RESEZIONE “EN BLOC” E RICOSTRUZIONE DELLA PARETE TORACICA IN
UN CANE AFFETTO DA OSTEOSARCOMA OSTEOBLASTICO COSTALE
Autore: Valentini FDELR
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Introduzione
I tumori di derivazione costale di grandi dimensioni prevedono la rimozione “en bloc” e successiva
ricostruzione della parete toracica. Nel cane gli istotipi più rappresentativi sono l’osteosarcoma ed il
condrosarcoma. Si tratta di interventi demolitivi e ricostruttivi molto delicati con periodi postoperatori non scevri da complicazioni. La rimozione prevede l’asportazione di cute, sottocute,
muscoli e coste della porzione colpita dalla neoplasia e di solito è indicato comprendere anche la
costa, in corrispondenza del tessuto sano, che precede e che segue il tumore. La ricostruzione,
invece, prevede spesso l’avanzamento del diaframma, la ricostruzione della parete più interna a
mezzo di una maglia in polipropilene e di quella più esterna a mezzo di lembi di avanzamento.
Caso clinico
Caramella, cane pit bull femmina di sette anni viene riferita per una voluminosa massa costale, delle
dimensioni di un melone, di consistenza dura, non mobile ed adesa ai tessuti sottostanti. L’animale
viene visitato e, a parte la lesione ed un lieve calo ponderale denunziato dai proprietari, alla visita
clinica non vengono messe in evidenza alterazioni significative. Viene eseguita una biopsia ad ago
sottile che mette in differenziale due diagnosi citologiche: neoplasia di natura mesenchimale
maligna di origine ossea (osteosarcoma) o cartilaginea 1(condrosarcoma). Viene fatto un pannello
ematologico completo, radiografie toraciche, ecografia addominale, proposto esame TAC ma
declinato dai proprietari. Non viene eseguita biopsia incisionale e si decide di operare il cane sulla
base della sola diagnosi citologica.
Durante l’intervento vengono asportate cinque coste al fine di ottenere una resezione “en bloc” della
massa che si presenta, all’interno, di dimensioni circa doppie rispetto a quelle esterne; si rende
necessario far avanzare il 2diaframma rispetto al suo attacco naturale, si ricostruisce parte della
gabbia toracica a mezzo di maglia in polipropilene mentre la parete esterna viene ricostruita tramite
lembi di avanzamento muscolari e cutanei. Non viene utilizzato l’omento per coprire il difetto.
La massa viene spedita per la diagnosi istologica. Dopo alcuni giorni di ricovero in terapia intensiva
il cane viene dimesso. Al primo controllo si evidenzia un imbrunimento di parte del lembo che nel
tempo peggiora fino a mummificarsi; si asporta la porzione di lembo che non ha attecchito e si
gestisce il difetto inducendo una guarigione per seconda intenzione. Si ottiene una buona
granulazione e giorno dopo giorno il difetto diventa sempre più piccolo.
L’esito dell’istologico è di osteosarcoma osteoblastico e si valuta, insieme al proprietario, la
possibilità di chemioterapia adiuvante a base di 3carboplatino.
A un mese e mezzo dall’intervento il difetto è quasi completamente risolto ma a questo punto il
cane ha iniziato a manifestare zoppia sull’arto posteriore ipsilaterale alla massa primaria. Dopo una
settimana l’animale sottrae completamente l’arto all’appoggio e si evidenzia la presenza di una
tumefazione dura, non mobile in corrispondenza del fianco e della coscia.
Si esegue una nuova biopsia ad ago sottile con esito citologico sovrapponibile al primo.
Si decide per l’eutanasia.
Discussione
L’escissione “en bloc” rappresenta il trattamento elettivo per le neoplasie maligne primarie di
natura mesenchimale che colpiscono la parete toracica. Tra i fattori più importanti che influenzano
la prognosi vi sono sicuramente il volume del tumore, strettamente correlato alla possibilità o meno
di ottenere 4margini e la tipologia 5istologica laddove gli 6osteosarcomi sono associati a prognosi
peggiore rispetto a condrosarcomi o fibrosarcomi. Il caso presentato mette in luce alcune omissioni
che hanno contribuito ad ottenere un tempo di sopravvivenza molto ridotto (1,5 mesi); tra queste,
quella di non aver ottenuto una diagnosi istologica pre-chirurgica e di non aver pianificato
l’intervento sulla base di immagini TAC eventualmente rielaborate in 3D con software appropriati.
Per quanto riguarda le complicazioni post-operatorie, la necessità di gestire la porzione di ferita
laddove il lembo di avanzamento non aveva attecchito ha ritardato l’inizio della chemioterapia la
quale, avrebbe ancor di più influito negativamente sul tessuto di granulazione e sui processi di
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guarigione della ferita. L’alto tasso metastatico e di recidiva locale di questo istotipo tumorale, ha
poi contribuito a peggiorare la situazione.
Conclusioni
Quando si affrontano lesioni di questo tipo la decisione di intervenire chirurgicamente o meno può
realmente influire sui tempi di sopravvivenza e sulla qualità di vita dell’animale sia in senso
positivo che negativo. La piena conoscenza dell’istotipo neoplastico e quindi del suo
comportamento biologico e della reale estensione spaziale di esso rappresentano i cardini,
ovviamente insieme al completamento della stadiazione, di questo delicato processo decisionale.
La chirurgia non deve mai prevaricare ma rispettare la biologia.
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