east33 Pp 152-157 Ita
25-11-2010
15:22
Pagina 152
LEADER GLOCALISTI
nanziaria e commerciale di Nuova Defim, mentre l’altro
a.d., Luciano Benini, di quella tecnico-produttiva. Ad
Agrate Brianza, headquarter e sede dell’unico stabilimento in Italia su una superficie di 25mila metri quadrati, lavorano circa 40 dipendenti. Il presidente è Giovanni
Pasini, fratello di Giuseppe, che è presidente del gruppo
controllante. La società brianzola realizzerà la recinzione della Domus Aurea di Roma, il palazzo fatto costruire
da Nerone dopo l’incendio del 64, con un prodotto battezzato Recintha 202, una rete di fili metallici adatti ad
aree di pregio. La presenza oltrefrontiera di Nuova Defim
è consolidata, ma nel quartier generale di Feralpi Holding
stanno pensando di aggiungere qualche “paletto”.
Messaggi,
un saldatore da esportazione
Specializzata nella produzione di reti elettrosaldate speciali, recinzioni e cancellate ad uso
professionale, industriale e civile, la Nuova Defim è stata acquisita dal gruppo Feralpi, uno dei
maggiori player siderurgici europei, con 1400 dipendenti, una produzione di acciaio pari a 1,78
milioni di tonnellate all’anno e un fatturato
I NUMERI
La Nuova Defim
è stata fondata
a Lecco nel 1935
da Luigi Montanelli
e dalla moglie
Ermilda.
2009 di 700 milioni (stima 2010 a 900 milioni).
●
La società di Agrate Brianza punta
ora decisamente sull’estero. Come spiega in
La stima del fatturato
2010 è di 16 milioni
di euro; una
quota del 30 %
è appannaggio
dell’export.
questa intervista il capo azienda Alberto
Messaggi.
●
a cura di Antonio Barbangelo
Oggi è del gruppo
Feralpi: 1400
dipendenti, fatturato
del 2009: 700 milioni.
«
el 2005 abbiamo realizzato una recinzione di massima sicurezza per tracciare il confine tra Emirati
Arabi e Oman. Ben 400 chilometri di recinzione
safety, installata in soli due anni». Alberto Messaggi racconta una delle progettazioni più significative realizzate all’estero da Nuova Defim, di cui è amministratore delegato, insieme a Luciano Benini. La società, con sede ad
Agrate Brianza, nel Comasco, è specializzata nella produzione di reti elettrosaldate speciali, recinzioni e cancellate ad uso professionale, industriale e civile. Dal febbraio dello scorso anno la realtà brianzola (ex Defim) è
stata acquisita dal gruppo Feralpi, uno dei maggiori player siderurgici europei, con 1400 dipendenti, una produzione di acciaio pari a 1,78 milioni di tonnellate all’anno e un fatturato 2009 di 700 milioni (stima 2010 a
900 milioni). «Feralpi è stata fondata nel 1968 da Carlo
Nicola Pasini, che ha fatto della siderurgia al servizio dell’edilizia il proprio core business», aggiunge Messaggi.
«Ha acquisito società in Italia e nel resto d’Europa, e og-
N
152 . east . europe and asia strategies
Alberto Messaggi.
gi è presente con aziende in Germania, Repubblica Ceca,
Ungheria e Romania; ma ha anche esplorato altri settori,
come l’ambiente o l’itticoltura».
La controllata, Nuova Defim, ora si trova in una fase di
rilancio dell’attività, in Italia e all’estero. La stima del fatturato 2010 è di 16 milioni di euro; una quota del 30% è
appannaggio dell’export. Nato nel 1953 in provincia di
Cremona, Alberto Messaggi in passato ha avuto esperienze lavorative presso gruppi internazionali in settori produttivi differenti: Ciba Geigy Sa, Sanofi Sa, San Pellegrino Spa, Legler Spa; da diversi anni è Cfo del gruppo Feralpi. Dal 2009 si occupa della parte amministrativa, fi-
Veniamo alle origini.
Quando è nata la Defim?
La Defim venne fondata a Lecco nel
1935 da Luigi Montanelli, insieme alla
moglie Ermilda. La produzione all’epoca era legata alle reti intrecciate
per cancellate, reti tessute in genere e
ai contenitori metallici. Nel corso degli
anni ha fornito aziende come Fiat, Borletti, poi Alfasud. Defim produceva anche gabbie per allevamenti avicoli e
una serie di derivati del filo metallico.
Negli anni successivi?
La produzione venne ampliata ai
cestelli filtranti. A partire dai primi
anni Novanta Defim inizia la produzione di reti elettrosaldate a uso industriale, successivamente allargata al
campo delle recinzioni.
Può spiegare, in sintesi, quali sono i prodotti offerti oggi?
I prodotti di Nuova Defim sono suddivisi in due macrocategorie: edilizia e siderurgia. Sul versante edilizia
forniamo recinzioni e cancellate per aree che vanno dai
cantieri al residenziale, fino all’industria e ai parchi giochi. Mentre l’ambito della siderurgia riguarda la produzione di rete elettrosaldata. Possiamo fornire sia piccoli
che grandi lotti.
Una novità, tra i vostri prodotti?
Citerei i sistemi di recinzione e controllo accessi adat-
ti alla messa in sicurezza di parchi fotovoltaici. Sono dotati di sistemi di fissaggio brevettati, e materiale zincato
e verniciato in poliestere.
Dove troviamo i link con il gruppo controllante?
Le sinergie con il gruppo Feralpi riguardano soprattutto il settore edile.
Quali sono le tipologie di clienti di Nuova Defim,
in Italia e all’estero?
I nostri clienti sono aziende pubbliche e private. Sul
versante dei clienti pubblici lavoriamo per la costruzione di stadi, parchi o zone di intrattenimento pubblico,
autostrade. Quanto ai privati si va dai commercianti di
materiale edile, alle imprese che posano tubazioni sottomarine, fino ai grandi appalti per segnare i confini di Stato o delimitare maxiaree.
Anche tubazioni sottomarine?
Certo. In questo comparto abbiamo solo tre, quattro
concorrenti al mondo. Sono reti metalliche che proteggono le tubazioni sottomarine di idrocarburi. Sopra a
queste reti viene posto anche uno strato di cemento:
un’operazione che viene eseguita a terra, oppure su grandi piattaforme galleggianti, prima della posa in mare.
Quando è avvenuto il primo export? In quali Paesi?
Le prime esportazioni risalgono al 2003, in Francia e
in Inghilterra. L’azienda ha venduto reti standard per
l’edilizia e recinzioni.
E oggi dove esportate?
L’export riguarda circa 20 nazioni. I Paesi più interessati sono: Francia, Inghilterra, Danimarca, Arabia Saudita ed Egitto. In Europa va l’80% della nostra produzione
oltrefrontiera, in Medio Oriente il 15% e in altre aree il
rimanente 5%.
Chi è stato il committente della recinzione tra Oman e Uae?
Il cliente finale è stata la Divisione forze armate del ministero degli Interni degli Emirati Arabi Uniti. In alcune
fasi più di 400 montatori operavano simultaneamente in
diversi tratti dell’installazione per ultimarla nei tempi
stabiliti. Il tutto in pieno deserto, con 45 gradi all’ombra.
La società ha realizzato la recinzione e partecipato all’installazione per i 400 chilometri di confine tra Uae e
numero 33 . dicembre 2010 . 153
east33 Pp 152-157 Ita
25-11-2010
15:22
Pagina 154
rubrica
Oman, ma il progetto completo era di circa 1000 km: gli
altri 600 riguardavano il confine tra Uae e Arabia Saudita, commessa affidata a un altro fornitore.
Il Medio Oriente è un’area che conoscete…
Sì. In questa area l’azienda opera da anni. Nel 2005, per
esempio, i prodotti di Defim erano presenti nella XV edizione degli Asian Games, che si sono svolti a di Doha, nel
Qatar. Sono state fornite le recinzioni provvisorie per delimitare gli spettatori della maratona e la recinzione di
uno stadio. I Giochi asiatici sono un evento sportivo quadriennale che prevede la competizione tra i migliori atleti del continente asiatico. La manifestazione è organizzata dal Consiglio olimpico asiatico, sotto la supervisione del Cio, il Comitato olimpico internazionale.
Può citare un esempio di una vostra fornitura in Europa?
I circa 6 chilometri di recinzione presso l’aeroporto di
Dublino, costruita nel 2007; oppure la realizzazione del
recinto dove si sono tenuti i concorsi ippici dei Giochi
olimpici di Atene nel 2004.
Come funziona la rete distributiva all’estero di Nuova Defim?
Operiamo con grandi clienti istituzionali, o attraverso
centri di distribuzione ben radicati nei vari mercati di riferimento, stabilendo con loro rapporti diretti o – dove è
già attiva una rete di vendita – attraverso i rappresentanti. Teniamo sempre separati i due mercati che contraddistinguono la nostra produzione: edilizia e siderurgia.
Quali sono i mercati di sbocco potenziali?
Stiamo puntando sui Paesi nei quali la presenza di Defim era già consolidata: il Medio Oriente, alcuni paesi del
Vecchio continente, come Regno Unito e Francia. E stiamo guardando con molto interesse all’Africa del Nord:
Marocco, Algeria, Egitto. Peraltro l’Africa rappresenta già
un mercato esplorato e conosciuto dal gruppo Feralpi.
A proposito del gruppo controllante,
Feralpi è presente oltrefrontiera anche con unità produttive?
Sì. In Germania abbiamo sue società: Esf Elbe–Stahlwerke Feralpi GmbH, e la Edf Elbe-Drahtwerke Feralpi GmbH. Nella Repubblica Ceca è presente la Feralpi
Praha Sro, e in Ungheria la Feralpi Hungària Kft. Inoltre
la Germania ospita società di commercializzazione e di
spedizioni.
154 . east . europe and asia strategies
Torniamo a Nuova Defim. Potreste considerare con interesse
anche il quartetto dei Bric (Brasile, Russia, India, Cina)?
Brasile e Russia, ad oggi, non sono zone di potenziale
sbocco. L’India appare più come una opportunità che
una minaccia.
L’India ha ormai alcuni dei giganti della siderurgia
mondiale, come Tata Seel, il gruppo Mittal o Essar.
Come valutate la concorrenza di questi player
nei confronti degli attori europei del settore?
Per quanto riguarda le società come Tata o Mittal non
si può parlare di concorrenza per la nostra realtà, in
quanto non trattano i medesimi prodotti; altri competitor indiani invece – che pure hanno sviluppato importanti competenze nel settore siderurgico – sono ancora
largamente assenti nei comparti “a valle“, come quello
di Nuova Defim.
E i cinesi?
Le industrie cinesi, per molti prodotti, sono concorrenti attivi perché fanno leva solo sul fattore prezzo.
Come vi muovete per battere questa concorrenza?
Spesso, se i lotti sono molto grandi, la fornitura non
viene ritenuta conveniente, e non viene accettata dai produttori cinesi. Noi, oltre alla qualità, possiamo garantire
tempi più rapidi di consegna e la certezza della fornitura, anche per lotti più contenuti.
Quali sono oggi le leve di marketing della vostra società?
Dobbiamo affrontare i continui cambiamenti della globalizzazione. È importante agire su nicchie di mercato
che diano spazio a margini di profitto maggiori rispetto
ai mercati di massa. La miglior pubblicità è generata dall’affidabilità e dalla vicinanza al cliente.
Partecipate a fiere internazionali di settore?
Nel 2010 l’azienda ha partecipato alla fiera Big5, di Dubai, un evento espositivo nel settore dell’edilizia. Inoltre
eravamo presenti alla fiera Project Qatar 2010, che si è tenuta a Doha; e alla fiera Grames 2010, a Banja Luka, in
Bosnia.
Quali sono i nuovi progetti futuri di cui possiamo parlare?
Posso dire che sono in corso trattative per appalti di recinzioni confinarie e per tubazioni sottomarine.
.
LETTURE PILOTATE a cura di Alessandro Midlarz
Lynne Attwood
Gender and Housing in Soviet Russia - Private Life in a Public Space
presentato da Alessandro De Magistris
uovendosi sul crinale dei gender study, particolarmente ricco nel mondo anglosassone, il
libro di Lynne Attwood ripercorre, con lo
sguardo (ovviamente) attento all’esperienza e alla condizione femminile, la storia dell’abitazione nella storia del comunismo russo. Si tratta di un orizzonte privilegiato per analizzare le vicissitudini e
le implicazioni del rapporto tra sfera pubblica e privata e le relazioni tra i sessi nel
collettivismo, attraverso le complesse intersezioni tra ideologia, trasformazioni
sociali ed economiche, politiche di settore e programmi progettuali che caratterizzano i settanta anni di storia sovietica.
La Attwood, già autrice di un interessante volume, Creating the New Soviet Wo-
M
Macmillan / 288 pagine / 89,95 $
man (Londra, Macmillan 1999), esplora la
materia ricostruendone in dodici capitoli le tappe, gli snodi e le metamorfosi nelle diverse fasi dell’Urss. Muove dal comunismo di guerra in cui prendono avvio le
“compressioni” che inaugurano la storia
della Russia rivoluzionaria e rendono le
kommunalki (le residenze in coabitazione) la condizione dominante nel panorama abitativo urbano, sino alla rivoluzione privatistica avviata con la perestrojka
e culminata con la liberalizzazione dell’epoca eltsiniana. Il lavoro non può dirsi
originalissimo: trova le proprie fonti principali nello spoglio di alcune riviste
d’epoca e in una letteratura specializzata che è ormai vasta, per trattare di una
materia che, pur osservata sotto un taglio
specifico, è ampiamente studiata. Ma ha
il pregio di fornire un utile companion,
dunque una sintesi intelligente, per accostarsi ad aspetti salienti della storia russa del secolo breve, sottolineando i ripetuti mutamenti d’orizzonte ai quali la condizione abitativa – e femminile – è stata
sottoposta. Se, all’indomani della rivoluzione, la politica abitativa viene ispirata
da principi di radicale egualitarismo e
dalla radicale limitazione degli spazi fisici destinati alla vita privata, esaltati in alcune esperienze comunitarie, la Nep,
New Economic Policy, porta a una correzione significativa, in chiave moderata, di
questa tendenza, destinata a prendere
nuovamente slancio con l’avvio del Primo
piano quinquennale, tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta. È questa la fase in cui troveranno un importan-
te ma effimero varco soluzioni ed esperienze progettuali innovative – volte a
promuovere la nascita di un nuovo byt
(l’organizzazione della vita quotidiana)
collettivistico e la completa emancipazione della donna dalle incombenze domestiche. A partire dagli anni Trenta, e per
tutta l’epoca staliniana, viene nuovamente sancito il primato della famiglia (accompagnato da una visione più tradizionale del ruolo della donna), idealmente
al centro della cultura dell’abitare, ma penalizzata dalle costrizioni materiali e dalle condizioni reali. Con la destalinizzazione e la rivoluzione residenziale degli anni Sessanta e Settanta, questa istanza
troverà finalmente supporto nelle politiche di investimento dello Stato che porteranno a riaffermare gradualmente la
centralità della dimensione privata. Finché nella Russia postsovietica si manifesteranno per la prima volta i segni dell’appropriazione patriarcale dello spazio domestico, specie nella nuova élite russa.
numero 33 . dicembre 2010 . 155
east33 Pp 152-157 Ita
25-11-2010
15:22
Pagina 156
rubrica
LETTURE PILOTATE
Predrag Matvejevic
Pane nostro
presentato da Marina Gersony
Garzanti / 232 pagine / 18,60 €
iù antico della scrittura e del libro,
il pane è l’emblema di tutti gli alimenti e la metafora del nutrimento spirituale. Con il suo passato ricco di
sapienza e poesia, di necessità e di fede,
è in grado di abbracciare la storia intera
dell’umanità. Non per caso lo si ritrova,
con le sue mille forme, nelle opere d’arte
dell’antico Egitto come in quelle della pop
art. Pane nostro è il frutto di vent’anni di
lavoro, di ricerche appassionate, necessarie a Predrag Matvejevic per dare vita a
questa compiuta saga sul pane. Lo scrittore bosniaco raccoglie storie, aneddoti
e citazioni che prendono le mosse oltre
P
156 . east . europe and asia strategies
cinquemila anni fa e li sfrutta per parlare
di Dio e degli uomini, della pace e della
guerra, della fame e della ricchezza. È un
racconto senza fine che tratteggia mondi
diversissimi eppure legati alla medesima
realtà, quell’impasto di farina e acqua che
il fuoco e le tradizioni dell’uomo hanno
trasformato in sigillo della cultura. Ineccepibile Enzo Bianchi nella sua prefazione: “Ciascuno troverà in queste pagine
pane per la sua fame: sia essa anelito di
fede o attesa di giustizia, sia stupore per
il seme che cresce misteriosamente oppure curiosità di ripercorrere le infinite vie
nel tempo e nello spazio”.
Claudio Giunta
Il paese
più stupido del mondo
presentato da Stefania Viti
ono pochi i libri divertenti che riescono ad essere anche veramente interessanti. Il nuovo lavoro di
Claudio Giunta, professore di letteratura
italiana all’Università di Trento, è senz’altro tra questi. Il Paese più stupido del
mondo è un saggio in cui non si dice niente di profondo o di originale sul Paese del
Sol Levante. Non è un saggio su un luogo, ma sull’esperienza di un luogo. Il fatto che non sia Londra o New York ma il
Giappone (che naturalmente non è il Paese più stupido del mondo) rende tutto
più difficile, interessante e, inevitabilmente, superficiale. Ma la superficie conta. Ancora di più se, come succede all’autore, si viene catapultati per un paio di
S
Franco Botta e Giovanna Scianatico (a cura di)
Lezioni per l’Adriatico
Argomenti in favore di una nuova euroregione
Il Mulino / 184 pagine / 14,00 €
mesi in un universo estraneo come quello giapponese, di cui si ignorano lingua e
cultura. Giunta non è il primo a raccontare un’avventura di questo tipo ma a rendere questo libro diverso e certamente
migliore di altri è il metro scelto per misurare la superficie. A differenza di colleghi
anche molto illustri come Barthes, Parise e Calvino, l’autore non cade nel tranello in cui finiscono molti scrittori in trasferta per due settimane in Giappone, ovvero cercare di capire, illudersi di capire,
l’universale a partire dal particolare. Rifiuta anche le categorie alla moda, lo
straniamento e l’alterità. L’autore è più
originale: usa il Giappone per parlare dell’Italia e l’Italia per parlare del Giappone,
ed entrambi i Paesi per parlare di sé. Parte, insomma, dalla realtà che conosce
meglio: se stesso, l’Italia, gli italiani e la
loro cultura (o incultura). Il racconto del
suo viaggio è così anche e soprattutto un
reportage sull’Italia. La sua onestà intellettuale non gli permette di fare altro:
non è uno iamatologo né pretende di diventarlo in due mesi, per due mesi. E lo
dice. Con una scrittura fluida e ironica,
spesso divertente, dialoga con le voci
della sua bibliografia – da Montanelli a
Maraini – e con il lettore, citando episodi
di cronaca e prendendosi gioco dei luoghi comuni o dimostrandoli fondati, descrivendo i pregiudizi filo o, più spesso,
anti giapponesi dei colleghi e degli amici. Giunta sa di sapere e lo dimostra in
ogni riga. Anche a lui, come ai suoi dotti
colleghi, piace impressionare. Però è leale, scrive per farsi capire. Non è poco.
presentato da Giovanni Moro
Franco Angeli / 160 pagine / 19,00 €
siste davvero un’Europa adriatica?
È possibile ricreare una mentalità,
un pensiero, un immaginario condiviso dai popoli che vivono sulle sponde di questo mare lungo e stretto, spesso teatro di passioni nazionali ipertrofiche? Si riuscirà ad abbandonare il Novecento e le sue tragiche eredità? Consapevoli delle lacerazioni esistenti e di
quanto sia complicato fare ordine in uno
scenario in cui si fondono anime distanti come quella latina, slava, germanica,
turca, albanese e greca, i due curatori
danno vita a un volume ambizioso ma
onesto, raccogliendo gli sguardi e le opinioni non sempre coincidenti di intellet-
E
tuali di diversi Paesi, con formazione e
sensibilità dissimili, ma proiettati a sviluppare un dialogo. Le Lezioni per
l’Adriatico diventano allora una scommessa sulle potenzialità, nel doppio senso di verifica storica e prospettiva, dell’identità culturale di questa macroregione e sulla possibilità di trasformare le
contrapposizioni e le fratture in un nuovo orizzonte unitario. Un obiettivo da
raggiungere innanzitutto sviluppando
una letteratura interdipendente, necessaria per ricompattare la frammentarietà e la discrepanza delle immagini reciproche che i Paesi adriatici elaborano dei
propri vicini.
numero 33 . dicembre 2010 . 157
Scarica

east33_Pp_152-157_ITA_Web