccio a San
Sebastiano.
L’incanto della festa e la
chiassosità della gente creano
la magica atmosfera di questo
giorno in cui inesorabilmente
la fredda staticità del Santo acquista tutto il calore e la dinamicità di coloro che al grido di
“W San Mastianu” animano la
loro speranza e la loro fede.
E’ così, il rito che da secoli
si rinnova ogni anno, ritornerà
atteso con amore e devozione il
prossimo 20 Gennaio dell’anno
venturo.
Angelo Battiato
l’Ottava
Un’altra festa in piccolo
ma partecipata e significativa
La celebrazione della festa dell’ottava è presente già
nell’antico testamento come prolungamento di importanti
rituali. Nella liturgia l’ottava protrae quindi la festa di otto
giorni segnandone la chiusura. Antica e ricca di avvenimenti è l’ottava ad Acireale dedicata a S. Sebastiano. I grandi festeggiamenti di giorno 20 gennaio sembrano non bastare ai
tanti devoti del martire trafitto dalle frecce che il 27, proprio
in occasione della tradizionale ottava, tornano a gremire la
monumentale Basilica. Già la domenica precedente all’ottava (come da recente tradizione) il simulacro di S. Sebastiano è traslato dalla cappella all’altare maggiore. L’ottava è una
festa in piccolo, ma molto partecipata dal popolo. Una serie
di messe si svolgono nella mattinata mentre un incessante
via vai di fedeli salutano il giovane bimartire posto davanti al pregiato dossello (un tempo la statua era posizionata
anche su un tronetto). Il pomeriggio è caratterizzato dalle
messe dedicate ai malati e agli anziani e ai vigili urbani di
cui S. Sebastiano è patrono come decretato da Pio XII il 3
maggio del 1957. Il Pontificale, con la Basilica gremita all’inverosimile, precede una serie di tradizionali rituali che caratterizzano questo giorno. Terminato il Pontificale, tenuto
da un’importante autorità ecclesiastica invitata per l’occasione (quest’anno sarà il vescovo di Caltagirone mons. Calogero Peri a officiare il rito) ), avviene la lenta discesa della
statua dall’altare maggiore (avviata dallo sparo di mortaio)
attraverso l’ausilio di due binari e di una corda collegata a
una carrucola posta dietro l’altare. La discesa, che dura
circa mezz’ora, è accompagnata dalle continue “vanniate”
dei devoti che invocano il loro protettore. Sceso dall’altare (all’arrivo un altro sparo di mortaio segnala alla piazza
l’imminente uscita del santo) S. Sebastiano è posto su una
varetta portata a spalle da giovani devoti. Secondo la tradizione la varetta si muove tra la folla lungo la navata di destra, soffermandosi, al suono della campanella, a ogni altare
(cominciando dall’altare della cappella di S. Sebastiano dove
si trova l’argenteo fercolo). Quando il profilo efebico del
giovane martire è scorto dall’affollata piazza Lionardo Vigo
un fragoroso scampanio accoglie S. Sebastiano che a forza
tra la folla, con una leggera corsa, giunge nei pressi dell’edicola all’ingresso della villetta di S. Sebastiano. Gli attesi fuochi d’artificio (un tempo ricchi delle tradizionali ”ruotine” e
piogge luccicanti) anticipano il rientro in Basilica compiuto
a ritroso col viso del martire rivolto verso la folla. Quando la
varetta percorre la navata di sinistra è tarda sera e i devoti si
apprestano a salutare l’amato compatrono. Ancora tante invocazioni quando le porte della cappella si chiudono e tante
lacrime si palesano tra i devoti che si ripromettono di essere
presenti alla prossima festa di S. Sebastiano.
Antonio Trovato
“IOCHI DI FOCU” Dove nasce l’usanza tutta meridionale di utilizzare i fuochi d’artificio in occasione delle feste religiose
Ai botti veniva affidato il compito di allontanare il male
Tutte le feste del meridione portano con sé un elemento imprescindibile: i fuochi d’artificio.
C’è da chiedersi perché questo elemento sia strettamente unito alle feste in onore dei santi, anche perché oggi in molti si domandano se tutto ciò ha ancora senso. Per coloro che così la pensano, infatti, questi rappresentano uno spreco, “soldi bruciati”, roba tolta ai poveri.
Credo che prima di rispondere a queste domande occorra fare
un breve excursus storico.
I cosiddetti “iochi di focu”, cioè l’artifizio colorato, cui ancora
oggi assistiamo, è entrato tardivamente a far parte delle feste patronali, in quanto, in un primo momento erano relegati agli ambienti delle corti. Eppure i fuochi d’artificio sono testimoniati nelle
feste siciliane sia nel seicento come nel settecento, ma si trattava
di strutture architettoniche effimere, che, magicamente, si illuminavano di fiaccole, girandole e sbuffi colorati, spesso accompagnati dalla musica. Corrispondono sostanzialmente a quelli che oggi
si chiamano spettacoli piromusicali, per i quali musicisti famosi,
come Haendel, scrissero delle musiche adatte allo scopo.
Ma i fuochi d’artificio che caratterizzano le nostre feste patronali, documentati già nel seicento in Sicilia, erano costituiti soprattutto dalla cosiddetta “scarica di mascoli” o “batteria” (quella
oggi conosciuta come moschetteria) o le “salve”, sparate da uno o
più mortai ma una per volta.
E’ certo che questi spari hanno avuto grande rilevanza nell’andamento delle feste patronali per il forte significato apotropaico. I
botti avevano il compito di allontanare il male: omaggiando il santo con forti botti ed osannandolo proprio nel momento dello sparo (vedi sventolio di fazzoletti
nella festa di sant’Agata a Catania!) ci si affidava al santo in questione e nello stesso tempo ci si
dimostrava, in qualche modo, suoi collaboratori in questo compito.
Ha ancora senso tutto ciò? Per rispondere bisogna fare qualche considerazione sulla pietà po-
polare in genere. Il Cardinale Angelo Scola recentemente, sulla rivista Il Messaggero, riprendendo una frase di Democrito affermava: “La vita senza feste è lungo viaggio senza soste”. E
continuava: “Quello della festa è sempre un momento qualificato, perchè orienta il tempo senza possederlo”. Ecco dunque la necessità della ritualità per esprimere questo tempo particolare. I fuochi d’artificio fanno parte integrante della ritualità della festa.
Senza, mancherebbe una parte essenziale. Del resto sulla pietà popolare e sulla sua validità e forza si è recentemente espresso anche
papa Francesco nella suaEvangelii gaudium: “È «un modo legittimo
di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa, e di essere
missionari [...] il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli, è in sé stesso un atto di evangelizzazione». Non coartiamo né pretendiamo di controllare questa
forza missionaria!”.
Di fronte a questa autorevole dichiarazione forse ci sarebbe bisogno di una seria riflessione, soprattutto da parte di coloro che hanno
denigrato, e continuano a denigrare, le feste patronali nelle sue varie
e colorate espressioni.
Tra l’altro,in questo tempo di crisi, l’arte pirotecnica è un onesto
mestiere che assicura da mangiare, senza lavoro in nero, a tante famiglie. Invece di demonizzare ogni cosa – che riesce sempre così semplice - forse un po’ di conversione di noi credenti, pastori e gregge,
non guasterebbe. La storia insegna che proprio i momenti di crisi
sono quelli che più di altri hanno bisogno di festa, con quello “spreco” che agli occhi del mondo è follia, dimenticanza dei poveri, alienazione dalle responsabilità; ma in realtà è cercare un’eccedenza, cercare le risposte alle domande
ultime, affinché l’uomo ritrovi la propria identità e possa così meglio vivere la propria vita cristiana e il servizio verso tutti i fratelli.
Can. Don Gaetano Pulvirenti
4
19 gennaio 2014
dell’
Jonio
INTERVISTE Tre fedeli di fasce d’età diverse raccontano il loro attaccamento a San Mmastianu
Una devozione coinvolgente
Densi di contenuti i colloqui con tre devoti di san Sebastiano, appartenenti a tre
fasce d’età.
Andrea Patti, diciassettenne, studente di
quarto anno all’IPSIAS “Meucci” di Acireale.
Andrea, quando e come sei diventato
devoto di san Sebastiano?
“Alla mia nascita, la mia mamma sedicenne, avendo problemi legati alla sua
giovanissima età, e mio padre, diciottenne,- devoto di san Sebastiano con il posto
assegnato sotto il fercolo,- si rivolsero al
Santo, invocandone la protezione. Sin da
piccolissimo, cioé a dieci mesi, il 20 gennaio 1997, già io indossavo gli abiti votivi. In
seguito, mio padre, durante sia il periodo
di preparazione della festa, che dei festeggiamenti mi portava sempre con sé ; grazie
a questo, ascoltando i discorsi dei grandi
su storie delle feste, mi sento maturo: ho
veramente fatto tesoro delle esperienze
degli altri. Anche mio fratello minore ha
indossato, in età più piccola di me, gli abiti
votivi.”
Quale esperienza dei grandi ti ha colpito
di più?
“Il fatto che il giorno di san Sebastiano i
devoti sembrano ipnotizzati, perché dentro il loro cuore c’è solo ed esclusivamente san Sebastiano. Commovente il grido
“Tutti devoti semu, viva san ‘Mmastianu”,
oppure l’altro “Chiamamulu ccu tuttu u’
cori, viva san ‘Mmastianu”; ancora il grido
dei devoti assieme alle donne, “Taliàtilu
ch’è beddu, rizzareddu, rizzareddu!” . Altro
momento significativo è la fermata del fercolo con san Sebastiano alla Stazione per il
treno delle 16,30, che ricorda la partenza
dei soldati della prima guerra mondiale del
’15-’18: l’anno venturo sarà la ricorrenza
del centesimo anno, evento che sarà celebrato particolarmente.”
Sebastiano Grasso, impiegato, sposato
zanti; i giovani sono una trrentina, in complesso siamo circa 80. C’è un Consiglio
d’Amministrazione costituito da cinque
adulti.”
Pietro Trovato, già pescatore di
Santa Maria La Scala.
Può raccontarmi la sua vita di pescatore connessa con la devozione a
san Sebastiano?
“Abitavo ai Morti (Santa Maria
del Suffragio) e andavo a piedi con
mio padre, pescatore anche lui, -devoto con il posto di portatore sotto
la “vara” -, a Santa Maria La Scala, la
mattina alle quattro d’estate, alle sei
e trenta d’inverno. D’estate, di notte
andavamo con la nostra barca a gettare le reti nel mare: le lampare illuPietro Trovato
Andrea Patti minando il mare, facevano accorrere
“masculini, sauri, ucchiati, alole ecc”.
con due figli.
Facevo bene il mio mestiere, avendo preQuando iniziò ad essere devoto di san sente nella mia mente san Sebastiano, che
Sebastiano?
mi proteggeva dai pericoli del mare. Voglio
“Nella mia famiglia si è tramandata la raccontare come mio padre, Liborio, fu
devozione al Santo, per opera del nonno e miracolato da san Sebastiano: erano andati
dello zio, fratello di mio padre. All’improv- sei giovanotti scaloti a pescare in Calabria,
viso io ho avuto un richiamo nella mia co- ma al ritorno il mare nello Stretto di Messcienza, nel 1976 a 15 anni, ma da piccolo sina era molto agitato: la barca si riempì
io partecipavo ai festeggiamenti, attratto d’acqua e tutti e sei aggrappati alla barca
da mio zio. Mio nonno era “manigghieri”, cominciarono a invocare il Santo e a procioé uno dei quattro addetti alle manovre mettere “mezzo giro”. Il guardiano del faro
del fercolo, posto che poi passò a mio zio e di Messina mandò dei soccorritori che li
successivamente a me; se Dio e san Seba- salvarono e tutti diventarono devoti. Un
stiano vogliono, sarà di mio figlio.”
altro episodio: nella prima guerra mondiaQual è il suo rapporto con san Sebastia- le, mio padre ferito ad un polso, promise a
no?
san Sebastiano che, se fosse tornato vivo
“Io mi rivolgo ogni giorno a san Seba- dalla guerra, avrebbe compiuto il “giro
stiano. Finora non ho chiesto grazie parti- completo”. E così fece fino a quando riuscì
colari.”
a camminare, morì a 92 anni; assieme a lui
Come “manigghiere” ha avuto qualche andava a piedi scalzi mia nonna Sebastiaesperienza negana Pappalardo. Quando gli
tiva?
cadde sul piede la ninfa della
“Sì. Una vol“vara”, per 40 giorni stette seta nella corsa
duto, ma lui diceva che anche
da via Roma in
stavolta san Sebastiano l’aveCorso Umberto,
va protetto, perché, se gli fosci siamo trovase caduta sulla testa, sarebbe
ti davanti a una
morto. La sua devozione di“ montagna” di
ventò la mia: sono stato semgente e la “vara”
pre aiutato da san Sebastiano,
Sebastiano Grasso sul fercolo
si è bloccata inspiespecialmente per la salute di
gabilmente, così non è stato causato alcun mia moglie. Il mio posto fino a 70 anni è
incidente. Un’altra volta sotto l’arco del Ve- stato sotto il fercolo tra le due colonne, poi
scovo, un ragazzo non devoto, scivolando, l’ho ceduto a mio figlio Liborio, che porta
passò sotto il fercolo e per miracolo rimase lo stesso nome di mio padre.”
incolume.”
Al mercato del pesce in Piazza Marconi,
Il Circolo di san Sebastiano in Via Vitto- quanti sono i devoti?
rio Emanuele da quanti soci è frequentato?
“ Io ne conosco un paio, ma alla pesche“Tutti i devoti di san Sebastiano potreb- ria tutti sono devoti di san Sebastiano”.
bero farne parte. Attualmente è costituito
Anna Bella
da 45 soci tesserati e da alcuni simpatiz-
AUTO “VI“
Tel. / Fax 095-950290
S. Venerina (CT)
LA PIETÀ POPOLARE
San Sebastiano più seguito di Santa Venera
La festa di san Sebastiano, specie nella giornata culminante del 20
gennaio, vede ogni anno il coinvolgimento di tutta la città di Acireale.
Una folla straboccante accoglie alle 11 l’uscita del suo simulacro dalla
monumentale basilica a lui dedicata, e lo segue poi per tutta la giornata per le vie della città lungo cui si snoda il tradizionale giro. Anche
il triduo, le celebrazioni della vigilia e dell’ottava, e tutte le altre manifestazioni di contorno, vedono la basilica, la chiesa di san’Antonio di
Padova (una volta dedicata a san Sebastiano) e tutti i luoghi interessati,
stracolmi di una folla partecipe di devoti attenti. È una vera e propria
festa popolare, una festa, cioè, alla quale il popolo partecipa in maniera forte, sentita, coinvolta e coinvolgente. E questo avviene ormai da
diversi secoli, per lo meno da quando, nel lontano 1466, la città si rivolse al santo martire per essere liberata dalla peste che infestava la
contrada.
Eppure san Sebastiano non è il patrono della città di Acireale, ma
solo il compatrono, perché la patrona principale è la concittadina santa Venera, eletta ufficialmente a tale funzione nel 1651, ma la cui festa si celebrava già dal 16° secolo, in coincidenza con la Fiera Franca
che si teneva tra la fine di luglio ed i primi di agosto. Forse, proprio a
causa di questa coincidenza, per cui si dava più importanza all’evento
commerciale che a quello religioso, la festa di santa Venera non è stata
mai tanto sentita dagli acesi. Andando a tempi più recenti, la festa di
santa Venera, che culmina nella giornata canonica del 26 luglio, vede
due uscite della santa per le strade cittadine: il giro lungo, la domenica
precedente il 26 luglio, ed il giro breve, lungo il percorso del centro cittadino, nella giornata che ne ricorda il martirio. Ma la partecipazione
popolare è molto più limitata rispetto alle celebrazioni dedicate a san
Sebastiano. Tanto che negli anni Sessanta del secolo scorso, quando il
simulacro della santa veniva portato in giro su un carro motorizzato,
gli organizzatori giunsero alla determinazione di sopprimere il giro
lungo, poiché santa Venera girava per i vari quartieri della città quasi
da sola, seguita solamente dai chierici e da pochi devoti. La festa ha
ripreso vigore alla fine del secolo con la costruzione di un nuovo baiardo in legno che viene trainato a mano dai devoti, ma anche con la
rinascita del Circolo “Santa Venera” e con l’introduzione di alcune innovazioni, quali le uscite di corsa e le entrate di corsa e l’esecuzione di
un concerto piromusicale a conclusione dei festeggiamenti.
Diversa, come dicevamo, la partecipazione popolare per san Sebastiano: il triduo, la vigilia, l’apertura della cappella, l’uscita dalla monumentale basilica, le varie tappe del giro, il rientro in chiesa, l’ottava,
sono tutti eventi vissuti con viva partecipazione, con grande commozione, con un forte senso di devozione nei confronti di questo giovane
di origine milanese che venne martirizzato per ben due volte, che è
considerato come il liberatore dalla peste, ma che è anche visto come
colui che – con la sua nudità – prende su di sé i rigori del clima invernale e anticipa i tepori primaverili.
E così, mentre dopo l’uscita di san Sebastiano del 20 gennaio, la
straboccante folla continua a seguirlo per tutta la giornata, per l’intero “giro” o per il “mezzo giro” che si conclude intorno alle ore 15 in
piazza Marconi (quando il santo passa nuovamente davanti alla sua
basilica e “riparte” verso la zona sud della città), dopo le uscite estive
di santa Venera dalla Cattedrale, mentre la santa si dirige verso sud, la
gente imbocca corso Umberto per la passeggiata serale.
Nino De Maria
dell’
19 gennaio 2014
Jonio
5
LA FESTA SULLA RETE I devoti fisicamente lontani si ritrovano per dichiarare la loro devozione e partecipare
”Il web sia come il pellegrino”
Diretta streaming
“Postazione Avanzata”
in giro per il mondo
La festa che ogni anno la
nostra Città tributa al Santo
Martire Sebastiano è certamente la più popolare e, di
conseguenza, la più seguita
da tutte le fasce generazionali, soprattutto dai giovani, che
si riconoscono in Sebastiano,
non solo per il coraggio e la
forza, ma anche e soprattutto
per la giovane età che suscita in loro “voglia” di futuro.
Purtroppo però sono proprio
loro che a causa della difficile
situazione economica e delle
scarse possibilità di lavoro
sono costretti ad allontanarsi
dalla città e dal Nostro amato
Santo e a seguire a distanza i
momenti della festa.
Fino ad oggi la diretta
dell’intero giorno di festa è
stata realizzata nell’ambito
locale dall’emittente televisiva “Canale 9”, mentre la
diretta internet era relegata
ai soli momenti che si susseguivano all’interno della
Basilica. Oggi nell’era dei
social network e della comunicazione globale, è diventato indispensabile iniziare a
trasmettere la festa in diretta
streaming, in modo da garantire a tutti gli acesi sparsi
nel mondo la “partecipazione” alla festa attraverso lo
schermo del computer.
Per realizzare tale progetto
ci si è affidati alla collaborazione di “Postazione Avanzata” nello specifico a Dario
Liotta e Antonio Fischetti,
che con grande entusiasmo e
voglia di condividere la festa
porteranno nelle case di tutto
il mondo i momenti salienti
del 20 gennaio, dall’apertura
della cappella, all’uscita del
Santo, dalla storica salita di
San Biagio, alla pescheria e
l’arrivo alla Stazione, la corsa di via Roma e l’omaggio al
Vescovo della nostra Diocesi,
fino al viale regina margherita e l’entrata del Santo in
Basilica. Anche nei giorni
precedenti e per l’ottava della
festa sarà garantita la diretta
web, così da offrire un servizio completo e dare a tutti gli
emigrati la possibilità di “esserci”.
Come tutti sanno, per realizzare la diretta streaming
è necessario avere una connessione internet via cavo,
che sarà generosamente fornita da alcuni concittadini
che abitano nei punti topici
lungo il percorso e alla quale
va il nostro sincero ringraziamento.
Con l’evolversi del tempo, l’intera collettività ha assunto diversi modi di fare e di pensare e un canale che
certamente ha visto stravolta la sua identità è quello
della comunicazione.
Oggi le barriere si sono abbattute del tutto , si riesce
ad essere in contatto con il mondo con un semplice
click , le distanze non sono più distanze, da una parte del mondo all’altra ci si vede e si comunica tramite
una webcam .
Insomma, tutto sembra essere più semplice, breve e
allo stesso tempo entusiasmante.
Oltre ai soliti mezzi di comunicazione quello che
accomuna, soprattutto i giovani, sono i cosiddetti social network.
Attraverso di essi si possono esprimere i propri
pensieri, stati d’animo, video, foto, ma forse la caratteristica che più coinvolge la stragrande maggioranza delle persone che fanno parte di questo mondo
virtuale è l’idea di rendere pubblico e di condividere
con il resto del web la propria esperienza a partire dal
quotidiano.
Tutto questo prende forma e può essere sintetizzato anche in un solo giorno ovvero il 20 Gennaio,
proprio quel giorno e in quelli antecedenti si inizia a
percepire sui vari social network, in primis facebook,
la lunga, gioiosa attesa che porterà centinaia di utenti
a pubblicare foto e video di quel giorno così tanto desiderato.
Ai giorni nostri, per riuscire ad essere efficaci nella
trasmissione di un messaggio, quale quello che Sebastiano ci affida, non possiamo fare a meno di utilizzare e sfruttare al meglio i canali web grazie alle quale
riusciamo ad essere capillari.
Ricordiamo infatti che la nostra cultura e la nostra
devozione verso San Sebastiano ha ormai varcato il
confine di Acireale mediante le varie reti telematiche,
quali ad esempio la lunga diretta internet di giorno 20,
che si inizia ad animare alle prime luci dell’alba con
l’apertura della cappella in cui è custodito il simulacro
del glorioso martire Sebastiano e si conclude con il
rientro del fercolo in Basilica nelle tarde ore serali.
La diretta internet è ogni anno trasmessa sul sito
web della Basilica di San Sebastiano.
Tramite questo canale di comunicazione le migliaia di devoti sparsi in tutto il mondo, hanno la possibilità di esprimere e vivere le loro emozioni suscitate
dalla giornata festiva.
Oggi, grazie a queste nuove misure che la globalizzazione in qualche maniera ci impone, vi è la possibilità da parte di tutti di identificarsi quel giorno,
come cittadini acesi e non, a quei sentimenti che ci
legano alla tradizione che ogni anno si ripresenta, e
che si tramutano in segno di appartenenza.
Questi sentimenti oggi dobbiamo riuscire a trasmetterli soprattutto attraverso tali mezzi che la
tecnologia ci mette a disposizione. Dato che la devozione è un essenza immateriale ed infinita nel tempo
e si identifica con la coscienza di sé, consideriamo
allora il web, nello specifico internet e vari social
network, come una opportunità che ci viene concessa e non, come spesso si fa in diverse circostanze,
come una minaccia.
La navigazione sul web diventi quindi come un
grande pellegrinaggio i cui tutti impariamo a condividere le percezioni d’amore, i sentimenti e i comportamenti sinceri che ci avvicinano e ci fanno essere autentici devoti del nostro San Sebastiano.
Giovanni Saitta
Nell’annullo postale di quest’anno il Santo sul fercolo
Gli annulli filatelici speciali vengono richiesti a Poste Italiane da Enti, da Fondazioni ed
Associazioni allo scopo di pubblicizzare un evento
particolare, importante dal punto di vista culturale, storico e religioso.
Poste italiane dopo attenta valutazione sulla
fattibilità, realizza la vignetta richiesta ed autorizza il servizio postale distaccato per l’utilizzo del
timbro appositamente realizzato per l’occasione;
comunicando al mondo dei collezionisti con un
comunicato “marcofilo”, l’indicazione oltre della
vignetta riproducendo l’annullo anche il luogo, la
via e l’orario dove si troverà l’ufficio postale distaccato.
Al termine della manifestazione dopo i
tempi tecnici, per soddisfare le richieste dei collezionisti non presenti ( circa 60 giorni), il timbro
andrà ad arricchire il museo storico delle Poste e
Telecomunicazioni nell’edificio del Ministero dello
Sviluppo Economico, che raccoglie tutti i francobolli emessi dall’inizio fino ai nostri giorni, le prove
di stampa, gli annulli postali e migliaia di oggetti e
documenti riguardante la storia della posta e delle
telecomunicazioni.
Per quanto riguarda l’annullo figurato in onore di San Sebastiano, svoltosi per la prima volta il
20 gennaio 2013 è stato un vero successo sia per le
numerose richieste ricevute e sia per i commenti
tutti positivi del devoto popolo acese. Si pensi che
nei giorni successivi alla festa, centinaia sono state
le richieste pervenute anche allo sportello filatelico di Acireale, da tanti collezionisti di molte città
Italiane ed estere, dove San Sebastiano viene festeggiato.
La scelta di utilizzare come immagine dell’impronta, la cartolina raffigurante il ”fercolo” è stata
la decisione più naturale dove si vuole riprodurre
in pochi centimetri un messaggio pubblicitario
forte: solenni festeggiamenti in onore del Santo
Martire Sebastiano.
Costatato il successo avuto, Il comitato dei festeggiamenti ha richiesto anche per il 2014 a Poste Italiane la realizzazione di un nuovo annullo.
Anche questa immagine è stata ripresa da una
cartolina che raffigura la statua del Santo con la
corona.
Il successo è anche di aver a disposizione un
buon archivio fotografico e una varietà di cartoline, che ci permette di poter scegliere anche con
difficoltà la giusta impronta. Inoltre permette di
aver un sicuro supporto all’annullo richiesto. In
tal modo, anche con una semplice impronta, si
ricorda il nostro San Sebastiano, soldato di Dio, e
si dà spazio alla festa di popolo in onore di questo
Santo Martire, festeggiandolo dal punto di vista
marcofilo per i collezionisti e come un particolare
santino per i devoti.
Rosario Bottino
Presidente Associazione
Filatelica Numismatica Acese
AGENZIA GENERALE-ACIREALE
C.so Sicilia 99
95024 Acireale (CT)
Tel. 095-7640513
Fax 095-893181
e-mail: [email protected]
6
19 gennaio 2014
dell’
Jonio
ADDETTI AL FERCOLO Candido camicione bianco, calzoni alla zuava e piedi scalzi per i famosi “pedi salati”
Dalla “Fratellanza” ai 60 portatori odierni
CONFERENZA
Dove s’impianta il culto del Martire
amatissimo nella città di Acireale
Molteplici sono, come ogni anno, le iniziative predisposte dalla commissione all’uopo costituita presso la
Basilica di S. Sebastiano in preparazione alla festa del
Santo. A tal proposito, un’interessante momento culturale è stata la conferenza che si è tenuta venerdì 10 gennaio nella chiesetta di Sant’Antonio di Padova, intitolata
proprio a San Sebastiano fino all’edificazione della nuova
monumentale Basilica. Erano presenti il vescovo, mons.
Antonino Raspanti e tra il pubblico anche una folta delegazione di devoti portatori del fercolo del Santo.
Relatori
dell’incontro
condotto
dalla prof.
ssa Donatella
Sciacca,
componente del
comitato
op erante
in Basilica, erano il can. don Giovanni Mammino, esperto di Storia della Diocesi, e la prof.ssa Pinella Musmeci, studiosa
di arte e tradizioni locali. Don Mammino riferiva sulle
motivazioni che spingono i santi ad accettare il martirio.
Martire è chi, pur dinanzi a minacce di terribili tormenti ed al rischio della stessa vita, non esita a professare la
propria fede in Cristo, facendosi imitatore di colui che è
supremo esempio di martire.
L’uso di celebrare la liturgia dei martire nel loro ‘dies
natalis’ cioè proprio nel giorno del martirio, risale al IV
secolo d.C.; la presenza delle reliquie dei martiri nelle
chiese, come l’abitudine di dare ai bambini il nome dei
santi, testimoniano la potente intercessione di costoro
per il proprio popolo. La devozione degli acesi verso San
Sebastiano risale addirittura al periodo di Aci Aquilia.
La prof.ssa Musmeci riferiva sull’evoluzione del culto
al santo, la cui origine in Sicilia si fa risalire al periodo
normanno. Documentazioni e reperti storici sembrano,
però, suffragare la tesi che ad Acireale il culto si origini
all’epoca bizantina. Nel 1565 ha inizio la festa esterna e
circa ad un secolo dopo (1652) risale il corteo delle ‘ammascarate’ (donne che, con i loro costumi testimoniavano le virtù del santo), che accompagnava la processione
del simulacro, dalla chiesa di San Rocco alla piazza antistante la Basilica. Nulla a che vedere, dunque, con il
Carnevale, come fa pensare l’antico detto ‘San Bastianu,
maschiri ‘n chianu’.
Le manifestazioni esterne subirono un’interruzione
con il terremoto del 1693; la festa cambiò poi carattere,
trasformandosi da ‘barocca’ in autentica ‘epifanìa’, cioè
manifestazione del patronato del Santo sul proprio popolo.
Nando Costarelli
Gli addetti al trasporto del fercolo (a
vara) di San Sebastiano sono ancora oggi
un’invidiata elite tra i numerosi devoti del
Santo.
I vecchi polverosi libri delle confraternite ci raccontato che una volta, quando
ancora la statua si conduceva in processione a spalla, i portatori, conosciuti come i
nudi, facevano parte dell’antica fratellanza
di Santa Maria della Pace.
Una confraternita, fondata nel 1656,
composta in gran parte da marinai e pescatori di Santa Maria la Scala
che, tralasciata la nudità sacrale e le afflizioni corporali di un
tempo, ma sempre a piedi scalzi e ammantati solamente di un
candido camicione bianco e di
calzoni alla zuava, trasportavano
il Santo, per pura devozione e a
espiazione dei loro peccati, lungo i tortuosi percorsi della città
in festa.
Erano uomini duri, avvezzi ai
sacrifici del mare, abituati agli
sforzi prolungati, chiamati dagli
altri devoti i scaloti per la provenienza o i pedi salati per via dei
piedi callosi temprati dalla salsedine.
Uomini abituati, dalle necessità di un mestiere duro e difficile,
a fare gruppo, a faticare disciplinatamente insieme. Poderosi
e obbedienti, riuscivano a trasportare la vara, prima a spalla e
poi in seguito, quando le vie e le
strade della città vennero lastricate, a spingere il baiardo munito di ruote nel frattempo costruito, come fosse un bianco veliero
che agile ed elegante si apriva la
strada sul quel mare di folla tumultuante.
Gli altri devoti invidiavano e
nello stesso tempo temevano
quel gruppo coeso di pedi salati
cui avevano affibbiato anche il
nomignolo di sciàbica a motivo della rete da pesca da questi
utilizzata. Un gruppo che, loro
malgrado, regolarmente e inderogabilmente, tralasciava affari,
barche, remi, vele e reti per presentarsi immancabilmente ogni 20 gennaio all’appuntamento con il Santo.
Gli altri, ambivano occuparne il posto
ma sapevano che con quel gruppo c’era poco da scherzare tanto che neanche i
chiazzoti, vale a dire i fugghiara, i chianchieri e tutti gli altri putiara di piazza commestibili, gente avvezza a usare anche le
mani per farsi ragione, pur considerando
San Sebastiano come “cosa loro” per la vicinanza della chiesa, erano costretti a stare
al loro posto e ben lontani dalla vara.
Solo l’emigrazione del primo Novecento
costrinse i devoti della sciàbica a permettere a qualcuno degli altri devoti di aiutarli nel loro secolare compito. Così man
mano la loro presenza si affievolì tanto da
costringere quelli rimasti ad affrontare,
oltre alla fatica del già gravoso compito di
trasportare la vara, anche a un’opera di “disciplinamento” nei confronti degli altri devoti certo più esuberanti, meno docili alle
esigenze del gruppo e tendenzialmente
insofferenti a ogni autorità, civile, militare
o religiosa che fosse.
Se per un motivo qualsiasi, la supremazia della sciàbica si affievoliva, subito
qualche capetto dei chiazzoti ne approfittava e, per conclamare il proprio prestigio,
aizzava i devoti portatori a non obbedire ai
comandi del mastro di vara, normalmente l’esponente più ascoltato della sciàbica,
accendendo furibonde dispute. Accadeva
così che il percorso della vara subisse improvvise deviazione e immotivate fermate
davanti a questa o quella abitazione a secondo che sotto la vara, tra i portatori, una
o una altra fazione, uno o un altro capetto,
vincesse le resistenze degli altri.
In questi frangenti anche l’autorità del
decano della Basilica, -insieme al mastro di
vara sopra la vara- era inefficace, anzi doveva ben guardarsi perché talvolta era accaduto che qualche decano non particolarmente gradito, con un improvviso sussulto
della vara ad arte provocato, era stato fatto
precipitare rovinosamente tra la folla.
Per i devoti più sfegatati, la Statua era
“cosa loro” e quando uscivano dalla chiesa,
non accettavano autorità alcuna; il decano
era per loro, e non solo letteralmente, un
pesante fardello cui si poteva
fare con piacere a meno. Per
questi devoti, San Sebastiano
era uno di famiglia e volentieri
ne avrebbero portata la statua
a casa loro, se non altro per
proclamare agli altri la loro
forza, il loro potere, il loro
prestigio.
Più che una rete c’era quindi bisogno di camicie di forza
per tenere buoni quei forsennati. Ma gli scaloti della sciàbica sapevano fare bene il loro
lavoro e mentre si affannavano a tirare, a spingere, ad alzare, a spostare la pesante vara,
facevano comprendere con
una buona parola, resa talvolta più consistente da un vigoroso pugno tra le costole, che
la calma era la virtù dei forti
e loro indubbiamente forti lo
erano e come gruppo, come
sciàbica appunto, come una
rete da pesca, erano ancora
più forti e sapevano imbrigliare bene i loro pesci. E così
talvolta capitava che qualcuno
tra i più scalmanati dovesse
urgentemente uscire da sotto
la vara per curarsi qualche occhio nero o qualche doloroso
pestone. Ringhiando, prometteva appuntamenti rusticani a
fine festa poi fortunatamente
annegati nelle generose libagioni che immancabilmente
condivano il loro dopo festa.
Oggi, certi eccessi non accadono più. I sessanta portatori del fercolo, anche se non appartengono più alla fratellanza di Santa Maria della
Pace ormai dissolta, sono consapevoli della
centenaria tradizione e con devozione e
tanta abilità svolgono in modo eccellente
il loro compito. Anno dopo anno, danno il
loro apporto sino a quando l’età li consiglia
di lasciare a un loro designato, normalmente figlio o nipote, l’ambito compito,
gelosamente tramandato di generazione in
generazione, di trasportare il 20 gennaio di
ogni anno l’amato San Sebastiano lungo le
vie della città in festa.
Saro Bella
IL TESORO Ampliato e rinnovato il Museo della Basilica con quattro sale espositive ognuna con un filo conduttore
Quegli “ex-voto” che parlano di fede e devozione
Il Museo Basilica San Sebastiano, inaugurato nell’aprile del 2003, a
dieci ani di distanza si rifà il look e si ripresenta alla città in una nuova
veste espositiva, ampliato e rinnovato. Le opere esposte sono distribuite in quattro sale e ognuna ha un tema che fa da filo conduttore,
cercando di offrire un percorso didattico per la migliore comprensione
dell’uso e della funzione dei singoli pezzi, nonché una maggiore possibilità di apprezzarne la preziosità e la bellezza. La prima sala sarà
oggetto della nostra attenzione, ed è quella dove sono esposte tutte le
opere che la Basilica custodisce, inerenti al culto del Santo Martire Sebastiano.
Nella grande teca centrale è stato ricomposto il gruppo statuario
di San Sebastiano, utilizzando la scultura in cartapesta leccese, copia
della cinquecentesca ancora in uso, costruita nel 1933 dal maestro
Giuseppe Malecore e portata in processione nel gennaio del 1934,
ottant’anni or sono. Accanto ad essa sono stati posti gli angeli lignei
seicenteschi che reggono i due reliquiari argentei antropomorfi del
Santo, rispettivamente risalenti al 1593 e al 1652. A completare questa
composizione vi è la corona d’argento del 1819, opera di maestri argentieri acesi. Ancora possiamo notare una plancia da confrate, su cui
è sbalzata la scena che riprende San Sebastiano nell’atto di venerare
la Vergine Maria. Probabilmente la scena ci suggerisce un legame alla
confraternita di Santa Maria della Pace – di cui facevano parte i devoti
portatori - e ad avallare tale ipotesi vi è una antica foto dove questa
plancia era indossata da uno dei due devoti posti sul fercolo. Ancora
di rilevante importanza è l’altro reliquiario argenteo a tabella del 1709,
nel cui ricettacolo è incastonato una antica teca dove sono riposte le
reliquie dei Santi Fabiano e Sebastiano, accomunati dalla stessa data
del “dies natalis” e dal culto presente per entrambi in questa Basilica
nei secoli scorsi.
Ma certamente la bacheca che più di tutte attira l’attenzione è
quella che contiene le gioie ex-voto, donate a San Sebastiano nel
corso dei secoli. Il pezzo più rappresentativo è la medaglia in oro e
smalto, opera del maestro orafo e pittore messinese Joseph Bruno,
che l’ha realizzata nel XVII secolo.
Campeggia su di essa la croce a otto punte sul recto e San Giovannino, patrono dell’ordine dei cavalieri di Malta, sul verso. Tale
gioiello era, infatti, di proprietà di un Cavaliere acese, che ne fece
dono al nostro Santo, compatrono anch’esso dell’ordine. La croce di
Malta è ancora presente come pendente – reliquiario, realizzata in
argento, per porla il giorno della festa sulla statua di San Sebastiano, legata al collo con un elegante collare azzurro arricchito da ricami in argento. Ancora si possono osservare un prezioso pendente
in oro e diamanti, decoro per i dècolletè femminili di nobili signore.
Altri gioielli sono ancora presenti, orecchini, pendenti, anelli; gioielli che vanno dalla fine del ‘700 alla metà del secolo scorso, dono
di gente comune e di benestanti, del popolo e dei nobili, preziosi
realizzati da bravi artigiani o piccoli pezzi già prodotti protoindustriali.
Dinanzi a tali meraviglie il nostro pensiero corre a coloro che li
hanno donati, che hanno voluto legare il loro cuore al cielo, con
uno scambio tacito tra l’uomo e Dio, al loro desiderio di essere presenti, vicini al Santo nella maniera più intima e personale.
dell’
19 gennaio 2014
Jonio
7
TRADIZIONI La sera della vigilia si rinnova un antico rito (che sapeva di mistero) con il “compagno campanaro” e il “re delle campane”
Le “Sette chiamate” che allertano i devoti
Una volta, quando ancora le moderne tecnologie non avevano cambiato la comunicazione tra gli uomini e telegrafo, radio, telefonini,
telecomunicazioni, Tv e Internet,
erano nella mente del Signore e neanche il mondo era ancora un grande villaggio globalizzato, si faceva
fatica a trasmettere ogni più piccola
informazione.
I messaggi scritti viaggiavano tramite corrieri a cavallo e una notizia
per giungere a destinazione aveva
bisogno di tempo e spesso, quando
la meta non era vicina ... di lungo
tempo!
Particolarmente stridenti si facevano le difficoltà quando si doveva
trasmettere velocemente e in un
luogo non prossimo, una notizia urgente (di allarme, di emergenza, di
chiamata a raccolta, ecc.).
Per noi, uomini moderni, avvezzi
a una ridondanza d’informazioni in
tempo reale, (che tuttavia paradossalmente, facciamo fatica a filtrare e
organizzare) tali difficoltà sono poco
comprensibili.
Lo strumento che allora permetteva una diffusione di segnali pressoché istantanea era la campana.
Siamo abituati a considerare la campana come un arnese essenzialmente di uso religioso, tuttavia, anche se
nacque in ambito monastico, assunse progressivamente anche importanti valenze sociali.
Ad Aquilia, come sino agli inizi
del Settecento si chiamava l’attuale
centro storico di Acireale, ma anche
ad Aci Catena, ad Aci San Filippo,
ad Aci S. Antonio, ad Aci Bonaccorsi, a Valverde e in generale in tutti i
casali del territorio dove normalmente l’abitato si addensava attorno
alla chiesa, il suono delle campane
permeava l’intera giornata.
All’alba, i rintocchi del pater noster segnavano l’inizio del lavoro nei
campi che s’interrompeva per un
frugale pasto solo con lo scampanio
del mezzogiorno. La giornata terminava al tramonto al suono dell’Ave
Maria. I tre suoni di campane segnavano quindi la lunga giornata di
lavoro che appunto si distendeva di
suli in suli.
Scampanii che fissavano ore di
riferimento importanti anche dal
punto di vista sociale. I segnali delle campane erano, infatti, usati pure
dagli amministratori cittadini (jurati) che se ne servivano, ad esempio,
per regolare l’accesso alle marine:
Item si ordina et comanda da parti di ditti magnifici signori jurati di
ditta terra che nixuna donna pocza lavari in li fontani undi si piglia
l’acqua per biviri ne ancora digiano
ditti donni andari a pigliari acqua ne
a lavari li loro panni per fina intanto che non sia sonato lu paternostro
et questo ad effectu di evitarsi alcun
damno che porria succediri di qualche galiotta oy birgantino di turchi
poychè li funtani su cussi vichino di
lu mari ...
I rintocchi della campana della
chiesa dell’Annunziata (l’odierno
Duomo di Acireale) dovevano udirsi da lontano: tanto che gli amministratori acesi nel gennaio del 1588,
essendosi rotta per il continuo uso
quella esistente, proposero di comperare una campana grandi (di ben
2700 Kg) pel campanili della Mayori
Ecclesia per tutti li occorrentij de la
Università (città) consigli, sequela di
forusciti (banditi), decoro de la Università e di Nostro Signore lddio e
soi santi, quella sonando tinissi advisati tutti li chittadini.
Ed era appunto ad sonum campane che si chiama a raccolta i cittadini
per intervenire ai consigli generali
della città, o li si avvertiva di un imminente pericolo, o si chiamava alle
armi per difendere il territorio dalle
incursioni dei pirati, dei scorridori
di campagna (bande di ladri), o si
suonava il tocco (rintocco) per segnalare il coprifuoco e la deposizione delle armi, ecc. ecc.
Le campane evidentemente suo-
Mons. Cannavò: “Il culto ad Acireale risale alla peste del 1466”
Il culto del milanese San Sebastiano è molto diffuso in tutto il mondo.
Mons. Ignazio Cannavò, arcivescovo emerito di Messina,
per diversi anni canonico della Basilica di San Sebastiano,
autore di un eccellente libro su santa Venera, ci parla di questo Santo tanto amato in tutta la Sicilia, specialmente a Siracusa, Palermo, Barcellona nel messinese, ad Acireale.
-A quando risale il culto di San Sebastiano in Acireale?
“San Sebastiano, capo dei pretoriani sotto Diocleziano,
martire, è protettore contro la peste, come risulta anche dal
cartiglio nella sua cappella. Il suo culto è legato alla terribile
malattia della peste – pare quella del 1466 - che colpì Acireale e tutto il territorio etneo; infatti Acireale e tutti paesi della
zona etnea hanno un culto speciale verso San Sebastiano; lo
stesso si verifica nella zona di Barcellona e ad Avola nel siranavano anche per le messe, per le
feste, per i funerali; chiamavano i
fedeli per le processioni, avvertivano
delle quindicine, delle tredicine, delle novene, dei tridui, delle vigilie, degli ottavari e delle ottave. Si può dire
che non vi era momento importante
della vita personale o comunitaria
che non si svolgesse al rintocco, ora
lieto del consolato (o scampanata),
ora triste del mortorio, ora di gioia
della gloria. Il suono delle campane
accompagnava l’uomo dalla nascita
alla morte, nel dolore e nella gioia,
nei momenti di preghiera, di commemorazione, di allarme, di paura,
di pericolo. L’intera giornata e tutti gli avvenimenti religiosi e sociali
della comunità erano scanditi dal
rintocco delle campane!
Anche la chiesa antica di San
Sebastiano (l’odierna chiesa di
Sant’Antonino) fu munita di un
campanile che ancora nel 1559 era
incompleto per poi, nel 1594, su ordine dei giurati vennero dati e pagati
al notaio Alessandro Scuderi gubernaturi della Confraternita di lo glorioso santo Sebastiano di questa città uncie quattro quali si chi pagano
per elimosina ad effetto di fabricarsi
la campana di detta ecclesia.
Nel 1606 i giurati deliberarono un
nuovo stanziamento di onze tri che
si li pagano per succursu d’elemosina per la nova campana che hanno
fatto fare li Gubernaturi e Rettore
di ditto oratorio per la necessità e
bisogno che vi era in ditta ecclesia
et questo stante ditta ecclesia essiri
povira e non tiniri renditi nè facultà
di potere fare detta campana de proprio ...
Anche quando fu edificato il
nuovo tempio di San Sebastiano (l’attuale Basilica) le campane non potevano mancare
e vennero man mano incrementate nel numero sino ad
arrivare alle odierne cinque. La
più antica risale al 1624 e porta un’iscrizione che recita “Per
Terremotum fratta major posi
annum resurgo mense martii 1624” seguita dalla scritta
“San Sebastiano ora pro nobis” posta sopra un’immagine
del Santo. Un’altra iscrizione
ci avverte che fu “Refusa in
Giarre da Mariano Arcidiacono fu Sebastiano il 25 giugno
1878”. La seconda campana
porta la dicitura “Sapientia Dei
Filii virtus Spiritus Sancti potentia Dei Patris S. Sebastiane
ora pro nobis” e un’immagine del Santo seguita da “Anno
Domini 1677 Christus Nobiscum state” La terza campana comunemente chiamata
“la Campana Grande” porta
l’iscrizione “Opus Magistri
Francisci Arant Volat anno Domini
1816”. Una quarta campana contraddistinta dall’immagine della Croce
e la data 1906 seguita dalle lettere
F.M. fu ceduta qualche anno fa alla
chiesa di Santa Lucia e sostituita da
una nuova campana commissionata
da don Carlo Chiarenza. L’ultima
campana, la quinta, venne commissionata dall’allora decano, don Giuseppe Sciacca.
Per governare tutte queste campane e farle suonare insieme in modo
cusano.
Spesso il culto di San Sebastiano in tali centri urbani è
unito a quello di Santa Venera. Il documento più antico,
scoperto da qualche anno, - per cui supera la documentazione dell’archivista dott. Fichera, autore di un libro su San
Sebastiano, pubblicato una decina di anni f, - risale al 1522.
Si tratta del testamento di Manfredo Russo, in cui si lascia
un legato a pro dell’Oratorio di San Sebastiano, sito nell’antica chiesetta di San Sebastiano in via Vittorio Emanuele,
oggi dedicata a Sant’Antonio di Padova. In un saggio di Saro
Bella, è riportata la data del 1571, per la concessione da parte di mons. Faraone circa la processione della statua di San
Sebastiano.”
accordato e melodioso era necessario poter contare su valenti campanari. Spesso, almeno nelle occasioni
normali, era lo stesso sarristano che
assolveva il compito di suonarle servendosi di funi che dal campanile
scendevano all’interno della chiesa.
Nelle ricorrenze particolari e nelle
feste grandi intervenivano, invece,
anche altre persone, talvolta esponenti delle confraternite, che in
gruppo di tre o quattro salivano in
cima al campanile per muovere direttamente i pesanti battagghi delle
campane e da queste trarre i possenti rintocchi che già alle prime luci
dell’alba, spargendosi per l’intera
città, comunicavano a tutti la gioia
della festa. Campanari che apprendevano l’arte dai più anziani e che a
loro volta la tramandavano di generazione in generazione più per pratica che per codifica, lasciandoci in tal
modo, purtroppo, pochi riferimenti
Anna Bella
scritti.
Durante tutto l’anno, le ricorrenze
festive si susseguivano con regolare
e incessante sequenza. Era, tuttavia
la festa dedicata al Santo, l’occasione nella quale i sacri bronzi della
chiesa venivano messi a dura prova.
In quest’occasione, infatti, lavoravano incessantemente anche di notte.
Come sappiamo la chiesa di San Sebastiano era stata costruita per volontà delle confraternite che al suo
interno trovavano sede per le funzioni religiose ma anche sepoltura
per i propri adepti.
Le confraternite di San Sebastiano, come la tradizione ci indica, erano sette: Santa Maria degli Angeli,
Santa Maria della Pace, Santissimo
Crocifisso, Santa Maria la lettera,
Santissimo Ecce Homo, San Gaetano, e Maria Santissima Addolorata.
Un’antica consuetudine stabiliva
che a turno, per tutta la notte precedente il giorno della festa, queste
confraternite si alternassero per vegliare in preghiera il Santo. Per la
loro chiamata si usavano rintocchi
di campana diversi per ogni confraternita. La notte della vigilia, le sette
chiamate, una dopo l’altra, avvisavano così i fratelli delle diverse confraternite che era giunto il loro turno di
veglia e preghiera. Il rintocco delle
campane segnava l’avvicendamento delle confraternite lungo tutto il
lento incedere della notte per poi,
all’alba, esplodere in continui e assordanti rintocchi che riempivano
l’intero giorno di festa.
Quando l’orologio si diffuse, la
necessità dei rintocchi notturni di
chiamata si affievolì e per ciò
le campane, almeno di notte,
si fermarono. Tuttavia, la tradizione continuò e le sette chiamate, suonate tutte insieme la
tarda serata della vigilia, divennero una consuetudine che ancora oggi si conserva nonostante che la veglia notturna non sia
più praticata.
***
La sera del 19 gennaio una
curiosa combriccola si riunisce. Come congiurati di un’antica setta, confabulano tra loro
scambiandosi sguardi d’intesa.
Attorno a loro, tanti altri fedeli seguono attentamente i loro
movimenti con sguardi permeati di ammirazione ma anche d’invidia. Tutti vorrebbero
seguirli! Tutti vorrebbero essere con loro! Solo l’imperioso
sguardo del loro capo, un possente omone di poche parole,
li ferma e li tiene a bada. A un
cenno la combriccola si muove lestamente e aperta velocemente con una vecchia, grossa
chiave, la minuscola porticina
si proietta all’interno di un oscuro cunicolo. La porta dietro di loro
accuratamente chiusa lascia bruscamente fuori alcuni degli astanti che
con più coraggio degli altri avevano
tentato vanamente di seguirli. Le
mandate della vecchia fermatura risuonano spettrali all’interno dell’angusto budello di pietra. In fila, uno
dietro l’altro, pigiati negli angusti
spazi della ripida scala di pietra nera
a stento rischiarata dalla fioca luce
di lampadine coperte da uno spes-
so strato di polvere, il gruppo, districandosi tra gli spigoli sporgenti
della pietra lavica, s’inerpica gradino
dopo gradino verso la sommità del
campanile.
Il capo, chiamato anche “il compagno campanaro” per via della sua
militanza politica che comunque,
come novello “Peppone” di vecchi
romanzi di Guareschi, non gli impedisce di presentarsi puntualmente
ogni anno all’appuntamento, sale le
ripide scale, nonostante la mole e gli
anni, con inaspettata agilità. Dietro
di lui un panciuto personaggio detto “il re delle campane” ansimando,
fatica a seguirlo sopportando con
un sorriso gli sfottò di stimolo che,
lungo tutta l’ascesa, un giovane di
bell’aspetto e dall’elegante pizzetto
non gli risparmia. Dopo... seguono
due ragazzi che non riescono a nascondere l’effervescente euforia per
essere stati scelti: la loro esuberante
vitalità a stento contenuta, sembra
spingere il gruppo verso l’alto.
Appena giunti in cima, l’elegante
loggetta barocca li contiene a stento
mentre la pungente brezza serotina
penetra senza ostacolo la trifora,
rinfrancandoli. Le tre aperture inquadrano un panorama mozzafiato.
La città rischiarata da mille e mille
luci, si stende ai loro piedi. Le strade, segnate dalle luci bianche e rosse delle auto, si distinguono nitidamente anche a distanza. Le antiche
chiese con i loro alti campanili illuminate, emergono prepotentemente
dall’abitato. Lontano, la muntagna,
bianca di neve, sembra anch’essa in
trepida attesa. Velocemente il gruppo si dispone sotto le campane che
ancora immobili pendono dalla
sommità della loggetta.
Il compagno campanaro è al centro della scena, sopra di lui, enorme,
si apre la campana grande, afferrata con la mano destra la corda del
grande battaglio, si spinge più in la
per stringere, con la sinistra, la corda della campana mezzana; gli altri,
in un angolo, governano le campane
più piccole. Il compagno campanaro
con le braccia protese in posa ieratica, saggia la consistenza delle funi
e l’oscillazione dei battagli, per poi
immobilizzarsi in plastico raccoglimento.
La calma dura per qualche minuto, poi, lentamente, iniziano i possenti rintocchi della grande campana subito seguiti dalla mezzana e
poi da tutte le altre in una sequenza
misteriosa che solo il capo sa dirigere. Sotto i suoi cenni, le campane,
sapientemente mosse dal gruppo,
si animano componendo articolate
melodie. Il frastuono terribile, riempie la loggetta ma non riesce a intaccare la concentrazione dei campanari che, tocco dopo tocco, svolgono
al cielo le loro melodiche armonie.
Sotto, nella piazzetta gremita, una
folla di fedeli con la testa in alto e la
bocca aperta guardano la loggetta
che sembra sobbalzare a ogni salva di rintocchi. I divoti, avvolti dai
rintocchi ora grevi, ora squillanti,
ora melodiosi, ora lenti, ora frenetici, ora travolgenti, presi dal suono
e dall’atmosfera prefestiva vedono
materializzarsi tra le ombre dei vicoli scuri, eteree figure d’infagottati
confrati che lesti si affrettano verso
la loro chiesa, verso il loro Santo.
Grazie a campane e novelli campanari anno dopo anno si rinnova
l’antica tradizione delle “sette chiamate” oggi indirizzate a tutti i divoti
che trepidanti aspettano la fatidica
giornata della “loro” festa.
Sono loro, Luigi Safiotti “il compagno campanaro”, Saro Re, “il re
delle campane”, Saro Fichera “l’elegante pizzetto”, Salvatore Reitano, i
ragazzi che spinti dalla voglia d’imparare li seguono, i nuovi campanari: i campanari del Terzo Millennio.
Sono loro che con passione e disinteresse conservano e perpetuano la
secolare tradizione delle “sette chiamate”.
Saro Bella
8
19 gennaio 2014
dell’
Jonio
I “PORTATORI” Chi sono e quali caratteristiche hanno i devoti che trasportano il fercolo per le strade cittadine
“Ppi San Mmastianu lassamu dinari a cuntari”
Cuore pulsante della festa di San Sebastiano sono loro, i
portatori del fercolo. PPi San Mastianu lassamu dinari a cuntari, sono soliti dire, a significare una devozione profonda per
la quale si è disposti a sacrificare il proprio lavoro, le occupazioni giornaliere, il guadagno materiale, per un sentimento
forte che trascende il contingente.
Ma chi sono questi uomini? I portatori, le cui età variano
dai 15 ai 70 anni, sono in parte legati da vincoli di parentela:
alcuni appartengono già alla terza o quarta generazione, ma
per potere fare parte del gruppo (dai 60 ai 110 a seconda del
punto del tragitto da percorrere) bisogna irici a trasiri a trasiri, avvicinarsi cioè gradualmente alla compagine,
venendo chiamati inizialmente a dare
una mano solo nei tratti più facili.
Tra i portatori sono assegnati dei
ruoli ben precisi. Innanzitutto sul fercolo, oltre al sacerdote, è presente u
mastru da vara che ha il compito di
controllare tutto l’apparato ma particolarmente la corretta allocazione e la
tenuta delle ruote del baiardo, suonando la campanella per
far avanzare la processione. Un ruolo importantissimo hanno
i quattro manigghieri: la macchina processionale è dotata di
quattro maniglie, una per ciascuna delle estremità delle due
lunghe stanghe parallele al fercolo. I “manigghieri” hanno il
compito di imprimere la direzione al baiardo prendendo tutte
le relative decisioni per affrontare correttamente una curva,
una salita o una discesa: sono loro che, come si dice, devo-
no far squattare, ossia far muovere armoniosamente, la vara.
Data la particolarità della mansione sono sempre le stesse
persone che occupano questo posto e tendono a tramandarlo,
insegnando il ruolo, ai propri figli. Quando il Santo viene “affacciato” dall’ingresso principale della Basilica, i portatori più
esperti devono prepararsi per la fulminea manovra di discesa, a nisciuta, centrando la vara supra u taulazzu, la pedana
di legno sistemata, sotto la supervisione del “mastru da vara”,
sui gradini antistanti la chiesa. La preparazione all’uscita e a
calata del fercolo sono eseguite attraverso un insieme di cal-
coli fatti “ad occhio”, sulla scorta dell’esperienza pregressa, e
sono ambedue estremamente delicate visto che le stanghe
del baiardo, nella loro porzione anteriore, si abbasseranno
fino a 50 centimetri dal terreno. Chi non è impegnato nella
manovra ha il compito di attuare come un cordone di contenimento alla folla, assicurando lo spazio necessario alla vara
per poi raggiungerla correndo, subito dopo la “nisciuta”, formando un suggestivo alone chiaro (dato dai fazzoletti che i
portatori hanno in testa) intorno al fercolo. Caratteristico è
il passo che viene tenuto lungo il percorso e che fa compiere
la tipica annacata (dondolamento) alla vara: il primo portatore mette un piede dentro – verso il fercolo – l’altro verso
l’esterno, quello che sta dietro farà all’inverso e così via. A seconda della pavimentazione che si percorre bisognerà adattare il modo di portare la macchina processionale. Infatti sul
basolato lavico il baiardo scivola, squatta, con naturalezza e
bisogna quasi trattenerlo; viceversa sull’asfalto le ruote tendono a frenare, allippano, quindi è necessario sollevare e al
contempo spingere il baiardo. Nella manovra di rientro, a trasuta, più complicata da
eseguire rispetto alla “nisciuta” in quanto
bisogna girare come in retromarcia verso
la chiesa, la preoccupazione principale dei
portatori è quella di centrare l’apertura del
cancello e, in caso negativo, di correggere
con accortezza il tiro. Durante questa velocissima manovra i portatori posti nella
sezione posteriore si girano verso la Basilica. Ma il compito più pericoloso è affidato
a due persone che stanno nello spazio interno delle stanghe
trasversali che con il loro peso devono bilanciare la pendenza impressa al fercolo dalla ripida salita.
Sono “loro”, gli uomini di Sebastiano, a rendere così il “giro”
della vara la parte più caratteristica dei festeggiamenti tributati all’amato compatrono.
Katya Musmeci
IL COMITATO Il compito del gruppo aperto ad altri contributi
Trasmettere il vero significato della festa
Presidente: Can. Carmelo Sciuto
Componenti: Sebastiano Argentino, Rosario Bella, Michele Bottino, Rosario Fichera,
Orazio Frizzi, Andrea Mangano, Adriano Pittera, Giovanni Saitta, Donatella Sciacca.
Il Comitato per i festeggiamenti di San Sebastiano, insieme ai Canonici del Capitolo Collegiale della Basilica, anche quest’anno con
unanime impegno e rinnovato entusiasmo, organizzano e promuovono i solenni festeggiamenti in onore del nostro glorioso Compatrono. Composto da nove giovani, ma aperto a chiunque desideri impegnarsi con passione e generosità per onorare San Sebastiano e
promuoverne il culto nella nostra Acireale, il Comitato vede il suo maggiore impegno nell’organizzazione degli annuali festeggiamenti. Ad
ogni membro è così affidato un incarico ben preciso che comprende tutta una serie di attività dicultura religiosa, di folclore e arte locale.
Ognuno svolge il proprio compito con impegno e abnegazione, cercando di interpretare al meglio quelle che sono le passioni, i desideri e
le aspettative della gente del territorio acese. Ai componenti ufficiali si affiancano altri giovani e adulti che, pur senza un impegno fisso e
continuativo, collaborano per una migliore riuscita delle varie attività esprimendo cosi la loro devozione al Santo Martire. Durante tutto
l’anno, l’ingegno e la volontà dei giovani del Comitato, consente alla Basilica di essere un punto di riferimento per il circuito culturale cittadino, organizzando e promuovendo attività ricreative e culturali capaci di coinvolgere numerose persone. Tra queste degna di menzione,
per il grande plauso e la sua risonanza a largo raggio, è la realizzazione del Monumentale Presepe Napoletano.
L’auspicio del Comitato è di contribuire alla trasmissione alle nuove generazioni del grande patrimonio di fede,costumi e tradizioni ricevuto, speranzosi che né il tempo né altra fede li potranno mai cancellare, in quanto radicati nella pluricentenaria devozione al giovane
martire Sebastiano.
INFORMAZIONE AUTOGESTITA
ALL’IRMA DI ACIREALE” Attivata una nuova diagnostica per gli affetti da fibrosi epatica
Esami che evitano indagini invasive
La fibrosi epatica è una patologia del fegato, discretamente diffusa, che consiste nella progressiva sostituzione delle cellule epatiche con sostanza fibrotica extracellulare che nel tempo può portare a gravi patologie come cirrosi e carcinoma. La fibrosi epatica rappresenta la risposta del fegato a differenti tipi di
insulti cronici e si associa ad elevati tassi di morbidità e mortalità. L’ELF test (Enhanced Liver Fibrosis), è
un esame validato dalle linee guida dell’EASL [2] che consiste nella determinazione della concentrazione
ematica di acido ialuronico, del propeptide aminoterminale del procollagene di tipo III (PIIINP) e dell’inibitore tissutale della Metalloproteinasi 1 (TIMP1) per ottenere il cosiddetto ELF-score che consente di
valutare l’entità della fibrosi epatica.
Il fegato si trova inserito nel circolo refluo del distretto addominale, ricevendo così il sangue da tutto il
tratto sottodiaframmatico del canale alimentare (stomaco, intestino tenue, intestino crasso fino all’estremità prossimale del retto, pancreas) e dalla milza. Il flusso epatico totale è stimato attorno ai 1500ml/min (il
cuore 250ml/min, il cervello 750 ml/min). Il sangue che arriva al fegato con la vena porta è ricco di sostanze assorbite dal tratto alimentare tra cui monosaccaridi (glucosio e galattosio), amminoacidi e lipidi. Quando si ha una compromissione della fisiologica struttura del fegato viene danneggiato tutto l’organismo
perché quest’organo svolge numerose funzioni che lo coinvolgono nelle attività metaboliche e energetiche
dell’intero organismo. L’epatite C può essere responsabile di fibrosi epatica. Talora il glutine può causare
incremento delle transaminasi con gamma-GT e fosfatasi alcalina normali inducendo una condizione di
modesta fibrosi.
L’ELF-test è importante perché consente di evitare la biopsia epatica e, una volta diagnosticata la
fibrosi, di potere intervenire con una specifica terapia bloccando il processo fibrotico.
ELF-SCORE (indice di fibrosi epatica)
INFERIORE A 7.7
NESSUNA CONDIZIONE FIBROTICA
TRA 7.7 e 9.8
FIBROSI EPATICA MODERATA
> 9.8
FIBROSI EPATICA SEVERA
Con il GASTROPANEL in molti casi si può evitare la gastroscopia [2]
Spesso alla base del bruciore di stomaco c’è una banale dispepsia. Fino ad ora il solo test disponibile per questo tipo di indagine era la gastroscopia, che si effettua introducendo nello stomaco,
attraverso la bocca o il naso, un tubo sottile e flessibile con all’estremità una piccola telecamera che
consente al medico di osservare la parte interna dello stomaco Il GastroPanel nasce dall’esigenza
di avere un esame semplice e non invasivo per indagare sulla natura delle malattie gastriche. Con
un semplice prelievo di sangue, il GastroPanel fornisce chiare e dettagliate informazioni sullo stato
funzionale della mucosa gastrica senza dover ricorrere alla gastroscopia. A chi è consigliato il GastroPanel
Il GastroPanel è consigliato ai soggetti:
t
EJUVUUFMFFUËDPOEJTUVSCJEJHFTUJWJFQSPCMFNJEJBDJEJUË
t
EJUVUUFMFFUËDPOSFnVTTPHBTUSJDPEJĊDPMUËBEFHMVUJSFFUPTTF
t
DPOQJáEJBOOJQFSMPTDSFFOJOHEJTUBUJQSFDBODFSPTJ
t
DPOGBNJMJBSJBĉFUUJEBDBODSPHBTUSJDP
I sintomi d’allarme -Sintomi della sindrome dispeptica, (dispepsia è la difficoltà a digerire), nelle sue
varie forme. La dispepsia si manifesta con dolore o sensazione di fastidio ed acidità allo stomaco, compare
generalmente dopo i pasti ed è spesso associata ad altri sintomi come nausea, senso di sazietà precoce,
gonfiore addominale, mal di stomaco, bruciore gastrico.
Reflusso gastroesofageo si manifesta sia con sintomi specifici (bruciore dell’esofago, rigurgito) che sintomi atipici che possono riguardare sia l’esofago (dolore toracico non cardiaco) che il distretto orofaringeo
(difficoltà a deglutire, raucedine) e le vie aeree (tosse secca, crisi asmatica). Tutti questi disturbi possono
essere causati dai succhi acidi dello stomaco che irritano i nervi dell’esofago. Ruolo dell’Helicobacter pylori
nelle malattie gastroenteriche.
L’Helicobacter pylori colonizza la mucosa gastrica. Più del 50% della popolazione è infetta da questo
batterio che causa un’infiammazione cronica dello stomaco. La sua presenza è associata allo sviluppo
dell’ulcera gastrica e duodenale ed inoltre costituisce uno dei fattori che favorisce lo sviluppo del cancro
e del linfoma gastrico dato che questo batterio è classificato come carcinogeno di 1^ classe. La determinazione degli anticorpi anti-Helicobacter pylori permette di valutare l’avvenuto contatto con il batterio.
Ovviamente in caso di positività è necessario approfondire con la ricerca dell’Helicobacter pylori nelle feci
in PCR. In tal modo si potrà fare a meno della gastroscopia. Quest’ultima è invece necessaria nel caso in
cui si dovesse sospettare una neoplasia gastrica.
Parametri esaminati nel Gastropanel
Pepsinogeno I e Pepsinogeno II precursori dell’enzima
pepsina.
Il pepsinogeno I viene prodotto dalle cellule della parte
superiore dello stomaco chiamata corpo e fondo. Esiste una
correlazione tra la perdita di queste cellule che si può avere in
caso di atrofia gastrica e il livello di pepsinogeno I.
Il pepsinogeno II è prodotto dall’intero stomaco e dal duodeno. Vista la diversa localizzazione delle cellule che producono i due pepsinogeni, la valutazione della concentrazione
tra pepsinogeno I e pepsinogeno II permette di stabilire la
zona dello stomaco interessata dalla patologia.
Gastrina 17 - La Gastrina 17 è un ormone prodotto dalle
cellule della parte inferiore dello stomaco chiamata antro. La
sua secrezione dipende dai valori di acidità gastrica e dalla
concentrazione di pepsinogeni nel senso che il loro aumento
corrisponde ad un decremento della secrezione di gastrina (feed-back negativo). Un livello basso di
gastrina è indice di danno delle cellule gastriche della mucosa antrale, mentre un suo incremento
riflette il tentativo di stimolare la produzione di HCl in caso di gastrite atrofica.
Bibliografia
1. Sebastiani G, Gkouvatsos K, Plebani M. Non-invasive assessment
of liver fi brosis: it is time for laboratory medicine. Clin Chem Lab Med
2. Cao Q, Ran ZH, Xiao SD. Screening of atrophic gastritis and gastric
cancer by serum pepsinogen, gastrin-17 and Helicobacter pylori immunoHMPCVMJO(BOUJCPEJFT$IJO+%JH%JT
(A cura di Giovanni Tringali, direttore scientifico dell’Irma di Acireale)
Scarica

San Sebastiano, festa di gioia