Dal Proemio del Decameron
Adunque, acciò che in parte per me s'ammendi il peccato della fortuna, la
quale dove meno era di forza, sì come noi nelle dilicate donne veggiamo, quivi
più avara fu di sostegno, in soccorso e rifugio di quelle che amano, per ciò che
all'altre è assai l'ago e 'l fuso e l'arcolaio, intendo di raccontare cento novelle, o
favole o parabole o istorie che dire le vogliamo, raccontate in diece giorni da una
onesta brigata di sette donne e di tre giovani nel pistelenzioso, tempo della
passata mortalità fatta, e alcune canzonette dalle predette donne cantate al lor
diletto.
Nelle quali novelle piacevoli e aspri casi d'amore e altri fortunati avvenimenti
si vederanno così né moderni tempi avvenuti come negli antichi; delle quali le già
dette donne, che queste leggeranno, parimente diletto delle sollazzevoli cose in
quelle mostrate e utile consiglio potranno pigliare, in quanto potranno
cognoscere quello che sia da fuggire e che sia similmente da seguitare: le quali
cose senza passamento di noia non credo che possano intervenire. Il che se
avviene, che voglia Idio che così sia; a Amore ne rendano grazie, il quale
liberandomi dà suoi legami m'ha conceduto il potere attendere à lor piaceri.
Favole: fabliaux (racconti in versi che si
diffondono in Francia con la fine del XII
secolo presso le corti: spesso scherzosi e
dissacranti; spesso strumento di “satira”
rivolti contro i ceti subalterni).
Parabole: narrazioni di predicatori.
Istorie: dicta e facta: cioè racconti
memorabili di uomini illustri.
1° PAMPINEA
Tema libero (ma dominano le meta-novelle (cfr. I, III e VII)
2° FILOMENA
Storie travagliate e rovesci di fortuna a lieto fine
3° NEIFILE
Acquisti o recuperi grazie all’‘industria’
4° FILOSTRATO
Storie d’amore con finale infelice o tragico addirittura
5° FIAMMETTA
Storie d’amore travagliate ma concluse felicemente
6° ELLISSA
Motti leggiadri e risposte pronte per cavarsi d’impaccio
7° DIONEO
Beffe giocate dalle donne ai mariti, ‘per amore o salvamento’
8° LAURETTA
Beffe in generale
9° EMILIA
Tema libero
10° PANFILO
Atti liberali e magnanimi
Giornata I novella 1°
Ser Cepparello con una falsa confessione inganna un santo frate e
muorsi; e, essendo stato un pessimo
uomo in vita, è morto reputato per
santo e chiamato san Ciappelletto.
Il mercante Musciatto, fiorentino
fatto cavaliere in Francia, dovendo
accompagnare Carlo di Valois in
Italia, affida la riscossione di certi
suoi crediti difficili da esigere ad un
uomo crudele e spietato, Cepparello.
Questi, trovandosi in Borgogna,
ospite di due usurai fiorentini, si
ammala mortalmente. Gli ospiti si
preoccupano che un uomo tanto
malfamato possa morire in casa loro.
Ma Cepparello salva loro (e se
stesso?) con una falsa confessione
che gli guadagna la santità..
Ipotesi interpretative in alternativa,
espresse da ultimo in una coppia di
saggi pubblicati nel 2001 sulla
“Rassegna Europea della Letteratura
Italiana”:
• M. CANOVA, Ciappelletto e il
progetto di Dio: lettura di
"Decameron" I.1 : Dio usa per i suoi
fini imperscrutabili anche gli uomini
peggiori. La ‘santità’ di Ciappelletto
produce un inatteso risanamento
morale dei Borgognoni
• M. PICONE, Una scheda per
Ciappelletto : la vicenda di
Ciappelletto è una chiave per
interpretare tutto il Decameron, sorta
di monumento destinato a celebrare
il potere inarrestabile dell’arte
narrativa.
Nella cultura medioevale circolano attraverso i trattati di retorica
sia repertori di sentenze (Giovanni di Garlandia, Boncompagno
da Signa), disposte per argomenti , sia raccolte di proverbi, in
ordine alfabetico (Bene da Firenze, Bono da Lucca).
PROVERBIO
SENTENZA
• il proverbio è generalmente
accettato sulla base di
un’esperienza comune,
• il proverbio è un giro di
frase autonomo, traslato e
parabolico
• ha una forma involuta
• la sentenza trasmette un
imperativo morale e
s’impone attraverso una
tradizione autorevole
• la sentenza si avvale di un
linguaggio piano e
discorsivo
• ha una forma distesa e
chiara
Esempi di entimema* nel Decameron
(*sillogismo che muove da una premessa non inconfutabile)
[la monaca spregiudicata in III 1, Masetto da Lampoerecchio]
- Ohimè,- disse l'altra - che è quello che tu di'? Non sai tu che noi
abbiam promesso la virginità nostra a Dio?
- O, disse colei, quante cose gli si promettono tutto 'l dì, che non
se ne gli attiene niuna! se noi gliele abbiam promessa, truovisi
un'altra o dell'altre che gliele attengano.
[Emilia nell’introdurre V 2]
Ciascun si dee meritamente dilettare di quelle cose alle quali
egli vede i guiderdoni secondo le affezioni seguitare: e per ciò
che amare merita piú tosto diletto che afflizione a lungo andare,
con molto mio maggior piacere della presente materia parlando
ubidirò la reina, che della precedente non feci il re.
Decameron III 6 [Ricciardo Minutolo]
Il giovane e ricco nobiluomo napoletano Ricciardo Minuto, pur essendo
sposato ad una giovane altrettanto degna si innamora della bellissima Catella,
sposa fedele di Filippo Sighinolfi. La fedeltà di Catella sembra incrollabile, e
anzi la dama è gelosissima del marito. Per conquistarla allora Ricciardo
fingedsi non essere più innamorato di lei, ma di un’altra: e riesce così a
vincere almeno la più aspra ritrosia di Catella. In un’estate calda la brigata di
nobili si trasferisce ai bagni. Ricciardo approfitta della maggiore dimestichezza
che si è creata per fra credere a Catella che Filippo sta cercando di conquistare
sua moglie, forse per vendicarsi della passione di Riccardo per Catella,
ricambiandolo con la stessa moneta. Convince quindi Catella a sostituirsi
segretamente all’innamorata di Filippo e ad accettare le sue avances per
smascherarlo. Catella accetta e si traveste, ma al convegno notturno si
presenta – mascherato da Filippello – lo stesso Ricciardo. Quando spunta il
giorno Catella si accorge disperata che, credendo di svergognare il marito
adultero, in realtà è stata lei a tradirlo. Sul momento gli giura vendetta, ma
Riccardo sa convincerla e riesce quindi – avendola messa di fronte al fatto
compiuto – a diventare stabilmente la sua amante.
Tre forme di uso del proverbio nel Decameron
Giornata II (Filomena)
Giornata III (Neifile)
storie travagliate a lieto acquisti o recuperi
fine
grazie all’‘industria’
Giornata IV (Filostrato)
storie d’amore con
finale infelice
novella VII (Panfilo):
disavventure di Alatiel
novella IV (Panfilo):
digiuno di Isabetta
novella II (Pampinea):
punizione di frate
Alberto
Bocca basciata non
perde ventura, anzi
rinnuova come fa la
luna
Chi la sera non cena,
tutta notte si dimena
Chi è reo e buono è
tenuto, può fare il
male e non è creduto
il proverbio conclude la
narrazione di II grado e
rappresenta una sorta
di ‘gnome’, in questo
caso paradossale
il proverbio è usato dal
personaggio della
moglie fedifraga, e
scatena la comicità per
il doppio senso osceno
il proverbio offre lo
spunto alla narrazione,
che nel finale, tuttavia,
ne svela la fallacia
Naufragio a Maiolica
(Maiorca, Baleari)
Sedotta da Pernicone
Pernicone viene ucciso dal
fratello Marato
Portata a forza su una nave
da Marato
Posseduta da Marato
Marato viene ucciso dai
padroni della nave
Viaggio alla volta del
Peloponneso
I padroni della nave i
contendono Alatiel
Uno dei due uccide l’altro
e resta ferito
A. sbarca a Chiarenza con
l’armatore ferito
Se ne innamora il principe
di Morea
I parenti del ferito la
cedono al principe
Il duca d’Atene visita il
principe di Morea
Un folle amore per A.
coglie il duca d’Atene
Il duca uccide il principe e
rapisce Alatiel
Il duca porta Alatiel in una
dimora presso Atene
Il fratello del principe di
Morea fa guerra al duca
Il duca chiede aiuto a
Costantinopoli
A. viene rapita da
Osbech, re dei Turchi, fa
Constanzio (figlio
guerra a Constanzio
dell’imp.) e portata a Chios
Osbech affida A. ad
Antioco e va a combattere
Basano di Cappadocia
Antioco, morto Osbech,
fugge con A. a Rodi
Il mercante porta con sé A.
a Cipro.
A Rodi Antioco muore e
lascia A. a un mercante
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proverbi nel Decameron