Il Monastero di Santa Croce in Montis Vernae, Piana
di Monte Verna Caserta
“Raggiunsi la vetta del Monte Santa Croce che si eleva a Nord di Piana di Caiazzo, in un roseo mattino
del settembre 1922” .
Inizia così il racconto del prof. Sac. Giuseppe de Francesco, che ha studiato le vicende del Monastero
di Santa Croce in Montis Vernae e che ci ha lasciato notizie preziose per la ricostruzione della storia del
sito. Attorno al x Secolo d.c. sorse sulle rovine dell'acropoli sannita un monastero benedettino maschile
chiamato Sancte Crucis montis Verne.Probabilmente il monastero o solamente la chiesa dello stesso
sorsero per esaugurare un culto antico che doveva essere sopravvissuto alla cristianizzazione.
Non conosciamo l'anno della fondazione ma possediamo alcune informazioni che consentono di
circoscrivere il periodo in cui i Benedettini si insediarono sulla collina. Il documento che costituisce la
menzione più antica del monastero è un atto risalente al 982, con cui il giudice caiatino Giovanni Magno
dona alcune terre al monastero, che risulta retto da Gaudericus ven.sacerdos et abbas. Un precetto di
S.Stefano,vescovo di Caiazzo, datato al 985 dice invece il nome del fondatore indicandolo in un certo
Landulfus comes .
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Nel 1087 il principe Giordano e suo figlio Riccardo donano ,insieme ad altri beni, al monastero aversano di
San Lorenzo il monasterium Sancte Crucis cum pertinentiis suis et casale quod dicitur Marcianum.
Il casale Marcianum non esiste più ,era ubicato nei pressi del cimitero di Piana di Monteverna dove la chiesa
gotica di Santa Maria a Marciano ne preserva il nome.
Oggi sono ancora molto ben visibili i resti della chiesa del monastero che profilano una struttura
monoabsidata , sulla cui abside è facile immaginare un campanile. Sui lunghi muri della chiesa sono ancora
ben visibili alcuni dei peducci delle volte che in passato vi si poggiavano. Il notevole spessore delle mura fa
pensare anche che il monastero dovesse essere fortificato.
Durante gli ultimi scavi del 2012-2013 sono stati riportati alla luce affreschi del Monastero e tre absidi
uno più interessante dell’altro. Sono stati rinvenuti anche resti umani, riconducibili alla salma di qualche
Monaco che risiedeva nell’antica Badia Benedettina. Infatti scendendo una scala emersa sempre dagli
scavi, si va direttamente a quelli che erano i sottosuoli del Complesso monastico e, in una cripta è stata
appunto rinvenuta la salma di un benedettino. Ma c’è anche un’altra scoperta interessante ovvero il
ritrovamento di una trentina di monete antiche, risalenti all’epoca medievale, segno che qualcosa
all’epoca si commerciava anche fin sopra Monte Santa Croce La tradizione vuole, che con l’avvento dei
Frati presso il Monastero di Santa Croce incominciano a formarsi i primi agglomerati di rudi abitazioni,
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le quali servivano principalmente ai pastori in quanto si trovavano al principio di un folto bosco, ai piedi
del Monte Verna, ed erano dislocati lontano dai centri abitati. Questi pastori vivevano una vita dedita
alle loro bestie, e con ogni probabilità essi dipendevano dal Monastero, i cui Frati, non solo
incominciarono un’opera dedita all’allevamento di bestiame, ma diedero vita, coltivando i terreni
circostanti il Monastero stesso, ad una vera e propria attività agricola che fino ad allora era impossibile
praticare in quella zona. Infatti grazie a questa opera di bonifica da parte dei Monaci di Santa Croce,
vennero dissodati insieme agli abitanti di Villa, i numerosi campi appartenenti al Monastero e qui vi
seminarono cereali e piantarono ulivi.
Lo storico locale Bernardino Di Dario scrive che, fino al 1620 l’unica Chiesa presente a Villa Santa
Croce, era quella insita nel Monastero e la Domenica e nei giorni festivi, gli abitanti di Villa salivano fin
sopra il Monte Santa Croce ad ascoltare le orazioni dei Monaci.
Ciò avvenne fino alla chiusura definitiva del Monastero nel 1531, quando l’ ultimo Monaco appartenente
all’Abbazia di San Lorenzo di Aversa, lo lasciò definitivamente
Nel 3° vol. dei « Regi Neapolitani Archivii Monumenta » , De Francesco ritrovò il seguente passo:
“Bolo…ut… siant pro anima mea offertum in Monasterio Sancte Crucis sito in vertice montis qui dicitur
Berine in finibus Caiatiense, ubi dominus Dardanus Abbas preest, integra ipsa Ecclesia mea vocabulo
S. Marci que constructa est in dictis finibus Caiatiae loco ubi dicitur Cesaranu cum integre ipse terre
mee quante in nomine meo parates habeo in predicto loco Cesaranu. Insìmul et integra ipsa terra mea
quem in nomine meo parate habeo in loco ubi dicitur Cristianisi “
…Voglio che sia donata, per l’anima mia, al Monastero di Santa Croce, sito sulla vetta del Monte
Verna, nel territorio Caiatino, a cui presiede il Signor Abate Dardano [3], la mia chiesa di San Marco,
costruita nei predetti confini di Caiazzo, in contrada Cesarano , con tutti quei territori di mia proprietà
esistenti nella medesima contrada di Cesarano .
Dono inoltre tutti quei territori di mia proprietà, esistenti nel luogo – così detto - «Cristianisi» ( Cristianisi
è un antico villaggio, presso l’attuale Piana di Caiazzo. In esso sorgeva la Chiesa di Santa Maria a
Marciano, ricostruita nel 1330).
Il documento continuava “… pro securitate atque defensione predicti Monasterii et de eiusque
Abbatibus et Rectoribus ad faciendum omnia quae eorum placuerit…”
…per la sicurezza e difesa del predetto Monastero e dei suoi Abati e rettori, perché ne facciano
quell’uso che ad essi sembrerà più opportuno….
In una bolla di Stefano Vescovo di Caiazzo, la quale, accennando, tra l’altro, alla Chiesa predetta con
l’annesso Monastero dice:
“ …quem Landulfus amore Dei et redemptione anime sue a novo fundamine solidavit ad laudem
Domini nostri Jesus Christi vocabulo Sancte Crucis edificare fecit et monasterium inde construxit…”
…che Landolfo per amore verso dio e per la salvezza dell’anima sua, costruì dalle fondamenta e
chiamo Santa Croce, in lode e gloria di N.S. Gesù Cristo; edificò poi anche il Monastero.
Nella Bolla di Gerberto , datata 979, dove sono enumerate tutte le Chiese ed Oratori della Diocesi
Caiatina, non è segnato il Monastero benedettino; quindi, detto Monastero, è stato edificato nel
brevissimo tempo che corre dal 979 al 982..
Edificata la Chiesa con l’annesso Monastero, il Conte Landolfo permise ai frati, con le sue donazioni, di
poter vivere con rendite proprie e ma, volle renderli indipendenti da qualsiasi giurisdizione vescovile.
Anche il Vescovo Stefano dichiara nella medesima bolla:
« Ut…Ecclesia Sancte Crucis sit absolute livera amodo et deinceps ab omni condizione episcopalis
dominationis»
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…che la Chiesa di Santa Croce, sia del tutto libera, al presente e per l’avvenire, da ogni giurisdizione
vescovile.
Ne conferma quindi il patronato a Landonulfo, fratello del defunto Landolfo, allora principe di Capua,
concedendo a lui ed ai suoi successori, il singolare privilegio di nominare gli Abati.
Dichiara inoltre espressamente, di non aver egli diritto alcuno di riscuotere imposte dai Frati, né di
poterli scomunicare od ammonire nei casi previsti dai Sacri Canoni.
Come si sia svolta la vita in questo Monastero che, pur fin dalla prima sua fondazione, si presenta
investito della più assoluta autonomia, non è facile determinarlo, essendo andati distrutti i documenti
relativi, custoditi nella Badia di Montecassino, come testimoniava Ottaviano Melchiorri . Il Sac. de
Francesco, riuscì a stabilire nella sua prima opera, con certezza, che nell’anno 1097, dopo circa 118
anni di vita autonoma, Riccardo 2° Principe di Capua, con atto pubblico donava il Monastero di Santa
Croce, in perpetuo a Guarino, Abate del Monastero di San Lorenzo di Aversa.
La notizia l’attinse dal 5° vol. dei “ Regi Neapolitani Archivi Monumenta” Pag. 236.
Non meraviglia questo gesto, sempre secondo il de Francesco, in quanto il periodo che vide Il
Monastero di Santa Croce, passare di mano da Riccardo 2° all’Abate Guarino, vedeva non più i
Longobardi dominare le nostre terre, ma bensì i Normanni, i quali erano fervidi devoti di San Benedetto.
Tale comportamento però, suscitò il risentimento di Costantino, Vescovo di Caiazzo, il quale servendosi
della propria autorità e delle vigenti disposizioni dei Sacri Canoni, si impossessò con violenza del
Monastero di Santa Croce, il quale però, era si sorto indipendente dalla Giurisdizione Vescovile, ma si
trovava comunque nel territorio della Diocesi di Caiazzo.
L’Abate Guarino, per un atto, forse, di doveroso rispetto verso l’autorevole persona del Vescovo, non
credette opportuno reagire con la medesima violenza per riprendere ciò che dalla suprema autorità
politica della regione, aveva legalmente ottenuto; si limitò quindi a far ricorso alla Santa sede,
richiamando in vigore il decreto del 5 Luglio 595, col quale il Papa Gregorio I, provvedeva alla libertà
dei Monasteri, con l’interdire a chiunque di usurparne i beni; ingiungendo in modo speciale ai Vescovi di
non ingerirsi nelle elezioni degli Abati; di non celebrare pubblici uffici nelle chiese monastiche, né
ordinare monaci senza il permesso dell’ Abate
E’ Chiaro che in virtù di tale decreto, che acquistava maggior valore per la sua remota antichità e per
l’autorità del Pontefice che l’aveva emanato, non poteva la Santa Sede, pronunciarsi contro l’Abate; per
cui in data 25 Settembre 1100, obbligò il Vescovo di Caiazzo a cedere immediatamente, il Monastero
usurpato contro le vigenti disposizioni ecclesiastiche.
L’ordine Pontificio fu subito eseguito, onde:
"Caiazanus Episcopus ante praesentiam Domini Papae Ecclesiam Sanctae Crucis cum omnibus suis
Beati Laurentii Monasterio refutavit et redditit”.
…Il Vescovo di Caiazzo alla presenza del Papa, rinunziò alla Chiesa di Santa Croce e la restituì al
Monastero di san Lorenzo, con tutti i suoi beni.
Il tutto avvenne alla presenza del Papa, Pasquale II, di alcuni Cardinali, di Alfano Arcivescovo di
Salerno e di Alfredo Arcivescovo di Benevento, nonché altri appartenenti alla Curia Pontificia.
L’Abate Guarino, nonostante questo atto solenne, alla morte di Costantino, avvenuta nel 1105,
temendo forse qualche nuova incresciosa sorpresa, da parte del nuovo Vescovo di Caiazzo, Pietro,
pretese da costui la conferma di quanto il predecessore aveva solennemente giurato alla presenza del
Papa.
E Pietro, riconoscendo più che giusta la richiesta di Guarino affermò:
“ inhumanum si (illius) iustae petizioni non acquiesceret”.
…inumano non acconsentire alla sua giusta richiesta…
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Nel 1106, sanzionò con atto pubblico, la donazione di Riccardo . Il Vescovo si riservava però un piccolo
territorio posto nei confini di Caiazzo, nel luogo detto Camula con gli stessi diritti con cui appartenne al
predetto Monastero, ed imponeva all’Abate Guarino ed ai suoi successori, l’obbligo di versare nelle
mani del Vescovo del tempo, il giorno dell’Assunzione della Vergine, un’oncia di oro puro, per atto di
giustizia, poiché il predetto Monastero di Santa Croce appartenne un tempo alla mensa vescovile di
Caiazzo
Secondo la testimonianza di Demetrio Salazaro [10] l’Ordine Benedettino i cui Monasteri, erano centri
di una febbrile attività civilizzatrice, specie nelle province meridionali dal IV Secolo in poi, quindi
esercitava una sua influenza benefica anche sulla religione cattolica.
L’opera dei Frati Benedettini, a causa della scarsezza dei documenti, non è possibile rilevarla con
precisione, tuttavia secondo il de Francesco, anch’essi hanno subito una sorte comune, durante il
Medio Evo, scaturita dalle lotte tra il Papato e l’Impero, e ciò venne rilevato da una notizia frammentaria
contenuta in un antico manoscritto di cui e ignoto il nome dell’autore, conservato all’epoca della
consultazione, presso la biblioteca annessa al Museo di Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese).
Dall’opera si evince quanto segue: “Nei tempi posteriori, lasciato detto Monastero dai Cassinesi, i
Vescovi pro tempore, l’hanno conceduto in Abbazia, ossia beneficio semplice. Ma pochi anni or sono, i
Cassinesi di Aversa, se lo hanno di nuovo ripigliato ”.
Per la totale mancanza di documenti, non si è potuti risalire a quale anno e le motivazioni che hanno
spinto i Benedettini ad abbandonare il Monastero di Santa Croce, voluto fortemente dall’Abate Guarino.
Secondo il de Francesco, il Monastero è stato abbandonato ai tempi di Federico II. Detta supposizione
la spiega adducendo l’indole tranquilla dei Frati i quali per esercitare il loro ministero educativo lo
dovevano fare con spirito di sottomissione all’Autorità Ecclesiastica, incorrendo nell’ira dell’Imperatore
Svevo.
Dal registro dei morti della Parrocchia di san Pietro, risulta che don Guido oppure Guidone Foschi,
morto il 15 giugno 1721 di anni 63, era stato Vicario Generale e Abate di Montis Vernae.
Nel 1721 il Monastero era di libera collazione, ed era posseduto da Francesco Maria Falconio Avvocato
romano e nipote di Monsignor Falconio, Vescovo di Caiazzo.
Da un manoscritto di Carlo Marocco [12]: “Franciscus Maria Falconius Civ. Ducalis vige Bullarum
expeditarum Calatiae die 18 Iunij, in possessionem praedictae Abbaziae immisimus fuit die 3 Iulii 1721”
… Francesco Maria Falconio cittadino ducale in vigore delle bolle spedite a Caiazzo il 18 Giugno 1721,
fu immesso il giorno 3 Luglio 1721 in possesso dell’Abbazia di Santa Croce.
Con l’avvento del Rev. Prisco, si chiude la serie degli Abati. Dopo la vendita della maggior parte dei
beni, effettuata dall’Abate Perrone, la vita del monastero volge al tramonto.
I Benedettini di Aversa, eleggono per l’ultima volta un Abate cioè Paolucci, poi perdono l’interesse per
la Badia divenuta per loro ormai un peso.
Subentrano i Vescovi di Caiazzo, che cercano ancora per pochi anni di sostenere le sorti del
Monastero, fino ad abbandonarlo anch’essi, forse perché situato in una zona impervia, definitivamente.
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Foto
Realizzato da: Angela D’agostino
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