Annalisa Micheloni
PAGINE E PAROLE – vol. B
Trevisini Editore
SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI A RISPOSTA CHIUSA
MOD. 1 – LE CARATTERISTICHE DEL TESTO POETICO
U.D.1 – Il testo poetico
pag. 23 “Ara Mara Amara” di A. Palazzeschi
DENOTAZIONE
1. In un piccolo prato tra gli alberi tre vecchie signore, accomodate sull’erba, ogni giorno ripetono
un gioco coi dadi
2. Un quadretto d’ambiente
3. Tre vecchie signore
4. Verde, non approfondito altro che dal tipo di alberi
5. I nomi delle tre donne, simili tra loro e contemporaneamente ripetitivi della sillaba finale, che le
identificano con uguali caratteristiche
CONNOTAZIONE
1. La vita dell’uomo verso la ineluttabile morte è affidata al caso
2. Una meditazione esistenziale
3. Sia le Parche della cultura greca che le Norne della cultura germanica, che presiedono al destino
umano, sono tre
4. La china del prato rappresenta il corso della vita, in discesa verso la sua conclusione,
rappresentata dai cipressi
5. Le prime due parole possono far pensare a dei nomi propri, assonanti tra loro, (anche se il primo
può richiamare l’idea dell’altare pagano), ma l’ultimo introduce l’idea che la vita, o la sua
conclusione, è caratterizzata dall’amarezza
AUTORE E CONTESTO
1. Dalle informazioni in fondo al volume non si può trarre alcun collegamento con il contenuto di
questa poesia, tuttavia si comprende la sua partecipazione ai movimenti di sperimentazione
letteraria
2. Tra i tanti paesaggi “metafisici” vedi per es. quelli in cui sono presenti statue solitarie
(riferimento alla cultura greca e ai suoi significati mitico-simbolici), immobili e senza tempo,
come “Le muse inquietanti”, “Enigma di un pomeriggio d'autunno”, “L'enigma dell'oracolo” o
“L’enigma e la gloria”, oppure i famosi “manichini” di De Chirico, che rappresentano l’essere
umano in una dimensione inquietante: l’autore sembra dirci che l’uomo contemporaneo è un
automa, governato, come in questa poesia di Palazzeschi, da entità superiori
RIFLETTIAMOCI SU
1. Forse perché è l’ultima fase della vita, la vecchiaia
2. Forse perché non si curano degli esseri umani, di cui continuano a decidere la sorte, senza
preoccuparsene
3. Svolgimento libero.
1
pagg. 26-27 “Il gelsomino notturno” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. In un giardino, di sera, si aprono i fiori del gelsomino e appaiono le farfalle notturne. Tutto tace,
si sente qualche bisbiglio da una casa mentre gli uccellini dormono nei nidi. Dai calici si esala un
profumo di fragole mature; una luce nella casa splende e l’erba del cimitero cresce sopra le
fosse. Un’ape ronza per entrare nell’arnia; in cielo brillano le stelle delle Pleiadi; il vento
continua a portare il profumo del gelsomino; il lume nella casa passa dalle scale e si spegne. È
l’alba: i fiori un po’ sciupati si chiudono; nell’ovario si custodisce l’inizio di una nuova vita
2. I fiori del gelsomino, le farfalle notturne, gli uccelli, le persone dentro la casa, l’erba, il lume
acceso dentro la casa, un’ape, le stelle...ma, naturalmente, è presente il poeta, come spettatore:
“...nell’ora che penso ai miei cari...”
3. La pianta apre i calici dei fiori all’arrivo della sera, esalando per tutta la notte il suo profumo;
all’alba i fiori si chiudono, dopo essere stati fecondati
4. La casa “bisbiglia”, si accende una luce che sale al primo piano e si spegne
5. Il poeta guarda dal giardino gli eventi
6. Al v. 10: “...l’odore di fragole rosse...”; al v. 18: “...l’odore che passa col vento...”
7. Ai vv. 5-6: “...Da un pezzo si tacquero i gridi │là sola una casa bisbiglia...”; al v. 13: “...Un’ape
tardiva sussurra...”
8. “...fragole rosse...” (v. 10); “...splende un lume...passa...s’è spento” (vv. 11-19-20); “...l’aia
azzurra...” (v. 15)
CONNOTAZIONE
1. Si tratta di una riflessione sulla vita e sulla morte, sull’amore e sulla forza della natura, che vince
la morte creando continuamente nuova vita
2. Attraverso una serie di indizi e di riferimenti simbolici, oltre che grazie all’informazione
riguardo al contesto di composizione della poesia
3.
SOTTOTEMA
Riposo e silenzio della notte
Vita notturna che continua
Presenza della morte
Rinascita della vita
VERSI DI RIFERIMENTO
v. 5: “...Da un pezzo tacquero i gridi...”; v. 7: “...Sotto l’ali dormono i
nidi...”;
v. 1: “...E s’aprono i fiori notturni...”; vv. 3-4: “...Sono apparse in
mezzo ai viburni/le farfalle crepuscolari...”; v. 6: “...là sola una casa
bisbiglia...”; vv. 9-12: “...Dai calici aperti si esala/l’odore di fragole
rosse. Splende un lume là nella sala/Nasce l’erba sopra le fosse...”; v.
13: “...Un’ape tardiva sussurra...”; vv. 15-16: “...La Chioccetta per l’aia
azzurra/va col suo pigolìo di stelle...”; vv.17-18: “...Per tutta la notte
s’esala/l’odore che passa col vento...”; vv. 19-20: “...Passa il lume su
per la scala/brilla al primo piano: s’è spento...”;
v. 2: “...nell’ora che penso ai miei cari...”; v. 4: “...le farfalle
crepuscolari...”; v. 12: “...le fosse...”
vv. 22-24: “...si cova/dentro l’urna molle e segreta/non so che felicità
nuova...”;
4. L’autore osserva e descrive gli eventi dal giardino, dall’esterno: significa che egli non partecipa
alla creazione di una nuova vita, alle gioie dell’amore e di una famiglia
5. La natura (il gelsomino) continua il suo perenne ciclo vitale; la coppia di sposi godrà della
nascita di un figlio
6. Il bisbiglio “della casa”; il lume che si spegne; i petali (le lenzuola) “un poco gualciti”
7. La ripetizione dell’avverbio “là” a indicare lontananza; l’inizio dell’’ultimo verso “...non so
che...”
8. Malinconia: escluso dall’amore (v. 24: “...non so che felicità...”, egli si chiude nel ricordo dei
suoi cari (v. 2)
2
AUTORE E CONTESTO
1. Il matrimonio di un amico del poeta, Gabriele Briganti
2. La drammatica morte del padre e, a breve distanza, della madre, poi anche di tre fratelli
RIFLETTIAMOCI SU
1. Una mamma amorevole coi suoi bambini
2. Accosta i due eventi: come la natura ripercorre il suo ciclo, anche la riproduzione umana si
ripete
3. Egli è, forse morbosamente, escluso dal mistero dell’amore
4. Svolgimento libero.
3
U.D.2 – Il verso e il ritmo
pagg. 41-42 “Autunno” di V. Cardarelli
DENOTAZIONE
1. Senario: verso molto antico, con accento sulla 5a e sulla 2a sillaba, può essere usato doppia per
formare un dodecasillabo
Settenario: uno dei versi più usati per la grande varietà dei ritmi, determinata dal fatto che ha un
accento fisso sulla 6a sillaba e uno mobile su una delle prime quattro
Ottonario: molto usato nella poesia popolare, è un doppio quadrisillabo, accentato sulla 1a, 3a, 5a
e 7a sillaba e con cesura dopo la 4a
Decasillabo: con accenti sulla 3a, 6a e 9a sillaba, ha un ritmo monotono e incalzante; quando è
ottenuto dall’accostamento di due quinari, ha una cesura fissa
Endecasillabo: il verso più usato della poesia italiana per la sua ricca varietà dei ritmi, 22 in
tutto, derivante dalle molte posizioni possibili degli accenti
2. Della stagione autunnale e della vecchiaia
3. Sensazione di disagio a causa del “vento d’agosto”, tristezza per le piogge “piangenti” e per il
sole “smarrito”, malinconia per la vita che “passa e declina” e “ci dice addio”
4. Al v. 8 “passa e declina” e al v. 12 “ci dice addio”
5. La terra “nuda e triste” (v. 6) e la “lentezza indicibile” (v. 10)
CONNOTAZIONE
1. Alla vecchiaia
2. Dalle sensazioni con cui si descrive l’autunno, e dall’esplicito riferimento nella seconda frase
3. Perché assomiglia all’andatura di un vecchio
4. Il brivido di freddo che il poeta prova alla scoperta dell’arrivo dell’autunno allude allo
smarrimento di fronte alla consapevolezza del trascorrere della vita
5.
ELEMENTO
vento d’agosto
piogge di settembre
brivido
terra nuda e triste
SIGNIFICATO RELATIVO
ALL’AUTUNNO REALE
primo annuncio dell’autunno
periodo piovoso pre-autunnale
primi freddi
mancanza delle foglie sugli alberi
sole smarrito
pallido, senza forza e calore
lentezza indicibile
il miglior tempo della vita
ci dice addio
avanzare lento della stagione
l’estate
è finita
SIGNIFICATO IN RELAZIONE
ALL’AUTUNNO DELL’UOMO
prime difficoltà dell’età matura
lacrime di sofferenza
sgomento
mancanza delle caratteristiche della
giovinezza
smarrimento di fronte alla scoperta
del sopraggiungere della vecchiaia
andatura della persona anziana
la giovinezza
non tornerà mai più
AUTORE E CONTESTO
1. Il paesaggio (nella descrizione della prima parte) e il passare del tempo (nella seconda parte e nel
significato generale della poesia)
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per evidenziarla: è, infatti, un elemento fondamentale
2. Per es. la “nebbia mattinal” di Pascoli, che avvolge ogni cosa, può essere associata alle “piogge
torrenziali e piangenti”: entrambi elementi dell’umidità autunnale. Ma anche la lentezza
dell’attività campestre può richiamare la “lentezza indicibile” del v. 10
4
pag. 44 “Nevicata” di G. Carducci
DENOTAZIONE
1. Settenario: ha un accento fisso sulla 6a sillaba e uno mobile su una delle prime quattro; Carducci
lo utilizza in forma regolare
Ottonario: è un doppio quadrisillabo, accentato sulla 1a, 3a, 5a e 7a sillaba e con una cesura dopo
la 4a; Carducci usa uno schema metrico diverso negli ottonari tronchi
Novenario: ha un accento fisso sull’8a sillaba e altri due sulla 2a e sulla 5a; Carducci lo utilizza in
forma regolare
2. Per es. vv. 5-6:
Da‌│la│tòr│re│di│piàz│za + rò│che│per│l’à│ë│re│le│ò│re
gè│mon│co│me│so│spìr + d’ùn│mon│do│lùn│gi│dal│dì
3. La neve cade da un cielo grigio e tutto tace: si sentono solo i battiti ovattati delle ore dalla torre,
che sembrano sospiri dall’al di là. Ai vetri appannati picchiano uccelli, che sembrano spiriti che
chiamano alla morte
4. La prima parte (descrizione della città di Bologna ricoperta di neve) è seguita da una seconda
descrizione (i rumori che si avvertono nel silenzio). La terza ed ultima parte associa il momento
tipicamente invernale ad una riflessione personale e soggettiva sulla morte, cui sembra aspirare il
poeta
5.
PAROLE CHE INDICANO…
immobilità
“…non d’erbaiola il grido o corrente rumore di carro…” (v. 3); “…non
d’amor la canzon…” (v. 4) “riposerò” (v. 10)
movimento
“…picchiano uccelli raminghi a’ vetri appannati…” (v. 7); “…tu calmati,
indomito cuore…” (v. 9)
silenzio
“…suoni di vita più non salgon…” (v. 2) “…al silenzio verrò…” (v. 10)
rumore
“…d’erbaiola il grido…corrente rumore di carro…” (v. 3); “…d’amor la
canzon…” (v. 4)
assenza di colore
“cielo cinereo” (v. 1); “ombra” (v. 10)
presenza di colore
nessuna
tristezza
le ore “roche” (v.5); “…gemon come sospir d’un momdo lungi…” (v. 6);
“uccelli raminghi” (v. 7)
gioia
“canzon ilare e di gioventù” (v. 4)
CONNOTAZIONE
1. All’osservazione della nevicata sulla città e al suo silenzio e immobilità viene associata l’idea di
morte, a cui ogni elemento richiama
2. Il richiamo della morte
3. Lo definisce un riposo per il suo “indomito cuore”
4. Il ritmo, lento e sospeso, dato dalla riproduzione del distico elegiaco, ricorda l’andatura di un
funerale
5. Gli enjambement, le cesure, le dieresi
AUTORE E CONTESTO
1. L’accostamento di “indomito cuore” al richiamo della morte
RIFLETTIAMOCI SU
1. Sottolinea la mancanza di rumori indicatori di vita
2. No, esso è “indomito”
3. Il tempo presente bene si adatta all’immobilità della situazione descritta; il tempo futuro
dell’ultimo verso evoca la morte.
5
pagg. 45-46 “Tre giovani fiorentine camminano” di D. Campana
DENOTAZIONE
1. Sinalefi al v. 4 “…vergini e una…”, al v. 6 “…crespa e nera…”, al v. 7 “…vergini e una…” e
al v. 8 “…piedini in marcia…”
2. On│du│la│va│ sul│ pas│so│ ver│gi│na│le
on│du│la│va│ la│ chio│ma│ mu│si│ca│le
nel│lo│ splen│do│re│ del│ tie│pi│do│ so│le
e│ran│ tre│ ver│gi│ni e u│na│ gra│zia│ so│la
on│du│la│va│ sul│ pas│so│ ver│gi│na│le
cre│spa e│ ne│ra│ la│ chio│ma│ mu│si│ca│le
e│ran│ tre│ ver│gi│ni e u│na│ gra│zia│ so│la
e│ sei│ pie│di│ni in│ mar│cia│ mi│li│ta│re.
3. Endecasillabo. È il verso più usato della poesia italiana per la sua ricca varietà dei ritmi, 22 in
tutto, derivante dalle molte posizioni possibili degli accenti. È un verso lungo, composto da due
emistichi
4. Ondulàva sul pàsso verginàle
ondulàva la chiòma musicàle
nello splendòre del tièpido sòle
eran tre vèrgini e una gràzia sòla
ondulàva sul pàsso verginàle
crespa e nèra la chiòma musicàle
eran tre vèrgini e una gràzia sòla
e sei piedìni in màrcia militare.
5. Tre ragazze vanno a passo marcato facendo ondulare la loro chioma a ritmo uguale
CONNOTAZIONE
1. Al v. 3: “…nello splendore del tiepido sole…” e al v. 4: “…eran tre vergini e una grazia
sola…”
2. La lunghezza del verso, la ripetizione nella posizione degli accenti, la forma piana di tutti i versi
fanno sì che si percepisca l’onda della chioma e del camminare
3. Le ripetizioni : “ondulava” e “chioma musicale”
4. Perché ripetono suoni, lunghezze, e quindi ritmi; perché i versi non vengono spezzati in nessun
modo
5. Si nota la ripetizione di suoni come “l” e “m” e anche, all’interno di singoli versi, di “d” e “s”
AUTORE E CONTESTO
1. Per es.: “…nello splendore del tiepido sole…”, “…crespa e nera…” e “…sei piedini…”
RIFLETTIAMOCI SU
1. A parte il riferimento alle Tre Grazie, le ragazze vanno al passo insieme
2. Per attenuare, aggraziandolo, il senso dell’aggettivo “militare” suggerito dall’andatura
3. Per enfatizzare il ritmo cadenzato.
6
U.D. 3 – La rima
pag. 54 “Traversando la Maremma toscana” di G. Carducci
DENOTAZIONE
1. La poesia si rivolge al paesaggio della Maremma, di cui l’autore si dice originario e da cui egli
afferma gli derivino il carattere fiero e coraggioso e la poesia civile e impegnata, paesaggio che
gli suscita una forte emozione, rivedendolo. Egli ne riconosce le caratteristiche, in cui rivede i
suoi sogni giovanili, la cui mancata realizzazione gli fa trarre conclusioni amare, che
preannunciano la morte
2. Il carattere “fiero”, il “…petto ov’odio e amor mai non s’addorme…” e una produzione poetica
dai contenuti pieni di sdegno per ogni compromesso
3. Afferma di non aver realizzato il “giovanile incanto” e di non aver più tempo, ormai, per
cambiare l’esito delle sue azioni
4. Quello della morte
5. Dol│ce│ paè│se, │ on│de│ por│tài│ con│fòr│me
(sineresi in “paèse”)
l’a│bi│to│ fiè│ro e │lo │sde│gnò│so │càn│to
(sinalefe in “fiero e”)
e il│pèt│to o│v’o│dio e a│mòr│mai │non│s’ad│dòr│me, (sinalefe in “e il”, “petto ov”, “odio e amor”)
pur│ti│ ri│vèg│go, e il│ cuòr│mi│ bal│za in│tàn│to.
(sinalefe in “riveggo e il” e “balza in”)
Ben│ ri│co│nò│sco in│ te │le u│sà│te │fòr│me
(sinalefe in “riconosco in”, “le usate”)
con│gli oc│chi in│cèr│ti│tra ‘l│sor│rì│so e il│piàn│to (sinal.“gli occhi”,“occhi incerti”,“sorriso e il”)
e in│ quel│le│ sè│guo │de’│ miei │sò│gni│l’òr│me
(sinalefe in “e in” e sineresi in “miei”)
er│ran│ti│ diè│tro il│ gio│va│nì│le in│càn│to.
(sinalefe in “dietro il” e “giovanile incanto”)
Oh,│quel│che a│mài,│ quel│ che│so│gnài,│fu in │và│no; (sinalefe in “che amai”, “fu invano”)
e │sem│pre│ còr│si, e│ mai│ non│ giùn│si il│ fì│ne;
(sinalefe in “corsi e” e “giunsi il”)
e │di│mà│ni│ ca│drò. │ Ma│ di│ lon│tà│no
pa│ce│ dì│co│no al │cuòr│ le│ tue│ col│lì│ne
(sinalefe in “dicono al” e sineresi in “tue”)
con │le│ nèb│bie │sfu│màn│ti e il │ver│de│ pià│no (sinalefe in “sfumanti e il”)
ri│dèn│te │ne│ le│ piòg│ge │mat│tu│tì│ne.
CONNOTAZIONE
1. “Dolce paese”, “pace dicono al cuor”, “nebbie sfumanti”, “verde piano ridente”: aggettivi che
denotano amabilità e quiete
2. La parola “cuor”, sede delle emozioni più intense. La frase “e il petto ov’odio e amor mai non
s’addorme”: un cuore generoso di sentimenti
3. Nelle forme del paesaggio Carducci rivede “il giovanile incanto” e commenta “quel che amai,
quel che sognai fu in vano / e sempre corsi e mai non giunsi il fine / e dimani cadro”: egli si
trova in bilico tra i sogni giovanili irrealizzati e la morte vicina
4.
GRUPPO
DI VERSI
Primo
Secondo
Terzo
Quarto
DESCRIZIONE DEL RITMO ED ESEMPIO
Piano e regolare: per es. “pur ti rivèggo, e il cuòr mi balza in tànto”
Piano e regolare: per es. “con gli occhi incèrti tra ‘l sorrìso e il piànto”
Veloce e frantumato:per es.“Oh, quel che amài, quel che sognài, fu in vàno”
Veloce e frantumato: per es. “pace dìcono al cuòr le tue collìne”
5. vv. 1-2“…onde portai conforme / l’abito fiero…”: sottolinea il sentimento di identificazione del
poeta con il paesaggio; vv.7-8 “…l’orme / erranti…”: evidenzia il suo sogno giovanile; vv. 1314 “…verde piano / ridente…”: enfatizza l’effetto positivo del paesaggio sull’animo di Carducci
7
AUTORE E CONTESTO
1. Il suo impegno civile e il suo carattere combattivo
2. Per es. ai vv. 7-8 “…de’ miei sogni l’orme / erranti dietro il giovanile incanto…” e al v. 9
“…Oh, quel che amai, quel che sognai fu in vano…”
RIFLETTIAMOCI SU
1. I sogni della giovinezza, che affascinano l’animo e lo spingono a perseguire obiettivi difficili
2. I primi due si riferiscono al passato (remoto ormai, come il tempo verbale); il terzo è un futuro,
ciò che a breve accadrà in un uomo anziano come il poeta.
pag. 59 “Per lei” e Preghiera” di G. Caproni
DENOTAZIONE
1. Il poeta nel primo testo evoca la figura della madre, affermando di voler utilizzare rime usuali,
chiare, semplici, orecchiabili, “…rime coi suoni fini (di mare) dei suoi orecchini…”. Nel
secondo testo egli torna da Livorno “deluso” per non aver incontrato la madre “…viva tra i
vivi…”, perciò immagina di mandare la sua anima a cercare la donna, descritta come quando era
ancor giovane
2. La donna viene ritratta in abiti eleganti e con graziosi gioielli; nella prima poesia ne ricorda
l’aspetto sincero e semplice, ma raffinato
3. ABCDDEFE, GGHHIILL, LMMN (con alcune assonanze)
4. Primo testo: nessuna assonanza; consonanza ai vv. 5-6-7-8 e tra i vv. 1-2 e 15-16
Secondo testo: assonanze ai vv. 1-3 e 17-20; consonanza tra i vv. 2-4-5 e 6-7-8
5. Nella prima poesia ai vv. 5-6 e 11-12. Nella seconda ai vv. 3-4, 7-8, 11-12, 12-13, 13-14 e 14-15
CONNOTAZIONE
1. La madre viene ricordata con affetto, con l’amore di un figlio che la immagina ancora giovane e
che ne elogia la bellezza semplice, l’eleganza istintiva anche in una donna non ricca: il suo
abbigliamento è una semplice “camicetta”, i suoi ornamenti orecchini dai suoni “di mare”,
“collanine”, una sola spilla con un “rubino di sangue” che “s’appannava” sul petto
2. Si tratta di un diminutivo affettuoso dal nome della madre, che ne evoca la giovane età
3. Perché egli vorrebbe incontrarla “per strada”, ma torna “deluso” dalla sua città, perché, essendo
ormai morta, ovviamente ciò non può avvenire col corpo, ma solo con una parte spirituale come
l’anima
4. Positive: rime “chiare, usuali”, “magari vietate, ma aperte: ventilate”, “verdi, elementari”.
Negative: rime “labili, anche se orecchiabili” e “crepuscolari”
5. Per ottenere un ritmo melodico
AUTORE E CONTESTO
1. L’attività di traduttore e di narratore
2. Egli ritiene la poesia un’attività semplice, “popolare” e “netta”, cioè diretta e pura, schietta e
sincera
RIFLETTIAMOCI SU
1. Nella prima poesia i vv. 2-3: “…chiare, / usuali: in –are…”; può essere considerata facile, nella
seconda poesia, anche quella ai vv. 9-10: “…torno, / deluso, da Livorno…”
2. Il rubino rosso sul cuore può alludere al sangue, ma anche alla passione, alle emozioni…
8
pag. 60 “Le rime” di E. Montale
DENOTAZIONE
1. Il poeta si diverte a descrivere le rime: le definisce “…più noiose delle dame di San
Vincenzo…”, cioè delle beghine che raccolgono denaro per i poveri; afferma che “…il poeta
decente le allontana…”, ma esse tornano ineluttabilmente a farsi vive. Come a dire che nessun
poeta sfugge alla tentazione di utilizzare la rima
2. Le rime, paragonate alle dame di San Vincenzo
3. Non farsi coinvolgere: egli “…le nasconde, bara, tenta il contrabbando…”
4. Il v. 5: il│ po│e│ta │de│cen│te│ le al│lon│ta│na
il v. 6: (le│ ri│me) │ le│ na│scon│de, │ ba│ra, │ ten│ta
il v. 8: di │ze│lo e│ pri│ma o│ poi│ (ri│me e│ vec│chiar│de)
il v. 9: bus│sa│no an│co│ra e │so│no │sem│pre │quel│le
5. Ai vv. 5-6: “…le allontana / (le rime)…; ai vv. 6-7: “…tenta / il contrabbando…” i più
significativi, ma sono presenti anche ai vv. 1-2; 8-9 e 9-10
CONNOTAZIONE
1. L’insistenza noiosa
2. Quelle usuali, solite, che gli appaiono fastidiose nella loro prevedibilità
3. Egli cerca di utilizzare forme meno consuete, di nasconderle in rime interne o imperfette
4. - con il v. 10
- tra i vv. 2 e 4: porta / sopportano
- rima ipermetra: ardono / vecchiarde
5. A numerosi termini del linguaggio comune (per es. “noiose”, “insistono”, “sopportano”,
“vecchiarde”) si accostano vocaboli inusuali: per es. “pinzochere”, “ardono”, “zelo”
AUTORE E CONTESTO
1. Caproni, al contrario di Montale, afferma di voler costruire rime “usuali”, anche se “vietate”
dalla moda poetica del momento. Tuttavia, lo scopo è quello di evocare la figura semplice della
madre, a cui si adattano rime schiette ma anche “coi suoni fini” dei suoi orecchini
RIFLETTIAMOCI SU
1. Sofferma l’attenzione del lettore nel gioco di distinguo tra i due elementi di confronto: le rime
sono come le dame di San Vincenti
2. Perché ha costruito rime inusuali.
9
U.D. 4 – Le forme della poesia
pagg. 68-69 “Solo et pensoso” di F. Petrarca
DENOTAZIONE
1. Solo e immerso nei miei pensieri percorro lentamente i luoghi più disabitati e giro intorno lo
sguardo per evitare luoghi in cui vi sia traccia d’essere umano. Altro modo non trovo per evitare
che la gente si accorga come io sia infiammato dalla passione amorosa, al punto che ormai credo
che tutti i luoghi sappiano bene di che qualità sia la mia vita, anche se è nascosta agli altri
uomini. Eppure, non so trovare sentieri così difficili da percorrere e tanto lontani dalla presenza
umana, che Amore non venga sempre per colloquiando con me e io con lui
2. Per sfuggire alla possibilità che essi comprendano la profondità del suo sentimento, e lo deridano
3. Disabitato, abbandonato e desolato
4. So│lo e│ pen│sò│so i│ più│ de│sè│rti│ càm│pi (sinalefe in “solo e” e in “pensoso i”)
vo │me│su│ràn│do a│ pas│si│ tàr│di e│ lèn│ti; (sinalefe in “mesurando a” e in “tardi e”)
e │gli oc│chi│ pòr│to, │ per│ fug│gì│re, in│tèn│ti, (sinalefe in “gli occhi” e in “fuggire intenti”)
o│ve│ ve│sti│gio u│màn │la│ rè│na│ stàm│pi.
(sinalefe in “vestigio uman”)
5. abba abba cde cde.
La terzina è una strofa di tre versi, di solito endecasillabi. La quartina unisce quattro versi di
qualsiasi misura
CONNOTAZIONE
1. L’amore viene vissuto in modo contraddittorio, come un’esperienza di coinvolgimento
appassionato (“com’io dentro avampi”) ma anche di tristezza (“atti d’allegrezza spenti”)
2. No: il paesaggio è la proiezione del desiderio di solitudine del poeta
3. La maiuscola che modifica il nome comune in nome proprio, trasformando il sentimento
d’amore in un compagno. La natura (“…monti e piagge e fiumi e selve…”) sembrano conoscere,
come la gente da cui egli rifugge, la sua passione
4. Lenti / intenti: i passi sono piccoli perché egli scruta attentamente dove andare
Piagge/selvagge: i campi sono difficili da percorrere come la sua vita, sconvolta dalla passione
5. L’argomento è distribuito con equilibrio nelle strofe, che risultano simmetriche
AUTORE E CONTESTO
1. Il poeta conobbe Laura ad Avignone, dove egli si era trasferito come funzionario della corte
pontificia. Alla donna, verso la quale provò un amore tormentato e sofferto per tutta la vita, egli
dedicò una gran parte delle 336 liriche contenute nel Canzoniere
2. Egli esprime chiaramente la distanza tra il nostro apparire esteriore e la nostra interiorità: “di
fuor” e “dentro”; inoltre spesso verbi e aggettivi indicano attività psichiche: “pensoso”,
“occhi…intenti”, “credo”, “ragionando”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per es. fuori/dentro, spento/acceso (“avampi”), monti/campi (altitudine/pianura), fiumi/boschi
(acqua/bosco), mia/altrui, conoscere/nascondere (“celata”), con me/con lui
2. Egli è e desidera essere “solo”, ma afferma che l’amore è sempre “con meco, et io con lui”:
opposizione solitudine/compagnia.
pag. 71 “Alla sera” di U. Foscolo
DENOTAZIONE
1. Forse perché sei l’immagine della morte, per questo mi sei gradita, o sera! Sia quando ti
10
2.
3.
4.
5.
accompagnano festose nubi dell’estate e venti tiepidi di primavera, sia quando attraverso l’aria
fredda di neve conduci lunghe notti sconvolte dalla bufera, sempre scendi desiderata da me e
prendi possesso con dolcezza del mio cuore. Fai vagare i miei pensieri sulle tracce che portano
alla morte, e intanto il tempo doloroso fugge, e con lui se ne vanno le tante preoccupazioni in cui
la mia vita si consuma; e mentre guardo la tua pace, si acquieta l’animo combattivo che ruggisce
dentro di me
Egli si definisce inquieto (come le “inquiete tenebre” evocate) e tormentato (“le torme delle
cure, onde meco egli si strugge”), dal carattere impetuoso (“spirto guerrier”), deluso dal
momento che sta vivendo (“reo tempo”), ma capace, tuttavia, di contemplazione (“io guardo la
tua pace”)
Perché essa gli porta quiete
Perché la struttura del sonetto (quartine+terzine) si presta alla descrizione/riflessione
vv.3-4: “liete / le nubi estive; vv.5-6: “inquiete / tenebre”; vv. 7-8: “secrete / vie”; vv. 10-11:
“fugge / questo reo tempo”; vv. 11-12: “torme / delle cure”; vv. 13-14: “dorme / quello spirto
guerrier”
CONNOTAZIONE
1. La morte, intesa come calma eterna inevitabile poiché decisa dal destino e come ritorno allo
stato indifferenziato della materia, senza alcuna possibile continuità ultraterrena
2. È un rapporto positivo, di arricchimento interiore: la sera porta Foscolo a riflettere sulla morte,
che si presenta, tuttavia, come quiete, assenza di affanni. Il calare della sera, inoltre, ha la
capacità di placare il suo animo inquieto, inducendolo alla contemplazione
3. L’idea del movimento in fuga, dell’andar via. Rimandano all’immagine del rapido e fugace
scorrere del tempo umano
4. Lenti e quasi solenni i versi in cui viene descritta la sera col suo potere rasserenante (nelle
quartine e negli ultimi due versi); teso e spezzato quando descrive le tensioni del suo animo
(nelle terzine)
5. Perché gli strumenti metrico-ritmici e sonori vengono adattati al contenuto
AUTORE E CONTESTO
1. La morte (“fatal quiete”), che viene accomunata alla sera da cui derivano all’animo (“le secrete
vie del mio cor”) riposo, dolcezza e pace nei confronti di una vita tormentata dalle
preoccupazioni (“le torme delle cure”). La natura, sia nel suo aspetto sereno, estivo e primaverile
(“liete le nubi estive e i zefiri sereni”), che nel suo aspetto invernale, cupo e angosciante
(“inquiete tenebre”), definita nel suo potere rasserenante. Il “nulla eterno”, quello della
concezione materialistica, per cui la morte è un annullamento privo di affanno della vita,
caratterizzata dal conflitto (“reo tempo”). Il passare del tempo, con le sue battaglie e i suoi
conflitti, a cui Foscolo oppone il suo spirito indomabile (“spirto guerrier ch’entro mi rugge”)
2. Il poeta utilizza numerosi aggettivi e pronomi personali riferiti a se stesso: “a me”, “mio cor”,
“miei pensier”, “meco”, “io”, “mi”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero
2. “torme” al v. 11
3. La “r”: essa rappresenta il “ruggire” dell’indomabilità di chi cade e si rialza continuamente: a
differenza di quanto voglia far pensare, il poeta non desidera affatto morire.
pag. 74 “Qual rugiada” di T. Tasso
DENOTAZIONE
1. Era rugiada o pianto della natura, erano forse lacrime quelle che vidi versare dal cielo stellato? E
perché la luna sparse una nube di stelle sopra la distesa dell’erba fresca? Perché nell’aria si
11
2.
3.
4.
5.
sentiva muoversi la brezza fino al mattino? Furono forse segni della tua partenza, vita della mia
vita?
La rugiada diviene “pianto”, il cielo versa “lacrime”, la brezza notturna si muove “quasi
dolendo”
È un componimento breve, formato di un’unica strofa (di solito di due, tre terzine in rima e un
distico in rima baciata) di endecasillabi e settenari, caratterizzato da una grande musicalità,
ottenuta soprattutto mediante ripetizione di suoni e di parole. Ebbe fortuna del Cinquecento e nel
Seicento, quando veniva accompagnato dalla musica o era cantato
È formato da tre quartine, con un diverso schema di rime
Qual │ru│già│da o│ qual│ piàn│to,
quai│ là│cri│me e│ran │quèl│le
che│ spar│ger │vì│di │dal│ not│tùr│no│ màn│to
e │dal│ càn│di│do │vòl│to│ de│ le│ stèl│le?
E│ per│ché│ se│mi│nò│ la│ bian│ca│ lù│na
di│ cri│stal│lì│ne│ stìl│le un│ pu│ro│ nèm│bo
a │l’er│ba │frè│sca in│ grèm│bo?
Per│ché│ ne│ l’a│ria │brù│na
s’u│dìan, │ qua│si│ do│lèn│do, in│tor│no in│tòr│no
gir │l’àu│re in│si│no al│ giòr│no?
Fur │sè│gni│ for│se │de│ la│ tùa│ par│tì│ta,
vì│ta│ de│ la│ mia│ vì│ta?
CONNOTAZIONE
1. Il tema dominante è il dolore dell’universo: il componimento consiste in un succedersi di
fenomeni naturali visti in chiave malinconica, solo alla fine si cita la causa di quel sentimento
2. Le azioni compiute dagli elementi naturali sono tipicamente umane: per es. il cielo piange, le
stelle hanno un volto, il prato d’erba un grembo
3. La commozione del poeta causata dalla partenza della donna amata coinvolge tutto l’universo,
ogni spettacolo della natura compie azioni umanizzate che sono “segni…de la tua partita”
4. Innanzitutto l’alternanza di versi lunghi e versi brevi; in secondo luogo dall’aspetto fonetico
delle parole (per es. parole con consonanti liquide come “stelle”, “luna”, “cristalline”,
“l’erba”…); in ultimo l’utilizzo di rima baciata, alternata e incrociata, che avvicinano parole con
lo stesso suono
5. In particolare “pianto”, e inoltre “stelle”: il pianto delle stelle è il tema principale, costituisce una
figura poetica che sarà richiamata da altri poeti (vedi per es. Pascoli). Negli ultimi due versi la
triplice rima “-ita” ottenuta con la ripetizione della parola “vita” rimata con “partita”
AUTORE E CONTESTO
1. No, a parte la sua instabilità psichica
RIFLETTIAMOCI SU
1. Nella prima parte la “a”; nella seconda la “i”. Solo dopo la descrizione dei fenomeni naturali si
cita la partenza della donna quale causa della sofferenza
2. Il pianto del cielo sotto forma di “rugiada”, il sussurro del vento come un gemito “segni…de la
tua partita”.
pag. 76 “Nella belletta” di G. D’Annunzio
DENOTAZIONE
1. In una calda giornata di mezza estate un angolo di palude è pervaso da un odore dolciastro di
putrefazione. Esso annuncia la morte, rappresentata attraverso una serie di immagini olfattive,
visive, uditive che rappresentano la decomposizione, di fronte alla quale anche gli animali
12
tacciono
2. “l’odore delle persiche mézze”, “rose passe”, “miele guasto”, “fiore lutulento”, “dolcigna afa”
3.
OLFATTO
“…l’odore delle persiche mézze
e delle rose passe, del miele
guasto…”
VISTA
“…tutta la palude è come il
fiore lutulento che il sol
d’agosto cuoce…”
UDITO
“…Ammutisce la rana...”, “…Le
bolle
d’aria
salgono
in
silenzio…”
4. Endecasillabi
5. Lo schema delle rime è diverso da quello tradizionale, per adattarle al contenuto
CONNOTAZIONE
1. La fragranza della frutta matura, il profumo dei fiori, il calore del sole, la frescura dell’acqua
2. “…i giunchi hanno l’odore delle persiche mézze, e delle rose passe, del miele guasto…”: si
anticipano i suoni della parola “morte”
3. Lento, cadenzato, come un corteo funebre
4. Separano aggettivi particolarmente significativi, per es. “rose / passe”, “fiore / lutulento”
5. Vi è una sola rima (fiore / odore), che sottolinea la centralità dell’aspetto olfattivo, ma tutti i
versi, tranne l’ultimo, sono in assonanza di “o” e di “e”, che sono le due vocali del termine
“morte”, che chiude entrambe le terzine
AUTORE E CONTESTO
1. Il tema della poesia è l’ossessione della morte, di cui egli sembra avere contemporaneamente
attrazione (per il suo aspetto estetico) e ripugnanza (per il suo aspetto olfattivo)
RIFLETTIAMOCI SU
1. Sì, egli si avvicina alla scena (“m’appresso”) e la descrive dall’interno (“non so che”)
2. Perché diventa causa di putrefazione: infatti il sole “cuoce” invece di riscaldare o rivitalizzare.
pag. 83 “Chiare, fresche e dolci acque” di F. Petrarca
DENOTAZIONE
1. Nella prima stanza il poeta ricorda e invoca alcuni elementi del paesaggio naturale di Valchiusa
in Provenza, in cui la donna amata era immersa il giorno in cui egli si innamorò. Nella seconda
stanza egli chiede di essere seppellito in quei luoghi. Nella terza Tetrarca immagina che Laura
ritorni in quei luoghi e, vedendo il suo corpo ormai ridotto in polvere, ispirata da Amore ottenga
per lui la misericordia divina. Nella quarta stanza il poeta torna a ricordare l’immagine di Laura
immersa dai fiori. Nella quinta egli ricorda il suo turbamento di fronte alla bellezza paradisiaca
della donna e afferma di aver amato da allora quei luoghi, che gli infondono pace. La canzone si
chiude con il congedo rivolto alla canzone stessa: una dichiarazione di modestia rispetto alla sua
poesia
2. Prima strofa: passato (e presente); seconda e terza strofa: futuro; quarta strofa: passato; quinta
strofa: passato (e presente)
3. Perché è un luogo in cui trova pace: “…altrove non ho pace…” dice al v. 65 e “…il corpo lasso
non poria mai in più riposato porto…fuggir la carne travagliata…” (vv. 24-26)
4. S’egli è pur mio destino,
e ‘l cielo in ciò s’adopra,
piede
ch’Amor quest’occhi lacrimando chiuda,
fronte
qualche grazia il meschino
corpo fra voi ricopra,
et torni l’alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
piede
chiave
13
se questa spene porto
a quel dubbioso passo;
ché lo spirto lasso
non poria mai in più riposato porto
né in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l’ossa.
Tempo verrà anchor forse
ch’a l’usato soggiorno
torni la fera bella et mansueta,
et là ‘v’ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disiosa et lieta,
cercandomi; et, o pieta!,
già in terra in fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m’impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da’ be’ rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior’ sovra ‘l suo grembo;
et bella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l’amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le trecce bionde,
ch’oro forbito et perle
eran quel dì a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l’onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: - Qui regna Amore. –
Quante volte diss’io
allor pien di spavento:
“Costei per fermo nacque in paradiso”.
Così carco d’oblio
il divin portamento
e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso
m’aveano, et sì diviso
da l’imagine vera,
ch’io dicea sospirando:
“Qui come venn’io o quando?”;
credendo d’esser in ciel, non là dov’era.
Da indi in qua mi piace
quest’herba sì, ch’altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho, et gir in fra la gente.
volta
sirma
volta
piede
fronte
piede
chiave
volta
sirma
volta
piede
fronte
piede
chiave
volta
sirma
volta
piede
fronte
piede
chiave
volta
sirma
volta
congedo
5. Da’ │be’│ rà│mi│ scen│dè│a
(dòl│ce │ne │la │me│mò│ria)
14
u│na│ piòg│gia│ di│ fiòr’│ so│vra ‘l│ suo│ grèm│bo;
et │bèl│la│ si│ se│dè│a
ù│mi│le in│ tan│ta │glò│ria,
co│ver│ta │già│ de│ l’a│mo│rò│so│ nèm│bo.
Qual│ fiòr│ ca│dea │sul │lèm│bo,
quàl│ su│ le│ trec│ce│ biòn│de,
ch’ò│ro │for│bi│to et│ pèr│le
è│ran│ quel│ dì a│ ve│dèr│le;
qual│ si│ po│sà│va in│ tèr│ra, et│ qual│ su│ l’òn│de;
quàl │con│ un│ va│go er│rò│re
gi│ràn│do │pa│rea│ dìr: │ - Qui│ re│gna A│mò│re. –
CONNOTAZIONE
1. Donna dalle “belle membra” e “bel fianco”, “angelico seno” e “begli occhi”; coi capelli raccolti
in “…treccie bionde ch’oro forbito et perle eran…”; dal “divin portamento” e “dolce riso”: la
bellezza di Laura è avvicinata al Paradiso (“…Costei per fermo nacque in paradiso…”), ma
appare alquanto stereotipata e generica
2. Anche la natura è composta da elementi scontatamente piacevoli: acque limpide, aria serena,
erbetta fresca, fiori…
3. Per es. al v. 5: “…con sospir mi rimembra…”; al v. 13: “…dolenti mie parole estreme…” e al v.
16: “…quest’occhi lacrimando chiuda…”
4. Perché è drammatico, esprime dubbi tormentosi, richiama, accanto alla descrizione della
bellezza femminile, immagini di morte, in un continuo alternarsi di passato, presente e futuro
5. Le stanze hanno un numero maggiore di settenari rispetto agli endecasillabi: questa scelta
conferisce un andamento più agile al ritmo
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. l’immagine della donna che si appoggia al ramo (ma qualche commentatore ha
interpretato i vv. 8-9 immaginando Laura adagiata sull’erba in posizione languida)
2. Al v. 55: “…Costei per fermo nacque in paradiso…”
RIFLETTIAMOCI SU
1. “Chiare, fresche e dolci acque…”: il fiume che scorre a Valchiusa è descritto nei suoi aspetti di
fisicità, ma anche di dolcezza del ricordo; il ramo è “gentile”, quasi a richiamare il gesto della
donna che vi si appoggia; la gonna di Laura è “leggiadra” cioè, come il suo “seno”, paragonata
quella degli angeli; il cielo “sacro, sereno” risente gli effetti prodotti dalla presenza di Laura; le
sue dolenti “parole estreme” richiamano la sensazione di morte imminente
2. Al di là dei complessi significati allegorici del neoplatonismo botticelliano contenuti nel dipinto,
lo studente coglierà il prato fiorito di botanica ricchezza, e l’abito della Primavera, intessuto da
una miriade di fiori e trattenuto al grembo con gesto armonioso.
pag. 88 “A Silvia” di G. Leopardi
DENOTAZIONE
1. Prima stanza - introduzione al tema: Silvia, ricordi ancora la tua giovinezza piena di aspettative?
- Seconda stanza (descrittiva): descrizione delle attività e dei sogni giovanili di Silvia – Terza
stanza (descrittiva): descrizione delle attività e delle speranze giovanili del poeta – Quarta stanza
(riflessiva): scontro tra le speranze giovanili e l’angoscia del tempo presente, alla luce della
delusione provocata dall’inganno della natura – Quinta stanza (descrittiva): morte precoce di
Silvia, privata delle gioie dell’amore e del corteggiamento – Sesta stanza (descrittiva): allo stesso
modo venivano meno le illusioni del poeta; (riflessiva) quando la vita si manifesta nella sua
15
2.
3.
4.
5.
cruda realtà, anche la speranza è destinata a morire, come l’essere umano
Silvia: della I, della II e della V; Leopardi: della III e della VI; entrambi della prima parte della
IV stanza (nella seconda parte predomina di nuovo il poeta)
Contro la natura, che illude i suoi figli facendogli balenare speranze ingannevoli, aspettative
destinate a essere disattese
Sìl│via, │ ri│mem│bri an│cò│ra
Settenario
quel│ tèm│po │del│la │tua│ vì│ta│ mor│tà│le,
Endecasillabo
quàn│do│ bel│tà │splen│dè│a
Settenario
ne│gli oc│chi│ tuòi│ ri│dèn│ti e│ fug│gi│tì│vi,
Endecasillabo
e│ tù, │ lie│ta e│ pen│sò│sa, il│ li│mi│tà│re
Endecasillabo
di│ gio│ven│tù │sa│lì│vi?
Settenario
La canzone è a schema libero: le strofe, di diversa lunghezza, sono composte da endecasillabi e
settenari distribuiti senza uno schema fisso, ma rispondendo alla musicalità interiore del poeta.
Anche le rime a volte si addensano, più spesso sono rare e intrecciate con assonanze, consonanze
e rime interne
CONNOTAZIONE
1. Nella prima parte Silvia incarna un ricordo solare: il suo presente e il suo “vago avvenir” sono
fatti di cose come i lavori femminili, il canto, le confidenze con le amiche, un sogno d’amore,
tutto ciò che durante la gioventù la vita sembra promettere. Poi, improvvisamente la sua vita
viene interrotta dalla rapida malattia, ed ella continuerà a vivere solo nel ricordo del poeta.
Leopardi condivide con Silvia il contesto di tempo e spazio della giovinezza, ma le speranze del
poeta, diversamente da quelle della ragazza, hanno una dimensione intellettuale e psicologica,
che egli definisce “la miglior parte” di sé, nutrita di “studi leggiadri”. Anche la sua sorte di
delusione è diversa: egli sopravvive alla speranza e raggiunge in tal modo la consapevolezza
dell’amara verità di dolore e di morte che contraddistingue la vita umana
2. Il fatto di essere in balìa di un destino estraneo e sempre crudele, che promette a tutti i giovani
una vita nel segno della felicità, ma ineluttabilmente delude le aspettative
3.
NATURA MADRE
“beltà splendea”; “vago avvenir”; “…era il
maggio odoroso…”; “…di me si spendea la
miglior parte…”; “…Lingua mortal non dice quel
ch’io sentiva in seno…”; “…Che pensieri soavi,
che speranze, che cori…”
NATURA MATRIGNA
“…O natura, o natura, perché non rendi poi quel
che prometti allor? perché di tanto inganni i figli
tuoi?...”; “…Tu, pria che l’erbe inaridisse il
verno…perivi…e non vedevi il fior degli anni
tuoi…”; “…agli anni miei anche negaro i fati la
giovinezza…”; “…Questo è quel mondo? questi i
diletti, gli amor, l’opre, gli eventi onde cotanto
ragionammo insieme? questa la sorte delle
umane genti?...”
4. Per es. significativa l’assonanza tra i vv. 5-6-12-13 “fuggitivi-salivi-avevi-solevi”: i tre imperfetti
indicano le attività di Silvia (notare la stessa radice fonica del nome proprio) accostandole ad un
termine polisemico, che indica qui anche la fugacità della vita. Da notare, inoltre, che lo stesso
suono si ritrova ai vv. 40-43 dove sono indicate le azioni non compiute dalla ragazza. O anche la
rima ai vv. 23-27 “sereno-seno” che in qualche modo spiega l’indeterminatezza del sentimento
provato dal poeta. Oppure la ripetizione “o natura, o natura” che fa rima, anche interna, con
“sventura” ai vv. 35-36, operando un accostamento di significato molto eloquente
5. Dopo alcune stanze caratterizzate da un ritmo musicale dovuto principalmente agli aspetto
fonici, la quarta stanza cambia ritmo grazie alle frasi esclamative (per es. “…Che pensieri soavi,
che speranze, che cori…”) ed interrogative incalzanti (per es. “…O natura, o natura, perché non
rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi?...”)
16
AUTORE E CONTESTO
1. La vita è presente nella poesia soprattutto come oggetto di riflessione, perché essa è il grande
mistero della condizione umana: ricca di promesse quando la giovinezza riempie di speranze
ogni istante. Alla speranza giovanile, di cui Silvia è simbolo, il poeta rivolge le sue accorate
domande: perché la giovinezza è un’illusione? Perché le promesse vengono deluse? Domande a
cui risponde indicando nella crudele natura la vera colpevole
RIFLETTIAMOCI SU
1. Nel mese di maggio, al pieno fiorire della primavera. Muore, invece, in inverno. Entrambe le
stagioni rappresentano metaforicamente periodi della vita: ricca di promesse la prima, come la
giovinezza, destinata all’inaridimento la seconda, come l’età adulta
2. Le frasi interrogative e il rivolgersi direttamente col “tu” a Silvia-alla speranza.
pag. 93 “I’ mi trovai” di A. Poliziano
DENOTAZIONE
1. Una ragazza parla alle sue amiche
2. Le invita a godere dell’amore, della giovinezza e della bellezza finché sono in tempo
3. In un giardino, metafora della vita di corte
4. La canzone a ballo, o ballata, è composta di alcune stanze (in questo caso quattro) di sei
endecasillabi, intervallate da un ritornello (“I’ mi trovai fanciulle, un bel mattino”)
5. Quan│do│ la│ rò│sa o│gni│ suo│ fò│glia │spàn│de,
quan│do è │più│ bèl│la, │ quan│do è│ più│ gra│dì│ta,
al│lo│ra è│ buò│na a │mèt│ter│la in│ ghir│làn│de,
pri│ma │che│ sua│ bel│lèz│za │sìa│ fug│gì│ta:
sic│ché, │ fan│ciùl│le, │ men│tre è│ più│ fio│rì│ta,
co│gliàn │la│ bel│la│ rò│sa │del│ giar│dì│no.
CONNOTAZIONE
1. Viene descritto come uno sfondo naturale in cui la natura offre serenità e piacere, allontanando
ogni motivo di sofferenza o di preoccupazione
2. La vista e l’olfatto
3. Il v. 29: “cogliàn la bella rosa del giardino”
4. Per rendere il ritmo leggero e ballabile
5. Per es. i vv. 11-13-14: “colore-odore-core” istituiscono una relazione tra le sensazioni visivoolfattive e il piacere
AUTORE E CONTESTO
1. Ammirazione della bellezza: prima, seconda e terza stanza. Fluire inarrestabile del tempo: quarta
stanza
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché, con le sue caratteristiche, ben rappresenta l’amore
2. Perché essa ricorda il bel momento in cui si è abbandonata all’amore e incita le amiche a fare
altrettanto
3. Il bosco può evocare uno spazio chiuso, ombreggiato, selvaggio, e quindi, metaforicamente,
anche misterioso o pauroso, dove ci si può perdere. In questo senso la vita è considerata un
rischio. Il giardino, con le sue caratteristiche di colore e di bellezza, evoca invece un luogo
curato e piacevole, dove ci si aspetta il benessere. La vita è, quindi, una esperienza di piacere.
17
pag. 95 “Ballata di Cordova” di F. Garcìa Lorca
DENOTAZIONE
1. La poesia descrive il viaggio di un cavaliere solitario verso Cordova, dove non arriverà, perché
lo attende la morte
2. Il cavaliere: egli si manifesta in maniera diretta (per es. al v. 6: “Io so…”)
3. È un ambiente inquietante: una grande luna rossa, un gran vento
4. Solo lui, su una cavalla nera
5. Due strofe di sei e nove versi ciascuna, di misura variabile (prevalentemente settenari, con
presenza di quadrisillabi e quinari) con un ritornello all’inizio e alla fine
CONNOTAZIONE
1. Il cavaliere rappresenta l’essere umano
La strada simboleggia la vita
Cordova rappresenta gli obiettivi irraggiungibili
Il vento indica le difficoltà che impediscono la loro realizzazione
2. Perché è strano e quasi fiabesco
3. Malinconico, doloroso. Il tono è ottenuto mediante le ripetizioni e le esclamazioni
4. Sottolinea, anche graficamente, la solitudine del cavaliere e del paesaggio
AUTORE E CONTESTO
1. Nella poesia il valore simbolico del protagonista e della situazione hanno un chiaro significato
emblematico: il viaggio verso la morte si compie in solitudine e nel silenzio; l’uomo è
impossibilitato a raggiungere le proprie mete e di ciò ha dolorosa coscienza
RIFLETTIAMOCI SU
1. Essa, come un avvoltoio, ci attende proprio all’affacciarsi della meta.
pagg. 101-102 “Il cinque maggio” di A. Manzoni
DENOTAZIONE
1. Strofe 1 e 2: Annuncio della morte di Napoleone e smarrimento del mondo intero alla
scomparsa di un uomo di tale grandezza.
Strofe 3 e 4: Il poeta non si è mai unito al coro degli adulatori o a quello dei detrattori mentre
Napoleone era in vita; ora, invece, può alzare il suo canto.
Strofe 5-10: Elogio di Napoleone attraverso l’elencazione delle sue vittoriose campagne militari.
Riflessione sulla gloria e sul ruolo della divina Provvidenza nell’agire umano. Le esperienze di
Napoleone, nel bene e nel male: comunque lo si giudichi, egli ha rappresentato lo spartiacque tra
due epoche. Dopo una vita così intensa, fine dei suoi giorni in un’isoletta sperduta.
Strofe 11-14: La presenza dei ricordi rende ancor più crudele il contrasto tra la vita intensa di un
tempo e l’ozio forzato dell’esilio.
Strofe 15-18: Disperazione di Napoleone soccorso della Fede, che lo ha indirizzato a più serene
meditazioni sulla vita eterna. Elogio ed invocazione della Fede che trionfa anche sulla grandezza
umana; Dio onnipotente ha consolato Napoleone negli ultimi attimi di vita.
2. Campagna d’Italia (1796-97)
Campagna d’Egitto (1798-99)
Restaurazione della monarchia (1804)
Conquista della Germania (1805-06, 1809, 1812-13)
Conquista della Spagna e del Regno di Napoli (1808-09)
Campagna di Russia (1812)
Sconfitta di Lipsia (1813)
18
Esilio all’isola d’Elba (1814)
Fuga e tentativo dei Cento giorni (1814)
Sconfitta di Waterloo ed esilio definitivo a Sant’Elena (1815)
Morte (1821)
3. Furono adulatori o detrattori. Egli proclama la sua autonomia intellettuale e morale, esente da
servilismo al momento del trionfo, e da meschina offesa verso un uomo sconfitto
4. Il testo è articolato in diciotto strofe, ciascuna di sei settenari. All’interno di ogni strofa i versi I,
III e V sono sdruccioli e non hanno rima, il II e il IV sono piani e rimano tra loro. Lo schema
metrico delle strofe doppie risulta pertanto il seguente: abcbde, fghgie
Ei fù. Siccòme immòbile,
dàto il mortàl sospìro,
stètte la spòglia immèmore,
òrba di tànto spìro,
così percòssa, attònita
la tèrra al nùnzio stà,
mùta pensàndo all’ùltima
òra dell’uòm fatàle;
né sa quando ùna sìmile
òrma di pié mortàle
la sùa cruènta pòlvere
a càlpestàr verrà.
5. Le strofe sono unite a due a due dalla rima del VI verso, che è sempre tronco
CONNOTAZIONE
1. “Ei”, “uom fatale”, “lui”, “quell’alma”
2. Per es. al v. 4 “tanto spiro”, al v. 22 “tanto raggio” e al v. 100 “superba altezza” fanno intendere
la chiara ammirazione per la grandezza di Napoleone; ma il giudizio storico è esplicitato
soprattutto ai vv. 49-54: “…Ei si nomò, due secoli l’un contro l’altro armato…arbitro s’assise
in mezzo a lor…” , in cui Manzoni esprime la concezione romantica della storia, in cui l’eroe
giganteggia di fronte alla storia, anche se poco prima nel testo la gloria di Napoleone era stata
identificata come “orma” di Dio
3. Manzoni ritiene che solo al momento della morte si sia in grado di cogliere il senso delle grandi
azioni, perché la vanità delle azioni umane fa sì che la vicenda napoleonica debba essere
riportata nell’ambito del significato ultraterreno: “…nui chiniam la fronte al Massimo Fattork,
che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar…”
4. Per lo stile alto e solenne, ottenuto grazie a grandiose similitudini, aggettivi ricchi di significati
morali, la molteplicità di riferimenti letterari, di citazioni bibliche e liturgiche che fanno il
lessico complesso
5. Ai vv. 1-6: “…Siccome immobile…così percossa, attonita, la terra al nunzio sta…”: l’efficacia
deriva dal contrasto tra l’immobilità della morte e la scossa ricevuta dal mondo al suo annuncio;
ai vv. 61-68: “…Come sul capo al naufrago l’onda s’avvolve e pesa…tal su quell’alma il
cumulo delle memorie scese…” in cui i ricordi sono paragonati all’onda che fa disperare della
salvezza il naufrago
AUTORE E CONTESTO
1. Tale visione è esplicita alla fine dell’ode, per es. ai vv. 85-94: “…forse a tanto strazio cadde lo
spirto anelo…ma valida venne una man dal cielo…e l’avviò, pei floridi sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio che i desideri avanza, dov’è silenzio e tenebre la gloria che passò…”.
Del resto la vanità dell’esperienza umana è ribadita più avanti: “…più superba altezza al disonor
del Golgota giammai non si chinò…”. Tutto è infatti nelle mani del “…Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola…”
19
RIFLETTIAMOCI SU
1. Significando da Nord a Sud, da Ovest ad Est rappresentano la totalità del mondo (inteso come
Europa allargata al mediterraneo): più grande il suo impero, quindi, più tragica la caduta finale
2. Perché evidenzia lo “star fermo” di un uomo che era stato l’emblema delle decisioni rapide (“di
quel securo il fulmine tenea dietro al baleno”).
pagg. 105-106 “Sera di febbraio” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. In una sera illuminata dalla luna, il poeta riflette sulla vita
2. Dei giovani che passano abbracciati; la sera che sta calando; il pensiero della morte
3. Ciascuno degli elementi compie un’azione in relazione con le altre (la sera è quasi il simbolo del
dolore; gli uomini non hanno punti di riferimento; il pensiero della morte rende sopportabile il
dolore della vita)
4.
Spùnta la luna.
Nel viàle è ancòra
giorno, una sèra che ràpida càla.
Indifferènte gioventù si allàccia;
sbànda a povere mète.
Ed è il pensièro
della mòrte che, in fìne, aiuta a vìvere.
CONNOTAZIONE
1. Quella della solitudine e del dolore umano
2. Dal ritmo lento, ottenuto mediante la frantumazione dei versi e la separazione di alcune parole
(per es. “ luna”, “mete”, “morte”)
3. L’utilizzo di endecasillabi, gli enjambement
4. La costruzione tipografica, l’assenza di rime
AUTORE E CONTESTO
1. Il suo essere ebreo nel corso della seconda guerra mondiale, da cui nasce il suo esilio a seguito
delle leggi razziali
RIFLETTIAMOCI SU
1. e 2. Svolgimento libero.
pag. 108 “Veglia” di G. Ungaretti
DENOTAZIONE
1. Natale in trincea, notte accanto al cadavere sfigurato di un compagno, durante la quale egli
scrive “lettere piene d’amore” ai suoi cari
2. Egli afferma di aver sentito, in quel momento, un insopprimibile sentimento di attaccamento alla
vita
3. In una trincea, nel corso della prima guerra mondiale
4. Dal desiderio di vita
5. Per creare combinazioni e relazioni tra i significati totalmente libere
CONNOTAZIONE
1. “massacrato”: enfatizza lo stato dell’umanità in guerra; “digrignata”: sottolinea la crudezza
20
2.
3.
4.
5.
degli effetti della guerra; “penetrata”: egli è quasi violentato dalla visione; “tanto”: ingigantisce
il senso di reazione vitale del poeta di fronte alla visione della morte
“la sua bocca digrignata” e “la congestione delle sue mani” sono parti della stessa visione,
contrapposta al “mio silenzio”
a un compagno massacrato – con la sua bocca digrignata – penetrata nel mio silenzio – ho scritto
lettere piene d’amore – tanto attaccato alla vita: tutte le coppie di versi, se unite, formano versi
tradizionali, perdendo, tuttavia, l’enfasi ottenuta isolando singole parole
Quasi assenti le rime tradizionali (presenti solo tra i vv. 1, 6 e 10 ma con il richiamo
dell’assonanza coi vv. 4 e 16), nel testo sono presenti numerose rime interne: buttatomassacrato-attaccato
Il ritmo, senza punteggiatura, è dettato dall’intensa trama fonica ottenuta attraverso il succedersi
martellante della dentale “t” spesso raddoppiata, in un crescendo fortemente drammatico che
richiama l’aggressività della morte (e il suono delle mitragliatrici)
AUTORE E CONTESTO
1. Svolgimento libero
RIFLETTIAMOCI SU
1. La bocca “digrignata” del cadavere e la brutalità con cui tale visione penetra “nel mio silenzio”
2. La data fa comprendere che siamo prossimi al Natale, quindi alla ferocia della guerra sull’uomo
si aggiunge la violenza perpetrata sui suoi affetti.
21
U.D. 5 – Le parole e le strutture sintattiche della poesia
pag. 115 “Milano” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. A Milano, con caratteri realistici nella descrizione, che raffigurano la città nei suoi tratti
conosciuti da tutti
2. La nebbia e le insegne luminose sono citate in maniera diretta. I palazzi (“le tue pietre”) in modo
indiretto
3. Nessuna caratteristica della vita è così riposante come la vita stessa nella sua piena e completa
totalità, fatta soprattutto di contatti tra le persone, che aiutano a dimenticare le proprie difficoltà
individuali
4. Due
5. No
6. Perché sono di misura diversa
7.
Fra│ le│ tue│pie│tre e│ le│ tue│ neb│bie│ fac│cio (endecasillabo)
vil│leg│gia│tu│ra. │Mi│ ri│po│so in │Piaz│za
(endecasillabo)
del│ Duo│mo. In│ve│ce
(quinario)
di│ stel│le
(trisillabo)
o│gni│ se│ra│ si ac│cen│do│no │pa│ro│le.
(endecasillabo)
Nul│la │ri│po│sa │del│la │vi│ta │co│me
la │vi│ta.
(endecasillabo)
(trisillabo)
CONNOTAZIONE
1. La nebbia
2. Il primo, letterale, significa “dare luce”, ma in senso metaforico le parole “danno vita” alle
relazioni tra le persone
3. Dallo discontinuità tra le due strofe: nella prima si descrive la città reale, connotata nei suoi
elementi concreti, nella seconda si passa ad affermazioni astratte e generali, valide sempre e in
qualsiasi luogo, per ciascun essere umano. Quasi tutti i testi di Saba, infatti, non si fermano
all’aspetto descrittivo, ma colgono per via analogica una rappresentazione profonda di
significato generale
4. Sono presenti soprattutto nella prima strofa, dove facilitano la scelta di un andamento fortemente
descrittivo
5. Il lessico è molto semplice: le “parole amiche” tanto care al poeta, rese intense, però, dalla
combinazione dei suoni e delle immagini
6. Colloquiale
AUTORE E CONTESTO
1. Oltre a Trieste, sua città natale, visse a Parigi (dopo la promulgazione delle leggi razziali) e a
Firenze (nascosto in casa di amici). Alla fine della guerra tornò a Trieste, ma dal 1950 dovette
essere ricoverato più volte in clinica a Roma, a Trieste e a Gorizia, dove morì
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché da una descrizione reale si passa ad un’osservazione generale: gli ultimi due versi
diventano così la strofa conclusiva, in cui il messaggio di solidarietà tra gli uomini diventa più
evidente
2. Evidenziare la considerazione conclusiva sulla vita umana
3. Perché il contrasto diventi più evidente
4. A “pietre” e “nebbie”.
22
pag. 117 “Per finire” di E. Montale
DENOTAZIONE
1. Ai lettori e ai “…posteri in sede letteraria…”, con l’ironica aggiunta di modestia “…(se ne
saranno)…il che resta improbabile…”
2. È una specie di testamento spirituale, in cui il poeta fa un bilancio della sua poesia e, soprattutto,
della sua vita
3. Un novenario e quattro endecasillabi
4.
Non│ sò│no un│ Leo│par│di, │ la│scio│ pò│co │da àr│de│re (verso sdrucciolo)
ed│ è │già│ tròp│po│ vì│ve│re in │per│cen│tuà│le
5. Il v. 8 è composto da un settenario più un quinario; il v. 9 è un endecasillabo; il v. 10 è un
quadrisillabo
Vissi al cìnque per cènto, non aumentàte
la dòse. Troppo spesso invèce piòve
sul bagnàto.
CONNOTAZIONE
1. Il componimento è collocato alla fine della raccolta, e con questa poesia Montale intende
congedarsi dal lettore traendo una specie di bilancio della sua esistenza, come enuncia
chiaramente al v. 8: “…vissi al cinque per cento, non aumentate la dose…”, con l’ironica scelta
di una terminologia quasi contabile
2. Spesso Montale ha denunciato il “male di vivere” dell’uomo, l’insufficienza della ragione, la
parzialità della volontà umana: gli esseri umani, secondo lui, vivono in un perenne stato di
disagio esistenziale e sono nell’impossibilità di compiere gesti di salvezza. In questa sua
consapevolezza che è vano dare all’esistenza altro significato che quello di un cammino verso il
nulla, i “nonfatti” dunque sono ciò che lo caratterizza. In un singolare dialogo con sé stesso
intitolato “Intervista immaginaria” egli affermò: “Penso che l’arte sia la forma di vita di chi
veramente non vive”: i suoi “nonfatti”, appunto
3. Il poeta afferma di aver realizzato poche cose (“…Non sono un Leopardi, lascio poco da
ardere…” al v. 6), come tutti, ma incoraggia ad esserne serenamente consapevoli: l’uomo non
vive per compiere grandi gesta, ma per cercare una salvezza “minore”, non beatificante ed
eterna, ma fragile, fatta di rare occasioni provvisorie e precarie, momenti di salvezza destinati
presto a venir meno
4. Dalla raccolta “Satura” del 1971 in poi, Montale ha semplificato il suo linguaggio, che dopo
essere stato contraddistinto da un registro medio-alto, ottenuto mediante vocaboli raffinati e
complessi, è diventato via via più semplice, caratterizzato da un ritmo prosastico e discorsivo,
come in questa poesia
5. No, ma sono presenti rime interne (per es. “riguardi-Leopardi” ai vv. 4 e 6) e numerosi richiami
fonetici (per es. “dose-piove” al v. 9) o consonanze (per es. “aumentate-bagnato” ai vv. 8 e 10).
Montale ha abbandonato la rima tradizionale fin dagli inizi della sua produzione,
caratterizzandosi per un tipo di sperimentazione che non ripudiava gli strumenti espressivi della
tradizione, ma li rinnovava completamente
AUTORE E CONTESTO
1. “A me la vita è male”, affermava Leopardi in una delle sue liriche più famose (“Il canto notturno
di un pastore errante”), concludendo con un’affermazione di pessimismo cosmico: “è funesto a
chi nasce il dì natale”. Montale riprende questa concezione pessimistica nei confronti della vita
umana, anzi per alcuni aspetti la rafforza, realizzando una vera e propria “poetica del negativo”,
che rifiuta ogni illusione consolatoria. Egli, tuttavia, ha saputo esaltare anche “le occasioni” di
salvezza e la forza interiore che aiuta a non essere travolti dalla precarietà della condizione
umana, rendendo possibile un lucido pessimismo attivo e privo di lacrime.
La vita del poeta, pur attraversando le tragedie, le fasi più difficili e le trasformazioni profonde,
23
molto spesso disorientanti, del XX secolo, ha sempre avuto un andamento di scarsa
eccezionalità, semplice come il suo carattere riservato, malgrado i dolori inevitabili della vita di
tutti (per es. la morte della moglie, alla quale dedicò numerose e affettuose poesie)
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 121 “Pianto antico” di G. Carducci
DENOTAZIONE
1. La morte del figlio Dante, di pochi anni
2. Mediante una serie di parallelismi contrapposti: la vita della natura che rinasce/ la morte come
perdita definitiva, il melograno/il bambino, i colori vivaci della vita/il buio e il nero della morte,
il suono/il silenzio, il calore del sole/il freddo della terra…
3. La morte è il destino di ogni essere umano, è la negazione delle relazioni, è il buio e il freddo
eterni
4.
AREA SEMANTICA DELLA VITA
il verde melograno
rinverdì
vermigli fior
ristora di luce e di calor
sol
amor
AREA SEMANTICA DELLA MORTE
muto
solingo
estremo…fior
terra fredda…terra negra
né…né…
5. Per es.: “pargoletta mano”, “vermigli fior”, “solingo”, “ristora”…
CONNOTAZIONE
1. Perché rappresenta il pianto di ogni padre, nel tempo, che abbia perso un figlio
2. Egli è come una pianta “percossa” dalla sofferenza e “inaridita” dalla perdita
3. Il bambino è come il fiore per la pianta: al v. 12 “estremo unico fior”, ultimo e unica creazione
della maturità della vita del poeta: la sua perdita rende “inaridita” la vita di Carducci; la poesia
si chiude con il martellante richiamo all’eternità e al buio freddo della morte (vv. 13-16)
4. abbc deec fggc hiic.
Mano-melograno: la mano del bambino che si sporge al melograno; poi il diverso destino di
ciascuno dei due. Inaridita-vita: la pianta percossa dal dolore, la sua vita resa inutile. Negrarallegra: la morte è buio e nero; precedute da due negazioni le due azioni vitali del sole e
dell’amore. Fior-calor-fior-amor: il fiore della inutile vita del poeta non è risvegliato dal calore
dell’amore, mentre il melograno rivive sotto i raggi del sole
5. A una filastrocca: i settenari piani seguiti da un settenario tronco danno un ritmo come di
girotondo o corsa con soste ripetute. L’ode anacreontica era usata in genere per componimenti di
intonazione leggera: Carducci utilizzandola allevia il tono drammatico dell’argomento
AUTORE E CONTESTO
1. Il “verde sedano” è “il verde melograno” di Carducci, nella stessa posizione nell’ode;
“germoglieranno” è accostabile al “rinverdì”; “sordi” e “senza risveglio” equivalgono a “né ti
risveglia amor”; “dentro la terra” è identico a “sei ne la terra negra”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Quella del ricordo: l’immagine del bimbetto che sporge la mano verso l’albero è quella di un
momento felice
24
2. Quella della “pianta percossa e inaridita” che immediatamente evoca dolore e mancanza di linfa
vitale
3. La mano che tocca la pianta richiama l’idea delle carezze da padre a figlio e viceversa.
pag. 123 “Frutta erbaggi” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. Il poeta
2. Dall’esterno della scena descritta
3. Entra deciso e poi fugge via e si allontana
4. La poesia è composta da endecasillabi sciolti, in due versi graficamente spezzati a metà
5. Non ci sono rime, tranne che ai vv. 3-4 e assonanza ai vv. 6-7
CONNOTAZIONE
1. La vecchiaia incombente
2. Dentro il negozio i “colori della bella stagione” si oscurano quando il ragazzo “fugge via”; fuori
il ragazzo “nel sole si allontana”: le aree sono dentro/fuori
3. Per rendere evidente il contrasto tra il momento della giovinezza, pieno di colori e di “polpe
crude” e quello in cui la giovinezza se ne va e “l’umile botteguccia invecchia come una madre”
4. Ai vv. 3-4 “crude-nude”: evocano la simmetrica acerbità della frutta e del ragazzo
5. Per mettere in risalto il contrasto tra oscurità dell’interno e solarità del di fuori
AUTORE E CONTESTO
1. La descrizione di un’umile bottega di fruttivendolo risponde al tema della semplice quotidianità,
insieme all’immagine della madre che invecchia, e anche a quella del sole all’esterno. La
bellezza della giovinezza è incarnata dalle gambe nude del ragazzo e dalla leggerezza con cui si
allontana. La vecchiaia è descritta come un’ombra oscura
RIFLETTIAMOCI SU
1. Esattamente come avviene quando i figli diventano grandi e lasciano la casa dei genitori
2. Svolgimento libero.
pag. 127 “Corrispondenze” di C. Baudelaire
DENOTAZIONE
1. Il poeta riflette sul suo rapporto con la Natura, in cui egli vede “una foresta di simboli” in cui
bisogna addentrarsi per mezzo di facoltà analogiche, come la sensibilità e l’intuizione: il codice
della Natura non è quello della scienza, ma è un linguaggio che riesce a comunicare attraverso i
significati nascosti dietro le apparenze, le “corrispondenze” tra il visibile e l’invisibile
2. L’uomo comune, che è spesso incapace di vedere le segrete corrispondenze, a differenza del
poeta, che utilizza l’immaginazione
3. All’estasi delle “dolcezze estreme” dello spirito e dei sensi
4. ABBA CDDC EFE GHH
5. Il sonetto
6. Due quartine e due terzine di endecasillabi rimati tra loro in modo vario
CONNOTAZIONE
1. Somiglianze analogiche, associazioni di idee e accostamento di sensazioni diverse
2. Secondo queste associazioni analogiche, ci sono “profumi” (che attengono all’olfatto) “freschi
come la pelle di un bambino” (notazione relativa al tatto e alla vista), morbidi (tatto) come il
25
suono dell’oboe (udito) e “verdi” (vista); altri profumi sono invece nauseanti per la loro estrema
ricchezza che accompagna l’estasi dei sensi e dello spirito
3. I due esempi contenuti nella parte finale del sonetto sono antitetici, rappresentano il Bene e il
Male, la purezza e la corruzione, l’innocenza e il peccato. Secondo Baudelaire questa
opposizione è quella dell’intera umanità: l’uomo vive nel fango, la poesia cerca di elevarlo. La
raccolta si titola, infatti, “I fiori del male”
4. Nella prima quartina si introduce il tema principale: la Natura ci parla attraverso simboli; nella
seconda si approfondisce il tema dando un significato quasi religioso alla unitarietà del mondo
naturale. Le terzine forniscono degli esempi delle corrispondenze enunciate
5. La rima baciata degli ultimi due versi, l’ultimo dei quali si conclude col termine “sens”
(“sensi”), lo strumento eletto per percepire le corrispondenze
AUTORE E CONTESTO
1. Secondo Baudelaire l’universo è costituito da un intreccio di relazioni, “i suoni rispondono ai
colori, i colori ai profumi”; la natura è un luogo sacro, “un tempio” che richiama la grandezza
divina (“le tenebre” e “la luce” di biblica memoria); la “foresta” rende difficile all’uomo
comprenderne la complessità: solo il poeta, dotato di qualità immaginative e intuitive può
riuscirvi
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché egli intende l’universo intero
2. Il poeta è come un sacerdote, che, attraverso le sue doti singolari, come la sensibilità e
l’immaginazione, è in grado di conoscere e rivelare all’uomo comune l’essenza misteriosa del
reale. Egli è “veggente”, cioè interprete del geroglifico dell’universo e perciò rivelatore
dell’ignoto e dell’inconscio.
pagg. 129-130 “L’osteria” di M. Luzi
DENOTAZIONE
1. Il poeta si trova in un’osteria buia e fumosa (un “antro”), di cui rileva i connotati di semplice e
povera quotidianità: “suono di stoviglie smosse”, “la donna armeggia intorno al fuoco”, l’oste
“scrive giovedì sul marmo”. All’esterno una giornata autunnale, con il vento tra povere case
(“topaie”) che “spande dal forno un fumo di fascine”; siamo tra “terre avare”, povere di frutti
2. L’oste e la moglie, persone semplici, di scarsa cultura; qualche raro avventore: il “bracconiere”
o i venditori ambulanti, “altri non è da attendere”. Il poeta stesso si descrive nel quadro, come
“uno che un nome effimero distingue appena”: egli, come tutti gli altri, è di passaggio, si
distingue appena per il suo nome di poca importanza
3. I ricordi: “mi reggo tra passato e avvenire” con rassegnazione
4. È un endecasillabo sdrucciolo, ottenuto con un verso di dodici sillabe con una parola sdrucciola
terminale, che nel computo diminuisce il verso di una sillaba (12-1=11)
5. Tre strofe di misura diversa
CONNOTAZIONE
1. I particolari descritti rimandano ad una rappresentazione simbolica e negativa della vita: gli
uomini vanno e vengono in un fluire effimero in mezzo a una bufera di difficoltà senza sosta e in
una miseria senza salvezza. L’unica possibilità che il poeta intravede per sé è l’accettazione, fino
a che il cuore è in grado di sopportarla
2. Ogni uomo è solo, in scarsa comunicazione con gli altri, che sono dei semplici passanti
3. Un’immagine pessimistica, sconsolata, senza salvezza, tranne che la possibilità di ricordare
4. Per la loro lentezza, che conferisce al testo l’aspetto di una pacata informalità e sottolinea il lento
scorrere del tempo
26
5. Particolarmente significativi per il ritmo, che accelera, i vv. 21-23: l’ejambement velocizza
l’elenco di azioni del passante, che rapidamente “viene, porta e chiede notizie, si ristora, riparte
in mezzo alla bufera, spare”, a enfatizzare la caducità delle relazioni umane
AUTORE E CONTESTO
1. Negli ultimi due versi
RIFLETTIAMOCI SU
1. Persone che non hanno fissa dimora, che abitualmente vivono pochi momenti in ogni luogo in
cui si fermano
2. Svolgimento libero.
pagg. 131-132 “Spesso il male di vivere ho incontrato” di E. Montale
DENOTAZIONE
1. La vita appare al poeta un male di per sé; il dolore è onnipresente, e si manifesta anche negli
aspetti più quotidiani della nostra esperienza: nel ruscello di cui è ostacolato lo scorrere, nella
foglia rinsecchita dalla calura, nel cavallo stroncato dalla fatica. L’unica via di scampo al dolore
cosmico è un atteggiamento di indifferenza
2. Perché è simile a quello delle divinità nei confronti degli uomini, inoltre un superiore distacco
dal dolore è un sentimento raro ed eccezionale
3. È un “prodigio”, un miracolo sorprendente, una salvifica saggezza
4. In due strofe parallele e contrapposte di quattro versi: la prima quartina di endecasillabi, la
seconda di tre endecasillabi e un verso ipermetro formato da un settenario sdrucciolo più un altro
settenario. Nella prima quartina si elencano i simboli del “male di vivere”, nella seconda gli
emblemi della “divina indifferenza”
5. È una rima interna
CONNOTAZIONE
1. Sono tratti dai tre regni della natura: il dolore è cosmico
2. Sono lontani dalla sofferenza del mondo: lontani perché chiusi ed estranei nella freddezza della
statua, oppure lontani fisicamente perché librati nel cielo
3. Le parole hanno suoni aspri e disarmonici
4. Il ritmo lento si accentua grazie al verso ipermetro e per mezzo del ripetersi della congiunzione
5. Ne mette in risalto l’opposto significato
AUTORE E CONTESTO
1. Gli oggetti, chiamati dal poeta a simboleggiare tanti aspetti misteriosi della vita umana e
cosmica, si caricano di significati nascosti: essi assumono la funzione di simboli che stanno in
correlazione, in rapporto di identità con i concetti, le emozioni e i sentimenti che il poeta intende
esprimere senza descriverla. Il correlativo oggettivo attraverso la descrizione di un oggetto o di
una situazione favorisce una conoscenza di tipo intuitivo, non comunicabile razionalmente
2. Montale utilizza un lessico estremamente preciso e rigoroso, di registro medio-alto, che presenta
sostantivi piani e comuni (“rivo”, “foglia”, “cavallo”), ma registra anche vocaboli di ascendenza
letteraria: egli non rifiuta gli strumenti della tradizione letteraria italiana, ma li trasforma, per
rendere la parola capace di rappresentare direttamente lo stato d'animo che descrive
RIFLETTIAMOCI SU
1. Il tempo passato prossimo intende rilevare che l'atto di accorgersi del dolore è continuo, vicino
nel tempo, quotidiano. Da sempre, invece, da un passato lontano, la consapevolezza della
necessità del distacco dal dolore
27
2. Per dare un distacco maggiore al significato della frase: in un universo pieno di male, il bene è
un'eccezione
3. Svolgimento libero
pag. 134 “Dall'argine” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. Un paesaggio di campagna, probabilmente in una stagione tardo primaverile o estiva, molto
luminosa, nelle prime ore del pomeriggio. Tra gli elementi di colore presenti prevale l'azzurro
del cielo, il verde degli alberi, mentre si sentono suoni di mandrie in lontananza e canto di
uccelli
2. Egli è all'interno del paesaggio, ne è immerso. Lo si comprende dal verbo “ho nell'orecchio”
3. Dopo il mezzogiorno. Lo indica la parola “meriggio”
4. Po |sa il |me|rìg|gio | sù | la |pra|te|rì |a.
Non |a|la or|ma òm|bra |nel|l'az|zùr|ro e |vèr|de.
Un| fù|mo al |so|le |biàn|ci|ca;| via |vì|a
fì|la e |si |pèr|de.
Ho |nel|l'o|rèc|chio un| tur|bi|nìo |di |squìl|li,
for|se |cam|pà|ni |di |lon|tà|na |màn|dra;
e, |tra |l'az|zùr|ro |pèn|du|li,| gli |strìl|li
dèl|la |ca|làn|dra.
5. Le due quartine sono composte da tre endecasillabi e un quinario (la cosiddetta strofa saffica).
L'ultimo verso di ogni quartina è rallentato dall'enjambement e dalla spaziatura
CONNOTAZIONE
1. “Posa il meriggio”, “nell'azzurro e verde”, “un fumo al sole biancica”, “fila e si perde”: tutto
concorre a dare l'impressione di immobilità, in un gioco di forti contrasti di colore
2. “Ho nell'orecchio”, “turbinio di squilli”, “campani”, “strilli”: nell'immobile silenzio spiccano
suoni vicini e lontani
3. La ripetizione di “azzurro” del cielo, che permette di dare uno sfondo prevalente al quadro
realizzato dal poeta: indica la serenità della campagna
4. Per es. “squilli-strilli”: entrambi indicano i suoni che spezzano l'immobile silenzio
5. Una costruzione senza verbi (o con pochissimi verbi). Essa consente una grande immediatezza,
che deriva dall'elencazione degli elementi che compongono la descrizione, senza
intermediazioni che ne appesantiscano l'efficacia (per es. “non ala orma ombra”)
AUTORE E CONTESTO
1. Pascoli utilizza un lessico estremamente preciso, perfino tecnico, tratto anche da linguaggi
settoriali, per indicare piante, animali, lavori nei campi, alla ricerca di termini che conferiscano
una suggestione evocativa e fonica. In questa poesia ne sono un esempio “biancica”, “mandra” e
“calandra”
RIFLETTIAMOCI SU
1. La spaziatura che mette il quarto verso di ogni strofa al centro, rallentandolo, costituisce un
ulteriore impreziosimento, sottolineando rispettivamente il filo di fumo bianco e lo strillo
dell'allodola, che spezzano l'azzurro e il silenzio.
28
pag. 136 “Sulla riva” di M. Luzi
DENOTAZIONE
1.
PRIMA STROFA
2.
3.
4.
5.
SECONDA STROFA
Le ondate che scavalcano i pontili
Il tempo e il mare hanno di queste pause
Il lupo di mare
L'uomo del faro
Che fai?
Tu dove sei?
Il poeta tiene desta la sua casa
Ti spero in qualche porto
A qualcuno che gli è caro
Dopo lo scampato pericolo si verifica chi è sopravvissuto
I vv. 2, 3, 4, 6, 7, 8, 10 e 11
Complemento oggetto, predicato, soggetto
CONNOTAZIONE
1. L'area semantica della luce (per es. “lucerna”, “desta” e “faro” ) contrapposta a quella del buio
(per es. “cupo” e “oscuro”); quella del mare (per es. “pontili”, “ondate”, “lupo di mare”,
“porto”, “l'uomo del faro”...) e della tempesta (“ondate”, “mareggiate”)
2. Può rappresentare l'uomo esperto, che va per mare, rischiando la vita, oppure non esce con la
barca perché la tempesta infuria
3. Può impersonare colui che offre salvezza agli altri (egli “scruta, perlustra, va verso l'aperto” a
cercare qualcuno che ha bisogno di soccorso), come il faro getta luce durante la tempesta,
permettendo di raggiungere il porto, cioè la sicurezza
4. All'inizio della seconda strofa, quando “la brigata dispersa si raccoglie, si conta dopo queste
mareggiate”: è il “dopo” che ne indica la fine
5. I numerosi parallelismi, la forte inversione iniziale, le interrogative dirette
AUTORE E CONTESTO
1. Nella prima strofa, nelle azioni di chi tiene accesa la lucerna aspettando gli altri; nella seconda
strofa, nella descrizione della brigata che si conta e in ciò che compie l'uomo del faro
RIFLETTIAMOCI SU
1. È, come tutti, in mezzo a tempeste e pause. Lo rivela direttamente ai vv. 3-4 (“Aggiungo olio
alla lucerna, tengo desta la stanza...” e al v. 8 (“Ti spero in qualche porto...”)
2. È sia al centro della tempesta che nella pausa susseguente.
U.D. 6 - Le figure retoriche
pag. 144 “O falce di luna calante” di G. D'Annunzio
DENOTAZIONE
1. Il poeta di rivolge alla luna riflessa sulle acque, sotto cui ondeggiano, come le spighe
ondeggianti in un campo di grano, i sogni degli uomini (che dormono, ma anche, e soprattutto,
sogni intesi come speranze)
2. Dal bosco sembrano diffondersi verso il mare fremiti di foglie e di fiori come sospiri nel silenzio
generale
3. Gli esseri umani si addormentano, sotto il peso dei loro sentimenti e delle loro speranze
illuminati dalla luce della luna. Si ripete la frase “qual messe di sogni ondeggia al tuo mite
chiarore quaggiù”
29
4. O |fàl|ce |di |lù|na |ca|làn|te
che |brìl|li |sul|l'àc|que |de|sèr|te,
o |fàl|ce |d'ar|gèn|to, |qual |mès|se |di |sò|gni
on|dèg|gia al |tuo |mì|te |chia|rò|re |quag|giù!
A|nè|li|ti |brè|vi |di |fò|glie
so|spì|ri |di |fiò|ri |dal |bò|sco
e|sà|la|no al |mà|re:| non |càn|to |non |grì|do
non |suò|no |pe 'l |và|sto |si|lèn|zio |và.
Op|près|so |d'a|mòr, |di |pia|cè|re,
il |pò|pol |de' |vì|vi |s'ad|dòr|me...
O |fàl|ce |ca|làn|te, |qual |mès|se |di |sò|gni
on|dèg|gia al |tuo |mì|te |chia|rò|re| quag|giù!
5. Per es. “messe”, “chiarore”, “aneliti”, “esalano”, “s'addorme”
CONNOTAZIONE
1. La luna calante ha la stessa forma della falce, che viene usata per mietere il grano. I sogni
vengono definiti “messe che ondeggia”, dunque la luna sovrasta i sogni dei viventi come la falce
pronta a mietere le messi. Mietere può avere il connotato negativo di eliminazione, dunque la
luna sembra minacciare i sogni, che scompariranno al risveglio
2. Al v. 2 “acque deserte” e tre negazioni ai v. 7-8 “non canto non grido non suono”: la ripetizione
della negazione rafforza l'idea di assenza di esseri umani
3. Nella seconda strofa la natura pare sospirare con le foglie e i fiori. Nella poesia si assiste a una
presenza della natura in contrapposizione all'assenza di figure umane: l'umanità, nel sonno,
sembra essere preda della volontà degli elementi naturali
4. La luna, che forse mieterà i sogni degli uomini
5. L'anticipazione dell'aggettivo rispetto al sostantivo
AUTORE E CONTESTO
1. L'ultimo verso di ogni quartina è tronco, il che, insieme allo schema ritmico, crea una ripetitività
tipica della nenia musicale
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché è un bagliore tenue e smorzato, non è una luce accecante
2. Lascia in sospeso l'esito della mietitura: i sogni si avvereranno o cadranno al risveglio?
pag. 148 “I fiumi” di G. Ungaretti
DENOTAZIONE
1. Nella prima strofa, come in una premessa, il poeta chiarisce l'occasione della poesia: in un
contesto dolente di guerra (“quest'albero mutilato”) in contrasto con la calma lunare della notte.
In questo momento di tregua, egli si bagna nell'Isonzo e, come purificato dalla pena del vivere,
ritrova il ricordo di tutti gli altri fiumi che hanno scandito la sua vita, rappresentandone le tappe
fondamentali: il Serchio delle sue origini, il Nilo della sua prima giovinezza, la Senna dove le
esperienze culturali gli hanno fatto conoscere se stesso. Con andamento circolare, nell'ultima
strofa egli ritorna alla consapevolezza del dolore: la mia vita è come la corolla di un fiore
formata di petali di oscurità, fragile e presaga di dolore e morte
2. Quella di sentirsi in accordo con le cose, con gli altri, con le leggi dell'universo, con se stesso:
pochi versi prima, aveva infatti affermato “Il mio supplizio è quando non mi credo in armonia”
3. Quando egli si distende “in un'urna d'acqua...come una reliquia” e, come in una sorta di
battesimo, viene purificato “L'Isonzo mi levigava come un suo sasso”; quando si china “come un
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beduino...a ricevere il sole” in un atteggiamento quasi di preghiera. Entrambi i gesti si verificano
nell'Isonzo, dove “mi sono riconosciuto una docile fibra dell'universo”
4. Quelle degli altri luoghi, rappresentati dai fiumi, delle tappe fondamentali di formazione: le
origini da gente “campagnola”; l'”ardere d'inconsapevolezza” della fanciullezza; il rimescolarsi
e conoscersi della giovinezza
5. I più rilevanti ai vv. 6-7-8, 16-17, 22-23, 26-27, 30-31-32, 37-38, 40-41-42, 43-44-45, 46-47, 4950-51, 54-55, 62-63, 68-69-70
CONNOTAZIONE
1. Perché nell'Isonzo egli si è purificato dalla guerra, lasciando i suoi “panni sudici” e
immergendosi come in un battesimo di rinascita
2. Oltre ai ripetuti possessivi “mio, mia” e il pronome personale “mi”, la ripetizione del pronome
dimostrativo “questo”, che ritorna in posizione forte all'inizio dei vv. 28, 46, 48, 53, 58, 62, 64,
riferito il più delle volte a esperienze lontane nel tempo, che vengono infatti avvicinate dalla
memoria
3. La prima, in cui sta chiarendo l'occasione della scrittura; la settima e l'ottava, in cui definisce
l'azione salvifica dell'Isonzo; infine l'ultima, in cui egli ritorna alla dolorosa realtà della guerra.
L'alternanza è data dall'esperienza stessa del bagno nel fiume, che gli fa rielaborare tutte le sue
esperienze precedenti: “Questi sono i miei fiumi contati nell'Isonzo”
4. Spesso vengono isolate le azioni: per es. “e guardo”, “ho riposato”, “mi sono chinato”, “ho
ripassato”; oppure singoli elementi, fondamentali per la comprensione del testo, come “il sole”,
“la rara / felicità”, “una corolla / di tenebre”
5. Per es. “urna d'acqua” richiama “come una reliquia” all'interno dell'area semantica di morte;
così pure la guerra appartiene all'area semantica del buio: “ora ch'è notte” e “una corolla di
tenebre”; il poeta-sasso-fibra è come amalgamato dalla natura con le “occulte mani” dell'Isonzo
che lo leviga nell'acqua
AUTORE E CONTESTO
1. Il Serchio è il fiume che scorre vicino a Lucca, terra di origine della sua famiglia; il Nilo
richiama Alessandria d'Egitto, dove egli è nato e ha trascorso la giovinezza; la Senna rimanda a
Parigi, dove il poeta frequentò la Sorbona, immergendosi in un ambiente tumultuoso di
esperienze formative culturali e umane; l'Isonzo è il fiume del Friuli, teatro della prima guerra
mondiale, esperienza fondamentale per l'uomo e poeta Ungaretti
RIFLETTIAMOCI SU
1. L'Isonzo che lo leviga “come un suo sasso”
2. Sono metaforicamente sporchi a causa della guerra, da cui egli si purifica per mezzo del fiume
Isonzo e per mezzo del ricordo di tutti i suoi fiumi.
pag. 150 “Donna che si pettina” di G.B. Marino
DENOTAZIONE
1. Il gesto del pettinarsi
2. Naufraga nell'amore, sommerso dalla bellezza della chioma della donna
3. Per farne catene con cui legare chi si ribella al suo potere
4. Si tratta di un sonetto con rime ABBA ABBA CDC DCD di endecasillabi
5. Onde doràte, e l'ònde eran capèlli,
navicella d'avòrio un dì fendèa;
una màn pur d'avòrio la reggèa
per questi erròr preziòsi e quèlli;
31
CONNOTAZIONE
1. L'ondulazione
2. La “navicella d'avorio” (il pettine) che fende il mare d'oro di capelli (“l'aureo mar”); una mano
bianchissima (“d'avorio”) che regge il pettine; l'errare “errore” nel duplice senso di movimento
e di perdersi; le ondulazioni dei capelli sono “flutti tremolanti e belli”; Amore che raccoglie l'oro
(i capelli) spezzato dalla chioma e ne costruisce “catene a' suoi rubelli”; il naufragio fortunato in
cui, felicemente, muore, tra scogli di diamanti e golfi d'oro, trasportato e avvinto dalla bellezza
della chioma della donna
3. La morte come felice abbandono all'amore, come dolce morire, è una figura metaforica già ben
nota dalla tradizione letteraria ai tempi di Marino, e risalente a Petrarca
4. Un tesoro pericoloso somma una valenza positiva a una negativa
5. Tutti contengono il suono “or”
AUTORE E CONTESTO
1. La rappresentazione della donna colta nel gesto di pettinarsi una fluente chioma già di per sé
costituisce un'immagine ricca di elementi, l'ulteriore aggiunta di immagini metaforiche la rende
veramente barocca
RIFLETTIAMOCI SU
1. Sono elementi preziosi, di grande valore, che arricchiscono l'immagine del gesto, come in un
quadro
2. L'amore descritto come “tempesta” e naufragio in un “procelloso” mare.
pagg. 156-157 “La pioggia nel pineto” di G. D'Annunzio
DENOTAZIONE
1. Nelle quattro strofe, D'Annunzio sviluppa tre motivi: la rappresentazione della pioggia, la
metamorfosi delle persone in piante e l'amore come illusione. Nella prima strofa elenca le
diverse piante che vengono colpite dalla pioggia, concludendo con il riferimento, che ritornerà
alla fine, alla “favola bella” dell'amore vissuto come sogno piacevole e fantastico che coinvolge i
due amanti con alterne illusioni. Nella seconda strofa descrive i diversi suoni prodotti dalla
pioggia sulle foglie e degli animali del bosco, concludendo con la descrizione della metamorfosi
del poeta e della donna in creature del bosco. Nella terza strofa riprende il tema dei suoni diversi
provocati dalla pioggia e dagli animali del bosco. Nell'ultima strofa l'attenzione viene di nuovo
concentrata sulla trasformazione dei due amanti in creature vegetali, per concludersi con la
ripresa del tema dell'amore, in cui viene invertito il motivo dell'illusione, in un gioco di
alternanza con la prima strofa
2.
CADUTA DELLA PIOGGIA
ED EFFETTI MUSICALI
PRODOTTI SULLA
VEGETAZIONE
Per es.: “parole più nuove che
parlano gocciole e foglie
lontane”, “E il pino ha un suono,
e il mirto altro suono, e il
ginepro altro ancora, stromenti
diversi sotto innumerevoli dita”,
“Più sordo e più fioco s'allenta,
si spegne...risorge, trema, si
spegne”
METAMORFOSI DEL POETA SENTIMENTO CHE LEGA
E DELLA SUA COMPAGNA
IL POETA ALLA SUA
DONNA
Per es.: “piove sui nostri volti
silvani”, “E immersi noi siam nello
spirito silvestre, d'arborea vita
viventi”, “il tuo volto ebro è molle
di pioggia come una foglia, e le tue
chiome auliscono come le chiare
ginestre”, “quasi fatta virente, par
da scorza tu esca”, “il cuor nel
petto è come pesca intatta, tra le
Per es.: “la favola bella che
ieri
t'illuse,
che
oggi
m'illude”, “andiam di fratta in
fratta, or congiunti or
disciolti...chi sa dove, chi sa
dove!”
32
palpebre gli occhi son come polle
tra l'erbe, i denti negli alveoli son
come mandorle acerbe”
3. La cicala e la rana. La personificazione
4. Per es.: taci-dici, bosco-odo, umane-ma, nuove-piove, umane-lontane, parole-parlano, parolegocciole, sparse-salmastre-arse, piove-pini, pini-irti-mirti-divini, ginestre-ginepri, fulgentiaulenti, accolti-folti-volti, su-su-sui-sui, accolti-coccole, nostri-nostre, silvani-mani...
ABCBDEFDGCGHIIHLMMLMNNOLPPOQQPOR
5. Ternario: per es. v. 6 e v. 15
Quinario: per es. v. 8 e v. 12
Senario: per es. v. 1 e v. 2
Settenario: per es. v. 9 e v. 20
Ottonario: per es. v. 10 e v. 16
Novenario: per es. v. 6 e v. 51
CONNOTAZIONE
1. I due amanti sono connotati subito, dal v. 20, con “volti silvani” (perché riflettono il colore delle
fronde) e i loro pensieri sono definiti “freschi”. Dal v. 52 essi sono “immersi...nello spirito
silvestre, d'arborea vita viventi”, sono cioè diventati una cosa unica con la natura, vivono una
vita vegetale: il volto è come una foglia, i capelli come le ginestre, Ermione è una “creatura
terrestre” che si sta trasformando in pianta. Dal v. 99 ella è “virente”, del colore delle piante,
sembra uscire dalla corteccia, il suo cuore “è come pesca” gli occhi “come polle tra l'erbe”, i
denti “come mandorle acerbe”. Essi si sono ormai trasformati in piante, abbracciate dai cespugli
(“il verde vigor rude ci allaccia i malleoli c'intrica i ginocchi”).
Parallelamente alla trasformazione degli esseri umani in elementi della natura, essa si rivela
dotata di doti umane: parla con “parole più nuove che parlano gocciole e foglie”; il suono della
pioggia è un “pianto” a cui “risponde il canto delle cicale”; la natura dispone di “innumerevoli
dita” con cui fa risuonare le foglie e con i cespugli trattiene e avvolge le gambe dei due amanti
2. I rari momenti di silenzio fanno spiccare la varietà degli altri suoni: per es. ai vv. 76-80 “si
spegne...Non s'ode voce dal mare”, ai vv.89-90 “La figlia dell'aria è muta”
3. Ogni parola isolata è parte di un enjambement che creando una lieve sospensione dà maggiore
risonanza alla parola stessa “lontane” (in questo caso si sottolinea che il suono proviene da
lontano), “divini” (ne esalta i riferimenti mitico letterari), “silvani” (introduce il tema della
metamorfosi), “ignude” e “leggieri” (introducono un elemento di erotismo, ma anche
sottolineano l'essenzialità dell'esperienza che essi stanno vivendo), “novella” (come la pioggia fa
sbocciare i fiori e purifica, così l'anima è rinnovata, portata a nuova vita)
4. Versi a rima baciata (per es. “e le tue chiome / auliscono come / le chiare ginestre / o creatura
terrestre”) o incrociata (per es. “su le ginestre fulgenti / di fiori accolti / su i ginepri folti / di
coccole aulenti”); rime interne (per es. umane-lontane); frequenti allitterazioni (per es. “piove
sui pini” o “varia nell'aria”); assonanze e consonanze (per es. “Sola una nota” o “secondo la
fronda”); parole onomatopeiche (come “crepitio” e “croscio”); ripetizione di singole parole
(esemplare l'anafora “piove...piove...piove...”, ma anche “ascolta...ascolta”, e, ancora in
posizione anaforica, , “non s'ode...s'ode”); l'alternanza ritmica di versi lunghi e versi brevi, versi
lenti e versi più veloci, che imitano il ticchettio e l'intensità della pioggia; la ripetizione, alla fine
di tutte le quattro strofe, del nome Ermione, che sembra quasi un eco; l'attacco delle prime tre
strofe con un verbo dallo stesso ambito semantico (“Taci”, “Odi”, “Ascolta”); sinestesie (come
“freschi pensieri”)
5. Termini letterari, arcaici, onomatopeici...
AUTORE E CONTESTO
33
1. Il dio Pan era una divinità agreste del mondo greco, con piedi e barba caprini, coda e corna.
Famoso per le sue imprese erotiche con ninfe e menadi, simboleggiava la natura intesa come
forza vitale e creatrice
RIFLETTIAMOCI SU
1. Egli la invita a tacere e ad ascoltare, ma soprattutto a vivere l'illusione dell'amore, che presto
svanirà
2. La ripetizione nella quarta strofa dei versi finali della prima, con l'inversione dei termini
“t'illuse- m'illude” “m'illuse- t'illude”.
pag. 160 “L'assiuolo” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. La poesia si apre su una domanda sottilmente inquietante - dov'era la luna? - cogliendo il
momento in cui la luna sta per sorgere e la terra, simboleggiata dal mandorlo e dal melo, è in
attesa trepida della sua luce. La calma è squassata dallo scoppio imminente di un temporale,
mentre al bianco della luna si oppone il nero delle nubi lontane. Nella seconda strofa nella luce
nebbiosa si sente il suono lontano del mare e quello di un animale vicino, ma queste immagini
della natura provocano un sussulto nel cuore del poeta, che scaturisce da ricordi lontani. La terza
strofa rivela il tema della lirica, finora solo espresso allusivamente: il sospiro del vento e il verso
delle cavallette aprono un'altra domanda inquietante: “che forse non s'aprono più?”. Dalla
natura, quindi, vengono voci di morte: su tutto, infatti, ricorre il verso del piccolo uccello rapace,
che ricorda un pianto di morte
2. “una voce dai campi”, “singulto” e “pianto di morte”
3. Luce: “alba di perla”, “soffi di lampi”, “le stelle lucevano” e “lucide vette”.
Morte: “un grido che fu”, “singulto”, “sistri”, “non s'aprono più” e “pianto di morte”. L'assiuolo
stesso veniva ritenuto annunciatore di disgrazie
4. Allitterazione in “L”: per es. “dov'era la luna”, “il cielo”, “alba di perla”, “mandorlo”, “melo”,
“vederla”...
Allitterazione in “R”: per es. “dov'era”, “ergersi”, “mandorlo”, “parevano”, “vederla”, “sistri
d'argento”...
Allitterazione in “FR”: per es. “fru fru tra le fratte”
Allitterazione in “SS”: per es. “squassavano” e “finissimi”
Assonanza in “U”: per es. “luna”, “nubi”, “cullavano”, “laggiù”, “sussulto”, “fru fru”, “più”,
“chiù”...
Assonanza in “ì”: per es. “sentìvo”, “grìdo”, “sospìro”, “sìstri”, “tintìnni”...
5. ABAB (cielo-perla-melo-vederla; rare-latte-mare-fratte; vette-vento-cavallette-argento): è
costante la vocale su cui batte l'accento) CDCd (dominanza della “u”: laggiù-chiù; sussulto-fu;
singulto / chiù; più-chiù)
CONNOTAZIONE
1. L'assiuolo è un piccolo uccello rapace, il cui grido, secondo le credenze contadine, annunciava
disgrazie. Il suono, riprodotto nel verso finale di ogni strofa e richiamato dall'assonanza come in
un'eco, viene accostato a ricordi e sensazioni di morte (“un grido che fu”, “singulto”, “sistri”...)
2. Il temporale lontano (“soffi di lampi” e “nero di nubi”) come l'annuncio di un disastro
imminente; il “fru fru tra le fratte”, inquietante perché l'animale non si vede; il vento che risuona
come un sospiro (“tremava”) dall'al di là; il verso delle cavallette che evoca strumenti musicali
funebri (“sìstri d'argento”) che richiamano “invisibili porte che forse non s'aprono più”; la
dominanza continua dell'assonanza in “U” che suscita inquietudine insieme all'eco del verso
dell'assiuolo, definito esplicitamente infine “pianto di morte”
34
3. La morte è un al di là che ci manda dei richiami (“com'eco di un grido che fu”), la vita è invece
paura e mistero. Quelle porte (“invisibili porte che forse non s'aprono più”) che un tempo (i
“sìstri d'argento” dell'antico Egitto) si aprivano per svelare un al di là sconosciuto, forse si sono
chiuse per sempre all'uomo moderno
4. Nei primi due casi si tratta di sensazione uditiva, la terza è una sensazione emotiva: per il poeta
le due esperienze sono simili
5. In questo caso l'aggettivo viene sostantivato, assumendo così maggior rilievo. In altri casi i verbi
vengono sostantivati, attribuendo, di solito, azioni umane alla natura (per es. “soffi di lampi” e
“sospiro di vento”
AUTORE E CONTESTO
1. Quando Giovanni Pascoli aveva dodici anni, il padre, amministratore di una tenuta dei principi
Torlonia, venne ucciso in un agguato di cui non si conobbe il movente e gli autori, che rimasero
impuniti. Questo tragico evento fu seguito da altre disgrazie che ne ampliarono gli effetti: l'anno
successivo morì la sorella Margherita di diciassette anni e, subito dopo, la madre, forse stroncata
dal dolore; dopo soli altri due anni il fratello Luigi e in seguito anche il fratello maggiore,
Giacomo. Questi fatti determinarono in lui una ferita profonda, facendogli maturare la
convinzione della fondamentale malvagità del mondo al di fuori del sicuro “nido” famigliare
2. Il simbolismo pascoliano nasce dall'incontro tra immagini, sensazioni e suoni: i suoni delle
parole (enfatizzati anche da frequenti onomatopee, allitterazioni e assonanze, dall'uso delle
sinistesie e degli ossimori) vengono caricati di significati emotivi, come ansia, senso di
minaccia, mistero, incertezza ecc.
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché producono senso di indeterminatezza e di rimando a significati ulteriori.
pag. 162 “E lasciatemi divertire!” di A. Palazzeschi
DENOTAZIONE
1. Il poeta si diverte con strofe composte di puri suoni che non formano parole dotate di significato:
per es. i vv. 1-4, 13-15, 21- 24, che afferma essere la sua passione (v. 20), la cosa che gli piace
fare (vv. 44-51), il suo divertimento (v. 93). Il lettore esprime scandalo e disapprovazione per la
sua poesia (vv. 16-19), gli rimprovera il divertimento gratuito (vv. 5-7), l'irriverenza verso la
tradizione (vv. 26-29), l'assenza di un messaggio comprensibile (vv. 34-38), la perdita del sacro
“foco” della poesia (vv. 61-64), l'”azzardo” che corre chi non rimane nei limiti delle convenzioni
(vv. 82-85)
2. Attirare l'attenzione sull'aspetto fonico della poesia
3. Scandalo e disapprovazione
4. Assonanze in tutte le strofe di suoni liberi (per es. “tri tri tri/ fru fru fru” oppure
“Farafarafarafa/Tarataratarata”); rime, spesso baciate (per es. ai vv. 6-7, 8-9), o alternate (per
es. ai vv. 16-19) e incrociate (per es. ai vv. 34-37)
5. Palazzeschi utilizza un lessico comune per ironizzare sulla poesia “aulica” e provocare il lettore:
per es. “grullerie”, “bisbetiche”, “spazzatura”, “fesso”, “somaro”
CONNOTAZIONE
1. Per es. “divertire” è ripetuto più volte, ma anche “grullerie”, “cantare senza saper le parole”, “si
sbizzarrisca”
2. Con una poesia di contenuto aulico, tradizionale negli stilemi, senza audaci sperimentazioni,
mentre Palazzeschi afferma che il mondo è cambiato e che la modernità richiede di smascherare
l'ipocrisia di chi continua a chiedere belle parole prive di significato
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3. Balbettii infantili con ripetizione dello stesso suono (per es. “Bubububu”); versi di animali che si
trasformano in tiritere (per es. “Cucu ruru...cuccuccurucù”) oppure sequenze di sillabe che
ironizzano sui ritornelli di canzonette banali, con rime scontate (come per es.
“Farafarafarafa/Tarataratarata/Paraparaparapa/Laralaralarala”), vocali allungate e messe in
fila (“Aaaaa! / Eeeee! / Iiiii...”), suoni di lingua straniera (“Sciukoku...Koku koku...”) o di una
risata (“Ahahahahahahah!”)
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. “lasciatelo divertire / poveretto” (vv. 9-10), oppure “gli uomini non dimandano / più
nulla dai poeti” (vv. 91-92)
RIFLETTIAMOCI SU
1. Potrebbe significare molto avanti rispetto ai tempi, non arretrato
2. Svolgimento libero.
pag. 166 “Ulisse” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. Chi parla, attraverso le parole del poeta, è l'eroe greco, il quale, dopo una lunga descrizione del
paesaggio della sua terra, esprime la sua inesausta volontà di conoscenza e di amore per la vita
2. Coste affollate di isolotti emergenti, coperti di alghe color smeraldo, schivati dalle barche per
paura di affondare
3. Solo raramente da uccelli in cerca di pesci
4. Nella mìa giovinèzza ho navigàto
lungo le còste dàlmate. Isolòtti
a fior d'ònda emergèvano, ove ràro
un uccèllo sostàva intento a prède,
coperti d'àlghe, scivolòsi, al sòle
bèlli come smeràldi. Quando l'àlta
marea e la nòtte li annullàva, vèle
sottovènto sbandàvano più al làrgo,
per sfuggìrne l'insìdia. Oggi il mio règno
è quella tèrra di nessùno. Il pòrto
accende ad àltri i suoi lùmi; me al làrgo
sospinge ancòra il non domàto spìrito,
e della vìta il doloròso amòre.
5. Similitudine: per es. “belli come smeraldi”. Sineddoche: per es. “vele” per dire barche
CONNOTAZIONE
1. Per far capire che è Ulisse che parla
2. Per es. “nella mia giovinezza ho navigato”, “vele sottovento sbandavano”, “il porto”, “al largo”.
Il viaggio come metafora della vita è stato utilizzato da numerosi scrittori: per es. da Dante nella
“Divina Commedia”, da Leopardi nel “Canto notturno di un pastore errante dell'Asia”, da
Baudelaire in “Il viaggio”, da Kerouac in “On the road”...solo per citare i più famosi.
L'accostamento viene spesso utilizzato anche nella vita comune
3. Perché egli, a differenza di chi si accontenta di raggiungere la quiete, sente ancora in sé “il non
domato spirito” che lo spinge ancora a cercare nuove esperienze
4. Il v. 8 e il v.11. Il termine è sinonimo di lontananza, è il luogo dove cercare nuove esperienze
5. L'inversione sintattica dei termini mette in evidenza le parole su cui il poeta intende attirare
l'attenzione. In questo caso esemplare la frase “me al largo sospinge ancora il non domato
spirito” di Foscoliana memoria (“dorme quello spirto guerrier ch'entro mi rugge”)
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AUTORE E CONTESTO
1. Il mito di Ulisse si mantiene affascinante dopo moltissime epoche: l'eroe omerico, re dell'isola di
Itaca, è passato alla storia più che per l'inganno del cavallo con cui termina la guerra tra la città
di Troia e gli Achei, per il suo viaggio di ritorno, ostacolato da divinità nemiche, da avversità e
insidie di ogni genere e dal suo stesso spirito di avventura, dalla sua eterna curiosità di conoscere
e sperimentare: è attraverso il viaggio, infatti, che Ulisse conosce se stesso. Il binomio Ulisseviaggio è entrato nell'immaginario collettivo, a tutti i livelli culturali, diventando simbolo ora del
navigatore audace e avventuroso, ora dell'esule perseguitato dalla sorte, ora della sete di
conoscenza ed esperienza
RIFLETTIAMOCI SU
1. Si tratta di un ossimoro. Con esso il poeta intende sottolineare che l'amore per la vita non è
immune dai esperienze dolorose.
pag. 168 “L'invetriata” di D. Campana
DENOTAZIONE
1. Il poeta osserva un tramonto pieno di foschia. Improvvisamente brilla una luce, ma nella stanza
prevale ancora un odore di marciume mentre la notte riprende la sua oscurità con il rosso del
tramonto
2. Davanti a una finestra o una veranda
3. Si accende una lampada su un terrazzo sul fiume
4. Versi liberi, totalmente svincolati da schemi fissi di misura metrica
5. Si ripetono parole a fine verso (“c'è” ai vv. 5-6-9-10 e “languente” ai vv. 7-11) e un'unica rima ai
vv. 3-7
CONNOTAZIONE
1. Per es. “chi ha”, “chi è”, “c'è nella stanza”, “una piaga rossa languente”, “tremola”, “sera”:
spesso danno concitazione al testo, servono ad attirare l'attenzione del lettore su alcuni contenuti
della poesia
2. La “piaga rossa languente” allude alle sofferenze vissute dal poeta, esse sono un “suggello”,
cioè un'impronta lasciata dalla vita nel suo animo. La poesia esprime il dolore del poeta per la
vecchiaia incipiente, che gli annuncia la morte, come il tramonto annuncia la notte
3. La sera rappresenta la vecchiaia (“è fatua la sera e tremola ma c'è”) annunciatrice della morte
(“nella stanza un odor di putredine”): la vita consiste nella sofferenza dell'attesa della morte
(“una piaga rossa languente”)
4. Per es. ai vv. 1-2: il soggetto (“la sera fumosa d'estate”) isolato dal verbo assume maggior
rilievo. Oppure ai vv. 6-7 (“c'è / nella stanza un odor di putredine: c'è / nella stanza una piaga
rossa languente”): insieme alle ripetizioni l'enjambement rafforza l'immagine
5. L'anacoluto (“chi ha” / “chi è”) riempie di concitazione il momento in cui si accende una luce di
speranza; il chiasmo “tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola” così come l'anafora “nella
stanza“ e l'anastrofe “nel cuore della sera c'è, sempre una piaga rossa languente“ ripetono le
parole chiave del testo e richiamano l'attenzione su di esse
AUTORE E CONTESTO
1. Il suo squilibrio psichico fu la causa determinante delle sue dolorose esperienze
RIFLETTIAMOCI SU
1. La metafora allude ad un abito: la sera “si veste” di morbidezza e di sprazzi di luce, rappresentati
dai bottoni cangianti.
37
U.D. 7 – Il contesto di un testo poetico
pag. 175 “X agosto” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. L'uccisione del padre
2. Di clemenza da parte dell'ucciso “disse: Perdono”
3. Piange, si addolora
4. Ri|tor|nà|va u|na| ròn|di|ne al| tèt|to:
l'uc|cì|se|ro:| càd|de| tra| spì|ni:
el|la a|vè|va| nel| bèc|co un| in|sèt|to:
la| cè|na| de'| suòi| ron|di|nì|ni.
O|ra è| là| co|me in| crò|ce,| che| tèn|de
quel| vèr|me a| quel| ciè|lo| lon|tà|no;
e il| suo| nì|do è| nell'|òm|bra,| che at|tèn|de,
che| pì|go|la| sèm|pre| più| pià|no.
5. Prevalgono termini semplici, famigliari: per es. “cena”, “verme”, “pigola”, “nido”, “bambole”.
Non mancano, tuttavia, termini alti: per es. “addita”, “romita”, “attonito”, “opaco”
CONNOTAZIONE
1.
stelle cadenti
pianto del cielo Le stelle paiono cadere dal cielo come gocce di pianto
rondine
padre
La rondine viene uccisa come il padre; entrambi portavano
qualcosa di amoroso per i loro figli, sono innocenti e sono stati
uccisi ingiustamente
nido
casa
Luogo di protezione e accudimento per entrambi i protagonisti
2. La corrispondenza tra le stelle cadenti e il pianto del cielo; il parallelismo tra la rondine e l'uomo,
entrambi ingiustamente uccisi e tra le dolorose conseguenze sulle due diverse famiglie (quella
della rondine e quella dell'uomo)
3. È il padre del poeta, ma diviene il simbolo di tutti gli uomini che subiscono ingiustizie
4. Per es. “tende-attende”, in cui si contrappone l'immagine del becco della rondine morta che
ancora protende il cibo al suo nido che attende invano. Oppure “Perdono-dono”, in cui si
paragona la malvagità degli assassini alla amorevolezza dell'uomo ucciso. Anche “immortaleMale”, dove si accosta la perennità dell'universo alla malvagità del mondo
5. La paratassi dominante velocizza ed enfatizza il racconto e le contrapposizioni; la punteggiatura
(in particolare l'uso dei due punti) drammatizza ulteriormente il ritmo; le ripetizioni “Ora è làOra là”; “a quel cielo lontano-al cielo lontano” enfatizzano la simmetria
AUTORE E CONTESTO
1. La drammatica esperienza ha certamente segnato psicologicamente il giovane Pascoli,
costruendo una personalità adulta percorsa da tratti nevrotici
2. L'accostamento dei due protagonisti (la rondine/l'uomo) introduce il tema del “nido”, inteso
come piccolo mondo di affetti capace di offrire riparo dal caos e dalla violenza che connotano il
mondo esterno: Ma anche nel nido si soffre, la casa si smarrisce: i rondinini muoiono di fame, la
famiglia del poeta si disgrega
3. Un altro testo pascoliano ritorna sull'argomento della morte paterna: la poesia intitolata
emblematicamente “Un ricordo”, contenuta nella raccolta Canti di Castelvecchio. Questa
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composizione, ancor più di X Agosto, si sofferma sui particolari della partenza del padre, degli
oscuri timori della figlia Margherita, dello struggente pianto della piccola Maria, che non
vorrebbe staccarsi da lui. Anche in questi versi si trovano elementi simbolici, che evidenziano
una sorta di inquietudine, che sembra preannunciare il dramma familiare. Innanzitutto la muta
presenza degli animali che fanno da contrappunto alla vicenda umana: le rondini che andavano e
tornavano ai nidi, piene di felicità, le tortore che tubavano nella paglia, la cavalla storna che
volgeva la testa alla bimba. Quindi la piccola Maria, bimba implorante nel tragico giorno
dell'uccisione, ora unica testimone dell'unità familiare distrutta e unica fedele compagna del
poeta. I parallelismi tra le due poesie - accanto ai richiami evidenti ed ossessivi al tema della
morte, che si rintracciano, sotto forma di simbolismi di vario genere, in un po' tutta la
produzione dell'autore - testimoniano una connotazione permanente della poesia pascoliana.
Essa si nutre costantemente di memoria e questa tende a fissarsi ossessivamente, a farsi, da
traumatico vincolo esistenziale, motivo di creatività poetica
RIFLETTIAMOCI SU
1. Buio come il male che vi domina; non illuminato dalla speranza o dalla grazia divina;
annebbiato dalla violenza.
pag. 179 “I limoni” di E. Montale
DENOTAZIONE
1. La composizione contrappone la poesia dei “poeti laureati” (individuata in tre piante
ornamentali, poetiche perché hanno “nomi poco usati”) con quella di Montale, che si identifica
invece in un paesaggio i cui elementi (i “fossi erbosi”, le “pozzanghere”, “qualche sparuta
anguilla”) non appartengono a un'idea convenzionale di bellezza naturale, tuttavia sono poetici
perché fanno parte del mondo delle esperienze e delle emozioni del poeta (“Io, per me, amo...”).
Nella quarta strofa compare il paesaggio urbano, connotato negativamente (“città rumorose,
dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi” e dove d'inverno “la luce si fa avara – amara
l'anima”)
2. La poesia accademica è magniloquente, retorica, si fregia di un lessico aulico, fatto di parole
altisonanti ma prive di emozioni vere e semplici
3. Il “tedio” e il “gelo” simbolici si sciolgono all'apparire della poesia, simboleggiata dalle “trombe
d'oro della solarità” dei limoni, una poesia, appunto, diversa da quella accademica, ma autentica
come l'odore e il colore dei limoni. Montale, come dirà poi nel suo discorso di accettazione del
premio Nobel, afferma in questa lirica, scritta nel 1921 e contenuta nella sua prima raccolta
“Ossi di seppia”, che la poesia è viva ed è ancora possibile
4. Endecasillabi per es. i vv. 2, 6, 9, 11 e 12. Il v. 7 è settenario
5. Consonanze: per es., nella prima strofa “piante-acanti” richiamando poi il suono an anche in
“pozzanghere-agguantano”; oppure nella terza strofa “vicine-tiene” richiamandolo in “anello”;
nella quarta strofa “portone-limoni”.
Assonanze: nella seconda strofa “muove-odore”, e anche “terra-dolcezza inquieta” richiamata
dalla rima interna con “ricchezza”; nella quarta strofa“si sfa-solarità”
CONNOTAZIONE
1. Montale utilizza numerosi oggetti, figure o scene che rimandano alla sua esperienza, ma che
hanno una forte carica simbolica:
- i “bossi, ligustri, acanti” sono l'emblema della poesia aulica tradizionale;
- il paesaggio ligure, fatto di stradine, pozzanghere e alberi di limoni è l'emblema di una poesia
diversa, quella a cui tende il poeta;
- “l'odore dei limoni” è, in antitesi alla ricchezza artificiale della poesia aulica, la parte di
ricchezza che spetta anche ai “poveri”, a chi non ha allori di cui ornarsi;
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2.
3.
4.
5.
- lo “sbaglio di Natura” è l'incrinatura nella realtà dell'esistenza, che non si lascia comprendere
dall'uomo;
- “il punto morto del mondo” rappresenta il limite dove scoprire il segreto ultimo dell'universo;
- “l'anello che non tiene” è la dimostrazione che quella che viviamo è una falsa verità, non
spiegabile razionalmente;
- “il filo da disbrogliare” prospetta il tentativo di conoscere il vero senso della vita; la mente,
infatti, nell'atmosfera creata dal profumo dei limoni, “indaga accorda disunisce”, cerca, cioè,
di comprendere;
- la “disturbata Divinità” è una presenza salvifica, una divinità non più impassibile, perché
l'essere umano è vicino a coglierne il segreto;
- il “malchiuso portone”, insieme al “tedio dell'inverno” e agli altri elementi urbani che fanno
“amara l'anima”, rappresentano la perdita dell'illusione (“ma l'illusione manca”) di poter
conoscere e comprendere il mondo;
- “le trombe d'oro della solarità” è il richiamo dei limoni: il loro colore giallo sole, squillante
come una tromba, è la positività, la vita vera a cui il poeta vorrebbe accedere
La poesia è collocata in apertura della raccolta, preceduta dalla lirica In limine (che significa “sul
limitare”), posizione significativa delle intenzioni dell'autore. Essa, innanzitutto, si rivolge
direttamente al lettore (“Ascoltami”), a cui esprime la sua concezione di poesia, diversa da quella
dei “poeti laureati”, non sublime né aulica, simboleggiata da un paesaggio dai tratti prosaici e
quotidiani, introdotto da un perentorio “Io, per me, amo”. Funzione del poeta e della poesia non
è quella di descrivere atmosfere raffinate e argomenti ricercati (“piante dai nomi poco usati”),
bensì quella di esplicitare le incerte testimonianze sulla condizione umana, la tragica coscienza
dello smacco dell'esistere; “l'odore dei limoni” offre la possibilità, per un solo attimo
miracoloso, di percepire e conoscere le ragioni dell'esistenza dell'uomo e della Natura, il senso
della vita ( “uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, il filo da
disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità”)
Per es. “Ascoltami”, “Io, per me”, “Vedi”: non si tratta di banali tentativi di coinvolgimento,
poiché Montale ritiene l'umanità affratellata dalla stessa condizione esistenziale
Tra le rime regolari per es. “ciglioni-limoni”, “terra-guerra” e “gelo del cuore si sfa-solarità”, in
cui gli elementi che rimano hanno tra loro uno stretto ed evidente collegamento. Numerose,
tuttavia, anche le rime al mezzo (come “laureati-usati” o “bossi-fossi”), che istituiscono legami
più attenti e sottili
Da notare, prima di tutto, la presenza di suoni considerati cacofonici (per es. i gruppi
consonantici -str- -rb- -ngh- -ngu-, le doppie -zz- e -ff- ), nella descrizione iniziale del paesaggio
ligure, a rappresentare in modo fonosimbolico la disarmonia dell'esistere. E poi, sinestesie (per
es. “più chiaro si ascolta il sussurro”, “in petto ci scosciano le loro canzoni, le trombe d'oro
della solarità”), paronomasie (“rami amici”, “avara-amara l'anima”), onomatopee (“in petto ci
scosciano”) spesso, come si vede, mescolate tra loro, a rafforzarne il contenuto
AUTORE E CONTESTO
1. Si tratta di una tecnica adottata da T. S. Eliot e ripresa da Montale, per mezzo della quale
concetti e sentimenti astratti trovano la loro espressione (il loro corrispettivo, risultando così
"correlati") in oggetti ben definiti e concreti. Si parla di correlativo oggettivo e non di
simbolismo tout court (anche se il correlativo oggettivo è una forma simbolica) proprio in quanto
il procedimento implica una sostanziale assenza dell'io, un processo di oggettivazione in cose e
personaggi; mentre il simbolismo più canonico mette direttamente in scena, in primo piano, l'io
del poeta, è cioè un discorso fortemente soggettivo, tipicamente lirico.
La “maglia rotta nella rete” assomiglia all' “anello che non tiene” della lirica analizzata: è la
speranza di poter conoscere finalmente la verità dell'esistenza, di poter sfuggire dal groviglio di
false apparenze che la vita ci pone davanti agli occhi. La “muraglia”, più volte richiamata in
diverse poesie (per es. in Meriggiare pallido e assorto: “tutta la vita e il suo travaglio / in questo
40
seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”), rappresenta il divieto ad
oltrepassare i limiti della realtà
2. Certamente per gli oggetti e i paesaggi descritti, ma soprattutto per la concezione della fatica e
del male di vivere, come catena di eventi di cui non si individua il significato
3. Emblematici a tale proposito i “bossi, ligustri o acanti” contrapposti alle “pozzanghere mezzo
seccate” e alla “sparuta anguilla”; il tono discorsivo, con il quale il poeta si rivolge direttamente
al lettore, è ottenuto con una sintassi regolare, dai nessi sintattici semplici, costituita da periodi
formati dalla principale seguita da frasi relative e temporali
RIFLETTIAMOCI SU
1. In tutta la raccolta Ossi di seppia si richiama il paesaggio ligure, arido, aspro e semplice, dove
però è possibile trovare presenze salvifiche come, in questo caso, gli alberi dei limoni. Dove
viene citato il paesaggio urbano, esso è connotato dal “male di vivere” (qui è il “tedio
dell'inverno”), che contraddistingue tutta l'esistenza umana.
pag. 182 “Tanto gentile e tanto onesta pare” di D. Alighieri
DENOTAZIONE
1. Dante celebra la donna amata come una creatura celeste che appare tale non solo ai suoi occhi di
innamorato, ma a tutti coloro che hanno la fortuna di incontrarla e di riceverne un saluto.
L'atmosfera si fa estasiata intorno alla figura della donna che incede tra la folla ammutolita di
fronte al miracolo delle sue virtù
2.
EFFETTI FISICI
EFFETTI PSICOLOGICI E SPIRITUALI
Ogni persona a cui rivolge il saluto ammutolisce;
nessuno osa fissarla con ammirazione
Infonde dolcezza attraverso lo sguardo;
si produce beatitudine nei cuori;
ispira nobili sentimenti nell'animo di chi la
contempla
3. Beatrice si manifesta come una visione divina che viene ammirata da tutti con deferenza. Le
virtù della donna sono tutte spirituali: nobiltà d'animo (“gentile”), decoro (“onesta”), modestia
(“d'umiltà vestuta”). Essa è una creatura scesa dal Cielo “a miracol mostrare”, è una donnaangelo, simbolo della perfezione divina. Le sue caratteristiche fisiche, appena tratteggiate
(“piacente”), sono citate in funzione del fascino soprannaturale di questa creatura: ella induce
“una dolcezza al core” che non può comprendere chi non la sperimenta
4. Il sonetto (composto, come di norma, di endecasillabi) ha un andamento ritmico piano e solenne,
rallentato anche dagli enjambement (vv. 1-2, 7-8, 12-13). Ogni strofa coincide con un periodo
sintattico. Lo schema metrico è ABBA, ABBA, CDE, EDC
5. Gli accenti ritmici non cadono sempre nella medesima posizione:
Tanto gentìle e tanto onèsta pare
la donna mìa quand'ella altrùi salùta,
ch'ogne lingua devèn tremàndo mùta,
e li òcchi no l'ardìscon di guardàre.
Ella si và, sentèndosi laudàre,
benignamènte d'umiltà vestùta,
e par che sìa una còsa venùta
da cielo in tèrra a miràcol mostràre.
Mòstrasi sì piacènte a chi la mìra,
che dà per li òcchi una dolcèzza al còre,
che 'ntènder no la può chi non la pròva:
e pàr che de la sua làbbia si mòva
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uno spìrito soàve pien d'amòre,
che va dicèndo a l'ànima: Sospìra.
CONNOTAZIONE
1. La divisione delle strofe e la coincidenza di esse con i periodi sintattici
2. Fu Dante a dare il nome a questo stile, che chiamò con un'espressione che sottolinea, oltre che la
novità (“novo”), la dolcezza di questa poesia. Alla base di tale concezione vi sono alcuni concetti
filosofico-religiosi che si ispirano a una morale di tipo ascetico, tendente alla svalorizzazione
degli istinti e delle passioni terrene (“li occhi no l'ardiscon di guardare”). Fondamentale è la
gentilezza dei sentimenti e la nobiltà dell'animo (“Tanto gentile e tanto onesta”). L'amore è
strumento di elevazione spirituale (“che va dicendo all'anima: Sospira”), così la donna amata
diviene il tramite tra l'uomo e Dio (“venuta di cielo in terra a miracol mostrare”).
3. Quasi tutti rimano tra loro, trovando così ulteriore accentuazione
4. Enjambements ai vv. 1-2, 7-8, 12-13. Rilevante, per es. “una cosa / venuta da cielo in terra”, che
sottolinea la natura angelica della donna
5. Il lessico dello Stilnovo intende fondare un linguaggio poetico fondato sull'armonia, privilegia
perciò parole dai suoni dolci e piani (parole-chiave come “gentile”, “onesta”, “umiltà”, “salute”)
evitando i termini del linguaggio medio e i toni aspri; compaiono spesso termini relativi alla
“lode”, che costituisce la poesia stessa
AUTORE E CONTESTO
1. Certamente la nobiltà d'animo, non legata a quella di sangue, costituisce una rivendicazione del
ceto borghese emergente
2. Dante incontra Beatrice, una fanciulla fiorentina identificata dagli studiosi con Beatrice
Portinari, all'età di nove anni. Quando la rivede, nove anni dopo, il saluto di lei lo lascia turbato.
Egli decide di nascondere a tutti il suo sentimento d'amore, professandosi amante di un'altra
donna, in osservanza alle regole dell'amor cortese che tacciavano di villania l'aperta rivelazione
dell'amore. Ma Beatrice si risente e nega il suo saluto al poeta, facendolo piombare in una
dolorosa prostrazione, nella quale egli comprende che la vera felicità consiste nelle parole che
lodano la donna, fonte di ogni bellezza e virtù. La morte prematura di Beatrice spinge Dante alla
disperazione, ma anche a una salvifica “conversione” alla filosofia e alla teologia
3. Dal dizionario Zingarelli: “gentile”=chi ha maniere garbate e affabili nei rapporti con gli altri;
“onesto”=chi è incapace di compiere atti malvagi. La gentilezza come qualità morale, più che di
nascita, ricorre nel lessico della poesia amorosa del Duecento-Trecento; gli stilnovisti
considerarono il sentimento d'amore come manifestazione di qualità morali e intellettive. Anche
l'onestà, intesa come atteggiamento decoroso, onestà di costumi, è manifestazione di
“gentilezza”
RIFLETTIAMOCI SU
1. “la donna mia” al v.2
2. L'apparizione della donna cancella dalla mente qualsiasi sentimento indegno, è negazione del
male, strumento di purificazione.
U.D. 8 - Le varianti
pag. 190 “Dormire” di G. Ungaretti
Le varianti tra la prima stesura e la terza si riducono a pochi interventi: nel primo caso la
sostituzione del participio “steso” con “adagiato” sembra voler distogliere eccessivo rilievo dato al
luogo (un ospedale di convalescenza per militari, che viene già identificato dal termine “camice”) e
far emergere una valenza positiva, di benessere, introdotta anche dal titolo (“Dormire”); nel secondo
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caso, il verbo “somigliare a” viene sostituito con “imitare”, forse per rendere più diretta l'azione, o
per indicare la ricerca di un atteggiamento.
MOD. 2 – ANTOLOGIA DI TESTI POETICI
U.D. 1 – Il ricordo del mondo classico
pag. 200 “In morte del fratello Giovanni” di U. Foscolo
DENOTAZIONE
1. Il suicidio del fratello dell'autore
2. Principalmente le opere di Catullo e di Petrarca, ma anche Tibullo e Virgilio
3. Famiglia: “La madre...suo dì tardo traendo”, “al petto della madre mesta”;
Esilio: “fuggendo di gente in gente”, “da lunge i miei tetti saluto”, “Straniere genti”;
Morte: “pietra”, “il fior de' tuoi gentili anni caduto”, “cenere muto”, “l'ossa mie”
4. Foscolo al v. 1 (“io”), al v.2 (“me”), al v.3 (“mio”), al v.8 (“miei”), al v.12 (“mi”), al v.13
(“mie”); il fratello Giovanni al v.2 (“vedrai”), al v.3 (“fratel mio”), al v.4 (“il fior de' tuoi gentili
anni”), al v.6 (“tuo cenere muto”), al v.10 (“viver tuo”), al v.11 (“nel tuo porto”); la madre al v.5
(“La madre...suo dì tardo traendo”), al v.6 (“parla di me”), al v.14 (“al petto della madre
mesta”)
5. La poesia segue i canoni tradizionali del sonetto, composto da endecasillabi con rima ABAB
ABAB CDC DCD; lo sviluppo del ragionamento non rispetta la suddivisione in versi e strofe,
ma i frequenti enjambement creano versi lunghi e una continuità musicale molto accentuata
CONNOTAZIONE
1. Il poeta si rammarica di non poter essere sulla tomba del fratello (infatti al momento del suicidio
del giovane, il poeta si trovava a Milano, mentre era in corso la guerra tra Napoleone e l'impero
asburgico), anzi afferma che la sua esistenza è condannata all'esilio dal destino.
Il viaggio di Catullo per rendere omaggio al fratello, invece, si compie, e gli offre lo spunto per
una riflessione sull'irrevocabilità della morte
2. Foscolo identifica la morte con la quiete (“nel tuo porto quiete”) che egli si augura dopo una vita
tempestosa, spostando così l'attenzione dalla condizione del fratello e della madre a quella di se
stesso, perseguitato dagli “avversi Numi”. Per Catullo la morte è un viaggio senza ritorno,
l'ultimo di una lunga serie, che sottolinea l'assenza della persona amata
3. Il presente equivale a una situazione di lontananza dalla patria e dalla famiglia; il passato è il
tempo delle delusioni e della “tempesta”; il futuro si caratterizza per la speranza di poter avere
pace e di rientrare dall'esilio
4. Figure di significato: metafore (per es. “il fior de' tuoi gentili anni”, “cenere”, “tempesta”,
“porto”), metonimie (per es. “tetti”, “di gente in gente”, “petto”), sineddoche (per es. “pietra”,
“le palme”, “ossa”);
Figure di di suono: allitterazione delle consonanti r e s al v.5, paronomasie al v.5 (“or sol suo dì”
e “tardo traendo”);
Figure di sintassi: costruzione latineggiante, con anticipazione del complemento oggetto;
ampliamento delle proposizioni principali spesso mediante gerundio (“fuggendo”, “gemendo”,
“traendo”); anafora di “e” ai vv.9-11
5. Endecasillabi; soprattutto tra i vv.3-4, 9-10, 13-14; al v.7 (“a voi le palme tendo; / e se da
lunge”), e soprattutto al v.12 (“oggi mi resta! / Straniere genti”)
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AUTORE E CONTESTO
1. Nella poesia di Foscolo egli fa riferimento all'esilio per motivi politici, a cui dovette adattarsi
dopo il 1797, quando Venezia, che egli considerava la sua seconda patria, e dove abitavano la
madre e il fratello, fu ceduta all'impero austriaco. Ma già in giovane età egli aveva dovuto
lasciare Zante, la sua isola natale, dopo la morte del padre. Il suicidio di uno dei suoi due fratelli,
del quale egli cita solo la morte senza specificarne la causa, assume il significato universale della
dolorosa condizione dell'uomo per il quale la morte diventa l'unica possibilità di quiete.
Catullo si recò a rendere onore alla tomba del fratello nel corso di un suo viaggio in Bitinia.
L'episodio si colloca in un momento difficile per il poeta: il suo rapporto sentimentale con
Lesbia, la donna amata, è in crisi, e il suo stato di salute è già declinante, per cui il viaggio
assume il significato della vita che si va concludendo
2. Foscolo morì a Londra, lontano dalla patria e dall'Italia
RIFLETTIAMOCI SU
1. Mediante la ripetizione di “io” e “me” in sequenza ravvicinata
2. Al contrario, la tomba e la creazione poetica costituiscono per Foscolo gli strumenti della
sopravvivenza al tempo e alla morte (vedi il sonetto “A Zacinto” e il carme “Dei Sepolcri”).
pag. 201 “Il lamento dell'esule” di Tibullo
DENOTAZIONE
1. Il poeta si rammarica perché è costretto a trattenersi lontano da casa e dagli affetti a causa di una
malattia. Egli si angoscia paventando la morte, perché il suo corpo non potrebbe essere
compianto né dalla madre né dalla sorella, né, soprattutto, dalla donna amata
2. Della lontananza
3. La madre, la sorella e Delia, la donna amata
CONNOTAZIONE
1. Mediante l'uso dei punti esclamativi e delle ripetizioni “qui non è”
2. Il corpo veniva cremato, dopo di che le ossa venivano cosparse di unguenti e di miele e deposte
in un'urna collocata nel sepolcro insieme ad oggetti ornamentali. I parenti e gli amici usavano
visitare i sepolcri, portando fiori e compiendo riti propiziatori per il defunto (per es. libagioni di
latte o vino o altra bevanda di pregio)
3. Numerosi sono i riferimenti ai due testi latini utilizzati da Foscolo: per es. “cenere muto” ricorre
in tutti e tre i testi; in tutti e tre si denuncia la crudeltà del destino (“avversi Numi”,
“crudelmente”, “compiangerò il mio fato”) e si rappresenta la scena della visita alla tomba
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché lo vogliono prendere con sé
2. La morte per Tibullo è oscura, spaventosa. Per Foscolo è la “quiete” alla “tempesta” del vivere.
pag. 202 “L'addio a Eliodora” di Meleagro
DENOTAZIONE
1. Il poeta piange la sua donna morta, inviandole metaforicamente le sue lacrime fin giù nell'Ade,
mentre compie libagioni sulla sua tomba. La lirica si chiude con un lungo lamento di dolore e
con l'augurio che la donna venga accolta amorevolmente dalla madre Terra
2. Di dolore e di pianto
3. Libagioni, secondo il costume greco, presumibilmente di latte, vino o altro
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CONNOTAZIONE
1. Meleagro la chiama “virgulto”
2. Nel testo di Meleagro le lacrime sono con enfasi ripetutamente espresse (“queste lacrime mie,
lacrime amare”, “così largo pianto”); il testo di Catullo, al confronto, appare più freddo, meno
esasperato emotivamente
3. Meleagro, grazie, oltre agli strumenti già detti, anche alle numerose esclamazioni (per es. “Ahi,
misero”, “Ohimè”), domande retoriche (“dov'è il virgulto...”) e ripetizioni (“L'ha rapito l'Ade,
l'Ade l'ha rapito”)
RIFLETTIAMOCI SU
1. Le libagioni, il richiamo all'Ade e la supplica alla madre Terra.
pag. 203 “Atque in perpertuum, frater...” di G. Caproni
DENOTAZIONE
1. Il poeta si rivolge al fratello defunto, affermando di aver attraversato inverno e neve per trovare
ancora gelo, quello della sua tomba. Dopo aver recitato le preghiere di rito, il suo addio è
diventato definitivo
2. Al fratello Piero, come si chiarisce nell'ultimo verso
3. Versi liberi, di diversa misura, con qualche rima, rilevanti per l'accostamento creato tra le parole
CONNOTAZIONE
1. L'inverno e la neve attraversati e incontrati poi sulla tomba dal poeta assumono il significato
metaforico della fatica, della mancanza, del “gelo” dagli affetti
2. Con il sonetto di Foscolo ha in comune soltanto il viaggio per visitare la tomba (il viaggio è per
Foscolo solo immaginario, poiché egli intende evidenziare che a lui ciò è negato)
3. Numerose somiglianze col testo di Catullo: il viaggio tra “tante terre e tanti mari” è simile a
quello di “quanto inverno, quanta neve”; il rito sulla tomba (“seguendo l'antica usanza degli
avi” richiama “le mie preghiere di rito”); “ti saluto per sempre, fratello, addio”, citato nel titolo,
è richiamato nel testo da “per dirti addio, addio per sempre”
4. Il sonetto foscoliano parla soprattutto di sé, delle proprie disillusioni e avversità, la tomba del
fratello assume il ruolo di evidenziare l'esilio del poeta. La lirica di Caproni rivela invece
l'affetto esistente tra i due fratelli, il dolore per la perdita, la necessaria elaborazione di essa con
la visita alla tomba
5. Il testo di Catullo offre una riflessione sulla crudeltà della morte, che in quello di Caproni è
assente, se non per quel “gelo della tua morte”, che rivela la mancanza di consolazione della
visita alla tomba
RIFLETTIAMOCI SU
1. Il bianco rappresenta il “gelo” dagli affetti, la sensazione della mancanza, la fatica del vivere, per
chi resta, in assenza della persona defunta, il nero è il colore della morte
2. No, sono “preghiere di rito”, sembrano rispondere unicamente a un'usanza rituale.
pagg. 206-207 “Sogno d'estate” di G. Carducci
DENOTAZIONE
1. Durante la lettura dell'Iliade, in un pomeriggio estivo, il poeta afferma di essersi addormentato a
causa del caldo, e di aver sognato la madre, ancor giovane, e il fratello bambino, intenti a
passeggiare nei pressi di Bolgheri, il paese della sua infanzia, durante un sabato di Pasqua,
illuminati dal sole e circondati dal verde e dai colori primaverili. Nel vedere queste due figure, il
45
2.
3.
4.
5.
poeta ricorda che essi sono già morti da tempo, e immagina che siano tornati da lui. Ma il brusco
risveglio lo riporta alla realtà dolorosa, in parte placata dalla presenza delle sue due figlie lì
vicino
L'ora pomeridiana (“la calda ora”) e la stagione estiva (“la stanza da 'l sole di luglio affocata”);
i libri tutti intorno; il rumore dei carri sulla strada (“rintronata da i carri rotolanti su 'l
ciottolato”); il suono del canto di Lauretta
I suoi colli “cari selvaggi” rifioriti dalla stagione primaverile; un ruscello; il suono delle
campane pasquali; i colori e i profumi dei “peschi ed i meli” in fiore sull'erba ridente; il
“trifoglio rosso vestiva i declivi de' prati” e “auree ginestre” ornavano le colline; un venticello
leggero proveniente dal mare; la vista del mare in lontananza su cui “andavano cullandosi”
quattro vele; il sole che avvolgeva tutto nel suo fulgore
Sono tutti settenari seguiti da novenari:
Tra le battaglie, Omero,// nel carme tuo sempre sonanti
la calda ora mi vinse:// chinommisi il capo tra 'l sonno
in riva di Scamandro,// ma il cor mi fuggì su 'l Tirreno.
Carducci cerca di riprodurre l'esametro classico, dando all'ode una cadenza musicale ampia e
complessa, ma con un tono colloquiale e quotidiano, malgrado il lessico ricercato
CONNOTAZIONE
1. L'ambientazione stessa del sogno, solare, profumata, piena di colori e festosa; la bellezza
giovanile della madre e del fratello; il loro incedere felice e gioioso; la giornata, che preannuncia
la resurrezione di Cristo; tutto si contrappone al presente di morte: “questo or giace lungi su 'l
poggio d'Arno”, “quella che dorme presso ne l'erma solenne Certosa”, dolore parzialmente
compensato dalla presenza delle due figlie, Lauretta che canta e Bice che ricama
2. Perché il poeta ritiene che lo studio dei classici sia in grado di dare all'uomo momenti di serenità
3. Cambio di tempi verbali: per es. “mi vinse...mi fuggì” - “sorgeanmi...scendeva...passeggiava” “or giace...dorme”
Cambio di immagini: per es. “Io guardava la madre, guardava pensoso il fratello, questo che or
giace lungi su 'l poggio d'Arno fiorito, quella che dorme presso ne l'erma solenne Certosa”
Cambi di ritmo: per es. ai vv. 3-4 si passa dall'accostamento settenario+novenario (v.3) ad un
verso ritmato fortemente dalla punteggiatura (v.4)
Altro: emblematico il risveglio alla realtà, descritto mediante contrapposizione ai vv. 29-31 (Io
guardava la madre, guardava pensoso il fratello, questo che or giace lungi su 'l poggio d'Arno
fiorito, quella che dorme presso ne l'erma solenne Certosa”)
4. Per il ruolo che il poeta attribuisce allo studio del mondo classico
5. Il tentativo di sperimentare l'esametro latino e greco, quasi impossibile poiché la metrica
quantitativa della poesia classica non esiste nella lingua italiana, che ha caratteri accentuativi,
viene risolto mediante versi formati da due emistichi separati da una cesura e composti da
quinari, senari e settenari seguiti da ottonari, novenari e decasillabi
AUTORE E CONTESTO
1. Il suo interesse per gli studi classici, nato sui banchi del liceo, si manifesta già al momento della
fondazione della “Brigata degli amici pedanti” con altri giovani appassionati di testi classici; la
cattedra di Letteratura Italiana a Bologna; i titoli stessi della sua produzione (per es. “ Giambi ed
Epodi”, “Odi barbare”)
2. Il classicismo carducciano nasce come adesione psicologica ad un mondo sereno, operoso ed
eroico, qui rappresentato dai valori legati agli affetti famigliari e al paese natale. Il tono alto,
nonostante l'argomento famigliare e colloquiale, si ottiene per mezzo di un laborioso lavoro di
ricerca formale e di un lessico ricercato e di provenienza letteraria ( per es. “piaggia”,“alma”,
“aure”). Delle poesie della sua raccolta “Odi barbare” egli disse che erano “lavorate come una
tazza greca”
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RIFLETTIAMOCI SU
1. Il fatto che gli si rivolga direttamente: “Omero, nel carme tuo”
2. La ripetizione dei suoni, ottenuta anche attraverso l'iterazione di intere parole. Il v. 6: “rintronata
da i carri rotolanti”.
U.D.2 – Poesia del tempo e della memoria
pagg. 213-214 “La sera del dì di festa” di G. Leopardi
DENOTAZIONE
1. Ricordo infantile: vv.40-46; riflessione sul tempo e sulla sua azione distruttrice: vv. 28-39;
contemplazione della natura: vv. 1-6; confronto tra il sonno della donna e la propria insonnia:
vv. 11-12 e 20
2. Perchè egli ritiene che essa lo “fece all'affanno”, condannandolo al dolore (“non brillin gli occhi
tuoi se non di pianto”)
3. Il trascorrere del tempo che fa svanire tutte le cose mortali. Anche questo fatto è fonte di dolore
per il poeta
4. Dol| ce e | chià| ra è | la | nòt| te e | sen| za | vèn| to
e | què| ta | so| vra i | tèt| ti e in| mez| zo a| gli òr| ti
po| sa | la | lù| na, e | di | lon| tàn | ri| vè| la
se| rè| na o| gni | mon| tà| gna. O | don| na | mì| a,
già | tà| ce o| gni | sen| tiè| ro, e | pei | bal| cò| ni
ra| ra | tra| lù| ce | la | not| tùr| na | làm| pa.
5. Perché non sono legati tra loro da uno schema fisso di rime
CONNOTAZIONE
1. Alla donna amata, che dorme serenamente, indifferente alla sofferenza che ha suscitato,
connotata attraverso espressioni negative (“non ti morde cura nessuna” e “non sai né pensi”),
che ne sottolineano la spensieratezza contrapposta all'angoscia del poeta
2. La luna viene definita “queta”, che infonde pace e serenità, e per mezzo delle azioni “posa” e
“rivela” ne viene sottolineata la staticità, e, di conseguenza, la sua indifferenza nei confronti
dell'uomo
3. Il tempo porta via con sé ogni evento, destino dell'umanità è l'oblio e la morte, come è avvenuto
per il grande impero di Roma (“e più di lor non si ragiona”). La natura onnipossente inganna gli
uomini: essa appare benevola (“questo ciel, che sì benigno appare in vista”) ma decreta per i
mortali un destino di sofferenza: dalla dimensione personale e soggettiva la riflessione si apre
all'intera umanità (per poi tornare, alla fine, con una struttura circolare, alla dimensione
personale, per mezzo del ricordo: le attese e le illusioni dell'infanzia passano e muoiono come il
giorno festivo)
4. L'utilizzo del polisindeto conferisce alla descrizione un ritmo lento e dolce, rallentato anche dalla
collocazione del soggetto “la notte” a metà del verso e dagli accenti ritmici omogeneamente
distanziati (3a 6a e 10a sillaba); le scelte lessicali appartengono ad area semantica di positività
(“dolce” e “senza vento”), con aggettivi (“chiara” e “dolce”) che esprimono sensazioni interiori
e per mezzo di figure retoriche come la metafora “dolce”
5. “tace ogni sentiero”: personificazione, che accresce l'efficacia dell'immagine del silenzio
“a salutar m'affaccio”: metafora, con intenzioni ironiche nei confronti della natura
“è fuggito il dì festivo...il giorno volgar succede”: personificazione, che conferisce immediatezza
all'idea del tempo che fugge, come una persona concreta
“premea le piume”: metonimia, per dare un effetto maggiore all'espressione del dolore
47
AUTORE E CONTESTO
1. Tutte: vedi per es. “il solitario canto dell'artigian” e “un canto che s'udia per li sentieri...già
similmente mi stringeva il core”, oppure anche “e più di lor non si ragiona”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 216 “La sabbia del tempo” di G. D'Annunzio
DENOTAZIONE
1. Mentre il poeta, in un momento d'ozio sulla spiaggia, sta facendo scorrere la sabbia dalla mano,
percepisce lo scorrere inesorabile del tempo e viene assalito dall'angoscia della morte che si
avvicina
2. La clessidra, l'ago della meridiana
3. Lo scorrere della sabbia tra le mani
4. Il colore delle spiagge impregnate di salsedine viene paragonato all'oro
5. Il madrigale consiste di due o tre strofe di tre versi ciascuna, sempre di endecasillabi; ciascuna
strofa è, di solito, chiusa da coppie di versi in rima baciata. D'Annunzio rispetta tale modello
solo parzialmente: il ritmo rompe con la metrica tradizionale, lo schema delle rime è sostituito da
diversa musicalità; la terza strofa è di quattro versi. D'Annunzio ama provare la sperimentazione
poetica a tutti i livelli
CONNOTAZIONE
1. Il vocabolo “cor”,rafforzato dai verbi “sentì”, “m'assalse” e “palpitante”, che esprimono tutti il
sentimento di angoscia generato dal trascorrere del tempo
2. Il v. 3 “il cor sentì che il giorno era più breve” richiamato e spiegato dal v. 5 “per l'appressar
dell'umido equinozio”
3. Un'”ansia repentina”, cioè un'angoscia improvvisa
4. L'immagine dell'autunno che “offusca l'oro”, cioè spegne, fa metaforicamente morire la bellezza
dorata delle spiagge; l'immagine della mano come un'urna funeraria; il filo d'erba “vano” cioè
ormai secco, come una meridiana che annuncia la fine
5. I due suoni richiamano onomatopeicamente il fruscio che fa la sabbia che scorre:
“lieve...cavo...breve...vano”; “offusca” . Quasi tutti i termini rafforzano l'idea di morte
6. Ai vv. 4-5 e 7-8, dove maggiore è la tensione emotiva
7. La sintassi breve e tendenzialmente nominale dà rilievo ai nomi che definiscono oggetti
simbolici (come “orna” e “clessidra”)
AUTORE E CONTESTO
1. La sensazione fisica determina quella interiore: “Come scorrea la calda sabbia lieve per entro il
cavo della mano...il cor sentì”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 218 “Il filo” di G. Gozzano
DENOTAZIONE
1. Il vecchio sta bruciando oggetti disparati, alle domande del poeta addita la cenere
2. Il poeta vede le azioni del vecchio, in lui si riconosce, piangendo si pone delle domande sul
significato del trascorrere del tempo
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3. Endecasillabi, in strofe di quartine e terzine, come nel sonetto
4. ABBA BAAB CBC DBD
CONNOTAZIONE
1. Il filo rappresenta il trascorrere del tempo
il Vecchio è il poeta stesso, forse in punto di morte
la fiamma simboleggia la memoria, capace di ricordare ma anche di dimenticare
la cenere è ciò che resta della vita dopo la morte
2. La vecchiaia, forse poco prima di morire. Per non soffrire nel momento in cui deve abbandonare
tutto ciò che ha incontrato durante il corso della sua vita
3. Attesa, dubbio, enfasi
4. Perché è una riflessione senza certezze, piena di dubbi e di domande senza risposta
AUTORE E CONTESTO
1. La madre del poeta, che amava la poesia, l'arte e il teatro, fu una presenza molto importante nella
sua vita, perché lo spinse a superare la malattia che lo tormentò per tutta la vita e lo indirizzò alla
poesia
RIFLETTIAMOCI SU
1. Esse collegano termini importanti nel contesto della poesia: il ricordo della persona più
importante della sua vita bruciato dalla memoria, la relazione affettiva più intensa diventata
cenere
2. Forse perché sta cercando di operare una riflessione razionale, al “centro” delle emozioni più
estreme.
pag. 219 “Crollo” di L. Pirandello
DENOTAZIONE
1. Apre la mano nel vuoto, come se posasse un oggetto, il che fa ridere il poeta
2. In seguito si riconosce nel gesto, attribuendogli un valore simbolico, ma ciò lo rende triste,
poiché in esso vede il crollo di ogni desiderio
3. Liberi, di varia misura
CONNOTAZIONE
1. Come il bambino, forse per scherzo, compie un gesto inutile e senza contenuto, così la vita
appare al poeta come una serie di gesti vani, compresi i desideri e gli affetti
2. Perché corrisponde alla caduta di ogni certezza: cosa sarebbe la vita se pensassimo davvero che
ogni nostra azione e sentimento sono inutili?
3. Ai vv. 1-2 “la mano schiuda” e ai vv.6-7 “nel vano del tempo crolli ogni desio nascente”. Per
mettere in evidenza le parole “mano” e “desio”
AUTORE E CONTESTO
1. Il gesto del bambino costituisce l'avvertimento del contrario descritto da Pirandello; il suo
atteggiamento successivo corrisponde alla tristezza dovuta al sentimento del contrario
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché poi avviene il “crollo” enunciato dal titolo.
49
pagg. 221-222 “Alla luna” di G. Leopardi
DENOTAZIONE
1. O amica luna, mi ricordo che anche l'anno scorso venni su questo colle a contemplarti, io pieno
di angoscia e tu che rischiaravi, come ora, quella selva. Ma il tuo volto si mostrava alla mia vista
con contorni incerti e tremolanti per il pianto che mi riempiva gli occhi, perché la mia vita era
dolorosa e continua tuttora ad esserlo. Ma nonostante ciò mi fa piacere il ricordare e il
considerare la durata del mio dolore. Oh, come è gradito durante la giovinezza, quando il
cammino della speranza è ancora lungo mentre quello della memoria è ancora breve, ricordare il
passato, anche se è stato triste e benché la pena continui!
2. a): “tu pendevi” e “tutta la rischiari”; b): “pien d'angoscia” e “pianto che mi sorgea sul ciglio”
3.
ESPRESSIONI CHE SI RIFERISCONO
ALL'AREA SEMANTICA DEL DOLORE
ESPRESSIONI CHE SI RIFERISCONO
ALL'AREA SEMANTICA DEL
RICORDO
“pien d'angoscia”, “pianto che mi sorgea sul ciglio”, “io mi rammento”, “mi giova la
“travagliosa era mia vita”, “l'etate del mio dolore”, ricordanza”, “breve ha la memoria il
“triste”, “affanno”
corso”, “oh, come grato occorre...il
rimembrar delle passate cose”
4. Perché non sono vincolati da uno schema fisso di rime
5. Dieresi: il dittongo nel computo sillabico va considerato come iato, con due sillabe distinte,
serve a conservare la misura dell'endecasillabo senza rinunciare al vocabolo prescelto
CONNOTAZIONE
1. Il ricordo è attività fondamentale e gratificante della mente umana, permette di sfuggire alla
consapevolezza della propria condizione di dolore
2. La lontananza nel tempo fa sì che i contorni si sfumino, diventino vagamente indefiniti e quindi
piacevoli; l'angoscia, che accompagna il presente, si addolcisce, per questo il ricordo è anche
fonte di poesia
3. La luna, serena e luminosa, è il simbolo dell'imperturbabilità della natura, che non conosce
morte o dolore, ma solo eterno movimento, il ritorno regolare, sereno, delle stagioni. La serenità
è data soprattutto dal ritmo melodioso e malinconico, grazie ai numerosi (ben nove)
enjambements. La luna viene definita con un lessico dal registro affettivo e intimo (“graziosa”,
“diletta”), per mezzo di una personificazione, che la trasforma in una interlocutrice
4. Fino al v. 12: “io mi rammento”, “io venia”, “mi sorgea”, “mie luci”, “mia vita”, “mia diletta
luna”, “mi giova”, “mio dolore”. La frase conclusiva costituisce una riflessione generale, valida
per tutti
5. Tutto il periodo è connotato dalla simmetria “io-tu”: la luna è l'interlocutrice di un colloquio, che
egli rende partecipe delle sue pene. La luna è amichevole ma anche imperturbabile, mentre il
poeta è oppresso dal dolore e dal pianto
AUTORE E CONTESTO
1. La luna, con la sua luce quieta, torna a creare un'atmosfera favorevole alla sua riflessione e alla
poesia. Il tranquillo paesaggio rischiarato dalla luce lunare rafforza nel poeta la consapevolezza
della propria condizione dolorosa, il ritorno regolare della stagione e della situazione gli
conferma la mancanza di prospettive di cambiamento
RIFLETTIAMOCI SU
1. L'aggettivo è usato comunemente come sinonimo di “bello”; attribuito alla luna introduce un
senso di intimità, come poi “diletta”.
50
pag. 224 “La tessitrice” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. Il poeta rivede una donna che ha amato in gioventù, con la quale intreccia un muto dialogo,
punteggiato dal movimento del telaio che la figura conduce. A metà della composizione si
evidenzia che si tratta di un ricordo: la donna, infatti, è morta, ma continua a tessere nel ricordo
del poeta, attendendolo
2. Ella è descritta da poche notazioni fisiche (“bianca mano”) ed è caratterizzata nei suoi
atteggiamenti da termini generici: “un sorriso tutto pietà”, “sospiro”, “mi fissa timida e buona”
3. Entrambi seduti sulla panchetta del telaio, piangono
4. La poesia è formata da tre strofe di sette versi (sei decasillabi inframezzati da un quinario),
rimati secondo le schema ABAaCBC, più una strofa finale di quattro decasillabi, con rima
DEDE
5. Mi sòn sedùto su la panchètta
còme una vòlta … quanti anni fà?
èlla, come una vòlta, s'è strètta
su la panchètta.
E nòn il suòno d'una paròla;
sòlo un sorrìso tutto pietà.
La biànca màno lascia la spòla.
CONNOTAZIONE
1. “non il suono d'una parola”, “la bianca mano”, “un cenno muto”, “muto pettine”, “Muta la
spola passa e ripassa”
2. Il tempo della memoria segue leggi diverse da quelle della ragione: accosta momenti temporali
diversi, crea, ricrea o cancella figure e immagini a suo piacimento, le descrive spesso in modo
indistinto, racconta e spiega i fatti secondo nessi logici simbolici o non sequenziali, affiancando
e mescolando passato e presente
3. La ripetizione dell'aggettivo “muto”, gli atteggiamenti della figura femminile, fatti solo di sorrisi
e sospiri. La risposta finale è in realtà data dallo stesso poeta a sé stesso, perché in realtà si è
trattato di un monologo con la sua mente che ricorda
4. Per es. “mi son seduto su la panchetta...Ella...s'è stretta”, oppure “solo un sorriso” e “la bianca
mano lascia la spola”
5. Ripetizione per es. di “panchetta”, “muto”, “come una volta”; assonanze consonanze: per es.
“parola-spola”, o “da te-a sè” e “non so-dormirò”; espressioni come “dolce mio bene”, “come
ho potuto-come hai potuto”, “Morta! Sì, morta!”
AUTORE E CONTESTO
1. Pascoli non ha mai inteso scrivere poesie riferendosi a donne amate, affermando che le poesie
d'amore si possano scrivere anche di fantasia, avendo i n mente un amore o una donna ideale
RIFLETTIAMOCI SU
1. Diventa un sudario funebre.
pag. 227 “La casa dei doganieri” di E. Montale
DENOTAZIONE
1. Il ritorno ad un luogo che è cambiato nel tempo, una casa a strapiombo sul mare
2. A una donna amata in passato
51
3. Ella è assente, lontana, di lei si dice solo “tu non ricordi”, tanto da farla apparire quasi un
espediente poetico per riflettere sull'azione del ricordare
4. La poesia è composta da quattro strofe alternativamente di 5 e 6 versi di misura variabile
(prevalentemente tra 11 e 13 sillabe; ma ci sono un quinario, un ottonario e un decasillabo);
anche gli endecasillabi non hanno l'andamento ritmico del verso. Bilancia il tono, molto vicino
alla prosa, la presenza costante della rima, anche imperfetta, secondo uno schema irregolare
(ABBAC DCDEEF FGHGH IBLIMM) e la presenza di numerose assonanze e consonanze
5. Per es. i vv. 3, 9, 10, 11 e 15
CONNOTAZIONE
1. La “casa dei doganieri” del titolo: solitaria, inquietante, allusiva di un confine
“Libeccio” è il vento della tempesta, allude al tempo che passa, trasforma la casa in “vecchie
mura” e il riso della donna “non è più lieto”;
“la bussola” allude all'incapacità di orientarsi all'interno dell'esistenza per mezzo della
razionalità;
“il calcolo dei dadi” rimanda al tentativo di indovinare la sorte attraverso strumenti irrazionali,
che non danno però risultato;
il “filo” che si svolge, è quello della memoria, di cui il poeta tiene ancora un capo, a differenza
della donna;
la “banderuola” che “gira senza pietà” è il simbolo dell'inesorabile trascorrere del tempo, che
cancella ogni evento;
“l'orizzonte in fuga”, simbolo del mare, in Montale per lo più inteso positivamente, come
potenziale liberazione e speranza di salvezza, che qui sembra allontanarsi, rivelato a tratti dalla
“luce della petroliera”;
infatti la domanda successiva “Il varco è qui?” pone la domanda-chiave: esiste un passaggio per
sfuggire al dolore e alla insensatezza dell'esistenza umana? La risposta negativa è data dal
ripetersi sempre identico delle cose (“Ripullula il frangente”) a cui segue l'affermazione
conclusiva di smarrimento “Io non so chi va e chi resta”
2. La casa dei doganieri diviene, col suo vuoto spazio di memorie, l'occasione per riflettere sulla
vanità illusoria di un sogno di salvezza: la fedeltà a quel ricordo è inutile, perché non è possibile
rivivere gli attimi fuggiti, ed egli non può che proclamare la sua solitudine e il suo smarrimento
3. No, è impossibile, perché il tempo è un cieco correre verso la distruzione, la vita trascorre per
tutti in una penosa incertezza
4. Al v. 3 essa è definita “desolata” e le viene attribuita l'azione “t'attende” e al v. 12 essa
“s'allontana”. Si tratta della figura chiamata personificazione
5. Essi contribuiscono a dare alla poesia un andamento vicino alla prosa, allungando la misura dei
versi e enfatizzando espressioni come “altro tempo frastorna / la tua memoria” e “s'allontana /
la casa e in cima al tetto la banderuola / gira senza pietà”
AUTORE E CONTESTO
1. Colpisce il riscontro tra l'affermazione “Io restai e resto ancora. Non si sa chi abbia fatto la scelta
migliore” con la frase conclusiva “Io non so chi va e chi resta”
RIFLETTIAMOCI SU
1. La poesia si apre con l'affermazione negativa “Tu non ricordi”, ripetuta al v. 10
2. I pensieri della donna sono agitati, come il volo delle api alla ricerca del nettare.
pag. 228 “Eri dritta e felice” di L. Sinisgalli
DENOTAZIONE
1. Una donna, insieme ad immagini e atmosfere di un tempo passato indefinito
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2. Estate
3. Versi liberi
CONNOTAZIONE
1. L'ambiente contadino, attraverso alcuni tipici ambienti (“sulla porta che il vento apriva alla
campagna”, “s'andava scalzi per i fossi”): è l'ambiente della sua infanzia
2. No, sembra essersi perduto. Lo si intuisce dall'uso prevalente dei tempi verbali del passato, che
sottolineano la lontananza del poeta da quel tipo di mondo, per il quale sembra provare nostalgia
3. Nei vv. 1 e 4, in cui si descrive la figura femminile, prevalgono i suoni “ri” ed “e”. La figura
della donna e l'ambiente estivo sono dominati visivamente dalla luce (“intrisa di luce”, “vespe
d'oro”); da notare anche le sensazioni tattili (“l'ardore del sole”) e gustative (“dolci le midolla”)
AUTORE E CONTESTO
1. a): i sapori e i gesti del passato (“s'andava scalzi per i fossi”, “quando al sambuco si fanno dolci
le midolla”); b): la presenza di sensazioni tattili e gustative (“l'ardore del sole dalle impronte
lasciate sui sassi”, “quando al sambuco si fanno dolci le midolla”); c): assenza di forme
retoriche, linguaggio preciso e semplice, sintassi lineare, costruita sul susseguirsi di immagini,
senza subordinazione
RIFLETTIAMOCI SU
1. Importante nella ricostruzione visiva e tattile della stagione estiva
2. Il colore è il giallo solare, quello delle vespe e della luce che illumina la donna. Il sole rimanda
alla vitalità giovanile e alla stagione dell'ardore.
pag. 229 “Dimenticare quanto fui felice” di E. Dickinson
DENOTAZIONE
1. La poetessa si augura di riuscire a dimenticare i giorni della felicità per poter sopportare quelli
della tristezza, ma l'impresa le riesce impossibile, per cui si sente morire
2.
ELEMENTO
NEL TESTO SI OPPONE A...
passato
presente
fiori
“novembre”
felicità
dolore: “la via smarrisco” “muoio di gelo”
3. Due quartine di tre endecasillabi e un settenario la prima e tre endecasillabi e un novenario la
seconda
CONNOTAZIONE
1. Perché non riesce a dimenticare i giorni felici e l'orgoglio di quella felicità le fa sentire ancor più
il dolore della mancanza
2. La sua regressione ad un'età di bisogno
3. Per il contrasto tra il novembre e il ricordo dei fiori nello stesso verso
AUTORE E CONTESTO
1. I sentimenti, le emozioni, l'interiorità, la natura delle stagioni
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
53
U.D. 3 – Gli ambienti, i paesaggi e la natura
pag. 234 “Ballata dolorosa” di G. Carducci
DENOTAZIONE
1. La morte della donna amata dal poeta
2. A un immenso cimitero
3. La ricorrenza della commemorazione dei defunti, in novembre
4. Si tratta di un componimento di origine popolare, formata da strofe di endecasillabi misti a
settenari con un ritornello, o ripresa, che si ripete. In questo caso la ballata è composta tutta da
endecasillabi, con una ripresa iniziale di quattro versi
5. ABBA CDECDEEFFA
CONNOTAZIONE
1. Vita: per es. “serenità di maggio”, “un desio dolce spiran le viole”, “un dolce ardor s'accende”,
“le fanciulle in danza”; morte: per es. “cimitero”, “piange il novembre”, “velo nero”. Sono
immagini stereotipate, sia per la prima tematica che per la seconda
2. Nel primo caso per es. “un desio dolce spiran le viole”, “ne le rose un dolce ardor s'accende”,
“gli uccelli tra 'l verde fan richiami”, “quando più par che tutto il mondo s'ami”. Nel secondo
per es. “cimitero m'è il mondo allor che il sole...”, “tra 'l sole e me sola una faccia, pallida
faccia velata di nero”
3. Letterale, perché corrisponde al periodo della commemorazione dei defunti, inoltre è spesso un
mese piovoso, il che può ricordare le lacrime. In senso metaforico è la natura stessa che piange
4. Una crescente tensione emotiva
5. L'anastrofe. Anticipandolo, enfatizzano il complemento oggetto
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. il colore dei fiori e delle foglie (“le viole”, “le rose”, “tra 'l verde”), ma anche il sole
stesso, più volte richiamato
RIFLETTIAMOCI SU
1. La ballata nasce come componimento gioioso, per cui l'accostamento con l'aggettivo “dolorosa”
crea un contrasto
2. Perché anticipa la contrapposizione tra il mondo in festa e la tristezza del poeta.
pag. 236 “Un'alba” di A. Gatto
DENOTAZIONE
1. Un'alba in un porto
2. A un interlocutore non definito, probabilmente a se stesso
3. Mare
4. Cesura
5. Com'è spòglia la lùna, è quasi l'àlba.
Si stàccano i convògli, nella piàzza
bruna di tèrra il vèrde dei giardìni
trèma d'autùnno nei cancèlli.
È l'ora fiòca in cui s'incìde al frèddo
la tua città desèrta, appena un tròtto
remòto di cavàllo, l'attacchìno
sposta dòlce la scàla lungo i mùri
54
in un fruscìo di càrta.
La tua stànza
leggèra come il sònno sarà nuòva
e in un paràto di campàgna al sòle
roseo d'autùnno s'aprirà.
La frèdda
banchìna dei mercàti odora d'èrba.
La porta vèrde della chièsa è il màre.
CONNOTAZIONE
1. Il porto: i moli dove attraccano le barche; la piazza davanti al porto: i giardini, il mercato, la
chiesa; la città deserta intorno. Una stanza illuminata dalla luce dell'alba
2. Sensazione di vuoto e di freddo, dato dall'uso di aggettivi e verbi che inducono ad associare il
freddo e l'assenza di persone e di suoni alla solitudine: “spoglia la luna”, “il verde dei giardini
trema d'autunno”, “l'ora fioca”, “la tua città deserta”, “un trotto remoto di cavallo”, “la fredda
banchina dei mercati”. La sensazione di novità e di apertura è connotato dalla luce colorata
dell'alba (“sole roseo d'autunno”), dal profumo dell'erba e dal colore del mare (“la porta verde
della chiesa è il mare”), che si apre come una porta
3. Il primo ambiente è connotato dalla “piazza bruna di terra”, da un verde che “trema”, dal
pallore (“l'ora fioca”). Il secondo dalla luce rosea (“sole roseo d'autunno”) e dal verde del mare
4. Il cambiamento d'ambiente e di sensazioni
5. Descrive mediante rapide pennellate, che rendono ancora più incisive le immagini
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. “un trotto remoto di cavallo”, “un fruscio di carta”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Perché l'alba è l'inizio di un nuovo giorno
pagg. 237-238 “Terrazza” di V. Sereni
DENOTAZIONE
1. Il lago sembra non avere confini precisi: si sente solo il suo rumore sotto la terrazza
2. Di un evento silenzioso e misterioso
3. Dall'imbarcazione della Guardia di Finanza che controlla il confine
4. v. 1: decasillabo+quaternario; vv. 2-5: settenari; v. 6: novenario; v. 7: settanrio; v. 8: decasillabo;
vv. 9-10: decasillabi
5. Ai vv. 4-5
CONNOTAZIONE
1. “Più non sai dove il lago finisca”
2. Sì: la sospensione dell'animo corrisponde a quella della terrazza (“Siamo tutti sospesi”)
3. Esso illumina, controlla, cerca, rompendo l'atmosfera di attesa, poi se ne va, lasciando tutti
delusi, perché l'attimo si è spezzato, e la luce non ha rivelato niente
4. Tre verbi brevi, che indicano rapide azioni in sequenza, velocizzando il ritmo
5. Paratattica, costituita da azioni rapidamente definite, come l'atmosfera descritta
AUTORE E CONTESTO
1. Perché, come si è visto, essa può essere considerata l'emblema dei sentimenti descritti
RIFLETTIAMOCI SU
55
1. Ai vv. 8-9: “sera-torpediniera”. La sera è il simbolo dell'attesa, dell'offuscamento dei contorni,
delle certezze; il faro della Guardia di Finanza ne costituisce l'opposto: esso illumina, controlla,
cerca.
pagg. 239-240 “Lavandare” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. Un aratro senza buoi, abbandonato in mezzo al campo
2. Le lavandaie che sciacquano i panni nel canale
3. Una canzone popolare
4. Nella tradizione il madrigale è composto da un'unica strofa di due o tre terzine in rima più un
distico o una quartina in rima baciata di versi endecasillabi o settenari. Pascoli rispetta, pur
separandole, la struttura delle due terzine più una quartina di endecasillabi
5. Il poeta segue la rima tradizionale: ABA CDC DEDE
CONNOTAZIONE
1. In particolare l'aratro “senza buoi” e “dimenticato”, lo stesso campo “mezzo grigio e mezzo
nero”, col lavoro incompiuto, la tristezza per l'abbandono nelle parole della canzone “tu non
torni...come son rimasta” e l'immagine conclusiva dell'aratro, che riprende circolarmente l'inizio
della poesia. La solitudine dell'aratro trova risonanza nella solitudine della donna
2. Dell'abbandono. Pascoli ci dà una visione di corrispondenza tra l'uomo e le cose, tra l'uomo e
una natura umanizzata
3. Una rete di rimandi fonici ricreano la cadenza lenta e monotona del lavoro e del canto delle
lavandaie: per es. le rime interne “dimenticato...cadenzato” e “sciabordare...lavandare”;
l'allitterazione della vocale “a” (“aratro-dimenticato-cadenzato-sciabordare-lavandare”);
l'onomatopea “sciabordare”
4. Ai vv. 2-3 “pare/dimenticato” evidenzia quest'ultima parola isolandola mediante la virgola.
Meno significativo quello ai vv. 4-5 “viene/lo sciabordare”
5. I versi riprendono due stornelli popolari marchigiani, anche nei tipici elementi fonici: la
consonanza “frasca-rimasta” e l'assonanza “partisti...rimasta”. La sintassi paratattica e a
polisindeto, utilizza l'enfasi dei punti esclamativi
AUTORE E CONTESTO
1. L'arcano legame tra le cose, tra l'uomo e la natura, tra il paesaggio e i sentimenti umani
RIFLETTIAMOCI SU
1. Probabilmente perché c'è corrispondenza tra i due elementi, e l'oggetto ha una maggiore valenza
simbolica e visiva.
pagg. 241-242 “Temporale” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. Un tramonto sullo sfondo di un temporale imminente
2. Attraverso effetti di colore, fortemente in contrasto tra loro
3. L'orizzonte rosso sul mare, il cielo nero verso le montagne, nubi bianche, un casolare bianco
4. Perché la ripresa è costituita da un solo verso
5.
Un bubbolìo lontàno...
Rossèggia l'orizzònte,
come affocàto, a màre;
56
nèro di pece, a mònte,
stràcci di nubi chiare;
tra il nèro un casolàre:
un'àla di gabbiàno.
CONNOTAZIONE
1.
METAFORA
BASE COMUNE
SU CUI
È STATA CREATA
Nero di pece
colore nero
La pece richiama l'idea di molesto, oltre che la
profondità del colore
Stracci di nubi
aspetto sfilacciato
La forma delle nubi può dare l'idea del tormento
prodotto dal vento
Casolare: un'ala di gabbiano colore bianco
2.
3.
4.
5.
SIGNIFICATO RELATIVO
AL MESSAGGIO
DI QUESTO TESTO
Il casolare è l'unico elemento consolante nel
quadro drammatico del temporale imminente; il
suo colore chiaro contrasta col nero della natura
sconvolta, ostile all'uomo; per analogia di
difficile spiegazione, al di là del colore, richiama
l'ala di gabbiano
Della natura sconvolta, ostile all'uomo
Fragile come un'ala di uccello
Una forte valenza evocativa delle immagini
I rapporti sono di tipo simbolico-analogico, di solito sono elementi contrastanti nel quadro
paesaggistico. Per es. “orizzonte-monte”, “mare-chiare-casolare”. L'accostamento “lontanogabbiano” sembra costituire un contrasto di tipo psicologico
AUTORE E CONTESTO
1. Per l'accostamento in rima delle vocali “o/e” vedi “orizzonte-monte”, per la vocale “a” “marechiare-casolare”. Gli accenti ritmici sottolineano vocaboli come “nero”, “stracci”, “ala”. Si
notano metafore come “affocato”, “nero di pece”, metonimie come “tra il nero”, onomatopee
come “bubbolìo”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per creare un'attesa ansiosa
2. Nel primo caso esso è la ripresa della ballata piccola; nel secondo esso contribuisce a creare
l'atmosfera di ansia per l'attesa di qualcosa di tragico.
pagg. 245-246 “Novembre” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. Un paesaggio autunnale
2.
TIPO DI SENSAZIONE
ESPRESSIONI E IMMAGINI
CHE VI FANNO RIFERIMENTO
Sensazioni tattili
“Gemmea l'aria, il sole così chiaro”
Sensazioni visive
“nere trame segnano il sereno”
Sensazioni uditive
“cavo al piè sonante”, “silenzio intorno”, “un cader fragile”
57
Sensazioni olfattive e gustative
“l'odorino amaro”
3. Veritiere: “Gemmea l'aria, il sole così chiaro”, “nere trame segnano il sereno”,“cavo al piè
sonante”, “silenzio intorno”, “un cader fragile”. Illusorie: “l'odorino amaro”
4. Tre strofe di endecasillabi + un quinario, a rime alternate
5.
Gèmmea l'aria, il sòle così chiàro
che tu ricèrchi gli albicòcchi in fiòre,
e del prunàlbo l'odorìno amàro
sènti nel cuòre...
Ma sècco è il pruno, e le stecchìte piànte
di nère trame sègnano il serèno,
e vuòto il cielo, e càvo al piè sonànte
sèmbra il terrèno.
Silènzio, intorno: sòlo, alle ventàte,
odi lontàno, da giardìni ed òrti,
di fòglie un cadèr fragile. È l'estàte,
frèdda, dei mòrti.
CONNOTAZIONE
1. Illusione: “che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l'odorino amaro senti nel
cuore”; negazione: “ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno”;
scoperta della realtà: “di foglie un cader fragile. È l'estate, fredda, dei morti”
2. In novembre si commemorano i defunti
3. Per es. “vuoto il cielo” in senso simbolico, per l'assenza di un dio benevolo; l'uomo, invece, è
condannato alla precarietà, come le foglie (“di foglie un cader fragile”) e all'illusione creata
dalla natura
4. Perché più di altri chiarisce la contraddittoria illusione creata dalla natura, che, dopo aver
suggerito una stagione primaverile coi suoi sogni di felicità per gli uomini, li destina alla
disillusione, condannandoli, come le foglie secche suggeriscono, alla morte
5. La struttura divide il componimento in tre momenti distinti: quello illusorio iniziale, la
distruzione dell'illusione attraverso la cognizione razionale e, infine quello finale, risolutore, con
l'affermazione conclusiva. Nelle tre strofe simmetricamente si ripete una forte pausa a metà del
verso iniziale, là dove ogni volta riprende la raffigurazione della natura. Il ritmo delle tre strofe,
tuttavia, è molto diverso: la prima ha un andamento ininterrotto e termina con una sospensione,
quella dell'illusione che sta per spezzarsi. Le due successive sono caratterizzate da una
frantumazione dei versi, con un uso insistito della virgola prima della congiunzione (“e le
stecchite piante...e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante”) o con una punteggiatura che isola le
parole (“Silenzio, intorno: solo, alle ventate” e “l'estate, fredda, dei morti”). Le parole sono
collegate da molteplici rispondenze sonore: nella prima strofa rilevanti allitterazioni (“chiaro,
fiore, odorino amaro, cuore”, “sole, fiore”), che rendono più sensibile il contrasto con i suoni
della strofa successiva: “secco, stecchite”, “nere trame, sereno”; nell'ultima parte il poeta
potenzia l'immagine delle foglie che cadono con una sorta di imitazione sonora, giocata sulla
ripetizione del suono “f”: “di foglie un cader fragile”. La sintassi presenta prevalentemente una
successione di proposizioni principali, in cui prevalgono le immagini sui predicati, che non sono
mai in posizione di rilievo, mentre il poeta mette in primo piano nomi e aggettivi (per es. “secco
è il pruno...e vuoto il cielo”) sottintendendo spesso anche i verbi copulativi (per es. “Gemmea [è]
l'aria, il sole [è] così chiaro”). Rilevante anche l'anastrofe conclusiva “di foglie un cader
fragile”, che si somma anche alla sinestesia
AUTORE E CONTESTO
58
1. Anche in questo caso l'illusione è destinata a diventare disillusione: per Pascoli tutta l'esistenza
dell'uomo non è che un inganno
2. Vocaboli come “albicocchi”, “prunalbo” e “pruno”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Fragile. Amaro può rimandare all'amarezza della vita, al dolore.
pagg. 247-248 “San Martino” di G. Carducci
DENOTAZIONE
1. La prima strofa descrive il paesaggio: le cime delle colline immerse nella nebbia e il mare che
rumoreggia. La seconda strofa passa (per mezzo della contrapposizione introdotta da “ma”) alla
descrizione di un paesaggio più ristretto, quello del borgo, che ha un'atmosfera diversa dal
precedente, perché rispetto alla natura ostile comunica letizia e allegra laboriosità. La terza strofa
restringe ulteriormente il campo, passando alla descrizione di una casa (o di un'osteria), dove si
intravede lo spiedo che scoppietta sul fuoco, e l'atmosfera è ancora lieta. La quarta ed ultima
strofa torna a descrivere la malinconia del momento, attraverso i pensieri del cacciatore che si
allontanano nel tramonto
2. “nebbia”, “piovigginando”, “urla e biancheggia”,“uccelli neri”
3. “va l'aspro odor de i vini l'anime a rallegrar”, “Gira su' ceppi accesi lo spiedo scoppiettando”,
“fischiando”
4. Il testo è una canzonetta composta da quattro strofe di quattro settenari, dei quali il primo è piano
e non rimato, il secondo e il terzo sono piani a rima baciata, il quarto, tronco, rima col quarto
delle strofe seguenti. Lo schema delle rime è dunque ABBX
5.
La nèbbia a gl'irti còlli
piovìgginando sàle,
e sòtto il maestràle
ùrla e biancheggia il màr;
ma pèr le vie del bòrgo
dal rìbollir de' tìni
va l'àspro odor de i vìni
l'ànime a rallegràr.
Gìra su' ceppi accèsi
lo spièdo scoppiettàndo:
stà il cacciator fischiàndo
su l'ùscio a rimiràr
tra lè rossastre nùbi
stòrmi d'uccelli nèri,
com'èsuli pensièri,
nel vèspero migràr.
Il ritmo è fortemente cadenzato
CONNOTAZIONE
1. Strofa 1: ambiente esterno (paesaggio), malinconia; strofa 2: ambiente esterno (borgo): gioia;
strofa 3: ambiente interno (casa o osteria), gioia; strofa 4: ambiente esterno: malinconia.
L'esterno corrisponde a sentimenti malinconici, come la stagione e la natura stessa, rappresentata
dal mare. Al contrario, la casa (o l'osteria) e il borgo costituiscono elementi di rasserenamento,
come se il poeta constatasse che il calore del focolare e del borgo possano rinfrancare l'animo,
59
2.
3.
4.
5.
ambienti in cui si può pensare che la vita continua nonostante la natura ostile, che imperversa
fuori, luoghi da cui si possono mandar via i pensieri tristi
L'odore del mosto che fermenta nelle cantine, il profumo della carne sullo spiedo che sfrigola si
contrappongono al rumore inquietante (“urlo”) del mare
Il nero è assimilato ai pensieri “esuli”, tetri, angosciosi, temperati dal rosso del tramonto, come
una nota di ottimismo
La metonimia, con valenza onomatopeica perché il verbo richiama il suono del mosto che
fermenta
Si tratta dell'inversione dell'ordine abituale delle parole all'interno della frase, per conferire
particolare risalto al termine che viene anticipato. Per es. la frase “sotto il maestrale urla e
biancheggia il mar” dà risalto alla violenza e alla furia del mare, soggetto, che viene posticipato
AUTORE E CONTESTO
1.
ELEMENTO IN ESAME
NEL TESTO DI CARDUCCI...
NEL TESTO DI PASCOLI...
Il paesaggio
Appare decisamente realistico, Gli elementi che lo compongono
perché viene descritto con grande risultano indefiniti, perché il poeta
preponderanza
di
aggettivi li utilizza come simboli
referenziali: si tratta di un bozzetto
L'atmosfera
Anche se il paesaggio naturale è
tristemente autunnale e piovoso,
inquietante per il vento e il
mugghiare del mare in lontananza,
nell'osteria l'atmosfera è allegra
Premonizione della morte
È solo un breve accenno, Pervade tutto il testo, perché per
rappresentato dagli uccelli neri
Pascoli la vita dell'uomo è pervasa
da questa presenza
Anche se l'atmosfera all'inizio è
serena,
come
la
stagione
primaverile che il sole tiepido
suggerisce, dalla lettura del testo
che segue si ricava un'idea di
cupezza che richiama idee di morte
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per es. ai vv. 1-2 “La nebbia...sale”, al v. 4 il mare “urla”: il poeta per mezzo di queste figure
retoriche esprime con maggior efficacia la sua concezione di natura ostile.
pagg. 251-252 “L'infinito” di G. Leopardi
DENOTAZIONE
1. Al poeta, che sosta sul colle solitario in cui è solito passeggiare, una siepe impedisce di allargare
lo sguardo verso l'orizzonte
2. “Sempre caro mi fu”, “io nel pensier mi fingo”, “odo”, “io quello infinito silenzio...vo
comparando”, “mi sovvien l'eterno”, “il pensier mio”, “m'è dolce”
3. La dolcezza di perdersi in un mare senza confini
4.
Sempre caro mi fù quest'èrmo còlle,
e questa sièpe, che tànta pàrte
dell'ultimo orizzònte il guàrdo esclùde.
Ma sedèndo e miràndo, interminàti
spazi di là da quèlla, e sovrumàni
silenzi, e pròfondìssima quiète
io nel pensièr mi fìngo; ove per pòco
il cor non si spaùra. E còme il vènto
odo stormìr tra quèste piante, io quèllo
infinito silènzio a quèsta vòce
60
vo comparàndo: e mi sovvièn l'etèrno,
e le mòrte stagiòni, e la presènte
e viva, e il suòn di lei. Così tra quèsta
immensità s'annèga il pensier mìo:
e il naufragàr m'è dolce in quèsto màre.
Ritmo ampio e lento, dilatato e variato continuamente dalla massiccia presenza di enjambement,
che annullano la misura dei versi e determinano un ritmo che segue la tensione delle esperienze
sensoriali, immaginative e intellettive del poeta. Un rallentamento è determinato spesso anche
dalla presenza di parole polisillabiche (per es. “interminati” e “sovrumani”) e dall'uso di segni di
punteggiatura che spezzano i versi (vedi per es. ai vv. 8 e 13)
5. Ai vv. 2-3, 4-5, 5-6, 6-7, 8-9, 9-10, 10-11, 12-13, 13-14
CONNOTAZIONE
1.
Prima parte (versi 1-8)
Seconda parte (versi 8-15)
Percezione sensibile che Impedimento alla vista dell'orizzonte Rumore del vento tra le piante
stimola l'immaginazione
a causa della siepe
Operazione mentale
Raffigurazione
dell'infinito
Risultato dell'operazione
Spazi illimitati e silenzi al di là della Contrasto tra l'eternità del tempo
comprensione
e l'effimera durata delle stagioni
della vita passate e di quella
presente
Sensazione provata dal poeta Smarrimento
grazie all'immaginazione
nel
pensiero Paragone del suono del vento con
l'infinito
silenzio
assoluto
dell'eternità
Indicibile dolcezza
2. La rappresentazione di due serie, l'una del finito, l'altra dell'infinito, il concreto e l'astratto, in
rapporto dialettico tra loro: “questo” è attribuito al mondo sensibile, “quello” alla dimensione
infinita, sia temporale che spaziale. Al termine dell'esperienza percettivo-emozionale del poeta il
dimostrativo si accosta a termini che indicano infinitezza (“questa immensità”), ormai
completamente interiorizzata
3. Un'esperienza fortemente emotiva, quasi ultrasensoriale (che la psicoanalisi definirebbe benefico
contatto con il proprio inconscio), possibile solo mediante strumenti non razionali, come
l'immaginazione (“io nel pensier mi fingo”) e il ricordo (“mi sovvien”)
4. La vocale “a”, dal suono aperto, di solito è associata a sensazioni chiare, luminose e gradevoli,
come per es. ai vv. 4-5: “interminati spazi di là da quella, e sovrumani”; oppure ai vv. 14-15:
“Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare”. La
vocale “o”, dal timbro chiuso, suggerisce sensazioni cupe e tristi, come per es. ai vv. 7-9: “ove
per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir”
5. La realtà è descritta con vocaboli brevi, spesso bisillabici (per es. “ermo”, “colle”, “siepe”,
“voce”, “viva”, “suon”), mentre la dimensione di infinito è prevalentemente descritta mediante
parole polisillabiche (per es.”interminati”, “sovrumani”, “profondissima”, “immensità”)
AUTORE E CONTESTO
1. L'indefinito e il vago costituiscono per Leopardi un motivo ricorrente, quasi l'essenza della sua
poetica. In questa poesia il desiderio di infinito induce il poeta a cercare una relazione con la
realtà non solo attraverso la percezione sensoriale, ma anche per mezzo dell'immaginazione
prodotta dalla mente, passando dallo sgomento alla liberazione e, infine, alla dolcezza
61
RIFLETTIAMOCI SU
1. Probabilmente per la sua natura di immensità senza confini, ma strumenti più profondi, come la
psicoanalisi, potrebbero dare al termine ulteriori valenze (l'inconscio, nell'interpretazione
freudiana).
pagg. 253-254 “Paesaggio” di F. Garcìa Lorca
DENOTAZIONE
1. Un campo di ulivi, su cui sono posati degli uccelli e su cui sta per scoppiare un temporale
2. “campo”, “ulivi”, “stormo”
3. Perché hanno misura varia e non seguono uno schema fisso di rime
CONNOTAZIONE
1.
IMMAGINE
VALORE LETTERALE
VALORE METAFORICO
Il campo che s'apre e si chiude Il forte vento piega i rami degli Poiché il ventaglio è uno dei
come un ventaglio
alberi in ogni direzione
simboli della cultura andalusa, il
campo può diventare il simbolo
del paese natale del poeta,
circondato da sofferenza
Il cielo sommerso
Le nubi temporalesche invadono Il pericolo, forse il dolore stesso
tutto il cielo
di vivere, sta per giungere
Il tremore del giunco e della Il vento fa increspare l'acqua del La realtà non ha più contorni
penombra, l'arricciatura del fiume, gli elementi che vi si certi, sicuri
vento
specchiano sembrano tremolanti
Lo stormo di uccelli prigionieri
Le condizioni meteorologiche Gli uccelli sono gli uomini che
impediscono agli uccelli di cercano rifugio, consolazione
prendere il volo
2. Dio
3. Prevalgono i colori scuri: le nubi temporalesche, la pioggia stessa che viene definita “scura”, il
vento “grigio”, gli uccelli “nell'ombra” tra i rami
4. Il dato visivo (i rami su cui sono posati gli uccelli sono “carichi”) si mescola con quello sonoro
“di grida”
AUTORE E CONTESTO
1. L'illusoria felicità interrotta dal dolore, la natura e i suoi segreti, ma anche il “male di vivere”,
comune al dibattito intellettuale del periodo
2. Immagini di colore sono per es. quelle del cielo “inabissato” e delle “stelle fredde”. L'uso del
frammento si nota nella brevità dei versi e della sintassi, che rendono più incisivo il messaggio
RIFLETTIAMOCI SU
1. Forse perché le loro grida lasciano una scia sonora.
pagg. 256-257 “Nebbia” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. Le “cose lontane...ebbre di pianto”, “quello ch'è morto”, la vita e le sue relazioni “che vogliono
ch'ami e che vada”
62
2. “la siepe dell'orto”, il muro “ch'ha piene le crepe di valeriane”, “i due peschi, i due meli”, “quel
bianco di strada che un giorno ho da fare”, “il cipresso”,
3. Una casa circondata da un giardino con alberi, con un muro pieno di fiori e collegata da una
strada che raggiunge il paese e il cimitero
4. Sestine di tre novenari, un trisillabo, un novenario e un senario finale. Il primo verso è uguale in
tutte le strofe e rima sempre con l'ultimo. Gli altri versi sono legati da rima alternata
5.
Nascòndi le còse lontàne,
tu nèbbia impalpàbile e sciàlba,
tu fùmo che ancòra rampòlli,
su l'àlba,
da' làmpi nottùrni e da' cròlli
d'aèree fràne!
Nascòndi le còse lontàne,
nascòndimi quèllo ch'è mòrto!
Ch'io vèda soltànto la sièpe
dell'òrto,
la mùra ch'ha piène le crèpe
di vàleriàne.
CONNOTAZIONE
1.
MORTE CON ASPETTI POSITIVI
MORTE CON ASPETTI NEGATIVI
“quel bianco di strada, che un giorno ho da fare”, “quello ch'è morto!”
“stanco don don di campane”, “il cipresso là,
solo”
2.
3.
4.
5.
La morte ha connotati di sofferenza (“le cose son ebbre di pianto”) se si riferisce al traumatico
ricordo dell'assassinio del padre o alla morte dei suoi famigliari. La morte che il poeta invoca per
sé ha, invece, un aspetto rassicurante e protettivo, estremo rifugio dalle avversità dell'esistenza,
continuazione del nido, dove ricongiungersi con i suoi cari
La nebbia è l'elemento simbolico di separazione fra il poeta e ciò che lo fa soffrire: i ricordi di un
passato di lutti e le passioni e le ansie del mondo. Il cane, tranquillo e fedele, che sonnecchia,
rappresenta il suo piccolo mondo ristretto e rassicurante, la serena vita domestica priva di
preoccupazioni e sogni irrealizzabili
“Nascondi le cose lontane” (che apre tutte le strofe e viene ripreso da “nascondimi” e
“nascondile”); “ch'io veda” e “soltanto”. Il tema di fondo della poesia è la fuga dalla realtà: il
poeta cerca quiete nel mondo circoscritto della casa e protetto dalla barriera della nebbia e della
siepe, che lo proteggono dall'ignoto, che crea in lui ansia
La poesia ha un ritmo cadenzato e ripetitivo, spezzato in modo uniforme dai versi trisillabi. La
ripetitività ritmica esprime bene, come gli elementi domestici elencati, il desiderio di cose
sempre uguali indotto dal timore del cambiamento
L'allitterazione consiste nella ripetizione della stessa lettera o della stessa sillaba in parole
contigue. In questo testo la più rilevante è quella al v.19 “che vogliono ch'ami e che vada” che
riprende l'anafora “ch'io veda” e si ritrova frequentemente nell'uso del pronome relativo ai vv. 811-17-23. Interessante anche, al v. 26 “involale al volo”. L'effetto dell'allitterazione è quello di
una cadenza ripetitiva, come un'eco
AUTORE E CONTESTO
1. La visione del poeta è quella di aspirazione alla pace: ancorato alle piccole e rassicuranti cose
presenti, appagato dal suo nido di affetti famigliari e dalla sua tranquilla quotidianità, egli si
chiude al mondo e alle sue minacce
63
2. Anche per Leopardi la siepe è “cara” perché costituisce un limite allo sguardo. Ma proprio
questo limite, l'esclusione dalla vista delle cose reali, gli permette di spaziare con
l'immaginazione e di concepire nella mente l'infinito, l'eternità, l'immensità. In Pascoli invece la
siepe corrisponde al desiderio di un limite reale, per la paura dell'ignoto
RIFLETTIAMOCI SU
1. La valeriana è una pianta usata in medicina come sedativo: allude al bisogno di pace e di
dimenticanza da parte del poeta.
pag. 258 “Primavera” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. Alla stagione primaverile imminente
2. Essa gli crea un forte disagio
3. Perché lo costringe a sperare, promette possibilità di cambiamento (“potessi dovessi rinascere”),
allontana illusoriamente la morte
4. vv. 1-6: endecasillabi; v. 7: trisillabo; v. 8: settenario; vv. 9-11: endecasillabi
5. Ai vv. 1-2, 2-3, 4-5, 5-6, 8-9, 9-10
CONNOTAZIONE
1. Per l'accostamento delle parole “rinascere-tomba”: l'antitesi tra le due facce della primavera, che
costituisce il tema fondante della lirica
2. Il binomio, sottolineato dalla rima, l'unica in tutto il testo, esprime bene l'atteggiamento del
poeta, che sente di rinascere con la primavera (“potessi”) ma non lo desidera (“dovessi”)
3. Un rapporto conflittuale
4. Per es. “a me non piaci”, “io voglio”, “mi feriva”, “mi turba”, “io potessi dovessi”: ad essi si
contrappongono “dire di te”, “il tuo presagio”, “tuo appressarsi”: sottolineano il dialogo a tu per
tu, il poeta si rivolge direttamente alla primavera
5. Le anastrofi (per es. “di una strada l'angolo svoltando”) frequenti soprattutto nei primi quattro
versi, seguite dalla grande efficacia del semplice e tipico del parlato “io potessi dovessi”,
rivelano una organizzazione sintattica complessa, anche se apparentemente semplice; i frequenti
enjambements e l'uso della misura metrica libera enfatizzano alcuni vocaboli (come “la tomba”
o “antica/primavera”) e passaggi del ragionamento (per es. il v. 8)
AUTORE E CONTESTO
1. Tutta la lirica è basata sull'ambivalenza di significato che Saba attribuisce alla primavera,
solitamente cantata come la stagione dell'amore e di novità, il cui annuncio egli chiama invece
doloroso “presagio”, che lo ferisce “come una lama”. La primavera per Saba è crudele:
“crudelmente risusciti ed uccidi”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Antica come il mondo, che si ripete ciclicamente senza tempo.
pagg. 260-261 “Dialogo” di G. Pascoli
DENOTAZIONE
1. Gli uccelli migratori, come le rondini e le oche selvatiche, e quelli stanziali, come il passero
2. Le piante, ma anche il cielo
3. L'autunno, l'inverno e la primavera
4. Due terzine più una quartina di endecasillabi (solo i versi 28 e 29 sono due ottonari). L'ultima
64
strofa, invece, è un distico
5. ABA CBC DEDE
CONNOTAZIONE
1.
TIPO DI UCCELLO
STILE DI VITA
(LETTERALE)
STILE DI VITA
(SIMBOLICO)
Passero
Vive in vicinanza degli uomini,
vicino alle loro case. Quando
arriva la brutta stagione si
rifugia nei pagliai dei casolari
Affronta tutte le stagioni,
cercando di resistere e di
sopravvivere
grazie
alla
vicinanza con gli uomini
Rondine
Vive in cielo, sfiorando soltanto Non affronta le
la terra. Quando arriva la brutta migrando dove il
stagione migra oltre il mare
favorevole
stagioni,
clima è
2. Quello dei passeri, che gli assomigliano per la loro quieta sopportazione delle difficoltà in una
vita semplice ma appagante
3. a) per es. “la città sonora”, “la campagna, dove si lavora”, “dai bianchi e muti casolari il fumo
sbalza”, “villani scalzi”. L'uomo è connotato dalla rumorosità, dal lavoro
b) per es. “Scilp”, “vitt...videvitt”, “Dib dib bilp bilp”. Con suoni che richiamano, o trascrivono il
loro verso, interpretandolo come se fosse un linguaggio comprensibile
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. “restano ad aspettar le prime gemme”, oppure “poi che il cibo manca, alla città dai mille
campanili scendono...a mendicare”, e anche “a seminare coi villani scalzi”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Il poeta stesso, che cita le”parole” dei passeri, commentandole.
U.D. 4 – La poesia e i sentimenti
pagg. 266-267 “Era il giorno ch'al sol si scoloraro” di F. Petrarca
DENOTAZIONE
1. Il momento dell'innamoramento del poeta per Laura
2. Il Venerdì Santo del 1327
3. Lo assale con i suoi colpi, provoca tormento, si introduce in lui passando dagli occhi al cuore, lo
colpisce con la sua freccia
4. ABBA ABBA CDE DCE
5. Si tratta di un sonetto, composto, com'è tradizione, da due quartine e due terzine di endecasillabi
in rima
CONNOTAZIONE
1. Nella sua raccolta, il Canzoniere, l'amore è il tema dominante, definito “giovenile errore”,
appartenente al passato, e connotato da sensi di colpa, crisi, dissidio interiore: esso viene
caratterizzato come un'esperienza che dona gioia, ma anche “sospiri”, “dolore”, “pianto”, che
costituisce “laccio”, “ferita”, “freccia”, “guerra” (che diventeranno per molti secoli veri e propri
topoi dell'esperienza amorosa). In questa poesia emblematiche sono espressioni come “fui
preso”, “colpi d'Amor”, “guai”. “dolor”, “ferir”,
2. La guerra, le ferite delle frecce: “colpi d'Amor”, “disarmato-armata”, “ferir...de saetta”
3. Che Dio ha pietà per l'agonia di Cristo
65
4. Per es. “rai-occhi”, “uscio e varco”, “disarmato-armata”, “saetta-arco”. Essi evocano il tema
del conflitto interiore: nella prima strofa si allude alla contrapposizione cielo/terra
nell'accostamento tra i raggi del sole e gli occhi della donna, tra il venerdì della passione di cristo
e la profana passione d'amore del poeta. Nei versi successivi si sviluppano i temi
dell'amore/guerra, del cuore raggiunto da amore attraverso il varco degli occhi, dell'arco e delle
frecce d'amore che feriscono il cuore
5. Per es. “Era...sol...scoloraro...rai”, oppure “Tempo non mi parea da far riparo contra colpi
d'Amor: però”, o anche “secur, senza sospetto” e “armata non mostrar pur l'arco”: enfatizzano
termini e passaggi significativi
AUTORE E CONTESTO
1. Immagini comuni, utilizzate nello stesso contesto lessicale, sono quella dell'amore che colpisce
attraverso lo sguardo, del legame d'amore, del sospirare, dell'arco e delle frecce, della ferita. Il
momento dell'innamoramento è, invece, “benedetto”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per es. “Tempo non mi parea”, “onde i miei guai nel commune dolor s'incominciaro”, “però al
mio parer non li fu onore”.
pag. 268 “I ragazzi che si amano” di J. Prevert
DENOTAZIONE
1. Appoggiati ai portoni delle case
2. Nella luce accecante del loro amore
3. Disprezzo, rabbia, invidia, riso
4. Strofa di 13 versi liberi, di misura varia
CONNOTAZIONE
1. I passanti si scandalizzano per i gesti d'amore dei ragazzi. I ragazzi non si curano di loro, tutti
presi dalla magia del loro primo amore
2. La luce rappresenta la inimitabile dimensione positiva del primo amore; il buio è la misura della
chiusura mentale di chi non riesce più a vederlo: per questo i ragazzi che si amano sono “altrove,
lontano...nella luce accecante”
3. Il termine “notte” è uno dei due elementi di contrasto, fa da contrappunto alla “luce accecante”
4. “I ragazzi che si amano”: è il soggetto delle diverse proposizioni, è il tema della poesia. “Per far
rabbia”, insieme a molte alte ripetizioni, che costituiscono la cifra espressiva del testo, servono a
sottolinearne i punti più significativi
AUTORE E CONTESTO
1. Le sue poesie sono poesie scritte per essere parlate, più che scritte, perciò si prestano alla
realizzazione di canzoni: ebbero infatti successo tra gli chansonniers francesi quali Juliette
Greco e Yves Montand. Il suo gusto per gli ambienti, per le immagini fortemente contrastate, gli
fa realizzare film dalle caratteristiche espressioniste come Quai des brumes (Il porto delle
nebbie) e Le jour se léve (Alba tragica), entrambi interpretati da Jean Gabin
RIFLETTIAMOCI SU
1. Ai ragazzi, all'anticonformismo, alla semplicità, che vengono messi in piena luce dalle
ripetizioni e dalle immagini.
66
pag. 272 “A mia moglie” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. Una pollastra giovane, bianca, con l'andatura di una regina, impettita, e la voce dolcissima,
“soave e triste”. Una mucca gravida da poco, ancora agile, dolce, festosa ed espansiva. Una
cagnetta allungata ai piedi del padrone (padrona), che sa essere dolce ma anche aggressiva,
adorante ma capace di difenderlo, gelosa. Una coniglia timida, che sopporta la sofferenza ed è
capace di sacrificio. Una rondine dalle “movenze leggere”, capace di far sentire una nuova
primavera, di ringiovanire. Una previdente formica, un'ape.
2. La formica e l'ape
3. Operosità e parsimonia
4. Si rivolge alla moglie, chiamandola esplicitamente con il “tu” otto volte, ma il pronome è spesso
anche sottinteso
5.
Tu sèi come una gràvida
giovènca:
lìbera ancòra e sènza
gravèzza, anzi festòsa;
chè, se la lìsci, il còllo
vòlge, ove tìnge un ròsa
tènero là sua càrne.
Sè l'incòntri e muggìre
l'òdi, tanto è quel suòno
lamentòso, che l'èrba
stràppi, per fàrle un dòno.
È così chè il mio dòno
t'òffro quàndo sei trìste.
6. Sono numerosissimi, spesso anche consecutivi: ai vv. 1-2, 3-4, 6-7, 11-12, 12-13, 15-16, 18-19,
20-21, 23-24, 25-26, 27-28, 29-30, 30-31, 32-33, 33-34, 34-35, 36-37, 38-39, 39-40, 42-43, 4344, 47-48, 48-49, 49-50, 53-54, 54-55, 57-58, 59-60, 63-64, 75-76, 77-78, 78-79, 82-83, 83-84,
84-85
CONNOTAZIONE
1. Lina, la moglie del poeta, ha “un passo da regina” e una voce triste come la pollastra; quando è
triste chiede una carezza, come la giovenca; è gelosa come la cagnetta; è dolce e timida come la
coniglia; ha le movenze leggere e la capacità di dare speranza della rondine; è operosa e
parsimoniosa come la formica
2. In “i sereni animali che avvicinano a Dio” (ripetuto due volte), ma anche nelle qualità di
dolcezza, timidezza, fedeltà, laboriosità, descritte nei diversi animali, che diventano emblemi
della vita naturale. La crudeltà e la violenza degli esseri umani è implicita in espressioni come
“Chi potrebbe quel cibo ritoglierle?”. “Chi mai fati soffrire?”
3. Nella descrizione della giovenca “gravida” e della coniglia, che “il pelo si strappa di dosso, per
aggiungerlo al nido dove poi partorire”
4. Le rime sono numerose, variamente distribuite (per es. “china-regina”, “erba-superba”,
“animali-uguali-mali”) e affiancate da frequenti assonanze (per es. “giovenca-senza”, “scopreoffre”, “vederti-fermi”, “orecchi-radicchi-rannicchia”). Tra tutte, appare rilevante l'assonanza
“tutte-tutti”, perché la ripetizione rende efficacissima la frase (“come sono tutte le femmine di
tutti i sereni animali che avvicinano a Dio”), che compare due volte nel testo e ne costituisce una
delle chiavi di lettura
5. Tutta la poesia è intessuta di richiami sonori, grazie all'intreccio complesso di rime e assonanze e
per la sapiente ripetizione/variazione dei suoni. L'allitterazione è presente con particolari echi
per es. nella prima strofa, in cui prevale il suono “a” (“una bianca pollastra...raspa”)
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AUTORE E CONTESTO
1. La figura di donna è l'emblema della vitale femminilità, essa è il tramite tra l'uomo e Dio; la sua
struttura richiama quella della Bibbia, dei salmi, delle preghiere, del Cantico delle creature di
San Francesco
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 274 “Ho sceso, dandoti il braccio” di E. Montale
DENOTAZIONE
1. Alla moglie, ormai morta
2. Un viaggio, una scalinata
3. La moglie, perché, sebbene fosse molto miope, sapeva vedere con gli occhi della mente e del
cuore, cioè sapeva cogliere i messaggi del reale con intuito
4. Colloquio, in realtà un soliloquio
5. I vv. 5, 6 e 7
CONNOTAZIONE
1. Il “nostro lungo viaggio”, che rappresenta la vita, di cui le scale sono le esperienze. Le
“coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni”, che sono simboli della realtà apparente
2. Le pupille, che sono lo strumento della vista, in Drusilla erano “offuscate”, incapaci di vedere.
Essa era molto miope, portava infatti grandi e spesse lenti (da cui l'affettuoso soprannome
“Mosca”), ma per giungere alla verità, per vedere dietro la realtà apparente, non è la vista degli
occhi quella che conta. La moglie, previdente ed accorta, sensibile e intuitiva, sapeva fargli da
guida e da sostegno, anche se apparentemente era lui a darle il braccio
3. Dalla metafora del lungo viaggio, come serie di esperienze (le scale) attraversate insieme,
dandosi “il braccio”, cioè sostegno e affetto: ora che la moglie non c'è più “è il vuoto ad ogni
gradino”, dove il vuoto rappresenta eloquentemente la solitudine, la mancanza e il dolore per la
sua perdita, un dolore mai gridato, come sempre in Montale, ma espresso con riserbo
4. Per es. “breve” attribuito al “nostro lungo viaggio” ha una dimensione di durata psicologica
enfatizzata dall'ossimoro; “offuscate”, la cui rilevanza è già stata spiegata
5. È il primo verso, che viene ripreso all'inizio della seconda strofa, con una leggera variazione, per
sottolineare il tema fondamentale
AUTORE E CONTESTO
1. L'espressione “le coincidenze, le prenotazioni”, che allude ai continui viaggi di lavoro, in treno o
in aereo
2. Drusilla era dotata di uno speciale tipo di vista, come i pipistrelli, che si orientano nello spazio
emettendo ultrasuoni che rimbalzano contro gli oggetti come una sorta di radar
RIFLETTIAMOCI SU
1. Forse perché la vita ci conduce giù verso la sua conclusione.
pag. 276 “L'edera” di F. Fortini
DENOTAZIONE
1. Il poeta e la moglie
2. Tra gli alberi, lungo le rive di un lago
3. Al tempo del primo innamoramento, prima del matrimonio
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4. In tre strofe di versi liberi, di varia lunghezza
5. Ai vv. 1-2, 2-3, 4-5, 10-11, 12-13, 14-15, 15-16
CONNOTAZIONE
1. Perché sa adattarsi ai cambiamenti che avvengono nelle persone attraverso il tempo e le
vicissitudini della vita
2. Era un gioco, come l'amore quando inizia, poi è diventato il simbolo di un'unione
3. L'amore come fedeltà, condivisione, unione duratura
4. Semplice e discorsivo
5. Un andamento simile alla prosa, che segue il ritmo del ragionamento
AUTORE E CONTESTO
1. Nella poesia si riflette sulle trasformazioni della vita umana e dell'amore, rappresentato dal
rametto d'edera
RIFLETTIAMOCI SU
1. E' il simbolo della fedeltà per la sua caratteristica di attaccarsi in modo indissolubile era
considerata anche simbolo di Dioniso, dio del trasporto amoroso, rappresentando così la
passione: già nell’antica Grecia gli sposi ne portavano ghirlande intrecciate.
pagg. 277-278 “La pioggia è il tuo vestito” di C. Govoni
DENOTAZIONE
1. La donna amata
2. Ad elementi della natura
3. Liberi, con alcune rime
4. Tre settenari e quattro endecasillabi
CONNOTAZIONE
1.
ELEMENTO DELLA NATURA
VIENE RIFERITO ALLA DONNA PERCHE'
La pioggia
il suo vestito è bagnato di pioggia
Il fango
le sue scarpe sono sporche di fango
Il vento
la sua pezzuola è scompigliata dal vento
Il sole
la sua bocca e il suo sorriso illuminano
La notte dei fieni
i suoi capelli sono biondi come il fieno
Il fuoco della terra e delle stelle
il suo sorriso e la sua calda pelle fanno ardere di passione
2. Una donna immersa nella natura senza paura, una personalità spontanea e appassionata
3. Assonanze e consonanze: per es. “vestito-vento”, “capelli-pelle-stelle”; allitterazioni: per es. la
continua ripetizione di “tuo-tue-tua-tuoi”. La donna, che non viene mai nominata direttamente,
viene delineata attraverso le sue caratteristiche, enfatizzate dalla musicalità
4. Paratattica, di brevissime proposizioni simili, accostate una dietro l'altra
AUTORE E CONTESTO
1. L'amore per la donna, l'attrazione che il poeta prova per lei, è resa attraverso brevi e incisive
frasi che la caratterizzano e ne dimostrano la bellezza
69
RIFLETTIAMOCI SU
1. Al v. 4, dopo alcune caratteristiche che possono sembrare negative (la pioggia, il fango...), il
“Ma” introduce l'immagine del sole, elemento positivo e carattere di allegria; al v. 6 il secondo
“Ma” continua la proposizione esplicativa.
pagg. 279-280 “Oscillano le fronde” di M. Luzi
DENOTAZIONE
1. Nei versi 1-8 il poeta avverte la presenza della donna. Nei versi 9-16 si rivolge direttamente a lei
2. Gli elementi della natura
3. Che ella porta vitalità alla natura e fa nascere speranza dell'avvenire in lui
4. I vv. 5-7 e 14-16
5. Sdrucciole
CONNOTAZIONE
1. L'aggettivazione allusiva e ambigua (per es. “ombra costellata”), le personificazioni (per es.
“l'aria giuoca”) , la sineddoche (per es. “Un respiro sensibile...è passato”)
2. Vitalità e speranza: ella ravviva la natura al suo passaggio e fa nascere nel poeta la speranza nel
futuro, quale effetto dell'innamoramento
3. La fugacità
4. Tra i più polisemici: “costellata”, cioè piena di stelle; “sensibile”, cioè percepibile con i sensi;
“vaga”, cioè indefinibile; “desto”, cioè vivo, il contrario di morto; “lucido”, cioè colpito dalla
luce, luccicante
5. Le figure retoriche già indicate, la sintassi paratattica, che descrive e accosta elementi in modo
assai inusuale, con un effetto di accumulo
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. “il cielo invoca la luna”, “Un desiderio vivo spira dall'ombra”, “il segreto ti fa più viva”
RIFLETTIAMOCI SU
1. La donna, suscitatrice di vitalità e speranza, porta luce e vita nell'ombra e nel buio della natura e
del poeta.
pagg. 281-282 “Il fanciullo e l'averla” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. Un fanciullo sentì parlare dell'averla e ne volle uno, ma, quando l'ebbe, subito se ne dimenticò.
L'uccello in gabbia immalinconiva per la prigionia, e il giorno in cui il ragazzo, ricordandosi di
lui, lo prese in mano per fargli del male, lo ferì e fuggì via. Il fanciullo, da quel momento, lo amò
2. Il desiderio: versi 1-4; la dimenticanza: versi 5-8; la perdita: versi 9-12; il dolore: verso 13
3. ABCA DEFD GHIG G
4. “averla-avèrla”: gioco di parole tra il verbo avere e il nome dell'animale (che ha la e aperta)
CONNOTAZIONE
1. Possesso, imprigionamento, ferimento, perdita e dolore
2. Il ragazzo desidera possedere un'averla per curiosità: è un amore possessivo e crudele, che si
trasforma poi in dolore per la sua perdita. L'uccello soffre per la prigionia, per la mancanza di
libertà
3. Perché le favole hanno caratteristiche di emblematicità, hanno intenti morali
4. L'anastrofe, che mette in evidenza il vocabolo che viene anticipato
70
AUTORE E CONTESTO
1. La poesia di Saba è vicina alle cose quotidiane, fedele ai sentimenti più autentici; egli esprime
un sincero amore per l'esistenza e un bisogno di sentirsi con gli altri, di condividere valori, gioie
e dolori. Di sé e della sua poesia scrisse, parlando in terza persona: “Quasi tutte le sue poesie
sono nate dal bisogno di trovare, poetando, un sollievo alla sua pena; più tardi anche da una
specie di gratitudine alla vita”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pagg. 283-284 “Mio padre è stato per me l'assassino”
DENOTAZIONE
1.
PREGI
DIFETTI
Ingenuità, spontaneità, spensieratezza, dolcezza, Astuzia, scarso senso di responsabilità, volubilità
allegria, indipendenza, curiosità
2.
PREGI
DIFETTI
Senso di responsabilità, determinatezza
Eccessivo rigore, senso tragico dell'esistenza
3. Essi erano estremamente diversi per personalità e sistema di valori
4. Quartine e terzine: è un sonetto
5. ABAB ABAB CDE CDE
CONNOTAZIONE
1. Perché in lui ritrova le doti del poeta: la sensibilità, una visione semplice della vita, la
spontaneità, prerogative per una poesia all'insegna della chiarezza e dell'autenticità, quale egli
persegue
2. Sì, dalla lirica si comprende come l'incontro col padre ne abbia valorizzato gli aspetti positivi
rispetto alla figura che la madre gli aveva presentato: ella appare delineata da poche
caratteristiche, mentre il poeta si sofferma più a lungo su quelle paterne, quasi giustificandone il
comportamento
3. Sembra quasi che la madre sia responsabile di non aver saputo trattenere un uomo che, peraltro,
aveva la leggerezza e la volubilità di un palloncino
4. “assassino-bambino-azzurrino-pellegrino”: è evidente la forte contrapposizione tra l'immagine,
mediata attraverso la madre, di un uomo colpevole di aver ucciso la felicità della donna e del
figlio, e quella, scoperta nell'incontro diretto, di un uomo giocoso, spontaneo, dallo sguardo
dolce, ma anche dal comportamento volubile e irresponsabile
5. Anastrofi: “il dono ch'io ho da lui l'ho avuto”, “tutti sentiva della vita i pesi”, “Di mano ei gli
sfuggì”, “in me stesso lo intesi”. Iperbato: “in miseria”, “Non somigliare – ammoniva – a tuo
padre”. Le figure dell'ordine evidenziano le espressioni cui si riferiscono
AUTORE E CONTESTO
1. Umberto Poli nacque a Trieste in una condizione di sofferta lacerazione tra i genitori (la madre
era stata abbandonata dal marito prima della nascita del figlio), la sua giovinezza fu quindi
condizionata da questo abbandono: egli trascorse gli anni dell'infanzia a casa di una balia
slovena e poi presso alcuni parenti a Padova, frequentò le scuole in modo irregolare e, ancora
71
ragazzo, fece molti mestieri, tra cui il commesso. Di famiglia israelita per parte di madre, egli
assunse, forse polemicamente verso il padre, il cognome Saba (che in ebraico significa pane). La
persecuzione a causa delle leggi razziali del 1938 lo costrinse a rifugiarsi a Parigi e, in seguito, a
essere ospitato presso amici a Firenze e a Roma. La nevrosi depressiva, che condizionò la sua
vita, trova largo spazio nel suo Canzoniere, nella consapevolezza che la poesia non salva ma può
sanare, riconducendo l'angoscia dell'io alla felicità delle cose viventi
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 285 “Io canto per riempire l'attesa” di E. Dickinson
DENOTAZIONE
1. Per riempire il vuoto di una vita che esteriormente scorre fra insignificanti gesti quotidiani
2. Dell'amore, di un innamorato
3. Delle angosce, delle paure che ciascuno ha dentro, e di come le ha superate
4. Due quartine di varia misura
CONNOTAZIONE
1. Annodarsi la cuffia e richiudere la porta di casa: metafore di una vita monotona e chiusa agli
altri (entrambi i gesti, infatti, alludono al non farsi vedere)
2. Facendo poesia ella riempie il vuoto dell'attesa, scaccia le tenebre delle sue ansie
3. Il giorno rappresenta la luce, la gioia, vita
4. Quella della “tenebra”, che rappresenta le angosce interiori
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. “insieme camminiamo” e “l'uno all'altro narrando”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 286 “Per fare” di E. Dickinson
DENOTAZIONE
1. Poche cose: un trifoglio e un'ape
2. Il sogno
3. Sei versi di varia misura
CONNOTAZIONE
1. Perché la realtà nasconde delle insidie, mentre la fantasia non può deludere
2. Meglio restare reclusi dal mondo che uscirne per affrontarlo,
nell'immaginazione
3. Dedicando un verso a quell'unica parola e ripetendola nel verso successivo
meglio
rifugiarsi
AUTORE E CONTESTO
1. Entrambi mettono in risalto il contrasto tra la realtà vera, che può deludere, e quella immaginata
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
72
U.D. 5 – La poesia pura e la riflessione sull'io
pag. 290 “Il porto sepolto” di G. Ungaretti
DENOTAZIONE
1. Il poeta esplora un abisso, un misterioso porto sommerso in fondo al mare, di cui si è persa ogni
notizia, metafora del mistero della vita
2. Li disperde, cioè trasmette agli altri quello che è riuscito a capire
3. Qualcosa di inafferrabile, un “nulla”
4. Versi liberi di diversa lunghezza: v. 1 senario, v. 2 endecasillabo, v. 3 quinario, v. 4 settenario, v.
5 e 6 trisillabo, v. 7 novenario
5. No, molto diverse (tre versi più quattro)
CONNOTAZIONE
1. Dall'alto verso il basso: “Vi arriva” (la direzione si comprende dal titolo); dal basso verso l'alto:
“torna alla luce”; in varie direzioni: “disperde”
2. Il momento della creazione poetica corrisponde ad una ricerca nel più profondo di sé; perciò la
scrittura corrisponde a portare “alla luce” ciò che è “sepolto”, cioè un mistero; la pubblicazione
della poesia coincide col disperdere, dare a tutti la sua scoperta
3. “arriva/torna”: viaggio dentro di sé; “luce/segreto”: ciò che è nascosto diviene chiaro;
“disperde/resta”: il poeta dona a tutti, ma la scoperta gli lascia una traccia che non si perde, un
“nulla...inesauribile”
4. La prima strofa descrive l'azione in terza persona (“il poeta”); nella seconda emerge la prima
persona (“mi resta”)
5. La brevità di alcuni versi, che danno particolare risalto ai termini; la presenza di vocaboli molto
brevi (in genere monosillabi o bisillabi, solo l'ultimo verso fa eccezione, in cui il ritmo si
distende sulla parola “inesauribile”); l'assenza di rime, che mette in contatto alcune parole
mediante assonanza e consonanza; l'eliminazione della punteggiatura, che dà maggior forza agli
elementi della frase
AUTORE E CONTESTO
1. Il porto sepolto, che richiama alla mente l'idea del viaggio, è la dimensione da esplorare: il poeta,
quasi un nuovo Ulisse, è colui che, come un palombaro-archeologo, attraverso la parola poetica
riesce a portare alla luce, a illuminare per un attimo il mistero sepolto in noi (inconscio
collettivo) o in sé stesso (inconscio individuale)
RIFLETTIAMOCI SU
1. La poesia inizia con un generico avverbio di luogo: “Vi” che non dà indicazione sul luogo; anche
i tre verbi al presente “arriva...torna...disperde” che indicano in realtà momenti temporali
diversi, situano l'azione in un luogo senza tempo, eterno
2. “torna alla luce”: quasi una nuova nascita.
pagg. 292-293 “Non chiederci la parola” di E. Montale
DENOTAZIONE
1. Al lettore
2. Chiamando in causa tutti i poeti moderni, confessa al lettore una condizione di incomunicabilità
(“l'animo nostro informe”) e afferma l'impossibilità che la poesia possa rivelare il senso della
vita
3. La sua poesia è lucida testimonianza dell'impossibilità di dare alcuna certezza, tantomeno una
73
ragione e un senso definito alla vita umana: “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”
4. Tre quartine di versi di varia lunghezza, con numerosi versi ipermetri e prevalenza di
enedecasillabi
5. “amico/canicola”
CONNOTAZIONE
1. “squadri-informe”: il poeta, come l'uomo moderno, non ha formule sicure e assolute, che
dichiarino con precisione ciò che egli ha nell'animo; “formula che il mondo possa aprirti-storta
sillaba e secca”: la formula magica che possa svelare i segreti dell'esistenza si oppone ad una
forma poetica scarna ed essenziale
2. In un mondo di facili verità e di falsi valori, il poeta, alieno da compromessi morali, può solo
enunciare gli aspetti negativi della condizione umana: si tratta di una poesia antieloquente, senza
certezze positive, che non mente
3. a) i contenuti sono apertamente dichiarati nel verso 9; b) la forma è esplicitamente descritta nel
verso 10
4. Montale non sceglie un lessico aulico e di tono alto, privilegiando un lessico concreto, fatto di
immagini incisive, in cui gli oggetti della realtà diventano emblemi di un modo di sentire
interiore (per es., in questa poesia “un croco perduto in mezzo a un polveroso prato”). Ciò
tuttavia non porta a uno stile colloquiale: il tono è rilevato, per es., dagli iperbati, che danno alle
parole comuni uno spessore di significato più profondo (vedi per es. “l'ombra sua non cura”).
L'assenza di schemi ritmici e la non coincidenza tra il verso e l'andamento logico-sintattico
danno un tono discorsivo di riflessione e ragionamento
5. Suoni di particolare durezza, come “ch” (“chiederci la parola che squadri”), “c”
(“croco...sicuro...amico...cura...canicola...scalcinato”), “s” (“storta sillaba e secca”)
AUTORE E CONTESTO
1. Al poeta-vate o veggente, che non ha dubbi ed incertezze esistenziali, che non è consapevole
della precarietà del vivere ed ostenta una sicurezza che è indizio di superficialità (“Ah, l'uomo
che se ne va sicuro...e l'ombra sua non cura che si stampa sopra uno scalcinato muro”),
Montale oppone la sua dolente visione esistenziale, che non ha alcuna certezza positiva (“ciò che
non siamo, ciò che non vogliamo”)
2. La poesia fu composta molti anni prima della dichiarazione citata, ma appare evidente come
Montale abbia colto, già nel 1923, la volgarizzazione compiuta dalla comunicazione di massa
nei confronti di una poesia che non nega una realtà ormai priva di certezze, ma, affrontandola “a
ciglio asciutto”, la denuncia senza illusorie consolazioni. Il poeta è completamente solo nel SUO
SCANDAGLIARE LA REALTà, che rimane di per sé inconoscibile
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per enfatizzarlo, oltre la sua ripetizione.
pagg. 294-295 “I versi” di V. Sereni
DENOTAZIONE
1. Si scrive ancora poesia, ingannando sé stessi e gli altri, consolando temporaneamente l'uomo in
mezzo alla negatività, ma il fare poetico non ha più un ruolo sociale e politico
2. I versi
3. Gli amici
4. v. 1 e 2: settenari, v. 3: senario doppio, v. 4: ottonario, v.5: endecasillabo, v. 6: senario, v. 7:
settenario doppio, v. 8: senario, v. 9: endecasillabo, v. 10: senario doppio, v. 11: ipermetro
(ottonario + settenario), v. 12, 13 e 14: endecasillabi, v. 15: settenario, v. 16: endecasillabo
5.
Se ne scrìvono ancòra.
74
Si pensa a èssi mentèndo
ai trèpidi òcchi che ti fànno gli augùri
l'ùltima sera dell'ànno.
Se ne scrìvono sòlo in negatìvo
dentro un nèro di ànni
còme pagàndo un fastidiòso dèbito
che era vècchio di ànni.
Nò, non è più felìce l'esercìzio.
Rìdono alcùni: tu scrivèvi per l'Àrte.
Nemmeno ìo volevo quèsto che volèvo ben àltro.
Si fanno vèrsi per scrollàre un pèso
e passàre al seguènte. Ma c'è sèmpre
qualche pèso di tròppo, non c'è mài
alcun vèrso che bàsti
se domàni tu stèsso te ne scòrdi.
CONNOTAZIONE
1. Si scrivono versi che descrivono solo situazioni negative
2. Una visione negativa (“un nero di anni”), il “male di vivere” rende la vita faticosa (“Si fanno
versi per scrollare un peso...Ma c'è sempre qualche peso di troppo”)
3. Una negatività che dura molto tempo
4. “Se ne scrivono-scrivevi”: il tema è, appunto, il fare poesia; “anno-anni”: il poeta osserva i
cambiamenti avvenuti nel corso del tempo; “volevo...volevo”: evidenzia lo scarto tra le
aspettative e la delusione; “peso”: evidenzia la negatività dell'esistenza
5. Per il lessico quotidiano, con presenza di dialogo; i periodi lineari e semplici, la scarsità di figure
retoriche
AUTORE E CONTESTO
1. I tre autori citati concordano nel veder tramontata la funzione educativa del poeta, pur con
differenti ma significative sfumature: per Ungaretti la poesia esprime l'esperienza personale del
poeta, ma è anche valore universale, canto dell'animo umano e della condizione umana nella sua
essenza. Per Sereni, invece, la poesia non ha i caratteri di un'esperienza assoluta ed esclusiva:
egli ne fa strumento di riflessione e di ricerca, quasi una “coscienza” del proprio tempo;
attraverso la poesia egli vuole esprimere un'autentica comunicazione umana e razionale, non il
mistero delle cose (per questo si dice profondamente deluso dalla sua marginalità nella società
attuale). Montale non attribuisce alcun carattere assoluto alla poesia, non pensa che essa abbia
misteriose verità da insegnare agli uomini, pensa anzi che non esistano verità certe e che l'uomo
contemporaneo viva in una condizione di incertezza e di solitudine; tuttavia vede la poesia come
strumento di conoscenza, di riflessione razionale sul dolore che l'esistenza umana comporta
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per es. l'affettuosità con cui scrive “mentendo ai trepidi occhi”.
pag. 296 “Finale” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. Tutto cambia, il tempo scorre e ogni cosa si trasforma
2. Perché sentimenti come l'amore e la noia sanno far dilatare o restringere il tempo
3. Fare poesia
4. Aprono il componimento due endecasillabi a rima baciata; la parte centrale è costituita da
endecasillabi sciolti; chiudono il componimento altri due endecasillabi a rima baciata
75
5.
L'umana vìta è oscùra e doloròsa,
e non è fèrma in lèi nessuna còsa.
Solo il pàsso del Tèmpo è sempre uguàle.
Amòr fa un ànno come un giorno brève;
il tedio accòglier numeròsi gli ànni
può in una sòla giornàta; ma il pàsso
suo non sòsta né mùta. Era Chiarètta
una fanciùlla, ed òra è giovinètta,
sarà dònna domàni. E si ricève,
queste còse pensàndo, un colpo in mèzzo
del cuore. Appèna, a non pensàrle, l'àrte
mi giòva; fare in mè di molte e spàrse
cose una sòla e bèlla. E d'ogni màle
mi guarìsce un bel vèrso. Oh quante vòlte
- e questa ancòra – per lùi che nessùno
più sa, né intènde, sopra l'ònta e i dànni,
sono partìto da Malìnconìa
e giùnto a beatitùdine per vìa.
CONNOTAZIONE
1. Il tempo scorre e modifica le cose e le persone, facendo soffrire chi ne è consapevole
2. La vita è “oscura e dolorosa”, misteriosa e apportatrice di sofferenza
3. Consolatorio, trasforma la “Malinconia” in “Beatitudine” (assolute, perché indicate con la lettera
maiuscola)
4. L'inizio definisce il dolore dell'esistenza, la conclusione ne chiarisce le consolazioni
5. “Chiaretta/giovinetta”: si riferisce ad una fanciulla che si va trasformando in donna, utilizzata
come emblema del cambiamento rapido a causa del passare del tempo sottolineato, appunto,
dall'unica rima
AUTORE E CONTESTO
1. Le liriche di Saba sono tutte caratterizzate da una fondamentale chiarezza e linearità, in antitesi
con la scrittura sperimentale di molti poeti novecenteschi. Le parole utilizzate sono quelle del
linguaggio comune, familiare, spesso volutamente povero, per dare alla realtà quotidiana e
apparentemente banale valori e significati universali, all'insegna dell'autenticità
RIFLETTIAMOCI SU
1. “che nessuno più sa, né intende”: il poeta si rammarica perché la poesia è tenuta in scarsa
considerazione nella società moderna.
pag. 298 “Chi sono?” di A. Palazzeschi
DENOTAZIONE
1. Sono un poeta? Sono un pittore? Sono un musicista? Che cosa sono? Chi sono?
2. Egli non si attribuisce nessuna caratteristica dell'artista come tradizionalmente è inteso, ma
conclude definendosi una figura autoironica, in grado esclusivamente di divertire
3. Un clown un “saltimbanco dell'anima”
4. Versi liberi di varia misura
5. Rilevanti, tra le altre, “follia-malinconia-nostalgia-anima mia” (l'ultima delle quali si ripete più
volte) e “pittore-colore-cuore”
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CONNOTAZIONE
1. Si tratta di un'autointerrogazione, di tono apparentemente scherzoso, sulla propria identità di
poeta e sul proprio ruolo
2. Sono i tratti dell'anima del poeta: la parola del poeta è “follia” perché mostra il ridicolo in ciò
che gli altri si aspettano sia preso sul serio, mette in dubbio ciò che appare scontato;
“malinconia” e “nostalgia” sono i contenuti della sua anima, di cui lui è il “saltimbanco”: un
intellettuale che ironizza sui suoi sentimenti di rimpianto per un ruolo di maggior
riconoscimento
3. Quella di un clown, che ha un atteggiamento dissacratorio della funzione poetica
4. Perché è basata sull'alternarsi di domande e risposte secondo uno schema ripetitivo, con lievi
variazioni
5. La misura metrica brevissima di molti versi, ma soprattutto la rima
AUTORE E CONTESTO
1. Egli si afferma per negazioni, costruendo addirittura situazioni paradossali, come quella iniziale:
se chi scrive “di certo” non è un poeta, quella che sta scrivendo cos'è?
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 299 “Sempre affacciato a una finestra io sono” di S. Penna
DENOTAZIONE
1. I vv. 1 e 2
2. I vv. 3 e 4
3. Quartina di endecasillabi a rime alternate
CONNOTAZIONE
1. È un punto di osservazione, ma contemporaneamente anche una specie di chiusura nella propria
“torre”
2. “Unir parole ad uomini”, cioè interpretare i comportamenti e i sentimenti delle persone, che egli
osserva “affacciato a una finestra” e con un'attenzione affettuosa (“innamorato della vita”). La
poesia è brevissima, incisiva senza essere graffiante, semplice senza essere banale
3. Due periodi composti di pochissime proposizioni, di cui una sola subordinata
AUTORE E CONTESTO
1. Le scarne parole del testo rispecchiano il giudizio di “sintesi nuda” (per es. l'espressione “Unir
parole ad uomini”) è di grande efficacia. La poesia come “dono breve e discreto” altrettanto
efficacemente esprimono la sua concezione poetica come capacità di sintesi
RIFLETTIAMOCI SU
1. La ripetizione del pronome personale di prima persona: “io”, “mi”.
pag. 301 “A se stesso” di G. Leopardi
DENOTAZIONE
1. Una delusione d'amore
2. Bandire ogni illusione, dimenticare l'amore, ricordare sempre “l'infinita vanità” di tutte le cose
3. L'imperativo
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4. V. 1: settenario, vv. 2 e 3: endecasillabi, v. 4: settenario, v. 5: endecasillabo, v. 6: settenario, vv.
7 e 8: endecasillabi, v. 9: settenario, v. 10: endecasillabo, v. 11: settenario, vv. 12 e 13:
endecasillabi, v. 14: settenario, v. 15 e 16: endecasillabi
5. No, l'alternanza non è regolare: essa, come di consueto in Leopardi, segue il ragionamento
CONNOTAZIONE
1. Il poeta si rivolge a se stesso come in una sorta di sdoppiamento tra la ragione e il sentimento
2. Un ossimoro, in cui è espresso il modo di sentire che ha caratterizzato fino a quel momento la
sua poesia: le illusioni
3. La vera natura della vita: “Amaro e noia...fango il mondo”. Tale destino è per tutti, poiché la
natura ugualmente destina ognuno di noi al dolore e alla morte (“Al gener nostro il fato non
donò che il morire...la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera”)
4. I verbi innanzitutto scandiscono i tre momenti temporali in cui si articola il colloquio interiore:
passato (per es.“Perì”, “credei”, “palpitasti”), presente (per es. “Sento”) e soprattutto futuro,
espresso con l'imperativo (per es.“Posa”,“T'acqueta” e “disprezza”). Un secondo tipo di
classificazione vede un gran numero di verbi indicanti quiete (“Poserai”, “Posa”, “T'acqueta”)
contrapposti a verbi indicanti agitazione (“palpitasti”) e un certo numero di azioni legate all'idea
di dolore (“Perì”, “Dispera”)
5. I termini che rimano sottolineano i tre passaggi fondamentali della riflessione. Il poeta dà l'addio
a ogni passione e desiderio (“Sento-spento”); condanna il precedente abbandono alle illusioni
(“Dispera-impera”), nella consapevolezza, dettata dalla ragione, che tutta la realtà è dominata da
un potere perverso (“brutto-tutto”)
AUTORE E CONTESTO
1. Per es. “Amaro e noia...fango il mondo” e “Al gener nostro il fato non donò che il morire...la
natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera”
RIFLETTIAMOCI SU
1. L'intero genere umano, accomunato dal dolore causato dal destino malvagio.
pagg. 303-304 “Nell'imminenza dei quarant'anni” di M. Luzi
DENOTAZIONE
1. L'avvicinarsi del quarantesimo compleanno
2. “Sono tra poco quarant'anni d'ansia, d'uggia d'ilarità improvvise...son gli indugi, lo strappo a
mani tese...”
3. “tra l'eterna compresenza del tutto nella vita e nella morte, sparire nella povere o nel fuoco”
4. Quattro strofe di endecasillabi sciolti (con la presenza di un decasillabo)
5. Normalmente il decasillabo dovrebbe avere il primo accento sulla terza sillaba: in questo caso è
anticipato alla seconda, il che lo fa assomigliare all'endecasillabo
CONNOTAZIONE
1.
METAFORA
SIGNIFICATO
il tuffo del rondone verso il filo dei monti
il passaggio all'età adulta
l'albero
L'animo del poeta, carico di sofferenza
gli anni che si sollevano a sciami
gli anni si staccano veloci dalla nostra vita, a nugoli, come
api
vie, cunicoli, incontri e perdite
gli ostacoli che si incontrano nel “penetrare” la vita
il fuoco oltre la fiamma
la vita che dura oltre la morte
78
2. “Non fu vano, è questa l'opera che si compie...penetrare il mondo opaco”: l'espressione è
evidenziata all'inizio da due forti pause
3. L'eterno e irrisolto problema dell'uomo sull'esistenza della vita eterna
4. Il poeta utilizza un linguaggio complesso e analogico, che si articola in una sintassi altrettanto
articolata, con frequenti apposizioni e figure di accumulazione
5. Numerosissimi, sottolineano spesso l'aggettivazione, dando pregnanza ad alcuni passaggi-chiave
della riflessione: per es. ai vv. 1-2 “questo borgo / cupo”; ai vv. 3-4 “il filo / sottile”; ai vv. 10-11
“abitudini di anni / rotte a un tratto”; ai vv. 16-17 “il mondo / opaco”; ai vv. 17-18
“cunicoli/fitti”. L'enjambement ai vv. 22-23 (“compresenza / del tutto”) avvia con enfasi alla
considerazione finale su vita e morte
AUTORE E CONTESTO
1. Il vento compare in questa lirica come impetuoso componente della vita (“ove soffia un vento
d'altipiano”), elemento improvviso e inaspettato, portatore di “scoppi d'ilarità” e di “luce e
pioggia”, la ventata di marzo che spazza le nubi, ma può portare anche pioggia improvvisa. La
vita è metaforicamente sferzata da un'alternanza di gioie e dolori
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 306 “Taci, anima stanca di godere” di C. Sbarbaro
DENOTAZIONE
1. Alla sua anima
2. Che essa tace, stanca di ogni cosa e di ogni sentimento, rassegnata
3. La realtà esterna è immobile
4. Versi liberi, con prevalenza di endecasillabi e settenari, talvolta spezzati dagli a capo, come i vv.
7-8, che, ricomposti, ricostruiscono l'endecasillabo, e i vv.14-15 e 24-25, che ricostruiscono un
settenario. Si nota un quadrisillabo (v. 3), un senario (v.11), decasillabi (vv. 1, 4 e 22)
5. Perché non sono collegati da rima
CONNOTAZIONE
1. Tutti gli uomini sono “come sonnambuli”, viandanti che non vengono più toccati da emozioni e
che ripetono gesti consueti senza più né gioia né dolore, in un “deserto” di solitudine
2. Di tutti gli aspetti della vita, niente gli provoca emozione: la realtà è fatta di aridità e senso di
vuoto
3. Il poeta non ha scelta: né l'autocommiserazione (“con occhi asciutti”), né l'evasione (“la sirena
del mondo”), ma la continua presa di coscienza della sua situazione (“io guardo...me stesso”),
per un'interiore esigenza di verità
4. Quando nessuna parola ha senso, l'unica espressione eloquente è il silenzio: “Taci”, “Nessuna
voce tua odo”, “ammutolita”, “Perduto ha la voce”
5. Per ottenere un effetto di drammaticità sul ritmo (per es. i vv. 7-8), per rallentare la riflessione
con una pausa (per es. ai vv. 14-15), per dare evidenza a un vocabolo (per es. “deserto” ai vv.
24-25)
AUTORE E CONTESTO
1. Non si tratta di dire qualcosa ad alta voce: per le riflessioni occorre parlare a bassa voce, oppure
tacere; l'anima tace ammutolita di fronte all'assenza di sentimenti. La lirica ha un andamento
volutamente discorsivo, fatto di frasi brevi e un linguaggio essenziale
2. Viene richiamata l'immagine degli uomini “sonnambuli”, che vivono una vita senza sentirla coi
sensi
79
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 308 “Elevazione” di C. Baudelaire
DENOTAZIONE
1. Nelle prime tre strofe alla sua mente, che invita a fuggire dalla città; nelle ultime due a colui che
è stato in grado di elevarsi
2. Alla città
3. Andare “nell'aria superiore”, oltre i confini delle sfere celesti
4. Sono tutte quartine
5. Alcuni richiami per mezzo di rime (come “etere / sfere”: ipermetra, richiamata dopo cinque versi
da “piacere”, o anche “nuotatore / superiore”, richiamata dall'assonanza con “come”); oppure
per mezzo di assonanze (come “vita / segreta / mute”)
CONNOTAZIONE
1. Nell'innalzamento dello spirito verso un cielo sempre più puro, nella fuga dalla vita quotidiana
2. La conoscenza per mezzo dell'intuizione (“intendere i fiori e le altre cose mute”)
3. Il poeta non scorge nulla di attraente nell'opera dell'uomo, mentre nella natura trova la
purificazione
4. Mediante l'accumulazione: “Più su di stagni e valli, di monti e boschi...oltre l'etere...oltre i
confini delle sfere celesti”
5. “come un nuotatore a suo agio tra le onde”: è l'immersione totale dell'uomo nella natura limpida
e immensa; “come le allodole, s'alza nei pensieri liberamente al cielo”: il cielo, come il mare,
ha caratteristiche di infinito, di libertà
AUTORE E CONTESTO
1. Oltre alle caratteristiche di immensità, il mare, in entrambi i poeti, rappresenta il raggiungimento
di un enorme piacere: “e il naufragar m'è dolce”, “a suo agio tra le onde solchi la fonda
immensità”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Continua la metafora del volo: colui che ha saputo staccarsi dal “peso gravante sopra la
nebbiosa vita”, si libra con volo deciso nella vera interpretazione ed esperienza dell'esistenza.
pag. 310 “Girovago” di G. Ungaretti
DENOTAZIONE
1. Disagio esistenziale, fatto di insoddisfazione
2. Un paese “innocente”, senza dolore
3. Per provare la gioia di vivere, anche per un solo momento, un'esistenza autentica
4. “parte”, “accasare”, “nuovo”, “clima”, “languente”, “assuefatto”, “straniero”, “nascendo”,
“vissute”, “iniziale”, “innocente”
5. Sono quasi tutti molto brevi: addirittura monosillabo (“che”) o bisillabo (“parte”, “nuovo”);
prevalgono i versi trisillabi e quadrisillabi; si notano alcuni quinari, un senario, un settenario e
un ottonario. Sono quindi presenti numerosissimi enjambements, che spesso ricostituiscono versi
tradizionali (per es. “mi trovo/languente” spezza un settenario)
80
CONNOTAZIONE
1. Il titolo anticipa e riassume l'irrequietezza di chi non si trova a proprio agio in nessun luogo
2. La ricerca di un paese ideale, capace di restituirgli entusiasmo e voglia di vivere, fallisce lo
scopo: ovunque egli si sente “straniero”, estraneo al luogo in cui si reca, al “clima” che incontra
3. Un luogo in cui tutto sia puro e intatto, in cui il tempo non abbia ancora logorato le persone e i
sentimenti, rendendoli vecchi (“epoche troppo vissute”); potrebbe anche trattarsi della poesia:
un nuovo fare poetico che sappia parlare agli uomini con parole che esprimano freschezza e
immediatezza
4. Nella seconda strofa (“A ogni nuovo clima che incontro mi trovo languente che una volta già gli
ero stato assuefatto”): si tratta di una costruzione sintattica irregolare, che serve al poeta per
avvicinarsi al modo del parlato
5. Contribuiscono tutti a caricare di significato l'ultima parola-verso. Sulla base della sequenza
costituita dalle queste parole (“accasare-assuefatto-straniero-vissute-iniziale-innocente”) si
comprende bene il tema della lirica
AUTORE E CONTESTO
1. In questo caso egli ritrova ciò che credeva di aver “sparpagliato”: il “girovago”, quindi, non ha
cancellato la sua possibilità di amare
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero
2. Svolgimento libero.
pag. 313 “Al mondo” di A. Zanzotto
DENOTAZIONE
1. Lo prega di esistere in tutti i sensi, di comportarsi bene e di essere il migliore possibile, di agire
in ogni modo possibile, di fare in modo che il meccanismo del suo funzionamento proceda
2. Pensava che coincidesse con un io immaturo, non del tutto cresciuto, fosse un prodotto uscito
male dalla sua fantasia, fosse un'allucinazione, un incubo
3. Come il barone di Münchhausen, in una delle sue avventure, si tira fuori da solo da una palude
prendendosi per i capelli, secondo il poeta il mondo dovrebbe salvarsi da solo, perché, se lo
salva l'uomo, rimarrà sempre il dubbio che la realtà sia solo nell'immaginazione degli esseri
umani e non abbia consistenza oggettiva
4. Endecasillabi per es. i vv. 3, 4, 15; settenari i vv. 2 e 22
5. “fatturato-sbozzolato-pagato-santificato-lato” nella seconda strofa
CONNOTAZIONE
1. Il poeta non è in grado di comprendere il mondo, non riesce a scorgere in esso una razionalità e a
dargli, quindi, un'esistenza nel suo pensiero, è pessimista sulla possibilità di giungere alla vera
conoscenza di esso
2. Per rigenerarsi, il mondo deve partire dalle sue origini, da quel congegno, la comunicazione,
ormai logorato dall'uso, ricostruendolo in modo nuovo (come fa il poeta)
3. Per es. “su bravo”, “tu, bello”, “su bello, su”. Il tentativo è quello di avvicinarsi alla purezza del
linguaggio infantile e alla sua giocosità balbettante, per cercare un linguaggio autentico
4.
TIPO DI LINGUAGGIO
VOCABOLI DEL TESTO
CHE VI POSSONO ESSERE RICONDOTTI
Linguaggio letterario
“eludevo”, “congegno”, “fatturato”, “santificato”, “Münchhausen”
Linguaggio parlato
“su bravo”, “tu, bello”, “su bello, su”, “indigesto”, “mal pagato”
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Linguaggio dei fumetti
“super-cadere super-morire”
Lingua francese
“chance”
Lingua latina
“(Ex-de-ob etc.) -sistere”
5. Grazie, per es. all'uso arbitrario della punteggiatura e allo stravolgimento della sintassi (periodi o
espressioni ripetuti in modo uguale, periodi privati della proposizione subordinata, frasi
accostate senza nessi logico-sintattici, termini ammassati senza ordine logico)
AUTORE E CONTESTO
1. Mediante l'uso di un linguaggio caotico, che esprime quello del mondo e che rappresenta la
dimensione di incomunicabilità e il caos delle relazioni umane
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
U.D. 6 – Poesia di argomento storico, sociale, politico e religioso
pag. 319 “Il comune rustico” di G. Carducci
DENOTAZIONE
1. La prima descrive il paesaggio montano della Carnia; la seconda contiene la rievocazione di una
scena della civiltà comunale
2. Nella descrizione del paesaggio, che esprime un rapporto armonico tra la natura e gli uomini del
comune rustico
3. Un paesaggio caratterizzato da fitti alberi di noci, faggi e abeti, campi splendenti di verde
(“smeraldini”) su cui pascolano mandrie di vacche, popolato da poche case solitarie riunite
intorno alla chiesa
4. Sei strofe divisibili in due terzine di versi endecasillabi
5. Coppie di rime baciate con il terzo e sesto verso (tronchi) in rima: AABCCB
CONNOTAZIONE
1. Con l'intenzione di proporre un modello esemplare da imitare, una società densa di valori che nel
suo tempo non si ritrovano più e che egli vorrebbe veder rinascere
2. Carducci riunisce nella gente del comune tutte le virtù e i valori sui quali, secondo la sua
concezione storica, poggia la civiltà: rispetto della fede, fedeltà allo spirito dell'antica Roma,
laboriosità, senso della giustizia, lotta per la difesa della libertà, senso patrio
3. I valori religiosi si fondono con quelli della tradizione storica antica: il sole è utilizzato come
simbolo di Dio
4. Tempo narrativo imperfetto e tempo futuro nel discorso del console. L'imperfetto ha valore
durativo; il futuro è esortativo
5. Complessa, dal tono enfatico grazie a figure retoriche come metonimie, anastrofi e iperbati. In
essa è chiaro l'intento celebrativo
AUTORE E CONTESTO
1. L'ideale carducciano di libero governo si concretizza nell'immagine dell'autogoverno consolare,
che organizza gli spazi e i tempi lavorativi (“io parto fra voi quella foresta...E voi trarrete la
mugghiante greggia...”) con giustizia, che incita alla difesa della patria (“se l'unno o se lo slavo
invade...morrete per la vostra libertà”), traendo ispirazione e legittimazione dalla cultura
religiosa della tradizione (“e poste ha pria le mani sopra i santi segnacoli cristiani”, “Questo, al
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nome di Cristo e di Maria, ordino e voglio che nel popol sia”). Gli abitanti del borgo sono
consapevoli e fieri delle decisioni prese (“Un fremito d'orgoglio empieva i petti...”), che
approvano con partecipazione collettiva (“A man levata il popol dicea: Sì”)
2. Ai vv. 10-11: “Non paure di morti ed in congreghe diavoli goffi con bizzarre streghe”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Luce/colore: “campi smeraldini”, “degli eletti in su le fronti il sol grande feriva”, “le rosse
giovenche di su 'l prato”, “brillando sugli alberi il mezzodì”;
Ombra: “fredda ombra”, “opaca ampia frescura”. La compresenza di sole e ombra, di vita e
morte è una caratteristica dell'intera opera di Carducci.
pag. 321 “Milano, agosto 1943” di S. Quasimodo
DENOTAZIONE
1. Il bombardamento della città nel corso della seconda guerra mondiale
2. La polvere, come esito di distruzione delle case, l'usignolo “caduto dall'antenna”, i morti “così
rossi, così gonfi”
3. Hanno perso la voglia di vivere
4. Assonanza “rombo-usignolo”, consonanza “convento-tramonto”
5. I vv. 3, 4, 6
CONNOTAZIONE
1. Per mezzo di immagini crude (come per es. quella della mano che cerca “tra la polvere”, o
quella dei “morti, così rossi, così gonfi”, o l'invito “lasciateli nella terra delle loro case”),
suggestive (come per es. il silenzio di morte che cala dopo “l'ultimo rombo”) e realistiche
2. “cantava prima del tramonto”: esso è il simbolo della vita serena precedente la guerra; può
rappresentare anche la poesia, richiamando il tema della lirica “Alle fronde dei salici”: “come
potevamo noi cantare”
3. Egli ritiene doveroso rappresentare la violenza della guerra con immagini forti, capaci di
trasmetterne la violenza e la drammaticità: la poesia non può “cantare” di fronte a eventi che
dimostrano la disumanizzazione dell'uomo, ma può costituire una ferma condanna della
macchina infernale di distruzione, violenza e morte facendone vedere gli effetti
4. Diretto, realistico, vicino al parlato
5. “l'usignolo / è caduto” dà particolare rilievo all'evento-simbolo della morte; fa da contraltare alla
“povera mano”, vocativo di “cerchi tra la polvere”, nell'esprimere per immagini il senso di
morte
AUTORE E CONTESTO
1. Testimoniando i tragici segni della violenza dell'uomo-disumanizzato dalla guerra, il poeta si fa
interprete del dolore di tutti e dell'invito a abbandonare la ferocia della violenza per essere
uomini migliori
RIFLETTIAMOCI SU
1. Con espressioni affettuose, come “povera mano”; con consigli come “Non toccate i
morti...lasciateli nella terra delle loro case”, “Non scavate pozzi nei cortili”, che implicano un
contatto diretto con i sopravvissuti, una compartecipazione del poeta.
83
pag. 323 “Non sa più nulla, è alto sulle ali” di V. Sereni
DENOTAZIONE
1. La notizia dello sbarco alleato in Normandia
2. Il primo soldato alleato caduto nello sbarco è ormai morto, perciò qualcuno stanotte mi chiedeva
di pregare affinché l'Europa potesse essere salvata mentre lo sbarco angloamericano avveniva.
Ma il poeta, prigioniero in campo di concentramento, rifiuta, perché si sente come morto, per lui
l'unica musica è quella delle tende da campo
3. Perché nell'esperienza mortificante della prigionia sembra essere venuto meno ogni interesse per
il mondo esterno
4. Due strofe irregolari (cioè di misura diversa), di versi liberi
5. vv. 1, 4, 7, 9, 12, 15, 16: endecasillabi, vv. 2, 11: ipermetri, v. 3, 8: novenari, vv. 5, 6, 13, 14:
settenari, v. 10 e 17: ottonari
CONNOTAZIONE
1. La vicenda storica dello sbarco alleato: “il primo caduto bocconi...”, “prega tu se lo puoi”
La vicenda personale, di prigionia: “qualcuno stanotte...”, “io sono morto alla guerra e alla
pace”, “Questa è la musica ora: delle tende che sbattono sui pali”, “è la mia sola musica e mi
basta”
2. Partecipazione alla vita: “prega tu se lo puoi”, “è la mia sola musica e mi basta”
Estraneità alla vita: tutti gli altri brani citati.
Il poeta sembra essere consapevole dell'importanza di ciò che sta avvenendo nel momento in cui
qualcuno gli suggerisce di pregare perché quello sbarco abbia esito positivo, salvi l'Europa.
Tuttavia Sereni esprime la sua estraneità a tutto ciò che non sia il suo universo privato,
atteggiamento spiegabile con la reclusione nel campo di prigionia
3. La prigionia come condizione di non-vita, identificata nella assenza esistenziale, solitudine,
disperazione e impotenza
4. Viene ripetuto un intero verso (“il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna”: in questo
caso l'importanza storica decisiva dell'evento diviene elemento simbolico; la ripetizione dei
termini “vento” e “musica”, in un crescendo di angoscia e di solitudine produce un ritmo
affannoso e incalzante
5. L'allitterazione dei gruppi “ul-al-la-le”: “nulla, è alto sulle ali”
AUTORE E CONTESTO
1. Il diario in versi della propria prigionia ricorda “L'allegria” di Ungaretti, per l'identica
caratteristica autobiografica e formale (per es. la lirica in oggetto presenta in calce – come spesso
aveva fatto Ungaretti – l'annotazione di luogo: “Campo Ospedale 127, giugno 1944”); i
contenuti richiamano la “poetica dell'assenza” tipica dell'Ermetismo, ma il linguaggio non
utilizza le sintesi ermetiche, aprendosi ad uno stile colloquiale, ad una sintassi piana, vicina alla
prosa, superando l'uso dell'analogia e il linguaggio spezzato di Ungaretti
RIFLETTIAMOCI SU
1. L'immagine della morte come “volo” verso il cielo è frequentemente utilizzata nell'immaginario
religioso.
pag. 325 “Shemà” di P. Levi
DENOTAZIONE
1. La vita in un lager
2. Egli ha subito la deportazione ad Auschwitz: invita tutti a non dimenticare
3. Nelle cose più importanti: la casa, la salute, i figli
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4. No, ma vi sono numerose assonanze e consonanze
5. Per es. “no..nome...come” o “alzandovi...vi...vi...viso”
CONNOTAZIONE
1. L'esperienza tragica che ha vissuto lo autorizza a invitare fortemente alla condanna: egli scrive
perché vuole che tutti comprendano (Adolph Hitler nel “Mein Kampf” aveva scritto: “La
capacità delle masse di comprendere è molto limitata, ma la loro capacità di dimenticare è
infinita”.
2. Per es. “che lotta per mezzo pane / che muore per un sì o per un no”, “senza capelli e senza
nome”, “vuoti gli occhi e freddo il grembo”. L'espressione “Meditate che questo è stato” è
l’invito a non accettare di ricordare soltanto, o a conoscere e basta, ma a far tesoro invece di ciò
che gli uomini prima di noi hanno detto, fatto, commesso, è l’invito a meditare, a ragionare, e
quindi a fare delle scelte
3. “Shemà” in ebraico significa “Ascolta”. E' la prima parola della preghiera fondamentale
dell'ebraismo, in cui si afferma l'unità di Dio, e che termina con l’esortazione a non dimenticare
e a trasmettere ai figli la nozione fondamentale. Così Primo Levi comanda alla gente libera di
ricordare queste atrocità per far sì che la storia non si ripeta. In caso contrario, “i vostri nati
torcano i visi da voi”: una maledizione laica, ma di impronta biblica anch'essa
4. “Considerate...Meditate...Scolpitele...ripetetele”: sono i passaggi di un percorso di crescita
personale e umana a partire dalla presa d'atto e dalla riflessione, verso l'interiorizzazione e la
testimonianza, un percorso che tutti dovremmo fare nei confronti di fatti storici di tale portata
5. Parole semplici: la nuda esperienza, nella sua crudezza, ha una sua grandissima e semplice forza
AUTORE E CONTESTO
1. Venivano utilizzati per la produzione di feltro
2. Svolgimento libero
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 327 “Uomo del mio tempo” di S. Quasimodo
DENOTAZIONE
1. La pietra e la fionda, le ruote di tortura, le forche
2. I carri armati e i bombardieri
3. Di dimenticare i loro padri, responsabili degli orrori universali delle ultime guerre
4. Un'unica strofa di versi liberi
5. Ai vv. 8-9, 12-13, 14-15
CONNOTAZIONE
1. “Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri”
2. Dall'analisi dei fatti la storia sembra impotente contro l'istinto ad uccidere
3. “le loro tombe affondano nella cenere” e “gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore”: la
prima allude alle colpe, di cui la cenere rappresenta la vergogna, mentre gli uccelli neri
simboleggiano il rimorso e il vento la dimenticanza
4. “Eri...eri tu”, “t'ho visto...T'ho visto”, “come sempre, come uccisero...come uccisero...come nel
giorno”, “Dimenticate...dimenticate”: le ripetizioni tracciano punto per punto il filo del
ragionamento
5. Il ragionamento è caratterizzato dall'alternanza dei piani temporali: inizia con la considerazione
sulla brutalità presente dell'uomo contemporaneo come in passato; i riferimenti al passato, molto
vicino, della seconda guerra mondiale sono espressi al tempo imperfetto o passato prossimo; il
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riferimento biblico a Caino è espresso al passato remoto, riferendosi ad un passato molto
lontano. L'alternanza sottolinea l'immutabilità dell'uomo
AUTORE E CONTESTO
1. Svolgimento libero
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 328 “Telegiornale” di N. Risi
DENOTAZIONE
1. La violenza trasmessa quotidianamente dalla TV
2. Alle persone che guardano la TV
3. Una sola strofa di versi liberi, in prevalenza novenari
CONNOTAZIONE
1. Perché ha le stesse caratteristiche di concentrazione di persone, famigliarità del gruppo e
dipendenza dal “totem”
2. L'avverbio “bonariamente” si contrappone a “sterminio”: l'autore vuole sottolineare il modo
strisciante, indulgente con cui si parla di efferati crimini
3. I versi liberi vengono, tramite gli enjambements, a sottolineare alcune parole-chiave (come per
es. “qualche immagine di sterminio”)
AUTORE E CONTESTO
1. L'ironia del paragone sociologico con il gruppo di selvaggi fa da contrappunto ai vocaboli di
dura condanna, e la brevità delle frasi ne fanno quasi un epigramma
RIFLETTIAMOCI SU
1. L'aggettivo indica ironicamente una quantità indefinita, ma piccola, che contrasta con la
parola“sterminio”: ne basterebbe uno solo per sconvolgere!
pag. 330 “Domande di un lettore operaio” di B. Brecht
DENOTAZIONE
1. “Tebe dalle Sette Porte”, “distruzione e ricostruzione di Babilonia”, “Lima lucente d'oro
capitale degli Incas”, “la Grande Muraglia”, “Roma dei Cesari”, “Bisanzio”, “l'inabissamento
di Atlantide”, “Alessandro Magno e la conquista dell'Impero persiano”, “Giulio cesare e la
conquista della Gallia”, “Filippo di Spagna e la sconfitta dell'Invincibile Armata”, “Federico II
e la guerra dei Sette Anni”
2. Un umile operaio
3. È impossibile, la storia non ha tramandato queste informazioni
4. Due strofe irregolari, una molto lunga e una brevissima in chiusura
5. Versi liberi
CONNOTAZIONE
1. La costruzione delle grandi città e dei monumenti più famosi, gli schiavi che contribuirono alla
manutenzione e ai servizi dei grandi palazzi, i soldati semplici, che fanno le battaglie e le guerre,
i cuochi e tutti i membri del personale di servizio dei grandi condottieri
2. Perché egli vuol dimostrare che in ogni tempo e in ogni luogo, anche leggendario, c'erano degli
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umili che parteciparono all'avvenimento
3. Che le risposte alle domande poste dall'operaio non ci sono
4. Il luogo, l'avvenimento o la persona vengono indicati sempre per primi nella domanda
5. Si tratta dell'avvenimento o della caratteristica che li rese più famosi
AUTORE E CONTESTO
1. Una società fondata sulla disuguaglianza, che non è ancora stata superata
2. Linguaggio semplice, coerente con il personaggio che parla, domande retoriche, che hanno già la
risposta (che costituisce il messaggio della poesia) e che devono far riflettere il lettore
RIFLETTIAMOCI SU
1. Per introdurre il suo messaggio di denuncia.
pag. 332 “Il garzone con la carriola” di U. Saba
DENOTAZIONE
1. Al lettore, o a sé stesso, in una riflessione interiore
2. Un garzone con la carriola, che canta e urla a squarciagola, la gente per la strada
3. Il garzone
4. Quattro strofe di tre endecasillabi più un settenario
5. ABBA CDDC EFFE GHHG
CONNOTAZIONE
1. Che è una buona cosa, ma occorre guardare anche fuori da sé stessi, al di là dei propri tormenti
interiori
2. L'apertura della finestra e lo scendere in strada, in mezzo alla gente
3. Per rallegrarsi
4. Di un modo di essere, sicuro di sé e gioioso, che trova il modo di ottenere ciò che vuole: “si tien
la strada aperta”, “non corre più, ma vola”, “più grande fa il fracasso e l'ira, più si dimena e
canta”
5. Di superare i propri rovelli interiori e affrontare la vita spavaldamente
6.
È bène ritrovàre in noi gli amòri
perdùti, conciliàre in noi l'offèsa;
ma se la vìta all'intèrno ti pèsa
tu la pòrti al di fuòri.
Spalànchi le finèstre o scendi tù
tra la fòlla: vedrài che basta pòco
a rallegràrti: un animàle, un giòco,
o, vestìto di blù,
un garzòne còn una carriòla,
che a gran vòce si tièn la strada apèrta,
e se appèna in discèsa trova un'èrta
non corre più, ma vòla.
La gènte che per vìa a quell'ora è tànta
non tàce, dopo che indiètro si tìra.
ègli più grande fà il fracasso e l'ìra,
più si dimèna e cànta.
Il ritmo segue il movimento dell'azione: più lento all'inizio, più veloce insieme al garzone,
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variazione che viene sottolineata anche dalla presenza di rime tronche (“tu-blu”)
7. Le frasi sono generalmente poco complesse, spesso brevi o coordinate. Fa eccezione la parte
centrale, che comprende le due strofe centrali, in cui si descrive l'ingresso in scena del
protagonista
AUTORE E CONTESTO
1. Un ossimoro. Nel testo si contrappone la parte iniziale, in cui si descrive la malinconia del poeta,
alla successiva rappresentazione della ventata di gioia e giovinezza portata dal garzone “vestito
di blu”
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 335-336 “Cantico di Frate Sole” di S. Francesco d'Assisi
DENOTAZIONE
1. Il sole, la luna e le stelle, il vento, il cielo e l'acqua, il fuoco e la terra
2. Perché anch'essi sono elementi naturali, cui l'uomo, come tutte le creature viventi è destinato
3. Al v. 31: “ka la morte secunda no 'l farrà male”. Si intende la morte dell'anima attraverso il
peccato che conduce alla dannazione eterna
4. Si tratta di versi di varia lunghezza, simili a quelli dei salmi biblici, con un andamento di prosa
ritmica, senza una precisa struttura di rime (le uniche presenti sono ai vv. 10-11, 12-14 e 32-33)
5. Numerosissime: per es. “Signore-bendictione-Sole-splendore-significatione”, “mentovarecreature”, “vento-tempo”, “nocte-forte”, “terra-governa-herba”, “pace-corporale-skapparemale”
CONNOTAZIONE
1.
ELEMENTO DELLA
NATURA
ESPRESSIONI
CHE SOTTOLINEANO LA SUA
BELLEZZA
ESPRESSIONI
CHE SOTTOLINEANO LA SUA
UTILITÀ
Sole
“è bello e radiante cum grande “lo qual è iorno, et allumini noi per
splendore”
lui”
Luna e stelle
“clarite et pretiose et belle”
Tempo
“per lo quale a le tue creature dài
sustentamento”
Acqua
“la quale è multo utile et humile et
pretiosa et casta”
Fuoco
Terra
“è bello et iocundo et robustoso et “per lo quale enallumini la nocte”
forte”
“la quale ne sustenta et governa et
produce diversi fructi”
San Francesco intende lodare l'opera della creazione nelle sue manifestazioni più evidenti
2. Il sole illumina come Dio dà significato alla presenza dell'uomo. Esso è tramite diretto di Dio:
“et allumini noi per lui”
3. Il Cantico celebra la funzione creatrice di Dio, prima di tutto nei suo elementi naturali, ma, via
via che le lodi proseguono, si intuisce rapidamente che la vera finalità di Dio è l'uomo, a cui
sono destinati la luce del sole e del fuoco, i frutti della terra e tutto il creato. Quando l'attenzione
si sposta sull'uomo, si introduce l'idea di sofferenza e di morte, quella del corpo vista
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serenamente, al contrario di quella dell'anima
4. San Francesco utilizza un volgare umbro (rilevabile in particolare dalle finali in -u e dalle forme
verbali tronche), fruibile facilmente da tutti, ma depurato dai caratteri più marcatamente
popolari. Si notano i latinismi “et”, “honore”, “homo”. A livello di significato prevalgono in
generale termini positivi, molti appartenenti all'area semantica della luce; notevole
l'aggettivazione, di solito in gruppi di due, tre o quattro qualificativi
5. Il testo è basato quasi interamente su proposizioni coordinate, che ricalcano i modi delle litanie
AUTORE E CONTESTO
1. Al v. 29: “guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali”. Nella concezione cristiana il peccato
e la morte dell'anima meritano la punizione e la maledizione di Dio
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 338 “Come tu vuoi” di M Luzi
DENOTAZIONE
1. Una stagione dura, ostile (“La tramontana screpola le argille...irrita l'acqua nelle conche”), un
paesaggio desolato (“lascia zappe confitte, aratri inerti nei campi”)
2. All'interno della sua casa
3. Mette “pine sul fuoco”, ascolta senza calma e senza ansia un “fremere dei vetri” che annunci
l'arrivo di qualcuno
4. Tre, irregolari: di 11, 13 e 2 versi liberi
5. Settenari i vv. 12, 13 e 16; novenari i vv. 4, 17, 18 e 24; endecasillabi tutti gli altri
CONNOTAZIONE
1. All'esterno fatica, freddo, desolazione: rappresentano l'ostilità della vita; all'interno della casa c'è
silenzio, calore, tranquillità, ma anche solitudine: è lo spazio dell'anima, in attesa della
consolatoria voce di Dio
2. I richiami continui a brani della Bibbia e del Vangelo: “Tu che per lunga promessa...cerca i
battenti grigi della porta...la misura è colma...come tu vuoi”)
3. Il poeta chiede al Signore di riempire la solitudine della sua anima
4. Per es. “La tramontana screpola le argille, stringe...irrita” e “aratri inerti”
5. Suoni aspri e duri, come “ screpola ...stringe...irrita...rattrappito”, che corrispondono alle
immagini
AUTORE E CONTESTO
1. In entrambi i testi il poeta è seduto davanti al fuoco, in attesa di un cambiamento alla sua
sofferenza
RIFLETTIAMOCI SU
1. L'espressione “un giorno della nostra vita”
pagg. 339-340 “Nelle sole parole che ricordo” di G. Giudici
DENOTAZIONE
1. Una scena di vita famigliare
2. All'infanzia
3. Perché egli fu affidato a un collegio da piccolo
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4. I vv. 1, 4, 5, 7, 8 e 9
5. “parole che ricordo / di mia madre”, “Dio / -diceva- è in cielo in terra”, “la gutturale gh /
disinvolta intaccava”
CONNOTAZIONE
1. La somiglianza fonica dei due termini scherza sull'accostamento del gesto di rompere l'uovo con
gli insegnamenti religiosi impartiti dalla madre
2. La frase conclusiva (“religione entrava nella mia tenera età”), che dà un'immagine positiva
3. La frase è difficile di comprendere: a quell'età spesso il catechismo si impara a memoria, su frasi
fatte, senza comprenderle pienamente. L'accostamento con il momento della cena contribuisce a
dare l'impressione di un apprendimento fatto di rituali famigliari
4. Per es. “Nelle sole parole”: è una delle parole-chiave che coincide con il contenuto del ricordo,
fatto di giochi di parole e di parole imparate a memoria
5. Gli incisi “-diceva-” e “serenamente dopo in cielo in terra...scodellava”
AUTORE E CONTESTO
1. Il contenuto: la religione spiegata ai bambini con parole e immagini semplici e incisive, destinate
a essere memorizzate facilmente
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
U.D. 7 – Poesia giocosa, parodica e satirica
pag. 344 “S'i' fosse foco” di C. Angiolieri
DENOTAZIONE
1. Fuoco, vento, acqua: per bruciare, bersagliare e annegare il mondo
2. Nessuno
3. Due quartine più due terzine di versi endecasillabi
4. ABBA ABBA CDC DCD
CONNOTAZIONE
1. Si scende dagli elementi universali alle figure più potenti della terra, infine si passa alla morte,
entrando in ambito privato. Giunto ad eliminare anche i propri genitori, non gli rimane che
essere sé stesso
2. Dopo aver eliminato tutto ciò che pone limiti alla sua esistenza, il poeta dichiara di essere
finalmente libero di fare ciò che veramente desidera: godersi la vita
3. Concreto e realistico, di immediata comprensione, senza elaborate aggettivazioni, ma con
numerose figure retoriche
4. Anafora: “S'i' fosse”; parallelismi: “ S'i' fosse...ardere'-tempesterei-annegherei-mandereil”;
cesure: sempre a metà verso dopo il “S'i' fosse...”
AUTORE E CONTESTO
1. Il poeta visse una vita anticonformista e ribelle, non allineata alle regole della morale del tempo,
fu anche sottoposto a processi, e dopo aver dissipato l'eredità paterna, morì in miseria
2. Qui si parla di amore carnale, di godimento dei sensi, con una visione terrena e spensierata della
vita, a differenza dello stile stilnovistico, in cui si celebrava la donna-angelo e l'amore nobilitante
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
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pag. 346 “La fontana malata” di A. Palazzeschi
DENOTAZIONE
1. Una fontana, che fatica a spruzzare acqua
2. Per i rumori che produce
3. Tronchi: per es. “Ah no!”, “mi fa”, “Gesù!”; sdruccioli: per es. “clòffete”, “che spàsimo”,
“Rièccola”
4. Paronomasia
CONNOTAZIONE
1. Innanzitutto l'ironia nei confronti delle frasi fatte e dei luoghi comuni letterari, in particolare
della letteratura sentimentale (per es. “il core mi preme” o “Che orrore!”). Ma l'obiettivo
principale dell'ironia è D'Annunzio, che si era cimentato con gli effetti fonici del verso per
mostrare la sua abilità virtuosistica: numerosi passi fanno la parodia di La pioggia nel pineto
(per es. “un poco / si tace”, “non s'ode / romore / di sorta, / che forse... / che forse / sia morta?”)
2. Palazzeschi inizialmente aderisce al movimento futurista di Marinetti: ne condivide la critica
all'arte tradizionale, alla poesia “passatista” (“Uccidete il chiaro di luna!” diceva Marinetti ai
poeti). In questo quadro, la morte della fontana potrebbe essere metaforicamente la morte della
poesia tradizionale
3. Per es. “Mia povera fontana, il male che ài il core mi preme”, o “quel suo eterno tossire mi fa
morire”. Nella prima interpretazione, l'autore gioca sulla presunta sofferenza della fontana,
auspicandone la soppressione. Nella seconda, sembrerebbe dispiacersi della fine della poesia,
nell'intenzione di rinnovarla e di darle uno stile nuovo
4. Tutti i vocaboli che imitano il gocciolare della fontana (“cloffete, cloppete, clocchete”), ma
anche voci ripetute come “tossisce”
AUTORE E CONTESTO
1. La misura breve facilita la resa del suono “singhiozzante” della fontana, accordandosi persino
visivamente agli spruzzi (vedi a questo proposito le “parole in libertà” di Marinetti e tutta la
sperimentazione d'inizi Novecento sull'uso dello spazio bianco in poesia). In questo senso l'io del
poeta passa in secondo piano rispetto all'oggetto rappresentato
RIFLETTIAMOCI SU
1. e 2. Svolgimento libero.
pag. 349 “Crin d'oro crespo” di P. Bembo e “Chiome d'argento fine” di F. Berni
DENOTAZIONE
1. Capelli biondi e ricci, color dell'ambra, su un volto pallido con occhi chiari e brillanti; sorriso
dolce, denti chiari come perle e labbra rosse come rubini; mani bianche come avorio; abilità nel
canto e saggezza, bellezza mai vista unitamente a estrema rettitudine
2. Capelli bianchi arruffati, viso giallognolo, fronte rugosa, occhi acquosi e strabici, ciglia bianche,
mani con dita grosse e tozze, labbra pallide, bocca enorme con denti nerastri, radi e tentennanti;
voce sgraziata e modi arroganti e superbi
3. Sono entrambi dei sonetti
4. ABBA ABBA CDE DEC entrambi
CONNOTAZIONE
1. “Crin d'oro...e d'ambra”: capelli biondi color dell'oro e dell'ambra; “su la neve”: sulla pelle
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bianca come neve; “occhi...più chiari che 'l sole”: occhi più lucenti del sole; “rubini e perle”:
labbra rosse come rubini e denti bianchi come perle; “parole...dolci”: modo di parlare piano e
non aggressivo; “man d'avorio”: mani bianche come l'avorio; “verde etade”: età giovanile,
appena germogliata come i fiori
2. “Chiome d'argento”: capelli bianchi come l'argento; “viso d'oro”: di color giallo; “spunta i suoi
strali Amore e Morte”: né l'amore né la morte riescono a colpirla; “occhi di perle”: occhi acquosi
come perle nell'ostrica; “luci”: occhi (nel senso dello strumento che permette di vedere); “ciglia
di neve”: bianche come la neve; “labbra di latte”: bianche come latte; “bocca ampia celeste”:
grande come il cielo; “denti d'ebano”: neri come l'ebano; “pellegrini”: che vanno di qua e di là;
“costumi...gravi”: pesanti, nel senso della sopportazione
3. I capelli biondi e ricci, come gli occhi luminosi e il sorriso che rasserena, sono uno stereotipo
dallo Stilnovismo in poi, unitamente alla voce soave, alla saggezza e ai costumi onesti (vedi
“Tanto gentile e tanto onesta pare...”)
4. Espressioni che volgono in negativo espressioni originariamente positive: per es. “Chiome
d'argento”, “fronte crespa”, “labbra di latte”, “denti d'ebano”, “costumi...gravi”
Espressioni che abbassano quelle originarie: per es. “irte ed attorte senz'arte”, “spunta i suoi
strali Amore e Morte”, “dolcemente grosse e corte”, “bocca ampia celeste”
Doppi sensi: per es. “viso d'oro”, “u' mirando io mi scoloro”, “occhi di perle”, “luci torte da
ogni obbietto disuguale a loro”
AUTORE E CONTESTO
1. “ch'a l'aura su la neve”: il richiamo al nome della donna amata da Petrarca fu un topos stilistico
molto usato nel Cinquecento: esso perde di forza nel momento in cui diviene artificioso
RIFLETTIAMOCI SU
1. Svolgimento libero.
pag. 353 “Un faticoso inizio di giornata” di G. Parini
DENOTAZIONE
1. Quando sorge l'alba, il contadino si alza dal letto e porta i buoi al lavoro nei campi, il fabbro apre
la sua officina e inizia a lavorare i ferri non ancora terminati. A queste mie parole, tu, giovane
signore, inorridisci, perché la tua vita è diversa, tu non hai cenato al tramonto con cibo frugale,
né sei andato a dormire al crepuscolo come il volgo: a voi, figli degli dei, altro è stato concesso
da Giove ed è mio dovere guidarvi per un'altra via, rispetto ai comuni mortali. Tu, giovane
signore, sei stato sveglio tutta la notte tra spettacoli teatrali e gioco d'azzardo, e infine, stanco hai
rotto il silenzio della notte con la tua carrozza dorata e hai squarciato le tenebre con le fiaccole.
Così ritornasti ai tuoi palazzi e qui ti sei risollevato con una cena colma di cibi stuzzicanti e vini
generosi di Francia, di Spagna, di Toscana o di Ungheria. Infine il dio del Sonno stesso ti ha
messo a letto e un servo ha calato le tende per darti riparo alla luce, nel momento in cui il gallo
svegliava tutti gli altri. E quindi è giusto che Morfeo non ti liberi dal sonno prima che il giorno
sia molto avanzato. Da questo momento hanno inizio le tue piacevoli occupazioni quotidiane e
io devo cominciare a svolgere il mio lavoro di precettore con te. Già i valletti hanno sentito il
suono del tuo campanello che li chiama e sono corsi ad aprire le tue finestre, con attenzione
perché il sole non ti ferisca gli occhi. Alzati dunque sul fianco, e appoggiati ai cuscini e togli con
la mano il torpore dagli occhi; poi con le labbra ad arco sbadiglia. Ah, se ti vedesse il capitano
quando grida deformando la bocca, avrebbe vergogna di sé, più di Minerva quando,
specchiandosi alla fonte mentre suonava il flauto, vide le sue guance gonfie. Ma ecco s'inoltra il
valletto ben pettinato a chiederti che cosa vuoi bere nelle tazze preziose provenienti, come le
bevande, dall'Oriente. Se preferisci bevande dolci e calde per digerire, scegli la cioccolata, che ti
hanno portato fin qui gli abitanti del Guatemala e dei Caraibi; se invece un noioso malessere ti
92
2.
3.
4.
5.
opprime, o ti senti troppo grasso, allora bevi del caffè, giunto a te da Aleppo e da Moka
Perché egli si finge il precettore del giovane nobile
Ai popolani, che conducono una vita del tutto diversa; ai nobili condottieri a cui ironicamente fa
riferimento
Endecasillabi sciolti
Non sono legati tra loro da rime
CONNOTAZIONE
1. Per es. “il buon villan”, “la fedel moglie e i minori suoi figlioletti”, “scote lungo il picciol sentier
da i curvi rami fresca rugiada”, “assecura”, “parca cena”
2. I banali e sdolcinati gesti del giovane nobile vengono descritti come se si trattasse di gesta
eroiche memorabili (per es. “col fragor di calde precipitose rote e il calpestio di volanti
corsier...siccome allor che il Siculo terreno...”, “ad alte imprese ammaestar”); la nobiltà viene
identificata con le divinità (per es. “A voi, celeste prole, a voi concilio almo di semidei altro
concesse Giove”, “divine membra”); viene enfatizzato il clima di servile attesa con cui tutti si
rapportano ai suoi desideri (per es. “cari conforti a te porgea la mensa”, “i valletti gentili udir lo
squillo...corser pronti e rigidi osservàro che con la tua pena non osasse Febo...”, “il
damigel...con sommessi accenti chiede...”); si utilizza un lessico eccessivamente alto rispetto alle
banali azioni descritte (per es. “troppo intorno alle divine membra adipe cresce, de' tuoi labbri
onora”, “il Sonno ti sprimacciò di propria man le còltrici”, “con la tua pena non osasse Febo
entrar diretto a saettarte i lumi”)
3. Per es. la notte del giovin signore viene trascorsa tra inutili divertimenti e giochi d'azzardo, a
differenza del volgo laborioso: “Tu col cadente sol non sedesti a parca cena...A voi, celeste
prole...altro concesse Giove...Tu tra le veglie e le canore scene e il patetico gioco oltre più assai
producesti la notte: e stanco alfin...”
4. La ricca aggettivazione serve a dare risalto ad ogni azione o cosa descritta, ottenendo spesso
l'effetto dell'iperbole (per es. “prurigginosi cibi e licor lieti”, “còltrici molli cedenti”, “un picciol
arco dolce a vedersi”, “il damigel ben pettinato i crini”, “Indiche merci son tazze e bevande”)
5. Perifrasi (che contiene anche una metonimia): “l'ungherese bottiglia a cui di verdi ellere Bromio
concedette corona, e disse: or siedi de le mense reina”; metafore: per es. “da i tenaci papaveri
Morfèo prima non solva”; similitudini (quasi tutte con situazioni e personaggi mitologici): per
es. “siccome allor che il Siculo terreno...”; metonimie: “i lumi chiuse”, “penduli metalli”;
personificazioni: per es. “il Sonno ti sprimacciò...”; iperbati (numerosissimi, connotano il
linguaggio aulico): per es. “altro concesse Giove”, “le tenèbre con fiaccole superbe intorno
apristi”
Tutte le figure retoriche servono ad alzare il tono del linguaggio e lo stile espressivo
AUTORE E CONTESTO
1. La nobiltà viene servita da tutti ma non serve a niente: la severa e polemica definizione utilizza
un ossimoro (“tutti-nullo”)
RIFLETTIAMOCI SU
1. La descrizione della loro serena laboriosità, che si accontenta di poche gioie (“scote lungo il
picciol sentier da i curvi rami fresca rugiada”) pur in mezzo a sacrifici (“parca cena”, “tugurj”,
“rigide coltri”), anche se si dimostra in grado di produrre oggetti di valore (“di chiave ardua e
ferrati ingegni...d'argento e d'oro...gioielli e vasi per ornamento”
2. Svolgimento libero.
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