EXPEDITIOUS URBAN CENSUS OF SEISMIC VULNERABILITY OF
VERNACULAR ARCHITECTURE: THE CASE STUDY OF SAN PROCOPIO
(REGGIO CALABRIA-ITALY)
Alessia Bianco
PAU Department, Mediterranea University, Reggio Calabria, Italy
Abstract
The urban census, here proposed, is aimed at an expeditious as articulated knowledge of state of consistency,
conservation and seismic risk of the architectural vernacular heritage, especially from the point of view of the seismic
vulnerability, giving as assumed the condition of unpredictability of an seismic event, which is as evident as the
probability of an earthquakes, characterized by an assigned intensity, in a pre-defined areas and considering a preassigned time window.
The tool, described below, does not have a technical value in the narrow sense, it primarily do not want to suggest how
to act on historic vernacular buildings, but rather it wants to provide general technical data of whether it is possible to
intervene, proposing a preliminary scenario about outcomes, which are reasonably obtainable in particularly complex
and compromise, contexts as, at first glance, it might seem, in terms of preservation of historical architectural
vernacular heritage, in the case study of San Procopio. The contextual conditions are often the reason of the need to
propose an expeditious tool, which is not only fast and unique, although at the same time able to document and
represent complexity and variants of an architecture without architects, but also able to be used with a good level of
control and uniformity by the average practitioner and professional, although not particularly experienced under the
point of view of how to read and understand the ancient building, above all if not monumental, especially in terms of
seismic performance.
This tool also would serve as a method not for reading details, but as a urban scale tool; this ambition is rather bold,
because on one hand it relates to issues connected to materials, building systems and technical and construction
characteristics, which can be not read at the urban scale, but on the other hand it must respond to the instance of giving
explanation of their performance reverberation, in terms of seismic vulnerability, considering the scale of block, urban
aggregate and district; in this way the census would like to be a dynamic and flexible reading tool, able to give
information from the architectural scale, explaining and classified architectural characteristics and details using dense
tabs, to the general urban scale), almost suggesting an approach that, as a zoom, change its level of detail, depending on
pre-assigned thematic hierarchies.
Keywords: Vernacular architecture; Seismic vulnerability; Urban seismic census.
Introduzione
Nell'ultimo decennio le metodiche del restauro antisismico conservativo, soprattutto circa gli aspetti
tecnico-costruttivi, seppure talvolta in diacronia con quelli speculativi di tipo computistico, hanno
trovato, sebbene in un dibattito sempre molto dinamico, vasti strumenti di sistematizzazione
scientifica e divulgazione dalla comunità accademica a quella professionale (Fiorani, 2013). Se
infatti un ventennio fa le prime sperimentazioni di “manuali di recupero” e “codici di pratica per la
sicurezza e conservazione” [1] potevano essere oggetto di vivissimo dibattito scientifico, si osserva,
nel corso del decennio successivo, una loro rapida, se non certamente corale o univoca, diffusione
anche presso il mondo professionale. Per tale motivo forse oggi appare poco interessante, in termini
scientifici, fornire ulteriori strumenti specificatamente tecnici in tal senso orientati, reputando
l'insieme di ricerche scientifiche e di esperienze disponibili già esaustivamente idonee a costituire
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un valido supporto metodologico e procedurale per il professionista, che ne volesse attuare i
principi nell'elaborazione di un progetto volto al restauro strutturale antisimico e al recupero
conservativo, anche nel caso dell’edilizia vernacolare mista (intelaiata lignea; in muratura confinata;
etc [3]) per il quale esistono in Italia interessanti applicazioni puntuali, sebbene pochi studi olistici e
sistematici.
Meno dibattuta presso la comunità scientifica di settore è invece oggi la tematica dei criteri e metodi
per la diffusione della sensibilità, che sottende a questo approccio, presso la cittadinanza, le
amministrazioni e in genere gli attori decisionali, in quanto non di rado considerata una tematica
lontana dalle competenze specifiche di settore, pertanto rispetto alla quale si percepisce una scarsa
capacità di incisione.
Probabilmente è per tale motivo che non poche ricerche, orientate in tale direzione, sono talvolta
piuttosto manchevoli nell'ambizione di costituire un supporto, seppur tecnico, a decisioni che
tuttavia rimangono sia politiche, in termini di rappresentatività delle istituzioni e partecipazione
consapevole delle comunità (Pizzanelli, 2010), sia strategiche, da intendersi come assunzione di
responsabilità della cittadinanza (Pareglio, 2005). Ciò perché talvolta tali strumenti non appaiono
sufficientemente capaci di configurare e offrire scenari che, con i loro dati qualitativi e quantitativi,
non solo e non precipuamente tecnici, possano porsi a guida metodologica per la valutazione della
fattibilità di interventi programmatici di recupero di insediamenti, a maggior ragione se
caratterizzati da un’edilizia tanto povera, in termini di essenzialità espressiva, quanto sofisticata, dal
punto di vista delle prestazioni tecnico-costruttive, soprattutto se posta a confrontarsi con realtà
locali scarsamente resilienti in termini sociali e di sensibilità civica.
Ciò perché, in linea generale, il recupero di insediamenti di interessante valore testimoniale, ma
scarsamente attraenti, nell’accezione più comune del termine da un punto di vista forse
grossolanamente definibile estetico, specie se abbandonati o in via di abbandono (Cervellati, 1991),
a maggior ragione se siti in aree particolarmente depresse in termini economici e sociali, come nel
caso in specie, è un processo destinato al fallimento, se non è espressione di un'istanza che prende le
mosse dai suoi abitanti; si tratta inoltre di iniziative rivolte alle amministrazione, che hanno il ruolo
di conoscere e riconoscere il valore potenziale dei loro patrimoni non monumentali, in un sistema di
ruoli che la ricerca scientifica deve supportare nel suo divenire fattiva, ma che non può né
artificiosamente configurare né tanto meno surrogare.
É evidente che tale approccio, aderendo ad un modello partecipativo multilivello e pertanto
necessitando della collaborazione delle istituzioni, dei professionisti presenti sul territorio e della
cittadinanza, è tanto più utile in contesti come quello oggetto dell’applicazione sperimentale, quanto
passibile di fallimento, perché non costituisce un processo che la ricerca scientifica può gestire,
attuare e validare in autonomia.
Difatti il caso applicativo della Calabria in tale contesto appare a maggior ragione interessante, se
consideriamo che oggi già esistono degli strumenti tecnici che hanno visto delle applicazioni
coerenti con questo orientamento anche in ambito calabrese (Ceradini, 2003; Bianco, 2010); per tale
motivo sembra utile porre in evidenza che lo strumento di seguito descritto [2] non ha una valenza
tecnica in senso stretto, ossia non vuole precipuamente suggerire come intervenire sull'edificato
storico di San Procopio o dell’edilizia vernacolare mista, ma vuole piuttosto fornire indicazioni
preliminari del se è possibile agirvi, proponendo uno scenario di massima degli esiti
ragionevolmente ottenibili in un contesto così complesso e, come meglio di seguito esplicitato,
fortemente compromesso, ad una prima impressione, sia in termini di conservazione del suo
patrimonio storico-architettonico vernacolare che dal punto di vista del depauperamento
demografico e socio-economico. Tale scelta trova motivazione nella circostanza per cui,
probabilmente, risulterebbe poco significativo, in una fase esplorativa e quindi preliminare,
proporre uno strumento tecnico, a maggior ragione se di dettaglio.
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Sono pertanto le motivazioni contestuali ad aver posto la necessità di proporre uno strumento che
fosse speditivo, ossia non solo veloce e univoco, sebbene al contempo capace di documentare e
rappresentare la complessità, le articolazioni e le varianti di un’architettura senza architetti, ma
anche utilizzabile con un buon livello di controllo ed uniformità dal professionista medio, anche se
non specificatamente competente dal punto di vista della lettura e comprensione della fabbrica
antica non monumentale, specialmente dal punto di vista sismico.
Tale strumento inoltre vuole costituire uno dei possibili metodi non per la lettura di dettaglio,
volendo proporre uno strumento di lettura alla scala urbana, ambizione questa abbastanza temeraria,
perché da una parte si relaziona ad aspetti connessi ai materiali e alle caratteristiche tecnicocostruttive, che non sono leggibili se non alla scala architettonica, ma dall’altra parte deve
rispondere all’istanza di dare esplicitazione del loro riverbero comportamentale, in termini di
vulnerabilità sismica, alla scala del comparto edilizio, dell’aggregato, del quartiere.
In tal modo il censimento si vuole porre come uno strumento flessibile di lettura a scale modulate e
dinamiche (da quella del dettaglio, esplicitato tramite dense schede tecniche censuaria, a quella
architettonica, sino a quella urbana), quasi a suggerire un approccio che, come uno zoom, cambi il
suo livello di approfondimento, in funzione di gerarchie tematiche connesse e sequenziali.
Censimento urbano della vulnerabilità sismica: criteri e metodi
Il censimento a scala urbana qui proposto è volto ad una conoscenza tanto speditiva quanto
articolata dello stato di consistenza, conservazione e rischio sismico dell’edificato storico
vernacolare a tecnica mista, soprattutto dal punto di vista della vulnerabilità sismica, dando per
assunta la condizione di imprevedibilità dell’evento sismico, che è manifesta quanto la probabilità
del riproporsi di terremoti di intensità assegnata, in determinate aree e all’interno di periodi di
ritorno sufficientemente indicativi (AaVv, 2002). Questa proposta aderisce ad un orientamento che
vede, in campo sismico previsionale, la collimazione di contributi utili in due direzioni: 1l’approfondimento della storia sismica locale, sia in termini di analisi e studio dei terremoti storici
(intensità, caratteristiche, durata, tipo di danni); 2-la comprensione dei sistemi costruttivi utilizzati,
delle modalità di comportamento alle sollecitazioni sismiche, delle scelte compiute durante la
costruzione a scala urbana e architettonica, delle regole costruttive e delle trasformazioni, che ne
sono seguite (AaVv, 2006). Lo scopo di tale censimento, articolato in mappe che sintetizzano e
unificano i dati analitici e nella collazione sistematizzata e indicizzata di schede censuarie relative a
particella-isolato-complesso, sono volte a consentire una verifica puntale tra stato di consistenza e
valutazione sintetica delle mappe, in modo da proporre una banca dati, che permetta la valutazione
critica delle condizioni di esposizione di un sito e consenta di operare scelte strategiche, sia in
caso di emergenza e catastrofe naturale sia all’interno di scenari ordinari di intervento (Cafiso et
Alii, 2001). Questa esperienza, preliminare e ancora troppo poco oggetto di verifica ed
ottimizzazione su casi reali per potersi porre in termini di proposta metodologica, vuole verificare la
possibilità di un’azione di prevenzione e di previsione, che possa costituire uno dei possibili criteri
di approccio al problema della sicurezza sismica e della conservazione del patrimonio costruito
degli ambienti urbani, specialmente se di piccole dimensioni e caratterizzate da un diffuso
patrimonio vernacolare particolarmente fragile, come nel caso in specie, al fine di diminuire il
numero di perdite umane, associato a questo tipo di eventi. Al contempo può divenire un contributo
al miglioramento delle condizioni di vita e un incremento della consapevolezza e della
responsabilità delle azioni sul costruito (alterazioni e trasformazioni, demolizioni e ricostruzioni,
abusi e condoni). Lo scopo ultimo è quello di non dovere agire in caso di sisma in regime di
emergenza, come si è verificato spesso in passato e con costanza fino ai più recenti accadimenti,
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bensì di essere adeguatamente pronti ad intervenire, agendo secondo le specifiche competenze e
responsabilità (Di Pasquale, 2008).
Questo tipo di censimento vuole inoltre fornire la documentazione di patrimoni edilizi, che, essendo
minuti e non certamente ascrivibili al patrimonio di eccellente valore testimoniale e artistico, non
avrebbe altra rilevante occasione di sistematica documentazione; ciò anche allo scopo di costituire
una banca dati, che contenga le informazioni descrittive generali e di carattere storico, che
potrebbero divenire disponibili proprio quando saranno più necessarie, ossia a seguito di un evento
sismico (AaVv, 2011). Anche per tale motivo nella banca dati censuaria un ruolo centrale è assunto
dalla costituzione di un repertorio fotografico del patrimonio costruito sia in termini di relazione al
contesto che nelle sue precipue caratteristiche. Questo bacino censuario vuole quindi:
-raccogliere le informazioni legate allo stato di consistenza e conservazione (collocazione,
consistenza, stato di conservazione, documentazione, etc); -fornire informazioni di carattere
demografico e sociale, tali da individuare i bacini di maggiore densità abitativa/fruitiva, e di
carattere ambientale e infrastrutturale, per programmare interventi preventivi e mitigativi; -fornire
elementi di base, ma talvolta inediti per piccoli centri di non particolare rilevanza storica,
relativamente alla storia sismica locale (bibliografia, pubblicazioni specifiche, dati d’archivio, etc) e
le caratteristiche della manifestazione sismica almeno riferibile agli ultimi tre secoli; -consentire di
individuare anticipatamente possibili scenari di danneggiamento, in relazione alle costruzioni e alle
via di accesso, per definire interventi preventivi e migliorativi, oltre che piani di evacuazione e
accessibilità, in fase di emergenza post-sismica, per meglio individuare e coordinare interventi di
assistenza alla popolazione.
Ciò può perseguirsi attraverso azioni semplici e sequenziali: - documentazione e collazione
informatizzata dei materiali appartenenti soprattutto ad enti territoriali di tutela della cultura storica
prima e dopo i terremoti (come si è trasformata nella fase di ricostruzione e recupero post sismico:
progetti e cantieri; come si è trasformata successivamente: manutenzione e manomissione); conoscenza e rilievo per aree e tipi, volta a definire caratteristiche di costruito e spazi aperti;
previsione di scenari di danno; vulnerabilità di edifici e aggregati (importante nella definizione di
comportamenti di supporto alla responsabilità collettiva); - stato di conservazione e utilizzo (in
particolare, nel caso applicativo in specie, è stata analizzata la questione delle sopraelevazioni in
struttura baraccata su edifici in muratura tradizionale, e le sue trasformazioni all’interno del secolo
XX; incrementi in altezza e snellezza; manomissioni); - criteri di valutazione e indicazione di
possibili interventi di basso profilo, che implementino le condizioni di sicurezza.
Un censimento in tal modo concepito deve tuttavia essere specificatamente calibrato di volta in
volta sul caso in oggetto ed essere, per quel che concerne gli insediamenti che esprimono una
stringente e macroscopica necessità di implementare la sua sicurezza nei confronti del rischio
sismico, come nel caso applicativo qui di seguito, articolato secondo due cardini: l’esposizione
sismica; la vulnerabilità sismica (Giuffré, 1985). L’esposizione sismica si divide in diretta ed
indiretta; per esposizione sismica diretta si intende l’insieme di danni prodotti dall’evento, in questo
caso specifico il sisma, alle persone (in termini di vittime e feriti) e alle cose (quali ad esempio le
infrastrutture e gli immobili). I parametri che ordinariamente vengono adottati nella stima di questa
perdita è, per la prima categoria, correlata alla densità abitativa/d’uso, che per questo tipo di
insediamenti in via di abbandono è di difficile stima, visto che una parte dei migranti conserva
formalmente la residenza, ma fattivamente non vi è domiciliata, e inoltre la discrepanza
inverno/estate della popolazione presente, per via dei fenomeni di rientro temporaneo dei migranti,
rende tale flusso particolarmente variabile e quindi di difficile stima; la sua determinazione quindi
appare significativamente variabile. Per quanto concerne invece la seconda categoria, di norma si fa
riferimento al valore di mercato del bene, la cui definizione diviene complessa per un edificato in
stato di abbandono o ad uso intermittente, pertanto il valore fattivo di mercato potrebbe essere
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fortemente sottostimato rispetto a quello potenziale, valutabile nel caso in cui si offrissero standards
abitativi in linea col contesto (mezzi di comunicazione, scuole e servizi, etc). L’esposizione sismica
indiretta è ancor di più difficile stima; in linea generale essa è orientata alla qualificazione degli
effetti non immediatamente contestuali all’evento. In quest’ottica, ipotizzando il verificarsi di un
terremoto in un ambito urbano così modesto e a scarsa destinazione funzionale mista
(residenziale/servizi), anche la popolazione residente deve essere considerata indirettamente esposta
al sisma, in quanto potenzialmente soggetta ad un danno conseguente all’inefficienza correlata al
danneggiamento o crollo delle sedi di servizi e funzioni, anche se non poste nel territorio comunale
di afferenza, ma in quello limitrofo, polo di funzioni e servizi. Per tale complessità la letteratura di
settore riserva all’analisi dell’esposizione indiretta un ruolo preliminare e propedeutico a quella
diretta, sia da un punto di vista strategico che di pianificazione della gestione dell’emergenza. Deve
aggiungersi che le ricerche sistematiche, in merito a detto argomento, sono, se paragonate a quanto
offre la ricerca scientifica sui temi della pericolosità e della vulnerabilità, piuttosto esigue (AaVv,
2011). Questo studio applicativo, vuole pertanto esplorare un possibile percorso di definizione
parametrizzata, speditiva, ma affidabile dell’esposizione sismica, proponendo non tanto una
schedatura quanto piuttosto una metodologia di approccio alla problematica; di qui il censimento in
oggetto, che si pone in linea con l’orientamento della norma italiana e regionale calabrese vigente in
materia, che fonda la determinazione del rischio sismico su una stretta correlazione ad un territorio
più circoscritto possibile. Pertanto questo studio vuole perseguire lo scopo di investigare
l’esposizione sismica come componente qualitativa, non quantitativa, del rischio sismico, fornendo
una indicazione solo generale dell’esposizione ad evento sismico. La vulnerabilità sismica indica
invece l'intrinseca propensione di una struttura a subire un definito danno, come effetto di un
terremoto di prefissata severità. Nel caso di centri che presentano una qualità dell’architettura
variegata, stratificata e a volte significativamente fragile, l’insieme di considerazioni fatte, anche a
livello speditivo, tramite una mappatura a scala urbana, possono costituire un importante, anche se
solo preliminare, strumento per l’individuazione delle priorità, al fine di un possibile intervento di
miglioramento delle condizioni di sicurezza. Per valutare opportunamente la vulnerabilità si deve
tenere conto, oltre che dei diversi livelli di analisi (edificio-aggregato-isolato-tessuto urbano) e delle
loro reciprocità, anche la correlazione tra vulnerabilità intrinseca, legata alle caratteristiche tecniche
e tipologiche iniziali, e quella indotta, considerata come la risultante delle variazioni di stato
conservativo e delle trasformazioni connesse all’utilizzo degli edifici, che, essendo non di rado
diffusissime e assai incidenti, possono condizionare fortemente il comportamento, anche se
progettualmente valido delle strutture. Questo censimento macroscopico, potrebbe rendere
possibile, in una prospettiva di studio sperimentale più approfondita e strutturata, individuare un
modello previsionale e operativo, che guidi gli interventi in maniera dettagliata, utilizzando in
maniera incrociata metodi diretti e statistici di valutazione della vulnerabilità. Il risultato può
definirsi correttamente utilizzato se permette di verificare attraverso un’analisi costi-benefici in che
misura sia più conveniente operare preventivamente per ridurre il rischio, piuttosto che pagare il
prezzo economico, ma non solo, del danno (perdite e riparazioni), che talune volte è solo
parzialmente compensabile, come nel caso della vita umana o dei beni culturali, in termini di tutela
dei valori identitari correlati alla conservazione materiale dell’edificio. Per l’effettuazione di una
ponderazione coerente, il censimento si esplica tramite una schedatura (Fig. 1), attuata attraverso un
modello censuario, articolato nella forma di un formulario sintetico ma denso, che segue l’iter
procedurale conoscitivo proprio di un approfondimento che, partendo dagli aspetti urbani
(collocazione, reciprocità, etc), scende di scala sino ai fattori di tipo architettonico (modalità
costruttive, stato conservativo, etc). Essa propone una sequenzialità investigativa, pluritematica e
parametrica per la qualificazione e quantificazione del rischio all’azione sismica degli edifici storici
nell’insieme del loro contesto connettivo ambientale e costruito.
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Fig.1. Una scheda-tipo. Censimento urbano speditivo della vulnerabilità sismica di San Procopio
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Essa, differentemente dalle schede ordinariamente in uso presso ad esempio la Protezione Civile
Italiana, non persegue lo scopo di valutare il danno sismico verificatosi presso un edificio, vittima
di un evento sismico, ai fini della determinazione della sua agibilità. Questa scheda invece è di
carattere anticipativo e vuole essere un presidio di tipo preventivo, utile alla determinazione della
prestazione sismica di un edificio, prima che un sisma si verifichi; è quindi uno strumento di stima
rapido, ma sufficientemente rigoroso, dell’attitudine di un edificio a resistere, in funzione della sua
logica strutturale, delle capacità prestazionali e della tecnologia costruttiva a cui afferisce, a sismi di
intensità caratteristica per l’area geografica di appartenenza.
Il modello censuario si articola in tre parti:
-la prima parte, prettamente identificativa, serve a riconoscere univocamente l’edificio, fornendone
la localizzazione e una caratterizzazione macroscopica (fotografia identificativa); in questa stessa
parte sono riportati dati di tipo quantitativo (piani, superfici, etc);
-la seconda parte, di carattere tecnico, persegue lo scopo di andare a qualificare in termini
progettuali, compositivi e strutturali l’edificio, esprimendo un giudizio in merito a quanto quella
specifica fabbrica sia espressione della regola dell’arte del costruire a cui afferisce. Questa parte in
definitiva compendia le vulnerabilità intrinseche dell’edificio analizzato all’azione sismica;
-la terza ed ultima parte, di tipo specialistico, è finalizzata a valutare le alterazioni, i degradi e i
dissesti che la fabbrica manifesta, sia correlati all’uso ordinario e trasformativo, che generalmente
caratterizza un edificio storico, sia in termini di alterazioni di tipo antropico, più o meno compatibili
con la logica strutturale della fabbrica. Questa ultima parte quindi sintetizza le vulnerabilità
estrinseche dell’edificio.
L’insieme di informazioni raccolte, tramite una rapida parametrizzazione, adeguatamente ponderata
al peso di ogni voce come singolo contributo al comportamento d’insieme, viene ad essere
associata, in fase di validazione, ad un giudizio complessivo sull’esposizione sismica dell’edificio
tutto, così da poter consentire una localizzazione mappale in pianta delle risultanze, divise per
tematica. Ciò permette di avere un quadro sintetico, ma sufficientemente preciso e speditivamente
riconducibile a informazioni dettagliate, di cui alle singole schede.
Il caso studio di San Procopio (RC)
Il comune di San Procopio è sito in Calabria, nel basso tirreno reggino, sul versante settentrionale
dell’Aspromonte e l’abitato è posto su un crinale tra le valli dei torrenti Servina e Torbido (Fig. 2).
L’insediamento, di fondazione bizantina, afferisce ad un’area ancora oggi espressione della cultura
greca d’Oriente, sede di monasteri basiliani. San Procopio viene citato per la prima volta nel 1310,
come parte della Thema di Calabria (D’Agostino, 1971); uno dei più rilevanti fattori di tipo storico,
incidenti sulla storia urbana ed architettonica del sito, è costituito dai sismi (Boca, 1981). Rispetto ai
sismi antichi le scarse fonti documentarie forniscono poche informazioni, ma circa i terremoti più
recenti (1783, 1894, 1907 e 1908) abbiamo chiara indicazione della loro severità (Baratta e
Visentin, 1927; Baratta, 1910), che per sintesi è solo iconicamente descritta nella figura che segue
(Fig. 3), ma che tuttavia restituisce degli elementi ricorrenti, come un danneggiamento tanto esteso
quanto severo e la scelta di ricostruire il paese sempre nello stesso luogo, evitando la
delocalizzazione, che è tuttavia metodica diffusa nell’area geografica di afferenza e piuttosto
ricorrente nel tempo.
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N
Fig.2. San Procopio (RC), Fotoaerea, 2007
[Regione Calabria-Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio-Centro Cartografico
Regionale. Geoportale della Regione Calabria: http://pr5sit.regione.calabria.it/web/pr5sit/home]
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Fig.3. San Procopio (RC), Sintesi del sismi: 1783-1894-1907-1908 [2]
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Questa peculiarità ha un riverbero sul costruito storico di San Procopio assai interessante, in quanto
espressione di una stratificazione tecnologica densa e complessa (muratura tradizionale mista; casa
baraccata; muratura confinata; intelaiatura in cemento armato), che ne costituisce da una parte
anche elemento di vulnerabilità intrinseca, specificatamente dal punto di vista della prestazione
sismica (Ceradini, 2006). L’incremento della vulnerabilità del sito, come non di rado ha avuto un
rilevante incremento nella storia recente del sito; ad esempio il confronto tra la consistenza urbana
post terremoto del 1908 (Fig. 4) e la mappa catastale del 1979 (Fig. 5) pone chiara evidenza di come
nuovi edifici, di poverissime caratteristiche costruttive, si siano sostituiti, tranne che in qualche
sporadico caso, alle case baraccate di legno, proposte per la ricostruzione post 1908, che va dal
1909 al 1913, attuando uno sviluppo urbano privo di controllo, segnato da condizioni di
abusivismo, l’occupazione di spazi liberi, la demolizione di edifici storici e sopraelevazioni, che
sono ancora oggi non del tutto rilevabili nella cartografia catastale, aggiornata al 2013.
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Fig.4. San Procopio, Reggio Calabria, Piano Particellare San Procopio 1910 scala 1:500
[Archivio di Stato di Reggio Calabria, Prefettura. Appendice II, baraccamenti (1909 – 1913); Inv.
16 – 25, b. 3007, I 14. (Valensise, 2008)]
L’applicazione del censimento urbano speditivo, di cui prima, ad un sito di tale difficoltà di lettura
ha costituito pertanto da una parte un’occasione per verificarne la fattibilità, soprattutto in termini di
flessibilità, ma anche un rischio, vista la peculiarità dell’insediamento, dal punto di vista
dell’urgenza che esprime in termini di una rigenerazione urbana ancor prima che di un recupero
edilizio. Difatti il censimento urbano di San Procopio ha messo in evidenza delle criticità del
modello di censimento proposto, rispetto precipuamente alle questioni della sicurezza sismica.
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Fig.5. San Procopio (RC), Rielaborzione della Mappa catastale, 1979. Demolizioni e ricostruzioni
[2] [Regione Calabria-Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio-Centro Cartografico
Regionale.Geoportale della Regione Calabria: http://pr5sit.regione.calabria.it/web/pr5sit/home]
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Relativamente alla prima parte, quella identificativa, si evidenzia che non poca parte degli edifici,
che sono quasi del tutto destinati a residenza, sono in stato di uso solo parziale,
temporaneo/stagionale o in abbandono; la mancanza di un uso continuo ne determina una carenza di
manutenzione che implementa la fragilità strutturale e tecnologica non solo dell’edificio in sé
stesso, considerato singolo, ma anche di quelli aderenti (si pensi ad es. al problema frequente del
sistema di regimentazione delle acque meteoriche di edifici attigui, il cui riverbero è il
danneggiamento e il progressivo crollo delle coperture lignee) . Circa gli aspetti di insediamento
storico, San Procopio evidenzia un buon numero di edifici precedenti al sisma del 1908, conserva
molte tracce degli interventi di ricostruzione/sopraelevazione post 1908, conserva, sebbene in pochi
esemplari, edifici baraccati pre 1908; tuttavia, quasi nulle sono le testimonianze di edilizia in
muratura confinata post 1908 e non pochi sono gli interventi di diradamento e di
demolizione/ricostruzione in cemento armato. San Procopio pertanto conserva un patrimonio
storico interessante dal punto di vista storico-tecnologico, perché diversificato, stratificato, per
alcuni aspetti anche antico. Esso tuttavia è minacciato da fattori antitetici, da una parte l’abbandono
e dall’altra la demolizione/ricostruzione. Un dato confortante però è la presenza di due cantieri di
restauro, ove alla demolizione e ricostruzione si sta preferendo il restauro delle case baraccate post
1908 (Figg. 6-7); si tratta di un restauro non pienamente conservativo, ma che tuttavia evidenzia
una sensibilità verso la conservazione del patrimonio storico di San Procopio, che è interessante
perché spontaneo e che quindi sarebbe meritorio di trovare da parte delle amministrazioni
territoriali degli strumenti di sostegno e guida nelle scelte tecniche. Circa gli aspetti strutturali, ciò
che prima in termini storico-stratigrafici si è potuto apprezzare, perché espressione di varietà e
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complessità, qui però rappresenta spesso elemento di fragilità. Le sopraelevazioni in casa baraccata
su edifici preesistenti in muratura tradizionale sono frequentissime e hanno un carattere
strutturalmente provvisionale, tecnicamente approssimativo, formalmente incoerente; per quel che
concerne la muratura tradizionale, si sono spesso osservati muri snelli, aperture localizzate agli
angoli e di dimensioni eccessive; inoltre, pur essendo in zona fortemente sismica, non è stata
rilevata la presenza di opere di trattenimento fuori dal piano, ad es. catene, anche se non vi sono
strutture curve spingenti (volte, scale su arco, etc).
Circa gli aspetti strutturali, si è osservato che i danni di tipo fondazionale sono rarissimi,
diversamente da come ci si poteva attendere, visto che il sito insiste su due terreni diversificati in
termini di prestazione geotecnica terreno-fondazione, ossia conglomerati e detriti, tuttavia la
distribuzione degli edifici post 1908 suggerisce una diversa prestazionalità di sito in caso di evento
sismico, ma questo dato, solo preliminare e qualitativo necessiterebbe di un approfondimento
precipuo, che non trova tuttavia spazio in un censimento in tal modo concepito.
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Figg.6-7. Due edifici in corso di restauro, 2013
Il denso censimento dell'edificato storico di San Procopio vede riservata l'ultima parte della scheda
alla proposizione di diverse categoria di interventi, articolandoli in sub-categorie; in tal modo si
vuole indicare edificio per edificio la tipologia di opere, che si ritiene più idonea per il caso in
ispecie. Lo scopo non è solo quello di rendere consapevoli i cittadini e gli amministratori della
rilevantissima incidenza degli aspetti rivolti al restauro strutturale antisismico nell'economia
d'insieme delle opere di recupero, ma soprattutto di fornire un'idea completa e puntuale del fatto che
le condizioni conservative dell'edificato storico di San Procopio restituiscono uno scenario di alta
vulnerabilità sismica e di elevata fragilità tecnica e costruttiva, ove pertanto un mancato intervento,
urgente quanto diffuso, costituisce la rinuncia consapevole alla possibilità futura di recuperare un
patrimonio oggi già fortemente, ma non irrimediabilmente, compromesso. Passando agli aspetti
propriamente tecnici, al fine di proporre uno strumento agile, seppur preliminare, per stimolare e
supportare la realizzazione di interventi di recupero dell'edificato vernacolare di San Procopio, il
censimento si è sforzato, come già indicato in premessa, di riservare uno spazio all'indicazione
dell'intervento suggerito. Appare quindi utile dare una esplicitazione, seppure di massima, di cosa si
intende per ogni singola categoria e sub-categoria di intervento.
Per gli edifici in condizione di rudere (Figg. 8-9), ossia quelli privi di copertura, orizzontamenti e
gravemente vulnerati o collabenti relativamente alle murature di elevato, sono previste le seguenti
opzioni di intervento:
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- scomposizione critica: è rivolta a ruderi che hanno parti che minacciano di crollare (porzioni
murarie d'angolo, lembi di copertura su cimase sbrecciate, etc:); è prevista la demolizione
controllata delle porzioni in via di crollo, la messa in sicurezza delle parti che minacciano la
collabenza, l'eliminazione delle macerie; la finalità è preservare la pubblica incolumità, ridurre la
vulnerabilità propria e degli edifici aderenti, soprattutto in caso di evento sismico, restituire
salubrità al contesto urbano.
- conservazione a rudere: è rivolta a ruderi che non hanno più parti collabenti perché vi rimangono
solo poche tracce (generalmente pochi lacerti dei muri d'ambito); è prevista la rimozione delle
macerie e la destinazione a luoghi di uso pubblico (aree a verde, parcheggi); lo scopo è di
implementare i servizi e la vivibilità dell'insieme urbano al contorno e soprattutto di costituire
un’area sicura, in caso di evento sismico.
- ripristino: è rivolta ad edifici che, sebbene in stato di rudere, si consiglia di ripristinare, in quanto
il loro recupero rappresenta un beneficio, soprattutto strutturale, in termini sismici, ad es. nel caso di
edificio intercluso aderente a fabbricati con cui è in fase (muri in condivisione, timpani in aderenza,
etc); è suggerito il consolidamento e la ricostruzione delle murature, il rifacimento degli
orizzontamenti lignei; lo scopo è ridurre la vulnerabilità dei comparti edilizi.
Per gli edifici conservati (Figg. 10-11), ossia quelli che presentano murature e orizzontamenti e che
non hanno subito alterazioni recenti particolarmente estese o invalidanti, sono previste le seguenti
opzioni di intervento:
- opere strutturali: è rivolta ed edifici che vedono il decadimento comportamentali strutturale di
qualche elemento tecnologico di rilevanza strutturale (in genere la copertura, visto che l'edificato di
San Procopio presenta solo assai raramente dissesti esogeni a carico delle murature, quali cedimenti
delle fondazioni ad esempio); si tratta di un intervento di rafforzamento locale (NTC '08 e succ.),
rivolto al rifacimento dell'elemento strutturale ammalorato o inefficiente, rispettandone materiali e
sistemi costruttivi, sebbene introducendo piccoli, ma sismicamente determinanti, elementi
implementativi (ad esempio dotando il tetto di capriate non spingenti e cordoli sommitali in
muratura armata); lo scopo è evitare che l'inefficienza tecnologica e/o strutturale di una parte
comprometta quelle attigue, per ottenere un miglioramento della prestazione sismica dell'edificio e
favorire la mitigazione del rischio sismico dell'insieme urbano;
- opere non strutturali: è rivolta ad edifici che necessitano di interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria (NTC '08 e succ.), particolarmente utili in caso di edifici, come nel caso in specie,
utilizzati solo saltuariamente o abbandonati per lungo tempo, pertanto troppo poco mantenuti; si
tratta di opere quali ad esempio ripristino dei manti di copertura, gli impianti (soprattutto elettrico)
degli intonaci e delle finitura, ma anche di interventi su elementi non strutturali che possono però
rappresentare un rischio in caso di evento sismico non particolarmente severo (quindi
statisticamente più probabile) come il fissaggio di comignoli e mensole, cagnoli e sporti vari, il
rifacimento di pensiline e infissi pesanti; lo scopo è migliorare l'efficienza tecnologica, favorendo la
durabilità d'insieme dell'edificio, e mitigare, con poco impegno economico e logistico, il rischio
sismico, incendi, etc.
- opere strutturali e non: contempla entrambe le opere di cui alle voci precedenti.
Per gli edifici trasformati (Figg. 12-13), ossia quelli che presentano murature e orizzontamenti, ma
hanno subito alterazioni che ne hanno compromesso significativamente la facies tecnico-costruttiva
e formale; tra di essi si contempla il caso estremo delle demolizioni/ricostruzioni, sono previste le
seguenti opzioni di intervento:
- conservazione delle trasformazioni: afferisce a quegli edifici che hanno subito trasformazioni tanto
estese e invasive da non potersi considerare reversibili (il caso estremo è quello delle
demolizioni/ricostruzioni); le opere tecnicamente possibili sono assai limitate e pertanto riducibili
solo ad elementi di decoro formale e urbano; rifacimento di infissi, intonaci e tinteggi; demolizioni
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di parti irregolari e/o particolarmente vulnerabili sismicamente, quali sporti, aggetti, sopraelevazioni
provvisionali; lo scopo è ridurre la loro vulnerabilità sismica, almeno macroscopicamente, e
favorire una certa armonizzazione percettiva con l'insieme storico-urbano.
- eliminazione delle trasformazioni: è rivolta ad edifici che hanno subito trasformazioni assai
invalidanti, ma generalmente rivolte a parti specifiche o puntuali e quindi tecnicamente rimovibili,
senza compromettere le parti da conservare (ad esempio sopraelevazioni e rifusioni); si tratta di
eseguire demolizioni controllate, seguite da opere di ripristino e conservazione che tendano, ove
possibile, a riproporre lo status ante la trasformazione (ad es. riproponendo un tetto a falda con
capriate lignee, ove era stata proposta una sopraelevazione a tetto piano).
Conclusioni
La proposta di censimento speditivo della vulnerabilità sismica dell’edificato vernacolare misto, qui
proposta, deve considerarsi una felice esperienza, anche in considerazione del panorama
particolarmente denso e frastagliato di ricerca simili. Tuttavia, come non di rado in questi casi, la
scelta di proporre una sua validazione operativa su un caso applicativo di particolare complessità,
come San Procopio, rende difficile dare una ragionevole previsione della fattibilità di suo utilizzo in
altri contesti, a maggior ragione se si considera che la tematica dell’edilizia vernacolare, soprattutto
se in tecnica mista, presenta una tale varietà di caratteristiche, varianti e specificità, da suggerire che
un tale approccio possa definirsi solo preliminarmente verificato, necessariamente in continua
ottimizzazione e quindi ragionevolemente valido più in termini metodologici che di contenuto. Ciò
sembra trovare una collimazione con i più recenti provvedimenti normativi di settore (Sarà, 2014),
ormai pienamente accolti anche presso il mondo delle professioni tecniche di afferenza, anche se
deve registrarsi, soprattutto negli attori delle decisioni di indirizzo, guida e governo dei territori, una
certa refrattarietà, forse in parte dal connettersi alla poca capacità di dialogo tra il mondo scientifico
e i territori, in parte ad una resistenza indotta dalle scarse capacità di resilienza di territori fragili,
come quello in specie.
Figg.8-9. Due edifici in stato di rudere, 2013
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Figg.10-11. Due edifici in buone condizioni conservative, 2013
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Fig.12. Un edificio demolito e ricostruito, 2013
Fig.13. Un edificio fortemente alterato, 2013
Note
[1] Tra i primissimi e più autorevoli scritti olistici e metodologici su tali questioni si ricorda: Giuffrè, A. (a cura di)
1988. Centri storici in zona sismica. Analisi tipologica della danneggiabilità e tecniche di intervento conservativoCastelvetere sul Calore. Rivista di studi e ricerche sulla sicurezza sismica del monumenti del Dipartimento di
Ingegneria strutturale e geotecnica dell'Università degli Studi La Sapienza di Roma, Vol. 8, No. Spec. 1. Da qui la
densa stagione dei Manuali di recupero (Roma-1989; Città di Castello-1992; etc) e dei Codici di pratica (Ortigia-1993;
Matera-1997; Palermo-1999; etc), oggi non di rado anche chiamati, forse non del tutto propriamente, Atlanti
dell’architettura storica.
[2] Talune delle argomentazioni qui in oggetto sono in parte riconducibili alle risultanze della Ricerca: “Linee di
indirizzo per il recupero e il ripopolamento del Comune di San Procopio (RC)”. Dipartimento PAU-Università degli
Studi Mediterranea di Reggio Calabria in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di San Procopio (RC).
Coordinatore scientifico: Prof. Arch. Enzo Bentivoglio; Responsabile scientifico: Prof. Arch. Simonetta Valtieri;
Coordinamento tecnico: PhD Alessia Bianco; Gruppo di lavoro: dr. Erika Albanese, dr. Angela Branca, dr. Vincenza
Triolo. Aprile-settembre 2013. La Fig. 3 è della dr. Angela Branca; l’elaborazione della Fig. 4 è della dr. Vincenza
Triolo; la Fig. 10 è della dr. Erika Albanese.
[3] Per “sistema intelaiato ligneo”e “casa baraccata”, specificatamente per la Calabria, intendiamo un sistema
costruttivo antisismico diffusamente utilizzato a seguito dei severi sismi del 1783 e del 1908. La resistenza di tale
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organismo edilizio era affidata ad una intelaiatura, costituita da montanti e traversi solidamente collegati tra loro e
controventati da ulteriori elementi diagonali singoli o a Croce di S. Andrea. In Calabria, l’intelaiatura lignea veniva
proposta in due diverse soluzioni, definendo così due differenti apparecchiature tecnico-costruttive: quella della casa
intelaiata e quella della casa baraccata. Nel primo caso, il telaio ligneo era lasciato a vista ed i vuoti tra le sue maglie
venivano riempiti con muratura. Nella casa baraccata invece, l’ossatura lignea era completamente avvolta
dall’apparecchio murario, trovandosi così celata al suo interno. Con “muratura confinata”, sempre relativamente alla
Calabria, ma non esclusivamente, indichiamo un sistema costruttivo antisismico, introdotto a seguito del sima del 1908,
composto da un telaio in cemento armato principale, uno secondario e la muratura. Questi tre elementi sono
strettamente correlati tra loro in quanto insieme costituiscono la struttura resistente dell’edificio; nelle relazioni di
progetto si legge infatti che la tecnica costruttiva degli edifici è “in muratura di laterizi con ingabbiatura di cemento
armato”. Nello specifico l’ossatura principale è quella chiamata a resistere alle sollecitazioni sismiche, l’ossatura
secondaria è impiegata come irrigidimento. Per un primo approfondimento delle due tipologie e loro varianti in
Calabria, vd. Bianco, A., Guastella, S., Tuzza, S., 2008. La ricostruzione dopo il sisma del 1908 e le nuove tecniche
costruttive: indagini diagnostiche per la conoscenza e la salvaguardia di questo patrimonio. Convegno nazionale 19082008: scienza e società a cento anni dal grande terremoto-Miscellanae INGV. Reggio Calabria, 10-12 dicembre 2008,
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16
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