La nuova normativa sismica per le costruzioni in acciaio
F.M. Mazzolani
Dipartimento di Analisi e Progettazione Strutturale, Università di Napoli "Federico II", Italia
V. Piluso
Dipartimento di Ingegneria Civile, Università di Salerno, Italia
SOMMARIO: La presente memoria intende fornire un contributo conoscitivo agli utilizzatori della nuova
normativa sismica attraverso una sintesi degli aspetti innovativi contenuti nel Capitolo 6 “Edifici in
Acciaio”, fornendo, ove necessario, i “background references” che ne costituiscono il riferimento
scientifico, senza tuttavia rinunciare ad indicare quali sono i punti che già oggi richiederebbero una
revisione e/o un miglioramento. In particolare, vengono esaminate le prescrizioni relative alle principali
tipologie strutturali sismo-resistenti: le strutture intelaiate, i controventi concentrici, ed i controventi
eccentrici.
ABSTRACT: This paper is aimed at providing a background contribution to the users of the new seismic
code by means of a brief summary of the innovative issues contained in the Chapter 6 “Steel Buildings”,
suggesting the “background references” constituting the scientific background and, furthermore, without
renouncing to indicate the application rules already deserving a revision and/or an improvement. In
particular, the provisions regarding the main seismic-resistant structural typologies are examined:
moment-resisting frames, concentrically braced frames and eccentrically braced frames.
1
INTRODUZIONE
Con l’Ordinanza n. 3274 del 20 Marzo 2003 “Primi elementi in materia di criteri generali per la
classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in
zona sismica” della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su proposta del Capo del
Dipartimento della protezione civile, sono state approvate le nuove “Norme tecniche per il
progetto, la valutazione e l’adeguamento sismico degli edifici”. La stessa ordinanza precisa la
possibilità, per non oltre 18 mesi dalla data della stessa, di continuare ad applicare le norme
tecniche precedentemente vigenti, ossia il D.M. 16 Gennaio 1996 “Norme tecniche per le
costruzioni in zone sismiche”.
La nuova normativa sismica rappresenta un “break point” rispetto al passato, dal momento che
essa prevede esclusivamente l’impiego del metodo di verifica agli stati limite che, certamente,
meglio si presta, rispetto al tradizionale metodo delle tensioni ammissibili, alla formulazione
dei criteri di progettazione che è necessario adottare al fine di conseguire soluzioni strutturali
caratterizzate da adeguata duttilità locale e globale, richiesta in occasione di eventi sismici
distruttivi.
Inoltre, la nuova normativa sismica viene a rappresentare un “launching bridge” in attesa della
definitiva conversione di tutti gli Eurocodici da Norma Europea Provvisoria (ENV) a Norma
Europea definitiva (EN). Inoltre, con riferimento agli edifici in acciaio, la nuova normativa
sismica presenta alcune regole di progettazione che si possono ritenere avanzate, anche rispetto
a quanto riportato nell’Eurocodice 8 (prEN 1998-1:2003).
Il testo della nuova norma si basa, prevalentemente su di un documento di lavoro, che risale al
2000, redatto nell'ambito del Gruppo di lavoro costituito presso il Ministero LL.PP., la cui
componente accademica era rappresentata da Franco Braga, Michele Calvi, Federico Mazzolani
e Paolo Pinto, che aveva l’incarico di redigere una nuova norma sismica nazionale ispirata agli
Eurocodici in vista dell’emanazione del nuovo Decreto Ministeriale. Per vari motivi i lavori in
questione furono interrotti, cosicché il citato documento di lavoro è stato "riposto in un
cassetto" e successivamente ripreso, in gran fretta, per diventare parte integrante della
Ordinanza voluta dalla Protezione Civile a seguito dei tragici eventi sismici del Molise. Tale
urgenza non ha consentito quella revisione del documento che sarebbe stata auspicabile anche
in considerazione del fatto che, dalla sua preparazione (2000) ad oggi, l'Eurocodice 8 è stato più
volte revisionato nella cosiddetta fase di conversione da ENV ad EN, giungendo col documento
prEN 1998-1:2003 (gennaio 2003) allo "Stage 49", ossia alla versione definitiva prima della
traduzione ufficiale.
Il contributo diretto degli Autori della presente memoria al gruppo di lavoro ministeriale ha
condotto alla formulazione della nuova normativa sismica sulle strutture in acciaio, contenuta
nel Capitolo 6 “Edifici in Acciaio”.
Va osservato che un intero capitolo dedicato all’acciaio in zona sismica rappresenta in Italia
una novità assoluta in campo normativo. Infatti nelle precedenti norme sismiche ministeriali
non veniva fatto alcuno specifico riferimento alle strutture in acciaio, che implicitamente
condividevano il Capitolo ”Strutture intelaiate” insieme alle strutture in cemento armato, con la
differenza che solo quest’ultima tipologia veniva ripresa e dettagliata nelle varie Circolari,
mentre l’acciaio continuava a restare lettera morta.
Anche il nuovo Capitolo “Edifici in acciaio” risente dell’urgenza che ha caratterizzato tutta
l’operazione e che non ha consentito una revisione organica finale. Non si può tuttavia non
riconoscere che ciò nonostante, non solo rispetto al vuoto completo ma in assoluto, il presente
risultato è largamente apprezzabile.
Si può anzi affermare che il Capitolo “Strutture in acciaio” dell’Eurocodice 8, causa la lentezza
evolutiva degli sviluppi normativi in ambito CEN, è calibrato alle conoscenze tecnicoscientifiche della fine degli anni ’80, essendo sostanzialmente basato sulle Raccomandazioni
ECCS del 1988 (ECCS-TC1-WG 1.3 1988) redatte dalla Commissione TC13 “Seismic Design”
(Presidente: F. Mazzolani; Segretario: V. Piluso), di cui è stato successivamente pubblicato il
documento esplicativo (ECCS-TC 13 1994).
Al contrario, il testo italiano è aggiornato ai più recenti sviluppi degli anni ’90, introducendo
una serie di miglioramenti rispetto all’Eurocodice nella sua versione finale.
In questo quadro, che certo non appare con evidenza agli utilizzatori della norma, si ritiene
opportuno fornire un contributo conoscitivo nel presentare in questa memoria una sintesi degli
aspetti innovativi contenuti nella nuova normativa, fornendo, ove necessario, le “background
references” che ne costituiscono il riferimento scientifico, senza tuttavia rinunciare ad indicare
quali punti già oggi richiederebbero una revisione e/o un miglioramento.
In particolare, vengono esaminate le prescrizioni relative alle principali tipologie strutturali
sismo-resistenti: resistenti a telaio, con controventi concentrici e con controventi eccentrici.
2 ASPETTI DI CARATTERE GENERALE
L'Ordinanza 3274 (2003) si presenta profondamente innovativa rispetto alla normativa
precedente (D.M. 16/01/96) in quanto si basa, ai fini progettuali, sul criterio di gerarchia delle
resistenze (“capacity design”) e, ai fini delle verifiche, sul metodo di verifica semiprobabilistico
agli stati limite. Esso è ispirato alle normative di più moderna concezione tra cui, in particolare,
l’Eurocode 8 (prEN 1998-1:2003), e, sotto alcuni aspetti, si presenta innovativa anche rispetto a
tali norme.
Per quanto riguarda le tipologie strutturali, l'Ordinanza 3274 riprende sostanzialmente le più
diffuse tipologie sismo-resistenti, analizzate anche dall’Eurocodice 8: le strutture resistenti a
telaio, le strutture con i controventi concentrici e quelle con i controventi eccentrici. Inoltre,
vengono fornite alcune indicazioni progettuali per quanto riguarda le strutture a mensola o a
pendolo invertito e le strutture intelaiate controventate.
La duttilità e le capacità dissipative dipendono non solo dalla tipologia strutturale, ma anche dai
criteri di dimensionamento adottati e dal dettaglio costruttivo delle zone dissipative. Pertanto, a
tal riguardo, si distinguono due classi di duttilità: strutture a bassa duttilità e strutture ad alta
duttilità. A tali strutture corrispondono, rispettivamente, i seguenti criteri di dimensionamento:
• criteri puramente elastici, quando le membrature costituenti l'organismo strutturale vengono
dimensionate sulla base dei valori delle azioni interne ricavati dall'analisi elastica globale.
•
criteri semplificati per il controllo del meccanismo di collasso, quando il dimensionamento
degli elementi non dissipativi viene effettuato nel rispetto del criterio di gerarchia delle
resistenze.
Una significativa innovazione, rispetto al D.M. 16/01/1996, è costituita dall’esplicito
riferimento al fattore di struttura q quale coefficiente di riduzione delle forze sismiche di
progetto, in funzione delle capacità dissipative della struttura, rispetto a quelle che la struttura
dovrebbe sostenere per restare in campo elastico. Il fattore di struttura viene assunto dipendente
dalla tipologia strutturale, dai criteri di dimensionamento, dalla duttilità locale delle membrature
e dal grado di regolarità della configurazione strutturale. Pertanto, esso viene espresso per
ciascuna tipologia strutturale nella forma seguente:
q = Ψ 0Ψ R q 0
(1)
dove:
• q 0 è il valore di riferimento del fattore di struttura dipendente dalla tipologia strutturale e
dai criteri di dimensionamento adottati (classe di duttilità);
• Ψ R è un coefficiente di riduzione che tiene conto delle risorse di duttilità locale delle
membrature impiegate;
• Ψ 0 è un coefficiente di riduzione che tiene conto della configurazione strutturale, da
assumersi pari a 1.0 nel caso di strutture regolari e pari a 0.80 nel caso di strutture
irregolari.
Quest’ultimo coefficiente Ψ0 previsto nel documento originale del 2000, per ragioni sconosciute
agli scriventi, è stato omesso nella Ordinanza 3274 e, quindi, non compare nel Capitolo 6
cosicché le strutture in acciaio non risultano, secondo tale ordinanza, sensibili ai problemi di
irregolarità strutturale.
I valori di riferimento previsti per il coefficiente di struttura ricalcano sostanzialmente quanto
suggerito dall’Eurocodice 8 e sono riportati in Tab. 1, dove α u è il moltiplicatore ultimo delle
forze sismiche orizzontali ed α y il valore di tale moltiplicatore che conduce alla prima
plasticizzazione. Tali valori di q 0 sono da intendersi validi a patto che vengano rispettate le
regole di progettazione fornite dalla stessa norma. In particolare, essi richiedono collegamenti a
completo ripristino di resistenza progettati con un margine di sovraresistenza tale da consentire
il completo sviluppo delle risorse di duttilità locale delle membrature collegate.
Tabella 1
Valori di riferimento q0 del coefficiente di struttura per le diverse tipologie strutturali e le
diverse classi di duttilità.
TIPOLOGIA STRUTTURALE
CLASSE DI DUTTILITA’
BASSA
ALTA
Strutture intelaiate
4
5α u α y
Controventi reticolari concentrici
Controventi eccentrici
2
4
Strutture a mensola o a pendolo invertito
2
4
5α u α y

Ai fini della progettazione delle strutture dissipative (q>1) viene fatto ricorso al fondamentale
criterio del “capacity design”. In accordo con tale criterio, le zone dissipative devono essere
progettate in maniera tale da essere localizzate in quelle parti della struttura in cui la
plasticizzazione o l'instabilità locale o altri fenomeni di degrado dovuti al comportamento
isteretico non influenzino la stabilità globale della struttura. Le parti strutturali delle zone
dissipative devono avere adeguata resistenza e duttilità e devono essere progettate in funzione
delle caratteristiche della sollecitazione interna derivanti dalle forze sismiche di progetto.
Le parti non dissipative delle strutture dissipative ed i collegamenti delle parti dissipative al
resto della struttura devono possedere una sufficiente sovraresistenza per consentire lo sviluppo
della plasticizzazione ciclica nelle parti dissipative. In altri termini, le zone non dissipative
devono essere progettate in funzione delle massime caratteristiche della sollecitazione interna
che le zone dissipative plasticizzate ed incrudite sono in grado di trasmettere.
3
REGOLE DI DETTAGLIO PER TUTTE LE TIPOLOGIE STRUTTURALI
Al fine di garantire una sufficiente duttilità locale delle membrature vengono limitati i valori dei
rapporti larghezza-spessore b/t delle parti compresse, che ne compongono la sezione trasversale.
In funzione della loro capacità di deformazione plastica, le membrature si distinguono in tre
categorie di duttilità:
• duttili, quando l'instabilità locale delle parti compresse della sezione si sviluppa in campo
plastico ed è sufficientemente ritardata in maniera tale che la membratura sia in grado di
sviluppare grandi deformazioni plastiche in regime incrudente senza significative riduzioni
della capacità portante;
• plastiche, quando l'instabilità locale si sviluppa in campo plastico, ma i rapporti larghezzaspessore non sono tali da consentire deformazioni plastiche significative;
• snelle, quando l'instabilità locale avviene in campo elastico, senza consentire l'inizio di
plasticizzazioni.
Sotto tale aspetto, l'Ordinanza 3274 da un lato introduce una semplificazione rispetto a quanto
previsto dall’Eurocodice 3 (EN 1993-1), ove sono previste quattro classi di comportamento, e,
dall’altro, si presenta innovativa in quanto, per la prima volta, seppure con riferimento al solo
caso più frequente di profili a doppio T, inflessi o pressoinflessi, e con riferimento agli usuali
acciai da carpenteria, fornisce un parametro, s, per la definizione della classificazione che tiene
conto non solo della interazione tra le parti compresse (flangia ed anima) della sezione ma
anche della dimensione longitudinale della membratura (Mazzolani e Piluso, 1992, 1996). Tale
parametro esprime il rapporto fra la tensione che determina la instabilità locale e la tensione di
snervamento:
fu
1
(2)
s=
b
2
0.695 + 1.632 λ2f + 0.062 λw
− 0.602 f
L*
≤
fy
dove fu è la tensione ultima, f y è la tensione di snervamento, bf è la larghezza delle flange, L*
è la distanza tra il punto di nullo del diagramma del momento e la cerniera plastica (zona
dissipativa), λf e λw sono parametri di snellezza delle flange e dell'anima, dati da:
(3)
fy
b
λf =
λw =
f
2 ⋅ tf
E
d w ,e
fy
tw
E
(4)
essendo t f lo spessore delle flange, t w lo spessore dell'anima e d w ,e la parte compressa
dell'anima data da:
(5)
dw 
A 
d w ,e =
1 +
ρ  ≤ dw
2 
Aw 
dove d w è l'altezza dell'anima, A è l'area della sezione, Aw è l'area dell'anima e ρ = N sd Af y
è il rapporto fra lo sforzo normale di progetto e lo sforzo normale plastico.
La (2) si basa direttamente sulla analisi dei risultati di prove sperimentali del tipo “three point
bending test”, comunemente impiegate ai fini della valutazione sperimentale della capacità
rotazionale delle membrature soggette a flessione non uniforme. Essa è stata ricavata
nell'ambito dello sviluppo di un metodo semi-empirico per la valutazione della capacità di
rotazione plastica delle membrature in accaio, riportato nella Ordinanza 3274 nell'Allegato 11.C
“Valutazione delle rotazioni di collasso di elementi di strutture in acciaio” la cui affidabilità è
stata validata sulla base dei confronti con risultati sperimentali disponibili (Mazzolani e Piluso,
1996).
I valori limite del parametro s che identificano le diverse categorie di comportamento delle
membrature sono possono assumersi pari a:
• duttili s ≥ 1.20
• plastiche 1 ≤ s < 1.20
• snelle s ≤ 1.00
Per i casi non contemplati dalla Ordinanza 3274 cioè per sezioni diverse dal profilo a doppio T,
si può fare riferimento alla classificazione dell’Eurocodice 3 (EN 1993-1) ritenendo duttili le
sezioni di prima classe, plastiche le sezioni di seconda e di terza classe e snelle le sezioni di
quarta classe.
I valori q 0 del fattore di struttura forniti in Tabella 1 sono da intendersi come valori di
riferimento validi nel caso di membrature di prima classe (duttile). Pertanto, ai suddetti valori si
applicano i seguenti coefficienti di riduzione in accordo con la categoria delle membrature in
cui sono collocate le zone dissipative:
• duttili Ψ R = 1.00
• plastiche Ψ R = 0.75
• snelle Ψ R = 0.50
L'impiego di membrature snelle è consentito solo in zone di bassa sismicità.
Sempre al fine di garantire una adeguata duttilità locale, nel caso di membrature tese o di parti
tese di membrature, secondo le indicazioni già contenute nell’Eurocodice 3, la resistenza
plastica di progetto deve risultare inferiore alla resistenza ultima di progetto della sezione netta
in corrispondenza dei fori per i dispositivi di collegamento. Ciò richiede il rispetto della
relazione seguente:
(6)
fy
Anet
A
≥ 1.25 ⋅
fu
essendo Anet l'area netta in corrispondenza dei fori ed A l'area lorda.
La prima regola di progettazione basata sul “capacity design” è quella riguardante i
collegamenti delle zone dissipative a quelle non dissipative. Tali collegamenti devono avere
sufficiente sovraresistenza per consentire la plasticizzazione delle parti collegate. A tale scopo il
progettista deve garantire che:
(7)
Rd ≥ ξ ⋅ s ⋅ R y
dove R d è la resistenza di progetto del collegamento e R y è la resistenza plastica della
membratura collegata. Nel caso di membrature duttili e plastiche, il coefficiente s (Eq. 2) tiene
conto della sovraresistenza che la membratura può sviluppare a seguito dell'incrudimento
( 1 ≤ s ≤ fu f y , essendo fu e f y rispettivamente la tensione ultima e la tensione di snervamento
della membratura collegata). Invece, il coefficiente ξ (assunto nella norma pari a 1.20) tiene
conto della possibile alterazione della gerarchia delle resistenze a causa degli effetti
dell’aleatorietà delle proprietà meccaniche del materiale.
Il coefficiente ξ è dato da:
(8)
1
ξ=
1 − 2 ⋅ COV
essendo COV il rapporto fra lo scarto quadratico medio ed il valor medio della tensione di
snervamento.Con riferimento ai coefficienti di variazione previsti dalla normativa italiana
(Allegato 8) per i comuni acciai da carpenteria, i valori del coefficiente ξ sono riportati in
Tabella 2.
Tabella 2
Valori del coefficiente ξ per i diversi acciai da carpenteria.
ACCIAIO
Fe 360
Fe 430
Fe 510
COV
0.08
0.07
0.06
ξ
1.19
1.16
1.14
Una analisi dettagliata dell'influenza dell'aleatorietà delle proprietà meccaniche dei materiali sul
progetto di collegamenti trave-colonna a completo ripristino di resistenza è riportata in (Piluso
et al., 2003).
Una prescrizione analoga alla (7) viene suggerita dall’Eurocodice 8 (prEN 1998-1:2003).
Inoltre, si ritiene che il requisito di sovraresistenza (7) sia automaticamente soddisfatto nel caso
di saldature di prima classe a completa penetrazione.
Il requisito di sovraresistenza dei collegamenti non deve essere applicato nel caso di
collegamenti speciali progettati allo scopo di contribuire significativamente alla dissipazione
dell'energia sismica. L'efficacia di tali collegamenti in termini di resistenza, rigidezza e capacità
di dissipare energia deve essere dimostrata mediante opportune prove
sperimentali.
4
STRUTTURE INTELAIATE
Il controllo del meccanismo di dissipazione dell’energia sismica in ingresso può essere
conseguito in maniera più o meno estesa in funzione dei criteri di progettazione adottati.
Pertanto, per le strutture intelaiate la Ordinanza 3274, in analogia con le indicazioni
dell’Eurocodice 8, distingue due casi: telai a bassa duttilità e telai ad alta duttilità.
Conseguentemente alcuni requisiti di progettazione risultano comuni alle due classi di duttilità
altri sono specifici della classe di duttilità alta.
Sia nel caso di telai a bassa duttilità che nel caso di telai ad alta duttilità, i collegamenti travecolonna devono essere progettati in maniera tale da possedere una adeguata sovraresistenza per
consentire la formazione delle cerniere plastiche alle estremità delle travi. Tale requisito si
ritiene soddisfatto se la seguente condizione risulta verificata:
M j ,Rd ≥ 1.20 ⋅ s ⋅ M b ,Rd
(9)
essendo M j ,Rd la resistenza flessionale di progetto dei collegamenti trave-colonna e M b,Rd la
resistenza flessionale di progetto delle travi collegate. Ai fini della valutazione della aliquota di
sovraresistenza s che la trave è in grado di sviluppare per effetto dell'incrudimento, prima che si
manifesti l'instabilità locale della flangia compressa, si può utilizzare la (2) nell’ipotesi che al
collasso il punto di nullo del diagramma del momento sia in mezzeria, assumendo cioè:
(10)
L
*
L =
2
essendo L la lunghezza della trave.
Inoltre assumendo ρ = 0 risulta:
λw =
dw
2tw
fy
(11)
E
Ovviamente, la (10) esprime il fatto che in flessione semplice la parte compressa dell’anima
risulta pari alla metà della stessa.
L’Eurocodice 8 richiedeva, per quanto riguarda il requisito di sovraresistenza dei collegamenti,
inizialmente (ENV 1998-1), il soddisfacimento della seguente relazione:
(12)
M j , Rd ≥ 1.20 ⋅ M b , Rd
Il fattore di sovraresistenza, pari ad 1.20, è stato tradizionalmente giustificato, in un approccio
di tipo deterministico, ritenendolo rappresentativo degli effetti dell’incrudimento. Tuttavia, tale
fattore risulta spesso sottostimato rispetto all’effettivo incrudimento che le travi sono in grado
di sviluppare prima dell’insorgere della instabilità locale, rappresentato dal fattore s riportato
nella (7), mentre il fattore 1.20, ossia ξ , intende invece tenere conto degli effetti
dell’aleatorietà delle proprietà meccaniche dei materiali, ossia della probabilità che la resistenza
plastica del collegamento sia inferiore al valore nominale di progetto e, al contempo, la
resistenza plastica flessionale della trave collegata sia maggiore del valore nominale di progetto.
Recentemente, nella fase di conversione dell’Eurocodice 8 da ENV ad EN, il requisito da
soddisfare ai fini della progettazione di collegamenti trave-colonna affidabili a completo
ripristino di resistenza è stato modificato secondo la seguente relazione (prEN 1998-1:2003):
(13)
M j , Rd ≥ 1.10 ⋅ γ ov ⋅ M b, Rd
dove il fattore 1.10 tiene conto dell’incrudimento ed il coefficiente γ ov tiene conto degli effetti
dell’aleatorietà delle proprietà meccaniche dei materiali e risulta variabile da 1.0 Con
riferimento alle cerniere plastiche nelle travi, sia nel caso di telai a bassa duttilità che nel caso di
telai ad alta duttilità, è necessario verificare che la resistenza flessionale plastica e la capacità
rotazionale non siano ridotti dalle contemporanee azioni di sforzo normale e taglio. A tale
scopo, nelle sezioni in cui è attesa la formazione delle cerniere plastiche devono essere
verificate le seguenti relazioni:
N Sd < 0.15 ⋅ N pl ,Rd
(14)
(15)
Vg ,Rd + VM ,Rd ≤ V pl ,Rd
dove:
• M Sd e N Sd sono i valori di progetto del momento flettente e dello sforzo assiale risultanti
dall'analisi strutturale;
• M pl ,Rd , N pl,Rd e V pl ,Rd sono i valori delle resistenze plastiche di progetto, flessionale,
•
assiale e tagliante;
V g ,Sd è la sollecitazione di taglio di progetto dovuta alle azioni non-sismiche;
•
VM ,Sd è la forza di taglio dovuta all'applicazione dei momenti resistenti M pl ,Rd alle
estremità della trave, con segno tale da produrre un diagramma dei momenti intrecciato (a
doppia curvatura).
Un'altra prescrizione che deriva dalla applicazione del “capacity design” è costituita proprio
dalla (15) in quanto la sollecitazione di taglio di progetto viene ricavata con riferimento alle
condizioni che si verificano quando entrambe le estremità della trave sono plasticizzate.
Sia nel caso di telai a bassa duttilità che nel caso di telai ad alta duttilità, alla base del telaio, il
collegamento delle colonne alla fondazione deve essere progettato in maniera tale da possedere
una adeguata sovraresistenza allo scopo di consentire la plasticizzazione delle sezioni di base
delle colonne. Tale requisito si può ritenere soddisfatto quando il momento flettente di progetto
del collegamento della colonna alla fondazione viene assunto pari a:
(16)
M Sd = 1.20( s − ρ ) ⋅ M pl , Rd
(con s > ρ )
dove:
• M pl ,Rd è il momento plastico di progetto della sezione delle colonne;
•
•

N 
ρ è il valore adimensionale dello sforzo normale di progetto  ρ = sd  ;


Af y 
s è ancora dato dalla (2), calcolando il parametro di snellezza dell'anima ( λw ) attraverso le
(4) e (5).
Evidentemente, la (16) rappresenta la naturale estensione della (9) al caso dei collegamenti
colonna-fondazione.
Sia nel caso di telai a bassa duttilità che nel caso di telai ad alta duttilità, i pannelli nodali dei
collegamenti trave-colonna devono essere progettati in maniera tale da escludere la loro
plasticizzazione a taglio. Tale requisito si ritiene soddisfatto quando la seguente relazione
risulta verificata (Mazzolani e Piluso, 1996):
(17)
M pl ,Rd 
h −t 
Vwp ,Rd ≥
dove
∑ M pl ,Rd
∑
hb − t f
f 
1 − b


H
−
h
b 

è la sommatoria dei momenti plastici delle travi e delle colonne convergenti
nel nodo, hb è l'altezza della sezione della trave, H è l'altezza di interpiano e Vwp ,Rd è la
resistenza di progetto del pannello nodale.
Ai fini del calcolo della resistenza di progetto a taglio del pannello nodale, l'area resistente a
taglio può essere assunta pari a:
• Avc = Ac − 2 bfc t fc + t fc ( t wc + 2 r c ) nel caso di colonne in profilo laminato, essendo Ac
l'area della colonna, bfc e t fc la larghezza e lo spessore delle flange della colonna, t wc lo
spessore dell'anima e r c il raggio di raccordo ala-anima;
• l'area dell'anima, nel caso di colonne in profilo in composizione saldata.
Il secondo membro della (17) rappresenta la sollecitazione di taglio che si verifica nel pannello
nodale quando le estremità delle travi che concorrono nel nodo risultano contemporaneamente
plasticizzate, ossia la massima sollecitazione di taglio che le travi, ossia le zone dissipative,
sono in grado di trasmettere al nodo, ossia alla zona non dissipativa. Pertanto, anche la (17)
risulta essere una applicazione del concetto di “capacity design”.
Pertanto, la Ordinanza 3274 esclude la plasticizzazione a taglio del pannello nodale. A tale
riguardo risulta opportuno sottolineare che, nella comunità scientifica internazionale, le opinioni
circa l’opportunità e l’efficacia della collaborazione del pannello nodale ai fini della
dissipazione dell’energia sismica in ingresso sono talora contrastanti. Infatti, se da un lato la
partecipazione del pannello nodale alla dissipazione dell’energia sismica in ingresso conduce ad
una riduzione della rotazione plastica richiesta alle estremità delle travi, dall’altro, la
plasticizzazione del pannello nodale determina una significativa distorsione dello stesso con
forti flessioni locali delle flange della colonna che determinano una concentrazione di tensione
nelle saldature di collegamento delle flange della trave alla colonna. Tali concentrazioni di
tensione possono determinare l’innesco di cricche che conducono alla frattura delle saldature di
collegamento e, quindi, a fenomeni di rottura fragile.
I telai a bassa duttilità sono progettati mediante criteri puramente elastici, senza alcun controllo
del meccanismo di collasso. Al contrario, i telai ad alta duttilità debbono essere progettati
mediante criteri semplificati per il controllo del meccanismo di collasso (Mazzolani e Piluso,
1996). In tale ambito si colloca il criterio di gerarchia trave-colonna secondo il quale, in
corrispondenza di ogni nodo, i momenti plastici di progetto delle colonne che convergono nel
nodo devono essere maggiori delle sollecitazioni flessionali che si possono verificare nelle
stesse nell'ipotesi che le travi abbiano raggiunto la loro resistenza flessionale ultima. Tale
principio si presta all’adozione di regole applicative diverse. Il criterio di gerarchia travecolonna adottato nella Ordinanza 3274 coincide concettualmente con quello messo a punto la
prima volta nelle Raccomandazioni ECCS (1988) e si ritiene soddisfatto quando per le colonne
convergenti in ogni nodo risulta:
M c ,Rd ,red ≥ 1.20( M c ,Sd ,G + α ⋅ M c ,Sd ,E )
(18)
dove M c ,Rd ,red è la resistenza flessionale di progetto ridotta per la presenza dello sforzo
normale, M c ,Sd ,G è la sollecitazione di progetto dovuta ai soli carichi verticali, M c ,Sd ,E è la
sollecitazione flessionale di progetto dovuta alle sole azioni sismiche ed α è il massimo valore
dei rapporti:
(19)
s ⋅ M c , Rd ,i − M b , Sd ,G ,i
αi =
M c , Sd , E ,i
calcolati con riferimento alle travi convergenti nel nodo in esame (i indica l'i-esima trave).
Il valore dello sforzo normale da considerare nel calcolo di M c ,Rd ,red risulta pari a:
N c ,Sd = N c ,Sd ,G + α ⋅ N c ,Sd ,E
(20)
dove N c ,Sd ,G è lo sforzo normale dovuto ai soli carichi verticali e N c , Sd , E è lo sforzo normale
dovuto alle sole azioni sismiche ed α è fornito dal massimo valore dei rapporti (19).
Il rispetto della (18) non è necessario al piano superiore degli edifici multipiano e nel caso degli
edifici monopiano.
L’Eurocodice 8 attualmente (prEN 1998-1:2003) adotta, di fatto il criterio di gerarchia travecolonna, con regole applicative diverse. Come già detto a commento della (12), il fattore che
tiene conto dell’incrudimento viene assunto pari ad 1.10, con l’aggiunta di un ulteriore fattore
amplificativo γ ov al fine di includere gli effetti dell’aleatorietà delle proprietà meccaniche dei
materiali sul problema del controllo del meccanismo di collasso. Inoltre la principale differenza
con la Ordinanza 3274 consiste nell’assumere per il fattore α il minimo dei rapporti anziché il
massimo. In realtà, la prescrizione che assume il valore massimo è finalizzata ad un più severo
controllo del meccanismo di collasso, motivato dal fatto che le analisi numeriche condotte con
riferimento a telai progettati secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 8 hanno spesso evidenziato
lo sviluppo di meccanismi di collasso di tipo parziale (Mazzolani et al., 2001).
5
CONTROVENTI CONCENTRICI
Anche nel caso dei controventi concentrici il comportamento sismico inelastico e la
conseguente capacità di sviluppare un comportamento di tipo dissipativo sono in parte
influenzati dai criteri di dimensionamento adottati, oltre che dalla tipologia di controvento.
Conseguentemente, in relazione a criteri di dimensionamento adottati, si distinguono
controventi concentrici a bassa duttilità e controventi concentrici ad alta duttilità.
Il principale obiettivo da conseguire ai fini della progettazione di controventi duttili è che la
plasticizzazione delle diagonali tese abbia luogo prima della plasticizzazione o della instabilità
delle travi o delle colonne e prima del collasso dei collegamenti. Inoltre, allo scopo di prevenire
l'instabilità in campo elastico delle diagonali, che costituiscono le zone dissipative in tale
tipologia strutturale, la snellezza normalizzata λ , data dal rapporto fra la snellezza λ e la
snellezza al limite elastico λy delle diagonali, deve essere inferiore a 2.0, come richiesto anche
dall’Eurocodice 8 (prEN 1998-1:2003) (il valore 1.5 riportato nella Ordinanza 3274 è da
considerare un valore troppo conservativo dovuto ad un errore contenuto in una versione non
definitiva dell’EC8).
La progettazione dei collegamenti delle diagonali alle altre parti strutturali deve garantire il
rispetto del seguente requisito di sovraresistenza:
fu
(21)
R j ,d ≥
fy
N pl ,Rd
dove R j ,d è la resistenza di progetto del collegamento e N pl ,Rd la resistenza plastica di
progetto della diagonale collegata.
I controventi concentrici ad X possono considerarsi ad alta duttilità quando la resistenza di
progetto di travi e colonne a sollecitazioni di tipo assiale soddisfa il seguente requisito:
N Rd ( M Sd ) ≥ 1 .20 ( N Sd ,g + α ⋅ N Sd ,E )
(22)
dove:
• N Rd ( M Sd ) è la resistenza di progetto all'instabilità, della trave o della colonna, in presenza
della sollecitazione flessionale di progetto M Sd ;
• N Sd ,g è la sollecitazione assiale di progetto, della trave o della colonna, dovuta ai carichi di
tipo non sismico nella combinazione di carico corrispondente alla situazione sismica di
progetto;
•
N Sd ,E è la sollecitazione assiale di progetto, della trave o della colonna, dovuta alle forze
•
sismiche di progetto;
α è il più grande tra i coefficienti di sovraresistenza
αi =
fu
N pl ,Rd ,i
fy
(23)
N Sd ,i
calcolati per tutte le diagonali del sistema di controvento, essendo N pl ,Rd ,i la resistenza plastica
di progetto della i-esima diagonale, N Sd ,i la sollecitazione assiale di progetto della stessa
diagonale nella situazione sismica di progetto.
L’adozione del valore massimo dei rapporti (23) per il fattore α , combinato alla limitazione del
valore della snellezza delle diagonali, potrebbe risultare eccessivamente gravoso ai fini
progettuali, conducendo a dimensioni eccessive delle colonne. Dal punto di vista progettuale è
utile osservare che la necessità di limitare la snellezza delle diagonali deriva dall'evidenza
sperimentale che, all'aumentare della stessa, con riferimento alle diagonali compresse
instabilizzate, nella fase di comportamento post-critico aumenta la deformazione flessionale
fuori piano dei fazzoletti di collegamento che, conseguentemente, possono raggiungere
rapidamente il collasso per fatica oligociclica. Inoltre, limitando la snellezza delle diagonali, si
ottiene un migliore comportamento ciclico assiale di tali membrature, potendosi fare
affidamento anche su una certa capacità di dissipare l'energia sismica in ingresso anche in
compressione. D'altro canto, è necessario osservare che l'adozione di una snellezza limite
eccessivamente severa costringe il progettista ad un sovradimensionamento delle diagonali agli
ultimi piani dell'edificio conducendo a valori penalizzanti del fattore α , qualora per esso si
assuma il massimo valore dei rapporti (23). Pertanto, si comprende che la scelta ottimale del
fattore α risulta complessa in quanto derivante dalla necessità di trovare un compromesso tra
opposte esigenze. In tale ottica, si ritiene che la (22) possa già meritare una revisione (Longo et
al., 2003).
A tal riguardo, è utile rilevare che l’Eurocodice 8 richiede per le membrature non dissipative il
rispetto della seguente relazione:
(24)
N c , Rd ≥ 1.10( N c , Sd ,G + Ω ⋅ γ ov ⋅ N c , Sd , E )
dove Ω è il più piccolo tra i coefficienti di sovraresistenza:
Ωi =
N pl , Rd ,i
(25)
N Sd ,i
In ogni caso, risulta evidente che il progettista deve fare in modo che i coefficienti di
sovraresistenza siano quanto più prossimi possibile all’unità. Infatti, solo in tal caso è possibile
attendersi la partecipazione di più piani alla dissipazione dell’energia sismica in ingresso,
attraverso la plasticizzazione di più diagonali, senza un eccessivo prezzo da pagare in termini di
peso delle colonne.
6
CONTROVENTI ECCENTRICI
Come è ben noto, i controventi eccentrici si fondano sull'idea di irrigidire i telai per mezzo di
diagonali eccentriche che dividono la trave in due o più parti. La parte più corta in cui la trave
risulta suddivisa viene chiamata “link” ed ha il compito di dissipare l'energia sismica attraverso
deformazioni plastiche cicliche taglianti e/o flessionali.
I “link” vengono denominati “corti” quando la plasticizzazione avviene per taglio, “lunghi”
quando la plasticizzazione avviene per flessione e “intermedi” quando la plasticizzazione è un
effetto combinato di taglio e flessione. In relazione alla lunghezza e del “link”, si adotta di
norma la classificazione seguente (Hjelmstad e Popov 1984, Malley e Popov 1984, Engelhardt e
Popov 1989):
•
link corti:
e ≤ 1 .6
•
link intermedi:
1 .6
•
link lunghi:
e≥3
M l , Rd
(26)
Vl , Rd
M l , Rd
Vl , Rd
≤e≤3
M l , Rd
Vl , Rd
M l , Rd
(27)
(28)
Vl , Rd
dove M l ,Rd e Vl , Rd sono, rispettivamente, la resistenza flessionale e la resistenza a taglio di
progetto del “link”, quest'ultima calcolata assumendo come area resistente a taglio quella
dell'anima.
La resistenza ultima dei “link” (Mu, Vu), a causa di diversi effetti, quali l'incrudimento, la
partecipazione dell'eventuale soletta dell'impalcato e l'aleatorietà della tensione di snervamento,
può essere ben maggiore di M l ,Rd e Vl , Rd . Sulla base dei risultati sperimentali disponibili
(Malley e Popov 1984, Engelhardt e Popov 1989, Mastrandrea et al. 2003), la sovraresistenza
dovuta all'incrudimento può essere calcolata mediante le seguenti relazioni:
•
•
per e ≤ 1.6
per e ≥ 3
M l , Rd
Vl , Rd
M u = 0.75 ⋅ e ⋅ Vl , Rd
(29)
Vu = 1.5 ⋅ Vl , Rd
(30)
M u = 1.5 ⋅ M l ,Rd
(31)
M l , Rd
Vl , Rd
Vu = 2
M l ,Rd
e
(32)
Tali relazioni riguardano i “link corti” ed i “link lunghi”, rispettivamente; nel caso dei “link
intermedi” la resistenza ultima può essere determinata per interpolazione.
I controventi eccentrici a bassa duttilità sono progettati mediante criteri puramente elastici,
senza alcun controllo del meccanismo di collasso. Pertanto, le membrature dovranno essere
verificate assumendo come valori di progetto delle azioni di sforzo normale NSd , momento
flettente M Sd e taglio VSd quelli derivanti dalla analisi elastica globale.
I controventi eccentrici ad alta duttilità richiedono, ai fini del dimensionamento delle
membrature non dissipative, il rispetto di regole di progettazione analoghe a quelle già
esaminate con riferimento ai controventi concentrici. Pertanto, la resistenza assiale delle
colonne, delle diagonali e delle travi al di fuori dei “link” deve soddisfare la seguente relazione:
N Rd ( M Sd ) ≥ 1.20( N Sd ,g + α ⋅ N Sd ,E )
(33)
dove, in questo caso, α deve essere assunto pari al massimo tra i rapporti
αi =
Vu ,i − VSd ,G ,i
(34)
VSd ,E ,i
e:
αi =
M u ,i − M Sd ,G ,i
(35)
M Sd ,E ,i
calcolati per tutti i “link”.
Come già riscontrato nel caso dei controventi concentrici, l’adozione del valore massimo dei
rapporti (34) e (35) per il fattore α potrebbe risultare eccessivamente gravosa ai fini
progettuali, conducendo a dimensioni eccessive delle colonne e delle diagonali.
Alcuni recenti indagini hanno mostrato che il comportamento dei controventi eccentrici può
essere ottimizzato variando con l’altezza le caratteristiche dei “link” (Panico et al. 2002).
La modalità di collasso tipica dei “link corti” è rappresentata dalla instabilità inelastica a taglio
dell'anima. Pertanto, allo scopo migliorare la duttilità locale devono essere impiegati degli
irrigidimenti d'anima il cui interasse a deve soddisfare le seguenti limitazioni:
a = 29t w − d / 5 per γ p = ±0.09 rad .
(36)
a = 38 t w − d / 5 per
γ p = ±0.06 rad .
(37)
a = 56 t w − d / 5 per
γ p = ±0.03 rad .
(38)
essendo t w lo spessore dell'anima, d l'altezza della trave e γ p la massima deformazione plastica
a taglio del “link”.
Il comportamento dei “link lunghi” è dominato dalla plasticizzazione per flessione e, pertanto,
gli irrigidimenti d'anima non sono necessari. Le modalità di collasso tipiche di tali “link” sono
rappresentate dalla instabilità locale della flangia compressa e dalla instabilità flesso-torsionale
quando il traverso non è impedito di sbandare lateralmente. Gli irrigidimenti devono distare
1.5 bf dalla estremità del “link”.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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di Criteri Generali per la Classificazione Sismica del Territorio Nazionale e di Normative Tecniche per
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prEN 1993-1:2003. Eurocode 3: Design of steel structures. Part 1: General structural rules.
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