Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana
di Catanzaro - Squillace
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Fondato nel 1982
31 gennaio - anno XXXiii n. 2
PIANTO
DI UN INNOCENTE
perché? perché? perché ?...
il commento
dell’Arcivescovo Bertolone a p. 5
Anche il Papa ha ricordato il piccolo Cocò
D
omenica scorsa dopo l’Angelus
Papa Francesco ha ricordato il piccolo Cocò, il bambino di soli tre
anni trovato carbonizzato a Cassano allo
Ionio insieme al nonno e alla compagna di
quest’ultimo. «Oggi in questa piazza ci sono
tanti bambini - ha detto il Pontefice tra gli applausi della folla - e io voglio ricordare Cocò
Campolongo, a tre anni bruciato in macchina
e ucciso». «Questo accadimento su un bimbo
così piccolo sembra non avere precedenti
nella storia della criminalità. Cocò è di sicuro
con Gesù in cielo. Per queste persone» che si
sono macchiate di questo terribile crimine, il
Papa ha auspicato un ritorno alla conversione. servizio a p .6
APERTuRA
L’agenda del Vescovo
FeBBRaio
ORRORE
E TERRORE!...
D
a queste nostre pagine
non può mancare la registrazione
dell’efferata
morte riservata a tre persone di cui
un ragazzino di 3 anni: Nicola
Campolongo, detto “Cocò”.
La terra di Calabria non aveva
mai raggiunto tanta empietà… eppure un corpicino umano è stato
bruciato con tanta spietatezza.
Il progetto di morte è solo frutto
di cecità mentale, di tenebre di
cuore e di totale assenza di umanità.
L’esecutività di tale progetto ha
trovato mani inaridite di sangue
umano, occhi di brace ardenti, viso
incenerito dallo stesso odio che si
porta dentro.
Tra queste lingue di fuoco - che
sono infernali - emerge il volto candido di un bimbo che, estraneo ad
ogni problematica di questa vita disumana, si guarda attorno e vede
nel nerume del fuoco in cui è stato
bruciato, le ombre di queste figure
macabre che non hanno diritto ad
essere chiamate persone umane o
se queste vogliono ancora esserlo,
ascoltino le parole di Papa Francesco che li ha invitati alla conversione.
Il volto della Calabria deve essere
purificato da queste sozzure di disumanità.
Sorga il sole sulle ceneri di Cocò e
di quanti hanno subito violenze
inumane, ma sorga il sole anche
sulle coscienze annerite dagli orrendi crimini.
Il sole indori tutto!
Raffaele Facciolo
2
31 gennaio 2014
3-5
Reggio Calabria, partecipa ai lavori della CeC
7
Udienze
6
9
Roccelletta di Borgia, aggiornamento del Clero
Davoli Marina, Santa Messa
11
ore 11 germaneto S. Messa
13
Catanzaro, Scuola Chimirri, Seminario di studio
ore 16 Soverato visita all’ospedale, h. 17 S.
Messa
14-15
Cei, partecipa al Seminario della Commissione
Clero e Vita Consacrata
20
Mattina ritiro al clero di Mileto
16
Pomeriggio incontro con la città a Vibo
21
24
Catanzaro, Seminario S. Pio, Presiede S. Messa
per festa fidanzati della diocesi
incontro con la città con l’on. Paola Binetti e
guido Rodhio
25-28
Roma: Partecipa al Convegno presso l’Università Lateranense
Torre Ruggero, esercizi spirituali
Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana
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CulTuRA
Il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comuniazioni Sociali
uNA CORRETTA COMuNICAZIONE SOCIAlE
PER uN’AuTENTICA CulTuRA DEll’ INCONTRO
D
a una conoscenza sia pure elementare della storia della
Chiesa Cattolica si evince
come questa Istituzione si sia interessata sempre ai mezzi della comunicazione, che, ovviamente, si sono evoluti
col passare dei secoli (manoscritti, libri,
giornali, radio, tv, pc, ecc.), ma che
hanno avuto sempre come fine principale ed essenziale quello di promuovere
“un’autentica
cultura
dell’incontro”. Si pensi soltanto alle Lettere di S. Paolo alle varie comunità cristiane del suo tempo e appare chiara la
missione informativa, formativa e operativa che la Chiesa ha sempre svolto, e
svolge ancora di più ai nostri giorni, per
lenire le molteplici forme di emarginazione e di povertà materiale e spirituale.
A proposito, Papa Francesco, nel Messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale
delle Comunicazioni Sociali, che reca la
data del 24 gennaio scorso, ma che è destinato alla celebrazione della stessa
Giornata in ogni angolo del mondo, si
chiede: “E per noi discepoli del Signore,
che cosa significa incontrare una persona secondo il Vangelo? Come è possibile, nonostante tutti i nostri limiti e
peccati, essere veramente vicini gli uni
agli altri? Queste domande si riassumono in quella che un giorno uno
scriba, cioè un comunicatore, rivolse a
Gesù: «E chi è mio prossimo?» (Lc
10,29). Questa domanda ci aiuta - continua a dirci Papa Francesco - a capire la
comunicazione in termini di prossimità.
Potremmo tradurla così: come si manifesta la “prossimità” nell’uso dei mezzi
di comunicazione e nel nuovo ambiente
creato dalle tecnologie digitali? Trovo
una risposta nella parabola del buon samaritano, che è anche una parabola del
comunicatore. Chi comunica, infatti, si
fa prossimo. E il buon samaritano non
solo si fa prossimo, ma si fa carico di
quell’uomo che vede mezzo morto sul
ciglio della strada. Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia
capacità di farmi simile all’altro. Comunicare significa quindi prendere
consapevolezza di essere umani, figli di
Dio. Mi piace definire questo potere
della comunicazione come “prossimità”.
E qui il Messaggio del Santo Padre
“tocca” un tema che non è nuovo alla
dottrina sociale della Chiesa, che ai nostri giorni deve fare i conti con i media,
in special modo internet, che può “offrire maggiori possibilità di incontro e
di solidarietà tra tutti, e questa è una
cosa buona, è un dono di Dio”. Ma non
sempre è così perché la connessione digitale, capace di arrivare “fino ai confini della terra”, può trasformarsi in
comunicazione non corretta, eticamente
carente, o addirittura spingere a “isolarci dal nostro prossimo. Questi limiti
sono reali, tuttavia non giustificano un
rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista, più umana che
tecnologica”.
Papa Francesco, dice ancora che “Il
mondo soffre di molteplici forme di
esclusione, emarginazione e povertà;
come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche, e, purtroppo, anche religiose”.
Eppure, nello stesso Messaggio, Francesco afferma che “La rete digitale può
essere un luogo ricco di umanità, non
una rete di fili ma di persone umane. La
neutralità dei media è solo apparente:
solo chi comunica mettendo in gioco se
stesso può rappresentare un punto di
riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di
un comunicatore. Proprio per questo la
testimonianza cristiana, grazie alla rete,
può raggiungere le periferie esistenziali”. E questa “rivalutazione” dei
media è particolarmente indirizzata
agli operatori della comunicazione, ai
giornalisti, agli scrittori, alla cui sensibilità e corretta deontologia professionale viene affidato il compito non lieve,
ma gratificante, di far “meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione
dell’uomo come persona, il matrimonio
e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri”.
In conclusione, il significativo Messaggio del Santo Padre sopra citato è di
grande attualità, nel solco, d’altra parte,
di testi ufficiali della Chiesa, come
Etica nelle comunicazioni sociali (2000),
Etica in Internet (2002),e La Chiesa e Internet (2002), tutti editi dalle Paoline, il
cui contenuto appare ancora interessante e degno di essere letto e meditato.
Antonio Fazio
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31 gennaio 2014
ATTuAlITà
Celebrazione per i 25 anni di episcopato di Mons. Ciliberti
un fruttuoso ministero pastorale nella “vigna del Signore”
P
astore a Locri- Gerace, dal 1989
al 1993, a Matera- Irsina, dal
1993 al 2003, a CatanzaroSquillace, dal 2003 al 2011. Venticinque
gli anni –un quarto di secolo- di episcopato per il nostro arcivescovo emerito
Antonio Ciliberti. Un lungo e fruttuoso
ministero pastorale che ha inciso notevolmente nelle dinamiche ecclesiali,
culturali e sociali del meridione d’Italia,
in particolare della Calabria e della Basilicata.
E così le chiese calabresi e lucane elevano la lode al Signore per aver messo
sul loro cammino di comunione un pastore che sempre si è speso –e da eme-
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31 gennaio 2014
rito continua a farlo- per quell’evangelizzazione “nuova” (nelle forme, ma
non nel contenuto) tanto cara a Papa
Giovanni Paolo II, oggi beato. Solenne
quindi la celebrazione eucaristica presieduta per l’occasione dallo stesso
mons. Ciliberti –che per anni è stato
pure Vice presidente della Conferenza
Episcopale Calabra- nella Cattedrale di
Catanzaro. Un importante momento di
preghiera fortemente voluto dall’arcivescovo metropolita mons. Vincenzo
Bertolone e che ha visto la presenza
pure di mons. Antonio Cantisani, arcivescovo emerito di Catanzaro-Squillace, di mons. Vittorio Mondello,
arcivescovo emerito di Reggio Calabria–Bova, di mons. Leonardo Bonanno, vescovo di San Marco
Argentano- Scalea, di mons. Luigi
Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, di mons. Francesco Milito, vescovo
di Oppido Mamertina-Palmi, di mons.
Donato Oliverio, vescovo dell’Eparchia
di Lungro, di mons. Vincenzo Rimedio,
vescovo emerito di Lamezia Terme, di
mons. Cornelio Femia, amministratore
diocesano di Locri- Gerace, e di mons.
Antonio de Simone, amministratore di
Rossano- Cariati. Insomma folta la rappresentanza dell’episcopato calabrese,
ma non solo. Alla funzione religiosa –
animata dalla Schola Cantorum “Santa
Maria Mater Pacis” con la direzione del
Maestro Paolo Silvano- hanno infatti
partecipato numerosi sacerdoti, gli
esponenti delle istituzioni civili e militari –tra i quali, in prima fila, il commissario della Provincia di Catanzaro
Wanda Ferro ed il sindaco di Squillace
Guido Rhodio- e tantissimi fedeli laici
che hanno letteralmente gremito l’edificio sacro.
Significative le parole che l’arcivescovo Bertolone ha rivolto a mons. Ciliberti nel suo indirizzo di saluto: “In
questa felice ricorrenza mi piace pensare al capitolo venti degli Atti degli
Apostoli, ove leggiamo che Paolo ringrazia il Signore perché, nonostante i
suoi difetti, l’ha chiamato a ‘rendere testimonianza al messaggio di tenerezza
e di grazia di Dio’. Proprio come Ella ha
fatto nei venticinque anni di episcopato, durante il servizio reso nelle tre
diocesi ove il Santo Padre lo ha inviato.
Un venticinquennio ricco e proficuo,
per il quale tutti noi siamo riconoscenti.
Nel suo magistero Ella ha sempre affermato che l’attività di evangelizzazione
è il fondamento e il principio dell’azione della Chiesa e ci ha sempre ricordato che il cristiano è chiamato ad
essere un conoscitore esperto della volontà di Dio. Il nostro è un incontro di
preghiera in ringraziamento al Padre
perché Egli, come sottolinea lo splendido Prefazio degli Apostoli, è il Pastore eterno che non abbandona il suo
gregge, ma lo custodisce e lo protegge
sempre per mezzo dei suoi santi Apostoli e lo conduce attraverso i tempi
ATTuAlITà
sotto la guida di coloro che Egli stesso
elegge Vicari del Suo Figlio e costituisce
Pastori. Per questo ancora una volta vogliamo lodare il Signore”.
“Carissima eccellenza –ha continuato
mons. Bertolone-, la comunità tutta e i
presbiteri ringraziano il Signore per il
grande dono dell’episcopato. La ringraziano anche l’Episcopato calabro e
lucano per il suo servizio episcopale. Le
auguriamo tanta serenità, salute e fecondità apostolica. Volentieri faccio riferimento al 29 maggio 2011 quando mi
presentò la Chiesa di Catanzaro- Squillace. Ed allora con Lei ogni giorno ringraziamo il Signore ripetendo ‘è bella e
dolce la mia Chiesa’”.
“Chi è il vescovo?”. E’ la domanda
dalla quale è partito mons. Ciliberi nella
sua omelia, che si è concentrata sulla
grandezza del ministero episcopale e
sacerdotale. “Il vescovo – ha detto –
successore degli apostoli per mandato
divino, con l’imposizione della mani e
la preghiera consacratoria, rende partecipe il presbitero del suo sacerdozio che
è continuazione del sacerdozio di Cristo. La comunione, quindi, tra il vescovo e il presbitero è una dimensione
ontologica che va colta e vissuta nella
fedeltà”. Quello del vescovo, in altre
n
parole, è – ha sottolineato mons. Ciliberti- “un mandato pastorale segnato
da una chiamata”: “il suo compito è
quello di portare il vangelo ad ogni
uomo; un compito che appartiene a
tutti i membri della Chiesa, ma in maniera particolare ai vescovi ed ai sacerdoti”.
Mons. Ciliberti ha quindi rinnovato
l’invito alla comunità cristiana a pregare, affinché “non manchino santi pastori”. “Con don Bosco – ha detto
Cresce in diocesi la “famiglia”
dei diaconi permanenti
ella memoria della traslazione delle reliquie di Sant'agazio, patrono della diocesi, l’arcivescovo mons. Vincenzo
Bertolone, nella concattredale di Squillace, ha
conferito il sacro ordine del diaconato permanete
a Bruno Trovato.
Si tratta di un laico sposato e padre di un figlio,
che ha maturato il cammino vocazionale nella
parrocchia San nicola Vescovo in Squillace lido,
unitamente al lavoro di fisioterapista.
“La mia famiglia, il parroco, la comunità parrocchiale ed i formatori - afferma Bruno Trovato mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto in
questo percorso vocazionale. oggi, da diacono,
chiedo al Signore di poterlo servire ancor di più
con umiltà e carità, per collaborare alla costruzione della civiltà dell’amore”.
Mons. Bertolone, nell’evidenziare il profumo di santità che Sant’agazio
emanò nell’offrire la sua giovane vita al progetto di salvezza, ha richiamato l’impegno che il diacono è chiamato a vivere come faro della luce di Cristo al servizio della Chiesa, lasciandosi plasmare dalla Parola di Dio, da dover
annunciare con passione, convinzione e testimonianza di vita.
Presenti alla celebrazione l’arcivescovo emerito mons. antonio Cantisani, assieme a numerosi presbiteri, diaconi e fedeli.
ancora– ricordo che il dono più grande
che Dio possa fare a una famiglia è
darle un figlio sacerdote. E ancora, insieme al grande santo dei giovani, ricordo alle comunità parrocchiali che il
grado di spiritualità che le caratterizza
si misura dal numero delle vocazioni
che in esse sbocciano”.
Nel concludere l’omelia mons. Ciliberti ha ricordato la vicenda di Giovanni quando, ormai avanti con l’età,
dall’isola di Patmos si rivolge ai suoi discepoli per un ultimo insegnamento.
“Anch’io – ha aggiunto- con cuore di
Padre, dico a tutti: figlioli miei amatevi
gli uni gli altri. Queste suggestive parole sono l’eco della Parola di Cristo. Da
questo vi riconosceranno che siete miei
se vi amerete gli uni gli altri. Amatevi
come io vi ho amato. La forza del mio
reciproco amore è la voce incarnata
della nostra missione nel mondo ed è il
cemento solido per costruire tra gli uomini la vera civiltà, vagheggiata dal
Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo”.
A fine celebrazione eucaristica mons.
Raffaele Facciolo, vicario generale, nel
leggere il telegramma augurale del
Santo Padre, ha consegnato all’arcivescovo Ciliberti in dono da parte della
comunità diocesana di CatanzaroSquillace, una riproduzione artistica
raffigurante l’abbraccio di comunione e
speranza tra Papa Francesco e Papa Benedetto. Anche il Comune di Corigliano Calabro ha inteso omaggiare
mons. Ciliberti con una targa per i ventidue anni da parroco a servizio della
cittadina dell’alto cosentino, prima dell’ordinazione episcopale.
Luigi Mariano Guzzo
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31 gennaio 2014
ATTuAlITà
PIANTO DI UN INNOCENTE:
perché? perché? perché ?...
a notizia che ha campeggiato nella
stampa in questi giorni, corredata
di foto agghiaccianti, è il ritrovamento di tre cadaveri carbonizzati dentro
un’auto bruciata e semidistrutta. Uno dei tre
corpi era quello di un bambino, Cocò, di
anni: tre, si è saputo dopo, contemporaneamente all’individuazione da parte degli inquirenti dell’ennesima vendetta mafiosa.
Ciò ha scatenato l’indignazione degli italiani di ogni età, estrazione sociale, fede politica e regione. Tutti, ma proprio tutti
sgomenti di fronte all’efferatezza e alla barbarie di coloro che hanno distrutto l’esistenza di tre esseri umani nel delitto di
Cassano all’Jonio, senza fermarsi neppure
di fronte ad un bimbo innocente. Mi rendo
conto che davanti ad azioni tanto turpi e
violente si invochi per gli assassini, sicari
e mandanti, egualmente immondi, la forca o
altra analoga soluzione. Considerazioni e
presunte soluzioni che anche la shoah ha
talvolta proposto proprio a causa della sua
senza redenzione, soprattutto perché essa finirebbe per diventare, sotto altra specie e
forma, un’ulteriore violenza inferta su persone umane, seppur colpevoli di crimini innominabili. Il corpo sociale non
s’immunizza uccidendo i germi patogeni.
Forse potrebbe essere più efficace una “vaccinazione”, ovvero un intervento strutturale, ben congegnato, armonico e deciso,
finalizzato alla formazione delle coscienze.
Sappiamo, ad abundantiam, che in presenza
di un cancro maligno, che ha aggredito l’organismo con presenza di metastasi diffuse,
un intervento chirurgico lo si esclude perché per asportare qualche metastasi finirebbe per recidere organi vitali. E allora?
allora va pensato un diverso tipo di intervento. Ma intanto, dice la popolazione sgomenta ed indignata, non si può stare inermi
a constatare che il male gratuito trionfa, le
cosche rivali tramano e organizzano i loro
loschi affari e pronunciano le loro condanne
spietate, fino ad eliminare chiunque intralci
enormità, folle, assassina, lucidamente
sgangherata e mostruosa. Però, il sistematico sterminio di bocche, giudicate irrimediabilmente “inguaribili”, viene posto in
essere assai prima di Auschwitz, di Treblinka o di Tierezin, più di una volta con la
collaborazione progettuale di medici e
scienziati, “ orgogliosi” di mettersi al servizio del potere che ha deciso di “mondare”
la società con un definitivo intervento pianificato. Tornando alla soluzione invocata
dallo sdegno e da spirito di ribellione a tante
infamie, ritengo di dover affermare che non
sarebbe la soluzione giusta e ponderata,
cioè con l’esatta valutazione di tutti gli
aspetti della questione, ai fini di un bilanciato giudizio: no, insisto, la forca non può
essere la soluzione acconcia per gli assassini
le loro trame o chi ha soltanto la ventura di
essere collegato lontanamente al malaffare.
Certo, perché il male trionfi è sufficiente che i
buoni rimangano in silenzio, diceva Edmund
Burke. É ciò che Borsellino ripeteva : “Non
ho paura delle parole dei violenti..ma del silenzio degli onesti”. Quindi, non bisogna tacere;
anzi bisogna dire pane pane, vino vino, come
del resto da parecchi anni, almeno dall’uccisione di don Pino Puglisi, la Chiesa va ripetendo ad ogni occasione e così come ha
ben detto anche il vescovo di Cassano
all’Jonio dopo l’ultimo efferato delitto.
Al male gratuito, che Annah Arendt definiva “banale”, come quello che, nel corso del
XX secolo, ha “gratuitamente” sterminato
milioni di ebrei, ma anche tantissimi zingari,
papuani, omosessuali eccetera, non si può
L
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31 gennaio 2014
rispondere commettendo nuove violenze e
uccidendo il nemico, sia pure con l’emissione dei verdetti giuridici.
Il mondo greco (che trovava voce alta e civile nella tragedia) e il mondo giudaico-cristiano hanno più volte assaporato e
meditato la rabbia impotente di fronte all’inferno della sopraffazione e di castighi subiti ingiustamente. Due esempi per tutti: l’
Edipo Re, di Sofocle, e Giobbe. Nel primo
caso, anche oggi ci si chiede quale mai sia la
“tracotanza” della sua azione. Quanto al secondo, non possiamo non rilevare l’assenza
di un nesso “logico” tra sofferenza e castigo
del giusto ad opera di una mano invisibile e
muta. È, questo, l’abisso dell’angoscia.
Abisso che risuscita ogniqualvolta la storia
remota e recente, ora della delinquenza organizzata, grida vendetta al cospetto di Dio.
Il fatto è che il male morale è legato alla
libertà che ha l’uomo di scegliere tra il bene
ed il male, di amare e aderire a Dio o di rifiutarlo. Dio rispetta questa libertà, dono divino che appartiene alla grandezza
dell’essere umano. Ciò non esclude che per
noi poveri mortali l’inferno esista “anche”
in vita, come è esistito e si è dato a vedere a
Cassano, così come esiste in qualunque altro
posto in cui le non-ragioni della violenza
gratuita prevalgono sulle vere ragioni della
persona umana e della società di persone,
che chiamiamo “civiltà” e risiedono nel
cuore di uomini e donne. Opportunamente
anche se amaramente Jean-Paul Sartre diceva: “L’inferno sono gli altri”. Sono i cuori
le sedi delle malvagità; da essi può uscire
tutto il peggio dell’inferno, anche la barbarie commessa sugli innocenti, piccoli e
adulti. Il male non ha mai un perché, non
può essere spiegato in termini razionali. Ma
nei cuori, ricordiamolo religiosamente,
stanno anche le buone ragioni, quelle che la
società educante (soprattutto le famiglie, la
chiesa e la scuola) devono continuare a seminare e coltivare, nonostante tutto.
Il male “gratuito” è voluto soltanto perché fa del male agli altri, flora e fauna comprese. Perciò è satanico. L’idea di un Satana,
come possibile giustificazione del male di
ATTuAlITà
fronte a colpe e peccati, come quelli degli assassini dei giorni scorsi in Calabria ionica, e
l’idea di un Anticristo, come possibile volontà lucida di spacciare male per bene, non
possono che risorgere, in noi, di fronte a episodi come questi.
La leggenda “vera” dell’Anticristo, già
immaginata da Vladimir Solov’ëv e anticipata ne I fratelli Karamazov da F. Dostoevskij,
è, in definitiva, la storia, attualissima, di un
bene che, in apparenza, si mostra più ineccepibile di quello già portato dalla redenzione di Cristo e che, nonostante questo,
viene cancellato, o almeno eclissato, dal
male. In questa luce, il problema del male e
della sua persistenza viene reso più acuto
proprio in chi nutriva una precedente fiducia nell’esistenza di un Dio buono e di un
Cristo che vince il male e la morte. Ma allora, si chiede ogni buon cittadino, in un
mondo che è stato creato da un Dio che è
amore perché vengono così efferatamente
uccisi bambini innocenti? A questa legittima domanda una risposta pertinente è: il
male che alberga nel cuore dell’uomo, non si
elimina strappando il cuore, ma prendendosene cura; coltivando sin dall’inizio, sin
dalla tenera età sentimenti di socialità e non
di animalità; educando l’uomo ad essere per
l’altro un socius, un proximus e ciò non
esclude una vera conversione anche in chi
si sia ridotto peggio di una bestia.
Noi siamo stati creati a immagine di Dio
solamente per amore. La barbarie e la violenza non sono, quindi, l’ultima parola. Il
dente per dente è, tutt’al più, la legge del taglione. E nessuno può toccare Caino, anche
se questi porterà per sempre il segno della
violenza gratuita sul fratello Abele.
Se la malavita organizzata e assassina è
un cancro maligno, non c’è bisturi che possa
estirparla, neppure la pena di morte o la
forca. Il bisturi è quello della formazione
delle coscienze rette di cui prendersi cura.
Lo Stato, la famiglia, la Chiesa e tutte le
forze educative che operano appunto per
formare uomini che rispettino le leggi, sono
necessarie, ma non bastano.
Bisogna convincersi che è una questione
di mentalità. E la mentalità non si cambia
con i divieti e le denunce e basta, ma interagendole con seri percorsi formativi, valido
antidoto alla “ cultura” dell’ignoranza, della
tracotanza, del disprezzo, dei soldi facili:
tutti ingredienti tipici della ricetta mafiosa.
Diceva don Puglisi: “È importante parlare
di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è
poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si
fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore
ma se ci si ferma a questo livello sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”.
Quando manca il lavoro manca il pane, ed
è più facile cedere alle lusinghe di chi pro-
mette denaro o anche lavoro, sebbene a
prezzo della dignità della persona o a
prezzo della violenza efferata. Ed allora ci
si adoperi per l’efficienza della Pubblica amministrazione, per interventi in campo sociale, culturale e politico; per lo snellimento
della burocrazia; con misure in materia economica e finanziaria; con interventi infrastrutturali; per la tutela del territorio; per
l’immigrazione.
Lo Stato, la società, la famiglia mettano al
centro d’ogni progetto «l’uomo», con le sue
aspirazioni, le sue potenzialità, i suoi doveri, i suoi diritti.
Quanto alla Chiesa “esca da se stessa” e
si porti nelle zone ( geografiche e dell’anima) delle periferie, cioè delle esclusioni,
si impegni sempre più a creare una nuova
coscienza, che sceglie la strada dell’incontro
umano e dell’evangelizzazione come risposta al male, che si sporca e si ferisce le mani
per accompagnare l’uomo offrendogli la
luce del Vangelo che per vocazione é seminatrice di speranze non di paure, e se non
sempre ha risposte preconfezionate da
dare, si lascia interrogare dai fatti.
In tema di criminalità mafiosa, il ministero di padre Puglisi lo dimostra, si deve
restare fermi nella condanna assoluta delle
azioni illegali e violente, ma bisogna sempre sperare nella conversione dei violenti.
La Chiesa gridi sempre la natura anticristiana della mafia, dica chiaramente che chi
si affilia ad essa, si vota ad un’altra religione, che compie una scelta in netta antitesi con i valori evangelici, mentre chi vive
la propria fede fa un esercizio concreto di
annuncio di legalità, di giustizia, di pace,
tutte espressioni di testimonianza cristiana.
E, tuttavia, operi perché l’azione divina trasformi e cambi i cuori. È nel cuore che alberga il mistero dell’iniquità: il diavolo che
è colui che combatte il grano buono e favorisce delinquenza, illegalità, delitto, spieta-
tezza. E contro il maligno ci vuole una
Chiesa che non teme il nemico che semina
la zizzania.
Don Pino Puglisi riuscì a far crescere il
grano buono senza cedere alla tentazione di
strappare con violenza la zizzania, ma seminando a piene mani l’amore, il perdono,
la pace, il rispetto e la dignità della persona.
Egli ha riproposto alle coscienze oltraggiate
dalla mafia la pulizia della vita ispirata al
Vangelo dimostrando che il male si vince
con il bene, purché si resti fedeli a tre insegnamenti: credere con il cuore; alimentare
la speranza; vivere con coerenza.
È questa la Chiesa che chiama peccato il delitto, che chiede la giusta riparazione al male
inferto a sé e agli altri, che sa perdonare
quando il cuore è mutato, che invita al cambiamento possibile, che offre occasioni di redenzione e di perdono anche al cattivo
ladrone. A chi continua a sfigurare la vera
faccia del mondo possiamo e dobbiamo offrire sempre Colui che toglie il peccato del
mondo, anzi lo espia col suo sangue.
Ecco, la risposta cristiana all’eterno interrogativo del male (soprattutto di quello innocente) è la fede silenziosa e adorante,
fondata sulla certezza che Dio è amore, che
Dio è padre e madre degli uomini, e tutto
ciò che compie ha come scopo finale la salvezza e la gioia dell’umanità e di ogni singola creatura.
L’amore di Dio è infinitamente più forte
del male del mondo. È questa una delle verità più consolanti della fede cristiana. Non
fermiamoci a deprecare l’inferno dei nostri
giorni e delle nostre città, ma guardiamo
oltre il non-inferno, quel che ci salva ( “ciò
che inferno non è”, direbbe Calvino), nel
segno della speranza cristiana.
XVincenzo Bertolone
7
31 gennaio 2014
ChIESA
Celebrata nella chiesa Stella Maris di Sellia Marina
la 100ma giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato
MIGRANTI E RIFuGIATI: FRATERNITà PER uN MONDO MIGlIORE
I
n occasione della 100ma Giornata
Mondiale del Migrante e del Rifugiato, incentrata sul tema: “Fraternità per un mondo migliore”, l’Ufficio
Migrantes della nostra Arcidiocesi, coordinato da don Piero Puglisi, ha organizzato per il pomeriggio di domenica 19
gennaio 2014 una solenne e suggestiva
concelebrazione eucaristica presieduta
dall’Arcivescovo Metropolita mons. Vincenzo Bertolone, che ha avuto luogo nella
chiesa parrocchiale Stella Maris di Sellia
Marina.
Erano presenti, oltre a numerosi sacerdoti della Vicaria di Sersale e alcuni diaconi, i sindaci di Sellia Marina e Zagarise,
Giuseppe Amelio e Piero Raimondo, il dirigente e gli insegnanti del locale Istituto
Scolastico Comprensivo, frequentato da
90 bambini non italiani, i rappresentanti
locali delle varie autorità militari e molti
bambini con i loro familiari.
L’Arcivescovo è stato accolto poco
prima delle ore 18 sul sagrato della chiesa
da un bambino con un mappamondo tra
le mani, mentre altri 10 bambini sventolavano ai due lati del corridoio le bandierine dei vari Paesi d’origine dei migranti
presenti nel territorio: Polonia, Bulgaria,
Romania, Italia, Marocco, Senegal, Congo
e Cina. Dirigendosi poi gioiosamente insieme all’Arcivescovo verso l’altare, i
bambini hanno deposto ai suoi piedi il
mappamondo e ai lati di questo, su due
file parallele, hanno inserito le 8 bandierine.
All’inizio della Santa Messa il parroco
don Giuseppe Cosentino ha salutato i numerosi presenti, ringraziandoli per la partecipazione ad un evento che ci aiuta ad
ampliare gli orizzonti della mente e del
cuore, in quanto ci fa incontrare persone
di tanti Paesi con storie, lingue, culture e
tradizioni diverse e quindi offre ad
ognuno una maggiore consapevolezza
della propria identità e promuove il dialogo e il confronto di esperienze nel rispetto reciproco, senza arroganza e
presunzione.
Con riferimento al territorio comunale
amministrato da 10 anni, il sindaco di Sellia Marina, Giuseppe Amelio, figlio di
emigrati, ha tenuto a sottolineare la pacifica e solidale convivenza di tante persone di ogni origine (24 Paesi), senza
alcun episodio di intolleranza, e il buon
inserimento dei bambini stranieri nelle
8
31 gennaio 2014
scuole, anche se non proprio tutti sanno
parlare bene la lingua italiana.
Padre Piero Puglisi, direttore dell’Ufficio diocesano Migrantes, ha poi spiegato
il significato della Giornata, nella quale
tutti sono sollecitati a ricordare gli emigrati calabresi e i fratelli e sorelle che, per
i più vari e gravi motivi, da molto lontano
raggiungono il nostro territorio chiedendo accoglienza, sostegno, alloggio, lavoro e condizioni di vita più dignitose. A
tutti loro, come anche ai rom e sinti, ai fieranti, ai circensi e ai marittimi che affrontano ogni giorno tanti rischi, va il nostro
affettuoso e fraterno abbraccio. In questa
Giornata di riflessione e di preghiera non
possiamo non accendere la mente, allargare il cuore e tendere la mano, secondo il
Messaggio di Papa Francesco, per il quale
«migranti e rifugiati non sono problemi
da affrontare ma sono fratelli e sorelle da
aiutare». Nella prospettiva cristiana di
una nuova umanità di fratelli accomunati
da uno stesso padre, ogni terra è patria e
ogni patria è terra straniera.
Prima delle letture liturgiche è intervenuto Cissokho Soungoutoua, presidente
della FAI (Federazione delle Associazioni
di Immigrati) e membro della Commis-
sione per il CARA di Crotone.
Dopo aver salutato e ringraziato le autorità politiche, militari e scolastiche presenti e tutti i convenuti, che per
condividere la gioia dell’incontro hanno
sfidato le avverse condizioni meteo,
mons. Bertolone ha rivolto ai “locali” un
invito fondamentale per un’accoglienza
vera e credibile degli immigrati e rifugiati: scendere dal piedistallo di sicurezza
che chi viene da lontano non ha e incamminarsi con loro verso la Casa del Padre
come fratelli. Soffermandosi poi sulla figura dell’agnello, animale buono e mansueto assunto a simbolo del Redentore,
incapace di fare del male ma anzi esposto
all’aggressività altrui, l’Arcivescovo ha indicato l’amore come carattere distintivo
dei cristiani autentici, che spinge ad offrire se stessi piuttosto che ad aggredire,
in qualsiasi situazione: è l’amore, infatti,
che, come una torcia, illumina e salva gli
uomini e le donne di tutti i tempi. Nel nostro tempo, come sempre, sono tante le
persone che attendono una testimonianza
di amore vero, fatto di premurosa attenzione e relazione sincera e gratuita, senza
scopi nascosti (sfruttamento economico o
sessuale): tra queste ci sono i migranti e i
rifugiati, che si contano a milioni. Nel XX
secolo erano 28 i milioni di italiani emigrati all’estero e 5 i milioni di immigrati
in Italia (40 in Europa): cinesi, africani e
mediorientali. E oggi sono 350 i milioni di
poveri che in tutto il mondo rischiano di
morire di fame. Non possiamo rimanere
indifferenti, ma che possiamo fare?
«Si deve innanzitutto prendere consapevolezza della dimensione cristiana
della fraternità: gli altri non sono nemici
da eliminare, ma ospiti; bisogna poi camminare secondo le leggi, a cominciare
dagli italiani: non si può pretendere dagli
altri quello che noi non siamo disposti a
fare/dare; si deve quindi considerare la
responsabilità della custodia reciproca:
dov’era l’uomo 70 anni fa per i deportati
ad Auschwitz e dov’è l’uomo oggi per i
rifugiati, senza patria e dimora? La testimonianza cristiana ha un solo riferimento: l’Agnello di Dio, che sempre e
dovunque si fa servo e cibo per amore, offerto fino al sacrificio di sé».
La Giornata si è conclusa con due esibizioni coreografiche dei bambini.
Guido Mauro
ChIESA
CONSIGLIO PERMANENTE CEI
Con speranza per la costruzione di una buona storia
S
e prima era il Papa che “sceglieva
e nominava” il presidente della
Cei, con ogni probabilità sarà ancora il Papa a nominarlo, ma attraverso
“il coinvolgimento di tutti i vescovi nell’indicazione di una rosa di 10-15 nomi”
da sottoporre al Santo Padre, che “poi
sceglie chi vuole”. Così monsignor Nunzio Galantino ha sintetizzato ai giornalisti - nella sua prima conferenza stampa
in veste di segretario generale ad interim
della Cei, in occasione della presentazione del documento finale del Consiglio
permanente - la novità nell’elezione del
presidente della Conferenza episcopale
italiana, il cui confronto sulle modalità
ha occupato “gran parte” dei lavori. I
presuli, infatti, hanno analizzato le “proposte prevalenti” per dare attuazione al
“compito ben preciso” a loro assegnato
dal Papa nell’assemblea di maggio
scorso. “Con qualche sorpresa”, ha riferito il segretario, “la stragrande maggioranza dei vescovi ha ritenuto di
mantenere la peculiarità del rapporto tra
il Papa e la Chiesa italiana, che prevede
che la nomina del presidente Cei venga
dal Santo Padre”. La revisione dello Statuto, ha precisato però mons. Galantino,
è un “work in progress”: il Consiglio permanente di marzo sarà “una prima
tappa”, “la preoccupazione fondamentale è che tutta la Cei venga coinvolta,
non abbiamo fretta”. “La Cei - ha ricordato a questo proposito - non è
un’istanza altra o superiore rispetto ai
singoli vescovi: è un organismo diffuso e
di servizio. La Cei sono tutti i vescovi,
presi singolarmente e tutti quanti insieme”.
L’Italia non è “la fotocopia” di quanto
successo in Parlamento. “Mi sentirei ancora più umiliato, se dovessi pensare che
l’Italia è la fotocopia di ciò che è successo
ieri in Parlamento”. Riprendendo la frase
usata dal cardinale Bagnasco nella prolusione, “l’Italia non è una palude fangosa”, mons. Galantino ha detto che la
“bagarre” di ieri nelle aule parlamentari
è qualcosa di “scandaloso, mortificante
per l’Italia”, dove però “c’è gente molto
più educata, consapevole del proprio
ruolo, anche nello stesso Parlamento”.
“Anche noi faremmo bene a tener presente questa parte del Paese davvero
buona”, l’invito rivolto in particolare ai
comunicatori, esortati a “dare notizia di
ciò che accade”, ma anche a “far capire
che c’è gente che cammina diversamente”. L’esempio citato è la Calabria,
regione dove è presente la criminalità organizzata e dove “molto spesso chi non
la pensa come la malavita, non ha gli
strumenti per farsi sentire”. È molta di
più, cioè, la gente che “non è d’accordo
con un certo stile di vita, con la maleducazione propagandata, vissuta ed esercitata”. Altro esempio virtuoso, il “lavoro
straordinario” dei volontari nelle carceri,
non solo quelli cattolici, ma anche quelli
“senza etichetta”.
I “numeri” della famiglia. “I numeri
devono aiutarci a fare una politica realistica, e non ideologica”. Ne è convinto
monsignor Galantino che ha parlato
anche di famiglia. “Sono arrivate circa
160-170 risposte” ai questionari inviati
dalla Cei in preparazione al prossimo Sinodo sulla famiglia, segno che “c’è stata
una grandissima partecipazione delle realtà cosiddette periferiche”. Quanto alla
situazione generale, “la famiglia fatta da
un padre, una madre e dei figli, in Italia,
è largamente, ampiamente e decisamente superiore ad altre forme di parentela affettiva”. “Sono convinto che le
autorità pubbliche devono garantire a
tutti i cittadini i propri diritti”, ha affermato mons. Galantino, che ha messo
però l’accento sulla “sindrome dell’imbarazzo” che le famiglie “tradizionali” si
trovano oggi a vivere: “Sembra quasi che
le famiglie debbano chiedere scusa di
esistere: quando ciò accade, vuol dire che
gli equilibri non funzionano”. “Se, ad
esempio, lo Stato ha dieci euro da spendere - si è chiesto il vescovo - e se le famiglie composte da padre, madre e figlio
sono l’80%, mentre le altre forme di
unioni affettive sono il 20%, è così strano
che si chieda di tenere conto in percentuale di queste fasce? Non in termini di
moneta, ma di attenzione”.
Il ruolo del vescovo nella lotta agli
abusi. “Il vescovo non è un pubblico ministero o un pubblico ufficiale, il suo
ruolo è molto più importante”. Mons.
Galantino è intervenuto in questi termini
sulla questione della denuncia, da parte
del vescovo, alle autorità civili competenti, qualora fosse a conoscenza di
abusi. Come è indicato “chiaramente”
nelle Linee-guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di
chierici, che “presto” saranno rese pubbliche e la cui “armonizzazione” definitiva del testo è stata oggetto di questo
Consiglio permanente, il vescovo “è
‘padre’ della vittima e ‘padre’ di chi ha
commesso il reato”, e il suo compito è di
“impegnarsi in tutti i modi a far emergere la verità nel suo ambito, che non è
un ambito giudiziario”. Nei casi di
abuso, comunque sia, “la parte più debole è in genere il minore”, come si potrà
leggere anche nelle Linee-guida, ha assicurato il segretario, ricordando che nelle
questioni di pedofilia “è il vescovo della
diocesi che affronta il caso e istruisce il
processo”, mentre la Cei offre “il servizio
e il supporto” necessari.
Scuola. In piazza san Pietro, il 10 maggio, per “sentire ciò che il Papa ha da dire
sul mondo della scuola”. Così monsignor Galantino ha illustrato ai giornalisti il senso dell’appuntamento del 10
maggio, il cui slogan è “la Chiesa per la
scuola”, senza aggettivi. “La scuola - ha
osservato mons. Galantino - deve imparare a recuperare il suo ruolo fondamentale, che non è quello di chi dà risposte,
ma di chi mette in mano agli studenti gli
strumenti critici per stare in maniera consapevole in questo mondo”. “Quando,
invece, la scuola si limita a dare risposte
a buon mercato, allora scatta la visione
ideologica”, ha ammonito.
M. Michela Nicolais
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31 gennaio 2014
SPIRITuAlITà
lE ChIESE CRISTIANE hANNO PREGATO INSIEME PER l’uNITà
in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, l’arcivescovo Bertolone è
intervenuto all’incontro fra le confessioni cristiane presso la Chiesa Santa Croce a Catanzaro
C
ontinuano a camminare mano
nella mano le confessioni cristiane presenti nell’Arcidiocesi
Catanzaro-Squillace, consapevoli che
l’unità è raggiungibile attraverso il dialogo
e la comunione.
“Cristo non può essere diviso?” (Cor.
1,1-17). Il tema del quarto degli otto incontri ecumenici, promossi dall’Ufficio per
l’ecumenismo e il dialogo interreligioso
dell’Arcidiocesi, coordinato da Orlando
Miriello, in collaborazione con la Chiesa
evangelica della riconciliazione, la Chiesa
evangelica valdese e la Chiesa ortodossa,
non poteva non coincidere con quello
scelto per la Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani, celebrata dal 18 al 25
gennaio. Un’iniziativa spirituale che coinvolge le comunità cristiane da oltre un secolo. Che invita a pregare per l’unità di
tutti i battezzati, secondo le parole di Gesù:
“Che tutti siano una cosa sola” (Gv. 17,21).
Un percorso verso l’unità arduo, ma non
impossibile. Che ha bisogno di un’apertura di cuore e di un dialogo privo di pregiudizi. Che ha bisogno di comunione e
non di frammentazione.
Non c’è un Dio migliore dell’altro. Dio è
uno solo. E non può essere diviso. E’ Dio
che unisce tutti i Suoi figli con il Suo
amore. E chi lo ama non può sentirsi “lontano” dai fratelli. Non può essere “diviso”
dai fratelli.
E’ una consapevolezza fiorita e maturata
nell’animo dei fedeli valdesi, cattolici,
evangelisti, ortodossi, che si sono ritrovati
martedì, 21 gennaio, nella chiesa Santa
Croce a Catanzaro per pregare e meditare
insieme. Per essere una cosa sola come
vuole il Padre, al di là delle differenze,
delle divisioni, che non fanno altro che indebolire la credibilità della fede. Anche su
questo aspetto si sono soffermati l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace,
S.E. Mons. Vincenzo Bertolone, e i ministri
delle confessioni cristiane non cattoliche
intervenuti, padre Luciano Tataro della
Chiesa Ortodossa, pastore Rainer Van
Gent della Chiesa Evangelica della riconciliazione e pastore Iens Hansen della
Chiesa Valdese.
“Sproniamoci a vicenda nell’amore e
nelle buone opere, con la certezza che Dio
mantiene le Sue promesse ed esaudisce le
preghiere di Suo Figlio e le nostre, affinché
tutti siano uno”, ha affermato il pastore
Iens Hansen.
“Credere alla parola che Dio ci ha lasciato. Questo crea una fede autentica.
Non fede nell’uomo o in se stessi, ma in
Dio”, ha detto il pastore Rainer Van Gent.
“Il corpo di Cristo è uno solo, non può
essere diviso. Anche se preghiamo in lingue diverse, il Signore comprende tutti,
perché egli Egli ci ha lasciato. Il Signore è
cuore e se non abbiamo amore verso gli
altri non possiamo essere figli di Dio”, ha
commentato padre Luciano Tataro, che ha
concluso, ricordando che, “seppure siamo
diversi e abbiamo tradizioni diverse,
amiamo un unico Signore. E questo amore
ci unisce”.
“Una è la fede, una è la speranza, uno è
l’amore”. Parole eloquenti di “Inno alla
fede” di Ylenia Giampà, con cui mons.
Vincenzo Bertolone ha introdotto la sua
omelia, aggiungendo che, purtroppo, i
rapporti non sono improntati sulla comunione. Secondo l’arcivescovo, l’agire del Signore spesso non è il nostro agire.
“Occorre comprendere l’amore di Dio, che
si è fatto dono perché penetri nel cuore
degli uomini. E allora – ha detto - tutto
sarà più semplice”. Sarà più semplice il
cammino verso l’unità dei cristiani. Un
cammino che chiede un coinvolgimento
concreto. Un agire, fatto di piccoli gesti,
animato dall’amore verso tutti, senza distinzioni. “E’ solo così che la parola fraternità acquisterà cittadinanza”, ha spiegato
mons. Bertolone.
La diversità, vista con gli occhi dell’amore, si è trasformata in arricchimento
spirituale. Ciascuno nella preghiera ha
avuto modo di sentirsi dono per l’altro. E
con questo “sentire” i fedeli cristiani del
catanzarese si impegnano, guidati da Dio,
a proseguire il loro peregrinare, abbandonando la strada della divisione.
Il prossimo incontro ecumenico sul tema
“Ero nudo….e voi? si terrà martedì 25 febbraio alle ore 18,30 nella parrocchia dell’Immacolata in Soverato.
Settingiano in festa per il 50° delle Suore
S
Assunta Panaia
ono passati cinquant'anni dal 1° Ottobre 1963, da quando le Suore Francescane del Signore hanno messo piede nel comune del Settingiano. Cinquant'anni al servizio della comunità con varie attività: da quelle
spirituali, all'asilo parrocchiale, fino ai corsi di cucito e di ricamo. Tutte ragioni
per le quali le suore hanno avuto da sempre l'ammirazione, la stima ed il rispetto dei fedeli. E proprio gli stessi fedeli nel dicembre scorso hanno reso loro
un omaggio per questi dieci lustri di attività alla presenza dell’Arcivescovo della
diocesi di Catanzaro-Squillace Mons. Vincenzo Bertolone, dei parroci di Martelletto e Settingiano Don Rosario Bevacqua, Don Grégoire Nsabimana e Don
Martino Tinello, del primo cittadino Rodolfo Iozzo, del suo vice Mario Felicetta
e del Priore della confraternita "Maria Ss. della Purificazione" Luciano Bronzi.
10
31 gennaio 2014
SPIRITuAlITà
personaggi biblici...
«Padre
Abramo, abbi
pietà di me»
«U
(Lc 16,24)
n
tale
era
ricco...»
(Lc
16,19a). Così
gesù inizia a descrivere la
vita di un uomo che amava
indossare «vestiti di porpora
e di lino finissimo», e che
«ogni giorno si dava a lauti banchetti» (v.
19b). evidentemente, quest’uomo ha il
cuore tutto rivolto alle cose della terra,
senza avere alcuna prospettiva d’eternità. Per questo, egli vive senza relazioni
di verità, di carità, di compassione per
gli altri. Questi, infatti, esistevano solo
per essere al suo servizio, perché egli
si potesse vestire con indumenti raffinati, e perché ogni giorno potesse mangiare a sazietà di quanto era posto sulla
sua tavola.
Ma nel racconto di gesù gli altri, in particolare, hanno un nome: quello di Lazzaro, un uomo estremamente povero,
interamente coperto di piaghe, che stava
gettato alla sua porta (v. 20). Questi non
desiderava il cibo del ricco, ma si sarebbe accontentato anche solo degli
avanzi che cadevano dalla sua tavola (v.
21a). eppure quest’uomo, che viveva alla
porta del ricco, che tutti conoscevano (o
che almeno potevano vedere), al quale
perfino i cani «venivano a leccare le sue
piaghe» (v. 21b), dal ricco non riceve
nulla.
Finché un giorno «il povero morì e fu
portato dagli angeli accanto ad abramo.
Morì anche il ricco e fu sepolto» (v. 22). e
cosa succede? Che, mentre Lazzaro si ri-
trova accanto ad abramo, nel regno della
gioia e della vita, il ricco invece si ritrova
negli inferi, tra i tormenti (v. 23). “Ma –
qualcuno si chiederà – Dio non è il Padre
misericordioso che ci salva tutti?” evidentemente, quest’immagine di un Dio
solo misericordioso, senza giustizia,
spesso propagata anche tra i cristiani,
non è un’immagine secondo verità, poiché non è l’immagine del Padre che
gesù descrive nel Vangelo.
“Certo – si potrebbe ancora dire – ma
se qualcuno, anche dopo la morte, si
pente e chiede a Dio un gesto di misericordia, Dio glielo concederà”. È esattamente quello che fa il ricco della
parabola. egli, infatti, vedendo da lontano
abramo e Lazzaro accanto a lui, richiede
a gran voce: «Padre abramo, abbi pietà
di me» (v. 24a). Ma, purtroppo, l’eternità
è separazione, eterna separazione: «tra
noi e voi è stato fissato un grande abisso
...» (v. 26). Per ereditare la vita eterna occorre, dunque, porsi in ascolto non delle
proprie idee o dei propri sentimenti, ma
di Mosè e dei Profeti (v. 29), della Parola
del Signore.
Edoardo M. Palma
VERSO IL 5° CENTENARIO RITORNO CERTOSINI A SERRA SAN BRUNO
E LA CANONIZZAZIONE DEL SANTO CHE AMÒ IL SILENZIO
“I
n quella solitudine infinita / tra
Stilo e Arena / … l’anima si
cheta …. nel silenzio immobile
del tempo che passa in fretta / e spazza via
ogni cosa futile e caduca… / … pulsa di vita,
di prece e di silenzio,/ l’antica Certosa che /
a Serra di San Bruno ha dato il nome…”
[cfr San Bruno, da Colonia alla Certosa
di Serra -L’uomo che percorse l’Europa,
Rosina Andreacchi, 2011, Squillace]”.
Solitudine, silenzio, prece, trinomio
indispensabile per chiunque voglia avvicinarsi al mondo certosino per conoscere la vita dei protagonisti della
clausura bruniana. Il monastero è il
luogo della solitudine, della preghiera,
del silenzio assoluto, dove i monaci, solitari di Dio, pervasi di grande spiritualità, si riuniscono accomunati dalla vita
contemplativa per rimanere ininterrottamente nella luce eterna del Creatore.
Sono trascorsi cinquecento anni dal ritorno dei Certosini nell’eremo di Santo
Stefano che il 1192 da Papa Celestino III
era stato dato ai cistercensi che ressero
il monastero, “abbazia nullius”, fino al
1411. Da tale data la gestione del monastero passò in commenda a un prelato
di Napoli, che percepiva le rendite,
mentre il Convento venne amministrato
dal priore fra’ Martino Caracciolo. I terreni del Feudo, non prosperando perché
privi di mezzi, furono alienati e l’Abbazia di Santo Stefano fu messa a disposizione di papa Leone X, che, soppressa
legalmente la gestione dei commendatari, la donò ai certosini. Con l’approvazione del Capitolo di Grenoble e con
nulla osta regio il monastero serrese
passò ai certosini. Il 25 febbraio 1514, accolti festosamente dai serresi, tre monaci
bruniani ritornarono in Certosa: Jacopo
d’Aragona, Pietro Riccardis e Costanzo
De Rigetis.
Il 19 luglio 1514 lo stesso pontefice autorizzò il culto di San Bruno con la sua
canonizzazione.
Due date significative (25 febbraio e
19 luglio 1514) che richiedono la dovuta
attenzione da parte della comunità serrese, del Comune, della Regione che si
apprestano alla commemorazione.
È il quinto centenario che ci coinvolge
alle varie manifestazioni il cui avvio è
stato dato a Roma nella Basilica di Santa
Maria degli Angeli e dei Martiri (scolpita fra il 1766 e il 1768 da Jean Antoine
Houdon) dove il priore della Certosa di
Serra, dom Jacques Dupont, ha presentato l’icona del Santo di Colonia, benedetta il 27 novembre u.s. da Sua Santità
Papa Francesco. L’icona, a firma Madre
Mirella Muià (eremita, Monserrato-Gerace), è esposta nella cappella esterna
della Certosa di Serra S. Bruno. (Foto riportate, Papa Benedetto benedice
l’icona di San Bruno –Copertina libro
“San Bruno, da Colonia alla Certosa di
Serra -di Rosina Andreacchi).
Bruno Tozzo
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31 gennaio 2014
TERRITORIO
Celebrata la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti
Mons. Bertolone: “Il giornalista a servizio della verità”
Riconoscimenti a Cesare Mulè, Antonio Fazio e Vincenzo De Virgilio
A
nche quest’anno il giorno 24
gennaio, dedicato alla memoria
del santo sacerdote Francesco
di Sales, ha costituito per i tanti giornalisti ed operatori radiotelevisivi cattolici attivi a Catanzaro e nel territorio diocesano
una felice occasione di incontro alla
mensa del Signore per riflettere con mons.
Bertolone sui problemi inerenti alle Comunicazioni sociali, che, secondo il messaggio di Papa Francesco per la 48ma
Giornata, devono essere al servizio di
un’autentica cultura dell’incontro.
Alla celebrazione eucaristica presieduta
dall’Arcivescovo hanno preso parte sull’altare mons. Raffaele Facciolo, Vicario
Generale e direttore di “Comunità
nuova”, don Giovanni Scarpino, direttore
degli Uffici regionale e diocesano per le
Comunicazioni Sociali, don Giuseppe Silvestre, Vicario del Settore Sud, e nell’assemblea dei fedeli laici molti illustri
esponenti del mondo della comunicazione; tra questi il dott. Vincenzo De Virgilio, il prof. Cesare Mulè e il prof.
Antonio Fazio, che al termine hanno ricevuto un gradito premio (un quadro con
l’immagine di S. Francesco di Sales) in riconoscimento dei meriti da loro accumulati nella lunga attività giornalistica
(professionistica per il primo, pubblicistica per gli altri due). Non potevano
certo mancare il dott. Giuseppe Soluri, stimato presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, e il prof. Giuseppe
D’Agostino, decano dei giornalisti calabresi, premiato nel 2013. Ognuno dei presenti ha potuto trovare una copia del testo
del Messaggio del Papa per la Giornata
Mondiale delle Comunicazioni Sociali
2014, dal titolo “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”.
Dopo la proclamazione della Parola di
Dio (brano evangelico sulla missione
degli Apostoli), il Vescovo ha preso la parola per ringraziare i giornalisti del pre-
zioso servizio da loro reso con competenza e passione e per rivolgere loro un
messaggio di speranza e fiducia, al di là
della realtà infernale che siamo costretti a
vivere, con riferimento al recente episodio di Cassano, espressivo di totale assenza di pietà.
«Di fronte ad episodi raccapriccianti
come l’uccisione di un bambino di tre
anni, non ci si può limitare ad un’effimera
indignazione ma bisogna provvedere subito ad una iniezione di speranza e coraggio nel popolo sgomento, per unirsi al
Redentore nel suo progetto di salvezza. E
Presentato il progetto CEI
“La Chiesa per la Scuola”
N
ell’Aula “S.Petri” dell’Arcivescovado di Catanzaro, si è svolto, giovedì 23 gennaio u.s., l’incontro tra
l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, i Dirigenti
Scolastici e i docenti delle scuole, invitati con la
finalità di dare l’avvio al progetto della CEI “La
Chiesa per la Scuola”. Il progetto si inscrive
nell’ambito del Decennio dell’Educazione i cui
orientamenti pastorali si ritrovano nel testo
Educare alla Vita buona del Vangelo che offre
all’attento lettore spunti di forte suggestione riguardo al servizio scolastico:necessità di educare
al discernimento e all’identità, per una Scuola
dell’accoglienza e dell’integrazione, per una formazione integrale della persona; il testo, altresì,
affronta temi di alta valenza pedagogica come la
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31 gennaio 2014
“passione” per l’insegnamento, i compiti della
Scuola e della Famiglia.
E’ intervenuto il dott. Gregorio Metrcurio coordinatore dell’Ufficio Provinciale della Pubblica Istruzione e in rappresentanza del
Direttore Generale dell’Usr Calabria.Egli ha salutato positivamente l’incontro,sottolineando
che la Chiesa è un soggetto primario di educazione e formazione ,La Chiesa, attraverso lo
strumento dell’Autonomia scolastica, è un validissimo collaboratore offrendo occasioni, contenuti e finalità di altissimo profilo sul piano
dell’Educazione dei Ragazzi.
L’incontro, organizzato dall’Ufficio di Pastorale Scolastica diretto da Annamaria Fonti
Iembo,h a visto innanzi tutto l’intervento di
don Luigi Martucci della Scuola Salesiana di
Soverato, il quale ha illustrato il testo La Chiesa
per la Scuola, che la CEI ha pubblicato e che contiene in sintesi i lavori dei Laboratori svolti nel
mese di maggio 2013 su sette temi essenziali:
educazione, europa,insegnanti,generazioni e futuro,umanesimo,autonomia e sussidiarietà,comunità e alleanza educativa.
La Iembo , riguardo alla formazione integrale,
si è rifatta alle parole di Sant’Agostino:”Dominus enim noster Jesus Christus, ea quae faciebat
corporaliter, etiam spiritualiter volebat intelligi.Neque enim tantum miracula propter mi-
TERRITORIO
i giornalisti possono unirsi a Lui con i loro
strumenti specifici: la penna o la tastiera
del computer, che, come la croce, possono
essere preziosi strumenti di salvezza. Ma
i loro diversi effetti dipendono da chi li
usa e da come vengono usati; gli strumenti di comunicazione non sono a priori
positivi o negativi ma sono legati ai valori
di riferimento di coloro che ne fanno uso,
ai contenuti scaturiti dalla mente e dal
cuore della persona che li adopera».
Mons. Bertolone si è poi soffermato
sulla figura di S. Francesco di Sales, quale
sacerdote e giornalista d’assalto che nel
1594 si trovava ad operare nella Svizzera
calvinista, dove da quasi 60 anni (1535) la
Chiesa cattolica non aveva più alcuna influenza e i preti cattolici non erano visti
di buon occhio. Nessuno lo ascoltava e
qualcuno metteva in pericolo anche la sua
sicurezza fisica. Ma la successiva conversione di molti fu il frutto maturo di un
apostolato “giornalistico” realizzato con
dei foglietti sulla dottrina cattolica e fondato su due pilastri: una solida formazione dottrinale e un atteggiamento di
dialogo fraterno, pacato e sereno, volto
alla conquista amorevole dell’interesse altrui piuttosto che sulla condanna rabbiosa. «La comunicazione della fede,
seppure costante nei suoi validi contenuti, richiede nella forma un opportuno
adattamento al mondo che cambia».
«Tra i rischi dell’attività giornalistica
emergono evidenti la strumentalizzazione e la mistificazione dei fatti riferiti: li
si cambia o li si interpreta secondo idee
precostituite o per secondi fini più o
meno evidenti. Ma anche nel dire la ve-
racula faciebat; sed ut illa quae faciebat, mira essent videntibus, vera essent intelligenti bus”-bisogna , cioè, non solo stupirsi delle cose ma
occorre capirle e intenderle nel loro profondo significato e senso. Questa è la necessità della formazione integrale: l’allievo deve essere formato
ed educato in corpo e spirito perché acquisti la
personalità matura. Anche la partecipazione
studentesca deve essere curata, educata, con riferimento ad un quadro valoriale oggettivo che
includa nei fini la difesa della vita, la solidarietà
e l’amore.
rità ci vuole rispetto per le persone, che
non sono numeri né oggetti a proprio uso
e consumo; le notizie offerte devono informare fedelmente sui fatti nuovi ma
anche suscitare riflessioni, critiche e suggerimenti, evidenziare anche gli aspetti
positivi ed infondere fiducia e speranza.
Negli articoli di stampa e nei servizi radiotelevisivi, poi, i giornalisti cattolici, in
quanto discepoli di Cristo, non possono
esimersi dal trasmettere con le proprie parole, condite di passione, speranza, coerenza quotidiana, quella Parola eterna di
amore, luce, gioia, giustizia e verità che
sta a fondamento e compimento di tutto
quanto esiste e che prima o poi trova comunque piena realizzazione nel dono di
sé e nella pace».
Al termine della S. Messa il presidente
Giuseppe Soluri ha sviluppato alcuni concetti sul ruolo del giornalista nel nostro
tempo, caratterizzato dalla rete Internet e
L’Arcivescovo Bertolone ha ribadito la vicinanza della Chiesa alla Scuola, rammentando
che la nostra cultura europea è cattolica:chiunque volesse contraddire il generoso fermento
evangelico che la contraddistingue, farebbe
un’azione poverissima di significato e inutile!la
radice cristiana non può essere eradicata dalla
nostra storia!
Per l’Arcivescovo “affermare che tra i Diritti
umani quello che occupa il primo posto è la Libertà, significa implicitamente affermare che la
prima Libertà è quella religiosa”. Poi si è soffermato sugli aspetti costitutivi della nostra Religione che si sostanziano in tre componenti:
Chiesa, Cattolicesimo, Mondo Cattolico.
A prescindere dalla percentuali di pratica religiosa, dagli eventuali contrasti interni nelle
Associazioni, la Chiesa è l’universale Soggetto
emanato da Dio stesso, ed ha il diritto-dovere di
formare e istruire i suoi cattolici, integralmente.
“Noi abbiamo ricevuto – ha detto il Vescovo un patrimonio sublime che è la Fede in Cristo
dall’ampia diffusione dei social network
«Rispetto ad altre figure professionali –
ha detto – i giornalisti hanno qualche responsabilità in più per quanto riguarda la
correttezza, la credibilità e il rispetto degli
altri. I destinatari dei servizi giornalistici
non devono essere traditi con notizie false
o imprecise o magari vagamente attribuite ad alcuni ambienti autorevoli per
suffragare come verità quelle che sono
solo ipotesi o opinioni soggettive (“In ambienti… si dice che…”). I giornalisti devono ricercare la verità, intesa come
corrispondenza alla realtà, non devono
sottacere niente ma neanche lasciarsi
prendere dalla superficialità e dal gusto
del sensazionale; quindi sono tenuti al rigoroso controllo delle fonti, accertandosi
“ossessivamente” della loro autenticità.
La crisi economica, sociale, morale e spirituale in cui viviamo ha determinato o almeno reso più evidente un certo
disorientamento per la perdita dei punti
di riferimento prima saldi e indiscussi; i
giornalisti, che sono figure fondamentali
di ogni comunità, hanno pertanto il dovere di riferirsi saldamente a questi punti,
che consistono nei valori fondamentali di
ogni convivenza civile: rispetto, verità,
giustizia, libertà».
Dopo le considerazioni appena riferite,
il presidente Soluri ha tracciato brevemente le linee principali dei percorsi di
vita dei tre giornalisti premiati, che hanno
dato e continuano a dare onore alla nostra
città e che hanno ricevuto il meritato riconoscimento dalle mani di don Giovanni
Scarpino e dell’Arcivescovo.
g.,m.
Gesù! Non possiamo disperdere questa ricchezza, questa essenziale ragione di vita, questa
Summa che ci fa essere fratelli in Cristo, che ci
consente di “capire” e di “amare”. Abbiamo
tutti una grande responsabilità,quella cioè di dovere trasmettere ai nostri Figli la nostra Fede!
Parliamo pure di nuova Humanitas, ma che sia
una umanità che metta al centro la persona
umana, che non sia una umanità priva della
pietas!”.
L’Arcivescovo ha invitato tutti ad essere testimoni di civiltà cristiana, non temendo la debolezza e le difficoltà, ma attingendo alla forza
che viene direttamente da Dio.
A tutti i presenti è stato chiesto di organizzare per la fine di gennaio e la prima decade di
febbraio, delle iniziative volte a dare corpo e sostanza al progetto, in vista del grande incontro
di S.S.Papa Francesco il 10 maggio prossimo,
quando Egli incontrerà la Scuola Italiana in
Piazza S.Pietro.
a.f.i.
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31 gennaio 2014
TERRITORIO
Nuove consacrazioni nell’Ordo Viduarum
D
omenica 26 gennaio us, nella
chiesa della Roccelletta, durante
la celebrazione della Santa
Messa,si è svolta la cerimonia di consacrazione di alcune sorelle dell’Ordo Viduarum
dell’Arcidiocesi
di
Catanzaro-Squillace. Tre sorelle sono state
ammesse nel Gruppo , una ha emesso la
professione temporanea e altre tre, dopo
un cammino formativo di cinque anni, la
professione perpetua. Nel corso dell’omelia, l’arcivescovo, S. E. Mons. Vincenzo Bertolone, ha sottolineato il valore
della consacrazione in vista di una presenza operosa nella Chiesa e, tra le altre
cose, ha ricordato che nei primi secoli le
vedove accerchiavano il Vescovo nel presbiterio, in quanto rappresentavano
quella fetta del popolo di Dio di cui doveva prendersi maggiormente cura. Prima di
iniziare la celebrazione,
l’assistente, don Vincenzo
Lopasso, nel rivolgere alcune parole di saluto,
aveva evidenziato come il
gruppo delle Vedove sia
tra le realtà ecclesiali
quella meno visibile, ma
forse quella che più delle
altre, in ciascuno dei suoi
membri, incarna i valori
della semplicità, della povertà evangelica, del distacco, dell’abnegazione,
della rinuncia, valori che
Papa Francesco considera
fondamentali per un’autentica crescita del singolo
e della comunità. Alla
Santa Messa hanno concelebrato, oltre a
don Vincenzo, don Orazio, don Mario
Olanda, don Angelo Procopio, don Gregorio Mondillo. Quasi tutte le sorelle dell’Ordine erano presenti.
Per le nuove consacrate si è trattato di
un giorno importante al quale si sono preparate da tempo, soprattutto nell’ultimo
anno, il 2013, che a livello formativo si è
svolto come di consueto. Durante il ritiro
mensile, la quarta domenica del mese, è
stato approfondito il tema dei Novissimi,
secondo le indicazioni date dall’Arcivescovo per tutte le comunità diocesane durante il Convegno del settembre 2012
dedicato proprio a questo tema. Quello
della quarta domenica di ogni mese è
ormai diventato un appuntamento fisso
per il gruppo delle Vedove. Dopo un intervallo di quasi due anni, duranti i quali
si sono svolti i lavori di ristrutturazione e
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31 gennaio 2014
di restauro, si è ritornare alla sede ufficiale, nei locali dell’ex Seminario Estivo
della Roccelletta. L’assistente, partendo
da testi biblici, soprattutto tratti dai Vangeli, ha messo in evidenza il carattere attuale del messaggio sulle cose ultime per
tutti i cristiani, ma in particolare per le vedove chiamate a vivere in maniera trasfigurata l’amore dello sposo terreno
nell’oggi. Per la vedova consacrata questo messaggio è quanto mai significativo.
Ella è chiamata a riscoprire, spesso nella
solitudine e nel distacco, l’efficacia delle
realtà celesti, e a imparare ogni giorni la
speranza.
L’opera dell’assistente, in sua assenza,
è stata proseguita da mons. Eugenio
Aiello, padre spirituale del Seminario san
Pio X, il quale è orami di casa nel Gruppo.
Quest’anno ha proposto alcuni temi sulla
fede, ispirandosi a brani appositamente
scelti dalle Sacre Scritture. Nel mese di
Febbraio, partendo dal cap. 11 della Lettera agli Ebrei, ha dato un ampio sguardo
su “La fede nelle Sacre Scritture”, soffermandoci a riflettere su quei “grandi campioni della fede” (Enoch, Noè, Abramo,
Giacobbe, Mosè), di cui l’autore della lettera tesse l’elogio, fino ad arrivare a Cristo
«autore e perfezionatore della fede». Nel
mese di Marzo si è riflettuto sul tema “La
fede viene dall’ascolto”, partendo proprio
dall’affermazione che l’apostolo Paolo fa
in Romani 10, 9-17, evidenziando gli elementi che costituiscono e caratterizzano
l’ascolto della Parola di Dio. Particolarmente significativa è stata la giornata di
spiritualità vissuta, nel mese di Aprile, a
Rosarno (RC), con il gruppo delle Vedove
della Diocesi di Oppido Mamertina –
Palmi. Il tema è stato “Paura, fede e ricerca del miracoloso”, partendo dall’episodio della “Tempesta sedata”, tratto dal
Vangelo di Marco 4, 35-41. La gioia del
pregare e dello stare insieme ha caratterizzato il clima della giornata. Nel mese
di Maggio non si poteva non vivere la
giornata di spiritualità sotto lo sguardo
materno della Madonna. Il tema della meditazione questa volta è stato: “Beata te
che hai creduto”, tratto dal brano della Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta,
così come ce lo racconta Luca 1, 39-45.
Nell’ultimo periodo dell’anno si sono
svolti, come di consueto, gli Esercizi Spirituali, presso la casa di accoglienza di
Torre di Ruggero, tra il 30 settembre e il 3
ottobre. Don Vincenzo ha scelto come
tema la misericordia, in linea con le indicazioni pastorali dell’Arcivescovo sul nuovo
anno. Erano presenti
circa venticinque sorelle,
le quali, lontano dalle solite occupazioni familiari,
sono state invitate a riscoprire il gusto della
preghiera e dell’amicizia
spirituale tra di loro.
Orami anche l’appuntamento di Torre, all’ombra
della Vergine, è un appuntamento fisso, che
tutti attendono con gioia.
Oltre alla visita a Rosarno, già menzionata,
dalla consorella Norina
Ventre, chiamata mamma
Africa, per il suo interessamento alle persone
provenienti dal continente africano e per
i più bisognosi, menzionano il pellegrinaggio svolto nel mese di gennaio a Paravati per pregare il Signore accanto alla
tomba di Natuzza. Una nota di sofferenza
ha colto le consorelle nell’apprendere il 24
novembre della morte di Teresa Lucia, all’età di 73 anni, una delle sorelle della
prima generazione, seguite da padre Nicola Criniti, la quale ha vissuto il suo periodo di vedovanza, durato circa quindici
anni, con spirito di fede, e sempre attenta
alla vita del gruppo. Da tutti era considerata la “santa Teresina” del Gruppo, per
il suo attaccamento alla preghiera e soprattutto alla preghiera della Liturgia
delle Ore. Negli ultimi tempi, provata
dalla sofferenza che l’ha resa quasi inabile, si è distinta per un forte spirito di abbandono nelle mani del Signore.
Vincenzo Lopasso
TERRITORIO
Presentato a Catanzaro
il nuovo libro
di mons. Silvestre
IL PROBLEMA
ETICO
NEL DIALOGO
ECUMENICO
ED
INTERRELEGIOSO
P
romossa dall’arcidiocesi metropolitana di Catanzaro- Squillace,
dall’Università “Magna Graecia”, dall’Istituto Teologico Calabro,
dalla Fuci, dal Meic, dalla Confacit, dall’Associazione “Oscar Romero” e dall’associazione “Libera”, ha avuto luogo,
giovedì 30 gennaio, nella Chiesa Parrocchiale “Madonna di Pompei”, la presentazione del libro di mons. Giuseppe
Silvestre “Il problema etico nel dialogo
ecumenico ed interreligioso” (la rondine, 2013).
Moderati da Emanuela Gemelli, giornalista del TGR Calabria, sono intervenuti padre Felice Scalia, gesuita e
direttore della rivista “Presbyteri, il prof.
Antonino Mantineo, ordinario di Diritto
Ecclesiastico e Canonico presso l’Università “Magna Græcia” di Catanzaro, la
prof.ssa Giuliana Martirani, già docente
di Geografia Politica presso l’Università
“Federico II” di Napoli, e l’autore. Le ragioni della pubblicazioni sono state illustrate dall’editore Gianluca Lucia. La
serata è stata animata dal Coro ecumenico, diretto da Ilenia Giampà. Per l’occasione i lati delle due navate laterali del
presbiterio sono state arricchite da un
esposizione di quadri dell’artista Nunzio Ardiri, che ha pure realizzato l’opera
“Dio, il cosmo, la pace” in copertina al
libro di don Pino.
Per padre Felice Scalia “parlare di ecumenismo, in tempi in cui la chiesa è diventata
spesso
autoreferenziale,
rappresenta una sfida culturale abbastanza coraggiosa. La proposta argomentativa di don Pino ci fa vedere un
Dio che cammina con l’uomo. Nonostante le diverse visioni antropologiche e
sociologiche espresse dai diversi credi
religiosi, il dialogo ecumenico ci aiuta ad
umanizzare l’uomo. Bisogna fondare il
dialogo su quei ‘valori morali comuni’ e
tentare il cammino possibile.
“La vita - ha affermato il prof. Mantineo- è un dono. L’uomo d’oggi deve
avere speranza e fiducia nella vita, che
va difesa sempre e non solo dal momento del concepimento fino all’ultimo
respiro, ma anche nella gestione delle
politiche sociali, chiamate, con la ricerca
di valori comuni, a dare risposte concrete all’uomo d’oggi, al rispetto della
sua dignità, alla promozione del bene
comune. Dobbiamo cambiare direzione,
e finire come Chiesa di parlare di valori
non negoziabili. Perché laddove ci sono
valori non negoziabile significa anche
che ci sono valori negoziabili. E questo
nella logica del Vangelo non è possibile”.
Per la prof.ssa Martirani “il libro ci regala la speranza, perché ci offre la possibilità di vedere la realtà in processi di
cambiamento”. “Come Chiesa –ha detto
ancora la docente- è necessario che impariamo a fare ecumenismo vero. Da
meridionali, apriamo il vaso di Pandora
e facciamo uscire la speranza”.
Don Pino ha sottolineato che la sua fatica si muove su due percorsi. “Il primo
riguarda la dimensione dell’etica nei
confronti del movimento ecumenico,
alla luce delle Scritture e delle argomentazioni dei Padri della chiesa; il secondo percorso afferisce al dialogo
interreligioso, che scaturisce dalla legge
naturale, dalla valorizzazioni delle coscienze e da orientamenti socio-culturali
condivisi, quali la ricerca della pace,
della giustizia, del rispetto del creato”.
Nel testo l’autore sviluppa in otto capitolo, racchiusi tra una introduzione e
una conclusione, il tema dell’eticità, che,
nel dialogo ecumenico e nel rapporto
con le altre confessioni religiosi, si rivela
estremamente significativo e importane
per una sua ricaduta sulla vita spirituale
del cristiano e sulla sua specifica identità. L’autore ripercorre la ricca produzione di documenti che nel corso degli
ultimi decenni i diversi credi religiosi
hanno sottoscritto per dare risposte concrete all’inquietudine , proponendo
delle vie e dei precetti di vita per conservare e far progredire verso l’unità dei
cristiani i beni spirituali e morali ed i valori socioculturali presenti tra le più significative confessioni cristiane (Chiese
ortodossa, anglicana, luterana, calvinista, valdese).
Il libro si pregia di una prefazione firmata da mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo
metropolita
di
Catanzaro-Squillace, e della postfazione
di Alberto Scerbo, ordinario di Filosofia
del Diritto presso l’Università “Magna
Graecia” di Catanzaro, ed ospita, in appendice, tre contributi curati, rispettivamente, dal pastore valdese Jens Hansen
(“Etica ed ecumenismo”), dalla prof.ssa
Paola Chiarella (“Una variante moderna
della giustizia: i diritti sul proprio corpo
in tempo di malattia”), assegnista di ricerca presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro e dal giovane
giornalista Luigi Mariano Guzzo (“Da
Antonio Lombardi al Concilio Vaticano
II, un invito al dialogo tra le diverse culture e religioni”).
Jens Hansen, Paola Chiarella e Luigi
Mariano Guzzo hanno animato il dibattito sottolineando, ognuno dal suo
punto di vista, l’importanza del dialogo
ecumenico e interreligioso.
Teobaldo Guzzo
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31 gennaio 2014
TERRITORIO
Celebrata la Giornata dei Ragazzi Missionari 2014
“D
estinazione mondo”:questo lo slogan della Giornata
dei Ragazzi
missionari 2014, promossa dal Centro
diocesano Missionario diretto dal sacerdote don Giuseppe Fiorenza, e svoltasi il
19 gennaio 2014 nell’Auditorium dell’Istituto di istruzione sup. E. Fermi di
Catanzaro Lido. In un clima di festa ed
accoglienza gioiosa i circa 200 partecipanti hanno potuto fare il giro del
mondo in un pomeriggio.
Arrivati da Badolato Marina, Davoli Marina, Madonna di Pompei,
Borgia ,Gagliano S.Elia, Casciolino
carichi di entusiasmo, tutti hanno
contribuito , con un canto, una poesia
, un mimo o il racconto di un’ esperienza, a rendere questo momento un
incontro speciale. Un’ intera classe di
IV elementare accompagnata da genitori e maestra sono giunti da Badolato Marina per condividere con tutti,
il loro percorso di preghiera, diventato cammino formativo , crescita
umana, gioia di vivere nella diversità
che arricchisce. Un ruolo centrale è stato
quello del magnifico circo missionario
M.G.C. , che con la sua allegria ha coinvolto tutti , ma veramente tutti, nessuno
si è potuto sottrarre, dal ruolo assegnato
dai divertenti pagliacci Alessia e Fischius.
E tra un ballo e un canto , il clima divenuto sempre più familiare ha permesso a
Gesù di passare abbattendo barriere e
creando fraternità, il canto Gesù che sta
passando è divenuta esperienza concreta
e visibile, toccata veramente con mano
nel momento di preghiera, presieduto da
Don Pino Silvestre, un silenzio ed un
clima da Paradiso.
Passando per i cinque continenti, guidati dalla parola di Dio proclamata, at-
traverso le immagini della missione i ragazzi si sono impegnati:
a sognare senza immaginare qualcosa
di irraggiungibile, ma trasformando la
propria vita in qualcosa di nuovo;
a lasciare fiduciosi la loro terra per incamminarsi verso la meta che non è un
luogo ben definito, ma un incontro sempre nuovo con l’altro;
a incontrare il povero, il “ diverso”,
l’indifeso, l’emarginato, vincendo gli
egoismi che caratterizzano la loro esistenza, rafforzando sempre più la loro
unione con Gesù ;
a condividere gli uni con gli altri,
a sperare nel cambiamento, nella metamorfosi, per tanti coetanei che hanno
già perso ogni speranza e annegano nelle
futilità di una vita vuota.
Hanno pubblicamente assunto l’impegno di mettersi “ sulle strade “, consapevoli che esse rappresentano per loro il
luogo da cui partire per la loro azione
missionaria.
La strada è il luogo in cui Gesù ha trascorso la maggior parte del suo tempo,
dove ha fatto gli incontri più belli, più decisivi dove ha portato la buona notizia.
Insediati a Catanzaro i nuovi parroci
della parrocchia “Santa Croce”
L'
arcivescovo di CatanzaroSquillace, mons. Vincenzo
Bertolone, con una solenne
celebrazione, ha presentato nei giorni
scorsi i nuovi parroci della parrocchia
“Santa Croce in Catanzaro” . Si tratta
di Padre Franco Lenti e Padre giovanni Tolaro dei Minimi di San Francesco di Paola. Un giorno di festa e di
gioia per la famiglia parrocchiale di
Pontepiccolo.
Mons. Bertolone ha invitato tutti, in
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31 gennaio 2014
Ecco perché anche loro i ragazzi missionari, vogliono mettersi in strada, sul Suo
esempio per portare ma anche per ricevere la buona notizia del Vangelo.
In questo incontro hanno acquisito la
consapevolezza che non possono improvvisare il cammino, devono avere
qualcuno che li guidi e conosca la strada,
e chi meglio di Gesù? Sarà Lui la loro
guida, sarà Lui il loro navigatore satellitare: solo così saranno certi di non perdere
l’orientamento
cammin
facendo. “Destinazione mondo” è
ciò che hanno scritto come indirizzo, perché questo annuncio di
salvezza vada a tutti i popoli e in
tutti i continenti; nessuno è escluso
da questa festa, anzi solo coinvolgendo tutti avrà senso mettersi in
strada.
Ma quali strade del mondo possiamo e dobbiamo percorrere? Papa
Francesco lo chiarisce: “ la missionarietà non è solo una questione di
territori geografici, ma di popoli, di
cultura e di singole persone, proprio perché i confini della fede non attraversano solo luoghi e tradizioni umane,
ma il cuore di ciascuno uomo e ciascuna
donna”. Destinazione mondo è allora navigare con Gesù facendosi compagni di
ogni persone che incontriamo, un’amicizia tra gli uomini con lo stile di Gesù in
cui l’altro non è “ un forestiero” ma un
fratello; non è un nemico ma un amico;
un dono prezioso che arricchisce ogni esistenza umana.
Non si viaggia tanto per viaggiare, ma
per conoscere, per fare amicizia, per costruire ponti fraterni. Siete pronti per iniziare il viaggio nel mondo? Zaini in
spalla … Si PARTE!!!!
Anna Gangale
nome di quell'agnello che si è immolato diventando "luce" per illuminare
il nostro cammino, a sentirsi comunità
di amore che si caratterizzi per la crescita della fede, per una speranza
che vigili ed una carità operosa. "essere buoni sacerdoti innamorandosi
e facendo innamorare ogni giorno del
Signore". Questo l’augurio di Sua eccellenza per Padre giovanni e Padre
Franco.
Sebastian Ciancio
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PIANTO DI UN INNOCENTE - ARCIDIOCESI METROPOLITANA DI