ISSN 1720-5638 IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze ANNO XXIII - NUMERO 24 (nuova serie) SETTEMBRE-DICEMBRE 2003 VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936 IN QUESTO NUMERO IL CALITRANO ANNO XXIII - N. 24 n.s. Una ritrovata coscienza di Raffaele Salvante 3 La XXII Fiera di Calitri di Il Cronista 4 Fondato nel 1981 Calitri al Festival della Scienza di Genova di Pietro Cerreta 5 IN COPERTINA: Questo dipinto di fine Settecento, conservato nella casa redentorista di via Merulana in Roma, ritrae il sacerdote Francesco Maria Margotta (1699-1764). Egli fu vicario generale dell’arcivescovo Nicolaj e rettore del Seminario di Conza, ma all’età 48 anni abbandonò ogni carica per seguire S.Alfonso Maria de’ Liguori ed entrò da novizio nella congregazione del Santissimo Redentore. Francesco Margotta fu per molti anni padre spirituale della confraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri; fu lui ad acquistare in Napoli la statua dell’Immacolata che si porta in processione l’8 settembre. Calitri scuola estiva di scienza interattiva 6 Si ringrazia per la gentile collaborazione il P. Giovanni Vicidomini CSSR. di Annamaria Maffucci XI Giornata dell’Emigrante Sabato 6 settembre Ha avuto luogo in Calitri una serata danzante presso il Ristorante “La Villa” di Maffucci Eduardo che ha visto una partecipazione davvero straordinaria di persone che fra giuochi, sorteggi, indovinelli ha trascorso una bellissima serata protrattasi fino alle ore piccole. Ad organizzarla, come ogni anno, è stata l’Associazione Romana dei Calitrani, che, in anteprima, ha portato e regalato a tutti il nuovo Calendario per l’anno 2004. 2a 6 Divinità nelle valli del Sele e del Tanagro di Damiano Pipino 7 Gruppo folcloristici a Calitri 11 Concorso per nuove compagnie teatrali di Lucia Maffucci 11 Direttore Responsabile A. Raffaele Salvante Segreteria Martina Salvante Direzione, Redazione, Amministrazione 50142 Firenze - Via A. Canova, 78 Tel. 055/78.39.36 Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/C Legge 662/96, Firenze Per una biografia di Padre Francesco Maria Margotta di Emilio Ricciardi 12 LA NOSTRA BIBLIOTECA 19 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21 MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22 REQUIESCANT IN PACE Sito Internet: www.ilcalitrano.it E-mail: [email protected] Direttore Raffaella Salvante Una giornata con Vinicio Capossela di Giuseppe Di Guglielmo Periodico quadrimestrale di ambiente - dialetto - storia e tradizioni dell’Associazione Culturale “Caletra” 23 C. C. P. n. 11384500 La collaborazione è aperta a tutti, ma in nessun caso instaura un rapporto di lavoro ed è sempre da intendersi a titolo di volontariato. I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori, i quali se ne assumono le responsabilità di fronte alla legge. Il giornale viene diffuso gratuitamente. Attività editoriale di natura non commerciale nei sensi previsti dall’art. 4 del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive modificazioni. Le spese di stampa e postali sono coperte dalla solidarietà dei lettori. Stampa: Polistampa - Firenze Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981 del Tribunale di Firenze Il Foro competente per ogni controversia è quello di Firenze. Calitri, 1 giugno 2003, foto ricordo della Prima Comunione, da sinistra ultima fila: suor Brunilde Lamatrice,Antonella Buldo, Rosa Cicoira, Nicoletta Guglielmo,Antonella De Nicola, Marzia Daidone, Sara Mucci, Franca Salvante catechista, Victoria Mediscaia; seconda fila: Alessandra Del Cogliano, Rosalba Del Moro,Teresa Buonpane,Anna Rita Di Milia, Rosanna Zarrilli,Alessia Fierravanti, Fiammetta Acquaviva, Mariangela Cestone; prima fila: Sonia Francesca Fierravanti,Anna, Chiara Donatiello,Anna Dragone,Antonella Della Badia, Francesca Sacino,Tania Di Carlo, Grazia Gal- Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure c/c bancario 61943/00 intestato a Salvante A. Raffaele c/o Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Firenze Spa - Via Bufalini, 6 - 50122 Firenze - ABI 6160 - CAB 2800 Chiuso in stampa il 1° dicembre 2003 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 URGE UN RINNOVAMENTO INTERIORE UNA RITROVATA COSCIENZA Le opere della “Pace” nascono dal cuore e si esprimono particolarmente in coerente stile di vita e nell’acquisizione di una sempre maggiore capacità di dialogo, di condivisione, di accoglienza del diverso. siamo testimoni che oggi la pratica dei sacramenti è in crisi e in noTmeutti della personalità e del carattere insostituibile di ogni persona si contesta e si mette in discussione il “sacramento” che si presenta come un rito moraleggiante… e privo d’interesse nella misura in cui pare distaccato dalla vita e collocato fuori di essa. Questo rifiuto del sacramento, anche se mette in discussione – per una confusione di termini – soltanto gli aspetti esteriori, contiene in se il rifiuto per quel tipo di “Chiesa” nella quale vita di fede e vita sociale erano strettamente intrecciate e dove i sacramenti rassomigliavano assai a riti d’aggregazione sociale. Così punti di riferimento che, per secoli, sembravano immutabili ed incrollabili sono scomparsi; come determinare allora, in questo nostro mondo divenuto incerto ed instabile, la relazione dell’uomo con Dio, e come collocare in essa il posto e il ruolo dei sacramenti? Tutte problematiche di profondo spessore che vanno affrontate in modo diverso da come si affrontano i problemi normali, perché la Chiesa non è una società ideologica e non è un partito: i suoi punti di riferimento non sono dichiarazioni programmatiche più o meno idealiste, ma sono i sacramenti, atti di Dio ancorati all’esperienza umana. Appare, perciò, necessario ed irrinunciabile che le molteplici istanze (religiose, sociali, finanziarie ecc.) presenti oggi nella nostra società, vengano affrontate attraverso un costume di pubblico dibattito improntato ad un forte spessore etico, le ragioni di una comune speranza e l’energia creativa capace di costruire un comune avvenire per tutti in un contesto mondiale so- cio-politico che suscita preoccupazione soprattutto per quanto concerne la dignità della persona umana. Occorrerà fare delle scelte precise sui temi da trattare, individuando alcune sfide emergenti, augurandoci che la comunità sociale in se stessa e nelle sue componenti, prenda più viva coscienza e assuma più esplicito impegno di fronte a queste emergenze. Purtroppo a guardarsi intorno e a seguire le polemiche che si svolgono – in modo non sempre decoroso – si ha l’impressione che non emergano nè fatti nuovi capaci di mutare il panorama nebioso ed asfittico che ci deprime, nè persone in grado di condurci fuori da questo guado stagnante. I dibattiti sanno di stantìo e soprattutto le persone che a questi dibattiti si dedicano non hanno di certo la statura che sarebbe necessaria ed indispensabile in momenti come questi, il merito delle cose viene sopraffatto dal delirio ideologico e dalla furia di fazione. Spegnere le inimicizie e gettare le fondamenta di nuovi patti di pace, sapendo che esiste un rischio che è quello di cadere nell’equivoco di compiere atti di culto al Signore senza che sia coinvolto il cuore, senza permettere al Signore di entrare veramente nella nostra vita e senza compiere poi il cammino di unità, di speranza e di salvaezza; perché ascoltare significa lasciarsi trasformare, a poco a poco, fino ad essere condotti su strade spesso diverse da quelle che avremmo potuto immaginare chiudendoci in noi stessi con una vera e propria eclissi del senso morale e con la scarsissima trasmissione della memoria storica, non per irrigidirci o ripiegarci sul passato, bensì 3 per trasmetterne lo spirito, pur nel necessario mutare delle forme, perché nessuno può saggiamente guardare avanti senza confrontarsi seriamente col proprio passato. Ecco perché oggi si avverte più acuta l’esigenza di combattere l’indifferenza, la sfiducia generalizzata nelle istituzioni, il disimpegno, occorre superare una impostazione statica della pace e della libertà, per concepirle in modo dinamico, come conquista che impegna tutto l’uomo e tutti gli uomini, in un confronto perenne con la giustizia e nel rispetto costante della libertà per sconfiggere quella ragnatela di corruzione in cui risulta prigioniera buona parte della classe dirigente del paese. Eroismo quotidiano che è il vincere se stessi e dedicarsi agli altri, senza compromessi e cedimenti nel difficilissimo mestiere di essere uomini. Raffaele Salvante Vogliamo ricordare con il dovuto compianto, gli eroi di NASSIRYA che ci hanno fatto riscoprire i valori dell’ITALIA, nazione libera e democratica IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 LA XXII FIERA DI CALITRI VETRINA DEL MEZZOGIORNO XXII Fiera Interregionale di Calitri Lada(31essere agosto-7 settembre 2003) continua vissuta come un appuntamento importante per le zone interne dell’Irpinia e del Mezzogiorno, come strumento concreto ed efficace con un ruolo prioritario nel rafforzare e spronare la ripresa economica dopo un lungo periodo di stasi, dovuta alla congiuntura economica internazionale. La sua progressiva ed intelligente crescita ha sicuramente contribuito ad esercitare un grande fascino in tutte le fasce di mercato, per l’attenzione al territorio e la difesa della propria autonomia; un vero e proprio quartiere fioristico, allestito con la collaborazione della Italcomes di Barile, è certamente uno dei più moderni ed attrezzati del Mezzogiorno, in attesa del già deciso raddoppio strutturale dell’attuale polo espositivo che – come andiamo dicendo da molto tempo – non può e non deve limitarsi all’evento fieristico dell’estate, ma deve necessariamente allargarsi a molte altre attività specializzate durante il corso dell’anno. Né va sottaciuto l’estro, l’inventiva, la personalità e le capacità tecniche di tutti gli operatori e in special modo nel campo dell’artigianato che sta riprendendo un rilancio effettivo per esprimersi ai maggiori e più alti livelli, nel campo della meccanica agraria, dei materiali e delle attrezzature per la lavorazione della terra, della ceramica antico vanto paesano, e per tutte le altre iniziative. A proposito degli incentivi per coloro che intraprendono una attività lavorativa vogliano portare all’attenzione delle competenti autorità i cosi’ detti “Contratti d’Area” sorti nel 1999 ma che nel corso d’opera hanno subito tantissime variazioni che hanno messo in crisi molte Aziende, ma quel che è più grave i finanziamenti non si sono ancora visti con le deleterie conseguenze che si possono immaginare. Di chi e la colpa? Perché? tutti interrogativi che chiedono una risposta immediata se non si vuole assistere al fallimento di tanti generosi operatori che hanno avuto il coraggio di iniziare un’attività fidandosi delle promesse. L’annunziato “varo” del progetto già finanziato di completamento dell’attuale quartiere fieristico, impegna l’Ente Eapsaim in modo preciso e categorico a farsi artefice della preparazione di forze Il senatore Nicola Mancino in visita alla Fiera. Una panoramica di un angolo della Fiera. qualificate per la “formazione” di quadri per lo sviluppo dei settori marketing e direzione aziendale. P.S.: Mentre eravamo già in stampa ci è stato comunicato che per il Distretto Industriale di Calitri è stato approvato uno stanziamento di 25 milioni di euro (circa cinquanta miliardi di lire) per creare infrastrutture, contributi alle Aziende e servizi alle Azienze. Il Cronista 4 La Pasticceria LE DOLCEZZE di Emilia Maffucci ha cambiato indirizzo Via F. Tedesco, 23 - Calitri (AV) Tel. 0827 30340 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 PIETRO CERRETA CALITRI AL FESTIVAL DELLA SCIENZA DI GENOVA li exhibit scientifici della Mostra inG terattiva «Le ruote quadrate», prodotti dall’ingegno di insegnanti e di artigiani di Calitri, sono stati presentati dall’Associazione ScienzaViva nel corso del primo Festival della Scienza di Genova, che si è svolto dal 23 ottobre al 3 novembre 2003. Il successo è stato grandissimo. Più di diecimila sono state le persone che li hanno visitati e apprezzati. Oltre ai ragazzi delle scuole genovesi, le cui visite si sono svolte secondo un fitto programma di prenotazioni, sono stati migliaia i cittadini comuni a interessarsi della Mostra, molti dei quali provenienti da altre città italiane. Ciò è stato reso possibile anche grazie alla bellissima ospitalità offerta dagli organizzatori genovesi, perché le apparecchiature scientifiche sono state valorizzate dalla funzionalità espositiva di una sala di circa 600 mq, all’interno della suggestiva cornice del Porto Antico, nei locali del Modulo 5 dei Magazzini del Cotone. Importante è stato l’apporto dei ragazzi dell’ ISS «Maffucci» di Calitri, ai quali è stato dato il compito di guidare i visitatori tra gli exhibit e di spiegarne il funzionamento. Per imparare a svolgere questo ruolo, essi hanno seguito in precedenza un corso ad hoc, svolto in orario pomeridiano proprio nel «Maffucci», tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre. Insieme ad essi ScienzaViva ha coinvolto anche un gruppo di studenti del Liceo Scientifico «Galilei» di Potenza e uno del Liceo «Imbriani» di Avellino, coordinati rispettivamente dai professori Franco Biscione e Raffaele Satriano di Potenza e dal professore Gaetano Abate di Avellino, ma originario di Calitri. I ragazzi dell’ISS di Calitri, che nei tre turni successivi ( dal 23 al 26 ottobre, dal 27 al 30 ottobre e dal 31 ottobre al 3 novembre) si sono alternati nel servizio di guide per i visitatori genovesi sono stati: Mariella Bozza, Francesca Cestone, Fabrizio Iannella, Anna Lucia Di Laura, Federica Troiano, Francesco Zarrilli, Michele Fiordellisi, Giuseppina Russomanno, Manuela Merino, Luciana Cerreta, Maria Guerra, Francesco Laurenziello, Angela Ragazzo, Simona Iannella, Ros- Festival della Scienza di Genova 23/10-3/11/03. Una piccola visitatrice alle prese con le «ruote quadrate». La guidano Cinzia Senerchia di Calitri e Bianca Camarca di Bisaccia due alunne dell’ISS Maffucci che hanno fatto da guide ai visitatori. La signorina Maria Rosa Di MAIO già diplomata in pianoforte, nella giornata del 23 ottobre 2003, si è brillantemente diplomata in “composizione” presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Oltre all’esame vero e proprio la signorina Maria Rosa ha presentato una sua composizione su Calitri che ha riscosso l’applauso della Commissione di esami. Auguri vivissimi ai genitori Lucia e Antonio, alle sorelle Michelina e Marilena, al fratello Luciano e alla neo dottoressa tantissimi auguri per la sua carriera. 5 sella Nicolais, Giuseppina Pacella, Domenico Pinto, Anna Cristiano, Michela Pinto, Bianca Maria Camarca, Daniele Cassese, Vito Ammirati, Vito Saverio Cicoira, Marco Previtero, Silvia Litterio, Salvatore Rubinetti, Alessandro Cesta, Antonio Ciano, Riccardo Iannella, Giuseppe Maffucci, Francesca Cianci, Cinzia Senerchia, Antonella Gautieri, Luisa Ciano. Molti di questi alunni non sono calitrani, ma frequentano l’Istituto Tecnico Commerciale, il Liceo Scientifico e l’Istituto d’Arte di Calitri provenendo dai comuni limitrofi. Si sono fatti carico dei numerosi problemi organizzativi, scientifici, logistici e didattici della trasferta, i professori Pietro Cerreta e Canio Lelio Toglia, in collaborazione con i professori Giovanni Melaccio, Maria Rosaria Di Napoli, Rocco Di Napoli e Fulvio Moscaritolo. Vanno ricordati, inoltre, i soci di ScienzaViva e gli altri collaboratori che, interrompendo in qualche caso le loro normali attività di lavoro, hanno fornito le loro esperte competenze per l’allestimento e di disallestimento della Mostra: Gerardo Del Guercio, Gianni Rauso, Vincenzo Cerreta, Michele Maffucci, Antonio Maffucci, Vincenzo Galgano, Alfonso Cerreta, Vitantonio Leone. IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 CALITRI 2a SCUOLA ESTIVA DI SCIENZA INTERATTIVA al 18 al 22 agosto 2003 si è svolta a D Calitri la 2 Scuola Estiva di Scienza Interattiva. Trenta sono stati i docenti di a materie scientifiche di Scuola Media Inferiore e Superiore e di Scuola Elementare giunti da ogni parte d’Italia per partecipare ai workshop, alle lezioni e alle visite sul campo previste dal programma. Scopo della Scuola è stato quello di evidenziare l’efficacia pedagogica della interattività, seguendo la didattica informale degli Science Centers e la ricca tradizione della manualità artigianale, ancora viva in Italia. La Scuola è stata inaugurata presso la sala del Consiglio Generale della “Comunità Montana” Alta Irpinia in Calitri con una lezione del Prof. Antonino Drago sul tema «Scienza e Co- Calitri, 18-22 agosto 2003. Scuola estiva di scienza interattiva. Una fase del workshop creativo, durante il quale i 30 corsisti hanno realizzato modellini di apparecchiature scientifiche. scienza del suo insegnamento», alla presenza delle autorità e del pubblico comune. Organizzatrice di questo evento è stata ScienzaViva, un’Associazione non profit con sede a Calitri per la diffusione della cultura scientifica e tecnologica, attraverso la sperimentazione diretta ed interattiva di fenomeni naturali. L’Associazione è stata fondata dal gruppo di docenti e studenti che hanno ideato due iniziative nel campo della divulgazione scientifica interattiva: ”Le Ruote Quadrate” e “Adotta un Esperimento”. Le attività didattiche si sono svolte in parte presso l’ITC «Maffucci», in parte presso l’Azienda Agrituristica «Il Tufiello» e in parte presso la Scuola Media e il Centro Storico di Calitri. UNA GIORNATA CON VINICIO CAPOSSELA l 18 novembre 2003 a Siena si è inauIdella gurata una manifestazione, nella chiesa SS. Annunziata in Santa Maria della Scala, detta “Parole e Musica”: spettacoli, concerti e incontri per gli studenti universitari, organizzata dall’Università degli Studi di Siena. Ad aprire quest’evento è stato il nostro concittadino Vinicio Capossela. Un appuntamento musicale unico, un singolare incontro tra il violoncellista chigiano di fama internazionale Mario Brunello e Vinicio Capossela, autore e interprete originalissimo del panorama musicale contemporaneo. Musica classica e moderna a confronto. La chiesa era gremita di studenti, e per consentire la visione ai tanti che erano rimasti fuori della sala è stato allestito un maxi schermo, nella piazza antistante il famosissimo Duomo di Siena. Lo spettacolo, durato circa due ore, ha proposto musiche di Bach e Sollima, alternate da una decina di pezzi del nostro Capossela, quali Zampanò, Marajà, Una giornata senza pretese, Le case… Ad accompagnare questo fantastico e strano duetto, vi erano i violinisti provenienti dall’Orchestra d’Archi Italiana. Sono partito direttamente da Calitri per assistere a questa manifestazione, quale fan accanito del grande maestro Capossela, è stata un’esperienza fantastica e surreale. Soddisfatto per aver colloquiato con lui prima dell’evento e dopo avergli portato i saluti dei fan calitrani, ho assistito con trepidazione al con- certo. Nell’attesa che in un prossimo futuro possa essere invitato a Calitri, affinché porti fra noi la sua grande cultura musicale. Giuseppe Di Guglielmo Andretta luglio 2003 - Fan con il maestro Vinicio Capossela. Da sinistra: Emanuela Di Guglielmo, Monica Tornillo, Antonella Tornillo, Vinicio Capossela, Massimo Rabasca e Giuseppe Di Guglielmo. 6 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 DAMIANO PIPINO DIVINITÀ NELLE VALLI DEL SELE E DEL TANAGRO Prima che il Cristianesimo arrivasse a Eboli Homo religiosus non nasce improvvisamente nel Pleolitico superiore, L’ quando le espressioni simboliche si fanno più vicine alla nostra mentalità, ma affonda le sue radici nell’esperienza originaria dell’Homo sapiens. Intorno ai 40mila anni addietro, a partire dalle sepolture dei Naendertalliani, le manifestazioni del simbolismo e del senso religioso si fanno più chiare. Le pratiche funerarie denotano una varietà di rituali con chiari riferimenti ad una vita ultraterrena. Nell’arte parietale dell’età della pietra si riscontrano, tra l’altro, raffigurazioni di esseri superiori, di dei, di antenati e di oranti. In tempi più recenti in diverse grotte della Francia, della Svizzera e dell’Italia, nel Salento in particolare, sono state trovate centinaia di ciottoli e cortici di selce incisi o dipinti, detti di arte mobiliare, nei quali si consideravano trapassate le anime dei defunti. Allo stesso periodo risalgono le statuette femminili in steatite ed in osso, dette Veneri. Si tratta della rappresentazione naturalistica di una donna nuda, della quale sono evidenziati gli organi di significato magico in funzione della fecondità, annoverabile tra le più alte rappresentazioni artistiche della preistoria europea. L’evidente maternità delle Veneri di Parabita (LE) pone l’interrogativo se non si sia in presenza di un idolo legato al vero e proprio culto della Madre, protettrice della fertilità della terra, dei cicli stagionali, della fecondità degli uomini e degli animali, diffuso fra le prime comunità di agricoltori e di allevatori del Mediterraneo. Questo il sostrato ideologico su cui nasce e germoglia la “storia sacra degli dei” o “mitologia pagana”, considerata un modello ai comportamenti umani. ti probabilmente nel corso del V millennio a.C., avvertendo la necessità di una protezione si affidassero ai propri defunti e fra essi scegliessero lo “Spirito tutelare” dell’antenato mitico. Di questi ne stilizzavano il volto sulla roccia, in prossimità del proprio insediamento, ed in esso concentravano il loro potenziale. In tal senso di dipendenza quel volto stilizzato rivelava una dimensione religiosa unificante, pur non essendo un dio, mentre i membri del clan tenevano nei suoi confronti un atteggiamento riverente, che si traduceva in comportamenti tradizionali. La prova di quanto detto è costituita dal volto umano stilizzato sulla roccia al lato della Grotta del Rosario di Contursi, prospiciente il fiume Tanagro. Sino ad oggi di volti simili ne sono stati individuati altri due: uno ad Albano di Lucania Lo Spirito Tutelare Si vuole che i primi abitanti sedentari delle valli del Sele e del Tanagro, dediti all’agricoltura e l’allevamento, giun- Contursi, grotta del Rosario. 7 (PZ), lungo la sponda sinistra del Basento, l’altro in territorio di Carlentini (SR). La fede in questa specie di “totem” da parte degli antichi Neolitici fu tale che presto lo stilizzarono anche sui vasi funerari, evidentemente allo scopo di proteggersi anche nell’aldilà. Di detti vasi ne sono stati trovati in gran quantità nelle tombe del Materano, della Puglia e della Sicilia. Questi ultimi vanno sotto il nome della cultura di Stentinello, antichissimo centro scomparso a sud di Siracusa, con la quale la Sicilia stessa entrò nel mondo degli agricoltori. I Maiores (antenati) Con l’arrivo in Europa dell’agricoltura l’antico asse danubiano perse importanza ed i Balcani, nel corso del III IL CALITRANO millennio a.C., divennero una zona sottosviluppata. Da qui l’emigrazione di quei gruppi di pastori ed il loro arrivo nella nostra penisola dove diedero luogo alla cultura di Rinaldone in Toscana, a quella di Conelle nelle Marche, a quella di Ortucchio in Abruzzo ed a quella del Gaudo alla foce del Sele, in Campania. Durante la prima età del Ferro si sviluppava in Etruria la civiltà Villanoviana, caratterizzata dal rito funebre dell’incenerazione, che ben presto si estese nella valle Padana, nell’Emilia Romagna e nelle Marche. Agli inizi del IX secolo a.C. i Villanoviani giunsero in Campania, come dimostrano le loro sepolture trovate a Capua, Pontecagnano, Arenosola e Capodifiume presso Paestum e Sala Consilina. Allo stesso tempo altra gente giunse sulla sponda adriatica, in Daunia; risalì il corso dell’Ofanto e superato il valico della Sella di Conza, discese nella valle del Sele. Era gente di civiltà hallstattiana, caratterizzata dall’uso di seppellire i morti in tombe a fossa terragna (Fossakultur), che diede luogo alla nota cultura di “Oliveto-Cairano-Calitri-Bisaccia”. Sia nel rito funebre dei Villanoviani che in quello degli Hallstattiani si coglie una particolare cura pietosa per i defunti, che attesta un vero e proprio culto praticato in onore degli stessi, attestato in queste valli dalle urne cinerarie e dalle olle, rispondenti ad un concetto sacrale, e dai corredi funebri trovati nelle tombe a fossa terragna in territorio di Oliveto Citra. In età Orientalizzante, fase artistica culturale dell’VIII-VII sec. a.C., artigiani corinzi giunsero a Tarquinia portando la tradizione statuaria del “compianto funebre”, la cui scena rappresentava e perpetuava le onoranze rese ai “Maiores” (antenati). L’immagine del compianto funebre era data dalla statua di una figura umana afflitta o visibilmente addolorata, col braccio destro aderente al corpo e l’avambraccio piegato verso l’alto e la mano posata aperta sul petto; il braccio sinistro pure aderente al corpo e l’avambraccio piegato sul ventre. Quest’arte statuaria, insieme al culto dei Maiores, si diffuse in Etruria e nel Piceno e, attraverso i contati dei Villanoviani e dei Piceni con gli abitanti dell’alta valle del Sele, giunse sin qui come attesta il tronco di statua fittile acefala, raffigurante il compianto funebre, trovato in contrada Tavoliere di Contursi. Hera Argiva Divinità del Panteon greco, il cui culto, originario della città di Argo, fu porta- N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 to in Italia dai coloni Euboici ed Achei nel corso della fondazione delle città che si dissero Magna Grecia. Intorno al 600 a. C. un gruppo di Achei, provenienti da Sibari, fondarono il santuario dedicato a Hera sulla sinistra del Sele, dove ritennero che si potesse effettuare un approdo fluviale e tenere facili rapporti con gli Etruschi stanziati sull’altra sponda. Questo santuario svolse molteplici funzioni per cui divenne Fano presso gli antichi come XXXIV Edizione “PREMIO SAN VALENTINO” Concorso Internazionale di Letteratura Il “Comitato per la Premiazione di un Messaggio d’Amore” indice la XXXIV edizione del “Premio San Valentino”, concorso internazionale di poesia, narrativa e saggistica, edita e inedita, in lingua e in vernacolo. La cerimonia di premiazione si svolgerà a Terni, città di San Valentino, durante la “primavera ternana”. Per informazioni rivolgersi (entro il 31 dicembre 2003) alla segreteria del “Premio San Valentino” (Casella Postale 143 – 05100 Terni tel. e fax 0744/42.82.33) http://spazioweb.inwind.it/ amicidellumbria E-mail: [email protected] [email protected] menzionato da Strabone e da Plinio. Tuttavia dopo non molti secoli scomparve negli acquitrini del Sele. Fu ritrovato nel 1933 dagli archeologi Paola Zancani Montuoro e Umberto Zanotti Biseco. Attraverso gli scavi eseguiti dal 1934 al 1949 vennero portati alla luce gli edifici principali e molto materiale votivo. In seguito vennero fuori l’edificio quadrato ed altre strutture funzionali con l’attività del santuario. Nell’edificio quadrato si rinvennero circa trecento pesi da telaio dove erano situati quattro telai a 8 parete: qui le fanciulle dell’aristocrazia locale trascorrevano il tempo di preparazione alle nozze tessendo e ricamando le vesti per la “peplophoria” (cerimonia annuale della vestizione del simulacro di Hera). Dallo stesso edificio quadrato proviene la statuetta marmorea della Dea in trono con la patera delle offerte in una mano e la melagrana nell’altra; modello dell’unica statua che dalla fine del V sec. a.C. in poi fisserà i canoni dell’Hera pestana, presente in tutte le aree sacre poseidoniate e nei centri dell’entroterra del versante tirrenico. Una di questa statuette in terracotta è stata rivenuta in una tomba della località Petrolla di Serra d’Arce, frazione di Campagna. Una testina di altra medesima statuetta è stata ritrovata fra i ruderi posti sulla sponda destra del Tanagro antistante la Grotta del Rosario di Contursi. Con l’arrivo del Cristianesimo la devozione si trasforma. Sul colle Calpazio, che domina la piana pestana, ben presto comparve un culto ancora oggi fortemente radicato dove numerosi sono i segni della sopravvivenza dell’antico: l’iconografia della Madonnina seduta in trono con bambino e melagrana, venerata a Capaccio Vecchio, si rifà con straordinaria evidenza ai tipi della Hera pestana. Inoltre, il rituale della processione con le devote che recano in dono le “cende” o “cinte” (costruzioni di cento ceri su una forma di barca), rimanda ai doni costituiti da modelli di barche presenti nel santuario di Hera a Samo. Altro segno di sopravvivenza del culto di Hera Argiva è quello della vestizione del simulacro, ancora oggi praticato in qualche santuario Mariano, ad esempio, quello dell’Incoronata di Foggia, che ha luogo il 24 aprile di ogni anno. Ercole, il greco Eracle Ercole nasce a Tebe, capitale della Beozia, da Alcmena e da Zeus, il quale per concupire la giovane sposa assunse le sembianze del marito Anfitrione. L’innata intemperanza gli fece uccidere il maestro che lo aveva ripreso, per la qual cosa Anfitrione lo mandò a badare alle mandrie sulle montagne. Come pastore assunse la clava e l’arco e ben presto si distinse in imprese valorose, uccidendo il leone di Tespio e sconfiggendo gli Orcomeni. Sposò Megara, figlia del re di Tebe, dalla quale ebbe molti figli e visse tranquillo finché Hera non lo fece impazzire e uccise moglie e figli. Tormentato dal rimorso si recò a Delfi dove la sacerdotessa Pizia gli ordinò di IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 recarsi a Tirinto e servire per dodici anni il re Euristeo, per espiare la colpa ed ottenere l’immortalità.Da qui le sue famose “dodici fatiche”, durante le quali si cimentò in altre azioni eroiche. Il mito di Ercole era universalmente diffuso in Italia a simboleggiare la fine di una vita selvaggia e l’inizio della civiltà. Il suo culto venne praticato un po’ ovunque, in particolare fra le popolazioni dedite alla pastorizia, e giunse a Roma per il tramite della Magna Grecia (Crotone, Metaponto, Poseidonia). I Romani gli riconobbero la funzione di protettore dei commerci e ne custodirono il ricordo nell’Ara massima. Al tempo di Adriano (117-138), venne effigiato sulle monete con il tipo “Hercules Invictus”. Nei templi a lui dedicati fra gli ex-voto ritrovati sono numerosi i bronzetti raffiguranti Ercole con la clava e la pelle leonina, nonché i “donari”, costituiti da cippi piramidali con dediche all’eroe o decorati a rilievo da una clava. Un suo tempio in queste valli potrebbe essere stato quello della località San Mauro di Buccino, nel quale si rinvenne appunto un cippo piramidale. Ipotesi questa sostenuta dalla presenza di un altro tempietto trovato a Paestum e dalle metope di età arcaica dell’Heraion di foce Sele. Elemento di connessione fra queste testimonianze del culto di Ercole con il tempio di Buccino potrebbe essere il bronzetto raffigurante Ercole rinvenuto alla località Montemagno di Palomonte, datato al IV secolo a.C., che dal 1931 si conserva presso il Museo Provinciale di Salerno. Mefite Dai corredi delle tombe di Paestum e di quelle sparse nei territori di Eboli, Campagna, Oliveto Citra, Contursi e Palomonte, connotati dal giavellotto, dal cinturone in bronzo e dalla corazza bivalve sannita, non è azzardato riconoscere gruppi di guerrieri che, dallo scorcio del VI sec. a.C. alla prima metà del secolo successivo, giunsero dal Sannio come mercenari chiamati a prestare la loro opera per Poseidonia, determinando poi il processo di sannitizzazione della costa tirrenica e l’assoggettamento di Poseidonia ai Lucani. In quel contesto delle divinità, sono venerati i poteri salutari posti in relazione con la presenza delle acque. La relativa documentazione archeologica può essere definita nell’ambito della dea Mefite, divinità primaria del Panteon della gente sannita. Mefite divinità polivalente nelle sue diverse accezioni agrarie, ctone e legate alle sorgenti; signora che sta nel mezzo con ruolo di mediatrice fra cielo e terra. Era patrona degli scambi che avvenivano in occasione di fiere periodiche nell’ambito sacrale, sito presso una fonte ed al centro di un sistema viario che univa più insediamenti. Il culto mefitico, oltre ad Albanella, Roccagloriosa, Capodifiume e Santa Venere presso Poseidonia, Eboli, Pontecagnano e Fratte, si diffuse in Lucania dove soppiantò quello di Giunone, e fra i vari santuari quello di Macchia di Rossano di Vaglio Basilicata, divenne il centro del sistema politico religioso dei Lucani. Le tracce del culto alla dea Mefite nella valle del Sele sono i pendagli in ambra, che si portavano appesi al collo per scongiurare il pericolo dei gas, i vasetti miniaturistici votivi trovati presso le varie sorgenti e le fiere periodiche, che ancora oggi si tengono al Ponte Mefita e ai Bagni di Contursi, nonché quella della Piceglia presso la sorgente San Sisto di Oliveto Citra. Infine si ricorda un’antica usanza per disfarsi dei cani, che venivano lasciati vicino alla sorgente con una grossa pietra legata al collo: gli animali sacrificali che si offrivano alle dea Mefite non venivano sgozzati ma fatti accostare al cratere esalante o gas venefici mortali. Fauno I Sanniti, nel corso del processo di sannitizzazione conclusosi presso Capua intorno al 440 a.C., oltre al culto mefitico introdussero quello dedicato a Fauno, divinità della stirpe di Saturno, dio dei campi e dei boschi, protettore dei pascoli, delle greggi e dei pastori, fecondatore degli armenti e simbolo della forza generatrice. Era detto Fatuo o Fatuelus per il suo dono profetico. Dettava i suoi carmi profetici dal profondo della “Selva Albunea”, dove le popolazioni italiche e gli Enotri invocavano responsi nei momenti dubbi. Una delle più antiche testimonianze del culto al dio Fauno ci è data dall’invocazione di soccorso fatta da Turno, re dei Rutuli, mentre Enea, che lo inseguiva per ucciderlo, cercava di svellere la lancia rimasta infissa nel ceppo di un “oleastro” (ulivo selvatico) sacro a Fauno: “ O Fauno, grida, pietà, se devoto fui sempre al vostro culto che i Troiani han profanato, invece, con la guerra” (Virg. En.XII,1163-67). Altra testimonianza ci viene dal poeta venosino Q. Orazio Flacco il quale, 9 liberatosi dall’impronta epicurea, fece ritorno alla religione degli antenati, sentendosi a proprio agio nella sua campagna sabina, protetto dal dio Fauno. Non diversamente dovevano sentirsi gli altolocati abitanti della Casa del Fauno di Pompei, ove la presenza del pregevole simulacro conferma la forte venerazione per questo dio e non soltanto a Pompei. Altra statua in marmo del dio Fauno è stata rinvenuta nel 1841 a Nuceria Alfaterna (l’attuale Nocera Inferiore). Nel 1929 in territorio di Zuppino, frazione di Sicignano degli Alburni, fu rinvenuto del vasellame e statuine exvoto probabilmente appartenenti ad un tempio del dio Fauno. La prova certa del culto al dio Fauno, praticato in queste valli in età augustea, è comunque costituita dall’ara votiva in pietra calcarea rinvenuta nel Forum di Polla nel 1959, sulla quale è riportata la seguente dedica:”Marco Giulio e Lucio Rufio il mistico donano a Fauno”. La flessibile tessitura della teologia pagana ed il senso simbolico dei Numi favorì tutte le interpretazioni. Filosofi e poeti ebbero libero campo di innestare le nazionali tradizioni alle favole greche, per cui il dio Fauno fu assomigliato a Pan ed ai Satiri e i Sileni del corteggio di Dionisio (Ovidio, Metamorfosi IV531), per cui venne talvolta raffigurato in atteggiamento erotico con le Baccanti oppure con in mano il “tirso”, specifico attributo di Dionisio, come ancora oggi è effigiato sullo stemma comunale di Contursi. Dionisio È il dio più complesso di tutta la mitologia greca sia per le origini orientali, sia per i legami con i culti e miti iniziatici, come i misteri Eleusini, legati alla vegetazione e ai suoi ritmi, o i misteri di catattere mistico-filosofico. In effetti si tratta di una divinità dalle valenze misteriche della seduzione, della trasgressione e del disordine sovversivo dovute alla potenza del vino. Roma accolse il suo culto considerandolo, come altri culti greci e orientali, una valvola di sfogo delle ansie e dei sentimenti religiosi. Ma quando le celebrazioni dei Bacchanalia introdussero ubriachezza, delitti e immoralità di ogni sorta lo inibì col famoso “Senatus consultum de Bacchanalibus” (186 a.C.). A Paestum il culto di Dionisio affiancò quello di Atena. Numerose sono le raffigurazioni di Dionisio e del suo corteggio (Baccanti, Sileni, Satiri, Efebi, Eroti ed Ermafroditi), e degli attri- IL CALITRANO buti (il tirso, il flauto e gli otri pieni di vino) conosciuti in tutta la ceramica figurata dal VI sec. a.C. In tema di valenza funeraria nelle stesse raffigurazioni campaiono le uova, simbolo di nascita e di rinascita, nonché le Nereidi e i Galli, accompagnatori delle anime dei defunti ed anelli di congiunzione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Le tracce del culto dionisiaco in queste valli sono rappresentate: da una matrice fittile con inciso il volto di un Sileno, rinvenuta presso la villa rustica romana della località Vittimose di Buccino; un guscio d’uovo trovato in una tomba di Serra d’Arce, frazione di Campagna, il cui significato ci rimanda alle credenze salvifiche e di rinascita; un pezzo di marmo, rinvenuto alla località Saginara di Contursi, su cui è scolpito il volto di una donna che regge un doppio flauto (attributo di Dionisio), potrebbe trattarsi della musa Euterpe che non disdegnava la compagnia delle Baccanti; altro pezzo di marmo, forse pentelico, rinvenuto alla contrada Piana di Contursi, scolpito su ambedue le facce: sulla faccia anteriore è scolpita la testa di un Sileno e su quella posteriore il volto di una Baccante. Mamerte Antica divinità italica che presso tutti i popoli di lingua osca riceveva singolari onori sotto il nome di Mamers, di cui i Romani ne fecero Mavors o Marte. A Mamerte, durante le pubbliche calamità, si sacrificava tutto ciò che nascesse in primavera compresi i fanciulli, finché in tempi di minori barbarie questi, sacrati all’Iddio, sciamavano per altre sedi: “Ver Sacrum”. Il suo culto fu l’unico legame della necessaria concordia politica fra gli otto popoli Osci, almeno fino alla guerra sociale (90-89 a.C.). Anche il culto di Mamerte fu portato da queste parti dai guerrieri Sanniti, come dimostra il bassorilievo del suo probabile simulacro scolpito sulla roccia in cima alla Costa Palomba del massiccio degli Alburni. Simulacro che raffigura un guerriero sannita, armato di spada, lancia e scudo, anche se molto danneggiato nel volto e nelle gambe. Poco distante in un grosso spuntone roccioso è stata ricavata una vasca con gocciolatoio che dà l’idea di un’ara pagana. Si direbbe un santuario rupestre a sostegno del quale e della venerazione del dio Mamerte vi sono due bronzetti, rinvenuti il secolo scorso il primo alla località Serra d’Arce di Campagna ed il secondo al borgo San Rocco di Polla, N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 nei quali si ritrova la medesima visione essenziale della forma e la stessa solidità struttiva del guerriero di Costa Palomba. Stando agli avvenimenti storici il santuario potrebbe essere stato realizzato dai Sanniti tra il 341 e 321 a.C., tempo in cui furono presenti nelle fortezze lucane in virtù dell’alleanza stretta con astuzia nell’imminenza della seconda guerra contro Roma. Il modo in XV EDIZIONE DEL PREMIO NAZIONALE BIENNALE DI POESIA “CITTÀ DI SOLOFRA” Possono concorrere al Premio poeti di ogni nazionalità, ma in lingua italiana con un massimo di tre poesie per sezione (spillate per gruppo), in sei copie. Per la sezione libro edito inviare sei copie dell’opera. Le sezioni del concorso sono tre: * Poesia inedita in lingua italiana: “Carmine Troisi” (Scrittore solofrano). * Poesia edita e inedita in napoletano: “Alfredo Grassi” (Poeta solofrano). * Libro edito di poesia in lingua italiana, pubblicato negli anni 2002-2004: “Mons. Michele Ricciardelli” (Critico letterario solofrano) Non è dovuta nessuna tassa di partecipazione. SCADENZA 6 MARZO 2004. Per ogni altra informazione scrivere o telefonare alla Segreteria del Premio “Città di Solofra” Via Fratta, 13 - 83029 Solofra (AV) Tel. 0825/58.11.20/59.64.06. cui il guerriero di Costa Palomba venne danneggiato, anzi sfregiato, ci induce a ricercare quei vandali fra gli esecutori della sincronistica romana, messa in atto al tempo della deduzione della colonia latina di Paestum (273 a.C.). Nei secoli che seguirono la Chiesa, forse per rimanere in linea con la politica di Roma, non osò soppiantare questo santuario italico come, invece, fece con quello di Hera Hoplosmia nella valle dell’Esaro in Calabria, didicato alla Madonna delle Armi, e quello di Hera Ar10 giva di Poseidonia, dedicato alla Madonna del granato nella vicina Capaccio Vecchio. Tuttavia il guerriero di Costa Palomba è ancora lassù a guardia delle tracce deprimenti di esistenze scomparse, insensibile all’indifferenza della civile società moderna giacché, beato lui…è fatto di pietra! L’arrivo del Cristianesimo a Eboli Le testimonianze dell’arrivo del Cristianesimo a Eboli, attraverso la valle del Tanagro e mediante la figura dei Santi martiri Vito, Modesto e Crescenzia risalgono al tempo delle persecuzioni dei primitivi Cristiani indette da Diocleziano (303-306 d.C.). La tradizione vuole che Vito era fanciullo di sette anni ed era nato a Mazara del Vallo in Sicilia. Essendo già cristiano ed avendo operato alcuni miracoli il preside Valerio lo fece arrestare e torturare. Ma un Angelo lo liberò ed assieme al pedagogo Modesto e alla nutrice Crescenzia si recò in Lucania dove sembra che la nuova fede stesse meglio attecchendo, come dimostrano i graffitti paleocristiani da noi scoperti in questi ultimi anni. La fama del giovane Santo giunse a Roma e l’imperatore Diocleziano lo fece chiamare affinché guarisse il proprio figlio infermo. Dopo che Vito lo ebbe guarito, l’imperatore fece ancora una volta torturare Vito siccome si rifiutava di sacrificare agli dei. L’Angelo del Signore lo liberò di nuovo e con Modesto e Crescenzia ritornò presso il fiume Sele, dove tutti e tre furono chiamati al premio eterno. La pia donna Florentia seppellì i loro corpi in “loco dicitur Marianus”. Negli atti raccolti dai Gesuiti Bollandisti si precisa che Vito, Modesto e Crescenzia vengono dalla Sicilia e “spargono i semi della fede in terrotorio Tanagritano vicino al fiume Sele”. Ed è in territorio Tanagritano che, in età costantiniana, fra le prime Diocesi sorse quella di Marcellianum nel vallo di Teggiano, la quale ritiene il nome da Marcello I, Pontefice negli anni 308309, fra gente preparata ad accogliere il Cristianesimo, probabilmente anche sull’effetto del passaggio e dell’esempio del martire Vito.Il toponimo del “loco dicitur Marianus” non si è conservato, ma la tradizione popolare da sempre lo ha individuato nella contrada Santa Cecilia di Eboli, dove sorge un’antica cappella dedicata a San Vito che, sembra, fosse stata costruita per accogliere le spoglie mortali dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia. IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 GRUPPI FOLCLORISTICI A CALITRI l 24 agosto scorso è stato il giorno più importante di tutta l’Estate Calitrana, Iinfatti si è svolto con molto successo il 1° Raduno dei Gurppi Folcloristici organizzato dall’Associazione Culturale “i Uagliun’ r’ uaffij” . Hanno partecipato a questa fortunata manifestazione i gruppi folk: “La Naninella” di Rapone, “I Castellani” di Lagopesole, “il Gruppo Folk” di Bisaccia e i “ Virtuosi della Tarantella” di Paternopoli. Sono stati proprio questi ultimi ad iniziare la giornata che naturalmente si è svolta all’insegna di balli e canti popolari in costume tradizionale, mentre un vivace ed allegro mercatino ha fatto da cornice all’intera manifestazione. Gli stands, allestiti apposta per l’occasione, offrivano ai visitatori prodotti tipici artigianali tra cui: ottime ceramiche, piccanti salami, squisiti vini, nonché biscotti, dolci e ricami. La sfilata pomeridiana dei Gruppi per le strade del paese, è stata solo una anticipazione di quella che sarebbe stata il clou serale, il successo preventivato nei giorni precedenti è stato ampiamente confermato dalla numerosa partecipazione del pubblico calitrano e non. “I Uagliun’ r’ Uaffij” hanno ballato prima la quadriglia e poi il laccio dell’a- Calitri “Quadriglia” davanti a Cola. more, a conclusione dell’intera giornata, il famoso cantante montellese Aurelio Fierro ha salutato i campaesani di Calitri con qualche canzone napoletana non prima di essersi complimentato per l’ottima ed originale iniziativa. Un gentile ringraziamento va, per l’occasione, al Presidente dell’Associazione, agli ospiti in- tervenuti, ai Uagliun r’ uaffij, nonché ai loro genitori che hanno lavorato per la riuscita della manifestazione con l’augurio e l’impegno che l’anno prossimo la 2° edizione sarà certamente piena di novità e con ospiti importanti. Annamaria Maffucci CONCORSO PER NUOVE COMPAGNIE TEATRALI l 22 agosto 2003, a S.Andrea di Conza, Izione presso il teatro “Episcopio”, l’Associateatrale “IL SIPARIO” di Calitri, ha partecipato al concorso per nuove Compagnie Teatrali presentando il recital “Forza Venite Gente” conquistando un meritatissimo primo posto. Il musical in due atti, ispirato alla vita di San Francesco D’Assisi, è stato rappresentato magistralmente da interpreti calitrani. L’esecuzione di grande respiro, ha abbracciato i momenti significativi della vita del santo: lo spoglio delle ricchezze, la contemplazione del creato, il sacrificio e la morte. La rap- presentazione ha coinvolto numerose persone, la Regia è stata curata da Enzo Gal- S. Andrea di Conza, 22 agosto 2003,Teatro Episcopio 11 gano, i costumi realizzati dalla Cooperativa Panterga, le coreografie dirette da Luciana Strollo e Rosanna Galgano, tecnico del suono e delle luci Daniele Iannella. Numerosa è stata la partecipazione dei calitrani che il 28 e 29 agosto presso il Centro Sociale “Teresa Di Pietro” hanno avuto modo di apprezzare la bravura della giovane Compagnia. Per la buona riuscita della rappresentazione un ringraziamento speciale va a Maria Di Milia, Mariantonietta Pasqualicchio e Filomena Senerchia. Lucia Maffucci IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 EMILIO RICCIARDI PER UNA BIOGRAFIA DI PADRE FRANCESCO MARIA MARGOTTA (1699-1764)* congregazione del Santissimo Redenfu fondata nel 1731 da Sant’AlfonLso atore Maria de Liguori e nel giro di pochi anni, grazie al suo messaggio semplice e schietto, incontrò un notevole successo tra gli strati più umili della popolazione e si diffuse in tutto il Regno di Napoli1. Tra le figure di spicco dell’istituto redentorista va annoverato il sacerdote calitrano Francesco Maria Margotta, che fu compagno della prima ora di Sant’Alfonso e che, per la sua condotta esemplare e per la sua dottrina (era laureato in diritto civile ed ecclesiastico e in gioventù aveva esercitato l’avvocatura) venne destinato a ricoprire incarichi importanti all’interno della congregazione. Padre Margotta ebbe fama di piissimo religioso e morì in concetto di santità; così, per celebrarne la memoria (e forse anche in previsione di una eventuale causa di beatificazione) Sant’Alfonso ordinò di mettere insieme tutte le testimonianze disponibili sul confratello, che furono trascritte nelle cronache redentoriste2. Nel ricostruire in questo breve saggio la vita del religioso calitrano, si è scelto di dare ampio spazio alle deposizioni raccolte negli antichi manoscritti, anche quando queste sconfinano nell’apologia, perché, sebbene a volte i fatti riferiti appaiano troppo caricati, i racconti dei biografi e le testimonianze di quanti lo conobbero di persona permettono di delineare con sufficiente chiarezza la personalità di p. Margotta e di aggiungere alla sua biografia particolari finora sconosciuti. *** La giovinezza Fu don Angelo Gervasi, arciprete di Calitri dal 1765 al 1783, a fornire ai Redentoristi i dati anagrafici del loro confratello, ritrovando nel registro parrocchiale la fede di battesimo del religioso: “A dì 12 febbraro 1699, Francesco Maria Nicola, figlio del dottore Sig. Donato Margotta e della Sig.ra Grazia Urso moglie. L’ha bat- tezzato l’arciprete di Simone, l’ha levato la Sig.ra Lucia Lupone; nacque a 10 di detto mese e battezzato a 123”. Francesco Margotta era di famiglia benestante; i suoi genitori appartenevano a quel ceto di galantuomini che nel corso dell’Età Moderna, pur senza essere nobili, avevano raggiunto un discreto status economico e sociale. Il padre, Donato Margotta, era in buoni rapporti con i principi Mirelli, feudatari di Calitri, ed era imparentato con alcune tra le principali famiglie del paese, come i Berrilli e i Rinaldi; un suo zio, don Francesco Margotta, era stato arciprete di Calitri dal 1688 al 1692; la madre di Francesco, Grazia d’Urso, di diversi anni più giovane del marito, proveniva da una ricca famiglia di Nusco. Poco dopo la nascita del piccolo Francesco il padre morì a Montepeloso (oggi Irsina, in provincia di Matera) “mentre esercitava la carica di agente in detta città4”; così il bimbo fu affidato alle cure dello zio paterno, il sacerdote don Giuseppe Margotta. Francesco crebbe nella casa di famiglia, in via Sant’Antuono, una costruzione di due piani sormontata da una loggia aperta sul panorama dalla quale il giovane, devoto a Sant’Antonio di Padova, “dalle prime vespere di questo santo faceva fare artifici e li faceva sparare5”; le testimonianze concordano nel descriverlo come un ragazzo mite e ubbidiente, che “nello studio era la consolazione de’ suoi maestri6”. Ecco la testimonianza del parroco Gervasi, riportata da Kuntz: “Il P. D. Francesco Margotta (…) finì il corso della scuola nel 1712. Il maestro, che fu D. Giuseppe d’Alifi, se ne servì per due anni a farsi aiutare in detta scuola, mentre teneva molti scolari e non poteva arrivare, ed anche se ne servì a dire l’officio divino assai mattina; e poi in questi due anni non faceva altro che un altarino in sua camera del glorioso S. Antonio di Padova; tanto che invitava scolari e altri suoi compagni a cantare responsori e litanie (…) Dopo questi due anni fu mandato dal suo zio in S. Menna a studiare filosofia sotto la di12 sciplina del dottor D. Giacomo Figurelli, mentre non lo potevan mandare in Napoli per essere stato troppo piccolo. Indi ritirato da S. Menna per essere giunto alli sedici anni fu mandato in Napoli a studiare anche filosofia e legge. Dimorò in detta cittade sei anni continui; e perché era d’età di venti due anni, non poteva (…) dottorarsi, ma s’ottenne con la licenza. Venuto nel 1722 in Calitri con applauso di tutta la terra, il suo zio e sua madre fecero per otto giorni canti, balli e suoni7”. Tuttavia il giovane, di carattere schivo e riservato, preferì non partecipare alle feste, e non è improbabile che già allora meditasse di abbracciare la vita consacrata. Ritornato in casa e abbandonata la carriera forense per sovvenire alle necessità familiari, Francesco fu nominato consultore della terra di Calitri “ed esercitò tale officio da nove anni in circa (…); ma fra questi nove anni non faceva altro che pacificare le discordie ed aiutare li pupilli e le vedove, e tutto lo faceva per carità8”. La madre e lo zio confidavano su di lui per curare il patrimonio della famiglia, per cui fu loro costante preoccupazione, fin dall’inizio, trovargli un lavoro adeguato al suo rango e una moglie “per perpetuare la casa; tanto più ch’era unico, facoltoso e per le sue rare qualità veniva da molte bramato per isposo9”. Tuttavia il giovane non mostrava alcun desiderio di ammogliarsi e cercava piuttosto di evitare le occasioni, anche se in modo cauto e discreto, per non amareggiare i familiari: “Belle e vantaggiose occasioni gli erano presentate. Fra le altre lo zio gli fece cadere sotto gli occhi quella di una parente dell’arciprete Cappuccio di Cedogna [Lacedonia], e dopo qualche tempo il povero Francesco fu costretto dallo zio di andare insieme con molti galantuomini a conoscere di soppiatto la sposa. Vi andò e giunto sotto la finestra, ove per caso era la signora, per non guardarla e deludere lo zio, finse di cadere, e passò innanzi10”. Grazie ai buoni uffici dello zio, il principe Imperiali lo nominò governatore di Andretta, ma il giovane esercitò il suo nuovo incarico badando più alla pietà verso i poveri che agli IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 interessi del principe, procurandosi in questo modo molte inimicizie; e se i critici più benevoli si limitavano a considerare che “quest’anno abbiamo un cappuccino per governatore11”, qualcun altro gli fece osservare senza troppi complimenti che il principe voleva essere soddisfatto “non con rosari, ma con doble e zecchini”. Più volte per aiutare i poveri non esitò a offrire denaro di tasca sua e così, “vedendo il zio che non solo non lucrava e che rifonder dovevaci il mantenimento, lo richiamò in casa12”. Nel frattempo il giovane aveva conosciuto e scelto come suo direttore spirituale un santo sacerdote di Bisaccia, don Gaetano Giuliani, e, avendo deciso di prendere gli ordini sacri, “non volle mai dare consenso ad accasarsi; tanto che la madre sempre sparlava contro il P. D. Gaetano e diceva che per l’amor del figlio non era passata alle seconde nozze ed aveva perso la sua gioventù, lo trattava con una mala ciera e sempre sdegnosa contro suo figlio e non si poteva contenere13”. Tuttavia l’atteggiamento della donna non riuscì a smuovere il figlio dal proposito di abbracciare la vita consacrata, come riferiva un altro testimone, Cesare Pelosi, amico di Margotta fin dalla giovinezza: “Fu così ubbidiente alla madre, la quale di continuo si doleva di lui, perché tardi si ritirava dalla chiesa in casa, che per placarla, quando pubblicamente gli faceva invettive, se l’inginocchiava davanti, le chiedeva perdono per averle dato motivo d’inquietarsi, e poi le baciava la mano; e così la rasserenava. A tutto sforzo pretese sua madre di dargli moglie e si raccomandava a me acciò l’avessi indotto ad abbracciare tale stato; ma conoscendo aliena da ciò la sua inclinazione, non ebbi mai animo di parlargliene14”. Nel 1724 morì lo zio, che fino a quel momento aveva curato gli affari della famiglia. Allora la madre raddoppiò le insistenze per convincere Francesco a sposarsi e si accordò per dargli in moglie donna Anna Maria Berrilli; ma anche questa volta il tentativo non ebbe esito, anzi il giovane, vistosi alle strette, trovò finalmente il coraggio per confessare alla costernatissima donna che egli era pronto per diventare sacerdote. Fu allora che accadde, secondo quanto riportato nelle cronache della congregazione, un fatto miracoloso: Francesco si trovò all’improvviso in fin di vita e la madre, per assicurargli almeno l’estremo conforto, mandò a chiamare a Bisaccia don Gaetano Giuliani; il vecchio sacerdote corse subito a Calitri, dove però trovò Francesco già morto; allora si fece promettere dalla madre di Francesco che se il figlio fosse ritornato in vita ella avrebbe acconsentito a fargli prendere i sacri ordini e, ottenuta la promessa, si mise a pregare e a invocare il Signore finché il giovane non si riprese. Ecco come p. Alessandro De Risio, uno dei primi biografi di p. Margotta, racconta il miracolo: “Sorpreso da grave infermità, la misera genitrice vedendone il caso disperato, e volendo dare al figlio un qualche sollievo, mandò a prendere da Bisaccia il direttore di lui d. Gaetano Giuliani. Questi, benché vecchio, e nonostante la molta neve caduta, che rendeva difficili le vie: eamus, disse, et moriamur cum illo. In seguito alle precarie condizioni di salute dell’arciprete don Siro Colombo, al quale vanno i pensieri e le preghiere di tutti i parrocchiani, l’arcivescovo padre Salvatore Nunnari di intesa col vescovo di Aversa mons. Mario Milano, già arcivescovo della nostra Diocesi, ho proceduto alla nomina di un Amministratore Parrocchiale nella persona di don Maurizio Palmieri di anni 33 della diocesi di Aversa che, grazie a Dio, ha un numero di sacerdoti superiore alle necessità. Al nuovo amministratore parrocchiale va il nostro sincero augurio di buon lavoro nella vigna di Cristo. Andò il santo uomo, ma trovò il buon Francesco morto, e vestito per trasportarsi in chiesa. Allora pieno di confidenza in Dio e rivolto alla dolente madre, le disse: se G. C. ve lo ridona, voi lo donerete a Gesù Cristo? L’afflitta genitrice sospese per poco il suo dolore e rispose: ch’essa era pronta a farne qualunque sacrifizio. Quindi il santo vecchio qual novello Eliseo buttato sul cadavere, non finiva di ripetere: Gesù Cristo mio, io lo voglio per la gloria tua, io lo voglio; questa grazia te la cerca Giuliani, me la devi fare. Ed ecco che a ripetute preghiere fece ritorno d. Francesco a novella vita. Tanto fu attestato dal nostro padre d. Girolamo Ferrara, da monsignor Volpe di Nocera, e qual13 che altro ne fece fede come di testimonio oculare15”. Tuttavia la guarigione miracolosa di Francesco Margotta è messa in dubbio da altri storici della congregazione; nei suoi Commentaria Kuntz mette in dubbio la veridicità dell’episodio, sottolineando che Landi, l’unico cronista che conobbe di persona p. Margotta, nel suo manoscritto non parla mai di questo avvenimento, che pure avrebbe permesso di intraprendere una causa di beatificazione per il confratello calitrano16. Gli anni del sacerdozio L’ultimo incarico da civile Francesco Margotta lo svolse nell’amministrazione cittadina di Calitri in qualità di capo eletto (oggi si direbbe assessore). “Compiuto l’ufficio di capo eletto, s’ordinò in sacris nel 1731 e monsignor arcivescovo Francesco Nicolai li diede la porzione intiera d’una parte vacata della chiesa della b. a. di D. Francesco (sic, ma Giuseppe) d’Alifi, indi lo fece subito confessore e sino al 1748, che si partì alla Congregazione del SS. Redentore, non fece altro che essere stato Padre spirituale dell’Immacolata Concezione, congregazione di laici extra moenia. Lui predicava ogni festa, faceva l’esercizii spirituali a’ detti Fratelli per otto giorni continui in detta Congregazione nelle feste del S. Natale, faceva la coronella tutti li sabbati e ci predicava (…) Lui non mancava in ogni anno, nella novena di S. Michele arcangelo, a settembre, fare gli esercizii e si contentava stare rinserrato nella chiesa della Concezione e si cibava solamente la sera17”. Tutte le fonti mettono in evidenza la sua morigeratezza di vita e la severità con cui si infliggeva ogni genere di mortificazioni fisiche e psicologiche. Le prove di disciplina e di umiltà alle quali si sottoponeva di continuo non gli sembravano mai abbastanza severe; ecco ad esempio la testimonianza della badessa del monastero di Atella: “Fu sì esatto (…) nella mortificazione esterna, che in tutto il tempo che conversò con noi, non lo viddimo mai prendere caffè, né rosolio o rinfreschi. Non volle mai fuoco; non dormiva mai in letto, ma sempre su la nuda terra, flagellandosi ogni notte crudelmente a sangue (…) Nel mangiare era tanto parco che sembrava impossibile che si mantenesse in vita18”. I religiosi della congregazione redentorista che furono in Calitri per le missioni ricordavano di avere visto, nell’antica casa di Margotta, “un banco di fabbrica in cucina ove dormir solea, ed un vuoto di fabbrica ove in tempo d’inverno intrometteva il capo per ripararsi dal freddo19”. I due ritrat- IL CALITRANO ti che di lui si conoscono mostrano un uomo calvo, con il volto scarno e gli occhi rivolti al cielo, che stringe il crocifisso al petto; di fianco, poggiati sul tavolo insieme ai libri, un teschio e la “disciplina”, cioè l’attrezzo con cui i religiosi dell’epoca usavano flagellarsi per penitenza. I cronisti inoltre parlano delle tante opere di carità, per compiere le quali utilizzava il suo patrimonio: “In Calitri, sua patria, stimato veniva come il padre di tutti i miserabili (…) tutti facevano capo da lui, né niuno partivane sconsolato. Nell’inverno ch’ivi è rigido, provvedendosi di panno grossolano, riparava la nudità di tanti pezzenti”; molto spesso faceva beneficenza in segreto, per provvedere ai bisogni di famiglie che egli sapeva essere in difficoltà, e qualcuno, conoscendolo, approfittava della carità che egli effondeva a piene mani: “In Napoli, essendosi incontrato con un povero nudo e senza camicia in un rigido inverno (…) svestendosi della camicia, giubbone e calzoni, ne rivestì il poveretto. Il fatto fu che quello facendo trafico della nudità, incontrollo anche nudo il dì seguente20 ”. Se poi vedeva qualcuno bestemmiare “li correva sopra e li metteva la mano in bocca, ed alcune volte pagava lui per non farli bestemmiare; e certi per strappare denari, lo facevano con arte (…) Accaduta la morte della madre, si portò al convento di S. Maria degli Angioli in Atella per far fare i funerali (…) Al far ritorno, in un certo luogo, un vaticale, per essergli caduto un mulo in mezzo a profondi fanghi, perché solo e non poteva far alzare il mulo, bestemmiava”. Il sacerdote, sentendo le imprecazioni del mulattiere, scese immediatamente da cavallo per offrire il suo aiuto, senza badare né al pericolo né al fango; una volta tratto in salvo l’animale, p. Margotta “più pieno del mulo di fango se ne ritornò e lasciò consolato il vaticale, ma dovette alla taverna del passo di Calitri asciuttare li panni21”. Altrettanto notevoli erano le umiliazioni che si infliggeva, come quando, entrato nella congregazione da novizio (lui che era stato vicario episcopale e rettore di un seminario), accettò senza mai protestare le mansioni riservate ai nuovi entrati, ai quali toccava svolgere i lavori domestici e servire i confratelli22; o come quando, durante una messa, finse di dimenticare la predica che aveva preparato, poiché riteneva di commettere peccato di vanità sfoggiando davanti ad altri la sua eloquenza e la sua cultura23. Nei primi anni del sacerdozio p. Margotta svolse il suo apostolato sia in Calitri, sia nei paesi vicini, come missionario della congregazione del p. Pavone (si trattava degli stessi religiosi che avevano incorag- N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 giato la fondazione della confraternita dell’Immacolata in Calitri). La sua carriera di ecclesiastico fu rapida e brillante; pochi anni dopo l’ordinazione sacerdotale l’arcivescovo Giuseppe Nicolaj lo nominò rettore del Seminario di Conza e poi suo vicario generale. Durante la visita pastorale dell’arcivescovo Nicolaj in Calabritto, nel 1746, P. Margotta conobbe Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e lo sollecitò, insieme con altri religiosi, a compiere una missione nella diocesi di Conza, che ebbe luogo nel gennaio 1747; il 7 dicembre dello stesso anno p. Margotta, dopo aver devoluto gran parte dei suoi beni per la costruzione della nuova casa dei redentoristi in Materdomini di Caposele, abbandonò ogni carica ed Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo. (1 Gv. 5, 1-6) entrò da semplice novizio, a 48 anni, nella congregazione del Redentore24. Nel 1749, nel capitolo generale tenutosi nella casa redentorista di Ciorani, Margotta fu eletto procuratore generale della congregazione; nello stesso anno fu nominato rettore della casa di Materdomini, con l’inarico di occuparsi della costruzione del nuovo collegio. Nel 1750 si recò ad Atella per predicare e per discutere della fondazione di una nuova casa in Rionero, ma il progetto, nonostante l’impegno di Sant’ Alfonso e dei suoi confratelli, che tra il 1750 e il 1753 compirono numerose missioni nei paesi della diocesi di Melfi, non andò in porto; il re infatti, sentito il parere negativo espresso dalla Regia Camera sulla nuova fondazione, non concesse ai religiosi il permesso di aprire la casa25. Per i suoi incarichi P. Margotta si recava spesso a Napoli, dove aveva una fitta rete di conoscenze nell’ambiente intellettuale e religioso del tempo; anche nella capitale diede prova della sua virtù, e in un caso rivelò capacità profetiche, secondo la testimonianza resa da p. Tannoia: “Passando in Napoli per una strada non solita, spinto s’intese nel cuore per salire sulla casa di un cavaliere ed ammonirlo. Non potendo resistere all’impulso vi sale e, cercando udienza, si scusa dell’ardire e fagli presente il lume ricevuto. Ritrovavasi quello colla coscienza in un grave imbarazzo: si confuse e (…) vedendosi scoperta la piaga (…), mutato sistema, si diede a Dio. Il fatto fu che né il cavaliere conosceva il P. Margotta, né D. Francesco il cavaliere. Emendato, egli stesso fé noto il fatto26.” 14 Nell’estate del 1754 p. Margotta portò con sé nella capitale anche il giovane San Gerardo Maiella, che vi operò molti miracoli; finito il soggiorno in Napoli, i due religiosi ritornarono a Materdomini27 e da qui si recarono a Calitri, dove San Gerardo si fece presto conoscere per le profezie e per i miracoli operati28. Gli ultimi anni Più volte, nell’arco della sua vita, p. Margotta patì per una grave forma di depressione, descritta da tutti i suoi biografi: “Era uomo di gran santità, ma siccome il Signore purifica quelli che ama, soffriva da parecchi anni un vero martirio. Un fitto velo gli sottraeva gli splendori di sopra, mentre una luce penetrante gli mostrava tutte le miserie dell’anima sua: e da questo derivavano aridità senza fine, scrupoli senza numero, angosce da spezzare il cuore. Quindi era sempre triste, abbattuto, desolato come un’anima del Purgatorio, e faceva compassione a tutti29”. Le crisi depressive erano profonde e duravano a lungo, tra la costernazione dei confratelli che assistevano impotenti alla sua sofferenza; in una di queste occasioni, secondo il racconto di p. Nigro, sarebbe stato il clavicembalo di Sant’Alfonso ad alleviare la sua malinconia: “Stava adunque il p. Margotta talmente oppresso dalla sua ippocondria ed afflizione di spirito che per giorni stava mutilo, senza dir parola, anche in tempo di ricreazione. Se n’affliggeva il P. D. Alfonso; e vedendolo in tale stato, che cosa è, gli disse un giorno, non dici una parola. E quello: se mi volete sollevare, cantate, disse, una canzoncina della Madonna. E Don Alfonso per consolarlo in risposta prese a cantare - Quanto è dolce, o Madre Mia / il tuo nome di Maria - ma cantò con tale unzione di spirito che si uscì dalla ricreazione quella mattina come se si fosse uscito dalla più profonda contemplatione30”. Dalla testimonianza di p. Mazzini si sa che fino al 1756 p. Margotta ebbe almeno quattro lunghe crisi: “la prima, essendo ecclesiastico nel secolo, e gli durò circa sei mesi; la seconda in Caposele, durogli circa due anni e mezzo (…) La terza durò poco, mentre fratello Gerardo con le sue preghiere la trasferì in sé stesso (…) La quarta nel collegio de’ Pagani31”, che durò circa due anni. Quest’ultima fu forse la prova più dura, ma alla fine p. Margotta riuscì a venirne fuori, come racconta il suo biografo De Risio: “Il Signore, che sembrava a Francesco molto lontano, gli era pur troppo vicino. Dopo due anni tornò a mostrare la sua bella faccia, e a riempirlo tutto di consolazione. IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 Ricorreva il giorno della Natività della nostra Madre Maria SS., quando egli stando ne’ Pagani, si vide allontanato dalla tempesta. Correva allora per ogni dove D. Francesco fuori di sé, ripieno dello spirito di Dio. Si portò nel Coro per farsi abbracciare da’ Padri, e congratularsi con essi della pace riacquistata col Signore. Tanto fece, e i buoni Padri, vedendolo in una allegria quasi celeste, non poterono non preconizzare la sua prossima morte, come infatti avvenne32”. Era da poco stato nominato rettore della casa di Sant’Angelo a Cupolo, in provincia di Benevento, quando, nell’estate del 1764, trovandosi a Napoli per il suo ufficio di procuratore della congregazione, p. Margotta si ammalò di colera; l’epidemia era stata provocata da una grave carestia che aveva colpito il Regno, uccidendo in pochi mesi migliaia di persone. Venuto a conoscenza della malattia e delle gravi condizioni in cui versava p. Margotta, Sant’Alfonso inviò subito in Napoli alcuni religiosi per assistere il confratello ammalato e si rivolse a un famoso medico napoletano, il dottor Tommaso Ventapane. Ma ogni cura si rivelò inutile; dopo una breve agonia, il religioso si spense l’11 agosto e pochi giorni dopo i confratelli riuscirono a riportare la salma a Pagani. Ecco la testimonianza di p. Landi sul seppellimento di p. Margotta: “Morto che fu il P. Margotta (…) si stimò non farlo sepelire in Napoli per non perdere un sì gran tesoro; ma, perché colà ci erano ordini rigorosissimi di non trasportare fuori di città i cadaveri, onde tutti temevano d’azzardarsi a dare questo passo, ma ci fu un nostro fratello, chiamato Mattia Fazzano, che anche l’aveva assistito, questo risolutamente disse che si fidava di trasportarlo al collegio nostro de Pagani. Infatti se l’intese con un gabelliere avendolo ben regalato, s’affittò un buon carrozzino chiuso con cristalli avanti, lo fece venire in tempo di notte, e così lo pose dentro assieme con sé ed uscì da Napoli il P. Margotta già morto. Fu domandato fuori la porta, ma lui animosamente si seppe risolvere e così passò libero per tutte le guardie fino a Nocera; e giunto al nostro collegio, quando lo videro i padri, tutti si consolarono; mentre se l’avevano perduto vivo almeno l’avevano acquistato morto. Onde subito l’esposero con un gran cataletto al pubblico, se li fecero tutte l’esequie con ufficio e messa cantata, e nel mezzo di detta messa il P. Ferrara (…) li fece una celebre orazione funebre, dove ci fu un gran concorso di popolo a vedere morto questo gran servo di Dio; e tutti dicevano: è morto un Santo, è morto un Santo; e così dopo le funzioni fu sepolto con tutta venerazione nella nostra sepoltura comune nel collegio di Pagani. E speriamo che il Signore, per sua misericordia, voglia ancora con prodigi far conoscere in appresso i meriti di questo gran servo di Dio33”. Le parole di p. Landi fanno intuire che i redentoristi prevedevano per il loro confratello una causa di beatificazione. Nel 1858 Alessandro De Risio riportava, nella sua Vita di P. Margotta, alcuni fatti miracolosi, come quando a Foggia il sacerdote calitrano “nel meglio della predica a Maria SS. si vide uscito fuori di sé, e quasi trasformato levarsi in aria34”; tuttavia sulla santità di p. Margotta il biografo manteneva un atteggiamento prudente e concludeva affermando che anche se “più volte si vide in diversi luoghi come Iddio lo favoriva con doni soprannaturali (…) con dolore siam forzati a passarli sotto silenzio per mancanza di documenti35”. Francesco Margotta dunque non fu un santo; ma di certo egli fu un ottimo religioso, che mise a disposizione del prossimo la sua cultura, la sua integrità morale e la sua profonda umanità. NOTE * Questo lavoro, come i due precedenti, non sarebbe stato possibile senza la competenza e la cortesia di p. Giovanni Vicidomini CSSR, che qui ringrazio. 1 Sulla diffusione della congregazione redentorista cfr. G. GALASSO, Santi e santità, in L’altra Europa. Per un’antropologia storica del Mezzogiorno d’Italia [1982], II ed., Lecce 1997, pp. 79-143. 2 Su p. Francesco Maria Margotta cfr. F. LANDI, Istoria della Congregazione del SS. Redentore, 2 tomi mss. [1782]; A. M. TANNOIA, Della vita ed istituto di S. Alfonso Maria de Liguori vescovo di S. Agata dei Goti e fondatore della Congregazione del SS. Redentore libri quattro [1797], ed. cons. Torino 1860, lib. II, capp. XXIV-XXV, pp. 130-136; A. DE RISIO, Vita del P. Margotta, in Croniche della congregazione del Santissimo redentore fondata da S. Alfonso Liguori, I, Palermo 1858, capp. LV-LX, pp. 329-355; F. KUNTZ, Annales Congregationis SS. Redemptoris, 3 volumi mss. [notizie dal 1696 al 1737]; ID., Commentaria de vita D. Alphonsi et de rebus Congregationis SS. Redemptoris, 11 volumi mss. in folio, della fine del XIX secolo, conservati nell’Archivio Generale dei Redentoristi in Roma (copia in Archivio Provincia Napoletana dei PP. Redentoristi - Pagani); Lettere di S. Alfonso Maria de’ Liguori (…) pubblicate nel primo centenario della sua beata morte, I, Corrispondenza generale, Roma 1897, lettera 92, pp. 140-142; A. BERTHE, S. Alfonso Maria de Liguori, I, Firenze 1903, pp. 312-313; S. SCHIAVONE, 12 volumi ms. della prima metà del XIX secolo, Biografie. Materdomini, pp. 182-187 (una parte delle Biografie è stata raccolta in un’edizione a stampa curata nel 1933 dallo stesso p. Schiavone). Cfr. anche E. RICCIARDI, La Congregazione del SS. Redentore a Calitri (I) - P. Francesco Margotta e il culto dell’Immacolata Concezione, in “Il Calitrano”, n.s., 22 (2003), pp. 8-13. 3 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 195. “L’arciprete di Simone” era don Giuseppe De Simone, parroco di Calitri dal 1692 al 1702. Nei registri parrocchiali di Calitri, oltre alla fede di battesimo di Francesco Margotta (Archivio parrocchiale di Calitri, Registri antichi, IV [1677-1707], f. 30), sono annotati anche l’atto di matrimonio (31 maggio 15 1694) e gli atti di morte dei genitori (8 agosto 1699 e 9 gennaio 1739). 4 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, p. 98. 5 Ivi. 6 Ivi. 7 Ivi. 8 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, p. 196. 9 Ivi, p. 199. 10 A. DE RISIO, op. cit., p. 333. 11 Ivi, pp. 333-334. 12 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, p. 202. 13 Ivi, p. 196. 14 Ivi, p. 198. 15 A. DE RISIO, op. cit., pp. 336-337. 16 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., III, p. 209. 17 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 195. 18 Ivi, f. 207. 19 Ivi, f. 205. Cfr. Anche A. DE RISIO, op. cit., p. 339. 20 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 207. 21 Ivi, f. 211 22 Cfr. A. DE RISIO, op. cit., p. 342. 23 Ivi, p. 347. 24 A.M. TANNOIA , Della vita ed istituto di S. Alfonso Maria de Liguori…, cit., lib. II, cap. XXV, p. 134-135. 25 A. SAMPERS, Progetto di fondazione dei Redentoristi a Rionero in Vulture c. 1750, in Società e Religione in Basilicata nell’età moderna, Atti del convegno di Potenza - Matera (25-28 settembre 1975), II, Salerno 1977, pp. 703-720. 26 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, f. 205 27 “Tanti accidenti, e così portentosi, divulgati per la Città, [Gerardo] passo non poteva dare fuori di casa, senza essere mostrato a dito. Ponderando un tanto applauso il P. Margotta, e temendo che aura di vanità non entrasse a titillargli il cuore, risolvette disfarsene. Ottenne in grazia bensì dal nostro B. Padre Alfonso vederlo situato nell’altra nostra casa in Caposele: casa prediletta di esso Margotta, perché stabilita coll’opera sua.”(A.M. TANNOIA, Vita del servo di Dio Fr. Gerardo Maiella laico della Congregazione del SS. Redentore, IV ed., Napoli 1824, p. 114). 28 Sul soggiorno di S. Gerardo in Calitri cfr. E. RICCIARDI, La Congregazione del SS. Redentore a Calitri (II) - P. Francesco Margotta e S. Gerardo Maiella, in “Il Calitrano”, n.s., 23 (2003), pp. 12-15. 29 S. SCHIAVONE, Biografie. Materdomini, ff. 185-186. 30 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VI, f. 43. La canzone citata nel brano non è stata ritrovata; cfr. in proposito P. SATURNO, La tradizione musicale alfonsiana, in Alfonso M. de Liguori e la società civile del suo tempo, atti del Convegno internazionale per il bicentenario della morte del santo (1787-1987) Napoli, S, Agata dei Goti, Salerno, Pagani 15-19 maggio 1988, a cura di P. GIANNANTONIO, 2 voll., Firenze 1990, pp. 623-639. 31 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VI, 44-45. 32 A. DE RISIO, op. cit., p. 346. Salvatore Schiavone riporta nelle sue Biografie anche il ritratto di P. Margotta e il testo dell’epigrafe tombale, che è il seguente: FRANCISCO MARIA MARGOTTA / DOMO CALETRI / QUI LAUREA UTRIUSQ. IURIS INSIGNITUS / FORI HONORES CUM SACERDOTII DIGNITATE / COMMUTAVIT / DEIN COMPSANI SEMINARII RECTOR / ET ANTISTIT VICARIUS GENERALIS / AD CAPITIS SILARI COENOBIUM AEDIFICANDUM / CONSILIA ET PECUNIAM CONTULIT / TANDEM CONGREG. SS. REDEMPT. NOMINE DATO / NASCENTIS ORDINIS DECORI PROXPEXIT / VIXIT ANN. LXV M. VI / OBIIT III ID. AUG. MDCCLXIV (D. Santorelli). 33 F. KUNTZ, Commentaria…, cit., VII, pp. 91192. 34 A. DE RISIO, op. cit., p. 350. 35 Ivi, p, 353. IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 CHI LI RICONOSCE? Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti Voi per riconoscere i personaggi di queste foto eseguite dallo studio Angelo Maria Leone di Calitri, portano sul retro la data del 7 maggio 1911, la seconda del 20 maggio 1911. Chi le riconosce è pregato di farci una telefonata. Grazie! ANNIVERSARI DI MATRIMONIO Firenze, 04.09.2002, Michele Cianci nato da Giovanni e da Carolina Di Muro il 16.04.1925 e la consorte signora Gigliola La Posta nata a Capua da Armando e da Giuseppa Lionetti il 03.08.1926 festeggiano, circondati dall’affetto dei figli e dei nipoti, i loro cinquant’anni di matrimonio. Sinceri e sentiti auguri dalla Redazione. Mariano Comense, 27.12.2003 Vincenzo Coppola nato da Giuseppe e da Vincenza Zarrilli il 22.07.1956 e Antonietta Lamanna nata a S. Andrea di Conza da Leone e da Giuseppina Vigorito il 02.09.1960 festeggiano i loro 27 anni di matrimonio. Auguri dai figli Giuseppe e Leo, dai familiari e dalla Redazione. 16 CANADA - Giuseppe Sacino e Antonietta Cianci festeggiano il loro quarantesimo anno di matrimonio; auguri vivissimi dai figli, dai familiari, dagli amici e dalla Redazione. IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 Calitri 10.02.1954, gli sposi Maria Teresa Zarrilli (zarrigghj’) e Attilio Acocella (andr’ttes’) hanno felicemente festeggiato i 50 anni di matrimonio. Auguri vivissimi dai parenti, dagli amici e dalla Redazione. Calitri 27/10/2002. Ristorante Gagliano in occasione del festeggiamento delle nozze d’oro dei coniugi Salvatore Zabatta (haland’) nato da Giovanni e da Maria Antonia Del Cogliano e coniugato il 26.10.1952 con Maria Antonia Rubino nata da Canio e da Grazia Margotta, da sinistra in piedi: Marcella Zabatta, Marina Zabatta, Vito Metallo, Alfonso Russomanno (giachess’), Giuseppe Di Maio (palusc’), Canio Russomanno (giachess’), Angela Cerreta (ricca recca), Anna Maria Di Roma (a’ tripolina), Marco Snaider, Luigi Rubino, Rosetta Fierravanti (la marnesa), Maria Francesca Russomanno (giachess’), Maria Grazia Sorrentino, Graziella Zabatta, Lucia Margotta di Vincenzo (stingh’), Rocco Zabatta (March’), dietro: signor Giuseppe di Nocera Inferiore con baffi e barba, Salvatore Zabatta, Canio Metallo (tart’liegghj’); seduti: Maria Antonietta Zabatta, Daniela Cangemi, Mariella Cangemi, Giuseppe Cangemi (il bambino), Michele Gallucci – i festeggiati – Emma Cioffari (pasciut’), Antonella Metallo (la bambina), Michelina Acocella (paloscia), Giuseppina o Giusi Cioffari (la bambina), Salvatore Metallo, Domenico Russomanno (giachess’). Foto Nicolais RICORRENZE VARIE Calitri 6 luglio 2003, foto scattata da Canio Zarrilli (Foto Flash) in occasione del 75° compleanno di Salvatore Ramundo (detto El Pelon) nato da Giuseppe e da Margherita Trofa il 06.07.1928 in Vico Sotto Concezione n. 20 (oggi 12) alle ore 15 e 20.Auguri vivissimi dalla Redazione e ad maiora semper. Calitri 22 maggio 2003, sulla terrazza della signora Serafina Lampariello in via Alfonso De Carlo, nel classico costume calitrano la piccola Pamela Dragone nata in Belgio da Leone e da Serafina Pompeo il 22.08.1997 ed ivi residente. 17 Calitri, 02.12.1936, nel corso Vittorio Emanuele III gli sposi Mariangela Cioffari nata da Canio e da Maria Giuseppa Abate l’01.04.1916 e Ferdinando Cella nato da Luigi e da Angela Metallo il 27.01.1913, emigrati a Montevideo l’01.10.1959. IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 Cantù, 13 ottobre 2003, due anni di matrimonio di Michele Maffucci nato a Mariano Comense da Donato e Giovanna Araneo il 30.08.1977 e Rosi Ciurleo, da sinistra: Umberto Maffucci, Lorenzo Maffucci, Grazia e il piccolo Giuseppe, Maria Maffucci – gli sposi – Donato Maffucci da Savona, Giovanni Maffucci con la moglie Rosa Ilario napoletana, Michelina Maffucci, Dario Rabagliati, Donato Maffucci e Giovanna Araneo genitori dello sposo che compiono, felicemente, 31 anni di matrimonio. Isole Tremiti (FG), 10 agosto 2003, gita turistica da Calitri, da sinistra in piedi: Nunzia Cozzolino nata ad Ercolano, Enzo Soricelli, Giovanna Di Maio (br’zzill’), Maria Di Napoli (pagghion’/sc’mm’rott’), Michele Tornillo, si vede solo la testa, Michele Codella (temba tosta) con baffi ed occhiali da sole, Michelina Vallario, Patrizia Di Milia, Giuseppe Maffucci (p’ciff ’), con occhiali da sole, Giovanni Saldutti, a dorso nudo; fila intermedia: Giovanna Maffucci (p’ciff ’), Canio Scoca (u’ fratiell’) con baffi,Valentina Saldutti, Chiara Codella, Genny Soricelli, Alessia Maffucci; in prima fila: Remo Scoca, Maria Pia Zollo, Riccardo Maffucci,Vittorio Saldutti. Coppola Giuseppe nato da Vincenzo e da Antonietta Lamanna, festeggia insieme al fratello Leo classe 1983, il suo diciottesimo anno. Cantù, il piccolo Donato Maffucci, nato da Antonio e da Cristina Licata il 15.06.1999, con il cavallo e l’asino del nonno Donato (patr’nett’), con i vecchi tini che 50 anni fa a Calitri servivano per trasportare le pietre. Calitri dicembre 1997, cernita delle ulive,Vito Russo (ciucc’ carr’ch’ r’ sold’) e la moglie Gaetanina Zarrilli (tauron’). 30 agosto 1952. Gli sposi Rosa Di Muro, nata da Giuseppe e da Maria Gaetana Cestone il 07/09/1930 e deceduta il 14/03/2003 e Giuseppe Cerreta, nato da Antonio e da Marianna Galgano il 21/07/1927 e deceduto il 09/01/1986. La figlia Mariannina vorrebbe che i suoi genitori venissero ricordati così. 18 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 MONSIGNOR MICHELE RICCIARDELLI DA SOLOFRA (Testimonianze inedite) a cura di Vincenzo D’Alessio – Solofra 2001. LA NOSTRA BIBLIOTECA l 15 maggio 2000 nella cittadina americana di Sommerville che l’aveva visto stimatissimo professore universitario e Isacerdote torna al Padre la candida anima di mons. Michele Ricciardelli, arricchita dalle tante iniziative a favore dei giovani e di coloro che vengono considerati gli ultimi. Era nato a Solofra (AV) il 9 agosto 1923 da Michele e da Maria Teresa Nocera, la sua infanzia è passata attraverso una vita di sacrifici, aiutava uno zio nell’attività di calzolaio, ma gia da allora il suo posto era accanto ai lavoratori delle concerie contro lo strapotere dei ricchi borghesi. Spesso ricordava con estrema attenzione il primicerio canonico Carmine Troisi che fu suo primo maestro e cristallino esempio di santità e di cultura mentre lui faceva il suo percorso di chierichetto nella Collegiata di San Michele Arcangelo dove riuscì a recuperare le tavole appartenenti ad un organo del XV secolo, rappresentanti San Giovanni e Sant’Antonio da Padova e che oggi sonos esposte accanto all’altare dell’Addolorata. Intanto intraprende gli studi per divenire sacerdote, studiando a Nocera Inferiore, a Cava dei Tirreni e a Roma dove finalmente il giorno dell’Immacolata, 8 dicembre 1952, viene consacrato dal vescovo americano Claudio Colling, in seguito completerà gli studi superiori universitari a Roma e il dottorato nell’università dell’Oregon (USA). Fonda nel 1967 la rivista di studi italianistici all’estero “Forum Italicum” ancora oggi in piena attività. Credeva fermamente nei giovani, nel riscatto della loro esistenza attraverso la consapevolezza dei ruoli, lo studio, la perseveranza; ha amato grandemente la sua terra d’origine e l’ha illustrata con molteplici pubblicazioniha sempre partecipato alle attività culturali realizzate dal 1980 dal Gruppo Culturale “F. Guarini” e dal Centro Culturale “Orizzonte 2000”, ha aiutato, consigliato, spronato molti autori con prefazioni, suggerimenti, correzioni, presentazioni, viaggi. Fu professore emerito in molte università, professore di portoghese, sempre bene accolto ed insignito di molteplici riconoscimenti, dopo il terremoto del 1980 è stato il patrocinatore della risistemazione della Biblioteca Comunale “Renato Serra”, promotore di corsi di inglese gratuiti e tantissime altre iniziative. Un uomo, un sacerdote che si è dato tutto a tutti e ha lasciato un’eredità di affetti e di amore a favore di tutti i giovani della zona. LA GIOSTRA DELLA VITA di Michelangelo Armiento – Libroitaliano Editrice Letteraria Internazionale - Ragusa 2003 titolo rivela il proposito di cantare una molteplicità Lcialiodistesso argomenti sostanzialmente fedele ai consueti temi soe polemici da un lato e lirici e privati dall’altro pur dentro un silenzio denso di cose non dette. Una solitudine ed un silenzio che lasciano qualche rammarico per un riserbo che sembra impedire una più adeguata valutazione dell’uomo e della sua opera. Armiento ha forse voluto offrirci una serie di arguti e garbati, spesso eccentrici e talvolta elegiaci giuochi della vita in chiave a volte di paradossi; il tutto è detto con non comune discrezione senza puntigliosità, quasi con noncuranza, ma in realtà nel segno e sotto il premere di una persuasione acuta, che adombra anche una pena recondita, una mestizia scavata del vivere. La ricchezza interiore, il verso prosciugato, l’incontro con l’elemento emotivo che facilmente attecchisce e trascina i lettori su un piano di completo allineamento e condivisione. Il libro, nato dall’esperienza di contatti quotidiani, con un andamento sciolto e quasi colloquiale, offre numerosi interrogativi senza offrire proposte concrete, ma il lettore che mediti su ciò che l’autore dice, non tarderà ad entrare in familiarità con la sua terminologia, e aprirsi aunomaticamente alla sua comprensione. UN’ALBA SENZA MEMORIA di Vitale Ricciardi by Pagine S.R.L. – Roma 1999 l nostro concittadino poeta non è nuovo a questo tipo di letteratura, ha già pubblicato altre poesie e qui si conferma Ipoeta di intensa interiorità, narratore personalissimo, schivo, di eccezionale spiritualità che gli conferisce un’aura di antica saggezza. Il tormento di vivere per gli altri, nel bisogno di uscire dalle strettoie del proprio io individuale; l’oscillante bivalenza, con voluta sottile “ambiguità” tra corpo e anima qui è il nucleo dell’ispirazione di questo libro di poesie che vuol dare un senso all’inutilità del vivere, oggi, ricercandone le ragioni o nella storia dell’individuo oppure nel sangue che continua a spargersi nel mondo. Il Sud d’Italia e del mondo in genere si fa metafora di una condizione esistenziale tenace quanto amara, disperata ma non disposta alla resa; il dramma del dolore e della fatica della sua gente e della sua terra è quello dell’uomo che soffre e lotta sotto ogni cielo e in ogni tempo; la crisi è di per se stessa una realtà permanente nella storia umana, è un fatto dell’esistenza ed al medesimo tempo una costante della Storia. L’autore abbraccia l’angoscia della vita e l’angoscia della morte, il dubbio, il dolore della solitudine e il piacere dei sensi, l’odio irragionevole e la inconcepibile malvagità, la malizia e la tenerezza di un istante, il mistero della sofferenza, dei sogni e delle speranze: un mondo di sentimenti e di passioni fluttuanti, mutevoli, misteriose. IL MONUMENTALE CARCERE BORBONICO NELLA CITTÀ DI MONTEFUSCO presentato dal Comune di Montefusco in collaborazione con il Gruppo Culturale “F. Guarini” il 13 settembre 2003. gni essere umano nasce libero e la condizione di libertà si ama ancora di più quando si visitano luoghi come il O carcere . Questo che andiamo visitando è un carcere realizzato nelle viscere della montagna di Montefusco, nella pianta quadrangolare dell’antica fortificazione longobardo/normanna, poi ampliata dalle dominazioni successive. La vicinanza al Ducato di Benevento dovette influire molto sulla fortificazione della sommità montana che oggi forma l’abitato ed il luogo destinato al carcere. Raggiunta la piazza monumentale accanto alla chiesa madre di S. Giovanni del Vaglio, sul lato sinistro si nota l’in19 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 nell’altro vano più cupo che costituiva la parte remota del complesso di pena. La corsia inferiore è conposta da un’ampia sala a volte a vela che scaricano su pilastri in opera mista contornata da mattoni e da pietre squadrate ed archi a tutto sesto lungo i corridoi di movimento. Dopo vari interventi oggi sono visibili le murature nel loro corpus. Anche ai lati sono state aperte delle nicchie che mostrano come la parte settentrionale è completamente scavata nella roccia viva. In questa vasta sala si aprono delle finestre alte dal suolo e chiuse con robuste e triple sbarre di ferro. Il pavimento in ciottoli, le pesanti porte e gli elementi in ferro, compreso “il puntale” (grosso anello in ferro infisso nel suolo o nel muro, al quale veniva immobilizzato il prigioniero con una catena) sono stati accuratamente conservati. Il monumento è stato utilizzato come luogo di pena già dal XVI secolo ma soltanto con i moti per l’Unità d’Italia diviene celebre ed identificato con il sinonimo di “Spielberg dell’Irpinia”. Il primo martire imprigionato tra queste mura fu proprio un eccellente Montefuscano: Pirro Giovanni De Luca (1761-1800) che, per avere parteggiato per la breve Repubblica Partenopea del 1799, fu incarcerato e ivi morì di tifo il 10.gennaio 1800. Pochi anni dopo il 2 febbraio 1852 giunsero nel carcere i “ribelli” barone Nicola Nisco di San Giorgio la Montagna; duca Sigismondo Castromediano duca di Caballino (Lecce); Carlo Poerio già ministro di Ferdinando II e il conte Michele Pironti da Montoro. La famiglia di quest’ultimo acquistò un’abitazione sulla piazza di Montefusco per seguire le vicende del congiunto. Dei cinquanta detenuti politici molti perirono all’interno del carcere, altri furono spediti al confino. Le condizioni disagevoli perdurarono tanto che il duca Castromediano di Lecce scrive: “Rimasti soli con la nostra desolazione non vi era altro cui appigliarsi se non coricarsi su quel suolo a ciottoli. Così facemmo. La notte era diaccia e ventosa, la neve fioccava fitta sulle circostanti montagne ed il rovaio impetuoso entrava libero dalle imposte delle finiestre, le quali chi sa da quanti anni non erano state curate. Ci corichiamo adunque rimanendo vestiti e avvoltolati nei mantelli e per non perire indirizziti dal freddo e per crearci intorno un’atmosfera tiepida, ci accosttammo ed abbracciammo l’un l’altro da parere una soloa massa”. Ma per questi malcapitati le pene non finirono lì. Tutto fu fatto per rendere impossibile la loro permanenza nelle mura del carcere. Molti perirono ed altri ne uscirono in condizioni pietose. Così scrive Nicola Nisco di quella vicenda: “Al Poerio sopravvenne affanno pettorale, al Castromediano bronchite ricorrente, al Pironti spinite, a Stagliano artrite, a Schiavone la perdita di un occhio, a diciassette rilassamento dell’anello inguinale; De Gennaro smarrì la ragione; furono emottoici Tuzzo, Serafino, Sticco: finirono per etisia Antonio Ferraro, Alfonso Zeuli e Vincenzo Cavallo; Morirono di colera Mellucci, Cimmino, Pannunzio, Gatto e Torquato”. Oggi visitando questo luogo eletto a monumento nazionale viene veramente voglia di apprezzare quell’Unità Nazionale che è costata l’esistenza di tanta bella gioventù, dei loro ideali e delle loro famiglie. La visita al Carcere Borbonico di Montefusco deve suggerire a ciascuno di noi la giouia di convivere con un così grande passato. Ma anche di comprendere appieno l’insegnamento che trapela dall’immane silenzio che si leva da questo monumento dove per secoli è stata costretta la vita e la Libertà di tanti esseri umani. Il monumento è utilizzato attualmente come Sede Municipale, luogo di manifestazioni ed è visitabile ogni giorno. gresso all’attuale Sede Municipale che corrisponde anche all’ingresso del carcere Borbonico. A venirci incontro è l’area definita “vaglio”: luogo deputato all’ora d’aria dei detenuti, dove secondo il cronista storico sac. Palmerino Savoia “giungeva benissimo il vocio della vicina piazza, gli echi delle feste, processioni, cortei e soprattutto l’armonioso suono delle campane della chiesa di S.Giovanni che quasi sovrasta tutto l’insieme del castello”. Sul lato sinistro c’è una piccola e stretta scala di accesso in pietra squadrata che consente l’ingresso alla pianta superiore del monumento. È questa una lunga corsia rettangolare divisa in camere di diversa ampiezza e diverse condizioni. Alcune di esse, adibite a celle di segregazione, sono anguste e completamente prive di luce. Altre, meno afflittive, pure nell’atmosfera tenebrosa del complesso, lasciavano ai prigionieri la consolazione della luce solare che debole filtrava dalle potenti inferriate. Proprio da queste l’unica nota pietosa nell’orrore del carcere: lo stupendo scenario naturale della verde campagna e dei monti lontani. Sulle robuste imposte di legno ancora restano incisi i nomi, date e segni della triste pena di quegli infelici. Per accedere al vano sottostante c’è una piccola scaletta in muratura che, dopo una breve curva, immette Calitri 1941,Vincenza Gautieri ( m’nacegghia), Lucia Inverso (a’ fr’stera) moglie a licch’ licch’, deceduta nel corso di quest’anno,Angela Zarrilli (a’ crapara). 20 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE DA CALITRI DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE Euro 5: Buscemi Natale – Russo Vincenzo – Siconolfi Anna – Cerreta Ercole – Miele Giovanni – De Nicola Michele – Maffucci Vincenzo Nicola – Germano Michele Antonio – Russo Giovanni, Contrada Cerone – Margotta Mario e Giarla Vincenza – Margotta Donato via Circonvallazione 97 – Antolino Caterina – Gervasi Giovanna – Lettieri Angelica – Panelli Peppino – Zarrilli Vito – Cerreta Lucia – Galgano Pasquale – Lucrezia Raffaele – Petito Rosa – Galgano Vincenzo – Fierravanti Giovanni. Euro 6: Aristico Lorenzo. Euro 10: Ungherese Lucia – Nappo Antonio – Nannariello Rosanna – Cerreta Mariannina – Acocella Irma – Paolantonio Paolo – Maffucci Emilia – Santoro Angiolina – Zabatta Michele – Gautieri Canio – Calà Pasquale – Galgano Erberto – Cialeo Vincenzo – Di Cosimo Antonio – Iannella Rodolfo – Savanella Concettina - Di Maio Giuseppe, vico Cirminiello 13 – Di Maio Vincenzo, via Circonvallazione 69 – Cerreta Alfonso – Cestone Franchino – Basile Aniello – Cestone Giuseppe, via Leonardo Codella 1 – Margotta Quaranta Concetta – Lucrezia Antonio, Paludi di Pittoli – Cerreta Antonio, via Manzoni 5 – Bavosa Carmine, via Circonvallazione 92 – Bavosa Antonio, via De Chirico 8 – Sperduto Angelomaria – Maffucci Vincenzo, via Cerrata 2 – Zabatta Rocco – Fiordellisi Michele Antonio - Tancredi Giuseppe – Cubelli Giovanni – Briuolo Rocco – Cubelli Vincenzo, via Cicoira 25 – De Nicola Giuseppe – Di Maio Antonio, Contrada dei Monti – Tornillo Giuseppe Nicola – Zabatta Vito,Contrada Gagliano – Cardinale Raffaele – Nivone Felice – Maffucci Vincenzo, via Pittoli 105 – Vallario Canio Antonio – Zabatta Rosina vedova Galgano – Fierravanti Gaetana – Armiento Canio e Rosa – Russo Lucia – Rauseo Angela, via F. Tedesco 98 – Leone Giuseppe – Pastore Antonio Raffaele – Balascio Gerardo – Lettieri Enzo – Maffucci Vittorio, via A. Del Re 19 – Zabatta Rocco, via A. Del Re 19 – Cicoira Nicola – Rabasca Vitantonio, via Sottopittoli 26 – Cestone Leonardo, Contrada Fontana della Noce – Maffucci Giovanni – De Luca Maria – Rubino Antonietta – Cestone Filomena, via A.De Carlo 30 – Metallo Giovanni, Paludi di Pittoli – Scoca Vincenzo, Contrada Sambuco – Maffucci Edoardo – Pastore Agnese, Contrada Crocepenta – Fastiggi Lucietta – Nicolais Toglia Gaetanina – Di Cairano Canio – Strollo Salvatore, III° Vico Pittoli 26 – Zarrilli Maria Grazia – Di Cairano Gaetano – Altieri Alessandro – De Nicola Lucia vedova Cianci – Zampaglione Donato – Zampaglione Vincenzo – Toglia Giuseppa vedova Fastiggi, Piazza Michelangelo 10 – Caputo Vitantonio – Martiniello Michele – Iannece Antonio – Zabatta Domenico – Bozza Vincenzo – Di Cosmo Michele – Nicolais Canio – Stanco Giuseppe Nicola, via De Sanctis 62 – Maffucci Michele, Corso garibaldi 162 – Del Re Michele – Stanco Maria Antonia – Armiento Rocco – Gautieri Vincenzo – Lucrezia Antonia – Polestra Vincenzo, via F. Tedesco 161 – Di Guglielmo Luigi – Mastrullo Giuseppe – Codella Giuseppe, via Torre 11 – Ziccardi Giuseppe – Colucci Giuseppe – Nivone Antonio – Zabatta Vincenzo, via Macello 12 – Zarrilli Antonio, via G. Verdi 31 – Nivone Salvatore – Di Guglielmo Francesco – Metallo Giovanni – Metallo Giovanni Battista – Di Maio Maria Francesca Vico I° Largo Croce 2 – Nivone Giuseppe – Rainone Lucia – Cerreta Giovanni – Lucadamo Vincenzo – Fastiggi Giuseppe Via Frucci 85 – Maffucci Vittorio – Zarrilli Donato, Corso Garibaldi 132 – Di Roma Peppino – Di Milia Vincenzo – Zarrilli Canio – Cianci Gaetano – Armiento Marianna – Zarrilli Michele – Zarrilli Salvatore – Armiento Michelangelo – Della Badia Pietro – Rosania Antonietta – Germano Michele, via Sottomacello 2 – Fatone Canio – De Rosa Canio – Codella Rosa – Fasano Giovanni – Caputo Anna – Di Maio Giovanni via Sotto Concezione – Tuozzolo Vittorio. Euro 15: Musano Antonietta – Tuozzolo Rosa Maria e Raffaele – Zarrilli Francesco, via Verdi 35 - Nicolais Cristina – Scoca Michele, via Sottopittoli 32 – Di Milia Giovanni, via Dante 21 – Iannolillo Giovanni – Cubelli Alessandro – Sicuranza Giovanni – Di Milia Maria – Merola Giuseppina, via G. Tozzoli 100 – Caputo Giuseppe – Di Milia Pasquale – Bar Zabatta – Maffucci Maria – Calabrese Minichino Lucia – De Rosa Enzo – Armiento Maria Giuseppa – Di Maio Franco – Gervasi Lucia in Caruso – Cestone Gallucci Vincenza – Contino Vito Antonio – Di Guglielmo Michele e Vallario Angela – Cialeo Iolanda – Lucrezia Vincenzina – Cestone Ricciardi Gaetanina – Fastiggi Giuseppe – Cetta Rosetta – Lampariello Michele – Di Maio Vincenzo, via Pittoli 55 – Nesta Vincenzo – Simone Pasquale, via Torre 27 – Di Milia Antonio – Pastore Raffaele, via Sottoconcezione 21 – Galgano Michele, via Circonvallazione 34 – Corazzelli Francesco – Panelli Armando – Melaccio Gerardo – Di Cairano Francesco e Lamorte Gessica – Di Napoli P. Salvatore – Zabatta Salvatore, via F.lli Carola 16 – Di Napoli Canio – Bovio Cosimo – Cerreta Michele Euro 16: Zarrilli Vittorio e Michelina Euro 20: Suore di Gesù Redentore – Zabatta Lucia – Delli Liuni Giulio – Russo Maria in Cianci – Cianci Maria Antonia – Tornillo Salvatore – Cicoira Romualdo – Di Muro Leonardo – Di Napoli Antonietta in Del Re – Cirminiello Francesco – Gautieri Cantore Vincenza – Lettieri Canio – Russo Canio via S. Lucia – Martiniello Canio FERCAL – Codella Vito Corso Garibaldi 44 – Paolantonio Vito – Cestone Pasquale, Contrada Carcatondo – Di Roma Canio – Ortofrutticolo Cestone Benedetto – Galgano Giovanni, via F. Tedesco 5 – Galgano Francesco, via Ferrovia 3 – Zarrilli Giuseppe, via Sottomacello 12 – Rubino Maria Celeste – Di Cecca Raffaele – Zampaglione Rosa – Tornillo Rosa, via Dante 26 – Capossela Mario – Petito Maria vedova Sena – Gervasi Rosa – Metallo Fiorina – Di Carlo Michele – Maffucci Angelomaria, Contrada Fico – Cerreta Francesco – Minichino Gerardo – Di Carlo Francesca Campana – Sanacore Salvatore – Metallo Colomba – Cicoira Mario Angelo, via VI° Pittoli 5 – Vallario Leonardo – Metallo Michele – Di Roma Antonio – Di Maio Michele – Cirminiello Vittorio – Marchitto Vito – Zarrilli Salvatore – Salvante Michele – Gautieri Vito e Franca – Lettieri Angelo – Coppola Vincenzo – Di Cecca Giovanni, Corso Garibaldi 142 – Maffucci Michele, Contrada Fontana Della Noce 9 – Vodola Giuseppe – Pinto Orazio – Armiento Assunta – Zabatta Vittorio – Di Carlo Antonio – Cestone Maria Antonietta, via VI° Pittoli – Di Cosmo Michele, via A. Manzoni 9 – Altieri Alessandro – Ferrara Dora – Di Napoli Francesca – Zarrilli Crescenzo Euro 25: N.N. – Borea Esterina – Miranda Antonio Pasquale – Zabatta Franca – Immerso Maria, via Circonvallazione 145 – Piumelli Attilio – Polestra Maria Antonietta – Di Napoli Canio via Angelo Cerrata 12 Euro 30: Ricciardi Vitale - Maffucci Annamaria – Maffucci Salvatore – Di Cecca Angelomaria – Lucev Donato – Polestra Giovanni – Nigro Giuseppe – Sacino Francesco – Stanco Michele – Russo Center Auto-Moto – Toglia Luigi Euro 50: Armiento Vincenzo MIRA snc – Armiento Giuseppe – Foto Flash - Di Cecca Graziella – Lina Romano in Cerreta – Caruso Salvatore – Girardi Giuseppe – Di Maio Teresa – Lucadamo Ottavio – Maffucci Maria Giuseppina – Pontillo Gaetano Euro 5: Russo Michele (Roma) – Briuolo Luigi (Alessandria) – Di Lisi Giuseppe (Taranto) – Grippa Fiorello (Cesano Maderno) – Malevolti Giancarlo (Firenze) – Piccirillo Angelo (Serre) – Cianci Francesca (Roma). Euro 6: Cerreta Giuseppe (Cambiano). Euro 10: Pastore Maria (Fornaci di Barga) – Cerreta Alfonso (Sesto F.no) – Ricciardi Fernando (Conegliano) – Zabatta Canio (Lentate S.S.) – Pignataro Rosa (Contursi Terme) – Cubelli Lucia (Bologna) – Manzoli Ascanio e Flavia (Genova) – Mollica Antonio (Novara) – Margotta Vincenzo (Roma) – Bozza Mario (Genova) – Di Maio Antonio (Rho) – Polestra Pasqualino (Milano) – Codella Pasqualina (Asti) – Di Napoli Alfonso (Bollate) – Cestone Canio (Roma) – Maffucci Edoardo (Moncalieri) – Maffucci Michele (Milano) – Cianci Antonietta (Milano) – Gautieri Giuseppe (Bologna) – Di Milia Canio (Bollate) – Di Napoli Gaetano (Latina) – De Luca Donato (Rapone) – De Nicola Antonio (Grugliasco T.se) – Cubelli Orazio (Portici) – Vallario Giuseppina (Desio) – Zabatta Gerardina (Torino) – Caporale Vincenzo (Carpi) – Galgano Canio (Cantù) – Vallario Francesca (Bologna) – Di Cairano Antonio (Guidonia) – Russo Donato (Torino) – Di Cecca Canio (Rimini) – Famiglietti Antonio (Aquilonia) – Maffucci Mario (Lari) – Don Pasquale Rosamilia (Teora) – Maffucci Vincenzo (Roma) – Di Guglielmo Emanuela (Parma) – Gargano Oreste (Roma) – Borea Vincenzo (Morrovalle) – Casarin Dirce in Russo (Mestre) – Cestone Canio, via dei Colli Albani – Di Napoli Dino (Mariano C.se) – Savanella Nicola (Pontedera) – Di Maio Gaetano (Salerno) – Panelli De Sanctis Lucia (Prato) – Milano Antonia (Torino) – Piccirillo Angelo (Serre) – Toglia Canio (Poggibonsi) – Acocella Ada (Castelfranci) – Della Badia Mariantonia (Montaione) – Rabasca Barbara Corcione (Caserta) – Panico Fiorentino e Teresa (Pomigliano D’Arco) – Rabasca Italo (Avellino) – Pignone Michele (Trani) – Di Maio Anna (Quercegrossa) – Dascoli Berardino (Genova) – Della Badia Angelina (Marano) – Cerreta Vincenzo (Carrara) Euro 14: Metallo Rosa Borea (Scandiano) Euro 15: Mucci Vito Michele (Sesto S. Giovanni) – Galli Alvaro Immacolata (Capoliveri) – Palmisano Vincenzo (Ostuni) – Metallo Giuseppe (Bagnoli) - Vallario Annamaria (Staggia Senese) – Messina Mario (Ozzano Dell’Emilia) – Lantella Salvatore (Torino) – Cestone Canio (Brescia) – Rossi Rosa (Canino) – Di Cairano Domenico (S.Mauro T.se) – Lucrezia Raffaele (Bollate) – Codella Michele (Roma) – Di Napoli Rosanna (Bollate) – Germano Giuseppina (Torino) – Rauseo Maria Francesca (Bologna) – Racioppi Agostino (Castelfiorentino) – Scoca Mauro (Chieti) – Acocella Marilena (Reggio Emilia) – Nannariello Giuseppe (Milazzo) – Codella Michele (Tirano) – Fierravanti Angela (Melfi) – Fierravanti Nicola (Ponte Tresa) – Fierravanti Pina (Velletri) – Gautieri Antonio (Mariano C.se) – Codella Donato (Cermenate) – Scarano Consolato (Lucrezia). Euro 17: Scoca Giuseppe (Bologna) Euro 20: Codella Pasqualino (Cermenate) – Tornillo Filomena (Fogliano di RE) – Nicolais Giuseppe (Carimate) – Melaccio Vito (Giussano) – Nicolais Vincenzo (Asti) – Fastiggi Michele (Salerno) – Cubelli Vito (Foggia) – Piccolo Giuseppe (Gugliate Fabiasco) – Margotta Di Milia Teresa (Poggibonsi) – Sabato Cataldo (Bella) – Abate Maria Giuseppa (Varapodio) – Galgano Vincenzo (Riccione) – Di Guglielmo Giuseppe (Cascina) – Di Napoli Teresa (Calco) – Acocella Filippo (Gugliate F.) - Di Napoli Antonio (Rho) – Nannariello Giuseppe (Milano) – Ricigliano Peppino (Giussano) – Del Cogliano Berardino (Salerno) – Di Napoli Teresa ved. Di Maio (Nerviano) – Russo Lucia (Grugliasco) – Bozza Canio (Robecco sul Naviglio) – Nicolais Luigi (Manfredonia) – Toglia Lidia (Roma) – Bifronte Giuseppe (Roma) – Mancino Pasquale (Cerignola) – Galgano Franca (Bergamo) - Acocella Vincenzo (Bologna) – Santoro Domenico (Mariano C.se) – Cestone Antonio (Pavia) – Scoca Donato (Roma) – Rinaldi Canio (Ponte Tresa) – Vallario Angela (Pescopagano) – Russo Roberta (Roma) – Maffucci Giuseppina (Roma) – Maffucci Pietro (Roma) – Farese Raffaele (Conza) - Cestone Gina (Roma) – Zarrilli Vincenza (Cadorago) – Galgano Amedeo (Melfi) – Capozi Bruno (Roma) – Pasqualicchio Angelo (Ponzano Veneto) – Caruso Michele (Cadorago) – Tornillo Lucia (Salerno) – Tetta Antonio (Napoli) – Conte Anna (Villaricca) – Di Maio Franca Maria (Milano) – Della Badia Angelo (Napoli). Euro 25: Cianci Michele (Firenze) – Gnazzo Raffaele (Sala Consilina) – Maffucci Michele (Cassino) – Tornillo Gaetano (Roma) – Zarrilli Angela (Pavia) – Di Maio Michele (Napoli) – Metallo Vincenzo (Roma) – Bonucchi Alfonso (Roma) – Rabasca Angelomaria (Cervinara) – Aristico Antonio (Siena) – Buono Marcello (Avellino) – Trofa Enrico (Avellino) – Losasso Rocco (Avellino) – Polestra Vincenzo (Bolzano) – Castagna Maria Teresa (Roma) – Cerreta Giovanna (Prato). Euro 30: Cicoira Ettore (Napoli) – Di Maio Vito (Nova M.se) – Messina Giuseppe (Roma) – Galgano Antonio (Poggibonsi) – Metallo Cesare (S. Giorgio a Cremano) – Cestone Mario (Brescia) – Frucci Angelo (Roma) – Vallario Giuseppe (Firenze) – Di Maio Vito (Colle V.D’Elsa) – Cianci Michele (Brescia) – Codella Gerardo (Brescia) – Ferrero Cicoira Gina (Roma) – Tellone Antonio (Avellino) – Messina Giuseppe (Roma) – Di Milia Maurizio (Brescia) – Pasolini Italo (Napoli) – Maffucci Michelina (Pisa) Euro 40: Michielon Rodolfo (Casale sul Sile) – Stanco Salvatore (Salerno). Euro 50: Elide Maffucci (Padova) - Tozzoli Elisa (Napoli) – Ungherese Natale (Paderno Dugnano) – Metallo Salvatore (Paderno Dugnano) – Toglia Sergio (Napoli) – Ricciardi Michele (Napoli) – Galgano Antonio (Milano) – Donato Maffucci (Mariano C.se) – Nappi Gaetana (Bergamasco) – Della Valva Francesco (Bollate) – Marra Raffaele (Caserta) – Montagnani Roberto (Figline V.no) DALL’ESTERO BELGIO: Euro 30 Rubino Vincenzo – Euro 20 Scoca Vittorio – Euro 15 Galgano Antonio – Di Cairano Antonio – Euro 25 Melaccio Vito FRANCIA: Euro 25 Cestone Canio GERMANIA: Euro 50 Zarrilli Canio - Euro 20 Nicolais Alfredo – Galgano Canio Vincenzo – Di Carlo Vittorio – Euro 10 Della Valva Vito SVIZZERA: Euro 20 Maffucci Canio (Banberga) – Lampariello Ettorina – Euro 15 Vallario Pietro – Euro 5 Zarrilli Lucia SVEZIA: Euro 20 Armiento Michelangelo CANADA: Euro 45 Lampariello Michele – Lampariello Pietro – Euro 10 Sacino Giuseppe U.S.A.: $ 100 Frucci Costantino – Euro 40 Frucci Bruno - $ 25 Bongo Robert e Lisabeth – Basile Mary - Fischietti Luise e Gennaro -– Euro 20 Margotta Acocella Antonietta – Raso Margaret – $ 10 Casimiro Mary – Lucrezia Josephine ARGENTINA: $ 25 Angelo Buldo e Cioffari Giuseppina - $ 20 Gallucci Antonio BRASILE: Euro 100 Di Napoli Berardino - Euro 25 Aristico Senerchia VENEZUELA: Euro 150: Zazzarino Antonio – Euro 100 Di Napoli Vito –Euro 70 Melaccio Vittorio – Euro 50 Di Cairano Gaetano – Euro 25 Codella Antonio – Euro 20 Maffucci Berardino – Petito Antonio – Tuozzolo Rosetta 21 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 MOVIMENTO DEMOGRAFICO Ciro Cerreta 19.09.1912 † 19.07.2003 Rubrica a cura di Anna Rosania I dati, relativi al periodo dal 4 marzo 2003 al 26 ottobre 2003, sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri. NATI Di Maio Giorgio di Antonio e di De Nicola Angela Metallo Gaetano di Canio e di Di Milia Rosa Di Cecca Angelo di Luigi e di Cestone Mariella Tamoudi Omar di Brahim e di Mahdaoui Samira Gautieri Cinzia di Francesco e di Frieri Antonella Lucrezia Antonio di Angelo Canio e di Cialeo Angela Cappiello Giovanna di Vito e di Margotta Rosa Tamoudi Abderrahmare di Alì e di Bouchakour Amina 03.07.2003 22.07.2003 08.08.2003 23.08.2003 29.08.2003 07.10.2003 14.10.2003 15.10.2003 MATRIMONI Di Roma Agostino e Salvo Susanna Maffucci Canio Rosario e Fortunato Margherita Rainone Giuseppe e Gautieri Lucia Riviello Vito e Fastiggi Franca Di Roma Giovanni e Karliashchuk Anastasìya Zarrilli Vito e Tornillo Maria Rosaria Sperduto Massimo e Maffucci Vanessa Mastrodomenico Massimo e Buldo Patrizia Di Milia Vincenzo e Sapio M. Pia Zarrilli Paolo e Pentrelli Roberta Buldo Vito e Fortunato Concetta Pasqualicchio Giuseppe e Frara Maddalena Sperduto Pasquale Roberto e Galgano Teresa Lanatà Bruno e Caputo Maddalena Di Carlo Giuseppe e D’Andrea Giuseppina 26.04.2003 21.06.2003 02.07.2003 05.07.2003 10.07.2003 19.07.2003 14.08.2003 23.08.2003 29.08.2003 30.08.2003 04.09.2003 06.09.2003 06.09.2003 27.09.2003 30.09.2003 MORTI Marchitto Giuseppe Cioffari Maria Francesca Stanco Vincenzo Nappo Raffaele Maffucci Giovanna Ganzi M. Giuseppa Abate Vincenzo Rinaldi Donato Lampariello Michela Pinto Antonia Salvante Antonia Raffaella Maffucci Giuseppe Giorgio Nicola Zarrilli Rosa Cioffari Michela De Nicola Angela Calogero Michelina Bozza Canio Tuozzolo Rosetta Acocella Incoronata Aru Valentina Di Luzio Domenico Petito Antonio Di Donato Fortunata 03.05.1918 - † 04.03.2003 14.04.1912 - † 25.03.2003 28.01.1955 - † 08.06.2003 10.10.1942 - † 08.06.2003 10.04.1917 - † 23.06.2003 22.08.1913 - † 01.07.2003 05.05.1909 - † 02.07.2003 22.07.1930 - † 05.07.2003 09.12.1921 - † 17.07.2003 11.06.1932 - † 23.07.2003 28.09.1906 - † 25.07.2003 08.02.1924 - † 04.08.2003 17.02.1925 - † 15.08.2003 04.08.1923 - † 18.08.2003 18.01.1921 - † 18.08.2003 27.08.1940 - † 07.09.2003 21.01.1927 - † 17.09.2003 03.10.1913 - † 12.09.2003 14.01.1944 - † 16.09.2003 21.01.1927 - † 17.09.2003 03.12.1936 - † 19.09.2003 01.01.1934 - † 23.09.2003 04.05.1926 - † 02.10.2003 03.07.1909 - † 26.10.2003 A PAPÀ Negli occhi azzurri La forza per affrontare le avventure di tutta una vita, Onestà, dignità Amore per la Famiglia. Nei Racconti, la nostalgia del tempo Antico. Le parole d’Amore per la tua Terra, per la tua Gente, per Calitri: la creta, l’Ofanto, a’ Maronna,u’ Calavarij, u’ puzz’ salit’. Nella sofferenza, I tempi della miseria delle genti nei primi del ’900, l’emigrazione di quasi tutta la famiglia, il Cimitero, riposo eterno del caro figliolo, dei cari genitori e sorella, di tanti amici. Nel Ricordo, con mani abili impastavi ancora creta e, con le dita incrostate e tinte di rosso, affidavi pastori, asinelli, otri alle mani emozionate dei tuoi nipotini. Con semplicità compivi il travaso della Tradizione, del Ricordo: la Storia che fummo, che siamo e che solo così Saremo. E quelle piccole e minuziose statuine ammantavano ogni Natale di dolcezza. Natale, l’ultimo con te non più tardi di pochi mesi fa. Ho ancora nel cuore il tuo sorriso, stanco, ma sornione e soddisfatto. Con il sorriso mascheravi la conoscenza che ogni giorno, ogni ricorrenza, era un altro Dono di Dio. Ora che l’ultimo Natale insieme è stato consumato, nelle lacrime annego la rabbia di non poterti piu toccare, di non poterti dire il mio amore. Ah! Il pudore, troppe volte mi ha privato delle tue forti braccia, delle confidenze mai veramente fatte. Ora, forse uomo anch’io, so quanto tempo ho sprecato. Remo Cerreta 22 IL CALITRANO N. 24 n.s. – Settembre-Dicembre 2003 R E Q U I E S C A N T Antonia Raffaella Salvante 28.09.1906 † 25.07.2003 Magnificate il Signore con me, e insieme esaltiamo il suo nome. (Salmo 34) Fortunata Di Donato Oliveto Citra - Calitri 03.07.1909 † 26.10.2003 I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore. Canio Gautieri 10.03.1934 † 07.06.2003 Salvaci o Signore e concedici le gioie della vita eterna. Maria Michela Maglione 30.03.1918 † 03.10.2001 L’anima mia proteggi e fammi salva, nè io sia confusa, perchè in te fidai. (Salmo 25) P A C E Vincenzo Stanco 28.01.1955 † 06.06.2003 La moglie Assunta, i genitori, i parenti tutti ne piangono la immatura scomparsa Nicola Milano 10.09.1929 † 22.09.2002 La tua famiglia conserva nel cuore, sempre con amore, il ricordo di te. Salvatore Di Maio 01.02.1915 † 16.05.2003 Il tuo ricordo resterà vivo, per sempre, in noi. Giuseppe Di Cosmo 11.08.1922 † 17.09.2002 Angela, Lucia, Michele, Giovanna, Maria, Giuseppina, Antonio, nipoti, nuore e generi perchè rimanga vivo il loro ricordo Maria Teresa Di Cecca 23.10.1929 † 06.06.1973 Antonietta Giuliano In Iannella 23.10.1952 † 15.11.1992 Il marito Vinicio, i figli Giuseppina e Daniele, le sorelle Angela e Lucia e il fratello Salvatore la ricordano con immutato amore. Emilio Zarrilli 03.04.1913 † 15.08.1985 Quelli che cercano Dio lo loderanno e avranno vita in eterno i loro cuori. (Salmo 22) Maria Flavia Zarrilli 14.11.1919 † 19.12.2001 Mariantonia Tetta 12.07.1924 † 30.10.1994 I N Angela Tetta 08.07.1930 † 29.01.1980 23 Francesca Tetta 28.02.1926 † 01.10.1983 I figli delle sorelle Tetta, ricordano le loro mamme a quanti le conobbero e le amarono. In caso di mancato recapito, si prega di voler restituire all’Ufficio C.M.P. Firenze per la riconsegna al mittente, che si impegna ad accollarsi le spese postali. I MIEI PRIMI...ANTA da sinistra ultima fila: Michele Cerreta (benfigliuol’), Mario Maffucci (v’lat’), Leonardo Cianci (a’ paccìa), Giuseppe Ziccardi (samuel’), Giovanni Polestra (cap’rutt’), Giuseppe Geremia Vallario (b’llin’), Canio Cestone (u’ musc’), Vito, Gerardo, Eugenio Cestone (m’calon’), Giovanni Di Carlo (cap’janch’); terza fila: Concetta Margotta (b’zzeffa), Agnese Diasparra (catald’), Angela Metallo (u’ cuot’ch’), Franca Germano (zemmar’), Canio Lopriore (sepp’ giust’), Savino Lombardi (m’ngucc’), Pasquale Rosamilia (sant’andrian’), Luciano Cala’ (bammin’), Salvatore Caruso (gg’lorm’), Francesco Galgano (tottacreta),Antonio Galgano (mbaccator’),Vitantonio Leone (pista pista), Michele A. Zarrilli (scatozza), Michele Di Carlo (pr’nas’); seconda fila : Maria Bavosa (b’stiuccia), Anna Sena (catarina), Concetta Di Milia (paglier’), Lucia F. Rubino (cap’zappa), Marianna Galgano (sciascion’/ghianna), Anna Maria Vallario (salva salva), Graziella Galgano (bbosch’), Angela Cicoira (c’c’ron’), Angela Gervasi (m’chel’fessa), Giuseppina Tuozzolo (tuozz’l’), Mariantonietta Galgano (mariasaluta); prima fila : Canio Di Guglielmo (m’ron’), Canio Caputo (m’nt’v’rdes’), Rocco Maffucci (cuccion’), G. Gioacchino Nicolais (p’chiuochj’), Michele Galgano (ghianna), Canio Cialeo (nzacca), Pasquale Vigorito (caligrafia),Antonio Zabatta (mart’lana). N.B.: Non compare nella foto, ma ha partecipato alla festa,Vito Cestone (tutto musica).