“L’AUTOSTIMA DEI NOSTRI FIGLI”
Il ruolo della famiglia e della scuola
nello sviluppo della sicurezza dei ragazzi.
Centro AP - Psicologia e Psicosomatica
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L’importanza dell’autostima è stata da più parti ribadita, soprattutto da coloro che
con i bambini ci lavorano. E’ infatti difficile stare a stretto contatto con i bambini e non
preoccuparsi dei loro sentimenti riguardo a se stessi.
Oggi, più che in passato, il concetto di autostima è sotto le luci della ribalta tanto
che si possono trovare numerose pubblicazioni per genitori, insegnanti terapeuti e per gli
stessi bambini. Le scuole stanno iniziando ad insegnare ai bambini a essere consapevoli
delle qualità che possiedono attraverso specifici curricoli scolastici per migliorare
l’immagine di sé di ciascun bambino.
E’ però facile fare confusione quando si pensa all’autostima dei bambini; spesso
manca chiarezza perché “autostima” e “concetto di sé” sono spesso usati in modo
interscambiabile. Anche il legame tra causa ed effetto, come sottolineato da A. Pope, è
molto difficile da capire: è una bassa autostima che causa problemi o sono i problemi che
contribuiscono a far vacillare il senso del proprio valore personale? Ma la domanda
cruciale è Cosa si può fare per aiutare i bambini con bassa autostima?
Cercheremo in questo e - book, rivolto ai
genitori, di capire come rispondere a questa
domanda, e più in generale, come aiutare i
propri figli a sviluppare una sana autostima.
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Che cos’è l’autostima?
L’autostima va prima di tutto differenziata dal concetto di sé.
CONCETTO DI SE’
=
AUTOSTIMA
E’ la costellazione di elementi a
cui una persona fa riferimento
per descrivere se stessa. Es: un
bambino può vedersi come un
calciatore, come l’amico di …,
come uno studente, etc.
E’ una valutazione circa le
informazioni
contenute
nel
concetto di Sé, e deriva dai
sentimenti del bambino nei
confronti di se stesso in senso
globale.
Quindi l’autostima di un individuo è basata sulla combinazione di:
1) Informazioni oggettive riguardanti se stesso
2) Valutazione soggettiva di quelle informazioni.
SE’ PERCEPITO = Concetto di Sé: Una visione
oggettiva di quelle abilità, caratteristiche
AUTOSTIMA
e qualità che sono presenti o assenti.
SE’ IDEALE: E’ l’immagine della persona che ci
piacerebbe essere, il desiderio convinto
di possedere determinate qualità.
E’ la discrepanza tra Sé Percepito e Sé Ideale che crea problemi di Autostima.
Per
esempio,
un
bambino che dà valore al
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successo scolastico (Sé Ideale) ed è un bravo studente (Sé Percepito) sarà soddisfatto di
se stesso. Al contrario un bambino il cui Sé Ideale consiste in una grande popolarità tra i
compagni, ma nella realtà ha pochissimi amici, soffrirà di bassa autostima.
Ma cosa si intende con “alta” e “bassa” autostima?
Un’alta autostima viene considerata una visione “sana” di sé, avere carenze e difetti
ma non essere ipercritici nel considerarli. Se un individuo è in gran parte soddisfatto di sé,
non implica che non voglia in alcun modo essere differente, anzi una persona che ha
fiducia in sé spesso lavora per migliorare le sue debolezze, e tuttavia si concede talvolta di
non riuscire a raggiungere tali miglioramenti.
Una persona con bassa autostima
è essenzialmente una persona convinta
che ci sia poco in lei di cui andare fieri.
Ci sono persone con bassa autostima
che
di
frequente
esibiscono
un
atteggiamento artificioso di fiducia in se
stessi, per dimostrare a sé e agli altri di
essere “all’altezza”.
Altre persone si ritirano in se stesse, timorose del contatto con gli altro poiché
convinte che alla fine saranno rifiutate.
Una bassa autostima può incidere negativamente solo su alcune parti del Sé. Il concetto di
Sé, e quindi di autostima, sono articolati in vari elementi correlate con gli aspetti della vita
che sono importanti per noi.
Per
esempio
un
bambino
che
esprime
valutazioni di sé nell’area
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sportiva, di partecipazione al gruppo e della riuscita scolastica, avrà un’autostima globale
che dipenderà dall’importanza che attribuirà a ciascuna componente: ovvero se attribuisce
valore alle aree in cui è bravo, la sua autostima globale sarà positiva, mentre una
svalutazione di quelle stesse aree darà come risultato dei sentimenti negativi del sé nel
suo complesso.
Alcuni bambini non apprezzano alcuna delle loro buone qualità, concentrandosi su
tutte quelle cose che non sanno fare bene. Questi bambini, ovviamente, avranno maggiori
difficoltà con la propria autostima globale, rispetto a quelli che tengono nella giusta
considerazione i propri punti di forza.
Ogni persona da un valore differente alle cose che la riguardano. I bambini però
tendono ad essere piuttosto simili tra loro rispetto alle caratteristiche a cui danno valore.
Questo perché, generalmente, la loro struttura di vita è simile (andare a scuola, fare i
compiti, stare in famiglia etc.)
Per questo è possibile considerare l’autostima dei bambini in quattro ambiti
specifici:
SCOLASTICA
SOCIALE
AUTOSTIMA
GLOBALE
CORPOREA
FAMILIARE
I quattro principali ambiti dell’autostima dei ragazzi:
1. AMBITO SOCIALE (INTERPERSONALE): include i sentimenti del
bambino
stesso
riguardo
come
a
se
amico di altri.
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2. AMBITO SCOLASTICO: riguarda il valore che il bambino attribuisce a se
stesso come studente. Non è semplicemente la valutazione delle capacità e dei
successi scolastici, è invece la misura in cui il bambino percepisce che è “bravo
quanto basta”. Se riesce a raggiungere i suoi standard di successo scolastico (e
naturalmente questi standard sono modellati dalla famiglia, dai compagni e dagli
insegnanti), allora la sua autostima scolastica sarà positiva.
3. AUTOSTIMA FAMILIARE: riflette i vissuti che il bambino prova come
membro della famiglia. Se il ragazzo sente di essere apprezzato della sua
famiglia, che dà il suo contributo e che si sente certo dell’amore e del rispetto
dei genitori e dei fratelli, avrà un’autostima molto positiva in quest’ambito.
4. AUTOSTIMA CORPOREA: è una combinazione dell’aspetto fisico e di
capacità. Essa consiste nella soddisfazione che il bambino prova rispetto al
modo in cui il suo corpo appare e alle prestazioni che riesce ad eseguire.
5. AUTOSTIMA GLOBALE: è un apprezzamento più generale del sé e si basa
sull’autovalutazione integrata di tutte le componenti della propria personalità.
Se vogliamo modificare l’autostima di una persona abbiamo diversi approcci:
1. Possiamo focalizzarci su un particolare ambito problematico (diventare più
ragionevoli).
2. Aiutare a cambiare il suo Sé Percepito, affinché possa vedersi sotto una luce
migliore.
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3. Possiamo insegnare al bambino quelle abilità che migliorerebbero la sua
performance in un particolare ambito.
L’approccio con ogni bambino varierà secondo i suoi bisogni, ma gli aspetti fin qui
considerati costituiscono in genere i punti cruciali su cui indirizzare il proprio intervento.
LE INFLUENZE DELLA FAMIGLIA – L’autostima Scolastica.
L’effetto dell’interesse dei genitori e le loro aspettative sul rendimento del figlio sono
documentate da numerose ricerche. L’interesse e le aspettative dei genitori fondano la
convinzione dei figli di possedere competenze necessarie per lo svolgimento delle attività
scolastiche.
Il coinvolgimento dei genitori nell’apprendimento dei figli contribuisce anche
all’attribuzione causale del successo e dell’insuccesso dei figli stessi.
Maggiori le
Il bambino attribuisce
aspettative dei genitori
il successo/insuccesso
sulle capacità del figlio
a cause interne
(quindi le può gestire)
L’attribuzione di causalità e la conseguente stima di sé contribuiscono alla formazione di
una motivazione intrinseca all’apprendimento e ridurranno la motivazione del soggetto ad
un apprendimento superficiale.
Le posizioni dei genitori verso l’apprendimento dei figli
Benché lo studente sia responsabile in prima istanza del proprio apprendimento,
anche la famiglia ha un ruolo importante da svolgere.
I genitori possono assumere due posizioni estreme riguardo l’apprendimento del
figlio e nello svolgimento
dei compiti o dei lavori
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richiesti dagli insegnanti:
A. CONTROLLO COSTANTE
B. COMPLETO DISIMPEGNO
Tra
questi
due
estremi
si
situa
l’apprendimento
autoregolato.
Dati di ricerca (Flouris, Spiridakis, Campbell 1994) i genitori che esercitavano una
minore pressione sui figli perché studiassero, che offrivano meno aiuto diretto sia nello
studio sia nel fare i compiti e che lasciavano loro la facoltà di disporre del tempo di studio
hanno ottenuto migliori risultati scolastici dei genitori che controllavano e sorvegliavano
eccessivamente i figli nello studio, come pure di quelli che li lasciavano a se stessi nello
svolgimento dei loro doveri scolastici.
Cosa fare per migliorare l’Autostima Sociale? – Il Problem Solving
interpersonale.
Anche i bambini si trovano tutti i giorni di fronte dei problemi; li può ferire la
derisione dei compagni, sono sopraffatti dall’ansia prima di un’interrogazione, provano
l’angoscia
del
rifiuto
e
sono esclusi dal gioco etc
dell’abbandono
Spesso
ci
sono
quando
adulti
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pronti ad aiutarli, ma i bambini possono risolvere molti dei loro problemi senza l’aiuto
costante di un adulto. Basta insegnare loro i passi di un problem solving efficace.
I bambini cui è stato insegnato il Problem solving tendono a fronteggiare con
maggior efficacia lo stress e le frustrazioni. L’essere competenti in fatto di problem solving
sembra abbia anche un impatto positivo sul rendimento scolastico. A un livello più
generale sembrerebbe che la capacità di risolvere problemi autonomamente costituisce di
per sé una fonte di orgoglio e di autostima positiva per un bambino.
Nel Problem
- solving sono
coinvolte componenti
emotive,
cognitive
e
comportamentali. Le emozioni costituiscono il primo indizio che un problema esiste e deve
essere risolto. Le cognizioni vengono utilizzate per identificare il problema, per la messa a
punto di strategie concernenti le possibili soluzioni e nella scelta della “soluzione migliore”.
Le abilità comportamentali sono poi indispensabili per portare a termine quanto
programmato.
I passi del Problem-solving:
1. Rendersi conto che c’è un problema, individuando gli stati emotivi correlati.
2. Fermarsi a pensare. Stabilire qual è
il problema.
3. Decidere un obiettivo (quel che si
desidera avvenga).
4. Pensare a molte soluzioni possibili.
5.
Pensare
alle
conseguenze
di
ciascuna soluzione.
6. Scegliere la soluzione migliore.
7. Fare un piano graduale per attuare la soluzione.
Inizialmente l’adulto accompagnerà il bambino nelle 7 tappe del problem - solving,
aiutandolo a comprendere ogni singola fase, stimolandolo con domande aperte,
nell’identificazione del problema, nella presa di coscienza delle emozioni in gioco,
individuare le possibili alternative valutandone poi l’attuabilità.
Questo tipo di strategia
potrà poi essere utilizzata,
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in modo autonomo dal bambino, in ogni situazione critica relazionale, scolastica etc.
Nel caso il bambino abbia difficoltà a memorizzare i 7
passi del problem solving a causa dell’incapacità di
ricordare e manipolare un materiale troppo complesso, il
processo può essere semplificato in quattro passi:
1. Qual è il problema?
2. Quali sono le soluzioni?
3. Che cosa succede se provo questa soluzione?
4. Qual è la soluzione migliore?
Gli Stili di attribuzione: come modificarli e perché.
Quando sperimentiamo un successo o un insuccesso, noi misuriamo la nostra
performance in base ad uno standard interiore. Talvolta questi standard sono espliciti: per
esempio prendere tutti 10 nella pagella, altri possono essere meno chiari e di cui non
siamo pienamente consapevoli. Quando avviene ciò, si rischia di sentirsi a disagio senza
sapere perché.
E’ chiaro quindi che il modo in cui fissiamo gli standard per il nostro comportamento e
l’interpretazione che diamo del risultato avrà un impatto diretto sull’autostima.
Un’attribuzione è un processo cognitivo mediante il quale si cerca di spiegare un
evento collegandolo a una causa. Questa influisce molto sul modo in cui ci sentiamo e,
conseguentemente, sul nostro agire.
Le dimensioni principali di un’attribuzione sono:
“SITUAZIONALE”
Globale: “Ho sbagliato la
prova perché alle prove
vado
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sempre male”
Specifica: “Ho avuto un cattivo risultato perché in
matematica vado sempre male”
“TEMPO”
Stabile: “ Nella mia vita non sono mai riuscito in una
prova di matematica”
Instabile: “Ho sbagliato la prova perché oggi non mi
sentivo molto bene”
“LOCUS OF CONTROL”
Interno: “ Ho sbagliato la prova di matematica, perché
la matematica non riesco proprio a capirla”
Esterno: “ Ho sbagliato la prova di matematica perché
il compito era troppo difficile”.
Per aiutare il bambino a modificare i suoi stili di attribuzione e quindi gli standard che si
prefigge questi sono i passi da seguire:
A. Pensa ad un’area in cui ti capita di fare esperienza di successi e fallimenti.
B. Fai delle affermazioni concrete ed esplicite su ciò che per te equivale a un successo
e ciò che equivale ad un fallimento. C’è tra questi due estremi un livello di
prestazione, un “campo intermedio”, che corrisponde né ad un successo né ad un
fallimento?
C. Con quale frequenza le tue prestazioni possono definirsi successi? Fallimenti?
Campi intermedi? Quali sono i tuoi stati d’animo ogni volte che le tue prove sono
comprese in ciascuna d queste categorie?
D. Rifletti se senti troppo spesso di aver fallito. Se non è così, i tuoi standard sono
probabilmente appropriati, in caso contrario passa al punto successivo.
E. Pensa ai possibili modi di modificare i tuoi standard, puoi abbassare il tuo standard
di successo, così da sentirti bene più spesso, o abbassare quello del fallimento,
così da sperimentare con più frequenza la zona intermedia.
F. Esamina le attribuzioni e le autoaffermazioni che usi dopo le prestazioni, sia che
rientrino nei successi, negli insuccessi o nei capi intermedi. Sarebbe opportuno che
i
tuoi
pensieri
ti
aiutassero a sentirti
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bene col successo, in modo neutro quando la prestazione ricade nel campo
intermedio e deluso (ma non distrutto) se si è verificato un fallimento.
L’immagine corporea
E’ provato che le idee su noi stessi si basano sul nostro Sé fisico che comprende
sia l’aspetto corporeo sia le nostre abilità fisiche. Così il
rapporto tra concetto corporeo e autostima muta in maniera
significativa nei vari stadi di sviluppo. Uno dei primi compiti
che i bambini devono affrontare è quello di apprendere a
riconoscere se stessi, a distinguere le proprie abilità motorie,
e le relative conseguenze, dal mondo che li circonda. Si
tratta di acquisire il controllo sul proprio corpo così da
sentirsi in grado di guidare le proprie attività. Giunti alla
fanciullezza i bambini hanno acquisito queste capacità e
continuano, durante gli anni scolastici, a sviluppare e rifinire le proprie abilità motorie. Per
questo l’immagine che i bambini piccoli hanno del loro Sé fisico tende a basarsi sulle
attività e capacità fisiche. Ma via via che si avvicinano all’adolescenza la loro immagine
corporea si connette sempre più al loro aspetto esteriore e alle convinzioni che nutrono sul
proprio aspetto fisico. Certo i mutamenti evolutivi della pubertà non rivestono la stessa
importanza per maschi e femmine; le ragazze danno maggior importanza alle proprie
attrattive fisiche nel concetto di sé, mentre i maschi basano maggiormente il concetto di sé
su quello di autoefficacia.
In generale si può affermare che l’immagine corporea dei ragazzi appare centrale
rispetto a come vedono se stessi, come vengono trattati dagli altri e come entrano in
relazione con gli altri, per questo è opportuno sollecitarli ad ottimizzare il proprio aspetto
fisico attraverso la scelta degli abiti, l’igiene, l’esercizio fisico. Però è ancora più importante
quel che i preadolescenti e gli adolescenti pensano del proprio corpo. Studi clinici
suggeriscono che alcuni ragazzi si formano un’immagine distorta di sé e possono giungere
a vedersi in termini molto più negativi di come li vedono gli altri.
Per aiutare i ragazzi
i
propri
cambiamenti
ad affrontare serenamente
corporei
dobbiamo
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considerare:
1) L’aspetto reale del bambino.
2) Gli standard del bambino rispetto a come vorrebbe apparire.
Alla base di problemi riguardanti la sfera fisica, ci potrebbe essere una mancata
consapevolezza di quale siano gli standard che la maggior parte dei ragazzi considera
accettabili, oppure non aver consapevolezza di come raggiungere questi standard.
Quindi una prima serie di strategie educative potrebbero da un lato aiutare i ragazzi
a essere consapevole degli standard altrui e dall’altro fargli conoscere i mezzi con cui
diventare più attraenti.
Altra strategia utile è la rifocalizzazione ovvero aiutare i ragazzi a concentrarsi sugli
aspetti positivi del proprio corpo (sorriso gradevole, corpo armonioso) piuttosto che su
quello che non va (naso troppo grande) che lo fa sentire a disagio.
Ovviamente quanto fin qui detto fa riferimento alla sfera dell’autostima, ma vista
l’alta incidenza di disturbi alimentari tra i giovani e i giovanissimi ci teniamo a precisare che
nonostante la questione dell’autostima possa essere nodale per questi problemi, i disturbi
alimentari non possono ridursi a problemi di autostima ma costituiscono una forma
particolare e generalmente acuta di difficoltà di adattamento, di cui questo e-book non si
può occupare.
Un’altra area che riveste un ruolo importante nel rapporto tra immagine corporea e
autostima è quella della qualità della performance nelle attività fisiche.
Come per le attrattive fisiche anche qui ci sono delle strategie che possono essere
impiegate per migliorare la percezione che i ragazzi hanno di se stessi nell’area della
performance fisica e dell’immagine corporea. Esse includono sia un training specifico
(esempio lezioni per un dato sport) sia modificando gli standard di “successo” che un
ragazzo si è costruito. Un’ottima strategia è quella di insegnare ai giovani l’importanza di
combinare i propri punti di forza con i propri interessi; un ragazzo basso ed esile non può
aspirare
a
fare
pallacanestro o football ma
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può essere indirizzato verso il tennis o la ginnastica.
Conclusioni
Quanto fin qui esposto, vuole essere un piccolo trattato per sollecitare riflessioni atte ad
aiutare i genitori a considerare l’autostima dei propri figli come un importante elemento,
pur ricollocandolo nella giusta dimensione della crescita globale dell’essere umano, oltre
che fornire strategie basic per aiutare i ragazzi a sviluppare e/o rafforzare la loro
autostima.
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