Il sistema di pianificazione e controllo tra profili teorici e risvolti
pratici
di
Alberto Dello Strologo e Domenico Celenza
Abstract: This paper is aimed at analyzing the system of planning and
control as a means for the realization of an effective and efficient
business management.
More specifically, after a brief discussion about that process and about
its phases, it will examined, in particular, the activity of planning
(prodromal to all others), analyzing also the salient features of the
control procedure.
Finally, we highlight the importance of a reliable information system
(which permeates the entire business management system) as a tool to
prevent business crisis.
Il contributo è volto ad analizzare il sistema di pianificazione e controllo
inteso come strumento per la realizzazione di una gestione aziendale
efficace ed efficiente.
Più precisamente, dopo una breve disamina di tale processo e delle fasi
in cui si sostanzia, si porrà particolare enfasi sull’attività di
pianificazione (prodromica a tutte le altre), analizzando altresì le
caratteristiche salienti della procedura di controllo.
Da ultimo, si evidenzierà la rilevanza di un sistema informativo
affidabile (che permea l’intero sistema di gestione aziendale) quale
strumento per prevenire la crisi d’impresa.
Sommario: 1. Premessa; 2. Il sistema di pianificazione e controllo; 3.
Pianificare per “efficientare”; 4. Le fasi della pianificazione; 5. Il controllo
come strumento per migliorare l’efficacia dell’operatività aziendale; 6. Il
sistema informativo come arma per prevenire la crisi d’impresa.
1. Premessa
Nell’attuale scenario, caratterizzato da un’elevata dinamicità e da un
grado di concorrenza che ha travalicato i confini nazionali, l’unico
meccanismo di supporto delle aziende che intendono operare in
un’ottica di going concern e perseguire al contempo l’obiettivo di creare
nuovo valore per gli azionisti (e gli altri stakeholder), è rappresentato
dal riservare una maggiore attenzione alle fasi che compongono il
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processo decisionale: pianificazione, azione e controllo. Solo attivando
correttamente tale processo, le aziende si possono venire a trovare nella
condizione di poter reagire positivamente ai mutamenti del mercato e
alle continue sfide che esso propone.
Una volta stabiliti gli obiettivi e intraprese le azioni per conseguirli,
appare indispensabile apprezzare le “reazioni” del mercato e dei
soggetti interni all’azienda, verificando attentamente i singoli strumenti
adottati al fine di rilevare quali di essi siano convenienti, quali debbano
essere integrati e quali sostituiti (Zanda, 1968).
I parametri rispetto ai quali è necessario confrontare le operazioni di
gestione discendono direttamente o mediamente dal processo di
pianificazione, prodromico a tutte le altre fasi del processo decisionale.
È noto, infatti, che l’attività di controllo implica l’esistenza di piani.
Nessun manager potrà effettuare un corretto controllo sull’andamento
della propria azienda e, dunque, sulla conformità dell’operato dei propri
dipendenti agli obiettivi da lui prefissati, senza la sussistenza di piani
(KOONTZ, O’DONNELL, 1964).
Peraltro, con ciò non si vuole, in questa sede, negare la rilevanza della
fase di controllo, essenziale per accertarsi che ciò che è stato “ideato”
trovi concreto riscontro nella realtà fattuale.
Lo scopo del presente lavoro è, pertanto, quello di analizzare il processo
di pianificazione e controllo e le condizioni necessarie per far sì che lo
stesso incrementi i livelli di efficacia ed efficienza dell’operatività
aziendale, e contribuisca, altresì, ad evitare situazioni di crisi.
2. Il sistema di pianificazione e controllo
Le aziende hanno avvertito la necessità di una implementazione dei
sistemi di pianificazione e controllo sin dal momento in cui si sono
trovate ad affrontare le sfide della complessità dell’attività aziendale e
della scarsità delle risorse disponibili.
Allorché abbiano traslato il baricentro della propria gestione da un
visione “giorno per giorno” ad un approccio “razionale e
anticipatorio”[1], la gran parte delle società si è dotata degli strumenti (i
sistemi di pianificazione e controllo, per l’appunto) necessari allo scopo.
In tale prospettiva, il sistema di pianificazione e controllo della gestione
può essere definito come uno strumento volto a supportare l’attività di
direzione d’impresa, ovvero a guidare l’azienda stessa verso le proprie
finalità (BARALDI ET ALTRI, 2003).
Tale sistema si sviluppa lungo un percorso che consta di tre step
fondamentali, dei quali i primi due concernono la fase di
pianificazione[2] e l’ultimo configura la fase del controllo.
In primis, occorre evidenziare, invero, che l’enfasi della gestione non è
immediatamente posta sul “fare” bensì sul “pensare”; prima di
intraprendere qualsiasi azione, è opportuno stabilire (e dunque,
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riflettere su) gli obiettivi di carattere strategico che si intendono
perseguire. In altri termini, si deve definire la “meta” verso la quale si
vuole dirigere l’organizzazione, cosicché risorse e azioni possano essere
canalizzate al raggiungimento dell’obiettivo. Il processo di definizione di
quest’ultimo è denominato “pianificazione strategica” o, semplicemente,
“pianificazione”[3].
Differente è invece la cosiddetta “pianificazione operativa”, chiamata
anche “programmazione”, che costituisce il secondo step. Con essa si
individua il percorso migliore per addivenire alla meta; migliore in
quanto consente di minimizzare il consumo delle risorse necessarie,
quindi più efficiente. Tale percorso si sostanzia nella serie di azioni da
intraprendere per raggiungere risultati intermedi, così da avvicinare
l’azienda alla meta preposta (BARALDI ET ALTRI, 2003).
Alla luce di quanto illustrato emerge che la pianificazione strategica
attiene all’elaborazione degli obiettivi strategici, la pianificazione
operativa all’attuazione dei medesimi. In altri termini, la prima assolve il
compito di valutare la fattibilità delle idee, convertirle in linee precise,
ossia definire gli obiettivi che le esprimono, orientati in prevalenza al
medio-lungo periodo. La pianificazione operativa rappresenta una vera e
propria attività amministrativa, in quanto è finalizzata a tradurre gli
obiettivi in piani di azione da realizzare per lo più nell’arco dell’esercizio
amministrativo (FERRARIS FRANCESCHI, 2007).
Si può, ad ogni modo, affermare che la pianificazione è un processo
costituito sia da un livello strategico, sia da un livello di predisposizione
operativa e che la definizione degli obiettivi e l’attuazione di essi non
sono altro che “due facce della stessa medaglia” (da qui la scelta, per
semplicità di analisi, di trattarle unitamente nel prosieguo)[4], il cui
buon esito è strettamente connesso al terzo momento del sistema in
esame, il controllo[5].
Esso consiste in un’attività con la quale il management e la direzione
aziendale ai vari livelli dell’organizzazione si accertano che la gestione
si stia svolgendo secondo il percorso previsto, ossia in modo tale da
raggiungere gli obiettivi prefissati (BRUSA, DEZZANI, 1983).
Invero, dopo aver determinato gli obiettivi da perseguire e i mezzi per
realizzarli, si dà avvio all’operatività aziendale sulla base del noto
processo “decisioni-azioni-risultati”[6]; diviene, pertanto, fondamentale
verificare periodicamente e sistematicamente la coerenza tra decisioni
(obiettivi) e risultati.
In particolare, Anthony (1967), autorevole voce in materia che ha posto
le basi per gli studi successivi in tema di pianificazione e controllo,
distingue tra “controllo direzionale” e “controllo operativo”. Il primo è
definito come il processo mediante il quale i manager si preoccupano
che le risorse siano acquisite ed impiegate in modo efficiente ed efficace
per il raggiungimento degli obiettivi dell’impresa; il secondo, invece,
riguarda «il processo con il quale viene assicurata l’efficienza e
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l’efficacia nel portare avanti compiti specifici»[7]. Tale impostazione può
essere definita come controllo di gestione “tradizionale”. Oggi si ritiene,
tuttavia, che non sia utile operare una netta separazione tra queste due
branche (eccetto che per fini espositivi), in quanto l’intera attività
gestionale deve essere oggetto di controllo per poter raggiunge lo scopo
a cui l’organizzazione è deputata. Si perviene, dunque, ad un sistema
manageriale unitario in grado di monitorare gli aspetti strategici
congiuntamente con quelli della gestione corrente (FERRARIS
FRANCESCHI, 2007).
Da quanto brevemente esposto, si evince già che una corretta
attuazione del sistema di pianificazione e controllo consente di
incrementare il livello di efficacia ed efficienza dell’azione aziendale.
Grazie al processo di pianificazione, infatti, l’allocazione delle risorse
segue un programma ben definito: esse saranno concentrate laddove
più occorre, ossia in quelle aree aziendali impegnate nel perseguimento
di fini più ambiziosi. D’altronde, grazie al processo di controllo, è
possibile verificare l’efficacia dell’azione svolta ed, eventualmente,
apportare le dovute modifiche.
Conclusivamente, il sistema di pianificazione e controllo (FERRARIS
FRANCESCHI, 2007):
- è costituito da un insieme di procedure formali mediante le quali il
manager assicura l’attuazione efficace delle strategie prescelte e
l’efficienza della gestione operativa;
- si basa su un sistema di informazioni;
- è plasmato sulla struttura organizzativa della specifica azienda;
- raggiunge i suoi scopi non solo tramite il monitoraggio dei
comportamenti e delle attività svolte dai manager, ma anche
mediante il costante controllo dei risultati ottenuti dall’azienda.
In tal modo, il sistema di supporto all’attività manageriale consentirà di
percepire in tempo utile i segnali positivi o negativi della gestione per
poter rivedere le decisioni prese o attivare opportuni interventi
correttivi, affinché errori previsionali o attuativi non destabilizzino
l’intera attività aziendale.
Le funzioni di pianificazione e controllo possono essere, pertanto,
rappresentate alla stregua di un processo circolare caratterizzato dal
continuo susseguirsi e intrecciarsi di una serie di fasi, come di seguito
illustrato (ANTHONY, YOUNG, 1992)[8].
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FORMULAZIONE DEL
BUDGET
PROGRAMMAZIONE
Strategie
Revisione
budget
Revisione
programmi
Modificazione
delle strategie
REPORTING E
VALUTAZIONE
SVOLGIMENTO
DELL'ATTIVITÀ E
MISURAZIONE
Azioni
correttive
3. Pianificare per “efficientare”
La pianificazione è una funzione importantissima, anzi indispensabile,
per il razionale svolgimento dell’attività operativa, al pari della fase
esecutiva. Tuttavia, osserva il Terry (1968), raramente i soggetti preposti
alla pianificazione aziendale ricevono la stessa considerazione di coloro
i quali si occupano della fase esecutiva, probabilmente poiché nella
gestione delle società e, più generalmente nei contesti economici, si è
inclini a pensare che il successo, inteso come il conseguimento di un
obiettivo, sia associato agli sforzi pratici profusi e non già ad un’attenta
fase di pianificazione prodromica all’azione. In realtà, al fine di
raggiungere l’efficienza operativa, è necessario che la fase di
pianificazione indirizzi e orienti l’azione verso scopi precisi e
programmati e che l’attività non sia lasciata al caso.
Si trascura, in altri termini, il fatto che le decisioni da cui discendono le
operazioni si fondano su un sistema di “idee”, volto ad elaborare un
modello per garantire la continuità dell’operatività aziendale. Mediante
tale sistema di idee, invero, il management sviluppa l’orientamento di
fondo che l’azienda seguirà, ossia indirizzi strategici, valori e finalità
che definiscono la “formula imprenditoriale” (CODA, 1988).
D’altra parte, è di tutta evidenza che la sola pianificazione non possa
garantire il successo dell’impresa; ma è, altresì, indiscutibile che agire in
assenza di piani sarebbe irragionevole e finirebbe per produrre il caos
operativo. La pianificazione consente, invece, di distinguere gli obiettivi
da raggiungere da quelli che possono essere considerati del tutto
irrilevanti. Ciò risulta indispensabile ai fini di una razionalizzazione
dell’impiego delle risorse (GOETZ, 1949). Infatti, solo mediante una
chiara identificazione degli obiettivi verso cui è protesa l’attività
aziendale, può risultare agevole individuare i mezzi per conseguirli: la
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scelta di questi avverrebbe nell’ambito di uno schema ben delineato con
il minimo dispendio di risorse economiche ed umane.
In tale prospettiva, contrariamente a quanto si possa pensare, la
pianificazione è sì un processo intellettuale, ma è altresì un processo
che pone le basi per il perseguimento di obiettivi che garantiscano la
piena ed efficiente operatività aziendale. Occorre, dunque, inculcare nei
manager la cultura della “riflessione mentale” prima ancora dell’azione.
Tale operazione non è del tutto agevole posto che, come rilevato da
Olivier Sheldon, “l’impresa moderna risente gravemente la mancanza di
siffatto lavoro di pensiero: per alcuni, la riflessione deliberata e
costruttiva è un passatempo intollerabilmente oppressivo” (DAVIS,
1958).
5. Le fasi della pianificazione
Alla luce di quanto dianzi rilevato, si può affermare che la pianificazione
è un processo intellettuale creativo proiettato al futuro e, mediante
l’identificazione e la ricerca di alternative e l’effettuazione di scelte, è
proteso a determinare gli obiettivi aziendali e i mezzi per il tramite dei
quali perseguire gli stessi. In particolare, tali mezzi sono identificabili in
politiche, procedure, regole, budgets e programmi e possono essere
definiti come “vie gestionali”.
Il processo di pianificazione può essere idealmente scomposto in varie
sotto-funzioni che costituiscono altrettante attività necessarie per il suo
completo ed efficiente espletamento e che possono riassumersi come
segue (ZANDA, 1968):
1) previsione;
2) ricerca ed identificazione di obiettivi alternativi;
3) scelta degli obiettivi;
4) ricerca ed identificazione di vie gestionali alternative per il
conseguimento delle finalità prefissate;
5) determinazione delle più convenienti vie di gestione per il
raggiungimento degli obiettivi.
La previsione non coincide, come potrebbe apparire, con la
pianificazione, bensì ne rappresenta un elemento essenziale, nonché
strumentale, che concorre insieme alle altre funzioni alla
determinazione degli obiettivi e delle vie gestionali. Si tratta,
sostanzialmente, di un’attività protesa ad individuare e valutare i
fenomeni che possono condizionare l’ambiente interno e il contesto
socio-economico in cui l’impresa opera. In particolare, affinché le scelte
aziendali siano effettuate con cognizione, è necessario analizzare le
tendenze e le fluttuazioni della domanda di mercato ed i loro effetti a
breve, medio e lungo termine, nonché l’evoluzione del progresso
tecnologico, la posizione dell’azienda rispetto alla concorrenza ed altri
fattori che possono influire nella gestione.
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Risulta evidente che la previsione rappresenta il fulcro del processo di
pianificazione, in quanto consente, specialmente alle imprese industriali
caratterizzate, come noto, da una gestione rigida, di adattarsi con
minore difficoltà ai mutamenti del mercato.
Dunque, la previsione e, conseguentemente, la pianificazione,
costituiscono per le aziende uno strumento di fondamentale importanza
per evitare di soccombere. Solo tali attività di valutazione prospettica,
invero, consentono alle aziende di allinearsi o anticipare efficacemente
le mosse dei propri concorrenti e adattarsi tempestivamente alle
mutevoli manifestazioni dell’ambiente esterno.
Per pervenire a tali risultati, è necessario che l’attività di previsione sia
effettuata in modo continuo e sistematico. È opportuno, cioè, verificare
“in continuità” che le previsioni formulate non mutino nel tempo e che
conservino validità; inoltre, l’attività di previsione deve essere effettuata
in un’ottica sistemica: vale a dire che i fenomeni prospetticamente
osservati devono essere posti in continua interrelazione al fine di
perseguire uno scopo omogeneo per le diverse attività aziendali.
Se l’operazione di previsione rappresenta la fase fondamentale
nell’ambito della pianificazione, altrettanto importanti appaiono l’attività
di ricerca ed identificazione di obiettivi alternativi, così come la scelta
degli obiettivi stessi.
È necessario individuare gli obiettivi da perseguire ed effettuare una
scelta tra diverse alternative possibili; le imprese non possono correre il
rischio di “brancolare nel buio” lasciando che l’attività venga svolta per
pura forza di inerzia e avendo solo un’idea vaga e indefinita della
direzione che intendono intraprendere (URWICK, 1963).
In particolare, nella scelta dei propri obiettivi l’azienda deve tener conto
dei mutevoli e svariati interessi dei soggetti o gruppi di persone
coinvolti nell’attività di impresa, cioè, al contempo, degli stakeholder[9]
e degli shareholder. È, dunque, necessario tentare di comporre gli
interessi contrastanti considerando l’azienda alla stregua di una sorta di
“contenitore sociale”, nell’ambito del quale ogni scelta, se non
efficacemente ponderata, si può riverberare negativamente sui soggetti
a vario titolo impiegati all’interno dell’azienda, sui soggetti esterni, se
non addirittura, sull’intera collettività.
Una volta stabiliti gli obiettivi, occorre ricercare ed identificare i mezzi
alternativi (politiche, procedure, regole, budgets e programmi) atti alla
realizzazione delle finalità determinate. Tale fase consente di strutturare
l’attività operativa da svolgere.
Lo Zanda (1968) osserva che la scelta delle vie gestionali alternative
risulta efficace se:
a) sono stati fissati gli obiettivi da realizzare;
b) è stata razionalmente sviluppata una pluralità di vie alternative;
c) sono stati definiti i criteri che la ispirano;
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d) sono state effettuate previsioni sulle condizioni interne d’azienda
e sull’ambiente esterno.
Relativamente a ciascuna via gestionale, occorre indagare le possibili
conseguenze positive o negative, cosicché si possano individuare (in
termini probabilistici), sia l’attitudine alla realizzazione degli obiettivi,
sia il relativo costo. La scelta si conclude con la determinazione
dell’alternativa da adottare concretamente.
Appare utile osservare come tutte le fasi dianzi analizzate siano
strettamente connesse secondo una logica consequenziale, dove si
viene a creare una sorta di “effetto domino” in cui l’esecuzione di ogni
fase determina automaticamente lo sviluppo della fase successiva.
L’attività di pianificazione apparirà tanto più efficace quanto più
l’azienda sarà in grado di creare un sistema funzionale di tutte le fasi
sopra elencate.
6. Il controllo come
dell’operatività aziendale
strumento
per
migliorare
l’efficacia
I sistemi di controllo, se correttamente progettati e implementati,
possono contribuire ad elevare il livello di efficacia della gestione di
un’azienda.
Essi, invero, consentono di conoscere meglio la struttura aziendale, i
processi che la governano, nonché di valutare la coerenza tra ciò che è
stato deciso/programmato e ciò che effettivamente si è realizzato.
Tramite un monitoraggio costante dell’attività, inoltre, i sistemi di
controllo pongono il management in condizione di comprendere la
natura degli eventuali problemi gestionali riscontrati e di indagare in
quale particolare area (o aree) aziendale si concentrano. In termini più
ampi, rispondono ai seguenti quesiti: “qual è il problema?”, “dov’è il
problema?”.
Si può, pertanto, affermare che la funzione del controllo, tra le altre, è
quella di consentire una migliore comprensione dei meccanismi che
conducono l’impresa a realizzare determinati risultati e, di
conseguenza, a degli venir meno ad altri. Ciò risulta indispensabile per
procedere ad azioni correttive o di rettifica e affinché queste siano
efficaci.
Appare evidente che il controllo rappresenta, in tale ottica, un “supporto
al processo decisionale” (BRUNETTI, 1979): esso, cioè, aiuta il
management non tanto ad assumere le decisioni iniziali o a fissare gli
obiettivi da perseguire (trattandosi, questo, di un momento
antecedente), quanto a “toccare con mano” gli effetti delle proprie scelte
e, dunque, a riformularle[10]. Si palesa, così, la validità operativa delle
linee strategiche elaborate al momento della pianificazione; il controllo
assurge, in tale contesto, a strumento che consente di valutare se e in
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quale misura il percorso di azione delineato è in grado di “avvicinare”
l’impresa ai propri obiettivi o, piuttosto, la “allontana”.
Inoltre, non può essere tralasciato il contributo del sistema di controllo
nella valutazione dell’operato dei responsabili delle varie unità
organizzative e, dunque, del loro apporto alle performance dell’impresa.
È bene, infatti, che si abbia un quadro chiaro non solo della gestione
dell’organizzazione nel suo complesso, bensì anche delle singole aree
aziendali e delle figure-chiave incaricate della loro guida. In questo
modo il management potrà assegnare gli obiettivi prescelti a chi,
effettivamente, è in grado di raggiungerli.
In estrema sintesi, il controllo rappresenta un valido strumento per
orientare la gestione al conseguimento dell’obiettivo primario di
un’impresa, la creazione del valore.
7. Il sistema informativo come arma per prevenire la crisi d’impresa
L’estrema incertezza che oggi governa il mercato, determinata da un
forte dinamismo ambientale, dall’acuirsi del livello della concorrenza,
nonché dai continui mutamenti nei gusti e nella sensibilità dei
consumatori, può favorire il generarsi di una crisi d’impresa, latente o
conclamata.
Invero, un’azienda caratterizzata da una scarsa competitività o che
presenta difficoltà nel collocare i propri prodotti sul mercato potrebbe
rischiare di trovarsi in disequilibrio economico; il perdurare di tale
condizione causa gravi conseguenze anche sulla situazione finanziaria
dell’impresa e, di conseguenza, sulla sopravvivenza della stessa[11].
Ciò, tuttavia, non può giustificare il ritorno da parte dell’imprenditore ad
una guida basata sulla logica del “giorno per giorno”. Piuttosto, la
priorità delle aziende, specialmente quelle italiane, deve essere quella di
percepire i cambiamenti in atto e definire nuove strategie per superare
lo stato di “paralisi” in cui versano.
Per molte imprese si pone, allora, un dilemma difficile da dirimere: da
un lato, intervenire nel più breve tempo possibile per risolvere i
problemi riscontrati e rendere più snella e più efficiente
l’organizzazione; dall’altro, investire tempo e denaro per studiare i
mutamenti del mercato ed individuare le strategie da adottare per
costruire un futuro più profittevole.
Nell’ottica di prevenire una vera e propria situazione di crisi, occorre
agire contemporaneamente in entrambe le direzioni, con grande lucidità
e determinazione[12].
In particolare, risulta di fondamentale importanza avvalersi di un
sistema formale di pianificazione e controllo della gestione, in grado di
rispondere prontamente ai problemi che l’impresa deve affrontare.
In tale prospettiva, conditio sine qua non perché ciò sia possibile e,
dunque, per migliorare il processo decisionale, è affinare il sistema di
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intelligence, ossia la capacità dell’azienda di osservare, analizzare e
comprendere l'ambiente nel quale opera. Soltanto disponendo di un
flusso di informazioni affidabili e tempestive e della capacità di
interpretarle è possibile catturare i segnali che precedono la situazione
di crisi e sviluppare le opportune strategie.
Con grande probabilità riusciranno a rafforzarsi, prima e meglio delle
altre, le imprese che sapranno potenziare l'intelligence, cioè investire
risorse nel reperimento di informazioni essenziali, al fine di monitorare
e comprendere i cambiamenti del mercato e cogliere le nuove
opportunità che ne scaturiranno.
A tale scopo, è opportuno realizzare analisi SWAT[13] sui competitor e
ricerche di mercato riguardanti l'andamento della domanda nelle varie
aree geografiche di riferimento per l’impresa, il comportamento e i
bisogni dei clienti intermedi e finali, le politiche adottate dai
concorrenti, ecc. L’analisi e l'interpretazione di queste informazioni
esterne, congiuntamente a quelle di cui già si dispone relativamente
all’ambiente
interno,
consentirà
all’azienda
di
individuare
anticipatamente le minacce da neutralizzare e le opportunità da
cogliere.
Si può, pertanto, concludere che il ruolo della pianificazione e del
controllo e del connesso sistema informativo costituisce un
indispensabile “valore” aziendale, in quanto capace di razionalizzare i
comportamenti dei decisori. In particolare, dalla pianificazione si origina
il “modello” in grado di esprimere le condizioni economiche dell’attività
aziendale; tramite il controllo si è in grado di verificare in quale misura
le dette condizioni sono state rispettate, se l’economicità perseguita si è
anche tramutata in un’economicità realizzata (FARNETI, 1992).
-----------------Note:
[*] Il presente saggio è stato preventivamente sottoposto a referaggio
anonimo affidato ad un componente del Comitato di Referee secondo il
Regolamento adottato da questa Rivista.
Sebbene il lavoro sia frutto dell’opera congiunta dei due autori, i
paragrafi 1, 2 e 6 sono stati sviluppati da Alberto Dello Strologo e i
paragrafi 3, 4 e 5 sono stati sviluppati da Domenico Celenza.
[1] Le aziende che sono gestite secondo lo stile “giorno per giorno” si
caratterizzano per:
- un forte orientamento al presente;
- una tendenza ad inseguire tutte le opportunità;
- un processo decisionale destrutturato e accentrato su poche
figure chiave;
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costante carenza di informazioni idonee a guidare il processo
decisionale.
Di contro, la logica razionale ed anticipatoria contraddistingue le
imprese per:
- un forte orientamento al futuro;
- una precisa definizione degli obiettivi sia di breve che di lungo
periodo;
- un processo decisionale strutturato ed “allargato” a diversi attori
sociali;
- disponibilità delle informazioni necessarie per assumere le
decisioni in condizioni di ragionevole certezza (BARALDI ET ALTRI,
2003).
[2] Secondo Preston P. Le Breton e Dale A. Henning, (1961), «La
pianificazione, nel senso più stretto, è presente in tutte le altre funzioni,
quali organizzare, controllare, coordinare, assistere e dirigere. Ciascuna
di queste funzioni è pianificata (…)». Ampia letteratura si è sviluppata al
riguardo in quegli anni: tra gli altri, si vedano M.C. Branch, The
Corporate Planning Process, New York, American Management
Association, 1962; R.F. Lewis, Management Uses of Accounting: Planning
and Control for Profits, New York, Harper and Row, 1961; R.F. Neuschel,
Management by System, New York, McGraw-Hill Book Company, Inc.,
1960; W.H. Newman, Administrative Action: The Techniques of
Organization and Management, Englewood Cliffs, Prentice-Hall, Inc.,
1963; D.G. Malcolm, A.J. Rowe (a cura di), Management Control Systems,
New York, John Wiley & Sons, Inc., 1960.
[3] Robert N. Anthony (1967) riporta la seguente definizione di
pianificazione strategica: «(…) è il processo di decisione su gli obiettivi
della organizzazione, su i loro cambiamenti, su le risorse da usare per il
loro raggiungimento e su le politiche che debbono informare
l’acquisizione, l’uso e l’assegnazione di tali risorse». È evidente come
punto focale di tale definizione siano, da una lato, gli obiettivi, in
quanto configurano la missione che l’azienda si vuole porre e, dall’altro,
le risorse, indispensabili al raggiungimento dei medesimi. Kae H. Chung,
(1987) pone, invece, in luce la rilevanza del pensiero strategico
nell’ambito della pianificazione aziendale: «Strategic planning (…)
introduces strategic thinking into the planning process. When managers
think strategically they ask themselves the following questions:
a) What is our business? What should be in?
b) Who are our customers, and what do they want?
c) Who are our competitors? What are their strengths and
limitations?
d) What is our competitive strength? How should we use our
resources to gain a competitive edge?
e) What major changes are occurring in our environments? How will
these changes affect our businesses?»
-
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[4] Secondo Ferraris Franceschi (2007), in realtà, l’aspetto strategico è di
importanza nettamente superiore rispetto a quello operativo, in quanto
l’attenzione dei manager deve essere posta più che sulle operazioni
della gestione corrente, sulla definizione e realizzazione delle linee
strategiche di cui le operazioni costituiscono solo l’espressione finale.
[5] L’attività di controllo può essere considerata secondo due accezioni
piuttosto diverse. Alcuni Autori, infatti, ne hanno sottolineato
prevalentemente l’aspetto ispettivo, di vigilanza, al fine di verificare il
rispetto degli adempimenti previsti e “scovare” eventuali errori nella
gestione, nonché i soggetti responsabili: si vedano, tra gli altri, A.
Paolini, Il controllo strategico: uno schema d’analisi, Giuffrè, Milano,
1993; K.A. Merchant, Il controllo di gestione, McGraw-Hill, Milano, 1998.
Altri considerano, invece, il controllo come «quell’attività di guida rivolta
al conseguimento di obiettivi economici» (BRUNETTI, 1979), cosicché
l’operatività aziendale risponda ai criteri di efficacia ed efficienza. Oggi
prevale senz’altro questa seconda concezione.
[6] Lo Zanda (2006) postula un modello costituito da quattro stadi e
alimentato dal flusso di informazioni aziendali. In primo luogo, si
elaborano le decisioni; in seguito, si intraprendono le azioni sulla base
di quanto deciso; esse generano i risultati, che devono essere controllati
e confrontati con i propositi elaborati nella fase decisoria. L’analisi delle
cause che consegue alla rilevazione di eventuali scostamenti andrà,
secondo un processo iterativo, ad integrare il flusso informativo iniziale
allo scopo di migliorare, correggere o confermare il comportamento
aziendale e gli obiettivi che ispirano la gestione.
[7] Secondo la classificazione dell’Autore, il processo di controllo investe
tanto la pianificazione operativa (che egli chiama “controllo operativo”),
quanto il confronto tra programmi e risultati, nonché la revisione dei
programmi stessi.
[8] Come si evince dalla figura, l’elaborazione delle strategie innesca la
fase di programmazione (ossia di definizione dei programmi di azione
strumentali al raggiungimento degli obiettivi); segue la formulazione del
budget, al fine di stabilire le risorse necessarie al sostenimento di tali
programmi; dopodiché, si procede con lo svolgimento dell’attività e la
misurazione dei risultati a cui si è pervenuti; infine, si confrontano gli
obiettivi prestabiliti con i risultati conseguiti: tale attività può condurre,
a seconda dei casi, a definire gli interventi correttivi, a revisionare il
budget, a rivedere i programmi o, persino, a modificare gli obiettivi
strategici se irrealizzabili.
[9] Ampia è la letteratura esistente con riguardo alla figura degli
stakeholder. Tale concetto è già implicito in importanti concezioni
teoriche degli anni Trenta (in particolare, C. BARNARD, The Functions of
the Executive, Harvard University Press, Cambridge, 1938; A. BERLE, G.
MEANS, The Modern Corporation and Private Property, Commerce
Clearing house, New York, 1932), ma il termine pare comparire
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esplicitamente per la prima volta nella letteratura economico-aziendale
solo nel 1963, in un memorandum dello Stanford Research Institute (ora
SRI International Inc.). In tale contesto gli stakeholder designano «quei
gruppi senza il cui appoggio le organizzazioni cesserebbero di
esistere». H.I. ANSOFF, in un suo lavoro, Strategia Aziendale, Etas,
Milano, 1968, pp. 39-40, si esprime su tale teoria nei seguenti termini:
«Sebbene come meglio vedremo più oltre, responsabilità ed obiettivi
non siano sinonimi, essi sono stati conglobati nella teoria dei
partecipanti (stakeholder theory); la quale sostiene che gli obiettivi
dell'impresa si dovrebbero conseguire equilibrando le opposte pretese
dei vari interessati all'impresa stessa: i dirigenti, i lavoratori, gli
azionisti, i fornitori e i venditori. L'impresa ha una propria responsabilità
verso tutti costoro e deve configurare i propri obiettivi in modo tale da
dare a ciascuno un certo grado di soddisfazione. Il profitto, che per gli
azionisti è una remunerazione del capitale da essi investito, è uno di tali
strumenti di soddisfazione, ma non gli compete necessariamente uno
speciale predominio nella struttura degli obiettivi». In realtà, per Ansoff,
gli stakeholder non partecipano alla formazione degli obiettivi, ma
rappresentano solo dei vincoli alla funzione teleologica fissata
autonomamente dai responsabili d'impresa. Col passare degli anni,
tuttavia, il concetto di stakeholder conosce una sempre maggiore
diffusione, anche come schema autonomo di analisi. F.W. TAYLOR, The
Future Development of Corporate Strategy, in The Journal of Business
Policy, vol. 2, n. 2, 1971, sostiene con singolare capacità previsiva, che
l'importanza degli azionisti è destinata a diminuire nel futuro, a tutto
vantaggio degli altri stakeholder. Oltre a D. HEENAN, H. PERLMUTTER,
Multinational Organizational Development, Addison-Wesley, Reading,
1979; W. KING, D. CLELAND, Strategic Planning and Policy, Van
Nostrand Reinhold Co., New York, 1978; J. PFEFFER, G.R. SALANCIK, The
External Control of Organizations, Harper and Row, New York, 1978,
altri Autori adottano tale termine, o fanno riferimento a concetti
analoghi. In Italia, G. ZANDA, La grande impresa. Caratteristiche
strutturali e di comportamento,Giuffrè, 1974, p. 489, rileva con
chiarezza la dimensione psicologica e fattuale degli stakeholder
riferendosi ai «gruppi d'interesse» che «formulano delle attese nei
riguardi del comportamento dell'organizzazione e che condizionano
l'attività aziendale». Una trattazione completa del significato degli
stakeholder nello strategic management è rappresentata dall'opera di
R.E. FREEMAN, Strategic Management. A Stakeholder Approach, Pitman,
Marshfield Mass., 1984, nella quale, a pagina 24, definisce stakeholder
«ogni gruppo od individuo che può influenzare il raggiungimento degli
obiettivi dell'impresa o ne è influenzato».
[10] Occorre evidenziare, a tal proposito, che la pianificazione è da
considerare antecedente al momento dell’azione solo da un punto di
vista di sequenza logica. Ma, nella realtà operativa, non è possibile
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attuare una netta separazione tra questi due momenti. L’intero processo
può essere, pertanto, rappresentato (come mostrato precedentemente)
mediante un circuito che si apre con la pianificazione, procede con il
controllo per chiudersi nuovamente con atti di pianificazione: il tutto in
modo reiterato (FERRARIS FRANCESCHI, 2007).
[11] Come noto, infatti, anche se inizialmente la situazione finanziaria
può non presentare sintomi di allarme, man mano che i terzi vengono a
conoscenza delle difficoltà economiche dell’impresa si assiste ad una
riduzione dei fidi concessi, all'eliminazione delle dilazioni di pagamento
e, quindi, all'insorgere di una scarsità di mezzi liquidi. A ciò si aggiunge
il manifestarsi di una situazione ormai critica, dovuta ad entrate inferiori
alle uscite e la continua erosione del capitale provocata dalla mancata
copertura dei costi.
Questa è solo una delle fattispecie che possono generare una crisi
aziendale. Essa può essere determinata anche da squilibri finanziari,
inefficienze tecnologiche, commerciali o amministrative, ecc.
[12] Sebbene, in talune situazioni, possa sembrare sufficiente ridurre i
costi per rilanciare l’impresa nel breve termine, occorre evitare di
risparmiare sulle questioni strategiche, cioè su quelle voci di spesa che
possono incidere sulla capacità dell'impresa di pianificare e gestire in
maniera vincente le proprie attività nel medio-lungo periodo.
[13] L' analisi SWOT è uno strumento di pianificazione strategica
utilizzato per valutare i punti di forza (Strengths), debolezza
(Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un
progetto dell’impresa rispetto al proprio mercato di riferimento, come
supporto al processo decisionale.
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Il sistema di pianificazione e controllo tra profili teorici e risvolti