Anno XVII numero 62
Citycar
il ritorno
Supplemento al numero odierno de “La Repubblica” Spedizione in abbonamento postale, art.1, legge 46/04 del 27 febbraio 2004 Roma
Auto
A cura di Claudio Nobis
Auto
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
●
3
Tutti insieme contro la crisi
ma che anno sarà questo?
4
13
La battaglia
delle city car
MARCO PANARA
Cinquant’anni
di Bianchina
CARLO CAVICCHI
15
L’exploit
dei crossover
21
24
Quei Suv
così di moda
NASCIMBENE, POMPETTI
TOMMASI
CAVICCHI, VIOLI
I padroni
del lusso
MONACO, NASCIMBENE
GIUSEPPE TURANI
delle auto non tira
Ilia,eL vaMERCATO
in qualche paese, come l’Itagiù anche con una certa decisione. La cattiva notizia che si
può dare è che non sono previste
riprese, almeno nel breve e medio periodo. Dall’ultimo rapporto di Global Insight sul mercato
delle auto si apprende che in Europa nel 2001 si sono vendute poco meno di 14 milioni e mezzo di
automobili e che altrettanto se ne
venderanno nel 2010. Il mercato,
insomma, è bloccato, fermo. E
segue, nel breve periodo, le oscillazioni dovute alla congiuntura:
quindi un anno si vendono 200
mila macchine in meno e l’anno
dopo 100 mila in più, ma la sostanza non cambia.
Se dall’Europa del mercato comune passiamo a quella a 26 (allargata) le cose non cambiano di
molto. Nel 2001 qui si sono vendute un po’ meno di 16 milioni di
vetture e altrettante se ne venderanno nel 2010. Quindi non c’è
nemmeno l’ipotesi che il mercato dell’Est esploda, assorbendo la
sovracapacità produttiva che c’è
in Europa.
In sostanza, il mercato è quello
che è e con quello bisogna arrangiarsi. Come reagiscono allora le
case automobilistiche? Male, nel
complesso. Cerchiamo di capire
perché. In realtà il mercato delle
auto è diviso. Per le macchine co-
stose, destinate a un pubblico
dotato di grossi mezzi, la crisi
quasi non esiste. Questo mercato
va e tira come prima. E questo
spiega, ad esempio, perché alcune case automobilistiche (molto
forti in questo segmento) presentano buoni bilanci e buoni tassi di
crescita, nonostante tutto.
Poi c’è il mercato delle automobili intermedie, quelle destinate appunto al ragionier Rossi. E
qui c’è crisi. Come del resto è abbastanza comprensibile. Nei
momenti difficili è proprio questa categoria di persone la prima
a rinviare di qualche anno il cambio della macchina. D’altra parte,
sono le stesse case automobilistiche che (a causa della concorrenza) offrono a queste persone la
possibilità di rinviare (e di molto)
l’acquisto di una nuova vettura.
Ormai sul mercato ci sono auto
offerte con anche cinque anni di
garanzia: e quindi uno può tenere la sua macchina due-tre anni,
ma anche cinque senza avere
molti problemi.
Allora come si stanno comportando le case? Intanto, vanno alla
ricerca di quello che sembra essere l’ultimo mercato rimasto, e
cioè di quelli che l’auto non ce
l’hanno (perché troppo poco ricchi). E’ una caccia disperata. Sul
mercato si vedono offerte di vetture a meno di otto mila euro, pagabili anche in 80 rate. Questo significa andare proprio a raschiare il fondo del barile e andare in
cerca di guai. È evidente, infatti,
che una certa quota di questi
nuovi clienti non arriverà a pagare le rate fino in fondo, si perderà
per strada prima.
Per quanto riguarda invece il
grosso della clientela (quella me-
dia), anche qui la strategia che si
sta seguendo è abbastanza rovinosa. Da un lato si “inventano”
ogni giorno nuove vetture city,
crossover, suv, ecc. nel tentativo
di convincere la gente a cambiare. Ma tutto ciò costa e molto e,
comunque, alla fine sempre
quelle vetture si vendono.
La realtà imporrebbe alle case
di prendere atto che il mercato ha
smesso di crescere e che è sempre
pronto ad arretrare e anche del
fatto che c’è troppa capacità produttiva. L’unica strategia vera
sembra essere quella di un ridimensionamento degli impianti e
dell’avvio di un nuovo ciclo più
sobrio. Invece, poiché nessuno
vuole fare passi indietro, si fanno
macchine sempre più assurde.
Per cui si cerca di dare per dieci
mila euro delle macchine con
dentro optional che una volta
stavano solo sulle berline di gran
lusso. Alla fine qualcosa si vende,
ma quello che mancano sono i
margini. In un certo senso, quello dell’auto, è un mercato malato,
ma nel quale nessuno degli ammalati vuole curarsi, nessuno
vuole ridimensionarsi. E allora si
va avanti così, alla caccia di quelli che non hanno mai avuto una
vettura e alla caccia del ragionier
Rossi con vetture che in molti casi vengono vendute in perdita.
Tutto questo, come è ovvio,
non potrà proseguire all’infinito
e quindi prima o poi ci dovrà essere una crisi. E sarà una crisi
profonda. D’altra parte, quando
si vede che giganti come la General Motors cominciano a vacillare e che altri stanno in crisi per anni si capisce che nel mondo dell’auto si sta poco a poco creando
una situazione insostenibile. In
parole più semplici, dietro le lamiere luccicanti, dietro le continue invenzioni, dietro le luci dei
saloni, si sta preparando l’inevitabile ridimensionamento di un
settore che, purtroppo, non ha
davanti a sé alcun boom capace
di riassorbire l’attuale crisi.
Auto
A cura di Claudio Nobis
vice capo redattore Valerio Berruti
grafica e impaginazione di Ugo Alessandrini disegni di Paolo Samarelli
Supplemento al numero odierno de “La Repubblica”
Direttore responsabile Ezio Mauro
Gruppo editoriale L’Espresso Spa Divisione La Repubblica, via C.Colombo 149 - 00147 Roma
Tipografia: Rotocolor Spa via C.Colombo 90 - 00147 Roma, Stampa: Rotocolor Spa
via Casale Cavallari 186/192 Roma, Reg. Tribunale di Roma n° 16064 del 13/10/1975
Pubblicità: A Manzoni & C. Spa via Nervesa 21 Milano tel 02 57494801
27
Le più belle
supercar
31
35
Il Salone
di Barcellona
41
44
46
Moto, il tempo
delle “nude”
CAVICCHI, PELLEGRINI
NASCIMBENE, PELLEGRINI
Dossier
Euro 4
COEN, ORECCHINI
COEN, MONACO
Scooter
i nuovi maxi
CALVO, RIGO
L’ultima
Batmobile
ENRICO FRANCESCHINI
4
PRIMO●PIANO
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
2005
Auto
Tante utilitarie in arrivo, il ciclone
“low cost” da Cina e India
ecco come sta cambiando il mercato
PRIMO●PIANO
Auto
&
oggi ieri
Negli Anni Cinquanta c’era la 500
quattro posti in meno di tre metri
così sono cambiati costi e prestazioni
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
5
1957
FIAT 500
PEUGEOT 107
Pininfarina
Le nuove piccole
più sicure
e tecnologiche
NGEGNER PininfariIvolina,
con le porte scorrela Peugeot 1007 ha
proposto una soluzione
inedita. Sarà la nuova
frontiera per le
citycar?
«Più che di
frontiera, parlerei di una
nuova nicchia.
Fra le monovolume da città
mancava una
vettura dotata
di porte scorrevoli elettriche,
Andrea
che offrono
Pininfarina
un’accessibilità inedita e
una maggiore facilità di
parcheggio in spazi angusti. Ma non credo che troveranno grande diffusione nelle vetture di segmento A/B».
Le norme sulla sicurezza hanno tolto centimetri importanti allo
spazio utile. Qual è il limite di ingombro, per offrire quattro posti?
«Non credo si possa
scendere sotto i 3,3-3,5
metri di lunghezza. Se
parliamo di due posti, invece, con la Nido, possiamo garantire, in soli 289
cm, una confortevole abitabilità, e soprattutto una
sicurezza di gran lunga
superiore ad altre vetture
di dimensioni analoghe».
Dov’è il segreto?
«La Nido si basa su un
concetto innovativo: in
caso di urto frontale, infatti, l’energia sviluppata
determina il movimento
della slitta che ospita i
passeggeri nella direzione dell’urto, permettendo una decelerazione
graduale e controllata».
(m.n.)
341cm
LA LUNGHEZZA
Oggi le più piccole
fra le citycar a quattro
posti misurano poco
meno di 3 metri e
mezzo. Anche a
causa delle zone di
assorbimento d’urto
68Cv
LA POTENZA
Oggi si ottengono quasi
70 Cv da motori inferiori
al litro di cilindrata, come
il tre cilindri sviluppato
dalla Toyota per la citycar
prodotta in comune con
Peugeot e Citroen
820kg
IL PESO
Complici gli
irrobustimenti legati
alle strutture di
protezione, oggi è
pressoché impossibile
portare il peso al di
sotto degli 800 kg
9mila €
IL PREZZO
Sono pochi i modelli
di prezzo inferiore
ai 9 mila euro oggi
disponibili sul mercato
anche per via di un
equipaggiamento
molto più ricco
La battaglia delle citycar
MARCO PANARA
L NUOVO ciclone si chiama
Ire“low
cost” e rischia di cambiaancora una volta le carte sulla tavola già assai disordinata
dell’industria mondiale dell’auto. Il ciclone arriva da oriente, ma questa volta la prima
mossa l’ha fatta un produttore
europeo, la Renault, puntando
sugli stabilimenti della rumena
Dacia per costruire una vettura
a basso costo su misura per i
mercati in crescita dell’est europeo. E nata così la Logan, l’auto da 5 mila euro. Tra qualche
tempo la Logan arriverà anche
sui mercati ricchi dell’Europa
occidentale e c’è da scommettere che non faticherà a ricavarsi il suo spazio.
Ma la Logan è solo l’inizio.
Perché dalla Cina sta per arrivare in Europa la Happy Emissary,
una utilitaria da 4 mila euro, costruita dalla Faw, e in attesa di
omologazione a cura della DR
Automobiles Group di Macchia
d’Isernia, nel Molise. Mentre in
India il gruppo Tata, che ha una
storia di cent’anni e già produce auto per il mercato nazionale, sta provando a costruire una
utilitaria da 1.600 euro. Per il
suo mercato interno e per quello dei paesi in via di sviluppo,
ma anche per l’Europa.
Quello che si annuncia è un
fenomeno importante, che incrocia bisogni nuovi e complessi. C’è un aspetto economico da
non sottovalutare: l’Europa ricca, a torto o a ragione, comincia
a sentirsi meno ricca. C’è molta
psicologia collettiva in questa
sensazione, ma è l’effetto reale
di anni di bassa crescita e di una
vistosa redistribuzione del reddito. Ci sono fasce sociali che
stanno perdendo potere d’acquisto, si sta ricreando una fascia bassa di consumatori per i
quali l’occhio ai prezzi non è attenta gestione ma necessità.
Ma c’è anche dell’altro. Le
macchine sono cresciute, sono
diventate più grandi nelle dimensioni e nelle cilindrate, c’è
stata un’orgia di gadget che le
ha arricchite ma che potrebbe
aver superato l’evoluzione dei
bisogni oltre che delle possibilità. Se non di tutti almeno di
molti.
In un immenso parco macchine nel quale si fa fatica a distinguere un modello dall’altro,
l’auto ha perso almeno in parte
la sua natura di “status sym-
bol”, scoprendone per alcuni
(che però non sono tanto pochi) un’altra, quella di “giocattolo”, di oggetto da usare e anche da esibire non per mostrare
quanto si può spendere, ma per
trasferire un messaggio più
scanzonato e forse più edonista, in cui però c’è posto anche
per una nuova sobrietà, non nei
colori e negli allestimenti ma
Smart, due posti anche nel futuro
in città è una formula vincente
SMART FORTWO
QUANDO è uscita dal seminato (vedi Roadster
o Forfour) non ha trovato la formula giusta. Ma è
indubbio che la Smart, nel senso della piccola
biposto Fortwo, ha segnato una tappa fondamentale nell’evoluzione delle auto da città. Tanto da costituire l’unica certezza per il futuro della marca. La prossima generazione, che dovrebbe debuttare verso fine 2006, manterrà sostanzialmente invariata la formula attuale, anche se la carrozzeria è destinata ad allungarsi di
circa 15 cm, soprattutto in relazione alle nuove
norme sugli urti. E per contenere i costi dovrebbe riuscire a condividere il suo piccolo (e oggi
esclusivo) motore con altri modelli: all’interno
del gruppo DaimlerChrysler, ma forse anche
fuori.
nei contenuti e nei costi.
Negli ultimi lustri il mercato
si è sempre più polarizzato. C’è
stata una concentrazione dei
produttori, ma anche dell’offerta. Da una lato la fascia alta, il
lusso che va avanti solidamente per la sua strada. In mezzo la
parte più ampia ma sempre
meno profittevole delle medie,
con un’offerta che attraversa i
segmenti e si arricchisce giorno
dopo giorno di modelli in una
competizione senza quartiere
che riduce i margini dei produttori.
Da questo panorama erano
pressoché scomparse le piccole, le vere utilitarie. Ora stanno
tornando ed è su quella fascia
che si prospetta una nuova battaglia. C’è chi ha intuito e si è
“Trepiuno”, l’idea firmata Fiat
il prototipo che tutti vorrebbero
TROPPO simile alla Cinquecento per non
suscitare emozioni e ricordi, e al tempo stesso troppo attuale per non far nascere il desiderio di vederla presto in strada. Peccato
che la Trepiuno, l’originale concept di citycar presentata dalla Fiat al salone di Ginevra
dello scorso anno, al momento sia ancora
ferma allo stadio di opzione. Un progetto
possibile, insomma, ma non ancora deciso,
né tantomeno avviato: per via dell’equazione difficilmente risolvibile fra il costo industriale di una vettura del genere, e la possibilità di venderla a un prezzo accettabile.
Con l’aggravante, per il gruppo Fiat, di una
situazione finanziaria che non potrebbe
sopportare il minimo errore.
FIAT TREPIUNO
mosso per tempo. Toyota e Psa
hanno costruito uno stabilimento a Kolin, vicino Praga, annunciato nel 2002 e realizzato
con un investimento di un miliardo e mezzo di euro, dal quale hanno cominciato a uscire le
tre piccole di Toyota, di Peugeot
e di Citroen. Centomila Toyota
Aygo l’anno, altrettante Peugeot 107 e Citroen C1, con piattaforme uguali e carrozzerie
differenti, a rioccupare uno
spazio che non c’era più.
La Toyota, che in Giappone
non ha mai smesso di produrre
minicar, negli Stati Uniti aveva
già lanciato la Scion, con l’idea
di conquistare i più giovani, che
quando metteranno su famiglia passeranno alla Toyota e
quando diventeranno affermati manager o professionisti alla
Lexus.
Ma il mercato più duro e
competitivo resta l’Europa, dove ci sono tutti, i giapponesi, gli
americani e gli europei, domani anche i cinesi e dopodomani
gli indiani. La partita più difficile si gioca qui, ed è fatta di ampiezza di gamma, di capacità di
occupare le nicchie, di reti di
vendita, di capacità di investire
e di capacità di guadagnare
contenendo i prezzi. Da quello
che si vede la via scelta dai grandi produttori per affrontarla sono le alleanze. Nessuno, neanche la solitaria e floridissima
Toyota, può permettersi di fare
tutto ovunque con una gamma
completa. Non si regge la competizione globale e a tutto campo in solitudine. E allora fioriscono le alleanze su singoli progetti, come nel caso di Toyota
con Psa, ma anche per singole
parti. C’è chi si sta specializzando in alcuni tipi di motore, chi in
altre parti importanti. Per affrontare la prossima fase.
Perché la competizione dei
nuovi paesi comincerà dalle
piccole ma non si fermerà lì, dopo la Happy Emissary dalla Cina arriveranno le medie. Bisogna prepararsi e il tempo non è
più molto.
297cm
LA LUNGHEZZA
La 500 aveva quattro
posti e una lunghezza
inferiore ai tre metri.
Grazie anche
ai ridotti ingombri
della meccanica
“tutto dietro”
13Cv
LA POTENZA
Il piccolo bicilindrico
raffreddato ad aria
della 500 in origine
disponeva di soli
13 Cv, saliti
a 18 nelle edizioni
successive
470kg
IL PESO
Oltre a identificare la
cilindrata, la sigla 500
andava bene anche
per il peso della
piccola Fiat, che a
vuoto non raggiungeva
neppure i 500 kg
465mila lire
IL PREZZO
La 500 all’esordio
costava 465 mila lire,
almeno dieci mesi
di stipendio dell’epoca
E non aveva neppure
un riscaldamento
degno di questo nome
Lapo Elkann
Bella e simpatica
così deve essere
l’auto del Duemila
AUTO è ancora
L’
emotività o è diventata razionalità?
“Per me deve continuare ad entrare nei contesti emotivi —
dice
Lapo
Elkann, 27 anni, responsabile
della
Brand Promotion di Fiat Auto — L’automobile non è
solo cavalli e
potenza, ma
deve anche
Lapo piacere. AgElkann giungo che il
prodotto, oggi,
va contaminato da ciò
che il consumatore vuole, non dimenticando
mai di dare all’automobile un’immagine simpatica, sorridente, fresca».
Quale auto del gruppo
si avvicina di più alla sua
visione?
«Indubbiamente la
Panda, che è ciò che Fiat
vuole in termini di simpatia e di freschezza e,
ovviamente, anche di
qualità. Questa macchina è un emblema positivo».
Quali prodotti vorrebbe per poter rilanciare il
brand Fiat?
«Se posso sognare, come immagine penso alla
“3+1”, cioè la nuova Cinquecento e poi penso anche ad una city car a 4 posti, piccola e comoda».
Come pensa che si
debbano vendere le auto, oggi?
«Ferma restando la
funzione del concessionario, bisogna mettere le
macchine a contatto con
le gente, per esempio
portandole in piazza».
(t. t.)
6
PRIMO●PIANO
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
La nostra guida
all’acquisto
di una citycar
Auto
PRIMO●PIANO
Auto
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Fiat SEICENTO 7.285 euro
Daihatsu CUORE 7.590 euro
Fiat PANDA 8.365 euro
Kia PICANTO 8.550 euro
La supercompatta Fiat è sulla
breccia dal 1998, quando raccolse
l’eredità della Cinquecento
Cinque porte in 3 metri e 40, motore
a tre cilindri di 1000 cc: è la classica
minicar alla giapponese
A due anni dal lancio la piccola Fiat
costruita in Polonia è largamente in
testa alle vendite della categoria
Linea gradevole, cinque posti, due
motori (1000 o 1100) e prezzo
competitivo per la piccola coreana
7
DALLA Fiat Seicento alla Mini,
ovvero come spendere poco
più di 7.000 euro oppure arrivare a oltre 16 mila per l’acquisto di una citycar. Ecco una
piccola guida, per fasce di
prezzo
7.000
€
Cina pronta per l’invasione
esportazioni in crescita del 187%
CRESCONO le esportazioni delle “minicar” cinesi e le prospettive per
il futuro sono ottime. Lo
scrive China Automobile, un giornale specialistico di Pechino, che cita anche alcuni dati. Nei
primi undici mesi del
2004 la Cina ha esportato 117.400 veicoli, oltre
il 187% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si
tratta soprattutto di auto
da città, come quelle
della Chery Automobile
Company, che ne ha
vendute per esempio oltre 6.000 in Siria, Iraq,
Iran ed Egitto e che punta per quest’anno a quota 50.000. La Geely
Group, ha esportato lo
scorso anno 4.846 veicoli mentre la Hebei
Zhongxing Automobile
ha venduto in Egitto,
Emirati Arabi Uniti ed il
Vietnam.
La nuova 500 arriva dal Canada
ed è completamente elettrica
E’ NATA in Canada la sosia del prototipo “Trepiùno” presentato dalla Fiat
al Salone di Ginevra
2004 per riprendere lo
stile della vecchia 500.
Quella prodotta oltre
Oceano si chiama Dynasty Sedan, è una city car
elettrica ed è prodotta
dalla Dynasty Elettric Car
Corporation. La nuova
vettura è regolarmente in
vendita in British Columbia a 19 mila dollari canadesi, quasi 12 mila euro.
Si tratta di un’auto utilizzabile su tutte le strade
che non prevedano una
velocità massima superiore ai 60 Km/h: è classificata quindi come veicolo da quartiere ed in
grado di raggiungere i 40
Km/h di velocità di punta. Per ricaricarla basta
collegarla ad una qualsiasi presa di corrente
per 6-8 ore, al costo di 38
cents.
8.000
Chevrolet
MATIZ
7.900 euro
€
Hyundai
ATOS
8.470 euro
vista dall’India
Frutto dell’accordo
con Peugeot-Citroen
ecco l’auto che
rilancia le utilitarie
Si chiamerà “One Lakh”: meno di 1000 cc, 5 posti e 70 km/h
Il sogno del signor Tata
l’auto per tutti a 1600 euro
FLAVIO POMPETTI
La piccola che stuzzica la fantasia
così Toyota firma la “svolta”
MASSIMO NASCIMBENE
ORSE sarà perché è un po’
F
europea, per nascita (è
prodotta nella Repubblica
Ceca) e partnership (è frutto
di un accordo con il gruppo
Peugeot-Citroen). Sta di fatto
che la Aygo segna un bel taglio, rispetto all’abituale approccio al prodotto di casa
Toyota. Affidabile fin che si
vuole, ma raramente capace
di stuzzicare la fantasia. Con
la supermini che ormai è in dirittura di arrivo, invece, il colosso giapponese ha giocato
tutta un’altra partita. Sfoderando un prodotto dall’immagine intrigante, che non
dovrebbe faticare a trovare
consensi.
Non è stata impresa da poco, anche perché nella circostanza non c’era molto da
scialare: alla base del progetto
congiunto fra Toyota e Psa
c’era il preciso intento di arrivare a un prodotto di prima fascia, ovvero di prezzo inferiore alla fatidica soglia dei 10mila euro. E se i bassi costi della
manodopera garantiti dalla
produzione nell’Europa dell’Est danno una mano, da soli
non bastano di certo all’impresa.
La semplificazione strutturale imposta da un simile progetto traspare da molti dettagli, fra i quali i cristalli a compasso nelle porte posteriori e
il lunotto chiamato a far da
Citroen
C1
8.500 euro
portellone sono soltanto i più
evidenti. Ma questo non ha
impedito alla Aygo di curare a
dovere l’immagine, dentro e
fuori. Sino ad acquisire i connotati di una sorta di “supersmart”, anche se la similitudine stilistica con la due posti di
casa DaimlerChrylser non va
oltre la grembialatura che avvolge le ruote posteriori, che
in un caso come nell’altro
emergono dal profilo della
vettura sia di lato, sia di coda.
Dentro, il colpo d’occhio offerto dall’abitacolo è tutt’altro che quello di un’utilitaria
supereconomica, a dispetto
della scelta di lasciare la lamiera a vista per una larga
parte dei pannelli porta. E l’equipaggiamento, oltre a tenere nel debito conto le dotazioni di sicurezza, strizza l’occhio al pubblico più giovane
con un impianto hi-fi degno
di questo nome, e pure compatibile con i supporti musicali dell’ultima generazione,
dai lettori Mp3 all’Ipod.
Intrattenimento a parte,
l’interno si fa apprezzare anche per la razionalità con cui si
è riusciti a sfruttare il poco
spazio disponibile: a dispetto
di una lunghezza appena superiore ai 3 metri e 40, la Aygo
offre due posti anteriori di dimensioni inappuntabili, e
due posteriori neanche troppo sacrificati. A pagare pegno,
casomai è un vano bagagli che
rischia di richiedere il ricorso
al ribaltamento degli schienali anche all’uscita dal supermercato.
Per altro verso, è proprio
grazie alla sua taglia se la pic-
cola Toyota riesce a ricoprire
al meglio il ruolo di citycar: ingombri limitati, eccellente visibilità in tutte le direzioni, un
diametro di volta che permette di fare inversione in un fazzoletto d’asfalto. E gioca bene
la sua parte anche il tre cilindri
realizzato ad hoc dalla Toyota, capace di garantire brio
sufficiente a muoversi con la
massima disinvoltura. Il motore ha dalla sua pure la piccola cilindrata, 1000 cc, che tanto piace agli automobilisti italiani anche per il non indifferente contributo al contenimento dei costi di esercizio. E
vanta un suono dal timbro più
gradevole di quanto non riescano normalmente a offrire i
tre cilindri. Meno piacevole,
casomai, è il rumore proveniente dalla strada: qui l’ossessione del risparmio ha evidentemente portato a qualche eccesso nella limatura di
rivestimenti e trattamenti
protettivi, con conseguenti
sacrifici per il comfort, che diventano più evidenti nei trasferimenti ad ampio raggio.
Ma non sarà certo un po’ di
rumore di troppo a spuntare
le armi della piccola Toyota.
Fra le quali figura naturalmente l’estensione a tre anni
della garanzia, quasi a rimarcare che, pure per quello che
sarà il suo prodotto di “primo
prezzo”, l’attenzione dedicata a qualità e affidabilità resta
quella di sempre.
L’Aygo giocherà un ruolo fondamentale nella strategia europea e ci aspettiamo che
contribuisca al raggiungimento del nostro obiettivo di 1,2 milioni di vendite nel 2010
ANDREA FORMICA, VICEPRESIDENTE TOYOTA EUROPE
PEUGEOT 107
CITROEN C1
Ecco il progetto del
capo di un impero
di 85 aziende, che
rappresentano il
2,4% dell’economia
nazionale
design
PICCOLE DIFFERENZE
Toyota Aygo, Citroen C1 e
Peugeot 107 si differenziano
solo nel disegno del frontale
e della coda: le due francesi
hanno i gruppi ottici in alto
interni
SPAZIO RECORD
Nonostante la lunghezza
contenuta in soli 3 metri e 41,
l’abitacolo della Aygo offre
due posti anteriori generosi e
due posteriori non troppo
sacrificati
C1 e 107 pronte al debutto. Insieme alla giapponese saranno prodotte in Repubblica Ceca. Numeri e strategie
E per le due francesi è sfida in famiglia
DANIELE P. M. PELLEGRINI
ELL’AMBITO dell’accordo fra ToyoN
ta e Psa per la progettazione e la produzione in comune di una nuova genera-
prestazioni
157 ALL’ORA
La Aygo raggiunge i 157
km/h, in accelerazione
passa da 0 a 100 km/h in
14”2. Il consumo medio è di
4,6 l/100 km, quello cittadino
di 5,5 l/100 km
prezzi
DA 9500 EURO
Ancora da definire nel
dettaglio, i prezzi della
Toyota Aygo dovrebbero
partire da 9500 euro.
Leggermente sotto
C1 e 107
zione di “cittadine”, all’inedito accoppiamento fra un gruppo europeo e uno giapponese si aggiunge un’altra particolarità,
rappresentata dalla coesistenza di due
versioni francesi appartenenti allo stesso
gruppo. In pratica la Citroen C1 e la Peugeot 107 diventano protagoniste di una
sfida diretta in famiglia che si svolgerà all’ombra del confronto con la Aygo, marchiata Toyota. La novità consiste nel fatto che, molto più che negli altri casi, le due
vetture sono separate soltanto da una
parziale caratterizzazione estetica, con la
conseguenza che, sul campo, questa strana coppia diventerà un bell’esame di laurea per la politica commerciale del gruppo PSA che da tempo punta con decisione (e tutto sommato con buona fortuna)
sulla capacità dei rispettivi marchi di affermarsi, anche con prodotti simili, in base alle differenti strategie di vendita. Questa volta la posta sono i 200.000 esempla-
PUNE (INDIA) — L’auto da 1.600
euro è un sogno. Non nel senso
che non vedrà mai la luce, visto
che se ne conosce già la data del
lancio, fissata per l’autunno del
2007, ma per la grandezza della
sfida lanciata con questo progetto dal suo ideatore: il signor Ratan Tata. Sessantacinquenne,
tre generazioni di imprenditoria
industriale alle spalle, il signor
Tata siede al comando di un impero di 85 aziende che rappresentano il 2,4% dell’economia
nazionale indiana, e che spaziano dall’industria chimica e farmaceutica al petrolio, dalle banche, all’acciaio e al caffè, ma che
gode della maggiore visibilità
sulle strade visto che la Tata Motors è il maggiore venditore di camion che trasportano merci da
un angolo all’altro di un paese
enorme e malamente collegato.
L’economia indiana cresce al
ritmo dell’8% annuo, tanto da far
prevedere l’ascesa del paese tra le
potenze mondiali entro la fine
del decennio; ma
la grande maggioranza delle
aziende al momento sono in
mani straniere,
venute ad investire e a produrre
in India in seguito al progressivo
abbattimento delle barriere
commerciali. Fino a cinque anni
fa non c’era nemmeno un produttore nazionale di automobili,
e fu allora che Tata lanciò la prima delle sfide che l’hanno reso
famoso, con la promessa di costruire non solo la prima automobile indiana, ma di realizzarla con l’aiuto esclusivo di fornitori con base in India. L’idea fu
accolta con ironia e scetticismo
da case come la Maruti, che per
introdurre le prime utilitarie nel
paese nel 1985 era dovuta ricorrere alla Suzuki, e concedere alla
casa giapponese il controllo della joint venture.
Sono stati cinque anni durissimi con un ritmo di crescita ben
inferiore a quello programmato,
e l’intera cordata dei fornitori a
stringere la cinghia in attesa di
profitti che tardavano ad arrivare. Finalmente l’anno fiscale che
si è chiuso lo scorso marzo ha
mostrato conti in attivo, mentre
sul mercato la piccola Tata Indica è divenuta una delle auto di
maggior successo, grazie alla capillare presenza dei venditori del
gruppo. Un milione di indiani, o
meglio uno su mille ha comprato un’auto lo scorso anno. Il resto
dei motorizzati sono i 5 milioni
che comprano motociclette,
sulle quali al momento si spostano intere famiglie: un bimbo seduto sul serbatoio, e l’altro incuneato sulla sella tra mamma e
papà. Questa è la famiglia che il
signor Tata vuole trasferire su
quattro ruote con il progetto della “One Lakh”, da 1.600 euro. Un
nome tondo e magico per un automobile i cui dettagli sono protetti dal più assoluto riserbo nei
quartieri generali della Tata che
si trovano nella città di Pune a
sud di Bombay, un tempo conosciuta come sede della setta degli Arancioni, ma oggi ribattezzata come la Detroit dell’India.
Ratan Tata ha guidato il prototipo della “One Lakh” un paio di
mesi fa in gran segreto: ha un
motore di meno di un litro di cilindrata, cinque posti e quattro
portiere, niente aria condizionata, e una velocità di punta di 70
chilometri orari.
Sarà venduta come una city car
anche se non esistono in India limiti legali per la
guida di una simile vettura in
autostrada. Per
quel che riguarda
le emissioni rispetterà la normativa Euro 3 che
vige in India dall’inizio di aprile;
infine la le 500.000 unità previste
a regime tra qualche anno saranno esclusivamente vendute nel
Sud Est asiatico.
Il prezzo sarà realmente quello promesso? Probabilmente no,
ma poco importa perché il nome
della vettura resterà perennemente ancorato al nomignolo
“One Lakh” così come ad una
promessa ancora più altisonante: quella di motorizzare l’intera
società indiana. Le 100.000 rupie
corrispondono infatti a 35 settimane di paga per un operaio di
linea della Tata: una equazione
che ricorda il famoso proclama
fatto un secolo fa a Detroit da un
altro ambizioso industriale che
iniziava a produrre auto, e il cui
nome era Henry Ford. L’enorme
tenuta che ospita i quartieri generali della Tata a Pune è già
punteggiata dalla presenza delle
statue degli antenati della famiglia, e un villaggio Tata intrattiene i visitatori nel parco adiacente alle fabbriche, proprio come
quello che è oggi il museo Ford a
Greenfield, Detroit.
ri (sulla produzione complessiva prevista
di 300.000 vetture all’anno) che dovrebbero essere equamente suddivisi fra Citroen e Peugeot nella conquista del mercato delle supercompatte da città.
Nei contenuti di base C1 e 107 partono
del tutto alla pari e hanno in comune anche quella cultura delle utilitarie alla
francese che PSA ha conferito nel progetto comune; non sono invece esattamente nella stessa condizione se si prende in
considerazione la loro collocazione nelle
rispettive gamme di prodotto. Infatti, dato per scontato che entrambe si pongono
al livello inferiore dei prezzi, la Citroen C1
non ha precedenti e ha come riferimento
superiore la due porte C2, mentre la Peugeot 107 si confronta con la 206 e può contare sullo spazio lasciato libero dalla 106
che era a tre e cinque porte. Fatti quattro
conti, questa situazione sembra suggerire che la Citroen (i prezzi della C2 partono da 9.450 euro) dovrebbe necessariamente puntare a un prezzo d’attacco
molto aggressivo, mentre la Peugeot
(9.970 euro, per la 206 più economica) ha
maggiore libertà d’azione anche in previsione dell’arrivo, l’anno prossimo, della
nuova 207 che sarà ovviamente più grande e costosa.
A queste considerazioni si aggiungono
ovviamente le scelte estetiche che carat-
terizzano l’aspetto delle due vetture. Qui
lo spazio di manovra è stato veramente ridotto e ai rispettivi designer è stato concesso di intervenire esclusivamente sulle
parti accessorie, come gli scudi paraurti,
mentre il resto della carrozzeria, per ovvi
motivi di economia, è assolutamente
identico. E’ bastato tuttavia quel poco per
conferire alle gemelline un colpo d’occhio coerente con la propria immagine di
marca: in sintesi, si potrebbe dire che la
C1 ha un’aria più spiritosa rispetto alla
107 nella quale invece si avverte maggiormente la serietà tipica di Peugeot; si tratta ovviamente soltanto di una prima impressione perché la personalità vera,
quella che dipende dall’impostazione e
dai contenuti tecnici è assolutamente
identica. La partita dei prezzi si giocherà
probabilmente sugli equipaggiamenti.
Dal punto di vista delle motorizzazioni
le due francesine sono debitrici alla Toyota per quel che riguarda il settore a benzina (il 3 cilindri 1000 con 68 Cv) mentre per
il diesel giocano in casa utilizzando la versione base del 4 cilindri 1400 common rail
con 54 Cv, made in Psa.
C’era l’esigenza di nuove vetture per l’Europa e da quell’idea è nata una compatta che
costerà meno del modello più economico oggi esistente nella gamma dei tre marchi
JEAN MARTIN FOLZ, PRESIDENTE PSA
TATA
INDICA
PRIMO●PIANO
Auto
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Suzuki ALTO 8.900 euro
Renault TWINGO 9.000 euro
Smart FORTWO 9.070 euro
Peugeot 206 9.970 euro
Assemblata in India, la Alto è
un’antesignana delle minicar.
L’ultima edizione è del 2004
Prima a proporre la carrozzeria
monovolume nelle supermini, la
Twingo ha ben 13 anni di vita
La due posti tedesca è apprezzata
soprattutto per il ridotto ingombro
e per l’economia di esercizio
Per anni best seller fra le utilitarie,
la 206 vanta una gamma ricca di
varianti, fra motori e carrozzerie
8.000
€
Volkswagen
FOX
8.900 euro
9.000
€
Peugeot
107
9.000 euro
Ford
KA
9.100 euro
Citroen
C2
9.450 euro
Toyota
AYGO
9.500 euro
9
Opel
AGILA
9.550 euro
l’intervista
“Venderemo Aygo
anche su Internet
ecco la strategia”
TOMMASO TOMMASI
OYOTA e le due
T
marche della francese Psa introdurran-
VOLKSWAGEN FOX
La Volkswagen lancia la Fox, edizione “low cost” della Polo costruita in Brasile
design
QUASI MONOVOLUME
Disponibile con la sola
carrozzeria a tre porte,
nell’immagine la Fox ricorda
le monovolume: linea quasi
continua fra montante
anteriore e cofano motore
interni
FIBRE NATURALI
Semplificato nelle dotazioni
l’interno si segnala per il
ricorso a fibre naturali
che vengono utilizzate
fra l’altro per il rivestimento
del padiglione
prestazioni
167 0RARI PER LA 1.4
Con il 1400 a benzina (75 Cv)
la Fox tocca i 167 orari con
un consumo medio di 6,8
l/100 km. Gli altri motori
disponibili sono un 1200 da
55 Cv e il 1400 TD da 70
prezzi
MENO DI 9000 EURO
Il listino della Fox spazia
dagli 8900 euro della
versione con motore
1200 benzina a tre cilindri,
ai 12.636 della 1400 Td in
allestimento Sport
Il ritorno all’auto del popolo
MASSIMO NASCIMBENE
OPO la correzione di rotta
D
effettuata in corso d’opera
con la Golf 5, tornata saldamente ai vertici continentali grazie
anche al riallineamento dei
prezzi verso quotazioni meno
pretenziose, l’arrivo della Fox
conferma che la Volkswagen
guarda al mercato con maggiore
realismo. E che
ha messo da parte la pretesa di far
pagare come
prodotto “premium” quello
che, per vocazione e volumi, rientra invece a pieno
titolo nella produzione di massa. Altrettanto
realistica appare
la scelta di coprire la parte bassa
del mercato delle
piccole senza lanciarsi in progetti specifici che i numeri del
settore, per quanto in crescita,
faticano a giustificare. Così è
stato per la Lupo, lanciata nel
1998 e arrivata a totalizzare 800
mila unità: troppo poche, anche sommando la variante Seat
(Arosa) per rendere remunerativo un progetto totalmente indipendente.
La Fox nasce su tutt’altre premesse, visto che utilizza l’intera base meccanica della Polo,
della quale potrebbe definirsi
un’edizione low cost. Un po’
perché è costruita in Brasile
(dov’è già in vendita da fine
2003), un po’ perché rivesti-
Versione base
a 8.900 euro ma priva
di molti optional
ormai “obbligatori”
Numeri e prestazioni
menti, allestimenti e dotazioni
sono stati opportunamente
semplificati. Sicché, se la minuscola Lupo partiva comunque
da un prezzo superiore ai 10 mila euro, la ben più spaziosa Fox
“attacca” a quota 8900, sia pure
con una dotazione sin troppo
spartana (niente servosterzo,
né alzavetri elettrici) per le esigenze di oggi. E la lista degli optional, per parte sua, non sembra avere affatto sposato la causa del low cost, se è vero che il
condizionatore viene offerto
alla bella cifra di 900 euro.
Resta comunque il fatto che,
a fronte di quotazioni sensibilmente inferiori, la Fox è in grado di offrire abitabilità e capacità di carico analoghe a quelle
della Polo. E’ vero che qui i posti sono solo quattro, ma vantano spazi generosi, soprattutto
in altezza: merito di un corpo
vettura di taglia alta, in fondo
non troppo lontano dalle forme
proposte da tante piccole monovolume di recente introduzione. E anche il bagagliaio è
tutt’altro che da minicar, visto
che si spazia da 260 a oltre 1000
litri di carico utile. Un interno
generoso e versatile insomma,
peraltro proposto con la sola
carrozzeria a tre
porte: scelta
commerciale e
non tecnica visto
che, in Sud America, la Fox a 5
porte è regolarmente in vendita.
Su strada la
piccola Volkswagen si fa apprezzare soprattutto
per l’agilità.
Quanto a prestazioni, si rivela più
convincente con i due motori
1400 (75 Cv il benzina, 70 il diesel) che non con il tre cilindri
1200 da 55 Cv che fa da base alla sua gamma. Quest’ultimo è
da prendere in considerazione
solo nell’ottica di un impiego
prettamente cittadino che peraltro appare un po’ limitativo,
considerate le già citate caratteristiche del corpo vettura:
centimetro alla mano, la Fox
misura quanto una Punto e
dunque, oltre a proporsi come
seconda auto, può pure rappresentare una “prima scelta” a
livelli di prezzo che sin qui, in
casa Volkswagen, imponevano
di ripiegare sull’usato.
L’alleanza Renault-Nissan non è un club chiuso. Non è infatti scritto
da nessuna parte che debba essere limitata a due partner
CARLOS GHOSN, PRESIDENTE DEL GRUPPO RENAULT-NISSAN
no sul mercato italiano tre modelli quasi
identici, destinati
grosso modo ad una
stessa fascia di clientela. Secondo lei, il mercato italiano quante
potrebbe assorbirne?
«Il nostro mercato
potrebbe assorbirne tranquillamente 30-40 mila per
ciascuna marca —
dice Massimo Nordio, vicepresidente
di Toyota Motor Italia
— Nei fatti però impossibile, visto che la fornitura per ora non potrà superare le 100
mila unità per
marca da vendere in tutta
Europa».
E che previsioni fate per
l’Italia?
«Quest’anno si andrà oltre la nostra disponibilità di
Nordio
8.000 vetture».
(Toyota)
Avete annunciato che
consegnerete 500 Aygo
prima dell’estate a altrettante persone che
meglio rappresentino il
cliente ideale. Con quale criterio farete la vostra scelta?
«Venderemo quelle
vetture ai clienti che, attraverso il sito www. aygo.toyota.it, avranno dato di loro stessi una descrizione che coincide il
più possibile con l’immagine del nostro testimonial perfetto: giovane, interessato alle nuove tendenze, estroverso».
La Aygo sarà l’offerta
di ingresso tra le citycar,
dove avrete dal prossimo anno anche la nuova
Yaris. Come sta andando la vendita dell’attuale modello?
«Rimanendo coerenti
con la nostra strategia di
lancio, che prevedeva di
vendere la Yaris per i
contenuti e non per il
prezzo, continuiamo a
proporre versioni sempre più ricche. E il motore euro4 ha avuto il suo
peso sulle vendite».
10
PRIMO●PIANO
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Toyota YARIS 10.400 euro
Ford FIESTA 10.650 euro
Mazda 2 10.900 euro
E’ il modello con cui Toyota ha
sfondato in Europa. E a sei anni
dal lancio si vende ancora bene
Per la compatta Ford prezzo
d’attacco oltre i 10mila euro, ma
con equipaggiamento completo
Abitacolo versatile per la piccola
Mazda, che condivide la
meccanica con la Fiesta
10.000
€
Opel
CORSA
10.350 euro
Alle Olimpiadi di Pechino
con una Fiat 500 del ‘73
UNA Fiat 500 è partita
dal Lingotto di Torino per
un viaggio di oltre ventimila chilometri alla volta
di Pechino, città che
ospiterà le prossime
olimpiadi. Danilo Elia e
Fabrizio Bonserio, a bordo di una Fiat 500 R del
1973, acquistata appositamente per l'impresa,
seguiranno una tabella
di marcia che prevede
2000 km a settimana. L'itinerario passa per Europa orientale, Ungheria
ed Ucraina fino al confine con la Russia, per poi
proseguire in Kazakistan, lambire le coste
settentrionali del Mar
Caspio e giungere a Samarcanda.
Punto d'arrivo, piazza Tien An Men a Pechino, accanto al museo della storia cinese,
ai piedi dell'orologio
che conta i giorni mancanti alle Olimpiadi del
2008.
La Logan sbarca in Russia
nel 2007 anche in Iran e India
DOPO la Romania, la Renault avvia la produzione
della Logan anche in
Russia. L’auto uscirà
dallo stabilimento di Mosca, appositamente aggiornato con un investimento di 230 milioni di
euro (il più consistente
mai realizzato in Russia
da un costruttore europeo). La capacità produttiva iniziale sarà di
60.000 unità l’anno.
La Logan sarà commercializzata in Russia
con il marchio Renault
entro la fine del 2005, ad
un prezzo inferiore agli
8.000 euro (questa fascia di prezzo, in Russia,
copre l’80% del mercato). La produzione della
Logan, entro il 2005,
verrà estesa ad oltre una
trentina di paesi: Europa,
Africa, Medio Oriente,
America Latina ed Europa occidentale. Entro il
2007 anche in Iran ed India.
Fiat
PUNTO
10.450 euro
Nissan
MICRA
10.500 euro
Auto
PRIMO●PIANO
Auto
Honda JAZZ 10.980 euro
Grande volume utile per la Jazz,
originale anche nella
disposizione della meccanica
11.000
Lancia
YPSILON
10.970 euro
oltre
€
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Volkswagen POLO 11.258 euro
Mini ONE 16.100 euro
La compatta VW è stata
recentemente ristilizzata,
soprattutto nel frontale
La piccola “premium” per
antonomasia è sempre
sulla cresta dell’onda
Renault
CLIO
11.050 euro
Peugeot
1007
14.600 euro
Funzionale, comoda e diversa dalle altre citycar. Anche nei prezzi che partono da 14.600 euro
Il salto culturale del nuovo modello della casa giapponese. Ecco la strategia
Idea Peugeot per l’utilitaria chic
arriva la 1007 con le porte scorrevoli
Swift, l’assalto Suzuki all’Europa
una piccola tutta grinta e design
MASSIMO NASCIMBENE
E LE piccole guadagnano
consensi, è anche merito di
un mercato che non si limita
più a proporre minicar, ma è
capace di offrire soluzioni diverse, a fronte di dimensioni di
ingombro comunque limitate.
Una delle più “diverse” è senza
dubbio la Peugeot 1007, che va
ben oltre la semplice interpretazione di variante a tetto alto,
per abbinare agli innegabili
vantaggi della carrozzeria monovolume l’originale soluzione delle porte scorrevoli. Che
assicurano a un tempo grande
facilità di accesso e limitato ingombro trasversale, qualità
particolarmente apprezzabile
in chiave parcheggio: ottima
premessa per una piccola chic,
funzionale ma al tempo stesso
elegante.
La funzionalità trova conforto proprio nella generosa dimensione delle porte, che permettono un accesso agevole
anche alle due poltroncine separate che sostituiscono l’abituale panchetta, nella zona posteriore. Meno facile risulta invece la gestione di un eventuale seggiolino per bambini,
un’esigenza che trova migliore
soluzione nella classica architettura a cinque porte. Ma la
1007 è anche eleganza, sottolineata da rivestimenti interni
che, oltre a un design accurato,
prevedono pure dei kit per
“cambiare d’abito” (o quanto
meno colore) a sedili, pannelli
e plancia, a sottolineare la vocazione prettamente femminile della vettura. Che, civetterie a parte, si presenta con un
corredo di tutto rispetto, con
climatizzatore, sette airbag e
controllo elettronico della stabilità di serie per tutti gli allestimenti, a compensazione alme-
S
no parziale di un listino impegnativo: si va da 14.600 a 17.650
euro, ovvero a cifre che sfiorano quelle delle berline di taglia
media, e che inevitabilmente
scontano anche la complessità
strutturale delle porte scorrevoli, per giunta arricchite dell’apertura a comando elettrico.
La particolarità della carrozzeria presenta poi un altro rovescio della medaglia, sotto
forma di un peso superiore ai
1200 kg, che finisce per riflettersi sulle prestazioni: sia con i
due 1400, benzina e turbodiesel, sia con il 1600 benzina da
110 Cv la 1007 non mostra un
particolare brio, in accelerazione come in ripresa. Non
mostra di soffrire il peso invece
il comportamento in curva,
che nonostante il baricentro
alto si rivela sostanzialmente
esente dal rollio e piacevolmente preciso e agile. Così come appare nel complesso convincente il comfort, grazie anche all’efficacia dell’insonorizzazione.
SUZUKI SWIFT
Peugeot
1007
Mitsubishi
COLT
Chevrolet
MATIZ
Suzuki
SWIFT
CARROZZERIA
Tre porte, 4 posti, lung. 373
cm, larg. 183, alt. 162 cm
CARROZZERIA
Berlina 3-5 porte, 5 posti.
Lung 381-389 cm larg. 170
CARROZZERIA
Berlina 5 porte, 5 posti,
lung. 350 cm, larg 150 cm,
CARROZZERIA
Berlina 3-5 porte, 5 posti,
lung 370 cm, larg 170 cm
MOTORI
1.4 e 1.6 benzina (75 e 110
Cv) 1.4 turbodiesel (68 cv)
MOTORI
1.1, 1.3 e 1.5 benzina (75,
95 e 109 Cv) 1.5 Td (95 Cv)
MOTORI
800 e 1000 cc benzina
(52 e 66 Cv)
MOTORI
1.3 benzina (92 Cv) e
turbodiesel (70 cv)
PREZZI
Da 14.600 a 17.650 euro
PREZZI
da 9920 a 16.800 euro
PREZZI
Da 7.750 a 9.850 euro
PREZZI
Da 12.400 a 14.650 euro
DANIELE P. M. PELLEGRINI
L NOME è quello solito, già
noto per la sua regolare (se
non assidua) frequentazione
dei mercati occidentali come
rappresentante delle “piccole”
Suzuki, ma la macchina è tutta
un altra cosa; infatti il salto generazionale fra la vecchia e la
nuova Swift è molto più di un
semplice avvicendamento
perché corrisponde a un più significativo e consistente salto
culturale della casa giappone-
I
PEUGEOT 1007
se nei confronti dell’Europa,
della sua importanza, e delle
strategie commerciali future
della marca.
Questa Swift è il frutto di un
progetto molto più “globale”
ed è destinata ad essere prodotta in diverse parti del mondo
(oltre al Giappone in Ungheria,
India e Cina) ma con una caratterizzazione europea che ha
messo in risalto gli aspetti più
importanti per la clientela del
vecchio continente: estetica,
dimensioni, temperamento di
CHEVROLET MATIZ
guida e l’inevitabile motorizzazione diesel, resa disponibile
fin dal momento del lancio.
Lo stile grintoso ha avuto origine dal prototipo Concept S
che la Suzuki aveva presentato
al Salone di Parigi del 2002 e che
era stato accolto favorevolmente per la sua architettura e
l’evidente impronta sportiva. Il
successivo sviluppo ha conservato gli elementi fondamentali
del design che conferiscono a
questa piccola una personalità
distintiva, basata sull’importanza dei passaruota, sporgenti e raccordati fra loro, sul parabrezza avvolgente e sulla parte
frontale molto corta. L’interno,
meno spettacolare, è però ravvivato dalla scelta dei tessuti e
dei materiali di rivestimento e,
in generale, esprime la tradizionale accuratezza giapponese che inquadra di diritto la
Swift nella categoria delle cittadine chic.
La vettura verrà prodotta
con entrambe le versioni di carrozzeria, ma inizialmente in
Italia ci sarà soltanto la 5 porte;
per la 3 porte occorrerà attendere l’ulteriore evoluzione della gamma che comprenderà fra
l’altro un modello sportivo di
alte prestazioni e (come nelle
Swift precedenti) la versione a
quattro ruote motrici.
Le due motorizzazioni offerte inizialmente si adattano
adeguatamente alle esigenze
del mercato e si rivolgono a due
settori ben distinti: il benzina è
un vivace 1300 con 92 Cv che
sposa il lato divertente della
Swift; il diesel, che è il popolare
1300 multijet di origine FiatGM, va invece incontro ai sostenitori del gasolio e compensa la potenza sensibilmente inferiore (70 Cv) con una coppia
che è superiore di quasi il 50%
rispetto al benzina.
Con le versioni a tre porte, CZ3 e CZT, la gamma è ora completa
Design più attuale e dinamico e soprattutto una maggiore affidabilità
Prendi la Colt e scappa
la sfida della Mitsubishi
Pronta la Matiz firmata Chevrolet
prima riscossa dell’ex coreana
VALERIO MONACO
ITSUBISHI Colt ha mesM
so in listino le versioni a 3
porte CZ3 e CZT, e si prepara,
con una nuova carrozzeria e
due diverse vocazioni per le
prestazioni, ad affrontare la
sfida del mercato, favorita da
un listino di partenza che ha
pochi rivali. Soprattutto se si
tiene conto che la versione
d’attacco, in listino a 9.920 euro chiavi in mano, dispone di
un brillante motore a 3 cilindri
da 1.1 litri e ben 75 Cv.
Con l’arrivo della tre porte,
dunque, la Mitsubishi chiude
il ciclo di rinnovamento della
Colt e si scrolla di dosso l’immagine anonima e poco personale della generazione precedente. La nuova vettura misura 3,81 metri di lunghezza,
1,69 metri di larghezza, 1,52
metri di altezza, e offre, con la
stessa carrozzeria, soluzioni
di utilizzo così diverse da trovare posto nella nuova e un
po’ stravagante classe di mercato dei “crossover”. Vocabolo che, nel caso della Colt 3
porte, significa un’auto un po’
coupé, un po’ sportiva, un po’
berlina e un po’ monovolume.
Tanti stili e vocazioni. La nuova Colt, insomma, rappresenta una proposta diversa, ove
ad attrarre sono, soprattutto,
la personalità del modello, un
favorevole rapporto prezzo
qualità, la presenza di un valido motore diesel.
A tutto ciò si aggiungono
ricche dotazioni, fin dall’allestimento più economico. La
compatta della marca giapponese, in pratica, costa meno di
una Smart Fortwo ma offre, di
serie, servosterzo elettrico, tre
anni di garanzia generale e 12
anni sulla corrosione. E poi il
filtro aria per l’abitacolo, gli
specchietti regolabili e riscaldabili elettricamente, i sedili
posteriori con schienale divisibile e regolabile, i sedili anteriori ripiegabili a tavolino, il
bagagliaio illuminato e la
strumentazione con il display
centrale multifunzione.
Sul fronte della sicurezza,
poi, la Colt offre una struttura
protetta dalla cellula di sicurezza RISE (Rinforced Impact
Safety Evolution). E su strada
non è da meno: la tenuta è impeccabile e l’impianto frenante è completo di ABS ed
EBD sull’intera gamma. Tutti i
modelli, infine, hanno il doppio airbag e attacchi Isofix per
i sedili dei bambini. Non ci
sembra poco, per una piccola
di qualità che ha costi di gestione irrisori, e che viene offerta a meno di diecimila euro
chiavi mano.
Le auto cinesi rappresenteranno una sfida per il mercato europeo da prendere sul serio
proprio come è accaduto per l'invasione di quelle giapponesi
GUENTER VERHEUGEN, COMMISSARIO UE ALL’INDUSTRIA
EBUTTERÀ a giorni, la
D
nuova Matiz, esibendo con
una punta di orgoglio la firma
MITSUBISHI COLT
Chevrolet. Ma oltre a fare suo
uno dei marchi nobili della General Motors, la piccola ex coreana si è rifatta il vestito, ha reso più dinamico e attuale il design mantenendo un listino che
oscilla intorno ai 7.500 euro. Un
prezzo che ne fa una delle auto
più competitive ed accessibili,
nel nuovo mercato delle piccole. Forse le manca la patina un
po’ snob che caratterizza le
concorrenti d’alto bordo ma la
più piccola delle Chevrolet non
si fa intimorire, perché sa di poter offrire tanta concretezza a
prezzo contenuto. A cui si aggiunge un carattere che non lascia indifferenti, come il look,
una brillante anticipazione di
Giugiaro sul concetto di utilitaria del nostro tempo. Un look
che ha indotto il centro stile
Chevrolet a non azzardare cambiamenti radicali ma a firmare
solo pochi ritocchi per renderla
più in linea con l’agguerrito
esercito delle concorrenti.
A trarre maggior giovamento
dal lavoro dei designer è soprattutto il frontale. I gruppi ottici
più armonici e moderni, il cofano di diverso profilo, il paraurti
e le prese d’aria imprimono alla
Matiz un’immagine più dinamica. Sulla fiancata, c’è una
nuova nervatura che ne sveltisce l’andamento e che è anche
un accorgimento che serve a
rafforzare la struttura e a renderla più robusta del 24%. Per
quel che riguarda la meccanica,
la piccola Chevrolet sceglie la
tecnologia di qualità, con un
buon 80% di componenti rinnovati: ad esempio, è stato installato un sistema frenante
completo di ABS a 4 canali, più
rapido e preciso nella risposta.
11
Così come l’assale posteriore
completamente ridisegnato,
per ottenere una guida più divertente e una tenuta di strada
ancora più sicura. «Matiz ha un
design che piace», dice John
Passadis, presidente di Chevrolet Italia, «ha un’affidabilità
sperimentata, buone prestazioni e un eccellente rapporto
prezzo — qualità. Una piccola
Chevrolet di sostanza, pronta a
rinnovare i successi del passato. Soprattutto in Italia, suo
mercato di riferimento».
Per concludere , si tratta di
un’auto concreta, con due motorizzazioni a benzina: un 3 cilindri da 800 cc e 52 Cv di potenza, e un 4 cilindri da 1000 cc che
ne eroga 66. Motori affidabili,
che garantiscono percorrenze
di oltre 18 chilometri con un litro di benzina e bassi livelli di inquinamento.
(v. m.)
Matiz ha giocato un ruolo fondamentale nella nostra crescita. E con il suo aspetto
simpatico, ha anche avuto un’influenza positiva sulla nostra immagine
ERHARD SPRANGER, AMMINISTRATORE DELEGATO CHEVROLET EUROPA
l’intervista
Le “tre sorelle”
risveglieranno
il mercato delle mini
TOMMASO TOMMASI
EUGEOT e Citroen,
P
insieme a Toyota,
dopo l’estate metteranno in vendita tre nuove
piccole auto prodotte
nello stabilimento di
Kolin, nella Repubblica
Ceca. Come reagirà il
mercato a questa proposta di tre vetture molto simili fra loro?
«Credo che una parte
dei clienti di auto piccole prenderà in considerazione queste novità —
dice Christophe Bergerand, l’amministratore
delegato di Peugeot Italia — e penso che potrà
generare, come alternativa, anche una reazione
a livello di usato. Ci sarà
molto movimento nell’area di mercato
fra i 6.500 e i
9.000 euro».
Voi scendete in campo
nell’area delle
piccole con
due novità: la
107 e la 1007.
Qual è la straBergerand
tegia di vendi(Peugeot)
ta?
«Intanto, la
1007 arriverà per prima,
inserendosi nel mercato
delle piccole monovolume con un prezzo di
14.600 euro. Pensiamo
di venderne 15.000 quest’anno. La 107, invece,
sarà commercializzata
subito dopo l’estate, con
un prezzo che si aggirerà
fra gli 8.500 e i 9.000 euro. Si tratta, dunque, di
due offerte molto diverse fra loro».
E non bisogna dimenticare che in listino
avete anche la 206.
«Esatto. E farà la sua
parte. Non è più giovanissima ma tiene assai
bene il mercato. Ecco,
Peugeot propone dunque ben tre prodotti nella parte bassa della domanda».
Quante 107 contate di
vendere in Italia quando avrete da Kolin la
fornitura completa?
«Stiamo parlando del
2006, quando pensiamo
di immatricolarne fra 15
e 20.000. Quest’anno ne
venderemo più o meno
5.000 perché questa sarà
la nostra disponibilità».
Auto
L’ANNIVERSARIO
●
50
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Nel 1955 a Desio nasceva
l’Autobianchi, una delle più
interessanti avventure
industriali. Ecco il racconto
anni
Incredibile Bianchina
IL MODELLO
Dal 1957 al 1969
sono state prodotte
circa 320.000
Autobianchi
Bianchina (fino al ‘74
venne prodotta la 500
Giardiniera con
mascherina
Autobianchi e nome
Bianchina). Nel primo
anno ne vennero
vendute ben 10 mila
esemplari. La piccola
Autobianchi venne
prodotta nei seguenti
modelli: trasformabile
(1. 2. 3. serie, Special)
in 40.000 unità;
Cabriolet (1. 2. e 3.
Serie) 9.000 unità;
Berlina (D, F, Special
D e Special F) in
120.000; Panoramica
(D, F, tetto apribile,
furgoncino) in
150.000.
CARLO CAVICCHI
E PICCOLE utilitarie di lusso
L
che sono in questo momento tanto in voga, quasi mezzo secolo fa hanno avuto una madre
che oggi non può essere dimenticata, l’Autobianchi Bianchina
che pur nelle sue nano-misure
condensava tutti i simboli del
lusso in voga in quegli anni: luccicanti cromature, gomme con i
fianchi bianchi, carrozzeria bicolore, il tetto apribile, lo sbrinatore di serie e persino le pinne che scimmiottavano le Cadillac che si vedevano solo al cinema. Il prezzo di listino?
565.000 lire.
Sarebbe sbrigativo affermare, come nelle favole, che una
vettura così nacque quasi per
caso, ma non fu assolutamente
il caso, anzi: fu figlia di una visione strategica che alla luce dei
tempi attuali ci dimostra come
l’industria automobilistica italiana fosse allora accorta, lungimirante e tecnologicamente all’avanguardia.
Tutto partì dalla voglia di
13
Storia e curiosità dell’auto
simbolo della casa, la madre
delle piccole utilitarie di oggi
simbolo del lusso in voga in quegli anni
Dalla coupé cabriolet alle tantissime
versioni costruite dal 1957 al 1969
Edoardo Bianchi di voler continuare a produrre automobili
anche se nei primi anni cinquanta ormai non aveva più le
forze per farlo. Si trovò allora un
mutuo accordo a tre tra lui, che
in fondo possedeva soltanto lo
stabilimento di Desio alle porte
di Milano, la Pirelli, che trovava
il modo di aggiungere un fornitore alle sue coperture, e la Fiat
che aveva un disegno ben chiaro su come sfruttare (e controllare) questa curiosa nascente
società.
A Torino non si era ancora negli anni nel boom economico,
ma si lavorava sodo per arrivarci, quindi bisognava produrre e
bisognava sperimentare, ma
questo era meglio farlo senza
correre troppi rischi. Perché no,
allora con un marchio che se
avesse funzionato avrebbe prodotto utili, ma che se invece
avesse fallito non avrebbe inquinato l’immagine della grande Fiat?
L’Autobianchi nacque così
l’11 gennaio 1955, proprio cinquant’anni fa, e subito si mise in
piedi il primo modello, la Bianchina Trasformabile che in pratica era in tutto e per tutto una
Fiat 500 vestita a festa. Oggi che
si parla tanto di piattaforme comuni non si inventa quindi nulla, semplicemente si riscrive la
storia e tutto quello che adesso
va per la maggiore, che è considerato dagli analisti il futuro
dell’auto, lo si ritrova pari pari
nel progetto Bianchina che Villaggio con il suo Fantozzi elesse
a vettura da barzelletta ma che
invece fu uno strepitoso condensato di genialità.
La prima versione era in pratica un coupé-cabriolet come lo
si intende ai giorni nostri: aveva
il tetto in tela che si apriva completamente fino ad arrivare al
baule ma manteneva la struttura in ferro ai lati come fenomenale arco di sicurezza, e anche
se ci si stava normalmente in
due, c’era dietro una panchetta
rigida, scomoda e inospitale,
perché se si doveva mai caricare qualcuno…
A quell’epoca da un modello a
quello successivo passava tanto
tempo, ma la Bianchina seppe
crescere e moltiplicarsi a raffica. Nell’arco di appena quattro
anni uscirono la Special, versione sportiva e potenziata (una
sorta di Gti ante litteram), poi la
cabriolet, quindi la quattro posti berlina, poi ancora la Panoramica che oggi chiameremmo
station wagon, infine la versione furgonetta con il tetto più alto nella parte posteriore.
Dunque, quello che adesso
ogni marca sbandiera come
gamma allargata c’era già tutto
e se si considera che nello stabilimento di Desio veniva prodotta anche la Fiat 600 Multipla,
quindi il primo vero monovolume della storia dell’auto, ecco
che non mancava proprio nulla.
Nemmeno la volontà sin dall’inizio di mettere in produzione
un’automobile capace di fare
l’occhiolino alle donne. Sì, negli
anni ‘50, quando il sesso debole
in Svizzera non aveva ancora il
diritto di andare a votare, anticipando quella che sarebbe diventata in questi ultimi dieci
anni quasi una missione quando non proprio una vera ossessione. Micra, Polo, Yaris, forse
adesso anche la recente Peugeot 1007 hanno parlato o parlano dichiaratamente al femminile. Questioni di numeri e di ricavi. Ma qualcuno ci aveva già
pensato molto prima magari
senza nemmeno rendersi conto
di quanto fosse all’avanguardia, a riprova che quella Fiat, avviata ad anni d’oro e purtroppo
più avanti ad anni duri, aveva
davvero una marcia in più.
IL MARCHIO
Il prossimo incontro è
fissato per il 5 giugno a
Fiorenzuola D’Arda, in
provincia di Piacenza: i
possessori di vetture
Autobianchi si
ritroveranno per
festeggiare il mezzo
secolo della
fondazione di
un’azienda che nel
corso della sua storia
di modelli ne avrà
anche fatti pochi, ma
sempre originali. Iscritti
a un apposito registro,
affiliato all’Asi, i
proprietari di
Bianchina, A111 e A
112 si incontrano
periodicamente, e non
solo in Italia: la festa
internazionale del
cinquantenario si terrà
infatti a fine agosto in
Olanda.
Auto
I MODELLI
●
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
15
Una crescita
del 30% l’anno
in America grazie
al successo dei
modelli Honda,
Subaru e Dodge
Ecco cosa sta
per arrivare sui
nostri mercati
nei prossimi mesi
rossover
C
l’intervista
Tante tendenze
in una sola Croma
ora siamo avanti noi
ELL’AUTO è semN
pre più guerra delle
forme. La nuova Croma
riassume alcune delle
più recenti tendenze.
Qual è la sua unicità?
«Abbiamo messo insieme gli spazi interni di
una monovolume, la
capacità di carico di una
station wagon e l’eleganza, il feeling di guida
e le prestazioni di una
berlina - dice Luca De
Meo, responsabile del
brand Fiat - È nato così
un concetto di
automobile
“inclusivo”.
Con la Croma
affrontiamo il
mercato come innovatori
e non come
inseguitori
che copiano
idee di altri».
E cosa si
aspetta dalla De Meo
commercia- (Fiat)
lizzazione?
«Un successo, ovviamente. Abbiamo molto
lavorato in termini di
qualità e riteniamo che
possa competere sul
mercato sfidando Peugeot 407, Renault Laguna, Opel Zafira, Ford
Mondeo».
- Qual è la previsione
globale di vendita?
«In Europa, fra le 55 e
60 mila l’anno».
Qual è la priorità assoluta, irrinunciabile?
«Riportare al più presto il marchio Fiat nella
posizione che si merita
nel mercato e nella testa
del consumatore. A volte c’è un gap che ritengo
ingiustificato fra ciò che
si pensa di Fiat e la realtà
odierna».
(t.t.)
CHRYSLER PACIFICA
Dagli Usa all’Europa, storia di una categoria emergente di vetture
FLAVIO POMPETTI
NEW YORK — All’inizio c’erano le
ibride. Prima ancora che il termine venisse usato per definire la
doppia alimentazione di un’auto,
ibrida era una vettura che corrompeva il codice genetico dei segmenti che erano fino ad allora conosciuti, e che sconfinava tra l’uno e l’altro. La Toyota Rav4 che debuttò nel 1998 e la Honda CR-V
dell’anno successivo erano costruite su telai di automobili, ma
nell’aspetto ambivano a somigliare alla
classe già regnante dei
SUV. Un compromesso insomma, o un
salto fuori delle
righe (crossover appunto in
inglese) come di
lì a poco venne
definita la PT
Cruiser che la
Chrysler inserì
opportunisticamente nella categoria fiscale dei
truck. Negli Stati
Uniti vengono calcolati ogni anno i
consumi medi dell’intera flotta di una data casa nelle due categorie: automobili e
trucks. Se risultano più bassi di
quelli fissati dal governo, il costruttore guadagna crediti; se sono più alti paga una penale. La PT
Cruiser che dei truck non aveva né
il peso né la cilindrata media, veniva cosi’ a bilanciare i conti di
Un po’ station, un po’ Suv
compromesso delle forme
Ford Sav
una casa che distribuisce generosamente motori da cinque litri e
trasmissioni integrali assetate di
benzina.
Il successo immediato delle tre
vetture dimostrò comunque che il
pubblico le apprezzava ben oltre i
benefici fiscali. Le crossover venivano a riempire il vuoto lasciato
dalle classiche station wagon degli anni ‘60, che vengono spesso
citate come antenate del nuovo
segmento. Stessa base del telaio
larga che permette di disegnare
un abitacolo spazioso, e che si re-
IL PROTOTIPO
La strada dei crossover
sembra interessare anche i
costruttori di massa. Come la
Ford che al salone di Ginevra
del marzo scorso ha
presentato l’originale Sav
stringe poi in prossimità del tetto
con delle curve convergenti. Stessa compressione della parte posteriore della vettura, che termina
con un largo portellone di accesso. La familiare per eccellenza che
era scomparsa sotto la pressione degli emergenti monovolume
alla metà degli anni ‘80 si rincarnava finalmente a beneficio di famiglie il cui stile di vita era diventato troppo opulento per essere
compresse in una tradizionale
vettura, ma il cui ego non era cresciuto a tal punto da pretendere
un Suv.
Per capire quanto netta sia la
demarcazione basta guardare alla
frustrazione della Ford, che nel
1999 al momento di lanciare la
Escape, una vettura di dimensioni
ridotte rispetto al suo popolarissimo Explorer, decise di presentarla come un piccolo Suv. Il mercato
non ha mai risposto positivamente e oggi la gamma della casa di
Dearborn comprende un veicolo,
il Freestyle, disegnato sulla stessa
base delle Volvo S60 e S80, così come della berlina americana Five
Hundred, e propriamente pubblicizzato come un crossover.
Lo sviluppo della categoria è
stato tumultuoso negli ultimi
tempi con una crescita media del
30% l’anno, grazie alla progressiva uscita di vetture molto diverse
tra loro. Alcune hanno
fallito clamorosamente come
la Pontiac Aztec che ha
guadagnato la
palma di una
delle vetture
più brutte degli
ultimi decenni.
Altre hanno
stentato a lungo
prima di trovare
una collocazione, come è capitato alla Chrysler
Pacifica che per il
primo anno di
commercializzazione ha dovuto ritoccare il prezzo in basso ben tre volte. Altre hanno centrato in pieno immagine e
successo di vendite. Sono la Honda Pilot, la Subaru Forester e la
Dodge Magnum, tre vetture non
altrimenti assimilabili tra loro se
non sotto il concetto della “violazione” delle categorie esistenti.
16
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
I MODELLI
●
Fiat Croma
MASSIMO NASCIMBENE
N MOLTI la chiamano crossover, ma a Torino preferiscono parlare di Comfort Wagon, a sottolineare la vocazione
di vettura in grado di offrire elevata qualità della vita a bordo.
Al di là degli appellativi, è comunque difficile incasellare la
nuova Croma negli schemi in
cui viene abitualmente diviso il
mercato. Cosa che di per sé costituisce un’ottima premessa
per il modello destinato a riportare il marchio Fiat nelle zone
alte del mercato, visti i favori
accordati dal pubblico europeo
alle soluzioni che rifuggono
dalle formule convenzionali.
Si obietterà che, in fondo, la
ricetta Croma non si scosta
molto da quella delle classiche
station: cinque posti “fissi” e un
gran volume di coda. Poco a che
spartire con le monovolume,
l’altra categoria con cui la neonata vettura torinese
intende incrociare i
cromosomi. Eppure,
basta avvicinarsi alle
sue porte
per rendersi conto che
le cose non
s t a n n o
esattamente
così:
questione
di statura
innanzitutto, visto che
dall’alto del
suo metro e
sessanta la Croma consente di
prender posto a bordo senza
dover piegare la testa. Come
sulle Mpv insomma, ma senza
che per altro verso la soglia di
accesso sia eccessivamente
rialzata rispetto al suolo, e imponga dunque un minimo di
scalata per raggiungere l’abitacolo: un movimento poco impegnativo per i giovani ma
spesso ostico per coloro che
tanto giovani non sono più, e
che per questa ragione vedono
le monovolume come il fumo
negli occhi.
D’altronde, la Croma deve
mettere d’accordo un
I
CROSSOVER
l’intervista
L’auto alta
si nota di più
e gratifica
IUGIARO, nel preG
sentare la Croma lei
ha parlato di comfort wagon. In che senso?
«Nel senso che abbiamo
cercato di realizzare una
vettura di grande comfort.
Ma che non fosse né una
wagon né una monovolume. Il risultato è un veicolo differente nelle proporzioni, attento
all’ergonomia,
che offre particolari attenzioni all’accesso e
al carico».
Sono più di
vent’anni, dai
tempi della
Panda e della
Uno, che lei va
sostenendo le
vetture alte. Giorgetto
Adesso sembra Giugiaro
che ne siano
convinti tutti.
«A me è sempre sembrata una scelta logica. In
primo luogo per questioni
di immagine: una vettura
alta si nota di più, acquista
rilievo, che si tratti di una
piccola come la Matiz o di
una Suv. E chi viaggia su
una macchina alta si sente
più gratificato. E’ un effetto ottico in primo luogo, e
ne beneficerà anche la
Croma, quando la si vedrà
accanto alle normali station wagon. Poi ci sono i
vantaggi pratici, a cominciare dall’accesso: per
prendere posto sulle berline bisogna chinarsi, sulle monovolume bisogna
arrampicarsi. Sulla Croma ho cercato di tenere il
piano di seduta a un’altezza naturale, quella che
consente di sedersi il più
agevolmente possibile».
Che cambiamenti vede
nelle architetture del futuro?
«Credo che a cambiare
debbano essere soprattutto le ammiraglie. Che,
per quanto lussuose, sono
ancora scomode, si viaggia incastrati fra un tunnel
e un volante. No, non ha
senso spendere un mucchio di soldi per stare tanto scomodi: l’auto, a tutti i
livelli, deve acquisire una
nuova sensibilità ergonomica».
Più spazio per tutti, insomma.
«Certo, la gente ha capito che un appartamento
grande è meglio di uno
piccolo...».
(m.n.)
Auto
Dopo dieci anni il ritorno fra le ammiraglie della casa torinese. Edizione moderna della “familiare”
E ora chiamatela Comfort wagon
nuova generazione e tante sorprese
po’ tutti, dal momento che si
propone come edizione moderna di quelle che un tempo
erano chiamate “familiari”. Ma
anche questa denominazione,
a ben guardare, le andrebbe
stretta. Perché quelle erano
sempre e comunque versioni
derivate dalle berline, mentre
la Croma nasce così: con forme
che raccordano in un unico arco padiglione e bagagliaio, a garantire il massimo utilizzo dello spazio per passeggeri e baga-
gli. E i suoi cinque posti di spazio ne offrono davvero tanto: in
lunghezza, con valori record
per la distanza che separa il divano posteriore dagli schienali
anteriori, e in altezza, con il padiglione a oltre un metro di di-
stanza dal piano di seduta. Altrettanto generoso è il vano di
carico, capace di offrire sino a
1600 litri di volume utile, pur
con il limite della possibilità di
ribaltare il solo schienale posteriore, e non l’intero divano.
In compenso, non solo il piano
di carico è allineato alla battuta
del portellone, ma cela sotto di
sé un ripostiglio di altezza ragguardevole, utile a nascondere
alla vista oggetti preziosi, tipo
computer portatili.
Oltre che nella generosità degli spazi, la Croma si presenta
con le credenziali di vettura per
famiglia anche nel comportamento su strada, che mette da
parte assetti irrigiditi all’eccesso in favore di risposte progressive. La guida insomma non richiede particolare impegno
anche quando si utilizzano per
intero le doti dinamiche della
vettura, all’altezza delle attese
indipendentemente dalla scelta fatta in tema di propulsori: i
turbodiesel disponibili all’esordio, a fine mese, sono i due
1900 da 120 e 150 Cv, che da settembre verranno affiancati dell’inedito cinque cilindri 2400
da 200 Cv, previsto con la sola
trasmissione automatica. Una
pattuglia che si annuncia agguerrita anche in considerazione di un listino che spazia fra i
23.200 euro della 120 Cv fino ai
31.500 euro del 2400 abbinato
al migliore dei livelli di equipaggiamento previsti, che sono
ben cinque. Cifre non esagerate, insomma, visto che si collocano più o meno sulla stessa linea di quelle richieste dalle wagon di lunghezza analoga. Che
però, nei confronti della Croma, finiranno per soffrire un
certo complesso di inferiorità.
Non foss’altro che per una questione di statura.
Prodotta in 450 mila esemplari fino al ’94. La formidabile soluzione del portellone e il taglio rialzato della coda
CARLO CAVICCHI
BEN guardare, dietro a
A
tutte le Fiat di maggior
successo degli ultimi
trent’anni c’è sempre la firma
di Giugiaro. C’era quindi anche sulla prima Croma (lanciata sul mercato nel 1985 e
prodotta fino al 1994 in oltre
450 mila esemplari), una vettura davvero fantastica e probabilmente mai veramente
apprezzata quanto avrebbe
meritato, figlia dell’avveniristico progetto “Tipo 4” che
aveva messo assieme quattro
Il segno di Giugiaro, avveniristica già nell’85
marchi, Fiat, Lancia, Alfa Romeo e Saab, per realizzare assieme (e dividere i costi) una
vettura con molte parti in comune.
Quelle quattro auto, la Fiat
Croma, la Lancia Thema, la
Saab 9000 e l’Alfa 164, quest’ultima arrivata due anni
dopo le altre, hanno avuto
tutte una storia molto importante. Ma se la Thema è stata
quella che forse ha raccolto il
maggior successo, la Croma è
stata in ogni caso la più interessante, sia per le soluzioni
tecniche che ha presentato,
sia perché per la Fiat significò
il ritorno a vetture di gamma
alta dopo l’insuccesso della
130, che era nata nel lontano
1969.
In realtà Fiat, Lancia e Saab
si tennero strettamente ai
patti (stesso pianale, stesso
anello porte, stesso parabrezza e stessa sezione frontale) mentre l’Alfa con Pininfarina si prese qualche libertà
in più. Ma è indubbio che
Giugiaro, anche allora, seppe
inventarsi soluzioni formidabili, come il portellone posteriore che arrivava a incernie-
rarsi al tetto, così che l’accessibilità al bagagliaio si rivelò
stupefacente. Di fatto, e non
si è mai saputo se fosse stato
per un precisa volontà progettuale o per conseguenza
finale, la Croma si rivelò una
vettura molto disinvolta e abbastanza sportiva: oltretutto,
di tutte e quattro era quella
che teneva meglio la strada, la
più divertente da guidare.
Esteticamente aveva le
portiere molto avvolgenti e il
taglio rialzato della coda, che
in seguito diventeranno un
tema stilistico copiato e abu-
sato, ma nel caso della Fiat era
tutto in funzione di un coefficiente di penetrazione aerodinamico (0,32) decisamente
molto basso per l’epoca. Ma
quella vettura, peraltro, fu
anche la prima “tutto avanti”
mai tentata a Torino su modelli di grande cilindrata, e diventò da subito un vero laboratorio per sperimentare soluzioni all’avanguardia.
Sin dalla sua prima apparizione, per esempio, montava
il motore a benzina 2.0 CHT
(ad alta turbolenza controllata) che riduceva drastica-
I MODELLI
●
Auto
mente il consumo di carburante. Ma la sua più grande
innovazione arrivò nel 1988,
cioè dopo tre anni dall’inizio
delle vendite, quando ai due
motori a gasolio tradizionali
si aggiunse la versione a iniezione diretta, il primo motore
siffatto mai installato su
un’auto di grande serie. Era il
segnale di quanto in Fiat fossero all’avanguardia sul diesel, come si capì (ma non si
sfruttò a dovere) con la geniale ideazione del common rail,
che prese corpo pochi anni
dopo.
La Croma in cifre
500
milioni
L’INVESTIMENTO
Per lo sviluppo della Croma la Fiat
ha investito 500 milioni di euro: meno
di quanto costi un modello
interamente nuovo, grazie all’utilizzo
della piattaforma Epsilon della General
Motors
Quante rivali tra station e berline
ma il mercato è sempre più in crisi
L MERCATO delle vetture meIcome
die, quello conosciuto anche
segmento D, è in calo sia in
50.000
5
23.200
200Cv
450
mila
I MOTORI
Sono cinque i motori disponibili
per la Croma: due a benzina (1800
e 2200) e tre turbodiesel, due
quattro cilindri di 1,9 litri e un
cinque cilindri di 2,4 litri. Per tutti i
diesel, il cambio è a sei marce
IL PREZZO
È di 23.200 euro il prezzo d’attacco
della Fiat Croma 1900 TD da 120 Cv.
Già nel primo livello di allestimento è
disponibile il climatizzatore, l’ESP e
sette airbag. La versione di punta
sfiora i 30 mila euro
LA POTENZA
Il cinque cilindri turbodiesel di 2,4 litri,
con distribuzione a quattro valvole per
cilindro e alimentazione Multijet,
dispone di ben 200 Cv, un valore
record per i motori a gasolio di questa
categoria
LA PRIMA CROMA
In quasi dieci anni di vita, la prima
generazione della Croma è stata
venduta in 450mila unità. Fra i suoi
punti di forza figuravano la versatilità di
impiego e i motori sovralimentati, sia a
benzina sia a gasolio
17
Dalla Mondeo alla Zafira, monovolume e crossover: la sfida difficile dell’italiana
TOMMASO TOMMASI
LE VENDITE
La Fiat conta di vendere almeno 50
mila unità all’anno, in Europa. Peraltro
lo stabilimento di Cassino, dove la
Croma viene prodotta assieme alla
Stilo, consentirebbe volumi superiori
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Italia, sia in Europa. Colpa (o merito?) delle alternative, costituite
da Suv compatti, monovolumi
medi e Crossover, vetture che
vengono proposte come funzionali evoluzioni delle classiche
berline e station wagon. E colpa
anche delle nuove proposte del
segmento C, quello della Golf, per
intenderci, che rispondono in
pieno alle esigenze del mercato
delle vetture più grandi: il tutto, a
prezzi evidentemente più convenienti. In sostanza, anche fra i segmenti delle
compatte e delle medie si va verificando quanto sta da tempo
accadendo nell’ambito delle
piccole (Punto,
Corsa, Yaris &
C.) rispetto alle
compatte.
In Europa, il
segmento D vale 2.300.000 immatricolazioni,
ovvero il 15% di
tutte le vendite.
Questo almeno
prevede, per il
2005, la JDPower-LMC. Lo scorso anno, la
vendite delle medie avevano raggiunto il 17% e, sempre nelle previsioni della società angloamericana specializzata in analisi di
mercato, la quota scenderà sino al
14% nel 2007 per poi prendere un
po’ di fiato negli anni subito successivi. In Italia, le medie, nel
2004, con 178.000 immatricolazioni hanno chiuso al 7,8% dell’in-
tero mercato, in discesa dal 9,2%
dell’anno precedente. In Europa,
nel 2004, la media più diffusa è stata la Bmw Serie 3 e in Italia l’Alfa
156.
In effetti, oggi affidarsi a classificazioni molto rigide non ha più
tanto senso. Nell’area delle vetture di classe media, infatti, si sono
inserite proposte che tendono a
soddisfare più compiutamente i
diversi stili di vita della potenziale
clientela. Luca De Meo, responsabile del brand Fiat, nel presentare
la Croma, ha indicato come potenziali concorrenti la Ford Mondeo, la Opel Vectra, la Renault Laguna, la Peugeot 407, la Opel Zafira. Si tratta di vetture tutto som-
LAGUNA GRAND TOUR
La station della Renault è
indicata come una delle rivali
della Fiat Croma. Insieme
ci sono: Ford Mondeo,
Opel Vectra, Peugeot 407
e Opel Zafira
mato convenzionali, mentre Croma appare più un incrocio fra monovolume medio e crossover. Forse la sola Zafira, con i suoi sei posti, esprime una tipologia di vettura a se stante, cosa espressa ancor
più compiutamente dalla Opel Signum che però non ha ottenuto,
con 23.000 vendite in Europa, il
successo che la GM si aspettava.
C’è dunque anche nell’ambito
delle vetture di classe media una
certa confusione di ruoli. Analizzando le proposte presenti in quest’area di mercato, troviamo quattro berline della categoria cosiddetta “premium” perché prodotte
da marche di prestigio: Audi A4,
Bmw Serie 3, Mercedes Classe C,
Volkswagen
Passat. E, guarda caso, sono
proprio queste
le vetture — tutte berline classiche — ad aver
conquistato,
messe insieme,
una significativa fetta del mercato europeo di
riferimento,
con
circa
700.000 vendite
nel corso del
2004. Dietro a
questa cifra che
potrebbe far
pensare al successo, ci sono però dei segni di
flessione preoccupanti: Serie 3 è
sotto del 18% rispetto alle vendite
dell’anno prima, Audi A4 (-10%),
Classe C (-4%), Passat (-19%). È
dunque crisi. La conferma viene
da altri prodotti presenti nello
stesso segmento, tutti in netta
flessione: Ford Mondeo (-14%),
Renault Laguna (-30), Alfa 156 (16), Nissan Primera (-27).
18
I MODELLI
●
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Auto
Mercedes Classe B
Mercedes
Classe B
Il nuovo modello della casa di Stoccarda per anticipare tutti nell’evoluzione delle forme
CROSSOVER
“Sport Tourer”, prima generazione
DANIELE P. M. PELLEGRINI
A CONSOLIDATA immagiL
ne Mercedes è quella di un
marchio tedesco secondo lo
l’intervista
Oggi ci vuole
l’auto che faccia
un po’ di tutto
EONARDO Fioravanti,
L
dopo aver disegnato
tante Ferrari, ha affrontato
il tema dell’innovazione
da diversi punti di vista,
compresa l’invenzione del
tetto apribile rotante applicato sulla Ferrari Superamerica.
Come giudica questa
tendenza verso vetture
sempre più alte e spaziose?
«La moda delle crossover, e in generale la tendenza alle carrozzerie a tetto
alto, non rappresenta realmente un’innovazione dell’architettura dell’auto ma essenzialmente
una variante
che mira a superare le classificazioni rigide
esistite per molto tempo: berli- Leonardo
ne, station wa- Fioravanti
gon, coupé e così via. Oggi il cliente, dopo
aver dovuto scegliere fra
un’offerta molto diversificata, si è orientato verso un
auto che faccia un po’ di
tutto e vada bene un po’
per tutto. Poi su questo il
marketing gioca a enfatizzare il senso di novità».
Questa tendenza potrà
contaminare anche le
sportive? Diventeranno
anche loro più alte e spaziose?
«No, si può usare il termine sportiva o coupé, come è stato fatto nel caso,
per esempio, della Avantime, ma è un controsenso.
Perché una sportiva è tale
perché ha il baricentro
basso, e questa è una condizione irrinunciabile per
avere quelle caratteristiche dinamiche che giustificano il termine sportiva.
Si possono fare delle Suv
con prestazioni mostruose
ma non saranno mai vetture sportive. Si può invece
fare ancora moltissima innovazione, rimanendo
nell’ambito delle architetture attuali, ideando cose
moderne e originali. Basta
vedere cosa si è fatto negli
ultimi anni riguardo i tetti
apribili e, in generale, la
funzionalità del padiglione. Per innovazioni più radicali bisognerà modificare l’intera architettura del
veicolo ma questo si potrà
fare soltanto quando saranno disponibili nuovi sistemi di propulsione (fuel
cell o altro) che avranno ingombri ed esigenze tecniche del tutto differenti».
(d. p. m. p.)
stereotipo più classico: un costruttore accurato, sostanzialmente conservatore, scrupolosamente dedicato alla realizzazione dei propri piani con
i tempi dettati dall’ingegneria
piuttosto che dal mercato. Così può sorprendere vedere la
particolare vivacità nell’evoluzione dei modelli che la casa
di Stoccarda sta esibendo negli
ultimi anni, con particolare riguardo allo sviluppo di tipologie innovative e del tutto differenti dalle tradizionali berline.
L’osservatore comune potrebbe vedere nella comparsa,
in tempi relativamente brevi,
di SUV e di quasi-monovolume, la ricerca di nuove aree di
mercato sull’onda della moda
coltivata da marche meno prestigiose. A sentire gli uomini
Mercedes, invece si scopre
(come c’era da aspettarsi) una
strategia precisa e programmata per tempo, che guarda
oltre le mode e che invece intende anticipare i concorrenti
diretti sulla strada di una prevista ed inevitabile evoluzione
del mercato. Alla base di tutto
c’è la considerazione che le
berline classiche sono avviate,
se non all’estinzione, a una fase di “crescita zero” che inevitabilmente seguirà l’evoluzione degli stili di vita. Quindi, per
andare incontro alle esigenze
del proprio pubblico, la strada
scelta da Stoccarda passa attraverso modelli meno standardizzati, quelli che sinteticamente vengono definiti
crossover, con una terminologia di moda e abbastanza vaga
al punto da essere buona per
tutte le stagioni.
Questa strategia, pensata
già ai tempi della nascita della
Classe A, si è successivamente
precisata e sviluppata, come
hanno dimostrato i prototipi
presentati negli ultimi anni, ed
entra ora nella fase esecutiva
con la commercializzazione in
rapida successione della nuova generazione della Classe A,
dell’inedita Classe B e della
prossima Classe R. I tre modelli complessivamente compongono un panorama di veicoli non convenzionali per i
quali la Mercedes ha creato la
specifica denominazione
Sports Tourer, un po’ per trovare una formula originale e
molto per esorcizzare il pericolo che venissero chiamati
genericamente monovolume.
A Stoccarda infatti pensano
che queste vetture, a parte l’architettura generale, non siano
delle monovolume in
senso stretto, ma
piuttosto il
naturale sviluppo delle berline
e delle station wagon di lusso al
quale tutti i marchi di prestigio
dovranno prima o poi adattarsi.
La Classe B rappresenta
quindi il primo gradino nella
scalata al nuovo prestigio
chiamato “sport tourer” e nasce come evoluzione tecnica
della Classe A, con la quale
condivide l’ingegneria di base
e la sede produttiva, nell’impianto di Rastatt. Grazie a questi due elementi il progetto
è anche industrialmente conveniente perché esiste una
notevole co-
I MODELLI
●
Auto
munanza di componenti (da
parte del pianale ai sistemi di
bordo, dai motori sino ai cambi) e inoltre sarà possibile contare su una grande flessibilità
produttiva fra i due modelli
nell’ambito della capacità
produttiva totale che è
di trecentomila
vetture all’anno.
la prova
Visibilità e controllo
ma poca flessibilità
CARROZZERIA
Monovolume 5 porte, 5
posti lunghezza 427 cm,
larghezza 178, altezza 160
MOTORI
Turbodiesel 2.0 (109 e 140
Cv), benzina 1.5 (95 Cv) 1.7
(116 Cv), 2.0 (136 Cv) e 2.0
Turbo (200 Cv)
PREZZI
Versioni benzina da 22.530
a 29.280 euro, turbodiesel
da 25.530 a 28.900 euro
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
19
il mercato
Monovolume ma compatta
è questo il “dopo Scenic”
TOMMASO TOMMASI
A VERA rivoluzione nel moL
do di proporre l’automobile
ha preso corpo con la nascita
delle monovolume medie. Gli
automobilisti europei avevano
già intuito la validità del concetto di monovolume, ma le poche
proposte iniziali, tutte di grandi
dimensioni e di prezzo elevato
(Chrysler Voyager, Renault
Espace), ne avevano limitato la
diffusione. Poi apparve la Scénic
e fu subito un grande successo,
che dura ancora oggi, con la seconda generazione di questa indovinata vettura che continua
ad essere la best seller europea
della categoria, con 308.000
unità vendute nel corso del 2004
(39.200 solo in Italia).
All’inizio non ci credevano
tanto nemmeno in Renault, poi
la travolgente richiesta dei consumatori, che finalmente avevano a portata di portafoglio la
tanto desiderata monovolume,
fece cambiare idea anche alle
concorrenti: e così il segmento
delle Mpv medie è cresciuto a dismisura. In Italia costituiscono
poco meno dell’8% delle vendite totali, con un volume stimato
in 200.000 unità per l’anno in
corso. Nel 2004 la quota fu del
7,6%, pari a oltre 175.000 immatricolazioni. In Europa il segmento assorbe circa 1,5 milioni
di unità, poco più del 10% del
mercato.
Antesignana della categoria e
ancora oggi protagonista sia in
Europa che in Italia, Scenic deve
vedersela anche con concorrenti aggressive, come la Opel Zafira (186.000 vendite in Europa,
19.000 in Italia), la Citroen Picasso (187.000 e 25.000), la Volkswagen Touran (183.000 e
15.000) e la Ford C-Max (155.000
e 19.000). In questo quadro di
grandi cifre, gioca un ruolo modesto la Fiat Multipla, per la quale a suo tempo fu stilato un piano industriale (e quindi commerciale) molto contenuto, che
non avrebbe mai superato le
50.000 unità l’anno. Oggi la monovolume media della Fiat naviga attorno alle 20.000 immatricolazioni annue in tutta Europa,
poco più della metà di quante la
Scenic ne ottiene solo in Italia.
Il futuro delle monovolume di
taglia media nel nostro mercato
ora è condizionato dal successo
delle compatte, come Opel Meriva, Fiat Idea, Lancia Musa: non
è escluso che proprio l’effetto
dimensione e prezzo, che dette
vita al grande successo delle
Mpv medie, diventi l’arma vincente di quelle di taglia minore.
L’offerta peraltro resta effervescente: Volkswagen ha recentemente introdotto la Golf Plus,
Mercedes arriva con l’elegante
Classe B, Opel ha pronta la nuova Zafira. Insomma, la gara continua.
NCHE se le dimensioni e la categoria di riA
ferimento sono quelle delle monovolume
compatte, le ambizioni della Classe B sono sostanzialmente differenti e quindi la valutazione
non può prescindere da quel plus che il cliente
si aspetta da una vettura di prezzo più alto e con
il marchio Mercedes. Da questo punto di vista
la Classe B si presenta con il biglietto da visita di
una linea sicuramente riuscita, apprezzabile
sia nel design sia nella razionalità dell’impostazione. Lo slancio sportiveggiante conferisce
una piacevole presenza su strada e la particolare struttura del pianale (con il pavimento a
sandwich che ospita in parte il gruppo motopropulsore) favorisce l’ottimo sfruttamento
degli ingombri esterni.
Considerando la lunghezza totale di 4 metri
e 27, l’abitacolo offre spazio per 5 posti comodi
con una capacità di carico che parte da un minimo di 544 litri: valori che corrispondono a
quelli di una berlina convenzionale sensibilmente più ingombrante. E’ limitata invece la disponibilità di quegli accorgimenti che caratterizzano le monovolume in cerca della massima
flessibilità interna: c’è il baule sdoppiato, con
doppio fondo al livello della soglia di carico, ma
il sedile posteriore è fisso e solo come optional
è prevista la possibilità di smontarlo e di ripiegare quello anteriore del passeggero.
Il concetto di “sports tourer” si rivolge piuttosto all’impostazione del posto guida che privilegia la visibilità e l’ampia possibilità di regolazione di sedile e volante, a beneficio della sensazione di controllo. Questo aspetto introduce
a caratteristiche di guida che sono intermedie
fra quelle di una monovolume e quelle di una
berlina compatta: ci sono cose buone, come la
sostanziale facilità di guida e la progressività
delle reazioni anche nelle manovre brusche,
ma, se si intende la guida in chiave effettivamente sportiva compaiono anche dei limiti, a
partire dalla relativa sensibilità del servosterzo
elettrico. Quest’ultimo si fa perdonare, dal punto di vista della sicurezza, perché dispone del sistema steer control che, quando interviene il
controllo di stabilità, agisce sulla servoassistenza in modo da favorire le manovre corrette da
parte del pilota e contrastare quelle errate.
La gamma di motorizzazioni è tanto vasta da
proporre numerosi gradi di brillantezza con
differenze anche notevoli: basti pensare che si
va dai 95 Cv del 1500 a benzina ai 193 del 2000
turbo. E anche sul versante diesel si può spaziare, scegliendo fra i 109 e i 140 Cv.
(d. p. m. p.)
HONDA FR-V
Classe R
Ispirazione automobilistica, linea da station e un pizzico di sport utility
Tanto lusso in una crossover
ecco la wagon “allungata”
FLAVIO POMPETTI
NEW YORK — Quando la Mercedes introdusse la Classe M il segmento dei Suv era ben ancorato
alle radici del fuoristrada cui era
appartenuto fino ad allora, con
carrozzerie spigolose e interni
spartani, e nessuna casa automobilistica aveva sognato uno sconfinamento nel campo del lusso. La
Classe M ebbe l’effetto di spingere l’intero settore verso la nuova
direzione, e di aprire il varco ad
una tendenza che dura ancora oggi.
Un decennio dopo la Mercedes
ci riprova con un altro debutto inconsueto per la casa di Stoccarda:
la Classe R rappresenta
infatti il tentativo di conquistare
la supremazia tra i moderni crossover. E’ un compito complicato
visto che sul mercato ci sono altri
concorrenti: Cadillac, Infinity e
Dodge hanno già esplorato questa nuova nicchia rispettivamente con l’SRX, il FX35/45 e il Magnum, tre vetture che brillano per
il successo di pubblico e per il
margine di profitto che garantiscono. La Mercedes entra in lizza
rilanciando la posta con un prezzo di listino entro i 50.000 dollari
per le versione a passo lungo del
mercato americano, ma soprattutto con un modello che ancora
una volta si incunea con efficacia
tra quelli esistenti.
La sua ispirazione è puramente
automobilistica, visto che la piattaforma è quella della Classe S con
l’aggiunta di un paio di centimetri
di lunghezza. E pur rispettando
quella violazione di canoni che è
obbligatoria per un crossover,
l’eredità annunciata e percepita è
quella delle station wagon, con un
corpo che si allunga con un profilo elegante piuttosto che gonfiarsi muscolarmente in direzione
SUV.
All’interno un rigoroso studio
dello spazio e delle forme impedisce pericolosi accostamenti alle
monovolume che ne deprezzerebbero l’immagine, o ai truck, la
cui vicinanza è limitata alla semplice adozione della trazione integrale. La R è piuttosto la carlinga di
un moderno sistema di trasporto,
con poltrone di prima classe davanti, business in seconda fila e
una turistica nobilitata dalla pelle
in terza. Una breve leva a destra
del canotto dello sterzo aziona il
cambio automatico a sette marce,
e due pulsanti sul volante richiamano il comando manuale. Lo
spazio così liberato nel tunnel
può ospitare un centro di comando del condizionatore d’aria, navigatore, sistema audio/telefono
e presa per un lettore MP3.
La dizione “Sport Tourer” con
la quale la Mercedes introduce la
R appare chiara nella scelta dei
motori: V6 e V8 da 3 fino a 5,5 litri,
ai quali si aggiungerà un 6,3 litri
AMG da 496 cavalli. Una dotazione adeguata alle ambizioni sportive della vettura, la cui sicurezza
di guida è protetta dal controllo
elettronico della stabilità e da un
arco di airbag che si estende fino
alla terza fila di sedili. Sia la versione a passo lungo per il mercato
americano sia quella a passo corto destinata all’Europa saranno
costruite nella fabbrica dell’Alabama, ampliata per l’occasione.
Auto
I MODELLI
●
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
21
Lo strano mercato
dei Suv, dove
il modello conta
più del marchio
Tanto che
fra le dieci più
vendute ben tre
sono coreane
port utility
S
l’intervista
Sono come le auto
non c’è motivo
per discriminarle
ALVATORE Pistola è
S
presidente dell’Unrae, l’associazione delle
case estere in Italia, nonché presidente ed amministratore delegato di
Land Rover Italia. E’ dunque doppiamente in prima linea nella difesa dei
Suv, da tempo sotto accusa per il loro impiego in
città.
«Intanto vorrei evidenziare che nel Codice della
Strada il Suv non ha una
sua classificazione tecnica. Esistono solo automobili e
autocarri.
Quindi, già un
attacco specifico ai Suv è assai
discutibile».
Ma a Firenze
fanno sul serio: i Suv non
possono circolare.
« A t t e n d i a - Pistola
mo l’8 luglio (Land Rover)
per conoscere
l’esito dell’udienza sulla
richiesta di sospensiva
avanzata dall’Unrae, basata sull’illegittimità di
un provvedimento discriminatorio».
Perché parla di discriminazione?
«Semplice: i veicoli oggetto del divieto di circolazione hanno le stesse
caratteristiche di berline,
wagon e monovolume di
analoghe dimensioni».
Quale segnale coglie
da quanto sta accadendo
ai Suv?
«Siamo preoccupati
per i continui attacchi
portati all’automobile.
Ricordo che in Italia l’auto resta l’unico mezzo di
trasporto in grado di garantire la mobilità».
(t. t.)
NISSAN MURANO
Sono i nuovi fuoristrada. Ecco come in pochi anni hanno cambiato pelle
CARLO CAVICCHI
ARÀ anche perché certe
S
versioni montano le gomme tassellate, fatto sta che
adesso i Suv sollevano un polverone inusitato. I gipponi, come ancora mezza Italia li identifica con un bel calcio alla sintesi di Sport Utility Vehicle, sono entrati nel cuore degli automobilisti sulla scia di un successo che muove dall’America
e che qui, soltanto dieci anni fa,
pareva impossibile che potesse attecchire.
Grandi e grossi, spesso usati
senza troppo criterio da proprietari che si credono in diritto di poter fare tutto visto che il
mezzo permette loro quasi tutto, sono ormai il bersaglio fisso
di chi li inquadra per le loro
peggiori caratteristiche (dimensioni, motori grossi, tenuta di strada in certe situazioni
un po’ critica) ma sono anche
la passione di chi ne apprezza
le indubbie qualità (robustezza, moda, tenuta di strada eccezionale in certe altre condizioni).
Di sicuro non sono più quelli di una volta, cioè dei veri
mezzi per il fuoristrada. Oggi a
bordo regna il lusso, mentre
fuori comanda un design sempre più estremo e attento a colpire l’immaginario dei possibili proprietari. Poi, certo, sulla neve alta se la cavano bene,
nel fango ci si ficcano già un po’
meno bene (quelli più trendy,
soprattutto) e nel traffico faticano assai per via di dimensio-
Grandi, grossi e lussuosi
Inarrestabili quei gipponi
ni non troppo adatte alle città
europee. Però non vanno criminalizzati indiscriminatamente perché non tutti inquinano allo stesso modo, non
tutti sono nelle mani di maleducati, e perché si vanno sempre più avvicinando al gusto
europeo, che è meno sfacciato
di quello oltre Atlantico.
In più, non si può fare di tut-
GIGANTE PATHFINDER
Dimensioni molto generose e
aria muscolosa per la
Pathfinder, che completa la
gamma di Suv Nissan.
Utilizza un 2500 turbodiesel
forte di ben 177 Cv e
dispone di tutto il corredo
tecnico delle vere 4x4, marce
ridotte comprese
ta un’erba un fascio, perché ormai sono Suv sia veicoli di dimensioni ridotte, con motorini diesel estremamente efficienti e risparmiosi, sia dei
mezzi di derivazione bellica o
con potenze e prestazioni da
F.1. In mezzo, tra un minimo e
un massimo legato al prezzo di
listino, ci sono anche tante giuste misure, capaci di soddisfa-
re tutte le tasche e che hanno
nei prodotti coreani la miglior
sintesi: dimensioni generose,
motori furbi, costi contenuti.
Comunque sia hanno molta
personalità, quella che li fa
amare od odiare con la stessa
vivacità perché dividono in
maniera manichea (o di qua o
di là) l’opinione pubblica. In
pratica non ci sono spostamenti progressivi del piacere,
ma succede che una bella mattina un tale che diceva “io mai
lì sopra” si scopre folgorato e
non solo si converte, ma diventa missionario.
E’ accaduto a tanti e sta accadendo sempre di più, anche
perché i costruttori su questi
mezzi ci guadagnano, ci fanno
i soldi veri, e fiutato l’affare non
lo mollano più. Ecco perché,
nel giro di quattro o cinque anni, sono usciti Suv sempre più
cuciti addosso al gusto corrente, come quelli più lussuosi e
modaioli, ed anche perché arriva adesso un veicolo estremamente attento all’ambiente come il magnifico ibrido
della Lexus che zittisce anche i
più tenaci oppositori.
«Al cuore, Ramon», sibilava
Clint Eastwood uscendo dalla
nuvola di fumo nel memorabile duello finale con Gian Maria
Volontè, nel film “Per un pugno di dollari”. E al cuore del
mercato ci vanno un po’ tutti e
chi non ci va (o non è capace
d’andarci) può solo urlare e
strepitare, in attesa di arrivare
in fretta con un modello che sicuramente ha già nel cassetto.
22
I MODELLI
●
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Auto
I MODELLI
●
Auto
ENRICO VIOLI
N ALTRO giro di giostra: davvero non vorresti più scendere dalla nuova Grand Cherokee impegnata sul breve percorso artificiale che simula alcuni passaggi degni del Camel
Trophy. Un bel divertimento,
ma sotto l’aspetto tecnico è la
prova che il nuovo modello resta
una fuoristrada autentica. Come
del resto ben scolpito nel DNA di
Jeep. Una dimostrazione accademica, tuttavia, perché la nuova generazione della Grand Cherokee ha orizzonti ben più ampi.
I responsabili del marchio
americano di DaimlerChrysler
non hanno infatti nascosto l’ambizione di riguadagnare i vertici
di quel mercato dei Suv di lusso
che procura sostanziosi guadagni alle case e fa venire l’acquolina in bocca ai facoltosi clienti. Gli
italiani poi, che l’hanno adottata
fin dalla metà degli anni Novanta, sono particolarmente sensibili al suo fascino. Con il suo stile
così yankee, un cocktail di grinta
e raffinatezza, la vecchia Grand
Cherokee ha infranto molti cuori, anche femminili. E la nuova,
per non essere da meno, cerca la
sua strada puntando proprio sul
mutamento di pelle e carattere:
la carta obbligata da giocare per
competere con successo in un
sottosegmento nel quale la concorrenza è qualificata, agguerrita e sempre più numerosa.
La metamorfosi è compiuta: la
Grand Cherokee, perfetta figlia
del suo tempo, diventa una sport
utility a tutti gli effetti. Le linee
perdono un po’ di personalità e
di fascino, specie nella parte posteriore, ora più anonima, mentre le dimensioni guadagnano
qualche centimetro. Il lusso, nell’abitacolo, si adegua alle aspettative di una clientela molto esigente: pelle e alluminio sono
abilmente accostati e ricordano,
per l’eleganza e la solidità che
trasmettono, quanto sia stretta
la parentela con Mercedes. La
maggior disponibilità di spazio a
bordo, specie in altezza, e le dotazioni hi-tech sono già un valido biglietto da visita.
Ma una sport utility si giudica
soprattutto da come si comporta
su strada. Specialmente se punta ai vertici. Bene, la Grand Che-
U
SUV
l’intervista
Un grande rilancio
grazie al diesel
E adesso l’ibrido
TOMMASO TOMMASI
TTENZIONE alA
l’ambiente e primo
fuoristrada diesel Euro4. Bel colpo per la
Honda rimasta tanto
tempo senza auto a gasolio. «Il nuovo motore
diesel 2.2 è stato accolto
decisamente bene —
dice Umberto Furlan,
vicepresidente di Honda Italia — L’F-RV che
con il solo benzina raccoglieva 2-300 ordini al
mese ora è
schizzato a
600. E va molto bene anche
il C-RV, che è
il primo sport
utility ad offrire in Italia
un diesel Euro4».
L’impiego
di questo prop u l s o r e s i Furlan
e s a u r i s c e (Honda)
qui?
«No. Intanto, è già offerto sulla Accord nelle
versioni berlina e station wagon e poi sarà
una delle proposte di
punta della ottava generazione della Civic».
Come sarà questa
nuova Civic?
«Abbiamo esposto un
prototipo al salone di
Ginevra di marzo scorso e sarà la stessa che
vedremo a settembre a
Francoforte come prodotto di serie, destinata
ad arrivare sul mercato
italiano a fine anno».
Quale sarà la strategia commerciale?
«E’ prematuro parlare di prezzi, ma di certo
collocheremo la Civic
nella parte alta del segmento C, quello della
Golf, per intenderci. Per
sfidare proprio i modelli più attraenti, i cosiddetti prodotti “premium”. Con un’arma in
più: la motorizzazione
ibrida benzina-elettrica, che verrà offerta sulla Civic in Italia già nel
corso del prossimo anno».
Un atto di fede nei
confronti dell’ibrido,
insomma.
«Si, perché il diesel è
vicino alla saturazione
e non costituisce la soluzione ecologica per il
traffico cittadino».
Quali le tempistiche
di diffusione dell’ibrido sui prodotti Honda?
«Il 2007 sarà un anno
molto importante, in
questo senso».
Jeep Grand Cherokee
Look di sempre, meccanica più raffinata e un nuovo diesel 3.0
Ancora tanto yankee
ma avanza lo stile europeo
rokee, anche sotto questo aspetto ha le carte in regola perché la
rivoluzione è stata di quelle epocali per un marchio conservatore come Jeep. Il ponte rigido anteriore, presente fino all’ultima
serie, è finito nell’album dei ricordi: le sospensioni indipen-
denti e lo sterzo più diretto consentono adesso di affrontare
tanto i tornanti di montagna
quanto i curvoni delle autostrade con naturalezza, senza combattere troppo col sottosterzo.
Perfino la guida in città risulta
meno stressante, una volta fatto
l’occhio alle dimensioni che sono pur sempre importanti.
Bisogna però riconoscere che
queste inedite attitudini del telaio sarebbero poco apprezzate
se non avessero il supporto di un
paio di partner formidabili. Il
motore 3.0 Crd, un 6 cilindri tur-
Hummer
H3
bodiesel common rail che parla
con l’accento di Stoccarda, dà le
ali ai piedi alla Grand Cherokee,
facendo quasi dimenticare che è
tutt’altro che un peso piuma. Ma
se volete provare emozioni decisamente più forti, anche quando
si fa il pieno, la scelta obbligata è
il poderoso 4.7 Hemi a benzina:
questo 8 cilindri parla invece un
perfetto americano e, manco a
dirlo, è gettonatissimo in patria.
L’altro prezioso partner, la trasmissione, è la più recente evoluzione della Quadra Drive, ovviamente a gestione elettronica, e
viene costruita, come del resto
l’intera vettura, negli stabilimenti Magna Steyr di Graz. Proprio quelli che da anni collaborano con Mercedes e che sono una
referenza nel campo della trazione integrale. Così non sorprende che, anche senza usare il
cambio automatico in sequenziale, se ne apprezzi la capacità
di scegliere sempre il rapporto
giusto e la dolcezza degli innesti.
Honda
C-RV
“RISTRETTO”
SECONDO ATTO
Anche la più esagerata
delle Suv, la Hummer, si
presenta in un’edizione
un po’ meno estrema: è
in arrivo la H3, che si
“accontenta” di un
cinque cilindri 3500 in
luogo del V8 5300 della
H2. E la lunghezza
scende a 474 cm,
contro i 517
dell’originale
Seconda giovinezza per
la Honda CR-V, sul
mercato dal lontano
1995: merito di un
consistente restyling e
soprattutto dell’arrivo
del brillante turbodiesel
di 2,2 litri da 140 Cv, il
primo motore a gasolio
sviluppato in casa dal
costruttore giapponese
Mercedes Classe M
A COSA che colpisce subito,
L
a bordo della nuova Mercedes ML, è la mancanza della leva del cambio sulla console tra i
due sedili. La sua funzione è assolta dalla levetta che spunta
dietro il volante, sulla destra, e
che con brevissimi movimenti
dà gli impulsi elettrici per inserire le marce: che in questo
cambio automatico sono ben
sette. Ma questa è solo una delle tante novità perché la ML è il
primo modello tutto nuovo da
quando la sport utility tedesca
venne presentata nel 1997, insieme allo stabilimento in Alabama dove sarebbe stata prodotta. Allora, tra i Suv di fascia
alta c’era solo la Range Rover e,
un gradino più in basso, la
Grand Cherokee.
Dopo qualche stagione di
gloria, l’immagine della ML fu
messa un po’ in ombra da rivali
più moderne, dallo stile più aggressivo e dalle prestazioni più
elevate. Adesso, con la seconda
generazione, il recupero sembra compiuto. A cominciare
Abitacolo che ricorda un’ammiraglia, cambio a comando elettrico. E persino le ridotte
Interni di classe e meccanica hi-tech
ecco la tedesca nata in Alabama
dall’“occhio”: le linee sono più
intriganti, slanciate ma inconfondibilmente Mercedes.
L’abitacolo è un sontuoso salotto in cui ci si accorge di essere a bordo di un Suv solo quando si guarda fuori dai finestrini. Finiture e dotazioni sono
adeguate alla classe della
vettura e il rollio, tipi-
ca spina nel fianco delle sport
utility, in pratica è scomparso,
per merito anche delle sospen-
sioni pneumatiche semi-attive
che, con vari settaggi, consentono alla Mercedes ML un assetto automobilistico. Alle prestazioni
ci pensano i motori che, come
tradizione
Mercedes,
offrono so-
lo l’imbarazzo della scelta. Pochi dubbi comunque che, almeno in Italia, il best seller sarà
il diesel V6 3.0 a iniezione diretta common rail: tutt’al più l’alternativa si porrà tra la 280 Cdi
da 190 Cv e la 320 Cdi da 224 Cv,
una appena sotto la soglia dei
50.000 euro, l’altra sopra.
Riservati ovviamente a una
nicchia i due motori a benzina,
un V6 3.5 da 272 Cv e un V8 5.0
da 306 Cv, in attesa di altre unità
ancora più potenti. La trasmissione, in ogni caso di tipo integrale permanente, non prevede, al contrario del modello
precedente, le ridotte come dotazione standard. Le marce corte sono infatti prerogativa di
una versione speciale, denominata Offroad Pro, che comprende un pacchetto di accessori dedicati, dalle sospensioni pneumatiche specifiche alle protezioni per la carrozzeria. Ma chi
avrà cuore di portare l’algida
Stella a inerpicarsi su una mulattiera o a guadare un fiume?
(e. v.)
ON aveva certo nascosto le
N
sue intenzioni, Land Rover,
quando al salone di Detroit 2004
presentò il prototipo Range Rover Stormer. Un ardito esercizio
di stile che esibiva muscoli e
suggeriva vortici di potenza.
Poi, come sempre succede con
il passaggio alla produzione di
serie, la concept car è diventata
molto più tranquilla nell’aspetto. E anche più banale nel nome,
mutato in Sport. Con la nuova
Range Rover Sport, al debutto
sui mercati proprio in queste
settimane, Land Rover spera di
creare grandi problemi alle
concorrenti. Perché la risposta
alla Porsche Cayenne e alla
Bmw X5, almeno per quelle versioni più dotate di cavalli, è appunto la Land più sportiva, potente e veloce mai costruita. Ormai lontana parente della classica Range Rover nata più di 30
anni fa per portare a spasso i
lord inglesi nei viottoli delle loro tenute di campagna. Era l’an-
Range Rover Sport
Linee più snelle e alte prestazioni per l’antesignana delle 4x4 d’alto bordo
Nel segno dell’elettronica
la regina diventa sportiva
tesignana dei Suv, quella. E la
Sport è un tipico, forse estremo
prodotto dell’evoluzione della
specie. Una nuova candidata al
ristretto club delle GT 4x4, una
categoria che sta conoscendo
un successo crescente, dalla
quale un marchio specialistico
come Land Rover non poteva
certo restare assente. Tanto più
in quanto appartenente al Premier Automotive Group di
Ford, quindi con un’immagine
da difendere e una sua missione
ben precisa da compiere.
La Sport è una Range Rover, la
si riconosce a prima vista, ma a
un esame più attento non sfuggono il passo più corto — il pianale su cui nasce è quello della
Disvovery 3 — e soprattutto gli
enormi cerchi da 20 pollici di
diametro, più eloquenti del ruggito del motore. L’obiettivo di
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
dare una connotazione sportiva a un modello classico, impresa non facile, sembra comunque raggiunto senza cadute di
stile. A bordo si percepisce immediatamente l’attenzione dei
progettisti per il pilota, vero dominus della Sport. L’atmosfera
è, ovviamente, sportiva, con un
design in cui si fondono nostalgia e aperture allo stile hi tech. E
di tecnologia, questa volta senza compromessi, ne ritroviamo
tanta sotto la pelle tirata dagli
spigoli decisi, in contrasto con
le rivali che esibiscono vestiti
più morbidi. Il motore V8 sovralimentato di origine Jaguar, tanto per cominciare: è il più potente della gamma con i suoi 390
Cv (ma c’è anche un più abbordabile diesel 2.7 Td V6 che di cavalli ne ha quasi la metà e vanta
una coppia robusta). Motori di
questa caratura, abbinati a un
passo abbastanza corto e a specifiche geometrie delle sospensioni, promettono spiccate doti
dinamiche, sia in agilità sia in
prestazioni pure. Tanto da meritarsi un pingue corredo di
elettronica per garantire sicurezza e comfort all’altezza del
marchio e, soprattutto, delle rivali.
Così, la veloce guida su asfalto, terreno d’elezione della nuova Sport, oltre che sui sistemi di
controllo trazione, stabilità e
frenata, può contare anche sulle versatili sospensioni Dynamic Response per ottimizzare
l’assetto e permettere elevate
velocità di percorrenza delle
curve. Se poi qualche incorreggibile purista volesse provare il
brivido dell’off road, sappia che
la Range Rover Sport non si tirerà indietro. Dal suo repertorio
tecnico estrarrà quell’altra diavoleria che si chiama Terrain
Response, la stessa della nuova
Discovery, nota per la sua versatilità. E poi via dalla pazza folla
come le antenate, anzi molto
meglio, con il comfort frutto di
mezzo secolo di progresso.
I prezzi sono adeguati al blasone: si parte da 50.000 euro ma
con le versioni più potenti e accessoriate si superano tranquillamente gli 80.000.
(e. v.)
23
RX400 , l’ibrida con tre motori
così Lexus taglia le emissioni
NELLA California di
Schwarzenegger cominciano a circolare le
prime Lexus Rx 400h,
ma anche in Europa, dove sono d’attualità le
problematiche della
compatibilità urbana dei
Suv, sta finalmente per
debuttare la sport utility
del brand di lusso di
Toyota. Che, grazie alla
propulsione ibrida, garantisce infatti emissioni
di anidride carbonica simili a quelle di un’utilitaria.
Merito della tecnologia Hybrid Synergy Drive, che combina un motore a scoppio molto efficiente con una coppia
di motori elettrici, uno
per assale, per assicurare una trazione integrale “intelligente”. I risultati arrivano non soltanto nei consumi, paragonabili a quelli di una
due litri, ma anche nelle
prestazioni. Chi ha già
guidato la Rx 400h è rimasto impressionato
soprattutto dall’accelerazione senza strappi tra
le marce grazie anche
alla trasmissione a variazione continua ma
anche, cronometro alla
mano, dai tempi di notevole rilievo. Con una carta d’identità tecnologica
eccellente, uno stile in
bilico tra il raffinato e
l’understatement, un
abitacolo dove lusso e
praticità vanno a braccetto, la Rx 400h si è insomma già guadagnata
i galloni di ammiraglia
della gamma, della quale dovrebbe anche favorire il rilancio.
(e. v.)
24
I MODELLI
●
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Auto
OPO tanti racconti e trionD
fanti apparizioni nei motor
show, la Chrysler 300 C Touring
Lusso
Respinto l’attacco dei Suv e dei costruttori
stranieri le berline d’alto bordo made
in Germany continuano a crescere
su tutti i mercati. Ecco gli ultimi scenari
I MODELLI
●
Auto
arriva finalmente sul mercato. È
un’auto ricca di fascino, le cui linee raccontano lo stile e la potenza con cui l’America dell’auto continua ad immaginarsi
unica ed eterna. Grande wagon.
Moderna icona di una classe di
vetture con cui è cresciuta e ha
viaggiato la famiglia americana.
Una 300 C Touring che sarà
ambasciatrice del messaggio
Usa visto che è nata per l’Europa, per sfidare un mercato ricco
in cui le familiari, derivate dalle
più lussuose berline rappresentano circa il 40% del segmento
di appartenenza. Un confronto
non facile che la 300 C Touring
combatte con la personalità
dello stile, con spazi interni da
riferimento, con tecnologie e
motorizzazioni che hanno poco da invidiare a quelle della
vecchia Europa. Con in più un
fascino ben più intrigante. Perché se non si è solo maestri dell’apparire e si ha la passione nel
sangue, è difficile restare indif-
Chrysler 300 C
Ambasciatrice del messaggio Usa: super motori e linea muscolosa
Tutto il fascino americano
ecco la touring più intrigante
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
ferenti al sound profondo che
emette un motore Hemi 8V da
5.7 litri. Basta il nome per evocare la potenza delle grandi berline che si sfidano sugli ovali
americani. E che dire del design? La 300 C Touring affascina
con la linea da wagon sportiva e
filante. Una linea muscolosa
ma non prepotente, accentuata
da un frontale in cui si sposano
grinta ed eleganza.
Ma l’essenza della vettura va
ben oltre il design. Il volume del
bagagliaio, ad esempio, parte
da 630 litri con 5 persone a bordo per arrivare a 1.602 litri con
gli schienali posteriori ribaltati,
e con 2,07 metri di pianale a disposizione. E poi si può scegliere tra tre diverse motorizzazioni, e con la trazione posteriore
(RWD) o con quella a quattro
ruote motrici (AWD). A partire
dal 2.7 litri V6 da 193 Cv per passare al 3.5 litri da 249 Cv, fino al
leggendario Hemi da 5.7 litri e
340 Cv. Senza dimenticare finiture e allestimenti da far impallidire un’europea. Il lusso in tutte le sue declinazioni.
(v. m.)
Tedeschi
sempre più
padroni
MASSIMO NASCIMBENE
ATTACCO sferrato dalle
L’
grandi Suv, che si sono
conquistate buona parte del
pubblico più attento alle mode, ha colpito soprattutto loro.
Ma le berline e le station wagon
d’alto bordo non sembrano affatto intenzionate a sparire,
anzi, le nuove proposte fioccano in continuazione. Anche se
i consensi che riescono a raccogliere mostrano un evidente
calo, e se tutti i tentativi sin qui
condotti dai costruttori generalisti per andare all’attacco
della triade Audi-Bmw-Mercedes non sono riusciti a scalfire
in alcun modo l’assoluto predominio delle marche tedesche.
Ci hanno provato un po’ tutti, ma con risultati poco
confortanti sia per le marche
che hanno affrontato la sfida
con prodotti originali, come la
Renault Vel Satis, sia per quelle
che hanno puntato su formule
più convenzionali, quali la
Lancia Thesis o la Peugeot 607.
La stessa Jaguar, che pure di
blasone ne ha da vendere, di
clienti alle tre superstar tedesche ne ha rubati ben pochi.
Quanto ai giapponesi, al di là di
qualche tentativo sporadico finora sono rimasti alla finestra.
Compresa quella Lexus che
pure è nata per accreditarsi
quale marca “premium” a tutti
gli effetti, ma la cui presenza in
Europa, sin qui, non è andata
oltre la semplice testimonianza. Peraltro l’impressione è
che, anche quando il colosso
Toyota si deciderà finalmente
a spingere sull’acceleratore,
troverà difficoltà ben maggiori
di quelle incontrate negli Usa,
almeno su un mercato italiano
che a contenuti e razionalità
sembra continuare a privilegiare il valore del marchio.
Piuttosto, le berline tedesche dovranno guardarsi dalle
avversarie che si ritroveranno
in casa. Non bastassero le Suv,
la Mercedes sta lanciando
un’intera generazione delle
cosiddette Sports Tourer, delle
quali la Classe R non rappresenta che il primo passo. Allo
stesso modo, la Bmw ha deciso
di allargare la sua offerta affiancando alle carrozzerie classiche una formula capace di offrire di più in termini di abitabilità e versatilità. E altrettanto
si appresta a fare il gruppo VW.
Del resto, un po’ com’è già
successo nelle piccole e nelle
medie, anche nell’alto di gamma i costruttori stanno mettendo a profitto la possibilità di
realizzare più varianti di carrozzeria partendo dalla medesima base tecnica, e modificando non più del 30-40% delle parti. Che significa, in pratica, poter dar vita a tre modelli
diversi, nel prezzo e nella formula, spendendo gli stessi soldi richiesti da un singolo progetto interamente nuovo. Ed è
dunque inevitabile che, man
mano che si amplia il ventaglio
dell’offerta, i numeri di quelle
che un tempo erano le regine
incontrastate dell’alto di gamma siano destinati a diminuire.
Lexus Gs
Audi A6 avant
Numeri e segreti della nuova berlina del marchio di lusso della Toyota
Così il marchio, “terzo incomodo” tedesco, si è inserito tra Mercedes e Bmw
L’auto che corre sul velluto
il silenzio viene dal Giappone
La sfida più difficile
in nome di stile e tecnologia
VALERIO MONACO
ORRERE sul velluto. ViagC
giare nel silenzio senza
percezione della velocità e delle asperità della strada. Ma con
l’auto sotto controllo e in piena sicurezza. Sono le prime
impressioni al volante della
nuova Lexus, sia che abbia sotto il cofano il nuovo, silenzioso
e fluido V6 della GS 300, sia l’esuberante V8 della GS 430. La
Lexus GS della terza generazione è nuova nello stile, nella
meccanica, nella componentistica. Ma contiene, soprattutto, quanto di più avanzato i
giapponesi dell’auto sanno offrire in fatto di lusso, prestazioni, piacere di guidare, comfort
e sicurezza, attiva e passiva.
Tra i salotti del lusso a quattro ruote, insomma, non poteva mancare l’icona del perfezionismo nipponico: una nuova Lexus GS, pensata per competere a testa alta con le ammiraglie tedesche. Shigetoshi
Miyoshi, ingegnere capo del
progetto Lexus, sostiene che la
nuova Lexus GS è un’auto unica capace di offrire un piacere
inedito di trovarsi a bordo e al
volante. Lo afferma con serenità, e con altrettanta sicurezza. E chi conosce il rigore giapponese sa che affermazioni del
genere sono il risultato di un
lavoro che non concede spazio
all’improvvisazione.
Già a guardarla da fuori, parcheggiata in strada, la Lexus
GS fa subito sentire l’appeal
dell’auto di lusso. Una volta all’interno a stupire è il calore
delle essenze, la qualità delle
finiture e la morbidezza delle
linee che sanno conquistare
sia l’amante del classico sia chi
predilige il fascino discreto
della semplicità. Ma oltre alle
finiture è la tecnologia d’avanguardia a fare la differenza. La
strumentazione analogica
Optitron, ad esempio, regola
automaticamente l’intensità
dell’illuminazione con il mutare della luce esterna. Al centro della plancia c’è un monitor da 7 pollici per il controllo
dello stereo, del climatizzato-
re e del navigatore. Sistemi che
possono essere comandati anche vocalmente. Il sistema di
assistenza al parcheggio mostra l’immagine della strada
sul monitor interno e sposta la
visuale con il movimento del
volante. Tutto è lusso e tecnologia d’avanguardia ma
espresso con discrezione e con
un linguaggio facile da comprendere.
Sotto la carrozzeria, poi, c’è
un nuovo telaio, e un elenco
infinito di sistemi per rendere
la guida più facile e sicura. Tra
cui il servosterzo (EPS) a rapporto variabile, la gestione
elettronica della stabilità e il
controllo attivo dello sterzo, 10
airbag e la sospensione Adattiva Variabile (AVS) che offre velocità in curva e sicurezza. La
Lexus GS, infine, ha due motorizzazioni a benzina silenziose
e potenti: un nuovo V6 3.0 litri
da 249 Cv e un V8 4,3 litri da 283
Cv. Tutto ciò che serve, insomma, per puntare in alto.
Citroen C6
Bmw serie 7
Vettura imponente ma raffinata. In uscita a settembre
Aggiornamento stilistico. Cambiano cinque motori su sei
Ritorno all’ammiraglia
senza dimenticare la “CX”
“La più discussa” si rinnova
dopo quattro anni da record
A CITROEN torna all’ammiraglia con la C6,
L
che si presenta con un corpo vettura imponente, ma al tempo stesso affilato e raffinato, a
ONO passati quasi quattro anni, dall’esordio delS
la Serie 7. Anni passati a discutere se il nuovo corso stilistico Bmw, di cui proprio l’ammiraglia fu l’an-
contornare un abitacolo tutto spazio e comfort.
Le linee, sobrie ed eleganti, esprimono lo status della vettura: spiccano il lungo sbalzo anteriore e l’andamento del padiglione, accompagnato dal lunotto posteriore arcuato all’interno.
Una sequenza di linee in cui non mancano i richiami alla CX del passato, così come non mancano le particolarità tecniche tipiche delle ammiraglie Citroen: dai fari orientabili introdotti
dalla DS alle sospensioni pneumatiche, oggi accompagnate dalla gestione elettronica. Quanto
ai motori, dominano i sei cilindri: il turbodiesel
2.7 litri HDI da 208 Cv, con un nuovo filtro per il
particolato e il tre litri a benzina da 215 Cv.
(v.m.)
tesignana, fosse destinato a cogliere nel segno. Un dibattito che ancora continua, anche se le cifre record
fatte registrare nel frattempo della Serie 7 (160 mila
unità vendute) dovrebbero bastare a mettere tutti
d’accordo.
L’odierno aggiornamento stilistico, puntuale all’appuntamento con la metà del ciclo di vita del modello, si traduce in alcuni dettagli ingentiliti, che peraltro non intaccano l’immagine della berlinona bavarese. Che nella circostanza provvede anche ad aggiornare il suo corredo tecnico: si rinnovano cinque
motori su sei, a partire dai due turbodiesel, a sei e otto cilindri, ormai divenuti l’elemento portante della
gamma.
(m.n.)
DANIELE P. M. PELLEGRINI
ON è più il caso di disquisiN
re sul valore del marchio
Audi e sulla sua collocazione
nei piani alti del prestigio automobilistico, certo è che il marchio di Ingolstadt ha saputo inserirsi stabilmente fra Bmw e
Mercedes costituendo il “terzo
incomodo”. In questa operazione di immagine, le berline di
gamma alta, ossia le attuali A6,
sono un elemento particolarmente significativo, non nei
numeri (ovviamente a favore
dei modelli compatti), ma perché rappresentano la quint’essenza della “germanicità” secondo Audi.
A6 significa contemporaneamente berlina di prestigio e
Avant, ossia station wagon con
un particolare mix di lusso e di
sportività raffinata. Due modelli identici nella meccanica e
molto vicini nell’impostazione
stilistica, ma nettamente distinti nell’immagine e nell’ap-
proccio della rispettiva clientela. In comune hanno i valori
forti della sofisticazione tecnologica, sparsa a piene mani su
tutta la gamma, con particolare riguardo ai motori e alle trasmissioni: nel settore dei propulsori a benzina si spazia dai
quattro, ai sei, agli otto cilindri,
passando dalle 4 e 5 valvole per
cilindro alla iniezione diretta; i
diesel a 4 e 6 cilindri sono considerati ormai un riferimento e
poi c’è il jolly della trazione integrale e la scelta fra diverse soluzioni per i cambi automatici.
Il gusto per l’esibizione tecnologica non ha tuttavia contagiato lo stile, che rimane sostanzialmente ragionato, elegante quanto coerente con
quello che il pubblico si aspetta da un’Audi di questa categoria. La berlina ha slancio quanto basta a mascherare i quasi 5
metri di lunghezza e la personalità che le deriva dal caratteristico frontale che ha tenuto a
battesimo la soluzione “single
frame”, poi estesa a tutte le altre gamme di modelli Audi. Se
questo “chiacchierato” frontale è l’elemento chiave della
berlina, la firma della Avant è
invece la linea del padiglione e
della parte posteriore; in questo caso con l’aggiunta dell’illuminazione a LED per i gruppi
ottici posteriori che crea un effetto grafico molto caratterizzante e tale da attirare irresistibilmente chi cerca una station
come questa per distinguersi.
Sono proprio queste piccole
attenzioni e in generale l’accuratezza costruttiva a costituire
i punti forti “non tecnici” della
A6 che, da un certo punto di vista, si accompagnano al gusto
di una scelta “non allineata”
come sarebbe invece quella di
una Mercedes o di una Bmw;
sul piano pratico invece a guidare la scelta è molto più spesso la consolidata tradizione
delle quattro ruote motrici e i
potenti diesel fra i quali emerge il V6 3 litri da 225 Cv per le
prestazioni assolute e l’analogo propulsore da 180 Cv per la
piacevolezza e l’eccellente fluidità di marcia.
25
l’intervista
Il doppio petto
è la berlina
mai fuori moda
L MONDO dell’automobile sembra ormai
Ideciso
a rompere tutti gli
schemi, anche quelli più
consolidati. Se una volta
auto di lusso significava
automaticamente
un’ammiraglia a tre volumi, oggi le cose vanno
ben diversamente.
«In effetti oggi il lusso
è più che mai un’attitudine mentale», conferma Gian Leonardo Fea,
direttore generale di
Mercedes Italia. «Un’attitudine che è
il riflesso di un
mondo in cui
regna la libertà di scelta.
Se negli anni
Ottanta si viveva di status
symbol, e nel
decennio successivo ha poi
prevalso il miFea
nimalismo,
(Mercedes)
ora ci troviamo di fronte a
forme di espressione
quanto mai variegate, a
stili di vita segnati da
un’estrema libertà, che
sfuggono agli stereotipi,
ai canoni consolidati.
Sono il riflesso del superamento di tutte le barriere, che è l’elemento
dominante del nostro
tempo. Di conseguenza
lusso, oggi, vuol dire innanzitutto possibilità di
scegliere».
Per chi fa automobili,
questo significa dover
offrire molte più alternative.
«Significa in primo
luogo continuare a offrire vetture di qualità e di
stile, ma che al tempo
stesso sappiano vantare
una forte capacità
espressiva. Vetture capaci di superare i concetti tradizionali, come
abbiamo fatto noi a suo
tempo con la Classe M,
che è stata la prima, parecchi anni fa, a ingentilire le 4x4. E come stiamo
facendo adesso con modelli come la CLS o la
Classe B».
Ma allora la grande
berlina, tradizionale
simbolo dell’eleganza
più classica, è destinata
a sparire?
«Assolutamente no. E’
vero che oggi c’è molta
più libertà di porsi anche
nel vestire, ma questo
non significa che il doppio petto sia fuori moda.
E poi, la berlina ha tuttora dei plus ineguagliati,
per esempio quanto a
doti dinamiche. L’importante è proporre dei
modelli forti di nuove
valenze espressive».
Nell’immagine o nei
contenuti?
«Che un modello di
lusso sia tecnologicamente evoluto, ormai, è
dato per scontato. A far
la differenza, invece, è lo
stile. E per tornare ad affascinare il pubblico, la
berlina ha bisogno di
un’immagine distintiva,
fortemente caratterizzata. Che sappia farsi
notare, insomma».
(m.n.)
I MODELLI
●
Auto
Serve fascino
senza rinunciare
alle prestazioni
OSTANO tanto, ma si venC
dono sempre di più. Sono le
sportive, quelle auto molto potenti, abbastanza inaccessibili,
mediamente scomode che almeno una volta nella vita di
ognuno si sono infilate in un sogno e lo hanno trasmesso a colori.
A loro modo, pur con tutti i limiti che i listini impongono, sono le regine del nuovo millennio. Lo dicono i numeri, mica i
giornalisti: in Europa, dove i
mercati stagnano e in molti casi
crollano, la categoria delle sportive alto di gamma segna dal
2000 in avanti un +15% che è uno
schiaffo all’euro che ci ha resi
tutti più poveri. Vanno a gonfie
vele la solita Ferrari, ma anche la
Lamborghini, l’Aston Martin, la
Bentley, la Porsche e pure le
giapponesi Mazda e Nissan grazie alle potenti, nervose e sfacciate RX-8 e 350Z, sigle da codice fiscale ma documenti in regola per chi vuole aggredire la strada senza spendere una fortuna.
Due posti secchi e capelli al
vento sublimano in particolare
questa passione, perché partire
è un po’ soffrire ma anche tanto
farsi vedere. Tirano le spider,
eccome se tirano. Però debbono essere potenti anche se poi
vanno guidate a passo d’uomo
perché ci si spettina, perché ti
viene la cervicale e soprattutto
perché è con il gomito fuori che
si acchiappa, magari anche solo
l’attenzione. Dai centocinquantamila euro in su è tutto un
brindisi: Aston Martin +36%,
Dodge Viper +118%, Lamborghini +183%, Bmw Serie 6
+1183%, Porsche Carrera Gt
+1.477%, Mercedes McLaren
SLR +2.075%.
Il panorama è quello del Vecchio Continente ma anche in
Italia il trend è molto simile. La
lingua batte dove il dente vuole
(se può) e la tendenza è chiara:
queste auto apparentemente
improponibili, per l’uso comunque limitato che se ne può
fare, piacciono sempre, mentre
le auto upper premium, le berline più prestigiose che pur costano carissime ma offrono in proporzione tanto di più, sono in
netto trend negativo. Questo
perché un’Audi A8, una Bmw
serie 7, una Mercedes Classe S o
anche una sofisticata Jaguar Xj
sono dei veri capolavori ma non
fanno sognare. Soprattutto non
a colori.
(c. c.)
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
portive
S
CARLO CAVICCHI
IVISE da un oceano ma uniD
te dallo stesso mercato per
eccellenza, cioè quello americano, Ferrari F430 Spider e Corvette C6 Convertibile si affacciano
alla bella stagione puntando sul
fascino dei loro abitacoli spalancati sul cielo. Da sempre queste
due marche, che nel mondo
esportano non solo gioielli della
meccanica ma anche un modo
molto esclusivo di interpretare
la sportività, hanno saputo mescolare sui loro modelli più venduti quattro valori: prestazioni
eccelse, linee inconfondibili,
successi nelle competizioni e le
immancabili versioni senza tetto.
La tradizione Ferrari d’altronde è una garanzia: se con le
coupé si rafforza l’immagine,
con le spider si fanno i numeri.
Più di metà della produzione
globale del Cavallino sarà bottino incontrastato della F430 con
il tettuccio in tela, non certo il modello più costoso
della casa, ma di sicuro il
più amato come lo sono
state in precedenza le versioni analoghe dei modelli
oggi già fuori produzione.
E la Corvette? Nata mezzo
secolo fa proprio come vettura scoperta si è chiusa e
riaperta continuamente fino
a questa versione che è la sesta in ordine di tempo e che,
assieme alla prima, è probabilmente la più bella nella felice combinazione tra il muso
forte e deciso e la coda troncata di netto. Già, perché queste
sportive a metà (nel senso che
manca loro il soffitto) non sono
soltanto piene di fascino e di
vento, ma sono proprio ben riu-
CORVETTE C6 CONVERTIBILE
F430 spider e C6 Convertibile: divise dall’oceano,unite dallo stesso mercato
Supercar a cielo aperto
Sfida Ferrari-Corvette
scite, persino esageratamente
belle come le definiscono i cultori del genere. Sul loro aspetto finale gli stilisti hanno cercato di
dare il meglio, mescolando con
molta maestria i colpi ad effetto
a una tecnologia sofisticatissima
per l’apertura e la chiusura della
capote, soprattutto risolvendo
l’alloggiamento in spazi ristret-
tissimi che non tolgono nulla al
volume del bagagliaio (nel caso
dell’americana) oppure alla sistemazione del motore (nel caso
di quella italiana). Soluzioni ge-
27
Da sempre queste
due marche
esportano
nel mondo non
solo gioielli di
meccanica ma
anche un modo
esclusivo
di interpretare
la sportività
niali e molto meno semplici di
quanto potrebbe sembrare a lavoro finito, e che sulla Ferrari si
sposano allo spettacolare finestrone trasparente che nel posteriore mette in vetrina il prodigioso otto cilindri da 490 Cv che
è il vero orgoglio dei modenesi.
Poi, va detto, i tettucci in tela
così understatement sono proprio azzeccati perché hanno
quell’aria di emergenza che è tipica delle supercar più esclusive. Non ci passa un filo d’aria,
non ci entra un filo di pioggia
però sembrano appoggiati lì per
caso, un po’ come i foulard annodati al collo delle dive di Hollywood.
Belle di fuori, la Ferrari e la
Corvette si rivelano dentro i due
mostri che ti aspetti. Lì, dove l’anima non bara, alloggiano due
otto cilindri di ultima generazione che sono il meglio delle scuole di pensiero motoristico mano
a mano evolute di qua e di là del
mare. Un 4000 in alluminio capace di ruggiti mozzafiato
quello realizzato a Maranello, un sei litri Small Block
quello a stelle e strisce, separati sì da 100 Cv di potenza a
vantaggio dell’italiano ma
pur sempre capaci di prestazioni esagerate.
In più, sulla Ferrari c’è la
spettacolarità del manettino
sul volante che fa tanto F.1 e
permette al guidatore di scegliere l’assetto preferito (e anche il grado di difficoltà della
guida se ama complicarsi la vita…) mentre sulla Corvette ci
sono le sospensioni “Magnetic
Selective Ride Control” che rilevano le condizioni del manto
stradale e regolano di conseguenza gli ammortizzatori. Sofisticazioni che incidono sul prezzo finale (attorno ai 175.000 euro
la F430 Spider, circa 64.000 la C6
Convertibile) ma che non spaventano i loro estimatori che sono storicamente disposti a tutto
pur di poterle sfoggiare sulle
spiagge che contano.
FERRARI F430 SPIDER
28
I MODELLI
●
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Auto
Bmw M6
Oltre 500 cavalli e 5000 di cilindrata: numeri e segreti del bolide
SPORTIVE
l’intervista
Altro che tedesca
quanta emilianità
in questa Lambo
E DA un lato l’acquisiS
zione da parte dell’Audi ha risolto le vicissitudini proprietarie della Lamborghini e dato certezza al
suo futuro, dall’altro non
ha chiuso l’altro motivo di
discussione fra i “puristi”
sull’italianità dell’azienda e dei suoi prodotti. Una
querelle del tutto accademica, ma che a Sant’Agata
ha quasi il sapore di un’offesa e sulla quale vale la
pena di sentire l’opinione
del presidente Stephan
Winkelmann
che, a dispetto
delle origini, si
esprime perfettamente nella
nostra lingua.
«Abbiamo
sintetizzato i
valori del marchio Lamborghini con le
espressioni:
estremo, senza Winkelmann
compromessi, (Lamborghini)
italiano. Proprio perché l’italianità, e
in particolare “l’emilianità”, è e rimane una caratteristica fondamentale. Il capitale e l’organizzazione societaria sono solo
degli strumenti, mentre a
tutti noi preme pensare e
produrre automobili esattamente come la gente si
aspetta dalla Lamborghini. Per tutti i nostri clienti
Sant’Agata rappresenta e
continuerà a rappresentare il punto di riferimento: lo confermano l’arricchimento del Museo e la
creazione della boutique
dedicata agli accessori e
alla personalizzazione».
Quindi la parentela con
Audi non influisce su alcuna scelta tecnica o di
contenuti?
«Il contributo di Ingolstadt è essenzialmente
rappresentato dai 350 milioni di euro che sono stati investiti in questa azienda; c’è poi ovviamente un
vantaggio tecnico, perché
ci consente di avere accesso a tecnologie e a sistemi
che non sono alla portata
di una piccola struttura. In
cambio, Lamborghini per
il gruppo è un centro d’eccellenza del design e della
sportività ai massimi livelli. Per dirla in numeri: in
una Gallardo il contenuto
di origine Audi rappresenta il 20% del totale e
questo contributo va a beneficio della qualità e dell’affidabilità della vettura,
che è già diventata la Lamborghini più prodotta di
tutti i tempi».
(d. p. m. p.)
VALERIO MONACO
NA sportiva ad altissime
prestazioni che di più non si
può. Così è la nuova M6 Coupé di
casa Bmw. Un’auto con prestazioni da atleta, ma anche una
lussuosa coupé con cui passeggiare in città, andare al lavoro,
accompagnare i bambini a
scuola. Ancora una volta, dopo
le berline M3 e M5, Bmw ha messo a punto una super sportiva in
grado di rispettare i più avanzati
standard di sicurezza e ambientali. Con gli spazi interni del modello di serie. Ma che per prestazioni e resa su strada ha davvero
ben poche concorrenti.
Merito di un’operazione di alta chirurgia, sulla meccanica e
sull’elettronica. La M6, ad esempio, è la prima auto di serie ad
avere il tetto in carbonio. Nel reparto trasmissione, domina il
cambio sequenziale SMG a 7 velocità (avete capito bene, sette marce), rapido e preciso
come quello di un’auto da
competizione. Con il sistema Drivelogic, si
può scegliere la velocità di “cambiata”, passando
per 11 possibilità di regolazione.
E poi, con i
sistemi di
controllo DSC
(Dina-
U
I due volti della coupé
che vuol sfidare la Porsche
mic Stability Control) e EDC
(Electronic Damper Control) si
può scegliere l’assetto preferito:
dal massimo livello di stabilità,
fino all’emozione dello slittamento controllato. Basta un pulsante, infine, per “imprigionare” la potenza facendola scendere da oltre 500 a circa 400
Cv. E la
super coupé Bmw si trasforma:
da rabbiosa supercar diventa
auto di lusso.
Come la berlina M5, la Bmw
M6 Coupé nasce intorno al motore 10 cilindri a V (la stessa architettura di una Formula Uno
attuale) che con circa cinque litri di cilin-
drata (4.999 cc), eroga 507 Cv di
potenza e gira a 8.250 giri, contro
i circa 7000 di una normale sportiva. Ma anche con una coppia di
520 Nm. Un tiro da diesel, insomma. E senza l’aiuto di turbocompressori o simili. Il motore
della M6 è un gioiello che consente di marciare in città a 40
chilometri orari, nel silenzio
più ovattato e con il
comfort di una berlina di serie. Ma
bastano un
paio di re-
golazioni sulle pulsantiere, per
trasformare la coupé Bmw in
una supercar, capace di accelerare da zero a 100 Km/h in 4,6 secondi. Di impiegarne 14, per andare da zero a 200 Km/h. E di raggiungere, in un battere di palpebre, la velocità massima di 250
Km/h. Limitati elettronicamente, è ovvio. Perché senza limitatore, la M6 potrebbe superare
agevolmente la soglia dei 330
km/h.
La Bmw M6 sa impressionare
il pilota più navigato. Ha una potenza inesauribile. Le accelerazioni e l’intensità dei freni sono
brutali. La ripresa dalle basse velocità lascia senza parole, come
la capacità di restare sempre incollata all’asfalto. Anche se il
controllo perfetto si paga con un
comfort un po’ rigido. A velocità
limite, la M6 digerisce dossi, buche e imperfezioni del fondo
senza scomporsi. Ancora un
gioiello dell’ingegneria Bmw,
dunque, in vendita a 114.050 euro chiavi in mano. Neanche una
follia, tutto sommato, per una
tecnologia da navicella spaziale.
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
DANIELE P. M. PELLEGRINI
NCHE se nessuno oserà
A
mai definirle world car, non
si può negare che le sportive autentiche, e fra queste in primo
piano le classiche spider, sono
auto che si fanno amare in tutte
le parti del mondo indipendentemente dalle tradizioni e dalla
cultura locale. Il gusto della guida all’aria aperta e delle prestazioni brillanti, oltre ad essere
vecchio come l’automobile,
non conosce confini se non
quelli della passione e sembra
inossidabile alle mode e ai mutamenti delle altre tipologie di
vettura; lo sanno bene quei costruttori che sono stati capaci di
coltivare la sportività classica
su scala globale creando automobili conosciute in tutto il
mondo e che, quindi, riescono a
raggiungere discreti volumi di
vendita.
Proprio questa situazione ha
permesso alla Nissan di mettere in cantiere e sviluppare
un’ulteriore generazione di
sportive Z, sapendo di poter
contare su una solida immagine presso una clientela appassionata quanto selettiva, disposta ad accogliere favorevolmente un’auto in linea con le
tradizioni e le aspettative, an-
Capote in tela e trazione posteriore per la scoperta giapponese
Com’è bello il classico
nel segno della Zeta
che in termini di prezzo di vendita, come la 350Z Roadster.
L’importante era tenere fede allo stile della spider classica, con
la tradizionale capote in tela,
grintosa ed elegante, ma anche
proporre standard prestazionali da supercar di razza ottenibili soltanto con un’impostazione tecnica molto sofisticata.
Per questo motivo la Roadster
non è nata come derivazione
della coupé, ma è stata progettata contestualmente in modo
da non dover patire di nessun
compromesso rispetto alla versione con carrozzeria chiusa.
Lo si avverte molto bene dalle
caratteristiche dello sterzo e
dall’assenza di vibrazioni della
struttura anche nelle condizio-
ni di guida più esasperata e questa particolarità, molto apprezzata dai puristi della guida veloce, ha la sua rilevanza anche dal
punto di vista del comfort e della silenziosità.
La dote fondamentale della
350Z Roadster è proprio quella
di abbinare con pari efficacia
l’attitudine essenzialmente
sportiva con quella più tran-
quilla della spider da passeggio,
da godere senza fretta e con il
cuore e la mente in vacanza. In
entrambi i casi, pennellando le
curve in pista con il volante fra i
denti o passeggiando pigramente sul lungomare, il generosissimo 6 cilindri 3500 è un
puntuale interprete dello spirito di chi guida, esprimendo l’esuberanza dei 280 Cv (accelerazione da 0 a 100 km/h in 6,4 secondi) o la fluidità che gli deriva
dalle sue origini di motore da
berlina di lusso; il tutto da sfruttare “all’europea”, attraverso il
cambio manuale a 6 marce o
“all’americana”, con la trasmissione automatica a 5 rapporti.
La 350Z Roadster ha una linea
elegante, soprattutto quando è
aperta ma il look dell’abitacolo
è dominato più dal rigore che
dalla ricchezza; la sola concessione al superfluo è, come nella
coupé, la possibilità di scegliere
fra due livelli di equipaggiamento, con quello superiore
che si distingue essenzialmente
per i sedili in pelle. Per tutte invece la capote (blu o nera) ha il
comando elettrico automatico di apertura e
chiusura.
29
Mazda ci prova anche in Cina
in arrivo la supercoupè RX-8
LA MAZDA punta a crescere sul mercato cinese, dove già produce la
Mazda6 e dove conta di
esportare, nei prossimi
mesi, la sportiva Rx8 e,
più avanti, una sw e lo
sport utility Tribute. La
casa giapponese, che
sta realizzando nel paese insieme alla Ford (da
cui è controllata) una
fabbrica di motori, nei
primi tre mesi del 2005
ha venduto in Cina
30.000 auto (più 22%)
ma l’obiettivo, molto più
ambizioso, è di realizzare otto nuovi modelli in
loco portando le vendite
a quota 300.000.
Subito premiata la Birdcage
nata per i 75 anni di Pininfarina
IL PROTOTIPO Birdcage 75th di Pininfarina,
presentato in anteprima
al salone di Ginevra, è
stato inserito nella classifica della rivista Forbes
tra le 10 “coolest concept cars” del 2005. Il
prototipo, che nasce anche per festeggiare il settantacinquesimo compleanno dell’azienda, ha
già ricevuto il premio
“Best Concept” dalla rivista americana Autoweek ed è stato realizzato su meccanica Maserati. La Birdcage 75th
è un concept stradale
estremo, basato sul telaio da corsa della Maserati MC12. La scocca è in
carbonio. Il motore è un
12 cilindri di 6.0 litri, in
grado di erogare 700 Cv.
Chrysler
Crossfire
INIZIA IL TERZO ATTO
FUORI I MUSCOLI
E’ annunciato per fine
anno l’arrivo della terza
generazione della
Mazda MX-5. La
roadster più venduta di
tutti i tempi si ripresenta
con un abitacolo
più spazioso, ma la
formula resta quella di
sempre, rivolta al
piacere della guida
L’originale coupé
Crossfire ha deciso di
sfoderare tutti i muscoli.
Adesso è offerta anche
con i 334 cavalli della
SRT-6: una bella
differenza rispetto ai
218 delle versioni per
così dire tranquille.
Tocca i 255 orari e
raggiunge i 100 in 5”
Porsche 911 Cabrio
pello e diventa cabriolet. Una
super sportiva di classe, che nasce per soddisfare gli appassionati d’oltre oceano, da sempre
particolarmente sensibili al fascino dell’auto scoperta. Nel caso della 997, sigla che caratterizza l’ultima versione 911 Carrera,
il delicato intervento per l’eliminazione del tetto è stato eseguito dai tecnici Porsche con la
particolare perizia tecnica che,
nel tempo, è divenuta l’orgoglio
di marca.
Anche nella versione cabrio,
dunque, la Carrera mantiene le
qualità sportive e la capacità di
regalare emozioni che fanno
parte del DNA Porsche. Mai come nell’ultima 997, poi, la cabriolet della casa tedesca sa
mantenere intatte le eccellenti
doti di guidabilità della versione
coupé. Di solito, la maggiore rigidità del corpo vettura con la
carrozzeria chiusa è il fattore
che, più di ogni altro, consente
l’eccellenza nelle prestazioni su
strada. Basta osservare di lato,
invece, un’auto scoperta con gli
sportelli aperti, per accorgersi
che a unire muso e coda resta il
solo pavimento. Nell’ultima 911
I MODELLI
●
Nissan 350 Z Roadster
Mazda
Mx-5
OME vuole la tradizione,
C
anche l’ultima delle Porsche 911 Carrera si toglie il cap-
Auto
Due motori e tanta elettronica per continuare una leggenda che dura da 40 anni
Ma da Stoccarda la regina rilancia
ecco la scoperta che dà i brividi
Carrera a cielo aperto, però, i
tecnici della Porsche hanno
messo a punto una vettura con i
fiocchi, in grado di divertire anche l’automobilista più
esigente.
Superata la barriera tecnica, rimane
la delizia di
una del-
le più affascinati cabriolet super
sportive presenti sul mercato.
L’ultimo modello, tra l’altro, ha migliorato la già ot-
tima qualità e velocità di manovra della capote (20 secondi).
Delle due versioni disponibili,
l’allestimento standard ha il
classico motore boxer di 3.6 litri
da 325 Cv, e raggiunge la velocità massima di 285 km/h, mentre la “S” adotta il propulsore di cilindrata
incrementata a 3.8 litri da 355
Cv, e supera i 293 km/h. Il passaggio in accelerazione da 0 a
100 km/h si risolve, rispettivamente, in 5,2 e 4,9 secondi. Entrambe le cabrio dispongono
del controllo della Stabilità
(PSM). Nella versione S, poi, c’è
di serie il sistema di controllo attivo delle sospensioni PASM,
che permette di variare la rigidità dell’assetto in funzione delle condizioni di impiego. Più
che completa la dotazione di sicurezza, che fa perno sul sistema Side Impact Protection (POSIP), con tanto di airbag laterali
inseriti nei pannelli porta. E non
manca il roll bar ad attivazione
rapida, in caso di ribaltamento.
La 911 cabrio offre tutte le
consuete sensazioni positive
che si provano al volante delle
vetture di Zuffenhausen. Decisivo il salto di qualità che distingue la versione S, mentre un netto miglioramento, arriva dal
cambio manuale, più rapido e
preciso che in passato. Senza
contare che, a fronte di tanti
progressi tecnici, i prezzi delle
nuove cabrio sono rimasti vicini
a quelli del passato. E parlano,
rispettivamente, di 73.951 euro
per la 911 e di 82.551 per la S.
(v. m.)
Auto
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
●
Il Salone di
Barcellona
Rimarrà aperta fino
a domenica 15 maggio
la 33a edizione della
rassegna spagnola
Seat la regina assoluta
con l’anteprima
dell’ultima vettura
disegnata da de’ Silva
MASSIMO NASCIMBENE
TRETTO com’è nella morsa di
S
ferro fra la principale rassegna
di primavera, Ginevra, e quella
“Auto emocion” in scena
tutti gli occhi sulla Leon
d’autunno a Francoforte, il salone
dell’auto di Barcellona non può
certo esibire numeri altisonanti:
inutile attendersi le novità a decine che puntualmente si registrano in Svizzera, e ancor meno appuntamenti che permettano di
leggere stato di salute e strategie
future dei big dell’auto europea.
Eppure, non è solo lo status di
salone internazionale dell’auto
che gli è riconosciuto, né la salutare alternanza
con la rassegna
che si tiene a
Madrid negli
anni pari, a permettere all’esposizione che
va in scena sulla
collina
del
Montjuich di
non fare la fine
che ha fatto ToLE PRESENZE
LE MARCHE
LA SUPERFICIE
Nell’ultima
Sono 40 le
Gli stand di
rino, anzi: graedizione, quella
marche
costruttori di
zie anche all’adel 2003, oltre un
automobilistiche
auto e accessori
stuto abbinamilione di
che espongono i
coprono un’area
mento tempopersone ha
propri prodotti
espositiva di
rale con il Gran
visitato il salone
alla rassegna
250mila metri
Premio di Cataallestito nel
catalana
quadrati.
lunya di Formuparco del
Numerosi gli
la Uno, BarcelMontjuich
spazi all’aperto
lona è in crescita sia quanto a
visitatori sia
nelle presenze
dei costruttori,
che arrivano ormai a coprire
l’intero panorama continentale.
Del resto, la
frizzante Spagna un salone
dell’auto se lo
merita tutto,
anche se i numeri del suo
mercato restano ben distanti
da quelli dei big
three europei, e
se la sua industria automobilistica non va oltre la monomarca, la Seat.
Questo se ci si limita a considerare la nazionalità dei prodotti,
perché
per
quanto riguarda la produzioFRA DINAMISMO E FUNZIONALITÀ
ne, la penisola
Pur conservando la classica architettura
iberica è notoa cinque porte, la nuova Seat Leon
riamente una
si annuncia forte di un’immagine
delle terre più
caratterizzata in chiave sportiva
frequentate
d’Europa. E la
Casa di Martorell conserva
l’apprezzabile
anni fa dalla Ibiza, e continuato
potenzialità, da questo punto di
abitudine di onorare l’appuntapoi attraverso Altea e Toledo. Civista: un po’ per la taglia, che a dimento con la rassegna domestica
clo che aveva il compito di conspetto del sensibile incremento
riservandole un’anteprima: quecretizzare la trasformazione della
della lunghezza (13 centimetri in
st’anno tocca alla Leon, che a GiSeat in marca sportiva del gruppo
più che in passato, per un totale di
nevra si è concessa solo in parte,
VW, come dichiarato a suo tempo
431) resta quella della berlina
celata sotto le vesti di una concept
da Ferdinand Piech, prima di lacompatta, un po’ perché già nella
proprio per lasciare alla manifesciare il vertice del colosso tedeserie precedente non erano manstazione catalana il privilegio delsco. E a ben guardare, la Leon è il
l’esordio.
modello che vanta le maggiori
Arriva, la Leon, a chiudere il ciclo di nuovi prodotti aperto tre
I numeri dell’Expò
1 milione 40
250mila 9
IL BIGLIETTO
E’ di 9 euro il
prezzo del
biglietto di
ingresso al
salone: sale a 12
nei giorni festivi
33
LE EDIZIONI
Per la capitale
catalana, che si
alterna con
Madrid, è la 33°
esposizione
automobilistica
internazionale
Seat Leon
Ford Mondeo
LOOK PIÙ ATTUALE
A più di quattro anni dal
debutto la Ford rinfresca la
Mondeo: cambiano calandra,
paraurti e gruppi ottici, si
arricchiscono le dotazioni
interne e soprattutto la
pattuglia dei motori
turbodiesel. Che presenta al
vertice un quattro cilindri di
2,2 litri, con potenza massima
di 155 Cv e coppia superiore
ai 40 kgm. Si allarga anche
l’offerta, con la versione
Titanium che, da edizione
limitata, si trasforma
nell’allestimento di punta
31
cate le versioni particolarmente
“cattive”. Quello che mancava,
casomai, era un’immagine all’altezza delle circostanze, lacuna
che il disegno sfoderato da Walter
de’ Silva provvede opportunamente a colmare: il tema resta
quello classico della berlina a due
volumi, ma proporzioni e trattamento estetico vi aggiungono una
buona dose di dinamismo. E senza rinunciare a qualche citazione
di carattere “personale”, che magari per qualcuno suonerà come
una provocazione: come le maniglie delle porte posteriori trasferite sul montante,
soluzione che lo stesso de’ Silva
aveva a suo tempo escogitato per
l’Alfa 156, e poi trapiantato sulla
147.
Al di là dei dettagli, l’immagine
della Leon appare finalmente carica di quel briciolo di auto emocion che la Seat da tempo rivendica alla propria produzione. E
quanto ai contenuti tecnici, può
naturalmente spendere il patrimonio messo a disposizione dall’ossatura della Golf5, a partire
dalla sospensione posteriore a
bracci multipli e, per quanto riguarda i motori, dal due litri a benzina a iniezione diretta (150 Cv) e
dal turbodiesel
da 140 Cv di
analoga cilindrata, entrambi
abbinati a un
cambio a sei
rapporti. Per le
versioni d’attacco sono invece disponibili
il 1600 benzina
da 102 Cv e il
1900 turbodiesel da 105 Cv.
Completano il
quadro l’impianto frenante
a quattro dischi,
la dotazione di
sicurezza interna imperniata
sugli ormai irrinunciabili sei
airbag, e l’offerta di quattro allestimenti, due
dei quali, manco a dirlo, di
chiara intonazione sportiva.
Leon a parte,
la rassegna di
Barcellona torna anche utile
per una prima
occhiata agli aggiornamenti di
stagione. Che
riguardano per
esempio la Ford
Mondeo, rivista
tanto nell’immagine quanto
nel corredo tecnico, con l’introduzione del
quattro cilindri
turbodiesel di
2,2 litri da 155
Cv: un motore
che nella circostanza fa la sua
prima apparizione anche
sotto il nobile
cofano della Jaguar X Type.
Una piccola
prima infine riguarda un’altra
delle marche
che possono definirsi “catalane d’adozione”, la
Nissan, che nell’occasione porta
al debutto la nuova generazione
del pick-up Navara, nella versione a cabina singola. Un veicolo
strettamente imparentato con la
Suv Pathfinder: nella meccanica
come nella produzione che, per
l’una come per l’altra, avviene a
pochi chilometri di distanza dal
parco fieristico del Montjuich.
32
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Auto
●
L’inchiesta
Nella nazione
senza costruttori
nazionali
Auto
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
●
l’intervista
dove si produce
più del doppio
che in Italia
Le idee, i progetti e le sentenze di Walter de’ Silva, creatore delle auto più belle degli ultimi anni
“È qui il vero centro del design
tradizione e mercato globale”
OPO il Salone di ShanD
gai e alla vigilia di quello di Barcellona, Walter de’
Silva, responsabile e coordinatore dei Centri stile Audi, Seat e Lamborghini, ha
fatto tappa al suo studio di
Monaco per la messa a
punto della presentazione
della nuova Seat Leon. E ha
voglia di parlare, tanto per
cambiare, di automobili:
delle “sue”, ma anche di
quelle che si vedono e si vedranno in giro per il mondo.
Cominciamo dalla nuova
Leon: adesso il rinnovamento stilistico della Seat è
completo?
«Dopo l’Altea e la Toledo,
la Leon porta a compimento
un ciclo importante. La considero l’espressione più
sportiva della gamma Seat,
la più direttamente ispirata
al prototipo Salsa, che nel
DANIELE P. M. PELLEGRINI
ER molti anni si è discusso se
P
la “colonizzazione” industriale debba essere considerata
un pericolo o un’opportunità, un
danno per la forza dell’industria
nazionale o piuttosto una fortuna per l’occupazione e l’economia. Da questo punto di vista il
“caso Spagna” rappresenta un
esempio, un laboratorio molto
interessante per stabilire quali
sono gli elementi che hanno stimolato in questo Paese la presenza massiccia dell’industria motoristica.
La realtà ci mostra oggi una
Spagna che è fra i maggiori produttori mondiali, indipendentemente dai numeri del mercato interno, e dove operano quasi tutti
i protagonisti dell’industria automobilistica, con una varietà di
presenze che non ha paragoni nel
resto del mondo; tanto da rappresentare, accanto al turismo,
l’altra gamba dell’economia iberica. Non solo vacanze, quindi,
ma anche automobili; tante e di
tutti i tipi, compresa una marca
“nazionale” come la Seat, che gli
spagnoli continuano a considerare tale a dispetto della proprietà Volkswagen e del management in buona parte tedesco.
Pragmatismo o un particolare
senso dell’accoglienza? Alla base
c’è uno storico amore tutto mediterraneo per i motori, ma anche
una altrettanto storica convinzione politica che l’automobile è
L’auto globale abita in Spagna
come “sfruttare” l’industria straniera
un business importante per il
Paese, da qualsiasi parte venga.
Poco importa se nell’arco del secolo scorso, in coincidenza con
eventi drammatici come i due
conflitti mondiali e la stessa guerra civile, su questo tema si sono
scontrati e succeduti atteggiamenti oscillanti fra l’apertura e
l’isolazionismo, la liberalizzazione selvaggia e le velleità autarchi-
I tentativi falliti
di creare gruppi
nazionali fin dagli anni
Trenta e Quaranta
sarebbero all’origine
della grande
disponibilità
nei confronti
dei costruttori esteri
CITROEN C4
che. Quel che conta è che, sempre
e comunque, in Spagna l’automobile è rimasta un tema alla ribalta, che ha visto coinvolti capitali e industrie straniere fin da
epoche remote: la Ford Motor
Iberica (dagli anni Venti), la General Motors Peninsular o la Fiat
Hispania.
Si può forse dire che gli spagnoli si sono abituati da tempo a
vedere altre industrie agire sul loro territorio e, sicuramente, hanno anche imparato qualcosa dai
sistematici fallimenti dei tentativi di far nascere un’industria autenticamente e esclusivamente
nazionale o “nazionalizzata”.
Basta citare i casi Siat (Sociedad
Iberica de Automoviles de Turismo) alla fine degli anni Trenta o
la Eucort negli anni Quaranta: la
prima destinata alla produzione
di piccole vetture in collaborazione con Fiat e la seconda pensata per riprendere progetti della
tedesca Dkw, entrambi senza
successo.
In pratica proprio la consapevolezza di non riuscire a combinare autonomamente qualcosa
di buono sarebbe all’origine di un
atteggiamento più disponibile
il caso
Conquista sempre di più la berlina tradizionale. Anche se piccola
Gusti e tendenze meno europei
piace il modello “a tre volumi”
DISPETTO della sostanziale
integrazione con l’industria
A
automobilistica europea e della
sua importanza dal punto di vista della produzione, il mercato
spagnolo non è del tutto omologato al resto del continente per
quel che riguarda la tipologia di
vetture preferite dalla clientela
locale. Infatti la Spagna ha una
particolarità che la distingue
nettamente dal resto d’Europa e
che riguarda la predilezione per
le “tre volumi”.
Si tratta di una preferenza storica, che non è venuta meno
nemmeno quando in tutti gli altri Paesi occidentali le “due volumi” hanno decisamente preso il
sopravvento, e neppure la progressiva diffusione delle station
wagon ha ottenuto il risultato di
distrarre la clientela locale dalla
berlina tradizionale.
La passione per le macchine
“con il baule” anche nei segmenti inferiori, si è dimostrata così
resistente che in molti casi i costruttori più coinvolti, con in primo piano quelli presenti da più
tempo nel Paese, hanno adattato la produzione locale alle richieste del mercato, spesso approfittando del fatto che si tratta
di una tendenza analoga (forse
non a caso) a quella tradizionale
nei paesi del Sud America.
In molti casi si è trattato di carrozzerie modificate rispetto al
design originario a due volumi,
che magari non aveva neppure
previsto la soluzione a tre volumi, e questo ha comportato un
risultato estetico non sempre
impeccabile. Basti pensare alla
modifica in questo senso di vetture come la Renault R5 e la Clio,
oppure la Opel Corsa. Peraltro
accolte senza difficoltà dal mercato iberico, a conferma che si
tratta di una scelta dettata da
motivazioni culturali ed essenzialmente pratiche.
(d. p. m. p.)
verso gli stranieri, e più attento e
preparato a sfruttarne la presenza: per esempio imponendo già
dagli anni Trenta un elevato contenuto locale attraverso l’utilizzo
di fornitori e componenti di origine spagnola. Il tutto ha comunque prodotto un ambiente favorevole all’intervento di costruttori esteri (e fra questi anche la Fiat,
per la nascita della Seat) quando
Molto apprezzate
da chi ha installato
fabbriche e attività
in Spagna la vivacità
socio economica
del paese, la disciplina
e le infrastrutture
efficienti presenti
sul territorio
33
si è trattato di raccogliere i cocci,
alla fine degli anni Quaranta, e lo
ha mantenuto anche quando, in
epoca relativamente recente, è
venuto meno il vantaggio del costo del lavoro inferiore a quello
del resto dell’Europa industrializzata.
A sentire i diretti interessati, le
ragioni dell’attuale forte presenza di impianti produttivi in Spagna sono legate solo marginalmente all’eredità storica: gli elementi di base più apprezzati sono
invece la vivacità socio-economica, la disciplina, la presenza di
infrastrutture efficienti, e soprattutto la possibilità di organizzare
il lavoro contando su una flessibilità maggiore che in altri Paesi.
Vale per tutti l’esempio dell’accordo raggiunto dal Gruppo VW
per la Seat, che prevede la possibilità di adeguare la produzione
ai cali di richiesta del mercato (riducendo proporzionalmente le
giornate di lavoro) senza modificare il salario, ma con la possibilità di recuperare i giorni non lavorati quando se ne presenti la
necessità.
La lettura che si può dare oggi
del caso-Spagna porta quindi a
considerare superata la distinzione fra Paesi produttori e Paesi
non produttori, così come, alla
luce della globalizzazione, si è
andato sminuendo il concetto
stesso di produttore nazionale,
che una volta era considerato il
primo indice della forza dell’industria, automobilistica e non.
RENAULT SCENIC
I MODELLI
Dopo Altea e Toledo
la Leon chiude un
ciclo: la sua formula
coupé a cinque porte
troverà spazio in
un segmento affollato
grazie alla diversità
I LUOGHI
DALL’ALFA ALLA SEAT
Walter de’Silva, responsabile
del centro stile Audi, Seat e
Lamborghini.
A Barcellona presenta
la “sua” Seat Leon
Barcellona sul piano
sociale ed economico
è un fenomeno
che non ha confronti
col resto dell’Europa
Si avvicina Berlino
Peccato per Torino...
2000 aveva anticipato il nuovo stile di marca. E siamo tutti convinti che la sua formula
“coupé a 5 porte” possa trovare spazio in un settore che
è difficile perché affollato.
Proprio per questo la ricerca
stilistica è andata verso un
prodotto diverso dagli altri».
La Leon viene presentata
in casa, a Barcellona, e la
Spagna è diventata una
realtà importante in campo
automobilistico: quali sono
le ragioni della sua esplosione?
«Credo che una parte sia
legata all’accelerazione che
ha avuto la Spagna, e la zona
di Barcellona in particolare,
sul piano sociale ed economico, un fenomeno che non
ha confronti con quanto accade in altri Paesi. Una crescita del genere si sente in
termini di architettura, di
design, di arte, ma anche in
pratica, nell’urbanistica o
nell’industria: quando hai
la possibilità di vivere in un
mondo effervescente, dove
ogni giorni si aprono 20 ristoranti e negozi, dove nascono continuamente nuove idee, iniziative, marchi,
anche tu sei sollecitato in
termini creativi. La gente ha
un’attitudine più istintiva a
fare le cose, a essere ottimista, a cercare di risolvere i
problemi. E’ più aperta al
confronto, rispetto a chi vive in una situazione statica.
Si parla anche del clima e
della spiaggia, ma non c’entrano: a Berlino non c’è il
mare eppure oggi si percepisce lo stesso feeling, anche lì sembra di essere a
Barcellona».
Barcellona, Berlino... e le
capitali storiche dell’auto
come Torino?
«Torino... C’è una situazione congiunturale che dipende dalla crisi generale
del mercato dell’auto e in
particolare dalla crisi della
Fiat: tutte cose che alla
mattina, quando ti svegli e
vai in ufficio, finiscono per
essere un bagaglio che ti
porti dentro. Torino è stata
all’avanguardia nel design
dell’auto, grazie all’esistenza di un’azienda trainante; quando l’effetto locomotiva è venuto meno,
anche il resto ha rallentato».
Oggi esistono tante capitali del design: che importanza ha per un costruttore
avere centri stile sparsi in
vari continenti?
«E’ fondamentale: il design è sempre di più l’incontro
di varie discipline, come la
cultura generale del progetto, la storia del marchio, e diventa l’espressione finale di
una filosofia aziendale. E lavorando in un mercato globale, abbiamo bisogno di
stare in contatto con differenti culture. Così, nel nostro
gruppo abbiamo in Italia designer italiani che lavorano
in Lamborghini, in Spagna
spagnoli che lavorano alla
Seat e in Germania tedeschi
che lavorano in Audi: tutti
cercano di assorbire la maggior quantità di informazioni da trasferire nei prodotti,
che devono mantenere la
“domesticità” del luogo di
origine, ma nello stesso tempo giocare sul mercato globale».
A Shangai si è vista l’automobile cinese, a Barcellona vedremo quella europea: e l’automobile globale?
«L’idea della “world car” è
morta e sepolta: non si potranno mai superare i confini delle tradizioni e delle culture locali, sono nel DNA
delle singole persone. Un
conto è operare delle sinergie, ma non si può prescindere dalle caratterizzazioni
locali».
(d. p. m. p.)
Auto
I blocchi del traffico
e la nuova normativa
non frenano lo smog
Dossier
Cos’è Euro 4 ?
Particelle
piccolissime
e pericolose
emesse da
qualunque
tipo di
combustione
presenti in
maggiore
quantità
nel caso
di motori
diesel
Monossido
di carbonio
E’ un gas
velenoso
e mortale
se inalato
direttamente.
Viene
emesso da
combustibili
contenenti
carbonio.
In maggiore
quantità nei
“benzina”
Anidride
carbonica
Principale
gas serra.
Emesso in
quantità
proporzionale
al consumo di
combustibile.
Un’auto
ne produce
in media
circa
2 tonnellate
ogni anno
LEONARDO COEN
U NELLA prima settimana di
F
febbraio che sui quotidiani e
durante i telegiornali la locuzio-
E’ la soluzione definitiva?
No, perchè comunque inquina. E sono
quasi pronte le future norme Euro 5, la
cui entrata in vigore è attesa per il 2010.
La rincorsa continuerà finchè non ci
sarà per davvero sul mercato l’auto con
zero emissioni
Inquina la metà rispetto a un’auto Euro
3 e circa un terzo rispetto ad una Euro
1. Anche dieci volte meno rispetto
ad auto acquistate prima del 1993,
quando non esistevano ancora
le norme anti-inquinamento
Euro 4
ne Euro 4 — assai nota tra gli addetti ai lavori del mondo automobilistico — uscì dal ghetto linguistico degli specialisti per imporsi definitivamente nell’immaginario collettivo, associandosi ai problemi della
circolazione, alle grandi battaglie contro l’inquinamento e ai
sempre più vigorosi blocchi del
traffico. L’auto dotata di dispositivi Euro 4 «rispondenti alle direttive comunitarie entrate in vigore lo scorso luglio» avrebbe avuto
via libera nelle giornate dei blocchi, questo capì o credette di capire la gente. E
tuttavia, Euro 4
continuava a
restare una sigla misteriosa.
Di che si trattaOCCHIO ALLA LETTERA
Per avere la certezza che
va veramente?
un’auto sia omologata secondo
Avremmo dola normativa Euro 4 bisogna
vuto rottamare
districarsi nel nugolo di sigle che
le nostre vecfigurano sulla carta di
chie quattrocircolazione. E verificare che la
ruote? Era un
sigla che compare alla riga
trucco delle carelativa alle norme sulle
se automobiliemissioni termini con la lettera
stiche per far
B. La stessa sigla (che può
fronte alla crisi?
essere per esempio UE 98/69
Oppure un rioppure 2003/76 CE)
medio ecologiseguita dalla lettera A sta invece
camente india indicare l’omologazione in
spensabile?
base alle norme Euro 3.
Incombeva,
l’Euro 4, sulle
teste degli automobilisti già
ipertartassati
la bibbia mensile delanche da fermi. Un tormentone.
l’automobilista giunta
E tanti dilemmi. Dove vai se l’Euormai al suo cinquantero 4 non ce l’hai? Quanto ci sasimo anno d’età aveva adeguato
rebbe costato? Perché non è posla popolare “guida al mercato”
sibile convertire i nostri disposisegnando con quadratini i motivi ecologici in Euro 4? Improvvidelli equipaggiati di Euro 4 e coi
samente quanto virtuosamente
triangolini quelli provvisti di Eusi cominciava a parlare di aria puro 3. Dei 2800 modelli e delle loro
lita e di scappamenti con filtri aninnumerevoli versioni presenti
tiparticolati (traduco: i filtri che
nei listini del mercato, meno deltrattengono la polvere emessa
la metà poteva e può vantare quel
dal gasolio polverizzato quando
prezioso quadratino.
brucia). Scoprimmo che persino
Spiammo la tendenza delle
vendite: nel 2003 già 477.808 italiani avevano comprato auto Euro 4, dimostrando buon fiuto.
Una quota del 21,26 per cento.
faceva Milano. E Roma non si allineava alla capitale lombarda
Sono passati tre mesi. Le bizze
del clima hanno cambiato ben
poco. L’aria delle nostre città è rimasta mefitica nonostante i motori Euro 4 siano in aumento: si
addossa la colpa alle altre auto, al
loro uso sfrenato. Si penalizza gli
automobilisti, caricandoli di colpe esagerate, spremendoli come
limoni: dimenticando che i problemi della mobilità non si risolvono coi divieti, ma con le infrastrutture ed il potenziamento dei
trasporti pubblici. Invece i quattrini di multe, tasse e bolli spariscono chissà dove. Anzi, sappiamo dove. Si sventola il vessillo
dell’Euro 4 in attesa del futuro
Euro 5, illudendoci che in questo
modo si risolva
l’avvelenamento ambientale. Dicono
che ci stiamo
«responsabilizAGGIORNAMENTO IN CORSO
Per le auto nuove, la questione
zando». Ci pisi esaurirà nel giro di qualche
gliano in giro.
mese. Come è noto, le norme
Una cosa è
Euro 4 diventano obbligatorie
certa. Di nuovo,
per le auto immatricolate da
uno spettro
gennaio 2006, ma è prevedibile
s’aggira per
che già da settembre la
l’Europa. Un
maggioranza dei modelli sarà
modo di dire faaggiornata nell’omologazione.
miliare, vero?
I costruttori possono peraltro
Beh, stavolta il
chiedere alla UE delle proroghe,
famoso incipit
ma limitate allo smaltimento di
del Manifesto
alcuni modelli. Non è dunque
di Carlo Marx
escluso che delle vetture Euro 3
non c’entra
siano in vendita anche nel 2006.
nulla. Ma lo
spettro esiste.
E’ l’incubo di
tutti gli automobilisti che
ta vertiginosa. Ma poi sono
non hanno comprato auto a moarrivati i dubbi. Davvero Euro 4
tore Euro 4. E’ la normativa che
sarebbe stato il passepartout per
obbliga i costruttori di automoaggirare il blocco del traffico?
bili a fabbricare vetture con moNon tutti i Comuni, infatti, hantori ad emissioni inquinanti dino adottato le stesse ordinanze. A
mezzate, rispetto ai modelli preTorino il sindaco, per esempio,
cedenti: nel 2006 tutte le auto
non prevedeva la circolazione
nuove dovranno essere Euro 4. E’
delle vetture omologate Euro 4,
il lento, inesorabile avvicinarsi
mentre lasciava tale privilegio
verso il giorno della tolleranza
solo ed esclusivamente alle auto
zero, quando cioè i blocchi sacon dispositivo Fap (in dotazioranno totali e pure l’Euro 4 smetne ad una marca francese.). Il che
terà di illuderci.
suscitava l’indignazione dei torinesi: la nostra città è o non è la capitale dell’auto italiana? Perché
favorire i concorrenti stranieri?
Quel che decideva Torino, non lo
Incubo o salvezza?
Italia ancora divisa
Uno su
cinque. Nel 2004 le Euro 4
vendute furono 718.065 (il 31,73
per cento). Percentuale che è salita oltre il 43 per cento nei primi
due mesi del 2005. In meno di due
anni, più del doppio. Una cresci-
GUIDA AL MERCATO
Di 2800 modelli e
versioni varie presenti
sul mercato solo
la metà è Euro 4
35
I limiti imposti diventano
il tormentone dell’anno
Con tanti dubbi per il futuro
Quanto inquina ?
L’auto Euro 4 non è molto diversa dalle
altre. Ma rispetta i limiti di inquinamento
imposti dalle attuali norme europee.
Limiti già in vigore per omologare nuovi
modelli e che saranno obbligatori
dal primo gennaio 2006
Polveri
sottili
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
●
Zolfo
Contenuto
nella benzina
e gasolio
causa la
produzione
degli ossidi
di zolfo,
che diventano
dannosi per
la salute,
nel corso
della
combustione
Idrocarburi
La presenza
nei gas di
scarico è
dovuta alla
loro non
completa
combustione
nel motore.
Gli idrocarburi
incombusti
sono
dannosi
per l’uomo
Filtro anti
particolato
Attuale
tecnologia
per la
riduzione
delle polveri
sottili dai
gas di
scarico.
imprigionate
in un filtro e
bruciate
nella
marmitta
36
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Quanto inquina ?
Il motore a benzina
produce nella
combustione sostanze
chimiche dannose per
l’uomo e l’ambiente. Il
livello di inquinamento è
quello delle norme di
omologazione
(Euro 3 ed Euro 4)
grazie a controllo
elettronico del
motore, marmitta con
catalizzatore e qualità
del combustibile
Vantaggi o svantaggi ?
Il motore a benzina è il
più semplice e il
meno costoso al
momento dell’acquisto,
anche dopo le recenti
evoluzioni elettroniche.
La benzina però è il
combustibile più caro
e i consumi, colpevole
l’appesantimento e la
maggiore complessità
delle auto, non sono
scesi significativamente
nell’ultimo decennio
Quanto inquina ?
La riduzione di
emissioni inquinanti
delle auto a gas in
generale rispetto
a quelle a benzina è
dell’ordine del 20 – 40%
per il Gpl e del 50 –
60% per il metano.
Con le maggiori
riduzioni
proprio negli inquinanti
più critici, come
monossido di carbonio
e polveri sottili
Vantaggi o svantaggi ?
Il Gpl è ben distribuito e
si trova in quasi tutte le
regioni. Ma non è un
combustibile risolutivo,
in quanto legato alla
raffinazione del petrolio
ed alla stessa
produzioni di benzina e
diesel. Il metano ha
ancora problemi di
disponibilità in varie
regioni ma è
decisamente il
combustibile più pulito
Quanto consuma ?
Il consumo di
combustibile dipende
fortemente dalla
tipologia e dall’utilizzo
dell’auto. Secondo
i dati più recenti, ogni
auto europea
consuma in
media otto litri ogni
cento chilometri di
percorrenza, che
portano ad un consumo
per unità di mille litri di
benzina l’anno
Le auto a benzina sono
di gran lunga le più
diffuse sul mercato
mondiale. Negli Stati
Uniti e in Giappone,
come anche nei
mercati emergenti del
pianeta, le auto sono
pressochè totalmente a
benzina. La tecnologia
è semplice e poco
costosa, comfort
e affidabilità sono
molto elevate
Dossier
Euro 4
L’unico grande mercato
mondiale per le auto
diesel è l’Europa. Ed
europee sono tutte le
principali tecnologie che
hanno fatto della
macchina a gasolio un
mezzo potente ed
affidabile. Quindi sono
enormi gli interessi in
gioco per le case
europee ogni
volta che si
“tocca”il
diesel
Quali prospettive ?
L FUTURO è online. Non basta
vendere auto nuove che inquiInino
il meno possibile, la sfida è
mantenerle rispettose dell’ambiente nell’uso di tutti i giorni. E
la risposta sta per arrivare direttamente dalle case: le vetture di
domani, infatti, saranno in grado
di dialogare con l’esterno e, tra le
altre possibilità, la comunicazione permetterà anche di verificare a distanza, in un dialogo con il
centro assistenza, tutti i parametri di funzionamento. Non si accenderà più soltanto una spia
rossa sul cruscotto, ma arriverà a
bordo anche la voce gentile di
un’operatrice, in grado di spiegare cosa si sta guastando e dove ci
si può fermare per la riparazione.
Lo stesso avverrà per i livelli di
emissione di sostanze inquinanti. Già oggi a bordo delle auto c’è
un sistema, detto Eobd (European on board diagnostic) che fa
acquisire ad una centralina le
informazioni relative alla qualità
Il livello di inquinamento
all’acquisto dipende
dalla norma di
omologazione (Euro 3 o
Euro 4) ed è limitato da
controllo elettronico,
sistema postcombustione e qualità
del combustibile. Con il
filtro antiparticolato
emette già oggi molte
meno polveri di quanto
previsto dalla norma
Euro 4
Quanto inquina ?
Il rendimento del
motore è minore nel
caso di funzionamento
a gas rispetto al
funzionamento a
benzina se si parla in
termini rigorosamente
energetici. Ma quello
che cambia è il costo e
la disponibilità di
combustibile. Quindi il
consumo in “chilometri
per euro” risulta
vantaggioso
La diffusione di auto a
Gpl e metano sembra
destinata ad aumentare,
anche se i numeri –
specialmente per il
metano – sono ancora
ininfluenti sul totale.
Una differenza la potrà
fare l’adozione del
metano come
combustibile per i bus
urbani, con notevoli
miglioramenti
per l’ambiente
Quanto inquina ?
Uno dei vantaggi storici
è il minor prezzo del
gasolio rispetto alla
benzina, differenza che
però tende sempre più
a livellarsi. Gli svantaggi
riguardano il maggior
prezzo d’acquisto,
dovuto al più alto costo
di produzione del
motore, e sono in arrivo
anche ulteriori costi per
i sistemi antiinquinamento.
Quanto consuma ?
Quali prospettive ?
Auto
Vantaggi o svantaggi ?
La prossima tappa
tecnologica è
rappresentata
dall’iniezione diretta, dal
funzionamento
“parziale” di solo alcuni
dei cilindri del motore in
certe condizioni
di marcia e dalla
combustione magra.
Questo sia per limitare il
consumo che le
emissioni, entrambi
migliorabili del 5 – 10%
FABIO ORECCHINI
DUE RUOTE
Per le moto, la scaletta
delle norme sulle emissioni
viaggia con qualche anno
di ritardo, rispetto a quella
delle auto. La prima
direttiva, Euro 1, è stata
introdotta soltanto nel ’99,
e attualmente sono in
vigore le norme Euro 2
che riguardano i motocicli
immatricolati dal 2003
in poi. Come per le auto,
la prossima scadenza
è in calendario per l’anno
venturo. Quando, con
l’arrivo della normativa
Euro 3, le emissioni delle
due ruote dovranno
essere dimezzate
Auto
●
La tecnologia dei “due
motori al posto di uno”
può essere declinata
secondo molte
modalità che risultano
diverse anche come
livello di emissioni, oltre
che, naturalmente, di
prestazioni.
La limitazione delle
emissioni ottenibile
è comunque molto
elevata e arriva al livello
dell’auto a metano
L’auto a gas è
praticamente uguale a
quella a benzina, tanto
che può essere resa a
doppia alimentazione
anche da installatori
privati e dopo l’acquisto.
Il Gpl è un derivato del
petrolio esattamente
come benzina
e gasolio.
Il metano è invece un
combustibile
completamente diverso
IL PARCO
CIRCOLANTE
Le auto ibride hanno un
sistema, con uno o più
motori elettrici e delle
batterie, che collabora”
con il motore a
combustione interna
(benzina, diesel o, in
alcuni casi, a gas).
Grazie alla soluzione
tecnologica più
raffinata,
utilizzano meglio il
combustibile rispetto
alle auto convenzionali
La lunga battaglia antismog
nel 2010 “zero emissioni”
della combustione e al funzionamento del catalizzatore o del filtro anti-particolato, che permettono di valutare con grande esattezza quanto si sta inquinando
attimo per attimo. Nel prossimo
passaggio i dati verranno spediti
alla centrale operativa ad intervalli regolari, in modo da avere
una vera e propria “certificazione” a distanza sulla qualità delle
emissioni dell’auto. E in caso di
cattivo funzionamento e di inquinanti fuori norma, la centrale
farà fermare “ai box” l’automobilista.
Il controllo in diretta e a di-
stanza dei dati è molto più vicino
di quanto non lo si possa immaginare ed è già tra i servizi possibili con sistemi come il Connected Drive della Bmw. Il passaggio
mancante è la presa di responsabilità da parte dell’assistenza
esterna rispetto alla qualità ed alla quantità delle emissioni dell’auto monitorata. Questo passaggio prevede norme ad hoc,
che sarebbero quanto mai opportune. Il legislatore, preso atto
della tecnologia, deve pretendere che venga usata anche per la
salute di tutti, oltre che per i servizi (a pagamento) rivolti al sin-
golo.
Certo, di passi avanti ne sono
stati fatti tanti. Un’auto venduta
oggi inquina venti volte meno di
una sua progenitrice degli anni
Ottanta quando era nuova. Dal
cosiddetto livello Euro zero in
poi, non solo sono arrivate delle
norme a tutela della salute generale, ma soprattutto è arrivata la
coscienza che l’auto, inquinando, rischia di autodistruggersi.
Il primo passaggio importante
è stato il varo delle norme Euro 1
nel 1993, con le quali è stato fissato un limite per le emissioni di sostanze inquinanti consentite per
un’auto nuova. Allora è arrivata a
bordo la marmitta catalitica ed è
anche iniziata l’evoluzione dei
combustibili, rimasti fino ad allora sempre uguali a se stessi. La
forza per un passo in avanti così
deciso è stata messa in campo
dalla Commissione Europea, alla quale da Bruxelles è delegata la
responsabilità di varare regole
comuni a tutti i paesi dell’Unione. Un ulteriore grande passo
avanti è datato 2000, con l’applicazione del livello Euro 3, e del
successivo Euro 4.
Con Euro 3 ed Euro 4 il catalizzatore è diventato un oggetto
Vantaggi o svantaggi ?
Lo svantaggio più noto
è la maggiore
complessità e costo del
sistema con due o più
motori invece che uno
soltanto. Il vantaggio
più evidente è
un’evoluzione
tecnologica che
permette risultati
significativi immediati e,
soprattutto, sviluppi
possibili che arrivano
fino alle emissioni zero
controllato elettronicamente e
deve essere efficiente, nella sua
opera di abbattimento degli inquinanti, prima per 80.000, poi
per 100.000 chilometri. Per i diesel è iniziata una vera e propria
rincorsa, alimentata finanziariamente dal parallelo successo di
mercato. Nonostante questo, sono ancora molti i modelli a gasolio non Euro 4, che da gennaio
2006 non potranno più essere
immatricolati in Europa.
Per le future norme Euro 5 è
grande battaglia, perché mentre
tutti dicono di voler arrivare al livello zero di emissioni ed indicano la strada dell’idrogeno per
raggiungere la meta, per l’anno
2010 — data presunta di entrata
in vigore delle nuove norme —
difendono strenuamente ogni
decimale di possibile abbattimento degli inquinanti. Purtroppo non tutti sono orientati a rispondere con nuove tecnologie
all’evidenza: chi riuscirà per primo a fare l’auto più pulita, a costi
di mercato, vincerà.
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
●
Quanto consuma ?
Il consumo limitato è
uno dei punti forti dei
motori diesel. Il
principio stesso di
funzionamento rende
l’auto a gasolio meno
assetata di quella a
benzina, anche se le
sempre maggiori
potenze e prestazioni
offerte dai modelli di
punta riducono
notevolmente questo
vantaggio nominale
Quali prospettive ?
L’iniezione diretta ad
alta pressione con
sistemi common rail
ha fatto dei motori
diesel dei piccoli
gioielli tecnologici,
brillanti e semplici
allo stesso tempo.
Per ridurre le
emissioni inquinanti,
però, le soluzioni fin qui
proposte aggiungono
complessità e costi
al sistema
Quanto consuma ?
Le auto ibride sul
mercato raggiungono
riduzioni dei consumi
che vanno dal 10 al
30%, in funzione sia
della potenza della
parte elettrica del
sistema, sia dell’uso
che se ne fa, con
prevalenza di percorsi
urbani o extra-urbani.
Con i maggiori vantaggi
ottenibili proprio
nel primo caso
Quali prospettive ?
In Usa e Giappone, si
sta diffondendo
velocemente. In
Europa c’è chi mette
in concorrenza i
vantaggi dell’ibrido in
termini di consumo con
le già buone prestazioni
dei motori diesel. Dietro
c’è una vera e propria
guerra industriale
che però non pare
destinata a poterne
frenare lo sviluppo
I MEZZI PESANTI
Il progressivo inasprirsi
dei limiti sulle emissioni
riguarda anche i veicoli
commerciali e industriali.
Che però possono contare
su qualche anno di
“tolleranza” in più: in pratica,
soltanto nel 2008 i loro
motori dovranno rispettare
vincoli comparabili a quelli
già applicati alle autovetture
a uso privato. Oltre a limiti
più severi per gli inquinanti,
ogni nuovo step delle norme
europee comporta anche
cicli di prova più completi,
che meglio replicano
l’impiego quotidiano dei
veicoli
Euro
Euro
Euro
Euro
Euro
1
2
3
4
5
1993
E’ la prima
normativa emessa
per la limitazione
delle emissioni
inquinanti delle
auto vendute in
Europa.
Naturalmente,
porta cambiamenti
epocali per l’auto e
per i combustibili,
con l’arrivo della
benzina verde e
della marmitta
catalitica
1997
Si tratta di
un’evoluzione
delle norme Euro
1 del 1993 che
riduce i limiti per
tutti i principali
inquinanti ma
senza imporre
cambiamenti
tecnologici alle
auto. Inizia, però,
la differenziazione
tra vetture a
benzina e quelle
a gasolio
2000
La norma europea
impone con i suoi
nuovi limiti di
emissione la
riprogettazione del
catalizzatore ed il
suo avvicinamento
all’uscita dei fumi
dal motore.
Gli standard
stabiliti dalla legge
vengono raggiunti
con un largo
anticipo
da tutti i costruttori
2005-2006
I limiti alle
emissioni
inquinanti
rimangono diversi
per auto benzina
e diesel.
Il rispetto della
norma è
impegnativo
soprattutto per le
vetture a gasolio.
Pochi costruttori
hanno listini
completamente
Euro 4 per i diesel
37
2010
Ancora in
discussione la
possibilità di
rendere uniformi i
limiti per modelli
a benzina e diesel.
La sfida per le auto
a benzina
è la riduzione del
monossido di
carbonio, per
quelle a gasolio,
invece,
gli ossidi di azoto
e il particolato
L’analisi del parco circolante. Nel 2004 meno del 10 per cento le auto omologate Euro 4 o alimentate a Gpl e metano
Otto milioni di vetture non catalizzate
CI VOGLIONO decenni, prima
che le disposizioni relative alle caratteristiche dei nuovi motori si
trasformino in realtà per il parco di veicoli in circolazione.
Come si vede dal grafico, infatti, a ben 12 anni di distanza dall’introduzione
del catalizzatore allo scarico per le vetture di nuova immatricolazione
(norme Euro 1, 1993)
quasi un’auto su quattro
fra quelle in circolazione
ne è ancora sprovvista. E’
vero che fra le vecchie auto molte sono utilizzate di
rado, e spesso solo nelle zone rurali, mentre fra le vetture effettivamente circolanti
nelle grandi città le “non kat” arrivano sì e no al 10% del totale. Ma
è anche vero che i tempi di trasformazione del circolante sono comunque biblici: basti pensare che
ci sono voluti 10 anni per far superare la quota del 50% alle vetture a
norme Euro 2 e successive, e solo
grazie a frequenti campagne di in-
EURO 4 SOTTO IL 5%
La suddivisione del
circolante italiano in
base alla omologazione
sulle emissioni
centivazione alla rottamazione
delle auto sostituite.
La fotografia del parco circolante (i dati si riferiscono a fine
2004) ci dice anche che sono
meno del 10% le vetture
omologate Euro 4 o alimentate a Gpl o metano, quelle
che permettono di evitare
i blocchi del traffico nelle
città dove le amministrazioni locali si sono rivelate più elastiche. Anche
se, per inciso, non è detto
che lo siano altrettanto in
futuro: in altri termini, è
difficile pensare che le Euro 4 beneficeranno ancora
di un trattamento di riguardo
quando (presumibilmente fra
tre-quattro anni) avranno raggiunto all’incirca il 30% delle vetture in circolazione. Meglio sperare che, nel frattempo, qualcuno sia
riuscito a trovare la formula magica capace di far sparire le polveri
sottili che, blocchi o non blocchi,
continuano ad aleggiare sopra il
cielo delle nostre città.
Auto
Nei primi tre mesi
2005 scelta dal
45% degli italiani
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
●
Dossier
Euro 4
La strategia
i modelli
e le alternative
l’intervista\1
l’intervista\2
Attenti alle truffe
l’Euro 3
non si modifica
La vera svolta
il filtro
antiparticolato
L FILTRO anti-particoIdiffuso
lato per auto diesel più
al mondo si chia-
FABIO ORECCHINI
APPLICAZIONE di
L’
norme europee ha
portato i progettisti a sviluppare moltissimo i sistemi di controllo e abbattimento delle emissioni
delle auto nell’ultimo decennio. Guido Rossignoli,
responsabile relazioni
istituzionali ed ambiente
di Fiat Auto, segue per il
gruppo l’evoluzione delle
normative e lo sviluppo
delle tecnologie necessarie a rispettarle.
Com’è cambiata l’auto
per effetto delle norme
europee?
«È cambiata moltissimo. Soprattutto all’arrivo
delle norme Euro 1 nel
1993, con la marmitta catalitica. E all’arrivo delle
Euro 3 nel 2001, che ha
portato l’obbligatorietà
del sistema elettronico di
bordo Eobd per il controllo della qualità della combustione e dell’abbattimento delle emissioni, e
ha imposto una garanzia
per il catalizzatore di
80.000 chilometri».
E adesso, con le Euro 4?
«L’auto Euro
4 ha un catalizzatore più sofisticato e che
deve durare
perlomeno
100.000 chilometri. E ha migliori strategie
di controllo
elettronico delle emissioni,
soprattutto a
freddo. Il grosso delle emissioni, infatti, è
concentrato
nei primi minuti di funzionamento dell’auto. Da Euro
3 è previsto che
dopo 100 secondi di funzionamento,
circa 500 metri di percorrenza, il sistema arrivi alla
temperatura di attivazione».
Ma quali sono le differenze tra un’auto Euro 3
ed una Euro 4?
«Le differenze sono nella centralina di controllo
dell’iniezione e nel catalizzatore, posizionato
molto più vicino rispetto
all’uscita dei gas dal cilindro, per lavorare più velocemente a temperatura
superiore».
Un’auto Euro 3 può diventare Euro 4 con un intervento in officina?
«Decisamente no. L’auto deve essere omologata
come Euro 4 fin dall’inizio. Se anche si realizzassero degli interventi tecnici, mancherebbe l’omologazione».
E ci sono consigli pratici per chi guida un’Euro
4?
«Assoluto divieto di accensione a spinta. Se l’auto non parte, meglio chiamare l’assistenza. Spingendo si rischia di pompare benzina nella marmitta
e poi bruciarla lì, rovinando completamente il catalizzatore e facendo centinaia di euro di danni».
39
Il “boom” dell’auto pulita
così è cambiato il mercato
TOMMASO TOMMASI
URO 4, una sigla entrata di
E
prepotenza nella testa degli
automobilisti non perché rappresenti il nuovo traguardo dei
motori “puliti” ed ecologicamente rispettosi dell’ambiente,
ma perché solo con le macchine
dotate di motori Euro 4 durante i
mesi invernali in alcuni comuni
era possibile muoversi liberamente, nei giorni di divieto alla
circolazione. Il risultato di questa sorta di grande campagna
pubblicitaria gratuita lo ritroviamo nelle cifre del mercato dei
primi tre mesi del 2005: secondo
i dati forniti dall’Unrae (l’organizzazione dei costruttori esteri)
delle 645.395 vetture immatricolate fra gennaio e marzo, 291.905
disponevano di motori Euro4. In
percentuale, si tratta del 45,6%.
Un’accelerazione notevole, passata attraverso il 42,7% di gennaio, il 44,2% di febbraio e il
49,3% di marzo, benché condizionata dalla mancanza di prodotto di alcune case, i cui concessionari hanno i piazzali pieni
di vetture Euro3, oggi non proprio gradite da un cliente che si è
fatto più scaltro (“compro Euro3, ma solo se mi fate un maxisconto”) e più attento alle esigenze legate alla libertà di circolazione.
L’ulteriore conferma della
crescita di vendite delle
motorizzazioni più “pulite” viene dai dati riguardanti le immatricolazioni registrate nel
primo trimestre dell’anno in alcune grandi città. Unica perplessità
il fatto che a Roma, do-
ve solo le Euro 4 avevano la libera uscita nei giorni di blocco della circolazione, la quota di vendita di queste motorizzazioni supera di pochissimo il 43%: un valore sostanzialmente equivalente a quello di Milano, dove invece le Euro 4 non godevano di
alcun beneficio. Il vero “boom”,
però, si è registrato a Bologna e a
Firenze, dove la metà del mercato è stato già superato, con punte vicine al 60% se prendiamo in
esame il solo mese di marzo.
Inutile dire che ormai il processo è iniziato, e a questo punto
non c’è che da registrare la costante crescita, mano a mano
che si avvicina il 31 dicembre, ultima data utile (salvo deroghe)
il suv
CR-V, primo diesel al traguardo
A VOLTE succede davvero che gli ultimi diventino i
primi. Rimasta per anni ai margini del mercato dei Suv
causa assenza di motori diesel, adesso la Honda CRV non solo beneficia delle grandi qualità dinamiche
del quattro cilindri 2200 da 140 cv. Ma al momento è
la sola 4x4 disponibile con un motore a gasolio già in
linea con le norme Euro 4. Per il semplice motivo che
il propulsore giapponese, fresco di progettazione, è
stato pensato anche in funzione di quei limiti alle emissioni che molti suoi concorrenti stanno ancora inseguendo. E che si sono rivelati non proprio facilissimi
da rispettare: soprattutto per i veicoli di peso elevato
come i Suv, che necessitano di accelerazioni più violente per rispettare tempi e velocità previste dai cicli
di verifica delle emissioni.
HONDA CR-V DIESEL
per la vendita di vetture Euro 3.
Peraltro va sottolineato che, con
la bella stagione, il problema dell’inquinamento atmosferico è
divenuto meno assillante, grazie
anche allo spegnimento degli
impianti di riscaldamento domestico.
Nel frattempo però, da un
punto di vista puramente commerciale, il mercato dell’auto sta
cambiando. Le case che dispongono di motorizzazioni Euro 4
possono contare su un argomento promozionale in più.
D’altronde, sul fronte delle statistiche di vendita, aprile non dovrebbe riservare sorprese, poiché una buona parte delle auto
Euro4 ordinate nel corso del mese di marzo s0no state immatricolate solo durante il mese successivo.
Come strumento di marketing, le Euro 4 hanno acquisito
un ruolo ben preciso, essendo
considerate un argomento premiante nella lotta senza quartiere per conquistare il cliente. Ne
stanno facendo largo uso alcune
case costruttrici che possono offrire alla propria clientela numerosi modelli dotati dei motori più
attuali. E’ il caso della Opel, che
con l’Astra è al 99,9% delle vendite nei primi tre mesi, della Volkswagen, che con la Golf è
all’87,3%, della Toyota che
con la Yaris è all’80,1%, della
Lancia che con la Ypsilon è al
68,7%. Esaminando il quadro delle sole marche cosiddette generaliste, quelle presenti in quasi tutti i segmenti
di mercato, svetta la Opel con
un solido 99,1%, seguita a distanza da Toyota e Volkswagen,
appaiate al 68,5%.
ma “Fap” ed è quello del
gruppo Psa Peugeot Citroen. Il sistema è arrivato sulle auto di serie dei
due marchi a partire dal
2000 e ha fatto la fortuna
dei modelli delle due case
anche da un punto di vista commerciale. Gerard
Bedot è il capo ingegnere
del gruppo per tutto
quello che riguarda i
combustibili, i processi
di combustione ed i processi di trattamento dei
gas di scarico.
Chi è il papà del Fap?
«Jean Martin Folz, il
nostro presidente. È lui
che ha voluto a tutti i costi che arrivasse velocemente sulle auto di serie».
E da un punto di vista
tecnico?
«Lo sviluppo è opera di
un team di circa settanta
persone, tra ricercatori,
chimici e ingegneri».
Da quando ci lavorate?
«Lo sviluppo risale agli
anni Settanta, anche se i
passi più importanti dal
punto di vista
concettuale
sono stati fatti
negli anni Ottanta e la vera
svolta è arrivata nel 1998, con
il sistema common rail. L’iniezione common rail ci ha
permesso di
controllare la
temperatura e
la composizione dei gas di
scarico, quindi
di rendere efficace e duraturo il filtro».
Ma come
funzione il filtro anti particolato Fap?
«Il funzionamento avviene in due fasi
completamente distinte,
l’intrappolamento e la
combustione delle polveri. Il filtro ceramico
trattiene nei suoi minuscoli cunicoli il 99% delle
particelle emesse dal motore. Quando però il filtro
è pieno, il sistema procede in modo automatico a
realizzare una vera e propria combustione all’interno della marmitta, che
elimina le polveri accumulate e le trasforma in
sostanze gassose».
E come avviene la
combustione?
«Nel filtro viene iniettato un additivo chimico,
contenuto in un piccolo
serbatoio e sufficiente
per oltre duecentomila
chilometri. Grazie a questo additivo avviene la
combustione e il filtro
viene rigenerato».
Questo però non è l’unico sistema presente
sul mercato.
«Altre case utilizzano
sistemi senza additivo,
ma secondo noi quei sistemi non garantiscono
la stessa efficacia del nostro in tutte le situazioni
di marcia».
(f. o.)
DUE RUOTE
●
Auto
Alla presentazione della Breva
Colaninno annuncia il piano per
far ripartire un marchio glorioso
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
41
Dal rinnovamento della fabbrica
di Mandello “inadeguata alle sfide
del mercato globale” ai nuovi modelli
Breva
LA NOVITÀ PIÙ ATTESA
La Guzzi Breva V 1100 è l’ultima nata della casa
di Mandello del Lario. È una naked modellata
intorno al motore bicilindrico a V di 86 Cv.
La moto è in vendita a 11.590 euro
1921
LA FONDAZIONE
Il 15 marzo 1921 viene fondata a Mandello
del Lario da Carlo Guzzi e Giorgio Parodi
la “Società Anonima Moto Guzzi”
1935
LA VITTORIA PIÙ BELLA
Moto Guzzi entra nel mito: 250 e 500
bicilindrica vincono il Tourist Trophy
la corsa più prestigiosa del mondo
1950
GALLETTO E FALCONE
Nascono due miti: il Galletto 160 (primo
scooter a ruote alte della storia) e
l’indimenticabile Falcone 500
1971
LEONARDO COEN
ARRIVA LA V7 SPORT
MILANO
—
Quando hanno
presentato la
bella V1100 Breva,
ultima nata della Guzzi,
scegliendo non a caso la
Triennale di Milano (ossia il tempio del design tricolore) c’erano tanti giornalisti stranieri e questo
non meravigliava più di
tanto visto che la Guzzi,
quanto a fascino e mito, è
seconda al mondo solo alla
Harley Davidson. Però, in
prima fila, spiccava anche
il ministro della Giustizia
Roberto Castelli, e all’inizio non si capiva perché fosse intervenuto: era lì per motivi istituzionali, in sostituzione
del ministro competente? Per
amicizia di Roberto Colaninno, il
gran padrone del gruppo Piaggio,
sospettato di voler cedere la gloriosa azienda di Mandello del Lario ai dragoni cinesi? O erano solo
meschine ragioni elettorali quelle
che lo avevano portato ad omaggiare la Gran Turismo “naked” dal
tribolato passato (due anni fa il
prototipo fu bocciato al Salone di
Milano dagli appassionati perché
troppo goffo e massiccio)? E se invece Castelli fosse semplicemente un fanatico della “rossa”?
Mentre Colaninno liquidava
con un paio di battute la questione cinese («mi sembra una favola
alla Cappuccetto Rosso: ho investito tanti soldi non per andarmene via domani mattina perché
viene Pasqualino Maragià, ma
perché il nostro è un progetto industriale serio»), il ministro faceva giustizia di ogni illazione: «Sono guzzista, è vero. E sono di Mandello. Ho lavorato trent’anni come ingegnere alla Guzzi e il V7 è
stato il primo motore sul quale ho
trafficato. Non nascondo che le
sorti di quest’azienda mi sono
molto care: per noi lecchesi, Mandello del Lario è la Maranello del-
È l’anno della V7 Sport che rilancia la moto
sportiva italiana. In Usa ci sono le versioni
Special, California e Ambassador
2000
LA PROPRIETÀ PASSA AD APRILIA
Beggio (Aprilia) acquista la Moto Guzzi
Vengono prodotte il V11 Sport Rosso
Mandello, la Breva 750 e il concept Griso
2005
IL NUOVO CORSO PIAGGIO
Da dicembre 2004 la Guzzi è nelle mani
del gruppo Piaggio. A marzo di quest’anno
debutta la Breva 1100
Guzzi, adesso o mai più
“Ecco il nostro progetto”
le due ruote. E’ un marchio glorioso. C’è un’aquila. Facciamola volare», chiosava infine e si capiva
che era pure un messaggio diretto
ai vertici della Piaggio, perché
non smontassero il mito per traslocarlo altrove, o magari per
svenderlo con qualche ardita
triangolazione finanziaria al nemico d’Oriente.
«So benissimo che la
Guzzi viene considerata in qualche modo l’università della moto.
Proprio per questo
l’abbiamo acquisita», cercava
Colaninno di tranquillizzare gli
scettici, «però devo pur dire che la
fabbrica in cui viene prodotta è
invecchiata, inadeguata alle sfide
del mercato globale», continuava
poi impietosamente, «noi investiremo un sacco di quattrini nella
Guzzi, 25 milioni di euro per i
prossimi quattro anni, ossia il 10
per cento del fatturato, ma lì dentro così come è ora, le cose non sono quelle che vogliamo. Bisogna
cambiare, modernizzare, rendere la produzione competitiva e
concorrenziale. Il nostro è il quar-
to gruppo al mondo, per quel che
riguarda la produzione motociclistica, il primo in Europa. Dobbiamo e possiamo evitare quello
che è successo all’auto italiana.
Dobbiamo perciò proporre modelli concorrenziali ed unici, progettati nelle nostre università, nei
nostri laboratori di ricerca (la Piaggio ne ha sei,
ndr.)». Un conto è la fabbrica museo di Mandello, un altro è produrre
moto per guadagnare
quote di mercato e portare denaro nelle casse
v u o t e ,
profondamente vuote
come
quelle della
Guzzi.
Ristrutturare?
O delocalizzare,
per dirla con un orribile neologismo industriale? La paura tra i 260 dipendenti serpeggia da tempo,
le autorità provinciali sono
allarmate, vorrebbero che
la Guzzi restasse in zona. I
sindacati sono perplessi: la
Piaggio, accusano, ha già
comprato la Gilera, altro
marchio storico delle due
ruote italiane, senza rilanciarlo. I terreni su cui si trova
lo stabilimento di Mandello valgono un fracco, dovesse chiudere
la Guzzi, raccontano in paese, «ci
sarebbe già il piano per edificare
un quartiere di villette e un centro
commerciale». La diceria è un tormentone che innervosisce da mesi i dirigenti della Piaggio: «Preferiamo investire in macchinari e
uomini non in mattoni».
L’amministratore delegato
della Moto Guzzi, Daniele Bandiera (ex presidente della business unit Alfa-Romeo), spiega come: «Piani di produzione da 10-12
mila moto l’anno, strategia commerciale più aggressiva, un occhio particolare al life style. E poi
svilupperemo la qualità del prodotto e dei servizi post vendita, oltre a rafforzare la rete di vendita,
in particolare all’estero (Usa ed
Europa) e nei confronti delle pubbliche amministrazioni di tutti i
paesi». Nella mitologia Guzzi, si
comincia con Omobono Tenni
che in sella alla 250 conquistava il
Tourist Trophy del 1937 «scalando il cielo», scrissero i giornali dell’epoca (fu il primo a straniero a
vincere sul circuito dell’isola di
Man) e si prosegue con la Guzzi
California utilizzata dai poliziotti
Usa. Perché non ritentare il colpaccio?
L’INVESTIMENTO
IL PIANO
In questa azienda
spenderemo 25 milioni
di euro nei prossimi 4
anni: il 10 per cento
del fatturato. Bisogna
cambiare e modernizzare
Produzione da 10 a 12
mila moto l’anno,
strategia commerciale
più aggressiva e sviluppo
della qualità del prodotto
e dei servizi post vendita
ROBERTO COLANINNO
DANIELE BANDIERA
Presidente gruppo Piaggio
AD della Moto Guzzi
42
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Suzuki
Bandit
DUE RUOTE
●
Auto
DUE RUOTE
●
Auto
MOTORE NUOVO, BANDIT NUOVA
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
PIU’ PICCOLA MA SENZA COMPLESSI
Squadra vincente non si cambia. Così la
Bandit resta se stessa, ma sale di
cilindrata. Diventa più elastica e godibile. E
conquista un discreto sprint in più. Cavalli
da maximoto, dunque, a prezzo d’attacco
Nonostante la cilindrata inferiore, la
Multistrada 620 non mostra complessi di
inferiorità nei confronti della sorella
maggiore. Spesso, infatti, si dimostra
più maneggevole ed efficace.
43
Ducati
Multistrada
Il tempo delle nude
Honda Hornet
Yamaha MT-01
Si rinnova la più venduta in Europa
Motore bicilindrico da 1700 cc e tanta classe
Essenziale e grintosa
segreti di una regina
Il debutto della maxi
scolpita nell’acciaio
TEMPO di naked. Ma è anche un’era laÈ
boratorio, transitoria, in cui le case sono
in cerca di nuove idee. È la Yamaha ad avere
FRANCESCO CALVO
STATA la moto più venduta in Europa dal
È
2001 al 2003, ma non nel 2004. Non era abbastanza “fun” con quelle sue sospensioni un
po’ troppo morbide, quelle linee e quel motore
piacevoli e rassicuranti, ma non abbastanza
grintosi. Honda non ha perso tempo e ha corretto quel che c’era da correggere, rivisitando la
Hornet 600, divenuta già una capostipite di una
generazione di moto essenziali ma efficaci, versatili ma non prive di personalità.
Adesso la brava ragazza rivuole il trono e ha
messo da parte le buone maniere; non è diventata terribile, ma si fa rispettare. A partire dall’aspetto, che non stravolge quel molto di buono
che c’era, ma enfatizza il carattere dinamico che
una rivisitazione del motore ha tirato fuori dal
quattro cilindri. Ora c’è più “schiena” ai “medi”
e una progressione più decisa fin dai bassi regimi e questa vena da streetfighter andava evidenziata. C’è un accenno di cupolino, dalle linee decise, nuovi indicatori di direzione più piccoli e
dal vetrino chiaro, la strumentazione mista analogico-digitale compattissima, ma completa (finalmente è arrivato anche l’indicatore del livello del carburante). Poi, fra gli accessori, ci sono
un coprisella che nasconde la parte destinata al
passeggero e trasforma la Hornet in monoposto
e un puntale, entrambi in tinta.
La principale novità, dal punto di vista estetico, è la forcella a steli rovesciati da 41 millimetri
di diametro. Fa scena, non c’è dubbio, ma funziona anche bene, pur mancando di regolazioni.
Deriva da quella montata sulla CBR600RR e ha richiesto una modifica alle piastre e al canotto di
sterzo per essere adottata dalla Hornet. Parte bene, senza impuntature, ed ha un primo tratto
morbido il giusto per rendere confortevole la
marcia di riposo, ma la progressione è ben tarata e, al crescere della velocità e delle sollecitazioni, sostiene con maggior decisione. Pur non essendo cambiati i freni e l’ammortizzatore posteriore, il comportamento sembra diverso, più rassicurante. Il merito è proprio della forcella, che
fa lavorare meglio il doppio disco anteriore in
frenata e mantiene l’avantreno al giusto grado di
“galleggiamento”.
Su strada, però, quello che si apprezza è la fluidità dell’insieme, con una risposta all’acceleratore pronta e una reattività ai comandi immediata e mai nervosa. Quanto ai colori, tutti metallizzati, il compito di sottolineare l’aspetto tecnologico è affidato all’argento e all’azzurro;
mentre il nero si rivolge a chi veste alla moda. Di
nuovo c’è un Bombay orange, perfetto per dar luce all’anima trasgressiva della Hornet. La moto è
già in vendita a 7.490 euro, 60 in più
rispetto al modello precedente,
un’altra ragione per apprezzarla.
L’inarrestabile fenomeno
delle moto naked. Prestazioni
e fascino degli ultimi modelli
già in testa alle classifiche
VALERIO MONACO
EMPRE più nude e senza
S
tabù. Le moto naked sono
un fenomeno consolidato. Al
punto di dare aiuto a un mercato delle due ruote con il fiato
grosso. I dati forniti dall’Ancma
(Associazione Nazionale Ciclo
Motociclo Accessori), parlano
chiaro. Mentre le vendite degli
scooter nei primi tre mesi dell’anno perdono il 18,01%, la
classifica generale dei 20 modelli più venduti vede le moto
naked, come la Yamaha FZ6
600, la Honda Hornet 600 e la
Kawasaki Z750, in posizione più
che solida. Tre modelli che, in
un momento di vacche magre, si
prendono il lusso di vendere circa 5000 unità in novanta giorni.
Nel primo periodo dell’anno,
quello del grande freddo, la classifica delle medie cilindrate
(500-750 cc) più vendute, registra 8 modelli di naked tra le prime 10 moto. Mentre tra le maxi
cilindrate (1000 cc e oltre), ci sono 5 naked tra le prime 10 della
top ten.
Se poi si allarga lo sguardo, e si
esce dal rigore delle gabbie dei
segmenti di mercato, il successo
delle nude appare ancora più
prepotente. Ci sono moto come
la Bmw R1200GS, ad esempio,
che la maggior parte dei clienti
acquista e usa con lo spirito con
cui si sceglie una nuda, anche se
è un modello imprigionato nel
ruolo della enduro. Chi vuole la
vera off road, infatti, sceglie una
protagonista nelle grandi maratone africane come la KTM Adventure. Che piaccia o no, quello delle naked è ormai un mercato allargato, a cui appartengo-
no le R Bmw, la Harley Davidson
Sportster e la MV Brutale, tanto
per citare qualche esempio.
Modelli fuori dal coro, insomma, ma tutti con un forte spirito
naked. Motociclette di fascino
che non aspirano a velocità da
primato. Ma che finiscono per
rosicchiare numeri alle ipersportive. Moto riservate ai soli
patiti della pista. Troppo potenti e pericolose per l’uso stradale.
Lo zoccolo duro dei nuovi
motociclisti, tra l’altro, è fatto di
professionisti di tutte le età.
Molti vengono dallo scooter, o
tornano alla moto dopo anni.
Non se la sentono, insomma, di
raccogliere la sfida di oggetti
“monstre” da 180 Cv di potenza
e 170 chili di peso. Timori a cui si
aggiunge la nuova paura dell’Autovelox. E poi, diciamolo,
andare a 90 all’ora con una moto che raggiunge i 160 Km/h in
prima, è un supplizio insopportabile. Provare per credere. Così, ci si orienta al mercato delle
nude. Sono belle, confortevoli
anche in coppia, facili e divertenti da guidare, e a 100 all’ora
fanno sentire la carezza del ven-
to. Considerazioni che indirizzano anche l’industria, come
raccontano le new entry. Gran
parte delle nuove proposte, infatti, è in stile naked. Come le
inedite e originali maxi Yamaha
MT 01 e Harley Davidson Street
Rod. O come la nuova Moto
Guzzi Breva 1100, classica
naked della migliore scuola italiana. Oppure come l’altrettanto nuova Aprilia Pegaso, versione più accessibile delle grintose
moto supermotard. Nuova passione dei giovani e di chi sa guardare avanti.
Aprilia Pegaso
Kawasaki Z 750
La trasformazione di uno dei modelli più di successo della casa di Noale
Personalità e prestazioni della versione con il cupolino
Supermotard all’ultima moda
Aggressiva ma facile da guidare
MAURILIO RIGO
ELLA moto presentata nel 1990 è rimasto
soltanto il nome. L’Aprilia Pegaso 650
D
Strada, che fino a oggi è stata venduta in 50.000
unità, si è trasformata da enduro stradale a supermotard all’ultima moda. E non poteva essere altrimenti, visto che al suo esordio nel
mondiale Supermoto 2004, la casa di Noale
aveva conquistato subito il titolo. Quindi, cavalcando l’onda dei successi e della moda, i
progettisti Aprilia hanno realizzato una moto,
divertente, facile da guidare e adatta a tutti. Il
look, grintoso e compatto, ha preso spunto
dalla concept “Mana”, sviluppata dal designer
Maurizio Carbonara ed esposta al Motor-show
di Bologna nel 2001. Il design della Pegaso è filante e compatto con un inedito frontale che
incorpora il cupolino autoportante e fanale
con doppia lampada ispirata all’elmo dei guerrieri greci. Nella parte superiore del serbatoio
(da 16 litri) troviamo poi un comodo vano portaoggetti che si apre elettricamente. Sempre in
tema di spazi trova posto sotto la sella un altro
vano che può ospitare una tuta antipioggia.
Da segnalare poi l’altezza della sella contenuta a 780 mm per facilitare il contatto dei pie-
di con il terreno ai guidatori di tutte le taglie. La
ciclistica è affidata a un telaio monotrave in acciaio, ammortizzatore posteriore a gas, cerchi
in lega di alluminio anodizzato da 17”. Il propulsore invece è il monocilindrico di derivazione Minarelli/Yamaha 4 valvole a iniezione
elettronica da 50 Cv, Euro 2. Un’ampia gamma
di accessori permette di personalizzare la Pegaso Strada, in vendita, nei colori rosso o nero,
a 6.990 euro.
OTORE generoso, design aggressivo e sella
M
comoda per fare chilometri con a bordo il guidatore e il passeggero. Caratteri che fanno della
nuova Kawasaki Z750S una moto facile, con cui si
fa amicizia in fretta. Derivata dalla nuda Z750 che
ha lanciato Kawasaki nella zona alta della classifica (5.869 unità vendute nel 2004, e terza tra le moto), la nuova “S” si mette il topless. Un cupolino
succinto ma elegante che veste faro e manubrio. E
in più, al posto della sella due pezzi “formato biki-
ni” della Z750, una intera, più bassa e confortevole. Accessori forse un po’ “borghesi”, per lo
sportivo duro e puro. Ma che offrono ben altra
protezione nei trasferimenti a lungo raggio, e
più comfort nella marcia in coppia.
Con la “S”, dunque, la Kawasaki Z750 cambia
personalità. Acquisisce novità e affinamenti
che non si limitano all’aggiunta della semi carenatura. I tecnici Kawasaki sono andati oltre,
insomma. A conferma della voglia di perfezionismo che è nel DNA di famiglia. La “Kawa S”,
ad esempio, ha una diversa inclinazione della
forcella anteriore (+3 mm). Un variazione che
si traduce in una moto meno reattiva e nervosa.
Su strada, la Kawasaki Z750S ha confermato
le qualità raccontate sulla carta. Impegnato
nelle 1500 curve dell’insidioso percorso della
leggendaria Targa Florio siciliana, il motore 4
cilindri 16V Kawasaki, da 748 cc e 110 Cv, ha mostrato un comportamento impeccabile, per
potenza erogata e fluidità di funzionamento.
Ma anche con una posizione di guida accogliente e una sella confortevole. Una moto di livello, insomma, che convince per il prezzo accessibile (7.650 euro), le ottime prestazioni e i
consumi contenuti.
(v. m.)
più coraggio. Ad uscire dall’anonimato, con
l’intrigante maxi MT 01. Due cilindri a V grandi come le colonne di un tempio greco. Due
scarichi a tromba che corrono ai lati della sella. Al centro del manubrio, un gigantesco
contagiri circolare con incastonato un display per la velocità, il chilometraggio, e le
informazioni. E sotto, l’originale faro sagomato. Poi il serbatoio importante ma non
prepotente, la coppia di enormi collettori di
scarico cromati. Ma c’è anche la meccanica
di pregio, come il telaio in lega, da supersportiva, le sospensioni regolabili, i freni presi in prestito dalla superbike R1, con tanto di
pinze radiali, e un forcellone posteriore da far
invidia alle moto da corsa. Ma non creiamo
confusione perché la Yamaha MT 01 è, e vuol
essere una naked. Una stradale pura. È l’espressione della moto “post moderna”, sintesi del classico e dell’avanguardia. Nata per
piacere e divertire.
Il design della Yamaha MT 01 è armonia di
forme. Scultura nell’acciaio di un muscolo da
atleta. E quando si avvia il motore l’emozione acquista forza. I 1700 cc del bicilindrico
Yamaha dominano la scena con suoni e vibrazioni. Musica e fitness per chi ha dentro la
passione. Chi non ha fantasia, invece, e vive
imprigionato dai numeri dell’arida scheda
tecnica, potrebbe arricciare il naso. Tanta cilindrata per soli 90 Cv di potenza. Ma chi ha
cultura sa guardare oltre. Gioisce per i 15 Kgm
di coppia. Numero importante, che significa
girare la manopola del gas, e partire come la
palla di un cannone. E a gestire i 240 Kg basta
il buon equilibrio della moto. Superati i 30
chilometri l’ora, la maxi naked offre sicurezza. Si lascia condurre come un elegante alano ben addestrato. Se poi si esce dalla città la
MT 01 distende le marce. Bastano poco più di
3000 giri e un sottile filo di gas per arrivare a
130, cullati dal piacere di assaporare un nuovo modo di andare in moto. Di godere delle
accelerazioni brutali ad ogni uscita di curva.
Di lasciare che la precisione del telaio disegni
curve perfette. La posizione in sella è comoda e naturale. Anche per il passeggero che,
una volta tanto, non è appollaiato come su un
trespolo. E, per finire, le marmitte non scottano mai. Neanche stando in fila in città. Anche se 14 mila euro può sembrare un prezzo
esagerato, la Yamaha MT 01 ha un listino corretto, perché è un capolavoro di meccanica
e creatività. Un prodotto di qualità impeccabile, capace di esprimere
un’immagine destinata a
lasciare il segno nel tempo.
(v. m.)
44
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
Vertex
Green Go
DUE RUOTE
●
Auto
DUE RUOTE
●
Auto
ELETTRICO E MAXI
MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005
RESTYLING DOPO 4 ANNI
Si chiama Vectrix ed è il primo maxiscooter
elettrico di ultima generazione. Interessanti
le prestazioni: velocità massima 100 km/h,
autonomia di 100 km e tempo di ricarica di
sole 2 ore. Costa 8.400 euro
A quattro anni dal lancio sul mercato il
Beverly della Piaggio si rinnova. Maggiori le
modifiche sul 500 che monta una nuova
frizione. Invariati i prezzi: 3.680 euro per il
125, 3.990 il 250 e 5.290 il 500
45
Beverly
500
Più potenti ma anche più
compatti e leggeri: sembrano
quasi delle moto ma...
Vespa LX
Sostituisce la ET4. Modifiche dentro e fuori
La leggenda si rinnova
in 60 anni 139 modelli
VALERIO MONACO
ESPA, sempre Vespa, fortissimamente VeV
spa. La leggenda si rinnova. E non è un modo di dire, perché dopo quasi sessant’anni e 139
modelli alla Vespa spetta sicuramente un posto
di rilievo nella storia. Delle tante testimonianze, basta la più recente. Nei padiglioni dell’Expo Universale 2005 di Aichi, in Giappone, tra i
120 robot del futuro, i 12 prototipi di personal
mover I-Unit, lo stravagante I-Foot e il pullman
intelligente Imts, l’icona scelta per rappresentare l’immagine dell’industria del nostro tempo era proprio lei, la Vespa. C’è poco da fare, i
tempi e le abitudini cambiano, ma la scooter
Piaggio rimane sempre fedele al suo progetto
originale. Una scocca portante in acciaio, una
carrozzeria, sempre in lamiera, anch’essa fedele al concept d’origine, e una gamma di motori
semplici, economici e con bassi costi di gestione. Così era l’idea di Corredino D’Ascanio, ingegnere aeronautico e inventore dell’elicottero. Non si può cambiare un concetto geniale
che ha sempre trovato un pubblico attento. Si
affina. Si allinea a gusti e tendenze di una società in costante evoluzione. È così che la carrozzeria della nuova LX si allinea. Ritorna a
qualche accenno di spigolo sui globi posteriori
della carrozzeria, mentre il faro assume un garbo diverso e torna tondo.
Quattro centimetri più lunga e tre più larga
della precedente ET4, la nuova LX è più confortevole, ha il vano sotto alla sella più spazioso e
lo scudo frontale leggermente più protettivo.
Ma le differenze più sostanziose riguardano la
meccanica. La ruota anteriore, per cominciare,
acquista qualche centimetro in altezza (e diventa da 11 pollici). Una diversità, rispetto al
passato, che migliora in maniera sostanziosa il
comfort sui fondi stradali dissestati di molte
città italiane. La ruota più alta, inoltre, migliora
la tenuta di strada e rende più affidabile e sicuro un avantreno che era il tallone d’Achille della precedente ET4. Anche la taratura delle sospensioni è migliorata. La Vespa LX, insomma,
sembra assorbire il cattivo carattere del fondo
stradale con più fair play. Più interessanti anche le motorizzazioni, con il 50 cc che può arrivare a percorrere circa 45 chilometri con un litro di carburante. Mentre i più brillanti 125 e 150
erogano, rispettivamente 10,3 e 11,7 Cv e raggiungono le velocità di 91 Km/h (125) e 96 (150).
La nuova Vespa è prodotta in quattro versioni. Le 50 sono a due tempi (2.110 euro) e a quattro tempi (2.310). Le 125 e 150, entrambe a quattro tempi, vanno in vendita, rispettivamente a
2.910 e 3.070 euro. Come abbiamo accennato,
la nuova LX sostituisce la serie ET, prodotta dal
1996 in oltre 460.000 esemplari, e si prepara a
scrivere un altro capitolo della storia Vespa.
Sono
sempre
maxi scooter
FRANCESCO CALVO
L NUOVO corso dei maxi scooIneter
prevede una motorizzaziopoderosa in una struttura agile. Quello che si cerca è un superiore rendimento dinamico globale, quindi non necessariamente la migliore velocità di punta,
ma un insieme di caratteristiche
che rendano la guida più efficace.
A parità di motorizzazione e
dotazione ciclistica, un veicolo
più leggero ha un rapporto pesopotenza più favorevole, quindi
senza intervenire su altri parametri avrà migliore accelerazione, migliore frenata, consumi ridotti, superiore agilità. Ovviamente soltanto facendo salva la
qualità della dotazione, poiché
se si alleggerisce il veicolo risparmiando anche sui componenti, è
ovvio che la teoria va a farsi bene-
dire.
In un mercato che consente di
guadagnare solo con le economie di scala (modo elegante per
dire che si deve vendere in grandi quantità), diventa necessario
puntare sui segmenti che “fanno
i numeri” e le vendite di scooter
oltre i 250 cc. sono in impetuoso
crescendo. Chiuso il 2004 con un
raddoppio rispetto al 2003, i maxi
rappresentano oltre il 40% delle
vendite e molto di più del fatturato. Già, perché quelli che piacciono di più costano parecchio. Va
detto che, per prezzi di listino che
viaggiano allegramente oltre i
5.000 euro, la dotazione media è
davvero ricca, ma è pur vero che
si tratta di strutture relativamente semplici, per le quali la razionalizzazione industriale ha consentito di abbattere in maniera
significativa i costi produttivi.
Honda SH
La nuova sfida della casa giapponese
Dopo i record si cambia
per la prima volta Euro 3
ACILE facile. Il nuovo SH della Honda,
F
che è già in vendita, ambisce a rendere la
guida delle due ruote rassicurante ed intuiti-
Con qualche ricaduta negativa,
come l’esosità delle spese di carrozzeria anche in caso di banali
scivolate, nel corso delle quali si
innesca un “effetto domino” in
cui i pannelli della carena, generalmente assai semplificati nelle
giunzioni, quando non addirittura monolitici, trasferiscono le
spaccature da una parte all’altra
del mezzo con una facilità impressionante.
Dall’apripista, il TMax della
Yamaha, in avanti, c’è stata una
rapida diffusione del decalogo
del maxiscooter di successo e
l’offerta è ormai variegata. Gli ultimi arrivi sono l’interessante
Kymco Xciting 500 e il GreenGo
della Vertex. Il maxi della Kymco
si propone a meno di 5.000 euro,
con una dotazione più che notevole e alcune scelte tecniche di
sorprendente raffinatezza, come
la forcella da 40 mm. di diametro
e la doppia piastra di sterzo. L’Xciting nasce con alimentazione a
carburatore, ma è prevista l’omologazione Euro3 per il motore
dotato di iniezione elettronica,
che arriverà prossimamente.
Ora, se il costruttore di Taiwan ha
già una discreta reputazione, sono in pochi a conoscere l’americana Vertex, che propone un
maxi a batteria che promette 100
km/h di velocità massima e 110
km. di autonomia. Le batterie si
ricaricano all’80% in sole due ore
e dovrebbero assicurare 10 anni
di vita utile. Il prezzo, senza gli incentivi previsti per i veicoli elettrici, è di oltre 8.000 euro, ma i
produttori assicurano che, in un
ciclo vitale di 4 anni, consente di
risparmiare il 25% rispetto a un
400 tradizionale, utilizzato per
4.000 chilometri l’anno.
Atlantic 500
Xciting 500
Il rilancio Aprilia con il restyling del vecchio modello. Ora più maneggevole
Il debutto tra i maxi della Kymco (otto fabbriche nel sud est asiatico)
Ecco il “midi”, prestazioni e qualità
La sorpresa arriva da Taiwan
SUOI punti forti sono riassumibili in prestaIstino
zioni e rapporto qualità-prezzo. Con un lia 5.500 euro e finiture di classe superiore, l’Aprilia Atlantic 500 Sprint interpreta il
ruolo di midi-scooter in maniera egregia. Le
dimensioni compatte, unite al motore Master
500 della Piaggio, lo rendono un mezzo molto
piacevole nel commuting quotidiano: spostamenti rapidi, maneggevolezza, consumi
contenuti. Il prezzo si spiega con il “carry
over”, quel sistema produttivo che prevede la
condivisione di materiali e componenti con
altri prodotti della gamma. A dire il vero,
l’Atlantic non denuncia parentele scomode con mezzi obsoleti; infatti, a
parte il quadro strumenti e il numero
di serrature (quattro), che rimandano al recente passato degli scooter, è
moderno e innovativo sotto molti
riguardi. Il telaio deriva da quello
dell’Atlantic 250, opportunamente
rivisitato. Sospensioni specifiche e
impianto frenante più che adeguato, con l’aggiunta della frenata combinata.
Plastiche ben accoppiate e verniciatura impeccabile danno una immedia-
ta sensazione di qualità, confermata anche
dagli altri componenti. Gradita la presenza di
un antifurto con telecomando, mentre dispiace non trovare il freno di stazionamento,
utile in caso di parcheggio in forte pendenza.
Lo spazio non è regale ma si sta comodi anche
in due. Abbastanza capiente il vano retroscudo, mentre il sottosella è tormentato nella forma; c’entra un casco jet, ma è consigliabile acquistare il bauletto da 45 litri (198 euro) se si ha
la necessità di portare oggetti ingombranti.
(f. c.)
MAURILIO RIGO
UE anni per non commettere errori. E’ stato
D
questo infatti il tempo necessario per sviluppare il progetto Xciting 500, il nuovo mezzo della
Kymco che segna l’ingresso della casa taiwanese
nel settore dei maxiscooter. Un passo importante
per il marchio nato nel 1963 e che può contare su otto stabilimenti nel Sud Est asiatico con ua capacità
produttiva superiore al milione di unità l’anno. Fino a oggi la gamma Kymco, rappresentata in Italia
dalla Padana Ricambi, comprendeva veicoli da 50
a 250 cc e ATV.
Per il maxi gli ingegneri hanno puntato a creare un mezzo che fosse un giusto mix tra utilizzo
cittadino, turistico e sportivo. Una sfida difficile da realizzare e infatti il comfort urbano risente dell’impostazione sportiva dello scooter dal
telaio rigido accoppiato a una forcella idraulica
a doppia piastra con steli da 41 mm, una coppia
di ammortizzatori regolabili posteriori e ruote
da 15” all’anteriore e 14” dietro. Anche il vano
sottosella è penalizzato della linea filante anche
se non originale della carrozzeria riuscendo a
contenere un solo casco integrale e poco altro.
Buona invece la protezione aerodinamica completata dalla possibilità, un po’ macchinosa di
regolare il parabrezza su due posizioni.
L’Xciting monta un propulsore monocilindrico, Euro 2, 4 tempi, 4 valvole, da 498 cc con
potenza di 38 Cv, dalla risposta pronta e fluida.
Da segnalare la presenza del freno di stazionamento manuale, luce di cortesia e presa per la ricarica del telefonino nel vano sottosella, blocchetto di accensione multifunzione smart lock
che comanda l’apertura della sella e del tappo
del serbatoio nonché la copertura di sicurezza
anti intrusione della serratura. Concorrenziale
il prezzo fissato a 4.995 euro.
va. Ruote grandi, frenata combinata, sospensioni controllate. Con la sella più stretta
rispetto al modello precedente, sembra un
poco più basso e, grazie alla pedana ampia,
fornisce un buon appoggio e anche una maggiore protezione alle gambe.
E’ anche rassicurante per il design sobrio,
per la verniciatura spessa dai colori “adulti”,
per quell’aria che vuole essere importante
senza per questo suggerire un peso esagerato, per la silenziosità del motore e l’assenza
di scricchiolii della carrozzeria. Sembra proprio solido e ben fatto.
Pronto all’accensione, sussurra anche
quando si ruota con decisione la manopola
del gas e accelera con regolarità. Non ci sono
differenze sostanziali nelle prestazioni fra le
due motorizzazioni, e quel briciolo di potenza in più offerta dal motore di 150 cc si fa apprezzare soprattutto in ripresa. Sempre
morbido e consistente, l’SH della Honda ha
un modo pacato di rispondere alle sollecitazioni che mette a proprio agio anche il neofita, ma, in mani più esperte, trasforma l’inerzia in solidità, quindi regala un buon appoggio anche nei percorsi cittadini più veloci e
tormentati.
È davvero una vita facile, quella che si fa
con questo scooter a ruote alte, comodo in
città e quasi indifferente alle scie sulle strade
aperte, dove altri ciclomotori subiscono lo
spostamento d’aria di mezzi più grandi. Intuitivo il cruscotto, con le informazioni belle
chiare, e sicuro il nuovo faro, dal fascio luminoso più largo e profondo. La frenata CBS
agisce in maniera intelligente su entrambe le
ruote, quindi è davvero difficile scomporre
l’assetto dell’SH, anche negli interventi d’emergenza.
Nel 2004, cumulando le due cilindrate in
cui viene offerto, è stato il veicolo a due ruote più venduto in Europa, con 45.000 unità
(ben 35 mila gli esemplari che sono stati consegnati in Italia sempre nel 2004, circa 6 mila
nei primi tre mesi di quest’anno). Per il 2005,
l’obiettivo della casa giapponese è di mettere sul mercato cinquantamila SH fra 125 e
150 cc. I clienti di riferimento sono adulti, fra
i 30 e i 40 anni, donne per quasi la metà, nella cilindrata inferiore. Primo veicolo a due
ruote ad essere omologato nel rispetto della
normativa Euro3, dispone di iniezione elettronica e catalizzatore, quindi di un motore
moderno e tecnologicamente avanzato.
I prezzi del nuovo SH sono 2.845 e 2.995 euro, rispettivamente per le versioni 125 e 150
cc. Con 100 euro in più, si può ordinare ed
avere il bauletto apribile con la chiave di avviamento.
(f. c.)
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2005