Introduzione
P
erché i lettori dovrebbero perdersi tutto ciò?
Da questa domanda e dal conseguente desiderio di colmare
la lacuna nasce questo libro.
Se molti hanno avuto modo di conoscere Morelli opinionista televisivo, grazie alla pluriennale presenza al Maurizio Costanzo Show, o
Morelli saggista, autore di numerosi bestseller, non altrettanti hanno
avuto la fortuna di vederlo in azione, ossia nella quotidiana pratica
di psicoterapeuta.
Cosa che succede ai Giovedì di Riza, quando una ventina di persone
provenienti da ogni parte d’Italia, a fronte di centinaia di richieste
settimanali, si ritrovano per raccontare i loro problemi e trovarvi una
soluzione.
Cosa dice loro Raffaele Morelli?
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Introduzione
Innanzitutto chiede, con fermezza, di non raccontare i loro problemi.
E questa è solo la prima di una lunga serie di sorprese, rovesciamenti
di prospettive e scompaginamenti di luoghi comuni sui propri disagi,
e sulla psicoterapia che li aspetta.
“Non me l’aspettavo” è la frase che si sente ripetere più spesso dai partecipanti al termine di ogni incontro, ed è anche, consapevolmente o
inconsapevolmente, il primo passo verso un nuovo modo di guardare
a se stessi e al mondo.
Ciò che più di ogni altra cosa colpisce l’osservatore per così dire neutrale - ma nessuno lo è veramente - è vedere queste persone entrare
con un volto e uscire con un altro - e durante un anno ne ho viste
passare davvero tante, dall’astrofisica alla casalinga, dall’insegnante
alla pittrice, dal manager allo studente universitario, dalla liceale al
pensionato.
Nessuna magia, certo - se non quella del jazz, la musica della sorpresa
per eccellenza - ma appunto la rara capacità di toccare al primo colpo
proprio il tasto dolente, di trovare immediatamente la corda giusta,
di mostrare a ciascuno lo spartito che è solo suo e di nessun altro.
«Il mio compito principale come psicoterapeuta è di individuare il
personaggio che tu non vedi, il lato che non stai esprimendo» spiega
spesso Morelli a una di queste persone.
C’è chi esulta, chi protesta, chi si arrende, chi lotta, chi piange, chi si
infuria, chi ringrazia, chi sbigottisce, ma nessuno rimane indifferente: in ogni sguardo si accende una scintilla.
Ecco che l’incontro è sì una seduta di psicoterapia, ma è anche molto di più: è rappresentazione teatrale, Jung e Nietzsche, Tao e mito,
Esopo e Lorenz, nuovo e antico, un modo immediato per ritrovare la
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via della vera felicità - da non intendersi come uno sterile, prolungato
e perfino isterico stato euforico, ma come la realizzazione della vera
natura di ciascuno di noi.
Come rendere tutto questo in un libro? Invece di un unico discorso o
di un diario, su imitazione della secolare arte persiana, abbiamo cercato di intessere i singoli fili in modo che il disegno completo venisse
fuori soltanto alla fine.
L’eros, il panico, la coppia, il silenzio, lo stress, la conoscenza di sé,
l’ansia, i figli, il divorzio e tutti gli altri temi si annodano e si intrecciano in un susseguirsi di motivi che corrono e ricorrono, componendosi e scomponendosi.
L’ordito di contrappunto è affidato ai continui rimandi al mondo
della letteratura, della pittura e del cinema per rintracciare quella che
possiamo definire l’arte di stare bene.
Quale sarà il disegno ultimo se non l’anima stessa in tutte le sue sfumature e caratteristiche?
Allora le trame indicano tanto la materia dell’anima, il tessuto di
cui è composta e le sue linee guida, quanto le storie, gli intrecci e gli
sviluppi delle sedute e delle persone che vi partecipano attivamente,
con le loro questioni che sono le questioni di ognuno di noi.
E così ogni filo è un modo per affrontare un problema e il suo svolgimento pratico, gli interrogativi e le soluzioni, in un continuo rimando tra psicoterapeuta e uditorio, perché le domande poste ai Giovedì
di Riza sono quelle che tutti si fanno, ma le risposte di Raffaele Morelli non le dà nessun altro.
Davide Mosca
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La conoscenza di sé
Q
ual è il primo dovere dell’uomo? La risposta è breve: essere se stesso.
L’autore di questa celebre sentenza, il poeta norvegese Ibsen, non è stato però altrettanto brillante nello spiegare come fare
a essere se stessi.
D’altronde nemmeno la ancora più celebre scritta sul tempio di
Apollo a Delfi, conosci te stesso, conteneva particolari didascalie.
Agostino d’Ippona, invece, per illuminare il concetto ci ha fornito
una preziosa indicazione: “Non andare fuori, rientra in te stesso; è
nel profondo dell’uomo che risiede la verità”.
La questione ci assilla da millenni. Da Adamo fino a Elisa, che
cerca disperatamente di essere se stessa - ma è difficile - ripete.
«Non devi diventare te stessa, lo sei già le dice Morelli, scuotendo
la testa con un accenno di sorriso, come a dire che le cose sono
davvero più semplici e immediate di quello che crediamo.
Giovanni, invece, dice di non riuscire più a esserlo e per questo
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motivo si tormenta senza posa. Non mi sento più io, chiarisce.
«Ti tormenti perché fai continui e inutili sforzi per uniformarti a
quello che credi di essere.»
A volte non farebbe male prendere esempio dal piccolo Kim, protagonista dell’omonimo romanzo dello scrittore britannico Rudyard Kipling, che non faceva nulla e con grande successo.
«Il cervello ti ricrea in ogni istante. Ogni immagine di te stesso
che ti costruisci è immediatamente sorpassata, oltre che fallace.»
Morelli ti costringe ogni volta a riconsiderarti. La parola diventa
terapia istantanea, fulminante. Te ne accorgi dai volti che mutano
d’improvviso: occhi si accendono, sopracciglia si drizzano, smorfie si rilassano. Tutti vengono con la sfera della verità in tasca e se
ne vanno con una manciata di vetri colorati.
Rossana confida a denti stretti di essersi innamorata di un gay.
«Non tu, ma l’immagine che ti sei costruita per te stessa. La Rossana vera non avrebbe mai preso un simile abbaglio. Ma la Rossana
vera non può emergere, perché tu la soffochi, la tieni imbrigliata
in un’identità contraffatta, artificiosa, tutta incentrata sul passato
e sull’esterno. Invece nulla di ciò che accade all’esterno può davvero riguardare o toccare quello che sei veramente.»
La bocca di Rossana si spalanca in uno spontaneo “oh” di meraviglia. Uno dei lacci che la tenevano legata è stato spezzato.
Ecco l’esempio di Roberto: io mi conosco, so quello che voglio e
quello che mi serve, ma nonostante ciò non riesco a stare bene.
«Tu pensi di sapere cosa è meglio per te, invece non ti accorgi di
riferirti a un Io che ti sei costruito.»
Salman Rushdie, l’autore dei famosi Versi Satanici, definisce l’Io
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come il figlio prediletto del Rinascimento italiano. Ma è un figlio scapestrato, fonte di patimenti e fraintendimenti. Un articolo
scientifico di un affermato psicologo giapponese, incentrato sulle
differenti patologie presenti nel mondo occidentale e in quello
orientale, terminava con queste parole, ironiche fino a un certo
punto: D’altronde noi orientali non abbiamo l’Io.
La domanda inespressa di quaranta occhi vagolanti trova la voce
di Clelia: allora che cosa dobbiamo fare?
«Liberarci di noi stessi, di tutte le false identificazioni che crediamo di essere. Chiudete gli occhi. Mettetevi comodi. Siete comodi veramente quando potete abbandonarvi, quando cedete. Ora
pronunciate il vostro nome a bassa voce e ascoltatelo andare via.
Cercate lo spazio vuoto e silenzioso dentro di voi. Lì risiede l’energia vitale, che contenete e che in un certo senso vi contiene.»
Cecilia tira su con il naso e racconta che dopo la fine del suo matrimonio non è più riuscita a essere se stessa; lotta, ma non riesce.
«Non lottare, crolla. Arrenditi. Il tuo Io scemerà e l’energia vitale
prenderà il sopravvento e ti porterà là dove devi andare.»
Nel film Matrix, che cita esplicitamente il motto greco conosci te
stesso, l’eletto ha il compito di distruggere Matrix, ossia il complesso di illusioni in cui siamo immersi e che crediamo essere la
realtà. A guidarlo nell’impresa è il capo dei ribelli Morpheus, che
nella mitologia greca è figlio di Ipnos (sonno e quindi silenzio)
e Notte (ovvero il buio). Neo, così si chiama l’eletto, dovrà per
prima cosa perdere se stesso, vale a dire ciò che crede di essere, la
fallace idea della sua identità che gli è stata imposta da Matrix.
Quando sono davvero me stesso? La domanda torna ogni giovedì.
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«Quando non fai fatica. Nelle cose che ti vengono naturali, nelle
azioni spontanee sei te stesso.»
Ho capito, però mi rimane una domanda, puntualizza Maria Cristina: come liberarci dal personaggio in cui siamo incastrati?
«Osserviamoci senza giudicarci. Diventiamo testimoni di noi
stessi. Mentre percepisco rabbia, invidia, gelosia, ira, tristezza acquisisco consapevolezza: a mano a mano che diventerò un puro
osservatore, la coscienza sarà sempre più nitida, e svaniranno
certezze, autodefinizioni e rancori, che sono il frutto delle nostre
identificazioni. L’osservazione è coscienza. Ci ammaliamo perché
veniamo assorbiti da identità che non ci appartengono.»
In Au Hasard Balthazar del grande regista francese Robert Bresson, l’asino protagonista del film è un osservatore puro, un testimone privo di giudizio e nel contempo, come metafora, l’insieme
dei personaggi: per quanto passi attraverso terribili vicissitudini è
l’unico a non perdersi in sterili identificazioni e a conservare uno
sguardo intatto. La coscienza?
Lo scopo della vita è vivere, scrisse l’autore americano Henry Miller, e vivere significa essere consci, gioiosamente, ebbramente, serenamente consci.
Diego si agita e protesta: mi riesce difficile accettare questi discorsi, cedere, aspettare… Io sono come mio padre, un lottatore!
«Sei un cliché perché ti autodefinisci. Ti condanni a un ruolo, e
per questo soffrirai, perché non riuscirai a esserne all’altezza. Ciascuno di noi possiede qualcosa di unico, ma non dobbiamo cadere nell’errore di voler essere speciali nello stesso modo di qualcun
altro, anziché in quello che ci appartiene.»
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Indice
Introduzione
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Capitolo I
La prima volta
Non si guarisce lentamente, si precipita nella guarigione
9
Capitolo II
Dal ragionamento alla percezione
La vita ti prende e ti porta dove devi andare
15
Capitolo III
L’identità e lo sconosciuto
La dea che ti abita: quella sei tu
23
Capitolo IV
L’eros
La forza più potente della vita
31
Capitolo V
Il tempo
Se stai nel passato, vivi con i morti
39
Capitolo VI
I disagi
La vita è una danza e i disagi ci fanno danzare
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Capitolo VII
La conoscenza di sé
Non devi diventare te stesso, lo sei già
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Indice
Capitolo VIII
I ragionamenti e i progetti
La psicologia della resa:
cedere è quello che dobbiamo fare
59
Capitolo IX
Donna versus uomo
Il litigio salva la coppia
65
Capitolo X
I pensieri
La vita è scoprire giorno dopo giorno qualcosa di te
che non sai e che non sapevi di avere
71
Capitolo XI
Le sostanze dell’anima
Ogni giorno viviamo un avvenimento
79
Capitolo XII
Il benessere
Le azioni che cambiano la vita
85
Capitolo XIII
La vita è qui e ora
Noi non siamo la nostra storia
93
Capitolo XIV
Problemi e decisioni
L’anima decide in un istante se non la ostacoli
101
Capitolo XV
Il segreto e le parole nella coppia
La donna è un essere meraviglioso
che vive nell’apparire e nel nascondersi
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A TU PER TU CON RAFFAELE MORELLI
Capitolo XVI
La fantasia e i sogni
Le immagini riattivano e rigenerano il cervello
115
Capitolo XVII
Le contraddizioni
Se io sono più persone ho più possibilità
123
Capitolo XVIII
Le cause del malessere e il sapere innato
Chi dirige la propria vita sta male.
La vita deve essere incerta
131
Capitolo XIX
Lascia sbocciare il tuo seme
Qualcosa che non so sta facendo quello che sono
139
Capitolo XX
I periodi neri
Mi perdo nell’attesa di qualcosa che sta arrivando
e non so cos’è
147
Capitolo XXI
Le opinioni e i giudizi
L’autostima è essere se stessi
in tutte le situazioni
153
Capitolo XXII
Il peso dei giorni tutti uguali
La vita stanca
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Conclusione
Il mio metodo
Colloquio con Raffaele Morelli
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