Lavorazioni in ambienti sterili
(Quaderno AFI n°1, disponibile in lettura)
Personale (addetto alle lavorazioni in ambiente sterile)
Qualificazione del personale.
Sensibilizzazione e responsabilizzazione
In particolare sensibilizzati a:
caratteristiche chimico-fisiche del prodotto
tipo di processo e fasi critiche
tipo di trattamento sterilizzante e fasi critiche
comportamento in ambiente sterile e concetto di sterilità
Addestramento (con verifica dell’acquisizione)
Abbigliamento
La considerazione fondamentale che si deve fare sugli indumenti di lavoro
nell'industria farmaceutica è questa: l'indumento di lavoro deve rispondere
all'esigenza di proteggere l'operatore dal prodotto ed il prodotto dall'operatore.
Una seconda considerazione è che l'indumento di lavoro deve essere utilizzato in modo tale da evitare la contaminazione di un prodotto da parte di un
altro prodotto.
I vari reparti di produzione farmaceutica hanno esigenze diverse di protezione: infatti nei locali sterili, ad esempio, è fondamentale la protezione del
prodotto dall'operatore, importante fonte di inquinamento microbico, nei locali
dove si lavorano polveri è fondamentale la protezione dell'operatore dal
prodotto.
L'indumento di lavoro verrà quindi scelto in funzione del tipo di produzione a
cui è addetto il personale e nel caso di personale addetto ad ambienti sterili
dovrà rispondere a precisi requisiti di foggia e di tipo di tessuto per evitare al
massimo l'emissione particellare.
Da quanto sopra esposto si deduce che la convalida di un indumento di lavoro sarà finalizzata all'accertamento dei requisiti sanitari e dei requisiti di
sicurezza dello stesso. Nel caso di indumento da utilizzarsi per produzioni non
sterili si convaliderà l'indumento, indossato dal personale, nell'ambiente di
lavoro, dal punto di vista della vestibilità e della sicurezza.
Si possono individuare alcuni requisiti fondamentali per la scelta di un
indumento di lavoro:
-
facilità di traspirazione
tessuto anallergico
tessuto non ruvido, che non provochi irritazioni alla cute
tessuto non elettrostatico
tessuto non particolarmente pesante
indumento sfilabile facilmente senza parti che possano essere prese negli
ingranaggi o nelle sporgenze dei macchinari
- indumento che non consenta l'accumulo di prodotto sulla superficie
- indumento che permetta i movimenti necessari allo svolgimento delle
lavorazioni
- indumento che non permetta il passaggio dei prodotti attraverso il tessuto e
le aperture e che non determini effetti "a sbuffo" o "soffietto".
Nel caso di indumenti da utilizzarsi in ambiente sterile molto importante sarà
verificare che l'indumento costituisca una efficace barriera-filtro alla
contaminazione di origine umana. Tale verifica potrà essere effettuata direttamente sul tessuto.
A tal proposito esiste una normativa internazionale, la ASTM (American
Society for Testing and Materials) F 51.68, che tratta specificatamente del
conteggio della contaminazione negli e sugli indumenti per ambienti sterili.
Devono sempre essere esaminati i punti critici, quali le cuciture dell'indumento, in quanto è la costruzione dell'indumento che ne determina l'effetto
globale come filtro.
La convalida dell'indumento per l'ambiente sterile dovrà poi essere effettuata
nell'ambiente di lavoro, con l'indumento indossato dal personale, e si
verificheranno i requisiti di vestibilità e sicurezza sopra indicati.
Utilizzando un contaparticelle si potrà inoltre controllare il numero di
particelle emesse mediante un'aspirazione con una sonda, passata delicatamente
sul tessuto, per una superficie di 100 cm2 (10 x 10).
Dopo alcune ore di lavoro, con la tecnica del "tampone", si controllerà che il
tessuto indossato dall'operatore costituisca una valida barriera ai microrganismi
emessi dallo stesso durante il normale periodo di lavoro.
Nel caso di indumenti di lavoro non utilizzati per ambienti sterili, e quindi
non sottoposti a procedure specifiche di lavaggio decontaminante, andrà anche
convalidata la procedura di lavaggio degli indumenti controllando al microscopio lo stato di usura del tessuto, l'assenza di detersivo, disinfettante o
principio attivo al termine del lavaggio in lavatrice.
Note:
Nell’essere umano si ha un ricambio totale dello strato corneo in 4 giorni, con
un emissione di circa 20 milioni di particelle/giorno. Inoltre occorre ricordare la
presenza di flora batterica in ghiandole sebacee, bulbi piliferi e superficie
cornea. In condizione di riposo si stima una emissione di 100.000
particelle/minuto (diametro >0.3 µm) di cui il 10% circa contiene
microrganismi
Caratteristiche dei locali
1) Le aree lavorative devono essere ben protette da contaminazioni esterne
con finestre a tenuta perfetta.
2) Tutti i locali di produzione devono essere disposti secondo un ordine
logico ideale dal punto di vista del flusso e della movimentazione dei materiali,
del personale nonché delle singole fasi dell'intero processo produttivo.
Le dimensioni e la configurazione definitiva dei locali devono essere definite
caso per caso, nel rispetto dei vincoli imposti dalle strutture murarie e dello
spazio a disposizione.
3) Le zone di transito e di stoccaggio momentaneo dei materiali (zone di
passaggio) devono essere separate dalle normali zone di produzione.
4) La superficie delle pareti, dei soffitti e dei pavimenti deve essere liscia e
priva di fessure. Il tipo di superficie delle pareti deve consentire la massima
efficienza delle operazioni di pulizia e disinfezione. Superfici danneggiate o
rotte devono essere immediatamente riparate.
5) Gli scarichi dovrebbero essere evitati quando possibile, in quanto scarichi, sifoni e lavelli ospitano una grande varietà di microrganismi che possono
diffondersi nei locali di produzione.
6) Le tubazioni devono essere installate, nei limiti del possibile, all'esterno
degli ambienti di lavorazione.
La rete di distribuzione dell'acqua di processo e delle soluzioni deve essere
preferibilmente in acciaio inox, facilmente sanificabile con disinfettanti o
vapore, e con una pendenza adeguata, in modo da evitare il ristagno. Tutte le
tubazioni devono inoltre essere chiaramente identificate per il tipo di fluido
contenuto e la direzione del flusso.
7) L'impianto di illuminazione deve essere progettato in modo da non rappresentare un accumulo di polvere e sporcizia.
8) Le attrezzature fisse, così come i lavandini, e i macchinari devono essere
sistemati in modo da consentire una pulizia accurata.
9) Le condizioni termoigrometriche devono essere confortevoli per il personale e adeguate per i prodotti che vi stazionano (p. es. prodotti igroscopici).
10) La ventilazione deve essere conforme alle esigenze stabilite per le specifiche classi di appartenenza dei locali. All'interno dei locali di classe 100,
10.000 e 100.000 le fasi lavorative, per le quali il rischio di contaminazione del
prodotto è elevato, dovrebbero essere eseguite sotto cappe a flusso laminare.
11) Tutti i locali devono essere in sovrapressione rispetto ai locali circostanti
e ai locali di classe inferiore.
12) Ogni area lavorativa deve avere un elevato grado di pulizia. Allo scopo
deve essere stabilita una procedura di pulizia e sanitizzazione specifica per ogni
locale di produzione.
13) Livelli di contaminazione particellare e microbica devono essere stabiliti
in funzione dei requisiti del prodotto lavorato.
14) La polvere generata dal processo lavorativo deve essere eliminata mediante impianto idoneo per l'estrazione dell'aria. Aspiratori devono essere
installati in corrispondenza dei punti dove c'è maggior possibilità che si sviluppino polveri.
L'aria estratta dai locali deve essere passata attraverso un dispositivo per la
rimozione del pulviscolo e quindi scaricata all'esterno dell'edificio.
15) Materiali e linee produttive devono essere posizionati in modo da evitare
rischi di contaminazione crociata di medicamenti. A questo scopo le operazioni
devono essere svolte all'interno di aree specificamente delimitate e di
dimensioni adeguate.
16) Tutte le operazioni che comportano lo sviluppo di polvere durante la
lavorazione di sostanze altamente attive, specie di antibiotici, devono essere
svolte in zone isolate dotate di opportuni impianti di scarico delle polveri
oppure mantenute a pressione adeguata, in modo da evitare la contaminazione
crociata. Opportuni provvedimenti devono essere presi per evitare il riciclo di
aria contaminata.
Area asettica
OPERAZIONI
- Ripartizione di prodotti non sterilizzabili nei loro contenitori finali.
- Vestizione del personale e accesso all'area asettica.
- Manipolazione di materie prime non sterilizzabili.
COSTRUZIONE DEL LOCALE
Pareti, pavimenti e soffitto con spigoli arrotondati ai punti di attacco, rivestiti
di materiale idoneo, compatto, lavabile e resistente ai disinfettanti.
L'impianto di illuminazione, le linee dei servizi, le bocche di ventilazione
devono essere incassate e devono consentire una facile pulizia. Infissi di metallo, vetro o laminato plastico muniti di guarnizione. Nei punti critici possono
essere installate lampade germicide.
La disposizione delle attrezzature e dei macchinari deve consentire la minima
movimentazione del personale. L'immissione e la movimentazione dei materiali
all'interno dell'area asettica deve essere realizzata con sistemi tali da non
pregiudicare i requisiti di contaminazione particellare e microbica.
Inoltre le operazioni di manutenzione e riparazione dovrebbero essere svolte
all'esterno dell'area asettica. Qualora ciò non sia possibile dopo ogni intervento
di manutenzione deve essere prevista una pulizia e disinfezione dell'area.
PERSONALE
1)Il personale deve indossare appropriati abiti sterili (tute, guanti, copricapo,
sovrascarpe, ecc.) realizzati con tessuti adeguati che rilascino il minor numero
possibile di particelle e riducano al massimo la contaminazione microbica
apportata nell'ambiente dal personale. Allo stesso tempo tali indumenti devono
essere idonei all'impiego in locali condizionati.
2)Il personale deve ricevere un opportuno addestramento, e deve essere
sensibilizzato alle problematiche microbiologiche.
3) Devono essere disponibili procedure operative scritte per il personale.
4)Il personale deve essere in numero strettamente necessario per le operazioni di produzione.
DEFINIZIONE DEI REQUISITI AMBIENTALI
-
Flusso dell'aria: laminare.
Velocità del flusso laminare.
Uniformità del flusso laminare.
Ricambi d'aria.
Classe di contaminazione particellare 100.
Contaminazione microbica.
Temperatura.
Umidità relativa.
Sovrapressione: la pressione nei locali di classe 100 deve essere superiore
rispetto a quella degli altri ambienti circostanti.
QUALIFICAZIONE
Scopo: raccogliere la documentazione relativa alla progettazione e costruzione dei locali verificando la conformità delle caratteristiche costruttive definite nella progettazione (vedere capitolo Documentazione). Verificare l'idoneità dei sistemi di trattamento, prefiltrazione e filtrazione dell'aria (vedere
capitolo Utenze). Stabilire un programma di manutenzione periodica.
Modalità operative: la qualificazione del reparto viene fatta in assenza del
personale.
Verifiche da effettuarsi.
FILTRI:
a) misurazione dell'efficienza
b) Metodo:
Dop test con particelle di 0,3 micron. Misurazione
dell'integrità
c) Metodo:
Dop test con particelle da 1 a 3 micron. Perdita di carico:
differenza di pressione sui filtri puliti. Massima differenza di pressione
ammessa sui filtri.
d) Controllo della velocità del flusso laminare Metodo: misura con
anemometro.
e) Controllo della uniformità del flusso laminare Metodo: mediante
generatori di fumo.
CONTROLLO DEL NUMERO DI RICICLI E DI RINNOVI DI ARIA/ORA
Metodo: mediante misurazione di portata.
CONTROLLO DELLA TEMPERATURA
Metodo: misura con termometro.
CONTROLLO DELLA UMIDITÀ
Metodo: misura con psicrometro.
CONTROLLO DELLA PRESSIONE DIFFERENZIALE
Metodo: misura con manometro differenziale.
CONTAMINAZIONE PARTICELLARE
Metodo: conta delle particelle con contatore elettronico.
CONTROLLO DEL TEMPO DI DECONTAMINAZIONE
Metodo: mediante generatori di aerosol e contatore di particelle.
CONTAMINAZIONE MICROBICA DELL'ARIA
Metodo: valutazione del n0 di UFC/m3 mediante campionamento dell'aria
con apparecchio idoneo.
CONTAMINAZIONE MICROBICA DELLE SUPERFICI
Valutazione mediante piastre a contatto del numero delle UFC per unità di
superficie.
Il controllo viene effettuato su pavimenti, pareti, superfici, attrezzature,
macchinari e abiti sterili del personale.
Per pavimenti, superfici attrezzature/macchinari e abiti sterili del personale
devono essere stabiliti degli standard interni.
L'area asettica deve essere pulita e disinfettata frequentemente, secondo
procedure scritte, utilizzando più di un tipo di disinfettante in modo da evitare lo
sviluppo di microrganismi resistenti (vedere capitolo pulizia e sanitizzazione).
Nelle tabelle 1-2-3 sono riassunti i requisiti ambientali dei locali per produzione di iniettabili, in base alla classe di appartenenza. La classificazione dei
suddetti locali è sottoposta a normative in continua evoluzione.
CONVALIDA
Una volta che il reparto è stato qualificato è necessario verificare che i requisiti stabiliti vengano mantenuti quando il reparto è operativo e il personale
presente.
Si procede quindi ad una convalida del reparto, controllando tutti i parametri
già descritti in presenza del personale e con le macchine in funzione. Condizioni
stress create artificialmente rappresentanti possibili, ma improbabili, situazioni
possono essere utili per verificare la capacità del sistema di recuperare, qualora
alcune caratteristiche fisico-chimiche (temperatura, conta particellare sistemi di
sicurezza) andassero fuori limite.
Per assicurare il mantenimento delle condizioni iniziali nel tempo è necessario inoltre eseguire monitoraggi periodici e riconvalide, definiti chiaramente
in procedure scritte.
I risultati di tali controlli e ogni intervento effettuato per correggere qualunque deviazione dagli standard stabiliti, devono essere registrati.
CALIBRAZIONE STRUMENTI DI CONTROLLO
Tutti gli strumenti di controllo utilizzati devono essere calibrati contro
strumenti campioni tarati e certificati da istituti autorizzati. Le modalità e la
periodicità devono essere definite chiaramente in procedure scritte.
Per ogni strumento deve essere inoltre disponibile un protocollo contenente il
certificato di calibrazione, l'indicazione di chi ha effettuato la calibrazione, la
data di calibrazione e quella successiva prevista dal programma di calibrazione
(vedere: Documentazione).
RIFERIMENTI CONVALIDE
Ogni prova di controllo deve avere un riferimento alle metodologie da eseguire, ai protocolli di convalida, ai moduli di qualifica e di convalida
controfirmati dall'operatore che ha eseguito il controllo, alle specifiche stabilite
(vedere: Documentazione).
Tabelle 1-2-3
Limiti di classe in particelle per piede cubico aventi grandezza uguale o
maggiore delle grandezze indicate (micron)
CLASSE
N° particelle misurate aventi grandezza (µm)
0.1
0.2
0.3
0.5
5.0
I
10
100
1.000
10.000
100.000
35
350
NA.
NA.
NA.
NA.
7.5
75
750
NA.
NA.
NA.
3
30
300
NA.
NA.
NA.
1
10
100
1.000
10.000
100.000
NA.
NA.
NA.
7
70
700
Condizioni di contaminazione ambientale per la preparazione di prodotti sterili
CLASSE
N°
max
consentito N°
max
consentito
3
partic/m
viventi
uguale
o microrganismi
3
per m
superiore
>0.5 µm
>5 µm
A (flusso laminare)
3500
0
Inferiori a 1
B
3500
0
5
C
350000
2000
100
D
3.500.000
20000
500
Condizioni di contaminazione ambientale per la preparazione di prodotti sterili
CLASSE
A (flusso laminare)
B
Ricambi aria
per ora
N° max consentito
partic/m3 uguale o
superiore
>0.5 µm >5 µm
(vertic) 0.3 m/s 3500
(orizz) 0.45
m/s
5-20
3500
N°
max
consentito
microrganismi
viventi per m3
0
Inferiori a 1
0
5
2000
100
C
5-20
350000
D
5-20
3.500.000 20000
500
Note:
Studi hanno dimostrato che in un m3 di aria di città sono presenti non meno di
500.000 microbi, veicolati sulle particelle sospese nell’aria.
La scelta del tipo di filtro e la sequenza in cascata dipenderà quindi dal tipo di
aria da trattare
GENERALITÀ SUI FILTRI:
(DA MANUALE AFI 6 CAPITOLO 8)
Efficienza, cioè misura della capacità del filtro a rimuovere le particelle della
corrente d’aria che l’attraversa. Si esprime in percentuale e rappresenta un
indice della qualità del filtro.
Perdita di carico, rappresenta la caduta di pressione quando una determinata
portata attraversa il filtro, viene espressa in Pascal. E’ importante conoscere la
sua variazione in funzione del grado di intasamento.
Capacità di contenimento, definisce la quantità di polvere di determinata
granulometria che un filtro può trattenere quando un filtro funziona con una
determinata portata e perdita di carico.
Classificazione filtri in
Gruppo G (grossolano, per polvere grossa)
Gruppo F (per polvere fine)
Gruppo H, U (HEPA, ULPA) (ad altissima efficienza)
METODI DI PROVA PER FILTRI DEL GRUPPO "H, U" AD ALTISSIMA
EFFICIENZA.
METODO DI PROVA DI PENETRAZIONE DOP (O EMERY 3004)
Questo metodo di tipo fotometrico è stato messo a punto per la prova dei filtri
contraddistinti da rendimenti molto elevati della classe HEPA (High Efficiency
Particulate Air-filters).
La prova non è volta a determinare il rendimento di filtrazione del filtro,
poiché ai fini pratici il risultato sarebbe poco significativo, essendo sempre
vicinissimo all'unità. La prova è invece finalizzata a determinare la penetrazione
percentuale da parte delle particelle "traccianti", usate nella prova, attraverso il
filtro. Essa si effettua, spesso, per due valori di portata d'aria: a quello nominale,
dichiarato dal fabbricante, e per un valore pari al 20% di quello nominale.
La sostanza "tracciante" impiegata è il dioctilftalato, un liquido oleoso a
elevato punto di ebollizione. La sua caratteristica importante, ai fini della prova,
è l'uniformità del diametro delle goccioline che si ottengono in seguito a
evaporazione e successiva condensazione del vapore. Le goccioline che si
producono hanno un diametro uniforme di 0,3 micron, e tale dimensione, risulta
la più difficoltosa da controllare con la filtrazione.
L'apparecchio per la prova è schematizzato nella Figura 1. Sull'ingresso
dell'aria è posto un prefiltro seguito da un filtro assoluto. A valle sono realizzate
due camere, in quella superiore è presente una batteria di riscaldamento seguita
dal dispositivo che produce l'ebollizione del dioctilftalato.
Nella camera inferiore sono presenti una batteria di riscaldamento, seguita da
una di raffreddamento.
A valle delle due camere il vapore di dioctilftalato viene a contatto con l'aria
fredda e si produce una nube di goccioline con diametro uniforme di 0,3
micron.
La concentrazione è mantenuta intorno a 80 mg/m3. La nube di goccioline
viene trascinata verso il filtro in prova.
Si effettua un prelievo dell'aria immediatamente a monte del filtro e un
secondo prelievo a valle dello stesso. Il prelievo a valle viene effettuato in un
punto susseguente a una zona di rimescolamento dell'aria, affinché le particelle
che hanno attraversato il filtro risultino uniformemente distribuite, dando
significatività al prelievo.
L'aria prelevata a monte e a valle del filtro viene passata attraverso un
fotometro a diffusione luminosa, in grado di determinare la concentrazione delle
goccioline ivi presenti.
Apparecchio per l'esecuzione del DOP tesi, schematizzato nei suoi componenti
essenziali
Legenda:
1. riscaldatore d'aria (a 250 0C);
2. bollitore del dioctilftalato;
3. riscaldatore del bollitore;
4. batteria di raffreddamento;
5. filtro in prova;
6. sonda di prelievo dell'aria non filtrata;
7. sonda di prelievo dell'aria filtrata;
8. camera di miscela;
9. commutatore dei flussi d'aria verso il fotometro;
10. sistema di prefiltrazione e filtrazione spinta sull'aria in ingresso e di scarico;
11. serrande;
12. fotometro a diffusione;
13. misuratore diametro delle particelle
Dal rapporto tra la concentrazione a valle e quella a monte del filtro, si
determina il valore di penetrazione percentuale:
Dal valore di penetrazione determinato, si può risalire al corrispondente valore di
rendimento di filtrazione:
E = (1 -P) x100
dove: E = rendimento di filtrazione, P = penetrazione del filtro.
A titolo di esempio, riportiamo le corrispondenze tra alcuni valori di penetrazione
percentuale e i valori di rendimento:
Penetrazione
5%
0,05%
0,01%
0,003%
Rendimento
95%
99,95%
99,99%
99,997%
Si conferma come per valori di rendimento molto prossimi al 100% le cifre relative
risultino poco significative. Invece la penetrazione percentuale consente una
maggior estensione degli ordini di grandezza.
È chiaro che il rendimento di filtrazione che si calcola nel modo sovraesposto è
relativo al comportamento del filtro solo verso particelle con diametro intorno a
0,3 micron.
Attualmente oltre al DOP vengono utilizzate altre sostanze come per esempio
l'EMERY 3004.
METODO DI PROVA DI PENETRAZIONE ALLA "FIAMMA DI SODIO"
Anche questo metodo è stato messo a punto per la prova di filtri con
rendimenti molto elevati, della classe HEPA. Tuttavia esso può venire
impiegato anche nel caso di filtri con rendimenti di classe inferiore, contraddistinti da penetrazione superiore allo 0,01%.
Come il DOP Penetration Test, si tratta di un metodo di tipo fotometrico e
fornisce un valore di penetrazione anziché di rendimento.
La differenza sta nel fatto che la sostanza "tracciante" non viene rilevata
direttamente dal fotometro. Invece, se ne determinano gli effetti attraverso la
colorazione di una fiamma alimentata di volta in volta da aria prelevata a monte
e a valle del filtro in prova.
La sostanza tracciante è un aerosol costituito da particelle solide di cloruro di
sodio, prodotto dalla polverizzazione di una soluzione salma al 2% con evaporazione completa delle goccioline d'acqua.
Il diametro delle particelle di cloruro di sodio è compreso tra 0,02 e 2 micron,
mentre il valore medio per il quale si riscontra la massima concentrazione è
intorno a 0,6 micron.
Si ha dunque ancora l'impiego di particelle con dimensione critica, nell'intervallo di
minima capacità di controllo da parte del filtro.
La concentrazione della sostanza tracciante è intorno a 5mg/m3.
L'apparecchio impiegato per la prova è schematizzato nella Figura 2:
Apparecchio per l'esecuzione del Sodium flame test
schematizzato nei suoi componenti essenziali:
Legenda:
1. nebulizzatore della soluzione di cloruro di sodio;
2. sistema filtrante sull'aria in ingresso;
3. batteria di riscaldamento;
4. filtro in prova;
5. sonda di prelievo aria non filtrata;
6. sonda di prelievo aria filtrata;
7. essiccatore;
8. nebulizzatore ausiliario;
9. bruciatore a gas metano;
10. sistema ottico e fotometro
L'aria soffiata da un ventilatore viene dapprima filtrata da parte di un filtro assoluto e
successivamente riscaldata. A questo punto viene immesso l'aerosol di cloruro
di sodio e, mentre avviene l'essiccazione delle goccioline d'acqua, le particelle
di sale si distribuiscono uniformemente nel flusso d'aria.
Un primo prelievo d'aria è effettuato a monte del filtro, un secondo a valle.
Fa parte dell'apparecchio di prova un "bruciatore" alimentato a gas metano, la cui
colorazione di fiamma è analizzata da un fotometro.
I due prelievi d'aria vanno, in fasi successive, a "inquinare" il gas metano che
alimenta il bruciatore; il cloruro di sodio presente nell'aria conferisce alla
fiamma una caratteristica colorazione gialla, di densità proporzionale alla
quantità del sale.
La luce emessa dalla fiamma viene concentrata, da un sistema ottico, su due cellule
al solfuro di cadmio. L'intensità della riga spettrale del sodio viene cosi
apprezzata da un microamperometro. Esso è tarato per dare segnale zero in
assenza di sodio.
Pertanto, il segnale fornito dal microamperometro corrisponde alla
concentrazione di cloruro di sodio nell'aria che alimenta la fiamma. Infatti, a
taratura del sistema avvenuta, è possibile leggere direttamente la concentrazione
sul microamperometro.
Quindi, il rapporto tra la concentrazione di cloruro di sodio nell'aria filtrata e
la concentrazione nell'aria non filtrata dà il valore di penetrazione percentuale.:
Si può risalire al valore di rendimento corrispondente applicando la relazione
già esaminata.
Il Sodium flame test consente la prova del filtro per un campo più ampio di
grandezze delle particelle rispetto al DOP test. Da un lato si avrà il vantaggio di
conoscere le prestazioni del filtro in condizioni di lavoro più vicine, nella gran
parte dei casi, a quelle reali, con un risultato della prova più "ottimistico"
rispetto al DOP test.
Per contro, nel caso di impieghi altamente specializzati e critici, può essere
prioritario conoscere il valore massimo di penetrazione del filtro. In tal caso
deve venire impiegato il DOP Test.
MECCANISMI DI FILTRAZIONE DELL'ARIA
I meccanismi che entrano in gioco nella filtrazione sono i seguenti:
a)
inerzia o collisione:
l'aria che deve essere filtrata subisce un brusco cambiamento di direzione
quando passa intorno a ciascuna fibra del filtro. Le particelle proseguono per
inerzia il loro cammino e urtano con le fibre. Questo meccanismo è più efficace
per le particelle grandi e per alte velocità dell'aria, ma può andar bene per ogni
tipo di particelle.
b)
setacciatura:
quanto l'aria deve passare attraverso le fibre e la larghezza del passaggio è
inferiore al diametro delle particelle, la particella stessa si ferma e rimane
trattenuta.
C)
effetti diffusivi:
le particelle molto piccole vengono bombardate dai movimenti irregolari
dell'aria e portate sulle fibre di vetro mediante il movimento della corrente
d'aria.
d)
effetti elettrostatici:
le particelle caricate elettricamente di segno opposto si attraggono l'una con
l'altra; gli effetti elettrostatici sono impiegati nei filtri elettrostatici e in alcuni
tipi di filtri fibrosi.
e)
effetti di intercettazione:
Il flusso dell'aria in prossimità delle fibre del filtro tende a seguirne il
contorno, trascinando nella propria direzione le particelle più fini e leggere. Se
la loro traiettoria passa a una distanza dalla fibra inferiore al raggio delle
particelle esse vi si fisseranno per forze di attrazione elettrostatica (forze di Van
der Waals).
L'efficacia di questo meccanismo aumenta con l'aumentare del diametro delle
particelle entro un campo definito, e con il diminuire del diametro delle fibre e
delle distanze tra le fibre stesse.
CARATTERISTICHE DI ALCUNI FILTRI PRESENTI SUL MERCATO
FILTRI A PANNELLO
Sono costituiti da un telaio in cartone o in metallo che contiene un
materassino filtrante in fibre vegetali, materiale sintetico, fibra di vetro o
truciolato metallico (fig. 3). Il setto è piano o ondulato o pieghettato.
L'arresto delle polveri avviene per effetto congiunto di inerzia e di setaccio. I
filetti d'aria attraverso il materassino sono costretti a bruschi cambiamenti di
direzione, mentre le particelle di polveri procedono in modo rettilineo fino a
incontrare "setacci" di fibre da cui vengono trattenute. Per aumentare la capacità
di raccolta e trattenimento delle polveri, i materassini filtranti sono spesso
umettati con sostanze viscose che agiscono come adesivi sulle particelle che ne
sfiorano o urtano le fibre.
Questi filtri possono essere di tipo rigenerabile o a perdere.
Le velocità frontali dell'aria di progetto per questa classe di filtri sono
comprese tra 1,5 e 3,0 m/s. Velocità più elevate rischierebbero di trascinare a
valle del filtro le polveri raccolte.
La capacità di trattenimento delle polveri, e il valore di separazione
percentuale, a parità di altre condizioni, sono in funzione dello spessore del
materassino.
Le perdite di carico di questa classe di filtri, che dipendono dalla qualità e
dallo spessore del materassino, sono comprese tra 25 e 50 Pa a filtro pulito e
possono raggiungere gli 80-200 Pa a filtro sporco.
Il limite della vita operativa per i filtri trattati con oli adesivi si raggiunge
quando gli adesivi stessi risultano completamente essiccati dalle polveri
raccolte. In tali condizioni, la capacità di raccolta si riduce drasticamente e
subentra il rischio di trascinamento di polveri a valle del filtro stesso.
Questo rischio determina la fine della vita operativa anche per i materassini
filtranti non trattati con oli adesivi.
IMPIEGHI E APPLICAZIONI
I filtri a pannello vengono generalmente utilizzati come elementi di
prefiltrazione a monte di filtri di maggiore efficienza, onde prolungare la vita
operativa di questi ultimi. Vengono inseriti nelle centrali di trattamento dell'aria,
nelle macchine autonome di condizionamento, nei generatori di aria calda, o
vengono montati in modo da realizzare intere pareti filtranti.
FILTRI A TASCHE
Questa classe di filtri offre un campo di prestazioni molto ampio e si
distingue per le elevate capacità di raccolta delle polveri. I rendimenti di
filtrazione si estendono dal 30% fino al 95% e oltre riferiti al metodo
opacimetrico in accordo con la normativa UNI 779.
I meccanismi di filtrazione che intervengono sono naturalmente differenti.
Gli effetti di inerzia e setaccio prevalgono per rendimenti fino al 50-60%; al di
sopra di tali valori acquista maggiore importanza l'intercettazione.
Questi filtri, e in generale tutti quelli ad alta efficienza, non sono rigenerabili
e vanno sostituiti al termine della loro vita operativa.
A un telaio di supporto in lamiera d'acciaio zincata sono applicate le tasche in
materiale filtrante, per mezzo di fissaggio meccanico e sigillanti.
Le "tasche" vere e proprie sono costituite da materassini in materiali diversi,
con densità e diametro delle fibre differenti. Le fibre sintetiche consentono
rendimenti medi, mentre l'impiego delle fibre di vetro permette di ottenere
prestazioni più elevate.
In questo secondo caso il diametro delle fibre è compreso tra 3 e 10 micron,
lo spessore del materassino si aggira tra 5 e 20 mm.
I rendimenti più elevati per questa classe di filtri, tra il 90 e 98% si ottengono
con materassini nei quali il diametro delle fibre di vetro è più ridotto, tra 0,5 e 2
micron.
La sistemazione a tasche (fig. 4), permette di ottenere elevati rapporti tra
superficie filtrante effettiva e superficie frontale. Per una cella tipica, con
superficie frontale nominale di 0,37 m2, la superficie filtrante effettiva può
essere compresa tra 2,8 e 9,5 m2.
Figura 4 Filtro a tasche visto negli elementi che lo compongono
Questo consente di usufruire di perdite di carico moderate, nonostante la
densità e la finezza del materiale filtrante. La velocità dell'aria di
attraversamento risulta moderata e contenuta intorno ai 0,5 m/s, pur con velocità
frontali intorno ai 3,5 m/s.
La distribuzione dell'aria attraverso le tasche presenta caratteri di uniformità.
La polvere non si addensa in punti particolari, bensì tende a distribuirsi su tutta
la superficie del filtro (fig. 5)
Figura 5 - Distribuzione uniforme dell'aria all'interno delle tasche di un filtro
Le tasche possono venire realizzate in due modi differenti:
a. da un unico strato di materassino, ripiegato ad U e cucito nel bordo superiore
e inferiore;
b. da due strati distinti cuciti sui tre lati.
Il materassino è quasi sempre rivestito, sulla superficie esterna, con un
tessuto di irrobustimento contro gli sforzi meccanici dovuti alla pressione
dell'aria. All'interno delle tasche sono presenti dei distanziatori con lo scopo di
impedire deformazioni in larghezza delle tasche stesse.
La capacità di raccolta delle polveri, a parità di materiale impiegato e di altre
condizioni, aumenta in funzione della lunghezza delle tasche. I filtri
comunemente offerti sul mercato presentano lunghezze di tasche comprese tra
360 mm e 915 mm. lì numero di tasche per cella può andare da6a 18.
Le perdite di carico a filtro pulito possono andare da
25 a 50 Pa per le prestazioni inferiori, e fino a 80-120 Pa
per i rendimenti più elevati. La perdita di carico finale,
a filtro esaurito, può andare dai 200 ai 400 Pa, rispettivamente.
APPLICAZIONI
I filtri a tasche vengono prescelti per applicazioni molto diversificate nel
settore civile e nell'industria (elettronica, farmaceutica, alimentare...). La grande
capacità di raccolta delle polveri che li caratterizza costituisce un elemento
importante ai fini dei periodici interventi di manutenzione che risultano più
distanziati nel tempo rispetto all'impiego di filtri d'altro tipo.
Anche i filtri a tasche possono venire assiepati per costituire pareti filtranti. A
tale fine sono previsti opportuni controtelai sui quali le celle vengono applicate.
FILTRI A PIEGHE PROFONDE
I filtri di questo tipo si collocano in un campo di rendimenti di filtrazione tra
il 60 e il 90% colorimetrico.
Si differenziano nettamente dai filtri della classe precedente poiché il
materiale filtrante è costituito da carta, contenente fibre di vetro, fittamente
ripiegata su se stessa in pieghe profonde. Presentano una netta somiglianza con i
filtri assoluti.
La carta, a base di fibre di vetro, che costituisce il pacco filtrante è sistemata
all'interno di un telaio di legno e metallo e a esso viene sigillata.
Le pieghe sono mantenute distanziate tra loro per mezzo di distanziatori
ondulati (come per i filtri assoluti). I distanziatori possono essere in alluminio,
carta kraft e PVC.
La pieghettatura della carta filtrante consente di ottenere una superficie di
attraversamento elevata rispetto alla superficie frontale. Una più recente
versione costruttiva prevede l'applicazione dei pannelli montati a "V" entro un
opportuno telaio. Rispetto alle precedenti, questa soluzione consente di trattare
portate d'aria più elevate a parità di superficie frontale.
Pur con velocità dell'aria nel canale intorno a 1,5 m/s, la velocità di
attraversamento si riduce a valori vicini a 0,05 m/s producendo un flusso
laminare all'uscita del filtro.
La perdita di carico iniziale, a filtro pulito, è intorno ai 100 Pa; quella finale è
pari a tre volte il valore iniziale.
Le normali temperature di lavoro possono raggiungere i 70'C. Esecuzioni
speciali consentono di trattare aria surriscaldata fino a 250'C. L'umidità relativa
tollerata può raggiungere il 100%. Questi filtri sono generalmente preceduti da
opportuni prefiltri che possono essere installati sia all'interno della centrale di
trattamento, a valle del ventilatore, sia su pareti filtranti.
FILTRI HEPA
I filtri HEPA/ULPA sono fra i più usati nel sistemi a flusso laminare. In
questi filtri il meccanismo di filtrazione è dovuto sia all'urto sia alla diffusione.
L'efficienza di un filtro a urto cresce con l'aumentare delle dimensioni delle
particelle da filtrare, mentre l'efficienza di un filtro a diffusione aumenta
decrescendo la misura delle particelle da filtrare. L'efficienza finale del filtro
è data dalla somma delle curve rappresentative dell'efficienza dei due metodi
come mostra la Figura 6
Figura 6 Curva dell'efficienza di un tipico filtro HEPA
Da questa si vede come la minima efficienza di un filtro HEPA si trova
approssimativamente intorno a 0,3 µm di diametro.
I filtri HEPA/ULPA con efficienza minima uguale a 99,97% DOP sono
costituiti da un foglio pieghettato di carta di microfibre di vetro. Attualmente vi
sono due soluzioni di pieghettatura della carta filtrante cui corrispondono due
tecniche costruttive: a pieghe profonde e a piccole pieghe.
Nella tecnica detta a pieghe profonde il foglio di carta filtrante è piegato
intorno a separatori ondulanti normalmente in alluminio o in cartoncino kraft in
modo da ottenere una elevata superficie filtrante.
Nella tecnica a piccole pieghe la carta è pieghettata per una profondità
massima di 100 mm e spaziata in modo ravvicinato per mezzo di distanziatori in
fili di cotone, adeguatamente incollati alla carta, oppure in fili di materiale
termoplastico.
I pacchi filtranti ottenuti con le tecniche sopra esposte, vengono sigillati poi
all'interno di telai di contenimento normalmente in legno, acciaio zincato,
alluminio o acciaio inox, per mezzo di materiali adesivi come mostra la Figura 7
La manutenzione dei filtri HEPA/ULPA deve essere effettuata attenendosi
scrupolosamente alle indicazioni dei costruttori.
Applicazioni
Tali filtri vanno sempre preceduti da prefiltri di rendimento inferiore, allo
scopo di estenderne la vita operativa. L’impiego è ad es. in camere bianche, sale
operatorie, laboratori e centri produzione dove si lavora con sostanze radioattive
o batteriologiche, centrali nucleari ecc.., ove cioè sia obbligatoria la presenza di
filtri assoluti.
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