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Ospedale
Ricovero in “barella”
Il punto di vista del Pronto Soccorso
Paola Dell’Aquila
È
sempre più frequente
che ci sia mancanza di
posti letto in ospedale!
Infatti, nonostante il calo
dei tempi medi di degenza, la consistente riduzione dei posti letto, combinata alla assenza di alternative valide sul territorio,
porta alla necessità di accogliere persone in sovrannumero rispetto alla reale
disponibilità, soprattutto nei reparti di
Medicina.
Per i pazienti senza posto letto viene
invocata, dai medici di Pronto Soccorso,
la temporanea sistemazione di “letti
tecnici aggiunti” (se sei ottimista) o
“barelle” (se sei pessimista) giustificati
dal criterio della “eccezionalità”, ben
consapevoli che esse non rappresentano uno standard di sicurezza e di accoglienza del paziente: la privacy viene
meno ed è difficile garantire un’adeguata assistenza medico-infermieristica,
non solo perché il numero degli operatori deve essere distribuito su un maggior numero di degenti, ma anche perché la sistemazione in barella rende più
difficoltosa la prestazione sanitaria,
dalla semplice igiene alle manovre di
emergenza.
Tale richiesta solo saltuariamente
giunge a buon fine “per gentile concessione di qualche medico buono
dei reparti”, risultando, invece, una
delle più gradite forme di conflittualità
tra i colleghi dei vari reparti (…superior
stabat lupus…) con quelli del Pronto
Soccorso (…inferior agnus…Fedro), accusati storicamente, questi ultimi, di
non svolgere bene il proprio lavoro di
filtro (si consideri, invece, che i ricoveri dell’anno 2008 sono stati appena il
17.0 % rispetto agli accessi totali in PS
-dati nazionali SIMEU).
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Notiziario luglio 2009
Foto Leonard Freed
La carenza dei posti letto è invece,
al di là dei luoghi comuni, un problema
nazionale: il 9 febbraio 2009 è stata
organizzata a Roma una manifestazione, chiamata “barella day”, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni da trincea di guerra in cui sono
costretti a lavorare medici ed infermieri dei Pronto Soccorso.
Infatti essi, sempre più spesso, devono protrarre l’assistenza anche dopo
il trattamento della fase critica in quei
pazienti che, nell’attesa di essere ricoverati, trascorrono tempi biblici nelle
stanze delle Osservazione Breve (OBI)
dei Dipartimenti di emergenza ed accettazione, degradate a limbo ospedaliero.
In tali paradossali attese aumenta il
rischio clinico degli operatori del settore d’emergenza, sempre impegnati nell’
accettazione e trattamento dei nuovi
accessi ed inadeguati numericamente
per una assistenza protratta al pazien-
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te critico già precedentemente valutato
e trattato.
Eppure, a detta degli amici-colleghi
ospedalieri, la soluzione è semplice:
“trasferisci!” senza considerare che,
alla scarsa collaborazione intraospedaliera, si associa la totale mancanza di
collaborazione da parte degli altri
ospedali.
Infatti nessuna forma di controllo
interospedaliero, da parte di un organo
sovraordinato provinciale e/o regionale, avviene in merito alla dichiarazione
di disponibilità di posti letto, sia di
medicina generale che di medicina di
alta specialità, e l’effetto fisarmonica si
ripercuote pertanto solo sulla Osservazione Breve dei Pronto Soccorso.
L’assessorato alle politiche sanitarie, le direzioni sanitarie aziendali, in
coro con i primari dei reparti, “si mettono a parte civile” richiedendo il contenimento dei ricoveri in barella.
Giustissimo, chi potrebbe dar loro
torto! Non sta bene che un contribuente stia su un mezzo di fortuna! Ma per
questo servono “letti veri”.
Il problema è serio e va risolto con
correttivi da adottare studiando tutti gli
aspetti del fenomeno; fenomeno che si
ripete ciclicamente dall’autunno alla
primavera, per lo più a causa di anziani portatori di comorbilità, che riempiono le corsie d’ospedale con insufficienze respiratorie, ictus e disturbi cardiocircolatori.
Carte alla mano, l’utente si metterà
in macchina o in ambulanza per chiedere assistenza ai sanitari del Pronto
Soccorso dell’ospedale cittadino e questa è solo la prima fase di un disservizo organizzativo che culminerà con il
picco dell’influenza in una regione dove
il numero totale di posti letto per acuti
è di 3.6/1000 abitanti.
Ed allora nessun assessore, nessun
direttore sanitario, nè primario di
reparto verrà a prendere posizione a
tutela dell’utente nei confronti di quei
reparti ospedalieri che, con mille giustificazioni, rifiuteranno di collaborare
concretamente con i colleghi di Pronto
Soccorso che sono gli unici, anche se
al collasso, a non poter rifiutare l’assistenza, potendo offrire solo “letti
aggiunti” e chiedendo ai reparti di
condividerne eccezionalmente l’incombenza.
Ed è allora che la legalità trionfa nei
nostri ospedali: “…e se il paziente
cade? …mi dispiace ma il mio primario
non vuole!… sai, è per motivi medicolegali!”.
Ma forse sarebbe utile parlare di
legalità anche per le dichiarazioni di
disponibilità di posti letto per i ricoveri
d’urgenza rispetto a quelli ordinari, o
sulla responsabilità alla collaborazione
che hanno i reparti di degenza nel far
fronte ad esigenze stagionali attraverso l’assistenza diurna.
Ed ancora di legalità si potrebbe
parlare relativamente alla concretezza
dei sistemi di proseguimento assistenziale, consistenti nella lungodegenza,
hospice ed assistenza domiciliare integrata, indicate dai piani della salute
quali opportunità per accelerare il tournover dei pazienti degenti nei reparti di
medicina generale attraverso una rete
di sicurezza.
Ed ancora sarebbe utile parlare di
legalità con le direzioni sanitarie, quando esitano a disporre il blocco temporaneo allo svolgimento della attività
ordinaria quale risposta ad esigenze
eccezionali o l’utilizzo flessibile di posti
letto ospedalieri che hanno, per definizione, un minore indice di occupazione
e che rimarranno vuoti nella stessa
notte in cui l’anziano di turno passerà
le sue ore di sofferenza su una barella
fino a quando il pubblico ministero di
turno verrà ad indagare sul motivo per
cui, da lì, è caduto.
Ed ancora sarebbe utile parlare di
legalità nell’ applicazione dei protocolli
d’intesa tra le aziende sanitarie e le
case di cura private convenzionate, gli
IRCCS e gli enti ecclesiastici relativamente ai ricoveri d’urgenza.
E perché no, parlare di legalità circa
la
responsabilità
della
Centrale
Operativa del 118 nel disporre di una
mappa delle disponibilità dei posti su
cui distribuire gli invii in ospedale, o dei
Sistemi Informatici Regionali per verificare e correggere la appropriatezza dei
ricoveri ordinari.
Sempre nei piani della salute si
legge: il ricovero urgente è disposto
dal medico di Pronto Soccorso quando
giudica le condizioni del paziente tali
da richiedere un’ immediata assistenza in regime di ricovero. Nel caso in
cui non vi siano posti letto disponibili,
il ricovero è comunque garantito in
un’altra struttura pubblica tramite il
trasporto protetto del malato; adesso
abbiamo più di un motivo per sorriderne insieme!
Una proposta provocatoria può
essere quella di istituzionalizzare la
situazione dei ricoveri in barella, riconoscendoli come atti formali di assistenza sanitaria anche dal punto di
vista economico, rendendoli pertanto
“appetibili” per le strutture complesse
di degenza.
Ma le associazioni di tutela per i
diritti del malato non approvano.
E così ci avviciniamo ad una vera
emergenza, un’emergenza che riguarderà i reparti deputati a gestire le
emergenze, e cioè i pronto soccorso ed
i dipartimenti di emergenza, i cui organici, impegnati al trattamento in emergenza dei pazienti acuti, si troveranno
ad essere giudicati dall’utenza anche
sulla capacità di assistenza protratta
come il personale di reparto.
“Il posto letto è un bene prezioso e
deve essere utilizzato in modo accurato e appropriato, non solo dai medici di
Pronto Soccorso, ma da tutto l’Ospedale”.
A tal fine ci preme ricordare che
solo il 15% dei pazienti che accedono
ai Pronto Soccorso richiedono cure in
Emergenza – Urgenza (codici Gialli e
Rossi) ed avranno bisogno di un proseguimento terapeutico in acuto, che
spesso viene attuato con il disagio di
un trasferimento mal tollerato o, dove
esiste volontà alla condivisione di
responsabilità, tramite il ricovero aggiunto in barella; le patologie croniche
cardio e cerebrovascolari, respiratorie
e metaboliche dovrebbero essere gestite attraverso una programmazione
sanitaria in grado di fornire soluzioni
economicamente più vantaggiose del
ricovero ordinario, con l’obiettivo combinato di decongestionare le strutture
di Emergenza.
Ben venga dunque la “medicalizzazione del Territorio”, tanto decantata e
finanziata nei vari Piani della Salute,
ma sinora si continua sempre a “ scaricare rogne “sui tanto vilipesi Pronto
Soccorso ospedalieri, salvo poi a
strombazzarne scandalizzati l’inadeguatezza, invece che completarne gli
organici ed allestire in ogni Pronto
Soccorso le strutture destinate all’Osservazione Breve Temporanea.
Riteniamo di non aver espresso soltanto “grida di dolore” “di parte” , ma
vorremmo avviare una concreta riflessione sulle reali priorità assistenziali
“regionali”, alla luce delle necessità
presenti e non di più o meno futuribili
progettualità.
Notiziario luglio 2009
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Ricovero in “barella” - Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri