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INDICE
4
8
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GREEN
Intervista
Grant Benson
P4
Viaggi
Saint Morritz
P8
Natura
Parco naturale dello Stelvio
P 12
Animali
Aquila Reale
P 16
Sport
Roberto Carnevali
P 36
Sport minori
Red Bull Kronplatz Cross
P 40
Pesca
La trota Fario
P 42
Salute e benessere
Sviluppare la resilienza
P 44
Games
I Coloni di Catan
P 46
RED
BLUE
2 44 46 48 50 52 54 56 58 60 62 64 71
YELLOW
Arte
Chagall
P 48
Casa&Design
Rosso Magenta
P 50
Speciale
Carnevale
P 52
Eventi
Mostra tema della notte di Vicenza
P 54
La pausa comica
Pausa Cinema
P 56
PINK
ANNO 3 N.18
Rivista on-line gratuita
DIRETTORE RESPONSABILE
Pasquale Ragone
DIRETTORE EDITORIALE
Laura Maria Gipponi
GRAFICA E IMPAGINAZIONE
Simone Coppini
DIREZIONE | REDAZIONE | PUBBLICITA’
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INTERVISTA
pirata dell'epoca, trasmettevamo da una barca
ancorata nel Mediterraneo in acque internazionali
perciò non si incappava nella legislazione di alcun
Paese. Da lì trasmettevamo in tutto il medio
oriente, in particolare in Israele, alternando
musica che sceglievamo noi con il parlato.
4
Inglese di nascita, italiano d'azione. È Grant
Benson, DJ da oltre trent'anni e voce della radiofonia
italiana ed internazionale dagli anni '80. Il suo
background è variegato, tanto quanto l'attività che
svolge al momento.
In che anno hai cominciato a fare radio?
Professionalmente nel 1981 [appena maggiorenne,
ndr]. Tra gli anni '80 e '90 ci fu una radio al largo
di Tel Aviv che si chiamava The voice of peace: si
trattava di una emittente propagandistica che
aveva come scopo dichiarato la promozione della
pace attraverso la musica. Sono stato per sei mesi
a bordo di The Voice of Peace, infatti, come le radio
A proposito di radio Pirata, puoi parlarci
della tua esperienza a bordo di Radio
Caroline?
Caroline è tutto un altro discorso [e qui il suo
tono vagamente canzonatorio diventa serio:
sta per parlare di una pietra miliare della storia
della radio, ndr]. Radio Caroline è stata fondata
nel 1964 da un imprenditore irlandese, Ronan
O'Rahilly, all'epoca attivo nel mondo dei locali
musicali londinesi. O'Rahilly voleva promuovere
a livello radiofonico Georgie Fame ma, in quegli
anni, la BBC [monopolista nel mercato britannico
fino agli anni '80, ndr] non voleva passare la
musica pop nonostante in quegli anni la cultura
pop stesse esplodendo.
Per aggirare il problema della liberalizzazione delle
radio, O'Rahilly ancorò in acque internazionali
una nave attrezzata con apparecchiature per la
radiodiffusione e dal largo trasmettevamo verso la
Gran Bretagna sulle frequenze di Radio Caroline.
Radio Caroline ha iniziato negli anni '60: da quel
Si può affermare che tu sia l'unico in Italia
ad aver fatto il DJ da Radio Caroline?
Sì, credo proprio di sì.
Come sei arrivato in Italia?
Anni fa in Liguria vicino a Bordighera. Stiamo
parlando del 1982 e di Radio Nova: si trattava di
una radio che trasmetteva dall'Italia alla Francia,
in particolare sul Principato di Monaco che
all'epoca era ovviamente pieno di anglofoni, e
stavano cercando qualcuno che parlasse proprio
in inglese. Ero da poco tornato da Israele e ho
cercato di mantenere l'abbronzatura [scherza,
ndr]. Poi alla fine dell'esperienza con Radio Nova
sono tornato in Inghilterra per Radio Caroline.
Da quanti anni fai radio in Italia e per quali
emittenti?
Primo assaggio di Italia, quindi, l'ho avuto nell'82
in Liguria dove mi sono fermato fino all'83.
Poi nell'85 su richiesta di quella che all'epoca
era Rete 105 (ora 105) sono tornato in Italia:
era il periodo della british invasion culturale e
soprattutto musicale e quindi in quel periodo
cercavamo qualcuno che fosse del luogo. Poi fino
WWW.LAPAUSA.EU/GREEN
momento ci furono una valanga di imitazioni e la
BBC cercò in diversi modi di farla chiudere, ma
Radio Caroline è andata avanti fino agli anni '90.
Io sono stato a bordo dall'83 all'85, diciamo che è
stato come coronare un sogno. Ero già fan della
radio e di Caroline in particolare, ma non era una
vita facile: eravamo nel Mare del Nord e trasmettere
dava un'enorme soddisfazione perché eravamo
liberi di scegliere la musica. Ci pensavamo mille
volte prima di scegliere la scaletta di brani per
riempire le ore di musica. Richiedeva un certo
impegno: sapevamo che Caroline era molto
ascoltata perché da un lato non c'erano radio
commerciali quindi l'ascolto reale era tremendo,
dall'altro la ribellione della gioventù rendeva
ancora più appetibile la situazione. Era come il
frutto proibito, e noi avevamo l'aria di fuorilegge.
5
INTERVISTA
al '98 ho lavorato tra 105 e RTL 102.5, quindi mi
sono spostato a Basilea in Svizzera e da 7 anni
sono tornato in Italia sulle frequenze di Radio
Number One [dove conduce il programma “Gli
Inaffidabili” dalle 9 alle 12 con Luca Viscardi, ndr]
6
Pendolare dalla Svizzera: pro e contro
A Radio Number One abbiamo due studi, uno
a Bergamo e uno a Milano. Quando sono a
Bergamo mi fermo in città, quando sono a Milano
faccio il pendolare ma i nostri studi sono piuttosto
vicini alla stazione centrale: faccio pendolarismo
transnazionale, ma è ben servito.
Quali progetti stai seguendo?
Ovviamente l'aspetto “pubblico” della radio è solo
la punta dell'iceberg, è sicuramente quello più
conosciuto ma non l'unico. Mi occupo di prodotti
musicali e di programmazione ad esempio per
Radio Express a Los Angeles, Still Digital in
Canada e mi occupo di consulenza musicale. Poi
c'è Music 100.9 la radio trasmessa nel Principato
di Monaco con musica non stop.
Torni spesso in Inghilterra?
Sì adesso sì, almeno una volta al mese. Torno
spesso perché negli ultimi anni le distanze si
sono molto accorciate, una volta lo facevo una
volta ogni sei mesi anche per questioni di costi,
adesso con i voli low cost è più facile, veloce ed
economico.
A volte mi chiedono dove abito e ci devo
pensare: sono spesso in macchina ed è un riflesso
subconscio riflettere prima di rispondere.
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Cosa preferisci dell'Italia e cosa
dell'Inghilterra?
Beh facile [ride, ndr]! Le donne per l'Italia! Mi
mancano i pub inglesi!
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VIAGGI
di Maria Solinas
[email protected]
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Poco distante dal confine italiano si trova una
delle località preferite per le vacanze d’inverno:
Saint Moritz, un gioiellino incastonato tra le Alpi,
verde smeraldo nella bella stagione e brillante
come un diamante quando ricoperto di neve. St.
Moritz è un comune svizzero del Canton Grigioni
di circa cinquemila abitanti, numero che aumenta
vertiginosamente in corrispondenza delle
ondate turistiche. Uno dei modi più gettonati
per raggiungere St. Moritz, e sicuramente il più
affascinante, è il viaggio a bordo del Trenino Rosso
Bernina Express: le splendide carrozze rosse,
in stile retrò, sono ormai diventate Patrimonio
dell’Umanità e ogni giorno trasportano i turisti
lungo la tratta tra Tirano, St. Moritz e Coira. Dai
finestrini del treno il paesaggio scorre veloce e,
come frame cinematografici, si susseguono distese
verdissime di prati alpini, torrenti scintillanti,
laghi cristallini, vette innevate, villaggi fiabeschi
e animali al pascolo; straordinaria è la vista dal
Viadotto Landwasser, un ponte di pietra altro
sessantacinque metri che si innalza sul torrente
omonimo, nel Cantone dei Grigioni.
L’aspetto che senza dubbio attira la maggior parte
dei visitatori a St. Moritz è lo sport invernale; è
nato infatti tra queste montagne, nel 1864, il
turismo invernale come lo conosciamo oggi,
grazie a Johannes Badrutt, fondatore di St. Moritz
e allora proprietario del lussuoso Kulm Hotel St.
Moritz: la scarsa frequentazione dell’Hotel nella
stagione invernale portò Badrutt a promettere
ai suoi ospiti inglesi che anche in inverno
avrebbero trascorso le loro giornate a St. Moritz
in maniche corte. Increduli e certi di vincere,
gli inglesi accettarono la scommessa, ma presto
capirono che Badrutt era nel giusto: il freddo
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secco di St. Moritz non ostacolava il sole, che
riusciva a scaldare (e addirittura ad abbronzare)
anche durante l’inverno; fatto ritorno in patria,
gli inglesi diffusero la notizia e, da allora, le
camere del Kulm Hotel St. Moritz sono occupate
trecentosessantacinque giorni all’anno. È proprio
questa una delle caratteristiche più apprezzate del
luogo: il cosiddetto “clima champagne”, con il suo
freddo secco e il sole che brilla, anche se nevica.
Tra dicembre 2014 e aprile 2015 nella valle dell’Alta
Engadina si festeggia il centocinquantesimo
anniversario della nascita del turismo invernale:
celebrazioni, eventi e gare sportive riusciranno
sicuramente a rendere ancora più vivace e
coinvolgente una vacanza in queste zone.
St. Moritz non è una località di spicco soltanto per
quanto riguarda le piste da sci, ma è anche meta
turistica esclusiva, glamour e di tendenza; da anni
infatti buona parte del jet set internazionale si
ritrova tra le vie della città alpina per trascorrere
9
VIAGGI
una piacevole settimana bianca, tra eleganti
aperitivi, passeggiate per le vie illuminate, sguardi
alle vetrine dei negozi alla moda e notti in alcuni
degli hotel più lussuosi d’Europa. Tra i vari locali
in città, il Corviglia Ski Club, frequentato negli
anni trenta da personaggi quali Jacques Cartier,
Coco Chanel e Edoardo Agnelli, è aperto solo ai
soci e ad un ristrettissimo numero di ospiti; meno
limitante, ma più movimentato e “rustico” è il
ristorante La Baracca.
Per una cena speciale vale la pena recarsi invece
a La Marmite, dove, a duemilacinquecento metri
d’altezza, si può gustare caviale e bere champagne;
10
in alternativa al caviale si può scegliere di
assaggiare ottima carne arrostita al Clavadatsch,
che con la sua terrazza panoramica offre una
serata indimenticabile.
Chi si volesse dedicare alla cultura può visitare il
Museo Segantini e la Chesa Futura, condominio
ideato dall’architetto Sir Norman Foster in cui
tecnologia e armonia con la natura si combinano
alla perfezione.
Infine, per concludere in bellezza, o per meglio
dire in dolcezza, è d’obbligo un salto al Café
Hanselmann, un’antica pasticceria dove assaporare
l’autentico gusto di questi luoghi incantati.
Bianco, verde, azzurro e marrone.
Sono questi i colori che potrete ammirare a
bordo del Bernina Express. Questo il nome del
famoso Trenino Rosso del Bernina. E da qui la
quantità di rosso che caratterizza il paesaggio.
Il Bernina Express è una meravigliosa
esperienza di viaggio da Tirano a Saint Moritz.
La gita si può svolgere in qualunque momento
dell’anno, nel periodo invernale occorre
proteggersi dal freddo (si scende diversi gradi
sotto zero) ma il paesaggio è magicamente
trasformato dalla neve.
Ineguagliabile la gita in inverno quando il
Trenino Rosso viene dotato di una pittoresca
trivella usata per bucare letteralmente i muri
di neve che ostacolano il percorso del mezzo.
Bianco è ovviamente il colore della neve, verde
dei tanti alberi sempreverdi che popolano
le Alpi, azzurro dei diversi specchi d’acqua
ghiacciati nel periodo invernale e il marrone
è quello delle poche aree brulle.
Non importa quando effettuate questa
esperienza: raggiungere la lussuosa Saint
Moritz a bordo del mitico Trenino Rosso del
Bernina è una gita che si vuole ripetere.
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E rosso. Tanto rosso.
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IL PARCO
Il parco nazionale dello Stelvio nasce negli anni
Trenta ed è uno dei più antichi e famosi parchi
naturali italiani. Attualmente viene amministrato
da un consorzio costituito da tre comitati di
gestione: quello lombardo, quello trentino e quello
altoatesino.
Si estende su una superficie di 130.700 ettari
che comprende ghiacciai, boschi, laghi glaciali,
torrenti, zone riservate alla coltivazione e
all’allevamento, paesi e villaggi.
La natura, pressoché incontaminata, si alterna
agli interventi che l’uomo compie, dagli antichi
masi alle moderne reti stradali e alle nuove risorse
tecnologiche impiegate per ricavare e produrre
energia.
Escursionismo, sci alpino, fotografia, studio
e ricerca o anche semplicemente curiosità
e passione per la montagna sono gli stimoli
principali che spingono le persone a conoscere
questo patrimonio naturale e culturale.
DOVE SI TROVA
Occupa la parte più settentrionale-orientale della
Lombardia e quella più occidentale del Trentino
Alto Adige. Nel cuore delle Alpi Centrali e della
zona più ricca di parchi protetti d’Europa, confina
a nord con il Parco Nazionale Svizzero e a sud
con il Parco Regionale dell’Adamello (vicino al
Parco Naturale dell’Adamello-Brenta). A est si
trova il Parco Naturale di Tessa mentre a ovest
si estendono il Parco di Livigno e il Parco della
Valdidentro.
Il parco inoltre include le province di Bolzano,
Brescia, Sondrio e Trento.
FLORA
Alla varietà morfologica del territorio corrisponde
una varietà di flora e fauna.
Le specie più diffuse di alberi sono: l’abete rosso,
l’abete bianco, la betulla, il larice comune, l’ontano
bianco e quello nero, il pino cembro, il pino mugo
e il pino silvestre. Inoltre ci sono anche i fiori che
incantano gli appassionati durante le escursioni:
stelle alpine, viole, gigli, botton d’oro e moltissimi
altri.
FAUNA
Per quanto riguarda il mondo animale,
mammiferi e uccelli sono i più numerosi e i più
apprezzati. Si possono incontrare cervi, caprioli,
camosci, stambecchi volpi, scoiattoli, lepri, lupi
e orsi, mentre tra gli uccelli è possibile avvistare
la maestosa aquila reale (LINK ARTICOLO), il
picchio, il corvo imperiale, il gufo e molti altri.
CULTURA
Nonostante la natura sia la protagonista assoluta
del parco, anche la cultura possiede un ruolo
importante. Arte e storia pullulano all’interno dei
centri storici dei paesi, dei castelli, delle chiese,
delle abbazie e dei musei sparsi sul territorio.
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SCOPI
Il parco viene istituito nel 1935 con lo scopo di
salvaguardare il paesaggio ai piedi del monte
Ortles e del monte Cevedale. Per una quarantina
d’anni il parco protetto occupava 96.000 ettari,
a partire dal 1977 ha iniziato ad espandersi,
conquistando le dimensioni attuali.
Un altro obiettivo è quello di promuovere un
turismo responsabile, affinché venga conosciuta e
visitata con assoluto rispetto un territorio alpino
di straordinaria bellezza e cultura.
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ALCUNE REGOLE…
Rispetta i divieti di transito ed evita di usare inutilmente l’automobile.
All’interno del Parco è vietato il campeggio libero.
Riporta con te i rifiuti.
Rispetta la quiete del Parco.
Collabora a mantenere e proteggere gli ecosistemi, i luoghi di nidificazione e le fonti
alimentari, evitando di arrecare disturbo e di provocare danni.
Puoi ammirare, ma non raccogliere i minerali ed i fossili.
L’accensione dei fuochi viene punita severamente.
Non danneggiare le attrezzature del parco, che servono a fornire informazioni e ad assicurare
riposo e ricreazione.
NATURA
Non abbandonare i sentieri segnati.
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ANIMALI
CHI È
L’aquila reale è l’uccello rapace più maestoso e
fiero. L’aspetto regale e l’abilità nel cacciare hanno
reso l’aquila reale un volatile temuto e rispettato
all’interno del regno animale e non solo.
Il nome greco aquila chrysaetos significa “aquila
d’oro”, dal momento che la sua testa castana
presenta anche dei riflessi dorati.
Appartiene alla famiglia Accipitridae, sottofamiglia
Aquilinae e al genere Aquila.
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COME È FATTA
Mediamente è alta 80 centimetri, la coda misura
30 centimetri e l’apertura alare è di 2 metri.
Può pesare dai 3 ai 6,5 chilogrammi e la femmina
è più grande del maschio.
L’aquila reale ha una struttura robusta. Le ali
lunghe e ampie sono sfrangiate alle estremità
e rendono l’animale inconfondibile. La testa è
sporgente e il becco è forte e ricurvo. È ricoperta
di piume fino alle dita, che sono brevi ma con
grandi artigli.
Il colore del piumaggio varia in base all’età: un
pulcino è biancastro, un esemplare giovane è
bruno con macchie bianche sulle ali e con una
coda bianca e nera, infine un adulto è di colore
marrone scuro con riflessi dorati.
La vista è il senso più sviluppato, superiore a
quella dell’uomo nel captare e mettere a fuoco i
movimenti e nel distinguere la nitidezza dei colori.
In condizioni ideali, un’aquila reale è in grado di
percepire i minimi movimenti di un coniglio a
oltre due chilometri di distanza.
COME SI RIPRODUCE
A marzo, una favolosa danza occupa il cielo: è il
rituale dell’accoppiamento delle aquile.
Voli rovesciati, inseguimenti in volo, giri della
morte e scambi di prede sono i segnali del
corteggiamento.
La riproduzione, invece, avviene a terra.
Il primo uovo viene deposto e dopo 5 giorni ne
esce un secondo.
Una volta terminati i 45 giorni di cova, durante
i quali il maschio si assenta per procurare cibo,
avviene la schiusa.
Solamente un pulcino sopravvive, quello che si
impossessa di tutto il cibo. L’aquilotto spicca il
primo volo dopo due mesi e mezzo e a sei mesi
d’età diventa indipendente.
A cinque anni l’aquila è adulta e in grado di
costituire una propria famiglia.
Il maschio e la femmina restano insieme e sono
fedeli per la vita, la quale ha una durata di 20 anni
circa.
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COSA MANGIA
Mammiferi, uccelli e rettili.
L’aquila reale è una temibile cacciatrice, a volte la
coppia si divide i compiti: uno insegue la preda
radente al suolo mentre l’altra si butta in picchiata
sul malcapitato mammifero.
Nel menu preferito dal rapace vengono inclusi:
roditori, lepri, marmotte, conigli, scoiattoli e
fagiani, pernici, galli cedroni, quaglie e infine
serpenti, tartarughe e ramarri.
Le prede vengono uccise con gli artigli oppure
sfracellate sulle rocce, poi vengono portate nel
nido per essere consumate. L’aquila di 6 kg è
in grado di sollevare e trasportare un animale
pesante 4,5 kg. Quando si tratta di creature più
grosse, come le volpi e gli agnelli, l’aquila si limita
ad ucciderle e a nutrirsene a terra. Poi ci sono le
azioni di bloccaggio, che vengono effettuati sui
lupi e i caprioli.
La dieta viene anche integrata con le carogne,
vittime dell’inverno.
17
DOVE SI TROVA
In Europa, in Asia e nella parte settentrionale di
America e Africa.
Oggi è presente solo sulle montagne, ma secoli fa
abitava anche nelle pianure e nelle foreste.
In Italia si può osservare sugli Appennini, sulle
Alpi e sui rilievi della Sardegna e della Sicilia.
I nidi vengono costruiti sulle pareti rocciose, in
nicchie inaccessibili, ma situate in punti più bassi
rispetto all’altitudine di caccia, così da evitare la
fatica di risalire con la preda tra gli artigli
ANIMALI
QUALI SONO LE SUE ABITUDINI
L’aquila reale va a caccia, costruisce più nidi e
controlla il proprio territorio. Ogni coppia vive e
domina uno spazio che va all’incirca dai 50 ai 200
kmq. Una volta al giorno viene compiuto un volo
lungo i confini per segnalarli alle altre aquile.
Molte sono le aquile che tendono a spostarsi verso
zone più calde.
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PERCHÉ SE NE PARLA
Simbolo di fierezza, nobiltà e divinità, l’aquila
reale è stata il simbolo di Zeus, del Sacro Romano
Impero, di Napoleone, degli stati dell’Europa
dell’est, di Mussolini, di Hitler, degli Stati Uniti
d’America e anche dell’evangelista Giovanni.
Anche oggi continua la tradizione di utilizzare
questo splendido animale come immagine
simbolica, nonostante la reputazione negativa
acquisita a causa dei regimi totalitari.
L’aquila reale viene protetta ma non è ancora
scampata al pericolo di estinzione. Gli elementi
chimici con i quali viene a contatto e il
bracconaggio sono le minacce più comuni, quindi
è bene conoscere e rispettare la vita di questo
rapace.
19
TELEFILM
di Francesco Cianciarelli
[email protected]
20
Originata da una serie televisiva israeliana, Be
Tipul, che ha avuto remake in numerosi paesi tra
cui gli USA (In Treatment di Rodrigo Garcia),
questa versione italiana è andata in onda su Sky
nel corso del 2013, con un ottimo impatto sul
pubblico. Attualmente, è stata realizzata una
seconda stagione che vedremo a breve: è stata
infatti annunciata per l’inizio del 2015.
Una delle particolarità della serie si basa sulla
scansione degli episodi: il soggetto narrativo,
infatti, è incentrato rigidamente sulle sedute
settimanali di uno psicoanalista, in modo tale
che ogni puntata (da 25 minuti) consiste in una
seduta. Quattro puntate riguardano le sedute
dal lunedì al giovedì (con gli stessi quattro
pazienti che di volta in volta procedono la terapia
raccontandoci nuovi dettagli della loro vita e del
loro subconscio), mentre il venerdì è il giorno in
cui l’analista diventa paziente, sottoponendosi a
sua volta all’analisi psicoanalitica. La stagione si
conclude dopo sette settimane, essendo quindi
composta da 35 puntate.
L’operazione italiana è di altissimo livello, affidata
alla regia delicatissima di Saverio Costanzo e
all’avvincente fotografia di Vladan Radovic. Ad
aiutarli c’è il cast, composto da attori di enorme
bravura, capaci di dare vita e corpo a personaggi
proprio viso, trattandosi di episodi interamente
registrati nello studio di uno psicoanalista, luogo
in cui, per antonomasia, si parla e si ascolta. Il
mondo esterno è, infatti, puramente evocato
dai dialoghi e dalle emozioni dirompenti dei
personaggi.
Tuttavia la serie non corre alcun rischio di
“claustrofobia”, anzi s’impone decisamente con la
sua drammaturgia da camera, con la sua sapiente
messa in scena della parola, a costruire delle storie
umane estremamente appassionanti e reali.
WWW.LAPAUSA.EU/RED
estremamente variegati e profondi, a partire da
Sergio Castellitto, che interpreta lo psicologo
protagonista, impressionante per messa a fuoco
di ogni gesto e di ogni piano di ascolto.
Tutto questo avviene per sottrazione: la regia
accompagna sapientemente i lunghi dialoghi che
costituiscono il corpo delle puntate, sottolineando
i passaggi fondamentali accarezzando con la
telecamera i dettagli di un viso e di una mano. Gli
attori, allo stesso modo, fanno un uso magistrale
soprattutto della voce e delle espressioni del
21
LIBRI
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Il bandito e il campione. Potrebbero chiamarli
così, anche se campioni - sul campo da calcio lo sono stati entrambi, in maniera differente. Il
secondo ha vinto tutto: scudetti, coppe italiane e
internazionali, perfino una coppa del mondo da
capitano della sua nazionale. Inoltre, viene inserito
in tutte le liste dei più forti atleti di sempre. Il
«bandito», dal canto suo, pur avendo segnato gol
a raffica e vinto alcuni trofei in Italia, non prese
parte a quei Mondiali del 1982 (per una scelta
tecnica che allora sembrava inammissibile) e il
suo nome, nell’ultimo decennio, è un po’ caduto
nell’oblio.
Si parla di Dino Zoff, portierone di Juventus,
Napoli, Udinese, Mantova e nazionale (sì, è lui
che ha sollevato la coppa del mondo con la fascia
la braccio, in quella notte di Madrid) e Roberto
Pruzzo, bomber di Roma e Genoa (uno da 138 reti
in serie A con la sola maglia giallorossa) «bandito»
dalle memorie calcistiche. Entrambi sotto Natale,
hanno lanciato in libreria le loro autobiografie,
seppur con contenuti molto differenti, quasi
opposti.
Il «campione», Zoff, ha pubblicato Dura solo un
attimo, la gloria, storia di un vincente che non si è
mai montato la testa e che dalla vita (almeno quella
sportiva) ha avuto tutto: successo, vittorie, denaro
- non dirlo sarebbe ipocrisia - e soddisfazioni
personali. Dall’altra parte, Pruzzo ha sfornato
Bomber, che accanto ai sorrisi dovuti al pallone,
mette in luce soprattutto i lati negativi di un uomo
che non ha saputo gestire il successo e che ancora
di Luca Romeo
[email protected]
WWW.LAPAUSA.EU/RED
di più ha sofferto gli insuccessi, uno su tutti la
mancata convocazione ai Mondiali del 1982, dopo
che in campionato era stato il capocannoniere. Ma
andiamo con ordine.
Nato nel 1942, Zoff ha compiuto un lavoro quasi
sconvolgente: non capita spesso, infatti, di leggere
l’autobiografia di uno sportivo (non me ne voglia
la categoria) e rimanere così colpiti dalla bellezza
dei pensieri e dalla scorrevolezza della scrittura.
L’ex numero uno della Juventus regala un volume
fatto di aneddoti legati alla giovinezza, vissuta
nella semplicità delle campagne friulane e storie
di calcio che affascinano il lettore. Ricche, tra le
altre cose, di spunti pseudo-filosofici: leggendo
Dura solo un attimo, la gloria non può mancare
una matita o un quadernetto per appuntare alcuni
aforismi da ricordare. «Spesso i miracoli servono
per mascherare un errore», tra i tanti.
L’altra faccia (baffuta) della medaglia è un Pruzzo
nato tredici anni più tardi rispetto al collega e che
se sconvolge, non lo fa certo per lo stile di scrittura,
quanto per la durezza di diverse dichiarazioni. La
fragilità di Bomber è nelle righe amare in cui si
parla di inadeguatezza al mondo, di un carattere
introverso e debole, che spesso incontra «un
uomo nero che a volte mi viene a trovare». Arriva
addirittura a scrivere: «Ogni tanto penso che sia
giunto il momento di togliermi dai co..., ma poi
accadono quelle cose che ti fanno pensare che è
più forte lo spirito di sopravvivenza».
Perché la gloria, anche quella dei bomber, dura
solo un attimo. Zoff insegna.
Quelle dei due ex calciatori sono biografie
particolarmente interessanti. La prima perché
dimostra la forza dell’umiltà di un atleta realizzato,
la seconda perché ti sbatte in faccia la debolezza di
un giocatore che con la vita sta ancora lottando,
come faceva in campo. Giusto per non dare tutto
per scontato.
Intanto, parafrasando un brano di Francesco
De Gregori, il «bandito» e il «campione» sono
in libreria. E dopo i trionfi sportivi degli anni
Ottanta, a metà di questi anni Dieci si ricomincia
a parlare di loro.
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MODA
Se piace ad entrambi i partner regalatelo senza
timori: ma se non siete assolutamente certi un
intimo raffinato è sempre la scelta più indicata.
Qualche idea? Lasciatevi ispirare da quanto
presentato nel Salone Internazionale della Lingerie
di Parigi su cui si sono abbassati i riflettori lo
scorso 26 gennaio.
Partiamo da Marjolaine Lingerie, che nel corso
dell’expo è stata nominata stilista dell’anno. Stampe
floreali su sottovesti dal taglio squisitamente
orientale: una sorta di Fujiko con il colbacco
circondata da un’ambientazione scandinava.
Seducente e mai volgare la donna Marjolaine
oscilla costantemente tra una lolita e una geisha.
26
Natale, ultimo dell’anno e San Valentino sono
tre ottime occasioni per regalare l’intimo. Rosso
preferibilmente. Non c’è bisogno di scadere nel
volgare per trasformare una donna in una donna
sexy: basta una scelta elegante e vedrete ogni
donna rifiorire. Ma anche ogni uomo, a pensarci
bene.
Elegante. Questa è la parola chiave. Per evitare
incomprensioni: il latex non è elegante.
WWW.LAPAUSA.EU/RED
Il salone parigino si struttura in sei aree in cui i
brand sono stati distribuiti. Due spiccano tra gli
altri:
• BEAUTIFUL LEGS: TIGHTS, HOSIERY, AND SOCK BRANDS
Calze protagoniste, perché su un bel paio di
gambe spiccano anche le calze. Basti pensare alla
recente pubblicità con protagonista Julia Roberts.
Maculate o invisibili, parigine o collant, la gamba
e la calza in tutte le sue declinazioni sono in primo
piano.
• SUPER HEROES: 100% MEN’S BRANDS
Un uomo, anche con un fisico mediocre, sta bene
con un bell’intimo. Il boxer, più o meno aderente,
più o meno corto, più o meno colorato si adatta
ai fisici degli uomini “normali”. I super heroes
proposti in fiera possono permettersi anche gli
slip più aderenti. Anche niente, forse! Scherzi a
parte, molti marchi famosi promuovono intimo,
calze e pigiami dai materiali ricercati. L’uomo è
sempre più edonista.
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Due i trend presentati per la prossima stagione:
• IDEAL
Il cliente di questo mercato è sempre più informato.
Sempre più esteta. Per questo il filone raccoglie
le proposte più glamour rivolte ad un pubblico
attento all’eccellenza della sensualità tanto nei
materiali quanto nei colori.
MODA
• ULTRA GREEN
Leggerezza, colore e eco-compatibilità. Questi gli
elementi del filone che sono dettati da elementi
basic per il giorno e colori acidi/fluo per la notte.
Stile minimal, invece per l’abbigliamento dedicato
al tempo libero.
Basico o pregiato, monocromatico o a stampa
animalier, l’intimo è, per definizione, intimo.
Personale. Il gusto, più della comodità, guida
le nostre scelte. In fatto di materiali, di colori,
di stili. Ma soprattutto per stupire, noi stessi e
(soprattutto?) chi può vedere sotto i vestiti.
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Tutte le foto sono state gentilmente offerte da Salon International de la Lingerie 2015
© Angels’Sea Studio – De Groot – Le Fur – Rustuel
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è il Gi
di Elena Degl’Innocenti
[email protected]
SAN VALENTINO
quando durante la sua prigionia nella Torre di
Londra scriveva alla moglie, definendola “mia
dolcissima Valentina”. Nell’800 l’abitudine di
inviare messaggi d’amore iniziò ad essere vista
come un’occasione d’affari ed alcuni imprenditori
statunitensi cominciarono a produrre i biglietti su
scala industriale, dando un impulso decisivo allo
sviluppo della festività.
30
Anche quest’anno, il 14 febbraio, molti si
preparano a festeggiare San Valentino, giornata
tra le più chiacchierate e controverse dell’anno,
ma riconosciuta da tutti come il Giorno degli
Innamorati.
Eppure di romantico questa festa aveva ben poco,
almeno in origine; pare infatti che derivi dai
Lupercalia romani, un rito carnale e promiscuo
in onore del Dio Lupercus, patrono della fertilità.
Fu probabilmente per cristianizzare tale festività
pagana che nel 496 Papa Gelasio dedicò il 14
Febbraio a San Valentino, martire tra i primi
cristiani a cui vennero attribuiti miracoli d’amore.
Anche la consuetudine di inviare le “Valentine”,
i tipici messaggi d’amore, ha origini antiche.
Promotore fu Carlo d’Orleans nel XV secolo,
cioccolatini agli uomini, siano essi fidanzati,
amici o colleghi di lavoro; chi riceve in dono il
cioccolato ha poi l’obbligo un ricambiare un mese
dopo, regalando del cioccolato bianco, nel giorno
definito White Day. Ovunque nel mondo, poi, le
cene al lume di candela sono un vero must.
Ed i single? Non si disperino, almeno qui in Italia.
Il 15 Febbraio si festeggia San Faustino, festa
dedicata a chi è in cerca dell’anima gemella. Per
loro, si organizzano serate a tema e speed date,
appuntamenti lampo…
Per potere, chissà, festeggiare San Valentino
magari già dall’anno successivo!
WWW.LAPAUSA.EU/RED
Una festa che si celebra quasi in tutto il mondo,
diversificandosi secondo le peculiarità dei vari
paesi, ma con l’amore come denominatore
comune. Negli Stati Uniti San Valentino è anche
simbolo di affetto e amicizia, e tutti si scambiano
biglietti, anche i bambini, che decorano a mano i
propri.
In Spagna gli innamorati si regalano una rosa rossa,
il simbolo della passione per eccellenza, mentre in
Thailandia si tiene usualmente la maratona del
bacio, dove le coppie tentano di battere il record
mondiale del bacio più lungo – oltre le 32 ore! In
Giappone è usanza invece che le ragazze regalino
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Dinvoallino a spasso
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MOTORI
di Maurizio Gussoni
[email protected]
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“Le cose fatte per amore sono al di là del bene e del
male”, diceva Nietzsche.
E per amore si fa davvero tutto, si cambia idea, si
ricambia e si sostiene di essere sempre stati della
medesima idea.
Così fece, tanti anni fa, Enzo Ferrari. E lo fece
proprio per amore. Per amore del suo figlio
primogenito, Dino. Un figlio speciale, in gamba
sotto ogni punto di vista. Un figlio che smentiva
il classico teorema che vede le discendenze dei
grandi padri non all’altezza dei genitori. Giovane
ingegnere, fu portato via al commentatore nel ‘56,
quando aveva solo 24 anni. Ma in quel pochi anni
di vita, Dino, era riuscito a gettare le basi della
Ferrari di domani. Basi che erano assolutamente
opposte a quelle che intendeva suo padre.
Enzo Ferrari, più volte, aveva enunciato due
concetti e li aveva indicati come cardini della
progettazione delle proprie vetture. Il primo era:
“anche i carri sono tirati dai buoi e non spinti,
quindi un’automobile deve avere il motore
davanti”. Il secondo, ancora più inamovibile, era:
“le Ferrari sono, per definizione, a 12 cilindri”.
Ma, a dispetto del grande padre, il giovane figlio,
in anticipo sui tempi di almeno una decina d’anni,
si mise al lavoro in totale controtendenza. Il
risultato: un motore a sei cilindri a V di 65 gradi
(quindi dagli ingombri ridotti) ed i disegni di una
barchetta da corsa con il motore posizionato in
posizione centrale, quindi non davanti.
Dopo la sua morte, che fu per commendatore
un dolore infinito che si portò poi nella tomba,
Enzo Ferrari volle molto per ricordare il figlio.
Creò la fondazione scientifica Dino Ferrari che
studia ancora oggi la distrofia, il male di Dino. E,
addirittura, mise in produzione una vettura che
lo ricordava: la Dino 206 GT, ma che era davvero
figlia dei progetti del giovane ingegnere.
La linea fu opera di Pininfarina, una delle più belle
automobili mai disegnate. Il motore, appunto, era
posizionato al centro in posizione trasversale.
Quindi una bancata di cilindri guardava l’anteriore
ed una il posteriore. Poi ci fu da risolvere il
problema della trasmissione. Ma alla Ferrari,
quella di allora, di influenze torinesi ce ne erano
ancora poche. Quindi, con la maestria meccanica
propria del cavallino rampante, fu inventata
una terna di ingranaggi in cascata che portava il
moto dall’albero motore al primario del cambio.
il peso ridotto, la rallentavano in modo quasi
violento. Ma il vero punto di forza era la tenuta di
strada. Il motore centrale, l’altezza da terra appena
superiore al metro e la facilità d’inserimento in
curva, complice il muso anteriore molto corto,
la fecero diventare veramente imbattibile sulla
strada. D’altra parte tanto era stato preso dal
progetto della Dino 206 da corsa che aveva dato
la paga sui circuiti di tutto il mondo a tante, tante
blasonate vetture.
La Dino 246, prodotta anche in versione targa con
il tettuccio in vinile asportabile (indicata in listino
come GTS) aveva degli interni estremamente
eleganti, anche se di disegno totalmente sportivo.
E si capiva subito che era una vera Ferrari, infatti
la componentistica degli interni, sedili compresi,
derivava in buona parte dalla splendida berlinetta
12 cilindri Daytona.
Il modello fu subito accaparrato da una clientela
di giovani e di professionisti emergenti. Perché
proprio quella linea, un po’ da prototipo e che
WWW.LAPAUSA.EU/RED
Quest’ultimo fu posizionato sotto il motore, con
il differenziale autobloccante subito all’uscita del
secondario del cambio, creando così una sorta di
tutt’uno meccanico dal quale uscivano solo i due
semiassi che trasmettevano alle ruote la notevole
potenza. La Dino 206 fu prodotta solamente per
un anno, dal ‘68 al ‘69. Poi la Ferrari mise le mani
su questo modello che iniziava ad essere amato
anche della clientela e lanciò la successiva vettura
di enorme successo: la Dino 246 GT. E iniziò il
mito di una delle Ferrari più prodotte nella storia
che rimase in listino, purtroppo, solo dal ‘69 al
‘73. Nacque subito come Ferrari d’accesso, quasi
una baby Ferrari. Ma quando i clienti si misero al
volante di quei 195 cavalli cattivi, su una scocca che
pesava appena 1.100 chili, capirono che non era
così. Infatti, era capace di accelerazioni degne di
una Ferrari e di una velocità massima che toccava
i 245 all’ora, ma con qualche ritocco ai carburatori
si superavano facilmente i 250. In più era fornita
di quattro eccellenti freni a disco che, complice
33
MOTORI
richiamava la mitica 250 Le Mans, non era
certo adatta agli anziani austeri commendatori
dell’epoca.
Per questo tanti rampolli delle famiglie più in vista
corsero a prendersene una, mettendosi in chiara
competizione estetica e stradale con altri rampolli
tra i quali dilagava la moda della Porsche 911 S.
Stessa cilindrata, stessa potenza.
Ma quello che fece della Dino una vera automobile
fu, forse per la prima volta, la grande capacità di
adattamento della meccanica di una sportiva
al traffico quotidiano. Era noto che i classici sei
carburatori doppio corpo, tipici delle Ferrari a 12
cilindri, dopo un po’ di coda e qualche semaforo
rosso, iniziavano a litigare fra loro. Ma il motore
della Dino era diverso. Anche questo alimentato
da una batteria importante di carburatori, tre
a doppio corpo, ma gli incroci delle valvole ed
il sistema di alimentazione la rendevano molto
più docile e meno desiderosa delle regolazioni
dei meccanici. Infatti, le Dino si incontravano
molto facilmente sulle strade e non, come spesso
accadeva alle sorelle maggiori, solo davanti ai bar
di moda ed alle discoteche à la page. Invece la beata
gioventù potevano usare la Dino senza patemi sui
classici tragitti del bel vivere, da Roma al Circeo, da
Milano a Forte dei Marmi ed a Cortina. O, perché
no, per andare la sera al ristorante o in discoteca.
In più, i rampolli viaggianti, potevano godersi la
tenuta di strada da vettura da corsa sui curvoni
34
della Cisa o sui ciechi tornanti della Serravalle. In
tutta sicurezza, visto che le scodate arrivavano in
alto. Molto in alto.
Insomma, Dino Ferrari in soli 24 anni è riuscito
a far capire di essere in gamba, ma anche di avere
un carattere d’acciaio, degno del padre. Era un
giovane in controtendenza: non solo aveva sfidato
le convinzioni tecniche del genitore, il più illustre
costruttore di auto del mondo, ma addirittura
era in controtendenza (non con il padre) anche
in politica. Figlio della terra emiliana, nota per
la tradizione tutta di sinistra, Dino Ferrari era
al contrario. Era tutto a destra. Tanto è vero che
chiese - ed ottenne - di essere sepolto... in camicia
nera.
Ma anche il destino ha deciso di rendergli
omaggio, forse colpito da tanto carattere e da tanta
sfortuna. Oggi, una Dino Ferrari, pur essendo un
modello costruito in migliaia di esemplari vale un
sacco di quattrini. Nelle aste internazionali i 500
mila euro per una di queste vetture non si vedono
nemmeno. E la tendenza è tutta in aumento.
Ma, se anche Enzo Ferrari ha dovuto un po’
violentare se stesso e mettere in produzione quella
macchina tanto strana, ma che tanto gli ricordava
il figlio, ha fatto qualcosa che ha lasciato per
sempre il ricordo del grande amore che ebbe per
Dino.
Il che, per un padre, anche se famoso, è oltre il
massimo di quanto potesse desiderare.
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di Roberto Carnevali
[email protected]
Il tiro a volo: uno sport, o meglio una passione
indelebile che scorre nel mio sangue dall’età di
dodici anni, ancor oggi più viva che mai.
SPORT
Gli sport nella nostra nazione sono tanti, e tutti
elevati al massimo denominatore. Il motivo è
semplice: siamo un Paese dove ancora si crede in
determinati valori che ci rendono unici. Qualsiasi
attività sportiva è capace di esaltare i nostri cuori,
di trasmettere un messaggio puro e trasparente.
E l’Italia in questo è regina.
36
Il tiro a volo, nato con il grande Carlo Sala,
pioniere indimenticabile, ha portato la nostra
Nazione ad essere la principale vetrina e la
principale fonte di esperienza da imitare in tutto
il mondo. Grandi quantità di vittorie, di successi
e grandi personaggi da Albino Crocco, Giorgio
Rosatti, Vincenzo Raffaelli, Amilcare e Gianni
Bodini, Luciano Giovannetti, Ennio Mattarelli,
Angiolino Bosio, Gigi Rossi, Franco Bornaghi,
Liano Rossini, Angelo Scalzone, Silvano Basagni.
Per arrivare ai grandi Marco Venturini, Albano
Pera e Daniele Cioni (i tre toscanacci, gli Attila del
campo) fino ai giorni nostri con Giovanni Peliello,
Massimo Fabbrizi, Valerio Grazini, Jessica Rossi
e tantissimi altri (occorrerebbe una giornata per
elencarli tutti). Grandi nomi che hanno fatto di
questa passione una tradizione di alto livello, a
Il tiro a volo significa, a prescindere dalle
innumerevoli vittorie sul campo, aggregazione,
comunità, valori di civiltà diverse, ma unite
sotto un unico fine, sotto una grande famiglia.
È una coesione granitica di altri valori ben più
importanti a prescindere dai numeri e dalle
medaglie; è trasparenza, amicizia, unione di tanti
valori morali e civili.
In Italia questo sport vanta più di quattrocento
impianti, sparsi in tutte le regioni. Dal piccolo
campetto a conduzione familiare, per arrivare
ai grandi sodalizi, fiore all’occhiello in tutto
il mondo. E dai piccoli campetti di periferia
nascono con il tempo i nostri grandi personaggi
che ci rappresentano nel mondo, orgoglio di una
Nazione che ancora crede nello sport.
Il bello del tiro a volo è che lo si può praticare
a qualsiasi età, con la stessa intensità e lo stesso
entusiasmo. Sognare e lasciare spazio alla libertà
rende unico questo sport e ti fa vivere una vita
all’insegna degli spazi aperti e dei sani principi.
Amare questo sport, significa amare con la stessa
intensità anche noi stessi.
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dimostrazione della grande maestria di cui l’Italia
può vantarsi.
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Il Team di Roberto Carnevali:
SPORT
ASD Tiro a Volo San Guido Gualdo Tadino
La Società ha ampliato e ristrutturato
l’Impianto sportivo di San Guido nel 1996 e
da allora, nonostante alcune difficoltà anche
normative, mantiene alta la propria attività
agonistica.
Gli atleti della Società hanno collezionato
numerosi successi a livello si nazionale che
internazionale (1° posto e tre 2° posto al
Campionato Italiano delle Società Fossa
Olimpica - un 5° posto al Campionato Mondiale
di Fossa universale a squadre - un 9° posto al
Campionato Europeo di fossa universale a
squadre - quattro 1° posti Campionato Italiano
Fossa Olimpica individuale).
Una nota di merito con orgoglio a Marcello
Tittarelli pluricampione a livello Italiano,
Europeo e Mondiale, componente della
squadra Olimpica Italiana alle Olimpiadi di
Atlanta 1996. Attuale detentore ineguagliato a
livello Mondiale del fantasmagorico record di
150 bersagli colpiti su 150 lanciati.
Attualmente la Società vanta oltre 40 soci
praticanti e 120 soci sostenitori.
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di Simone Zerbini
[email protected]
SPORT MINORI
partecipante dovrà impiegare il minor tempo
possibile per completare il percorso, al termine
del quale lo attenderà un pulsante per aprire il
cancelletto per il secondo compagno. Vince la
squadra che impiega meno tempo a portare tutti
e tre i componenti al traguardo (il risultato finale
viene calcolato tramite la somma dei tre tempi
singoli).
In caso di pareggio fra due squadre, la
qualificazione verrà decisa tramite un 1vs1 tra i
due atleti più veloci.
40
I giorni 27 e 28 febbraio 2015 in località
Plan De Corones (Bolzano) si terrà la quarta
edizione del Red Bull Kronplatz Cross, prova di
skicross a squadre disputata con un’innovativa
ed emozionante formula a staffetta. Dopo il
successo riscosso dalle precedenti edizioni, a cui
hanno preso parte team dall’Italia, dalla Svizzera,
dall’Austria e dalla Francia, si stima che quest’anno
i partecipanti ammonteranno a 180 (quindi 60
squadre) tra professionisti e amatori provenienti
da tutto il mondo.
Nella serata di venerdì 27 si terranno le qualifiche,
che sanciranno trenta delle sessanta squadre (tra
cui due wild card, Team France vincitore del 2014
e Team Red Bull) che potranno accedere alla fase
finale del giorno successivo.
La formula della gara è semplice ma divertente
e adrenalinica: ogni squadra è composta da tre
atleti, maschi e femmine, pro e amatori; il primo
WWW.LAPAUSA.EU/BLUE
Per non rendere le cose troppo facili, il percorso
di un chilometro ricavato dalla pista di Valdaora/
Gassl è stato infarcito di ostacoli, salti, woops,
tunnel e curve paraboliche.
Iscriversi è un gioco da ragazzi, il materiale
richiesto è di facile reperibilità: il casco viene
sempre richiesto, come il certificato medico di
stato di buona salute e, condizione necessaria,
il compimento della maggiore età; la quota
d’iscrizione per ogni squadra è di 140 Euro.
Nelle passate edizioni hanno preso parte atleti
del calibro di Kristian Ghedina e Tomas Kraus,
austriaco che vanta in bacheca due Mondiali e
quattro Coppe del Mondo di skicross, quindi il
divertimento e la competizione sono assicurati.
Sono previsti premi per i primi tre classificati.
Non vi resta altro da fare che trovare due amici,
iscrivervi e prepararvi a due giorni di full
immersion spericolata tra la neve!
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la tro
di Denis Verani
[email protected]
Nei primi anni di vita si nutre di larve d’insetti,
crostacei, piccoli molluschi e insetti terrestri
caduti accidentalmente in acqua. Con il passare del
tempo si trasforma in un voracissimo predatore,
sempre alla ricerca di piccoli pesci e non si esclude
cacci esemplari più piccoli della propria specie.
PESCA
Caratteristiche
42
La trota fario, di cui abbiamo già parlato nel
numero 13, è un pesce caratteristico delle acque
del nord Italia. Ha un corpo snello, dotato di
muscoli potenti che le permettono di resistere
alle forti correnti dei torrenti. La bocca è ampia
e vorace con la mascella superiore leggermente
pronunciata rispetto alla mandibola. I denti di
forma uncinata sono disposti su due file irregolari,
evidenti nei segni lasciati sull’esca quando riesce a
scappare.
La trota fario predilige molto le acque fredde
e molto limpide, con alta concentrazione di
ossigeno. Trova riparo dietro a grossi massi o
radici sommerse, lontano da forti correnti, che
elegge suo habitat e postazione privilegiata per gli
agguati alle sue prede. Cacciatrice instancabile e
vorace, è sempre alla ricerca di cibo.
Curiosità
La livrea solitamente è di colore grigio-verdastro
sul dorso, i fianchi e il capo hanno riflessi grigiogiallastri con l’arricchimento di puntini neri e
rossi; il ventre assume una colorazione giallognola.
La trota fario cambia livrea per mimetizzarsi
nell’ambiente in cui vive. Non ama molto la luce
del sole e cerca sempre zone ombreggiate.
Come si pesca
La trota fario è certamente il pesce più insidiato
dai pescatori che frequentano le nostre acque
attraverso svariate modalità di pesca: pesca al
tocco e a spinning sono le più diffuse, ma non
dimentichiamo anche a mosca e a struscio, però
meno praticate.
La pesca al tocco, praticata all’inizio della
primavera, è il sistema migliore per insidiare
questo salmonide. Richiede pochi e semplici
elementi: senza l’ausilio del galleggiante, le uniche
cose che servono sono qualche piombino sferico
ed un amo.
argentate in condizione di poca luce.
Bisogna lanciare le esche in prossimità delle zone
di caccia con un lancio leggero e preciso, seguito
da un recupero lento e ben manovrato.
Le zone migliori per trovare le trote sono dietro
grossi massi, nelle buche o in prossimità delle
correnti di ritorno sotto le cascate.
WWW.LAPAUSA.EU/BLUE
La montatura è semplice: l’amo viene legato
alla lenza madre e al di sopra di questa, ad una
distanza di 30 centimetri, vengono fissati i
piombini per permettere l’affondamento dell’esca.
Questa tecnica richiede che si risalga il torrente e,
restando riparati dietro a sassi o piante, si cali l’esca
nelle buche o nei tratti più profondi del torrente.
La trota è un pesce con una vista formidabile e al
minimo rumore o alla minima vibrazione scappa
nascondendosi. È necessario fare molta attenzione
alla mangiata della trota che verrà segnalata sulla
lenza; sarà opportuno aspettare a ferrare non la
primo tocco ma al secondo, quando l’esca sarà
ormai ingoiata dal pesce.
Per lo spinning si utilizzano dei cucchiaini rotanti
con piccole palette, la cui colorazione può variare
a seconda della limpidezza delle acque: dorate per
fondi chiari, bruno ramate per pozze profonde,
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SALUTE E BENESSERE
di Matteo Simone
[email protected]
44
L’obiettivo di questo testo è illustrare, in maniera
teorico e pratico-esperienziale, aspetti inerenti
la resilienza e le modalità per svilupparla:
fornire strumenti teorico-pratici per stimolare
l’autoconsapevolezza e valorizzare le risorse
personali e di rete.
Si definisce resilienza la capacità di resistere alle
frustrazioni, agli stress, in generale alle difficoltà
della vita. La resilienza permette la ripresa dopo
un evento traumatico, dopo un infortunio, dopo
I momenti brutti passano, proprio come quelli
una sconfitta; il suo reale significato è “mi piego
belli, l’importante è non mollare, avendo fiducia e
ma non mi spezzo e mentre mi piego mi preparo”,
pazienza, perché con il lavoro i risultati prima o
come a dire che il vero campione esce fuori dalle
poi arrivano.
sconfitte con più voglia di riscattarsi, di far meglio,
di migliorare gli aspetti in cui ha mostrato carenza.
Michele Fontana Chi è resiliente, infatti, non si lascia abbattere da
(pluricampione italiano in pista e nel cross)
una sconfitta ma ne esce rafforzato, analizza i
propri errori e trova le giuste soluzioni per tornare
a vincere. È grazie a questa dote del carattere che
si diventa campioni: alcuni la posseggono innata,
Impegnatevi per ottenere ciò di cui avete bisogno, e
ma la si può coltivare con buoni risultati.
quando non riuscite a ottenerlo, ebbene, sorridete e
Notevole valore aggiunto del libro sono le
tentate ancora, in un modo diverso.
prefazioni di Isabel Fernandez e Sergio Mazzei,
e l’introduzione di Isa Magli. Sergio Mazzei,
William Hart
Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work,
illustra l’argomento del libro affermando che:
“Evidentemente il senso della resilienza in buona
sostanza equivale all’avere coraggio, all’insistere
nel raggiungere il proprio scopo e dunque al non
sottrarsi alla propria esperienza, qualunque essa
sia, al non censurare o negare la propria verità,
allo stare con il proprio dolore e impedimento,
al tener duro anche se le circostanze sembrano
insostenibili”. Inoltre spiega come la cultura
occidentale può essere limitante: “La cultura
occidentale predilige le funzioni logiche
dell’emisfero sinistro mentre rifiuta in larga misura
quelle proprie dell’emisfero destro ed è per questo
motivo che i nostri poteri dell’immaginazione,
della visualizzazione e della fantasia vanno sempre
più atrofizzandosi. Se pensiamo in un modo, così
saremo. La nostra mente ha dei poteri immensi
di intervenire sul corpo, ma poiché non ne siamo
consapevoli, non siamo in grado di usarli”. Isabel
Fernandez, Presidente Associazione EMDR Italia,
afferma che “L’evento traumatico si colloca nel
percorso di vita di una persona come una frattura,
una linea di demarcazione al di là della quale
niente è più come prima.”
Interessante è anche l’introduzione a cura della
Professoressa Isa Magli: “Lo scorrere delle pagine
di questo testo, ricco di argomenti, oggetto di
immensa conoscenza culturale, vuoi psicologica,
vuoi sportiva, vuoi psicoterapeutica, vuoi
sperimentale, non è “de tout le monde” (da tutti):
infatti il fruitore è attratto dall’interessamento
dei messaggi, dalla consapevolezza di acquisire
consigli, a seguito di accadimenti, di indicazioni,
di “modi vivendi” che possono completare il suo
iter esistenziale. L’approfondimento di momenti
sportivi e loro rivolgimenti porterà all’integrità
vitale, morale, sociale della persona umana.
Emerge l’utilità dello Sport come elemento
educativo, tecnico, sociale e ricreativo per
valorizzare l’individuo e non solo, ma anche la
società”.
Che dire! Io ho fatto del mio meglio!
Buona lettura.
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I COL
di Nicola Guarneri
[email protected]
GAMES
Nel lontano 1995 nasceva il gioco da tavolo
più famoso di tutta la Germania: ancora oggi
innumerevoli giocatori si sfidano tra i mari e le
montagne di Catan.
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Forse nemmeno il suo ideatore, Klaus Teuber,
pensava che I coloni di Catan potesse avere un
simile successo. Il riscontro con il pubblico è
stato immediato, tanto da far vincere a I coloni di
Catan ben tre premi nel solo anno 1995 (lo Spiel
des Jahres, il Deutscher Spiele Preis e l’Essener
Feder). I confini teutonici sono poi stati stretti a I
coloni, tanto che l’edizione americana ha poi vinto
nel 1996 l’Origins Award come miglior gioco da
tavolo fantasy o di fantascienza.
Veniamo al gioco in sé: ai giocatori di oggi tutti
console e joystick I coloni di Catan potrà ricordare
le dinamiche di Age of Empire.
si guadagnano punti costruendo città, colonie o
strade. Ad ogni turno il giocatore tira due dadi e
a seconda del punteggio si pescano più o meno
carte risorse. La costruzione di città e colonie
passa attraverso la vitale arte del commercio: è
proprio l’interazione tra i giocatori, attraverso
scambi di risorse ed aiuti reciproci, ad essere il
punto di forza di questo gioco da tavolo.
Altamente consigliato dai maggiori siti di giochi
da tavolo, I coloni di Catan è ancora un gioco
attuale e divertente, l’ideale per un momento in
compagnia. L’acquisto online è pratico e veloce:
potete trovare il gioco in vendita su amazon.
it a €24,24, spese di spedizione incluse. Non vi
resta che armarvi di carta di credito e... Iniziare a
commerciare!
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Lo scopo infatti è colonizzare Catan, un’isola il cui
territorio si divide tra montagne, colline, pascoli,
campi, foreste e anche un deserto (troverete
tutto nella scatola). Terminata la preparazione
del tavoliere, che non dovrebbe richiedere più di
dieci minuti, i giocatori (che possono essere da 3
o 4 con il gioco classico, mentre possono arrivare
fino a 6 con l’espansione) sceglieranno a turno un
territorio da occupare, posizionando sul vertice di
un esagono e una strada collegata alla colonia una
delle pedine che simboleggiano le colonie.
Al termine del giro ogni giocatore riceverà delle
carte con delle risorse a seconda dei territori
occupati (per ulteriori dettagli potete visionare
questo tutorial).
Lo scopo del gioco è arrivare a 10 punti vittoria:
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Ma
Susanna Tuzza
[email protected]
ARTE
Marc Chagall descriveva così la sua amata: “Il
suo silenzio è il mio. I suoi occhi, i miei. È come se
Bella mi conoscesse da tanto tempo, come se sapesse
tutto della mia infanzia, del mio presente, del mio
avvenire…Sentii che era lei la mia donna.”
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La “Passeggiata” tra Chagall e la sua Bella è un volo
tra terra e cielo. È il cammino degli innamorati
che vivono le due componenti dell’amore: quella
concreta con i piedi per terra e quella spirituale
con la testa fra le nuvole. L’amore è realtà e
fantasia. L’amore è nello spazio reale della vita di
ogni giorno e nel cielo poetico della fiaba. L’amore
è testa e cuore.
L’amore “terreno” è raffigurato da Chagall che
è collocato nel paesaggio campestre e cittadino
della sua terra natia. l’Amore “spirituale” è
rappresentato da Bella nel cielo. Due “Amori” non
scissi, non divisi, non separati, non differenti ma
in simbiosi ed uniti per mano. I due amati sono
elegantissimi. Rappresentano la personalità e lo
stile dei protagonisti ma stanno ad indicare che
l’amore è raffinatezza, buon gusto, gentilezza,
galanteria, nobiltà. Chagall tiene per mano la
sua donna come fanno i bimbi con i palloncini,
felice ed attento a non perdere la mano-corda di
Bella per paura che il vento la porti via lontano
da lui. Se lui non la trattenesse, lei volerebbe in
cielo. È indicata l’anima protettiva dell’uomo
verso la donna, da non confondere con il concetto
di possesso. Infatti l’Artista sottolinea nella
passeggiata il grandissimo valore della libertà.
L’amore è libertà di passeggiare insieme senza
imposizioni, senza precedenze, senza corse,
senza spintoni, ma nel rispetto dei due viandanti.
Bella, che simboleggia la leggerezza dell’essere in
chiave positiva, invita Chagall a volare nell’amore
reciproco, ad entrare nel firmamento leggero e
fiabesco. Lui la invita a vivere nel quotidiano reale
e concreto simboleggiato dalla tovaglietta rossa
fiorata con sopra una bottiglia di vino emblema
del focolaio domestico .
La passeggiata è un volo leggero e vibrante con le
ali al cuore e sotto i piedi che rende, come dice lo
stesso pittore, “felici, giocosamente, fiabescamente,
quasi in maniera irriverente”.
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18-MERI VINCENTI PER IL 2015
I NU
CASA & DESIGN
di Gaia Badioni
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Marsala 18-1438 è un colore terroso e intenso,
una sfumatura a metà tra il rosso e il marrone
“ricco e carismatico” in grado di “soddisfare
un’eleganza sofisticata in modo raffinato; Marsala
arricchisce la nostra mente, il nostro corpo e la
nostra anima, emanando sicurezza e stabilità”. Il
direttore esecutivo del PANTONE Color Institute,
Leatrice Eiseman, ha definito così il colore che
la sua azienda ha eletto come principe dell’anno
2015.
Dal 2000 l’azienda statunitense Pantone,
sinonimo di una delle più conosciute
classificazioni cromatiche, ha scelto un colore
come rappresentativo di quell’anno influenzando
considerevolmente le tendenze moda e design,
data la sua autorevolezza. Così, dal Cerulean
(Pantone 15-4020), colore dell’anno 2000,
passando per il Sand Dollar (Pantone 13-1106)
del 2006 e il Mimosa (Pantone 14-0848) del 2009,
quest’anno è la volta del Marsala 18-1438.
Questa particolare sfumatura di rosso, definita
addirittura “colore anticrisi” per la sua sobrietà e
forza, sarà presente nei complementi d’arredo delle
nostre case, sarà indossato e anche “truccato”!
Sebbene possa sembrare di primo acchito un colore
autunnale e relativamente spento, il Marsala, che
appartiene alla famiglia dei rossi, in realtà è un
colore rassicurante e concreto perché richiama
le cromie della terra, nonché un colore vibrante e
appagante, proprio come il vino liquoroso, grazie
alle sue sfumature luccicanti.
Provare a integrarlo nel nostro quotidiano non è
impresa difficile, anzi, Marsala è una tonalità che
si sposa bene con molte nuances, soprattutto con
le cromie nude e calde, con il grigio e con il blu,
oltre che con gli intramontabili bianco nero.
Nell’ambito dell’interior design troviamo questo
colore soprattutto nei complementi d’arredo, in
piccoli oggetti in grado di impreziosire l’ambiente
come lampade, tessuti e sedute, senza risultare
ridondante o pensante. Interessanti sono i
paralumi Ikea Nymo in edizione limitata e la
seduta intrecciata in quattro nuance di rosso di
Maurizio Galante per Driade.
Anche le pareti, però, possono essere tinteggiate
con questa sfumatura per dare un tono avvolgente
APPROFONDIMENTI: IL PANTONE
Pantone Inc. è un’azienda statunitense che si
occupa principalmente di tecnologie per la grafica,
della catalogazione dei colori e della produzione
del sistema di identificazione di questi ultimi. Nata
negli anni ’60 è divenuta famosa per aver ideato
uno standard internazionale di classificazione
dei colori mediante un semplicissimo codice,
utile per poterli tradurre nel sistema di stampa
a quadricromia CMYK. Il Codice Pantone si
compone di due campi: il primo costituito da una
parola – o numero di due cifre – in riferimento alla
famiglia di appartenenza del colore (per il rosso,
ad esempio, ci sarà la parola Red o il numero 18),
il secondo invece formato da una serie di cifre
che ne identificano la gradazione (per il colore
Marsala abbiamo il codice 18-1438); in questo
modo, il codice è definibile come arbitrario.
1144 colori standard formano il PMS (Pantone
Matching System), ai quali si devono aggiungere
2000 colori denominati GOE, inseriti nel sistema
nel 2007.
Il nome “pantone”, però, viene utilizzato
soprattutto dai creativi per definire un particolare
tipo di pennarelli professionali, i TRIA; la loro
particolarità è l’inchiostro altamente pigmentato
in grado di scorrere perfettamente su qualsiasi
superficie senza produrre sbavature o perdite di
colore.
CONSIGLI
Per farvi un’idea di quello che Pantone è ed è
diventato, consiglio una visita al Concept Store
PANTONE UNIVERSE™ di Milano, primo
negozio al mondo dall’azienda, inaugurato nel
settembre 2011.
Attenzione: non adatto ai maniaci dell’ordine
cromatico!
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ed elegante all’ambiente e non eccitante come
l’usuale rosso, consigliato invece per zone di
transito; le stanze più adatte ad accogliere questa
cromia sono il soggiorno, la cucina e lo studio, ma
lo si può inserire anche in camera da letto, magari
facendo attenzione a non dipingere tutte e quattro
le pareti. Inoltre, viene anche usato per esaltare i
particolari architettonici, come cornici, architravi
e stucchi e accostato a mobili laccati.
Variante alla tinteggiatura può essere l’utilizzo
della carta da parati (retaggio anni ’70 tornato
prepotentemente di moda lo scorso anno) con
disegni tono su tono che movimentano lo spazio,
come la proposta Ferm Living – Fairy Flower.
Per i più audaci, questo particolare rosso può
essere accostato alle sfumature di giallo, dall’ambra
fino all’oro e, nel rispetto della teoria dei colori
complementari, a tutte le varianti del verde e del
turchese.
Proposte, quest’ultime, più adatte alla moda che
alla casa, come ci insegnano le recenti sfilate per la
stagione P/E 2015, ma comunque declinabili per
ogni occasione e contesto.
E per chi pensa che questo sia una colore da
femminucce, si sbaglia! Basti vedere la cromatura
delle auto Infiniti.
Parola d’ordine 2015, quindi, è: ubriachiamoci!
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CARNEVALE
di Rachele Donati
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Colori, coriandoli, stelle filanti e tanta fantasia!
Allegria che contagia piccoli e grandi. Nel periodo
a cavallo tra gennaio e febbraio di ogni anno
la frase che riecheggia più spesso tra le risate
generali è sempre la stessa “A carnevale ogni
scherzo vale!” Chi non se l’è sentita dire e chi non
l’ha pronunciata almeno una volta?
Il Carnevale si declina in modalità diverse e con
tradizioni che spaziano dalla sfilata dei carri
allegorici alla battaglia delle arance, da maschere
locali tipiche fino a personaggi che sono diventati
nel corso della storia veri e propri simboli.
Come non pensare alla maschera più antica, al
variopinto Arlecchino bergamasco? Ogni città e
ogni regione ha la sua maschera. Minimo comun
denominatore è proprio la maschera che nasconde
l’identità, che crea un’atmosfera di mistero e che
lascia libero sfogo alle più diverse interpretazioni.
La maschera permette, per i giorni di carnevale,
di essere qualcun altro, di scherzare, di giocare,
di tornare bambini. Si dà spazio ad ogni tipo di
travestimento: dai più tradizionali, ai più originali
e stravaganti. Chi nasconde solo la faccia, chi si
copre più colori e di piume dalla testa ai piedi, chi
si lancia in epoche lontanissime e chi riproduce
le ultime novità. Broccati, sete e cartapesta, ma
anche palloncini e semplici parrucche.
E dove andare così agghindati? C’è davvero
l’imbarazzo della scelta.
Sicuramente la meta prediletta è Venezia, magica
sempre, ma affascinante sotto il campanile di San
Marco per il lancio dell’Angelo, in programma
quest’anno per domenica 8 febbraio a ricordo
dell’omaggio acrobatico che veniva fatto in onore
del Doge.
E Ivrea? Domenica 15 febbraio le arance la fanno
da padrone in una battaglia che si disputa nelle
principali piazze della città tra gli equipaggi
sul carro e le squadre di arcieri a piedi. Dalla
tradizione medievale di lanciare i fagioli, anno
dopo anno, la battaglia ha assunto sempre più un
carattere spettacolare e goliardico, patrimonio
culturale di rilievo.
Nel nostro breve viaggio mascherato approdiamo
in Versilia per l’altrettanto famoso Carnevale di
Viareggio: oltre alle tradizionali sfilate dei carri
allegorici, si può visitare il Museo del Carnevale
bianchi e rossi, proprio come l’abito di Burlamacco.
Il bancone dell’Osteria è decorato con carta di
giornale impastata con colla di acqua e farina: la
cartapesta, materia prima delle costruzioni dei
maestri carristi.
E se non ne avete ancora abbastanza, non
dimenticate che c’è chi continua il carnevale
anche dopo il canonico martedì grasso! Il rito
ambrosiano prevede infatti che la Quaresima inizi
la domenica successiva e non il mercoledì delle
ceneri, quindi se avete ancora voglia di frittelle
e lattughe Milano vi allieta il palato e lo spirito
ancora per qualche giorno.
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che ripercorre la storia dei 141 anni di sfilate,
figuranti e gruppi. Viareggio organizza all’interno
della cittadella anche numerosi laboratori sulla
lavorazione della cartapesta e sulla creazione delle
maschere. E non può mancare un passaggio nella
caratteristica Osteria di Burlamacco decorata
con i colori tipici della maschera: le pareti nere
richiamano il mantello di Burlamacco e accolgono
una serie di immagini tipiche del mondo degli
hangar, in cui nascono e crescono i giganteschi
mascheroni dei carri allegorici, accompagnate da
decorazioni con strofe delle canzoni più famose
del Carnevale di Viareggio. Il soffitto è a scacchi
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emozioni
EVENTI
di Rachele Donati
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Una location suggestiva, un tema interessante ed
affascinante, autori di altissimo livello e uno stile
lineare e molto chiaro. Questi gli ingredienti che
permettono di apprezzare a pieno le scelte di Marco
Goldin, curatore della mostra “Tutankhamon
Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli
egizi al Novecento” allestita all’interno della
Basilica Palladiana in pieno centro a Vicenza.
Una scala in legno porta ai piani alti della Basilica
progettata da Andrea Palladio, architetto che
riempie in maniera sublime ogni angolo di Vicenza.
La terrazza di questo monumento così importante
ospita le sale della mostra tra cui un ingresso dove
il visitatore è accolto da pannelli illustrativi e da
un cielo stellato che, pur artificiale, lascia senza
fiato. Sei sezioni che descrivono in modi diversi e
suscitando sensazioni diverse la notte, la luce del
crepuscolo e del tramonto, della sera che avanza. La
notte non solo come luogo e paesaggio, ma anche
come ambito psicologico e interiore. Tanti autori
da più noti ai meno conosciuti che confermano
la loro fama o lasciano la soddisfazione di nuove
scoperte, di nuovi approcci; 115 tra opere e dipinti
che attraversano letteralmente la storia dell’uomo
dal mondo egizio alla metà del Novecento, e
oltre. E un attraversamento del mondo anche
dal punto di vista geografico dall’Africa all’Italia,
dall’Inghilterra all’America.
I pannelli accompagnano il visitatore per tutte la
sale della mostra, ma è sufficiente lasciarsi guidare
dalle immagini. L’approccio tematico e non
cronologico permette anche di “saltare” da un’opera
all’altra e di tornare indietro senza perdere nulla
delle suggestioni che sprigionano da ogni angolo.
L’ultima sezione è il saluto simbolico del curatore
che racchiude in queste ultime due stanze il
meglio della mostra: corpi deposti, assassinati
e accovacciati da Rubens a Cezanne, la luce di
Caravaggio che emerge in tutta la sua bellezza in
“Marta e Maria Maddalena”, fino alla suggestione
tahitiana di Gaugin che ci porta in luoghi lontani.
Il percorso di emozioni e suggestioni si conclude
con un meraviglioso “Narciso” di Caravaggio e un
inconfondibile Van Gogh che nel suo “Sentiero di
notte in Provenza” (immagine locandina di tutta
la mostra) evoca un mistero che unisce carne e
spirito, sotto la magica luce della luna.
Vicenza – Basilica Palladiana
dal 24 dicembre 2014 al 02 giugno 2015
dal lunedì al giovedì dalle 09.00 alle 19.00
dal venerdì alla domenica dalle 09.00 alle 20.00
Biglietto intero: € 12.00
Prenotazioni e info:
tel – 0422/429999
www.lineadombra.it
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Il viaggio in cui Goldin ci accompagna prende
avvio dalla notte simbolica della morte e delle
sculture ritrovate nelle piramidi egizie, sculture
che raccontano ancora tanta vita. Una notte che
nella seconda sezione prende vita in scene della
vita di Cristo, opere in cui gli artisti si cimentano
nella rappresentazione del buio fisico e psicologico
da Savoldo a El Greco, fino a Giorgione e Tiziano.
La terza sezione è dedicata interamente al secolo
serale e romantico per eccellenza, l’Ottocento, in
cui la notte raggiunge la sua interpretazione più
alta e più completa.
Si incontrano i grandi come Monet con “San
Giorgio Maggiore” e Van Gogh (un Van Gogh
non immediatamente riconoscibile per la verità),
ma anche precise espressioni europee come “Città
al chiaro di luna” di Friedrich e immagini da oltre
oceano come Church e Wyeth. Sezione in bianco
e nero la quarta dove emergono gli affascinanti
labirinti di Piranesi e le acqueforti di Rembrandt.
Klee, Hopper con “Emporio” e gli astratti Rothko
e De Stael ci immergono nelle immagini del
Novecento.
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LA PAUSA COMICA
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feb
Il nome del mese deriva dal latino ebruare, che
significa "purificare" o "un rimedio agli errori" dato
che nel calendario romano febbraio era il periodo
dei rituali di purificazione, tenuti in onore del dio
etrusco Februus e della Dea romana Febris, riti che
avevano il loro fulcro il giorno 14. Tale ricorrenza
pagana sembrerebbe poi essere confluita nel culto
cristiano tributato in onore a santa Febriona, poi
soppiantata da San Valentino.
di Rachele Donati
De Conti
FB: in fondo è difficile
farne a meno
CURIOSITA’
Ricordando l’Albertone
Nazionale!
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Un tassello importante della storia del cinema
italiano e della romanità ha lasciato il palcoscenico
della vita il 24 febbraio 2003. Alberto Sordi si è
cimentato nei ruoli più diversi dando sempre
prova di grande capacità e talento. Un attore
davvero a tutto tondo, un esempio di comicità per
tutto il cinema mondiale. Non viene voglia di far
passare la sua filmografia e lasciarsi trasportare
per un po’ su un pianeta parallelo? Buon viaggio!
Chi l’avrebbe mai detto che avremmo ad
intermittenza benedetto o maledetto il mese
di febbraio 2004? Neppure Mark Zuckerberg
avrebbe mai immaginato di dare vita ad una
realtà virtuale che avrebbe drasticamente ridotto
il dialogo famigliare a pranzo e a cena o avrebbe
sostituito una pacca sulla spalla e un abbraccio
con l’immagine di un pollice alzato. Che avrebbe
introdotto nel linguaggio universale i termini
like, post, condividi, tagga… E in fondo neppure
che poteva prevedere i tanti riavvicinamenti e
ricongiungimenti di amici lontani nello spazio
e nel tempo e tante relazioni recuperate e fatte
rinascere dietro allo schermo di un computer.
Benedetto o maledetto, la nostra giornata fatica a
prescindere da Facebook!
Le donne votano…
Ma senza rossetto
Muto? Non del tutto…
Siamo nel 1936 e Charlie Chaplin guarda per la
prima volta con interesse all’aspetto sociale del
mondo in cui vive; un viaggio in Europa lo mette
di fronte alla reale condizione in cui vivono i
senza lavoro e, con la comicità che è sempre stata
la sua cifra significativa, mette in scena le vicende
complesse della vita di un operaio. Tempi Moderni
è uno dei film più conosciuti del regista inglese.
Non propriamente muto come tutti i suoi film fino
a quel momento, ma caratterizzato dall’intervento
della musica e di alcuni effetti sonori. La voce di
Chaplin tocca per la prima volta le orecchie degli
spettatori sono nella canzone finale del film. È una
prima volta molto attesa e che riscuote un certo
successo.
WWW.LAPAUSA.EU/PINK
Il primo giorno del mese di febbraio del 1945
in Italia viene introdotto il suffragio universale
con cui viene concesso il diritto di voto alle
donne. Cambia radicalmente il modo di vedere
la politica e di vivere l’appartenenza alla propria
storia. Attraverso anni di alterne vicende a
partire da prima dell’unità d’Italia, le donne
acquisiscono il diritto ad esprimere la loro
preferenze (non possono ancora essere votate,
cosa che si raggiungerà solo nel marzo 1946). Un
diritto che giunge in un momento cruciale per
la storia italiana, nel frangente in cui il popolo
italiano è chiamato a decidere tra monarchia e
repubblica. Un momento di novità anche rispetto
ad aspetti molto pratici: per non lasciare segni di
riconoscimento sulle schede, le donne vengono
invitate a presentarsi alla cabina elettorale senza
rossetto.
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SPAZIO POSITIVO
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Uno dei principi fondamentali del pensiero
positivo è la buona considerazione che abbiamo
di noi stessi, cioè la nostra autostima, la fiducia in
ciò che siamo e facciamo. Tutto il nostro percorso
verso l’atteggiamento positivo nei confronti della
vita parte da qui. Ognuno di noi ha dentro di sé
le potenzialità e le capacità per fare al meglio non
solo ciò per cui è portato, ma anche qualsiasi altra
cosa. Spesso però molti di noi non ne hanno la
consapevolezza e quindi la loro autostima è così
bassa da sentirsi inferiori agli altri e non all’altezza
di ogni situazione. Sapete che la parte inconscia
della nostra mente è in grado di farci fare cose
meravigliose? In sé contiene un potere tanto forte
da consentirci di riuscire a realizzare qualcosa
anche se consciamente non ne siamo affatto
convinti. Non vi è mai capitato in un occasione
di emergenza o in un momento in cui dovevate
per forza intervenire, di meravigliarvi per essere
riusciti ad affrontare e risolvere quel particolare
problema? Provate a pensarci e vi accorgerete che
ad ognuno di voi almeno una volta è successo.
Pensate al momento in cui doveste acquisire
la consapevolezza di ciò che siete in grado di
fare, come si alzerebbe la vostra autostima! Ed è
proprio su questo concetto che voglio portare la
vostra attenzione: a credere maggiormente in voi
stessi, ad avere fiducia in ciò che potenzialmente
potete fare. Uno strumento utile per iniziare ad
accrescere l’autostima consiste nello scrivere
delle affermazioni, cioè frasi personali create con
le vostre parole in cui dialogate con voi stessi
Laura Gipponi
[email protected]
dichiarando le vostre capacità ed esortandovi ad
agire con la certezza del buon risultato. Frasi come:
“Io mi amo e mi accetto completamente così come
sono. Non devo cercare di piacere a qualcun altro;
io piaccio a me stessa e questo è quello che conta.
Amo me stessa e solo in questo modo posso
amare gli altri. Ogni giorno, sotto ogni aspetto
la mia vita va sempre meglio. Sono in grado di
gestire al meglio tutto ciò che faccio. Sono capace
e all’altezza di ogni situazione. Faccio sempre la
cosa giusta, nel modo giusto e al momento giusto.”
È importante che iniziate a prendere sempre più
fiducia in voi stessi giorno per giorno. Scrivete le
vostre affermazioni su un quaderno, sul diario,
sull’agenda, mettete dei post-it dove potete vederli
in ogni momento e leggete le vostre frasi più volte
al giorno. Vi accorgerete presto di come inizierete
ad incrementare la vostra autostima per iniziare a
vivere davvero in modo positivo e sentirvi bene.
Laura Gipponi
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CAKE DESIGN
di Maria Antonietta Cavallo
[email protected]
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Negli ultimi anni si è diffusa anche in Italia la
mania del cake design, che significa, l’arte di
decorare torte, cupcake e biscotti con la pasta di
zucchero.
Per realizzare una torta che sia bella esteticamente,
ma anche buona, occorre partire dalla torta stessa.
Il primo passo è la base che, nella maggior parte
dei casi, è di pan di spagna. Una volta pronta
la base, la si lascia raffreddare e poi si procede
tagliandola in due o tre strati.
Nel frattempo si prepara la bagna, alcolica o
analcolica, che servirà per inumidire la torta al
fine di renderla morbida.
Il pan di spagna può essere riempito con diverse
farciture: a seconda dei nostri gusti possiamo
usare la crema pasticcera, la crema chantilly e
arricchirle con la frutta di stagione. Per far sì che
la pasta di zucchero aderisca alla torta occorre
ricoprirla con un “collante” e di solito si utilizza
una crema al burro o del cioccolato fondente.
A questo punto possiamo procedere a stendere
la pasta di zucchero, per gli addetti ai lavori la
pdz. Per fare questo passaggio bisogna avere un
tappetino in silicone e occorre cospargerlo di
zucchero a velo in modo che la pdz non si attacchi
al piano di lavoro. La pasta di zucchero una volta
stesa andrà adagiata, con una mattarello, alla
torta. Per realizzare torte a più livelli occorre
inserire, tra un piano e l’altro, dei pioli in modo da
dare stabilità alla torta. A questo punto possiamo
liberare la nostra fantasia, realizzando con la pasta
di zucchero qualsiasi cosa, ad esempio un animale,
una scarpa, una borsa...
Gli strumenti indispensabili nel cake design sono:
tappetino in silicone: serve per non far attaccare la
pasta di zucchero al tavolo
pennello: serve per bagnare la torta in modo da
renderla più morbida
spatola: si usa per stendere la crema di burro
mattarello: in commercio ce ne sono di molte
dimensioni e di diversi materiali, ma di solito si
predilige quello in silicone. È opportuno averne
almeno due, uno grande per ricoprire la torta
e uno piccolo per realizzare oggetti di piccole
dimensioni
smoother: serve per rendere liscia la superficie
delle torte ricoperte da pasta di zucchero
coppapasta: di varie dimensioni e di varie forme
per tagliare la pasta di zucchero
attrezzi per modellare: per modellare, scavare,
imprimere e tagliare la pasta di zucchero
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Non occorre essere dei pasticceri per realizzare
delle torte artistiche. Con una buona manualità e
con questi pochi strumenti possiamo realizzare a
casa nostra dei piccoli capolavori.
Foto gentilmente concesse da Stefania Carina (aka Candyland)
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Desi Roccato [email protected]
Preparazione
RICETTE
Ingredienti
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Per il riso
½ litro di brodo di pesce
1 noce di burro
½ cipolla
3 cucchiai di olio
1 punta di peperoncino piccante
1 cucchiaio di prezzemolo
150 grammi di riso
1 bicchiere di vino bianco
Per il sugo ai gamberetti
1 noce di burro
½ cipolla
1 bicchierino di Cognac
300 grammi tra gamberi e gamberetti
3 cucchiai di olio
3 cucchiai di panna da cucina
3 cucchiaini di salsa di pomodori
1 pizzico di timo
In una casseruola, con 2 cucchiai di olio e un po’
di burro, fare imbiondire ½ cipolla insieme ad un
pizzico di timo.
Aggiungere i gamberetti e sgusciati e lasciare
rosolare il tutto per qualche minuto mescolando;
quindi, a metà cottura aggiungere il cognac, farlo
evaporare e aggiustare di sale continuando a
mescolare.
Aggiungere ora la panna e il pomodoro e mescolare
fino ad ottenere un sughetto dal colore rosato.
Accantonare il sugo.
In una casseruola abbastanza grande, mettere il
resto dell’olio,il burro e ½ cipolla tritata quindi
farla imbiondire ed aggiungete il riso.
Dopo averlo fatto ammorbidire, bagnare il riso
con il vino bianco e farlo evaporare a fuoco vivace.
Aggiungere, poco alla volta, il brodo di pesce, il
peperoncino, e lasciare cuocere il tutto mescolando
di tanto in tanto.
Una volta che il riso sarà quasi giunto a cottura,
unire il sugo di gamberetti e terminare la cottura.
Una volta tolto dal fuoco aggiungere il prezzemolo
e regolare di sale. Steso nel piatto, con uno stampo
a forma di cuore, il vostro risotto degli innamorati
è pronto per essere servito.
ARNEIS
Uve:
100%
Vitigno piemontese originario del Roero,
ma diffuso anche in Liguria e Sardegna,
deve il suo nome ad una forma dialettale
che, se associato a persona o cosa, significa
originale, ribelle, scontrosa. Nelle prime
citazioni, risalenti al diciannovesimo
secolo, è indicato coi nomi di Bianchetta o
Nebbiolo Bianco.
Alla vista presenta un colore paglierino, più
o meno intenso, con riflessi leggermente
ambrati. L'odore delicato, fresco ed erbaceo
si ritrova al gusto con un sapore asciutto
e gradevolmente amarognolo con note
erbacee.
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Servire
ad una temperatura
tra gli 8 e i 10 gradi.
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Desi Roccato [email protected]
1. LA CREMA
Ingredienti per 8 persone
IMPASTO:
150gr di farina
90gr di burro
2 cucchiai di zucchero
La buccia di 1 limone non trattato
1 pizzico di sale
Abbondante olio per friggere
RICETTE
CREMA PASTICCERA:
3 tuorli
50gr di zucchero
¼ l di latte intero
30gr di farina
la buccia di ½ limone non trattato
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PER LA FINITURA:
30gr di ciliegine candite
Versare il latte in una casseruola, aggiungere la
buccia grattugiata di un limone, accuratamente
lavata ed asciugata, e portare ad ebollizione.
Mettere in una terrina i tuorli con lo zucchero,
mescolarli con un cucchiaio di legno, amalgamarli
bene, quindi aggiungere, poco alla volta, la farina,
poi versarvi a filo, attraverso un passino, il latte
bollente, sempre mescolando per evitare che
si formino grumi. Versare il composto in una
casseruola, portare ad ebollizione sulla fiamma
moderata continuando a mescolare, poi abbassare
la fiamma, coprire con un coperchio e continuare
la cottura per 7-8 minuti mescolando di tanto in
tanto.
2. L’IMPASTO
Versare in una casseruola ¼ di litro d’acqua
e aggiungere 70gr di burro e il sale. Portare il
composto ad ebollizione e versate subito tutta
la farina. Togliere la casseruola dal fuoco e
mescolare energicamente il composto con un
cucchiaio di legno. Porre di nuovo la casseruola
sul fuoco e continuare la cottura mescolando con
il cucchiaio di legno fino a quando l’impasto non
si staccherà dalle pareti e dal fondo, formando una
palla. Togliere dal fuco e incorporare lo zucchero.
Lasciare intiepidire, aggiungere la buccia di limone
grattugiata e, uno alla volta, le uova, amalgamando
3. RIEMPIRE LE ZEPPOLE
Far friggere le zeppole, poco per volta, in
abbondante olio caldo (la carta si staccherà da sola
e si dovrà togliere subito), fino a quando avranno
assunto un bel colore dorato (20 minuti). Scolarle
e adagiarle su un foglio di carta assorbente da
cucina. Trasferire la crema pasticcera in una
tasca da pasticceria con bocchetta dentellata e
distribuitene un mucchietto su ogni zeppola.
Adagiare sopra la crema una ciliegina candita
divisa in 4.
Vino di prelibata qualità, dolce- amaro, ricco di
alcool, gustosissimo.
Ottenuto da uve passite e poi torchiate nella
settimana di Pasqua è detto anche VIN SANTO.
I grappoli colti maturi,ma non troppo, vengono
appesi, uno ad uno, a delle cordicelle o stesi su
graticci in ambienti asciutti e ben arieggiati,
avendo cura di togliere gli acini rotti o intaccati
dalla muffa .una volta torchiato, il mosto
ottenuto,viene lasciato decantare per eliminare,
grossolanamente, le parti solide, dopodiché
viene fatto fermentare lentamente in botticelle
di rovere e acacia. Il 2 Agosto, festa degli uomini,
c’è l’ ASSAGGIO DEL NUOVO TORCHIATO,
destinato ad un ultimo passaggio in botte, dove
rimarrà fino alla primavera successiva quando
verrà imbottigliato.
TORCHIATO DI FREGONA
Colore:dorato carico
Sapore: sentori di miele d’acacia o
tiglio, frutta secca e note di vaniglia;
al gusto si ritrova un perfetto
equilibrio tra la componente
alcolica, quella acida e quella
zuccherina ottenendo quell’effetto
“dolce con retrogusto amarognolo”
che è il suo principale elemento
distintivo.
Servito ad una temperatura di 10-12
gradi.
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perfettamente gli ingredienti. Imburrare alcuni
fogli di carta vegetale e tagliarli in tanti quadrati
di 7-8 cm di lato. Versare il composto in una tasca
da pasticceria con bocchetta liscia e formare, su
ogni quadrato, un dischetto di pasta del diametro
di circa 4-5 cm e dello spessore di circa ½ cm.
Adagiare sul bordo di ogni dischetto un anello di
pasta in modo da ottenere tante scodelline.
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Silvia Guatterini, Crema
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Giovanna Mariani, Crema
Sul prossimo numero
troverete anche…
STORIE DI VITA VISSUTA/CITTA’
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parole di chi ci ha vissuto per un anno intero
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INTERVISTA A GRANT BENSON