Anno XVII numero 62 Citycar il ritorno Supplemento al numero odierno de “La Repubblica” Spedizione in abbonamento postale, art.1, legge 46/04 del 27 febbraio 2004 Roma Auto A cura di Claudio Nobis Auto MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 ● 3 Tutti insieme contro la crisi ma che anno sarà questo? 4 13 La battaglia delle city car MARCO PANARA Cinquant’anni di Bianchina CARLO CAVICCHI 15 L’exploit dei crossover 21 24 Quei Suv così di moda NASCIMBENE, POMPETTI TOMMASI CAVICCHI, VIOLI I padroni del lusso MONACO, NASCIMBENE GIUSEPPE TURANI delle auto non tira Ilia,eL vaMERCATO in qualche paese, come l’Itagiù anche con una certa decisione. La cattiva notizia che si può dare è che non sono previste riprese, almeno nel breve e medio periodo. Dall’ultimo rapporto di Global Insight sul mercato delle auto si apprende che in Europa nel 2001 si sono vendute poco meno di 14 milioni e mezzo di automobili e che altrettanto se ne venderanno nel 2010. Il mercato, insomma, è bloccato, fermo. E segue, nel breve periodo, le oscillazioni dovute alla congiuntura: quindi un anno si vendono 200 mila macchine in meno e l’anno dopo 100 mila in più, ma la sostanza non cambia. Se dall’Europa del mercato comune passiamo a quella a 26 (allargata) le cose non cambiano di molto. Nel 2001 qui si sono vendute un po’ meno di 16 milioni di vetture e altrettante se ne venderanno nel 2010. Quindi non c’è nemmeno l’ipotesi che il mercato dell’Est esploda, assorbendo la sovracapacità produttiva che c’è in Europa. In sostanza, il mercato è quello che è e con quello bisogna arrangiarsi. Come reagiscono allora le case automobilistiche? Male, nel complesso. Cerchiamo di capire perché. In realtà il mercato delle auto è diviso. Per le macchine co- stose, destinate a un pubblico dotato di grossi mezzi, la crisi quasi non esiste. Questo mercato va e tira come prima. E questo spiega, ad esempio, perché alcune case automobilistiche (molto forti in questo segmento) presentano buoni bilanci e buoni tassi di crescita, nonostante tutto. Poi c’è il mercato delle automobili intermedie, quelle destinate appunto al ragionier Rossi. E qui c’è crisi. Come del resto è abbastanza comprensibile. Nei momenti difficili è proprio questa categoria di persone la prima a rinviare di qualche anno il cambio della macchina. D’altra parte, sono le stesse case automobilistiche che (a causa della concorrenza) offrono a queste persone la possibilità di rinviare (e di molto) l’acquisto di una nuova vettura. Ormai sul mercato ci sono auto offerte con anche cinque anni di garanzia: e quindi uno può tenere la sua macchina due-tre anni, ma anche cinque senza avere molti problemi. Allora come si stanno comportando le case? Intanto, vanno alla ricerca di quello che sembra essere l’ultimo mercato rimasto, e cioè di quelli che l’auto non ce l’hanno (perché troppo poco ricchi). E’ una caccia disperata. Sul mercato si vedono offerte di vetture a meno di otto mila euro, pagabili anche in 80 rate. Questo significa andare proprio a raschiare il fondo del barile e andare in cerca di guai. È evidente, infatti, che una certa quota di questi nuovi clienti non arriverà a pagare le rate fino in fondo, si perderà per strada prima. Per quanto riguarda invece il grosso della clientela (quella me- dia), anche qui la strategia che si sta seguendo è abbastanza rovinosa. Da un lato si “inventano” ogni giorno nuove vetture city, crossover, suv, ecc. nel tentativo di convincere la gente a cambiare. Ma tutto ciò costa e molto e, comunque, alla fine sempre quelle vetture si vendono. La realtà imporrebbe alle case di prendere atto che il mercato ha smesso di crescere e che è sempre pronto ad arretrare e anche del fatto che c’è troppa capacità produttiva. L’unica strategia vera sembra essere quella di un ridimensionamento degli impianti e dell’avvio di un nuovo ciclo più sobrio. Invece, poiché nessuno vuole fare passi indietro, si fanno macchine sempre più assurde. Per cui si cerca di dare per dieci mila euro delle macchine con dentro optional che una volta stavano solo sulle berline di gran lusso. Alla fine qualcosa si vende, ma quello che mancano sono i margini. In un certo senso, quello dell’auto, è un mercato malato, ma nel quale nessuno degli ammalati vuole curarsi, nessuno vuole ridimensionarsi. E allora si va avanti così, alla caccia di quelli che non hanno mai avuto una vettura e alla caccia del ragionier Rossi con vetture che in molti casi vengono vendute in perdita. Tutto questo, come è ovvio, non potrà proseguire all’infinito e quindi prima o poi ci dovrà essere una crisi. E sarà una crisi profonda. D’altra parte, quando si vede che giganti come la General Motors cominciano a vacillare e che altri stanno in crisi per anni si capisce che nel mondo dell’auto si sta poco a poco creando una situazione insostenibile. In parole più semplici, dietro le lamiere luccicanti, dietro le continue invenzioni, dietro le luci dei saloni, si sta preparando l’inevitabile ridimensionamento di un settore che, purtroppo, non ha davanti a sé alcun boom capace di riassorbire l’attuale crisi. Auto A cura di Claudio Nobis vice capo redattore Valerio Berruti grafica e impaginazione di Ugo Alessandrini disegni di Paolo Samarelli Supplemento al numero odierno de “La Repubblica” Direttore responsabile Ezio Mauro Gruppo editoriale L’Espresso Spa Divisione La Repubblica, via C.Colombo 149 - 00147 Roma Tipografia: Rotocolor Spa via C.Colombo 90 - 00147 Roma, Stampa: Rotocolor Spa via Casale Cavallari 186/192 Roma, Reg. Tribunale di Roma n° 16064 del 13/10/1975 Pubblicità: A Manzoni & C. Spa via Nervesa 21 Milano tel 02 57494801 27 Le più belle supercar 31 35 Il Salone di Barcellona 41 44 46 Moto, il tempo delle “nude” CAVICCHI, PELLEGRINI NASCIMBENE, PELLEGRINI Dossier Euro 4 COEN, ORECCHINI COEN, MONACO Scooter i nuovi maxi CALVO, RIGO L’ultima Batmobile ENRICO FRANCESCHINI 4 PRIMO●PIANO MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 2005 Auto Tante utilitarie in arrivo, il ciclone “low cost” da Cina e India ecco come sta cambiando il mercato PRIMO●PIANO Auto & oggi ieri Negli Anni Cinquanta c’era la 500 quattro posti in meno di tre metri così sono cambiati costi e prestazioni MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 5 1957 FIAT 500 PEUGEOT 107 Pininfarina Le nuove piccole più sicure e tecnologiche NGEGNER PininfariIvolina, con le porte scorrela Peugeot 1007 ha proposto una soluzione inedita. Sarà la nuova frontiera per le citycar? «Più che di frontiera, parlerei di una nuova nicchia. Fra le monovolume da città mancava una vettura dotata di porte scorrevoli elettriche, Andrea che offrono Pininfarina un’accessibilità inedita e una maggiore facilità di parcheggio in spazi angusti. Ma non credo che troveranno grande diffusione nelle vetture di segmento A/B». Le norme sulla sicurezza hanno tolto centimetri importanti allo spazio utile. Qual è il limite di ingombro, per offrire quattro posti? «Non credo si possa scendere sotto i 3,3-3,5 metri di lunghezza. Se parliamo di due posti, invece, con la Nido, possiamo garantire, in soli 289 cm, una confortevole abitabilità, e soprattutto una sicurezza di gran lunga superiore ad altre vetture di dimensioni analoghe». Dov’è il segreto? «La Nido si basa su un concetto innovativo: in caso di urto frontale, infatti, l’energia sviluppata determina il movimento della slitta che ospita i passeggeri nella direzione dell’urto, permettendo una decelerazione graduale e controllata». (m.n.) 341cm LA LUNGHEZZA Oggi le più piccole fra le citycar a quattro posti misurano poco meno di 3 metri e mezzo. Anche a causa delle zone di assorbimento d’urto 68Cv LA POTENZA Oggi si ottengono quasi 70 Cv da motori inferiori al litro di cilindrata, come il tre cilindri sviluppato dalla Toyota per la citycar prodotta in comune con Peugeot e Citroen 820kg IL PESO Complici gli irrobustimenti legati alle strutture di protezione, oggi è pressoché impossibile portare il peso al di sotto degli 800 kg 9mila € IL PREZZO Sono pochi i modelli di prezzo inferiore ai 9 mila euro oggi disponibili sul mercato anche per via di un equipaggiamento molto più ricco La battaglia delle citycar MARCO PANARA L NUOVO ciclone si chiama Ire“low cost” e rischia di cambiaancora una volta le carte sulla tavola già assai disordinata dell’industria mondiale dell’auto. Il ciclone arriva da oriente, ma questa volta la prima mossa l’ha fatta un produttore europeo, la Renault, puntando sugli stabilimenti della rumena Dacia per costruire una vettura a basso costo su misura per i mercati in crescita dell’est europeo. E nata così la Logan, l’auto da 5 mila euro. Tra qualche tempo la Logan arriverà anche sui mercati ricchi dell’Europa occidentale e c’è da scommettere che non faticherà a ricavarsi il suo spazio. Ma la Logan è solo l’inizio. Perché dalla Cina sta per arrivare in Europa la Happy Emissary, una utilitaria da 4 mila euro, costruita dalla Faw, e in attesa di omologazione a cura della DR Automobiles Group di Macchia d’Isernia, nel Molise. Mentre in India il gruppo Tata, che ha una storia di cent’anni e già produce auto per il mercato nazionale, sta provando a costruire una utilitaria da 1.600 euro. Per il suo mercato interno e per quello dei paesi in via di sviluppo, ma anche per l’Europa. Quello che si annuncia è un fenomeno importante, che incrocia bisogni nuovi e complessi. C’è un aspetto economico da non sottovalutare: l’Europa ricca, a torto o a ragione, comincia a sentirsi meno ricca. C’è molta psicologia collettiva in questa sensazione, ma è l’effetto reale di anni di bassa crescita e di una vistosa redistribuzione del reddito. Ci sono fasce sociali che stanno perdendo potere d’acquisto, si sta ricreando una fascia bassa di consumatori per i quali l’occhio ai prezzi non è attenta gestione ma necessità. Ma c’è anche dell’altro. Le macchine sono cresciute, sono diventate più grandi nelle dimensioni e nelle cilindrate, c’è stata un’orgia di gadget che le ha arricchite ma che potrebbe aver superato l’evoluzione dei bisogni oltre che delle possibilità. Se non di tutti almeno di molti. In un immenso parco macchine nel quale si fa fatica a distinguere un modello dall’altro, l’auto ha perso almeno in parte la sua natura di “status sym- bol”, scoprendone per alcuni (che però non sono tanto pochi) un’altra, quella di “giocattolo”, di oggetto da usare e anche da esibire non per mostrare quanto si può spendere, ma per trasferire un messaggio più scanzonato e forse più edonista, in cui però c’è posto anche per una nuova sobrietà, non nei colori e negli allestimenti ma Smart, due posti anche nel futuro in città è una formula vincente SMART FORTWO QUANDO è uscita dal seminato (vedi Roadster o Forfour) non ha trovato la formula giusta. Ma è indubbio che la Smart, nel senso della piccola biposto Fortwo, ha segnato una tappa fondamentale nell’evoluzione delle auto da città. Tanto da costituire l’unica certezza per il futuro della marca. La prossima generazione, che dovrebbe debuttare verso fine 2006, manterrà sostanzialmente invariata la formula attuale, anche se la carrozzeria è destinata ad allungarsi di circa 15 cm, soprattutto in relazione alle nuove norme sugli urti. E per contenere i costi dovrebbe riuscire a condividere il suo piccolo (e oggi esclusivo) motore con altri modelli: all’interno del gruppo DaimlerChrysler, ma forse anche fuori. nei contenuti e nei costi. Negli ultimi lustri il mercato si è sempre più polarizzato. C’è stata una concentrazione dei produttori, ma anche dell’offerta. Da una lato la fascia alta, il lusso che va avanti solidamente per la sua strada. In mezzo la parte più ampia ma sempre meno profittevole delle medie, con un’offerta che attraversa i segmenti e si arricchisce giorno dopo giorno di modelli in una competizione senza quartiere che riduce i margini dei produttori. Da questo panorama erano pressoché scomparse le piccole, le vere utilitarie. Ora stanno tornando ed è su quella fascia che si prospetta una nuova battaglia. C’è chi ha intuito e si è “Trepiuno”, l’idea firmata Fiat il prototipo che tutti vorrebbero TROPPO simile alla Cinquecento per non suscitare emozioni e ricordi, e al tempo stesso troppo attuale per non far nascere il desiderio di vederla presto in strada. Peccato che la Trepiuno, l’originale concept di citycar presentata dalla Fiat al salone di Ginevra dello scorso anno, al momento sia ancora ferma allo stadio di opzione. Un progetto possibile, insomma, ma non ancora deciso, né tantomeno avviato: per via dell’equazione difficilmente risolvibile fra il costo industriale di una vettura del genere, e la possibilità di venderla a un prezzo accettabile. Con l’aggravante, per il gruppo Fiat, di una situazione finanziaria che non potrebbe sopportare il minimo errore. FIAT TREPIUNO mosso per tempo. Toyota e Psa hanno costruito uno stabilimento a Kolin, vicino Praga, annunciato nel 2002 e realizzato con un investimento di un miliardo e mezzo di euro, dal quale hanno cominciato a uscire le tre piccole di Toyota, di Peugeot e di Citroen. Centomila Toyota Aygo l’anno, altrettante Peugeot 107 e Citroen C1, con piattaforme uguali e carrozzerie differenti, a rioccupare uno spazio che non c’era più. La Toyota, che in Giappone non ha mai smesso di produrre minicar, negli Stati Uniti aveva già lanciato la Scion, con l’idea di conquistare i più giovani, che quando metteranno su famiglia passeranno alla Toyota e quando diventeranno affermati manager o professionisti alla Lexus. Ma il mercato più duro e competitivo resta l’Europa, dove ci sono tutti, i giapponesi, gli americani e gli europei, domani anche i cinesi e dopodomani gli indiani. La partita più difficile si gioca qui, ed è fatta di ampiezza di gamma, di capacità di occupare le nicchie, di reti di vendita, di capacità di investire e di capacità di guadagnare contenendo i prezzi. Da quello che si vede la via scelta dai grandi produttori per affrontarla sono le alleanze. Nessuno, neanche la solitaria e floridissima Toyota, può permettersi di fare tutto ovunque con una gamma completa. Non si regge la competizione globale e a tutto campo in solitudine. E allora fioriscono le alleanze su singoli progetti, come nel caso di Toyota con Psa, ma anche per singole parti. C’è chi si sta specializzando in alcuni tipi di motore, chi in altre parti importanti. Per affrontare la prossima fase. Perché la competizione dei nuovi paesi comincerà dalle piccole ma non si fermerà lì, dopo la Happy Emissary dalla Cina arriveranno le medie. Bisogna prepararsi e il tempo non è più molto. 297cm LA LUNGHEZZA La 500 aveva quattro posti e una lunghezza inferiore ai tre metri. Grazie anche ai ridotti ingombri della meccanica “tutto dietro” 13Cv LA POTENZA Il piccolo bicilindrico raffreddato ad aria della 500 in origine disponeva di soli 13 Cv, saliti a 18 nelle edizioni successive 470kg IL PESO Oltre a identificare la cilindrata, la sigla 500 andava bene anche per il peso della piccola Fiat, che a vuoto non raggiungeva neppure i 500 kg 465mila lire IL PREZZO La 500 all’esordio costava 465 mila lire, almeno dieci mesi di stipendio dell’epoca E non aveva neppure un riscaldamento degno di questo nome Lapo Elkann Bella e simpatica così deve essere l’auto del Duemila AUTO è ancora L’ emotività o è diventata razionalità? “Per me deve continuare ad entrare nei contesti emotivi — dice Lapo Elkann, 27 anni, responsabile della Brand Promotion di Fiat Auto — L’automobile non è solo cavalli e potenza, ma deve anche Lapo piacere. AgElkann giungo che il prodotto, oggi, va contaminato da ciò che il consumatore vuole, non dimenticando mai di dare all’automobile un’immagine simpatica, sorridente, fresca». Quale auto del gruppo si avvicina di più alla sua visione? «Indubbiamente la Panda, che è ciò che Fiat vuole in termini di simpatia e di freschezza e, ovviamente, anche di qualità. Questa macchina è un emblema positivo». Quali prodotti vorrebbe per poter rilanciare il brand Fiat? «Se posso sognare, come immagine penso alla “3+1”, cioè la nuova Cinquecento e poi penso anche ad una city car a 4 posti, piccola e comoda». Come pensa che si debbano vendere le auto, oggi? «Ferma restando la funzione del concessionario, bisogna mettere le macchine a contatto con le gente, per esempio portandole in piazza». (t. t.) 6 PRIMO●PIANO MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 La nostra guida all’acquisto di una citycar Auto PRIMO●PIANO Auto MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Fiat SEICENTO 7.285 euro Daihatsu CUORE 7.590 euro Fiat PANDA 8.365 euro Kia PICANTO 8.550 euro La supercompatta Fiat è sulla breccia dal 1998, quando raccolse l’eredità della Cinquecento Cinque porte in 3 metri e 40, motore a tre cilindri di 1000 cc: è la classica minicar alla giapponese A due anni dal lancio la piccola Fiat costruita in Polonia è largamente in testa alle vendite della categoria Linea gradevole, cinque posti, due motori (1000 o 1100) e prezzo competitivo per la piccola coreana 7 DALLA Fiat Seicento alla Mini, ovvero come spendere poco più di 7.000 euro oppure arrivare a oltre 16 mila per l’acquisto di una citycar. Ecco una piccola guida, per fasce di prezzo 7.000 € Cina pronta per l’invasione esportazioni in crescita del 187% CRESCONO le esportazioni delle “minicar” cinesi e le prospettive per il futuro sono ottime. Lo scrive China Automobile, un giornale specialistico di Pechino, che cita anche alcuni dati. Nei primi undici mesi del 2004 la Cina ha esportato 117.400 veicoli, oltre il 187% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta soprattutto di auto da città, come quelle della Chery Automobile Company, che ne ha vendute per esempio oltre 6.000 in Siria, Iraq, Iran ed Egitto e che punta per quest’anno a quota 50.000. La Geely Group, ha esportato lo scorso anno 4.846 veicoli mentre la Hebei Zhongxing Automobile ha venduto in Egitto, Emirati Arabi Uniti ed il Vietnam. La nuova 500 arriva dal Canada ed è completamente elettrica E’ NATA in Canada la sosia del prototipo “Trepiùno” presentato dalla Fiat al Salone di Ginevra 2004 per riprendere lo stile della vecchia 500. Quella prodotta oltre Oceano si chiama Dynasty Sedan, è una city car elettrica ed è prodotta dalla Dynasty Elettric Car Corporation. La nuova vettura è regolarmente in vendita in British Columbia a 19 mila dollari canadesi, quasi 12 mila euro. Si tratta di un’auto utilizzabile su tutte le strade che non prevedano una velocità massima superiore ai 60 Km/h: è classificata quindi come veicolo da quartiere ed in grado di raggiungere i 40 Km/h di velocità di punta. Per ricaricarla basta collegarla ad una qualsiasi presa di corrente per 6-8 ore, al costo di 38 cents. 8.000 Chevrolet MATIZ 7.900 euro € Hyundai ATOS 8.470 euro vista dall’India Frutto dell’accordo con Peugeot-Citroen ecco l’auto che rilancia le utilitarie Si chiamerà “One Lakh”: meno di 1000 cc, 5 posti e 70 km/h Il sogno del signor Tata l’auto per tutti a 1600 euro FLAVIO POMPETTI La piccola che stuzzica la fantasia così Toyota firma la “svolta” MASSIMO NASCIMBENE ORSE sarà perché è un po’ F europea, per nascita (è prodotta nella Repubblica Ceca) e partnership (è frutto di un accordo con il gruppo Peugeot-Citroen). Sta di fatto che la Aygo segna un bel taglio, rispetto all’abituale approccio al prodotto di casa Toyota. Affidabile fin che si vuole, ma raramente capace di stuzzicare la fantasia. Con la supermini che ormai è in dirittura di arrivo, invece, il colosso giapponese ha giocato tutta un’altra partita. Sfoderando un prodotto dall’immagine intrigante, che non dovrebbe faticare a trovare consensi. Non è stata impresa da poco, anche perché nella circostanza non c’era molto da scialare: alla base del progetto congiunto fra Toyota e Psa c’era il preciso intento di arrivare a un prodotto di prima fascia, ovvero di prezzo inferiore alla fatidica soglia dei 10mila euro. E se i bassi costi della manodopera garantiti dalla produzione nell’Europa dell’Est danno una mano, da soli non bastano di certo all’impresa. La semplificazione strutturale imposta da un simile progetto traspare da molti dettagli, fra i quali i cristalli a compasso nelle porte posteriori e il lunotto chiamato a far da Citroen C1 8.500 euro portellone sono soltanto i più evidenti. Ma questo non ha impedito alla Aygo di curare a dovere l’immagine, dentro e fuori. Sino ad acquisire i connotati di una sorta di “supersmart”, anche se la similitudine stilistica con la due posti di casa DaimlerChrylser non va oltre la grembialatura che avvolge le ruote posteriori, che in un caso come nell’altro emergono dal profilo della vettura sia di lato, sia di coda. Dentro, il colpo d’occhio offerto dall’abitacolo è tutt’altro che quello di un’utilitaria supereconomica, a dispetto della scelta di lasciare la lamiera a vista per una larga parte dei pannelli porta. E l’equipaggiamento, oltre a tenere nel debito conto le dotazioni di sicurezza, strizza l’occhio al pubblico più giovane con un impianto hi-fi degno di questo nome, e pure compatibile con i supporti musicali dell’ultima generazione, dai lettori Mp3 all’Ipod. Intrattenimento a parte, l’interno si fa apprezzare anche per la razionalità con cui si è riusciti a sfruttare il poco spazio disponibile: a dispetto di una lunghezza appena superiore ai 3 metri e 40, la Aygo offre due posti anteriori di dimensioni inappuntabili, e due posteriori neanche troppo sacrificati. A pagare pegno, casomai è un vano bagagli che rischia di richiedere il ricorso al ribaltamento degli schienali anche all’uscita dal supermercato. Per altro verso, è proprio grazie alla sua taglia se la pic- cola Toyota riesce a ricoprire al meglio il ruolo di citycar: ingombri limitati, eccellente visibilità in tutte le direzioni, un diametro di volta che permette di fare inversione in un fazzoletto d’asfalto. E gioca bene la sua parte anche il tre cilindri realizzato ad hoc dalla Toyota, capace di garantire brio sufficiente a muoversi con la massima disinvoltura. Il motore ha dalla sua pure la piccola cilindrata, 1000 cc, che tanto piace agli automobilisti italiani anche per il non indifferente contributo al contenimento dei costi di esercizio. E vanta un suono dal timbro più gradevole di quanto non riescano normalmente a offrire i tre cilindri. Meno piacevole, casomai, è il rumore proveniente dalla strada: qui l’ossessione del risparmio ha evidentemente portato a qualche eccesso nella limatura di rivestimenti e trattamenti protettivi, con conseguenti sacrifici per il comfort, che diventano più evidenti nei trasferimenti ad ampio raggio. Ma non sarà certo un po’ di rumore di troppo a spuntare le armi della piccola Toyota. Fra le quali figura naturalmente l’estensione a tre anni della garanzia, quasi a rimarcare che, pure per quello che sarà il suo prodotto di “primo prezzo”, l’attenzione dedicata a qualità e affidabilità resta quella di sempre. L’Aygo giocherà un ruolo fondamentale nella strategia europea e ci aspettiamo che contribuisca al raggiungimento del nostro obiettivo di 1,2 milioni di vendite nel 2010 ANDREA FORMICA, VICEPRESIDENTE TOYOTA EUROPE PEUGEOT 107 CITROEN C1 Ecco il progetto del capo di un impero di 85 aziende, che rappresentano il 2,4% dell’economia nazionale design PICCOLE DIFFERENZE Toyota Aygo, Citroen C1 e Peugeot 107 si differenziano solo nel disegno del frontale e della coda: le due francesi hanno i gruppi ottici in alto interni SPAZIO RECORD Nonostante la lunghezza contenuta in soli 3 metri e 41, l’abitacolo della Aygo offre due posti anteriori generosi e due posteriori non troppo sacrificati C1 e 107 pronte al debutto. Insieme alla giapponese saranno prodotte in Repubblica Ceca. Numeri e strategie E per le due francesi è sfida in famiglia DANIELE P. M. PELLEGRINI ELL’AMBITO dell’accordo fra ToyoN ta e Psa per la progettazione e la produzione in comune di una nuova genera- prestazioni 157 ALL’ORA La Aygo raggiunge i 157 km/h, in accelerazione passa da 0 a 100 km/h in 14”2. Il consumo medio è di 4,6 l/100 km, quello cittadino di 5,5 l/100 km prezzi DA 9500 EURO Ancora da definire nel dettaglio, i prezzi della Toyota Aygo dovrebbero partire da 9500 euro. Leggermente sotto C1 e 107 zione di “cittadine”, all’inedito accoppiamento fra un gruppo europeo e uno giapponese si aggiunge un’altra particolarità, rappresentata dalla coesistenza di due versioni francesi appartenenti allo stesso gruppo. In pratica la Citroen C1 e la Peugeot 107 diventano protagoniste di una sfida diretta in famiglia che si svolgerà all’ombra del confronto con la Aygo, marchiata Toyota. La novità consiste nel fatto che, molto più che negli altri casi, le due vetture sono separate soltanto da una parziale caratterizzazione estetica, con la conseguenza che, sul campo, questa strana coppia diventerà un bell’esame di laurea per la politica commerciale del gruppo PSA che da tempo punta con decisione (e tutto sommato con buona fortuna) sulla capacità dei rispettivi marchi di affermarsi, anche con prodotti simili, in base alle differenti strategie di vendita. Questa volta la posta sono i 200.000 esempla- PUNE (INDIA) — L’auto da 1.600 euro è un sogno. Non nel senso che non vedrà mai la luce, visto che se ne conosce già la data del lancio, fissata per l’autunno del 2007, ma per la grandezza della sfida lanciata con questo progetto dal suo ideatore: il signor Ratan Tata. Sessantacinquenne, tre generazioni di imprenditoria industriale alle spalle, il signor Tata siede al comando di un impero di 85 aziende che rappresentano il 2,4% dell’economia nazionale indiana, e che spaziano dall’industria chimica e farmaceutica al petrolio, dalle banche, all’acciaio e al caffè, ma che gode della maggiore visibilità sulle strade visto che la Tata Motors è il maggiore venditore di camion che trasportano merci da un angolo all’altro di un paese enorme e malamente collegato. L’economia indiana cresce al ritmo dell’8% annuo, tanto da far prevedere l’ascesa del paese tra le potenze mondiali entro la fine del decennio; ma la grande maggioranza delle aziende al momento sono in mani straniere, venute ad investire e a produrre in India in seguito al progressivo abbattimento delle barriere commerciali. Fino a cinque anni fa non c’era nemmeno un produttore nazionale di automobili, e fu allora che Tata lanciò la prima delle sfide che l’hanno reso famoso, con la promessa di costruire non solo la prima automobile indiana, ma di realizzarla con l’aiuto esclusivo di fornitori con base in India. L’idea fu accolta con ironia e scetticismo da case come la Maruti, che per introdurre le prime utilitarie nel paese nel 1985 era dovuta ricorrere alla Suzuki, e concedere alla casa giapponese il controllo della joint venture. Sono stati cinque anni durissimi con un ritmo di crescita ben inferiore a quello programmato, e l’intera cordata dei fornitori a stringere la cinghia in attesa di profitti che tardavano ad arrivare. Finalmente l’anno fiscale che si è chiuso lo scorso marzo ha mostrato conti in attivo, mentre sul mercato la piccola Tata Indica è divenuta una delle auto di maggior successo, grazie alla capillare presenza dei venditori del gruppo. Un milione di indiani, o meglio uno su mille ha comprato un’auto lo scorso anno. Il resto dei motorizzati sono i 5 milioni che comprano motociclette, sulle quali al momento si spostano intere famiglie: un bimbo seduto sul serbatoio, e l’altro incuneato sulla sella tra mamma e papà. Questa è la famiglia che il signor Tata vuole trasferire su quattro ruote con il progetto della “One Lakh”, da 1.600 euro. Un nome tondo e magico per un automobile i cui dettagli sono protetti dal più assoluto riserbo nei quartieri generali della Tata che si trovano nella città di Pune a sud di Bombay, un tempo conosciuta come sede della setta degli Arancioni, ma oggi ribattezzata come la Detroit dell’India. Ratan Tata ha guidato il prototipo della “One Lakh” un paio di mesi fa in gran segreto: ha un motore di meno di un litro di cilindrata, cinque posti e quattro portiere, niente aria condizionata, e una velocità di punta di 70 chilometri orari. Sarà venduta come una city car anche se non esistono in India limiti legali per la guida di una simile vettura in autostrada. Per quel che riguarda le emissioni rispetterà la normativa Euro 3 che vige in India dall’inizio di aprile; infine la le 500.000 unità previste a regime tra qualche anno saranno esclusivamente vendute nel Sud Est asiatico. Il prezzo sarà realmente quello promesso? Probabilmente no, ma poco importa perché il nome della vettura resterà perennemente ancorato al nomignolo “One Lakh” così come ad una promessa ancora più altisonante: quella di motorizzare l’intera società indiana. Le 100.000 rupie corrispondono infatti a 35 settimane di paga per un operaio di linea della Tata: una equazione che ricorda il famoso proclama fatto un secolo fa a Detroit da un altro ambizioso industriale che iniziava a produrre auto, e il cui nome era Henry Ford. L’enorme tenuta che ospita i quartieri generali della Tata a Pune è già punteggiata dalla presenza delle statue degli antenati della famiglia, e un villaggio Tata intrattiene i visitatori nel parco adiacente alle fabbriche, proprio come quello che è oggi il museo Ford a Greenfield, Detroit. ri (sulla produzione complessiva prevista di 300.000 vetture all’anno) che dovrebbero essere equamente suddivisi fra Citroen e Peugeot nella conquista del mercato delle supercompatte da città. Nei contenuti di base C1 e 107 partono del tutto alla pari e hanno in comune anche quella cultura delle utilitarie alla francese che PSA ha conferito nel progetto comune; non sono invece esattamente nella stessa condizione se si prende in considerazione la loro collocazione nelle rispettive gamme di prodotto. Infatti, dato per scontato che entrambe si pongono al livello inferiore dei prezzi, la Citroen C1 non ha precedenti e ha come riferimento superiore la due porte C2, mentre la Peugeot 107 si confronta con la 206 e può contare sullo spazio lasciato libero dalla 106 che era a tre e cinque porte. Fatti quattro conti, questa situazione sembra suggerire che la Citroen (i prezzi della C2 partono da 9.450 euro) dovrebbe necessariamente puntare a un prezzo d’attacco molto aggressivo, mentre la Peugeot (9.970 euro, per la 206 più economica) ha maggiore libertà d’azione anche in previsione dell’arrivo, l’anno prossimo, della nuova 207 che sarà ovviamente più grande e costosa. A queste considerazioni si aggiungono ovviamente le scelte estetiche che carat- terizzano l’aspetto delle due vetture. Qui lo spazio di manovra è stato veramente ridotto e ai rispettivi designer è stato concesso di intervenire esclusivamente sulle parti accessorie, come gli scudi paraurti, mentre il resto della carrozzeria, per ovvi motivi di economia, è assolutamente identico. E’ bastato tuttavia quel poco per conferire alle gemelline un colpo d’occhio coerente con la propria immagine di marca: in sintesi, si potrebbe dire che la C1 ha un’aria più spiritosa rispetto alla 107 nella quale invece si avverte maggiormente la serietà tipica di Peugeot; si tratta ovviamente soltanto di una prima impressione perché la personalità vera, quella che dipende dall’impostazione e dai contenuti tecnici è assolutamente identica. La partita dei prezzi si giocherà probabilmente sugli equipaggiamenti. Dal punto di vista delle motorizzazioni le due francesine sono debitrici alla Toyota per quel che riguarda il settore a benzina (il 3 cilindri 1000 con 68 Cv) mentre per il diesel giocano in casa utilizzando la versione base del 4 cilindri 1400 common rail con 54 Cv, made in Psa. C’era l’esigenza di nuove vetture per l’Europa e da quell’idea è nata una compatta che costerà meno del modello più economico oggi esistente nella gamma dei tre marchi JEAN MARTIN FOLZ, PRESIDENTE PSA TATA INDICA PRIMO●PIANO Auto MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Suzuki ALTO 8.900 euro Renault TWINGO 9.000 euro Smart FORTWO 9.070 euro Peugeot 206 9.970 euro Assemblata in India, la Alto è un’antesignana delle minicar. L’ultima edizione è del 2004 Prima a proporre la carrozzeria monovolume nelle supermini, la Twingo ha ben 13 anni di vita La due posti tedesca è apprezzata soprattutto per il ridotto ingombro e per l’economia di esercizio Per anni best seller fra le utilitarie, la 206 vanta una gamma ricca di varianti, fra motori e carrozzerie 8.000 € Volkswagen FOX 8.900 euro 9.000 € Peugeot 107 9.000 euro Ford KA 9.100 euro Citroen C2 9.450 euro Toyota AYGO 9.500 euro 9 Opel AGILA 9.550 euro l’intervista “Venderemo Aygo anche su Internet ecco la strategia” TOMMASO TOMMASI OYOTA e le due T marche della francese Psa introdurran- VOLKSWAGEN FOX La Volkswagen lancia la Fox, edizione “low cost” della Polo costruita in Brasile design QUASI MONOVOLUME Disponibile con la sola carrozzeria a tre porte, nell’immagine la Fox ricorda le monovolume: linea quasi continua fra montante anteriore e cofano motore interni FIBRE NATURALI Semplificato nelle dotazioni l’interno si segnala per il ricorso a fibre naturali che vengono utilizzate fra l’altro per il rivestimento del padiglione prestazioni 167 0RARI PER LA 1.4 Con il 1400 a benzina (75 Cv) la Fox tocca i 167 orari con un consumo medio di 6,8 l/100 km. Gli altri motori disponibili sono un 1200 da 55 Cv e il 1400 TD da 70 prezzi MENO DI 9000 EURO Il listino della Fox spazia dagli 8900 euro della versione con motore 1200 benzina a tre cilindri, ai 12.636 della 1400 Td in allestimento Sport Il ritorno all’auto del popolo MASSIMO NASCIMBENE OPO la correzione di rotta D effettuata in corso d’opera con la Golf 5, tornata saldamente ai vertici continentali grazie anche al riallineamento dei prezzi verso quotazioni meno pretenziose, l’arrivo della Fox conferma che la Volkswagen guarda al mercato con maggiore realismo. E che ha messo da parte la pretesa di far pagare come prodotto “premium” quello che, per vocazione e volumi, rientra invece a pieno titolo nella produzione di massa. Altrettanto realistica appare la scelta di coprire la parte bassa del mercato delle piccole senza lanciarsi in progetti specifici che i numeri del settore, per quanto in crescita, faticano a giustificare. Così è stato per la Lupo, lanciata nel 1998 e arrivata a totalizzare 800 mila unità: troppo poche, anche sommando la variante Seat (Arosa) per rendere remunerativo un progetto totalmente indipendente. La Fox nasce su tutt’altre premesse, visto che utilizza l’intera base meccanica della Polo, della quale potrebbe definirsi un’edizione low cost. Un po’ perché è costruita in Brasile (dov’è già in vendita da fine 2003), un po’ perché rivesti- Versione base a 8.900 euro ma priva di molti optional ormai “obbligatori” Numeri e prestazioni menti, allestimenti e dotazioni sono stati opportunamente semplificati. Sicché, se la minuscola Lupo partiva comunque da un prezzo superiore ai 10 mila euro, la ben più spaziosa Fox “attacca” a quota 8900, sia pure con una dotazione sin troppo spartana (niente servosterzo, né alzavetri elettrici) per le esigenze di oggi. E la lista degli optional, per parte sua, non sembra avere affatto sposato la causa del low cost, se è vero che il condizionatore viene offerto alla bella cifra di 900 euro. Resta comunque il fatto che, a fronte di quotazioni sensibilmente inferiori, la Fox è in grado di offrire abitabilità e capacità di carico analoghe a quelle della Polo. E’ vero che qui i posti sono solo quattro, ma vantano spazi generosi, soprattutto in altezza: merito di un corpo vettura di taglia alta, in fondo non troppo lontano dalle forme proposte da tante piccole monovolume di recente introduzione. E anche il bagagliaio è tutt’altro che da minicar, visto che si spazia da 260 a oltre 1000 litri di carico utile. Un interno generoso e versatile insomma, peraltro proposto con la sola carrozzeria a tre porte: scelta commerciale e non tecnica visto che, in Sud America, la Fox a 5 porte è regolarmente in vendita. Su strada la piccola Volkswagen si fa apprezzare soprattutto per l’agilità. Quanto a prestazioni, si rivela più convincente con i due motori 1400 (75 Cv il benzina, 70 il diesel) che non con il tre cilindri 1200 da 55 Cv che fa da base alla sua gamma. Quest’ultimo è da prendere in considerazione solo nell’ottica di un impiego prettamente cittadino che peraltro appare un po’ limitativo, considerate le già citate caratteristiche del corpo vettura: centimetro alla mano, la Fox misura quanto una Punto e dunque, oltre a proporsi come seconda auto, può pure rappresentare una “prima scelta” a livelli di prezzo che sin qui, in casa Volkswagen, imponevano di ripiegare sull’usato. L’alleanza Renault-Nissan non è un club chiuso. Non è infatti scritto da nessuna parte che debba essere limitata a due partner CARLOS GHOSN, PRESIDENTE DEL GRUPPO RENAULT-NISSAN no sul mercato italiano tre modelli quasi identici, destinati grosso modo ad una stessa fascia di clientela. Secondo lei, il mercato italiano quante potrebbe assorbirne? «Il nostro mercato potrebbe assorbirne tranquillamente 30-40 mila per ciascuna marca — dice Massimo Nordio, vicepresidente di Toyota Motor Italia — Nei fatti però impossibile, visto che la fornitura per ora non potrà superare le 100 mila unità per marca da vendere in tutta Europa». E che previsioni fate per l’Italia? «Quest’anno si andrà oltre la nostra disponibilità di Nordio 8.000 vetture». (Toyota) Avete annunciato che consegnerete 500 Aygo prima dell’estate a altrettante persone che meglio rappresentino il cliente ideale. Con quale criterio farete la vostra scelta? «Venderemo quelle vetture ai clienti che, attraverso il sito www. aygo.toyota.it, avranno dato di loro stessi una descrizione che coincide il più possibile con l’immagine del nostro testimonial perfetto: giovane, interessato alle nuove tendenze, estroverso». La Aygo sarà l’offerta di ingresso tra le citycar, dove avrete dal prossimo anno anche la nuova Yaris. Come sta andando la vendita dell’attuale modello? «Rimanendo coerenti con la nostra strategia di lancio, che prevedeva di vendere la Yaris per i contenuti e non per il prezzo, continuiamo a proporre versioni sempre più ricche. E il motore euro4 ha avuto il suo peso sulle vendite». 10 PRIMO●PIANO MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Toyota YARIS 10.400 euro Ford FIESTA 10.650 euro Mazda 2 10.900 euro E’ il modello con cui Toyota ha sfondato in Europa. E a sei anni dal lancio si vende ancora bene Per la compatta Ford prezzo d’attacco oltre i 10mila euro, ma con equipaggiamento completo Abitacolo versatile per la piccola Mazda, che condivide la meccanica con la Fiesta 10.000 € Opel CORSA 10.350 euro Alle Olimpiadi di Pechino con una Fiat 500 del ‘73 UNA Fiat 500 è partita dal Lingotto di Torino per un viaggio di oltre ventimila chilometri alla volta di Pechino, città che ospiterà le prossime olimpiadi. Danilo Elia e Fabrizio Bonserio, a bordo di una Fiat 500 R del 1973, acquistata appositamente per l'impresa, seguiranno una tabella di marcia che prevede 2000 km a settimana. L'itinerario passa per Europa orientale, Ungheria ed Ucraina fino al confine con la Russia, per poi proseguire in Kazakistan, lambire le coste settentrionali del Mar Caspio e giungere a Samarcanda. Punto d'arrivo, piazza Tien An Men a Pechino, accanto al museo della storia cinese, ai piedi dell'orologio che conta i giorni mancanti alle Olimpiadi del 2008. La Logan sbarca in Russia nel 2007 anche in Iran e India DOPO la Romania, la Renault avvia la produzione della Logan anche in Russia. L’auto uscirà dallo stabilimento di Mosca, appositamente aggiornato con un investimento di 230 milioni di euro (il più consistente mai realizzato in Russia da un costruttore europeo). La capacità produttiva iniziale sarà di 60.000 unità l’anno. La Logan sarà commercializzata in Russia con il marchio Renault entro la fine del 2005, ad un prezzo inferiore agli 8.000 euro (questa fascia di prezzo, in Russia, copre l’80% del mercato). La produzione della Logan, entro il 2005, verrà estesa ad oltre una trentina di paesi: Europa, Africa, Medio Oriente, America Latina ed Europa occidentale. Entro il 2007 anche in Iran ed India. Fiat PUNTO 10.450 euro Nissan MICRA 10.500 euro Auto PRIMO●PIANO Auto Honda JAZZ 10.980 euro Grande volume utile per la Jazz, originale anche nella disposizione della meccanica 11.000 Lancia YPSILON 10.970 euro oltre € MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Volkswagen POLO 11.258 euro Mini ONE 16.100 euro La compatta VW è stata recentemente ristilizzata, soprattutto nel frontale La piccola “premium” per antonomasia è sempre sulla cresta dell’onda Renault CLIO 11.050 euro Peugeot 1007 14.600 euro Funzionale, comoda e diversa dalle altre citycar. Anche nei prezzi che partono da 14.600 euro Il salto culturale del nuovo modello della casa giapponese. Ecco la strategia Idea Peugeot per l’utilitaria chic arriva la 1007 con le porte scorrevoli Swift, l’assalto Suzuki all’Europa una piccola tutta grinta e design MASSIMO NASCIMBENE E LE piccole guadagnano consensi, è anche merito di un mercato che non si limita più a proporre minicar, ma è capace di offrire soluzioni diverse, a fronte di dimensioni di ingombro comunque limitate. Una delle più “diverse” è senza dubbio la Peugeot 1007, che va ben oltre la semplice interpretazione di variante a tetto alto, per abbinare agli innegabili vantaggi della carrozzeria monovolume l’originale soluzione delle porte scorrevoli. Che assicurano a un tempo grande facilità di accesso e limitato ingombro trasversale, qualità particolarmente apprezzabile in chiave parcheggio: ottima premessa per una piccola chic, funzionale ma al tempo stesso elegante. La funzionalità trova conforto proprio nella generosa dimensione delle porte, che permettono un accesso agevole anche alle due poltroncine separate che sostituiscono l’abituale panchetta, nella zona posteriore. Meno facile risulta invece la gestione di un eventuale seggiolino per bambini, un’esigenza che trova migliore soluzione nella classica architettura a cinque porte. Ma la 1007 è anche eleganza, sottolineata da rivestimenti interni che, oltre a un design accurato, prevedono pure dei kit per “cambiare d’abito” (o quanto meno colore) a sedili, pannelli e plancia, a sottolineare la vocazione prettamente femminile della vettura. Che, civetterie a parte, si presenta con un corredo di tutto rispetto, con climatizzatore, sette airbag e controllo elettronico della stabilità di serie per tutti gli allestimenti, a compensazione alme- S no parziale di un listino impegnativo: si va da 14.600 a 17.650 euro, ovvero a cifre che sfiorano quelle delle berline di taglia media, e che inevitabilmente scontano anche la complessità strutturale delle porte scorrevoli, per giunta arricchite dell’apertura a comando elettrico. La particolarità della carrozzeria presenta poi un altro rovescio della medaglia, sotto forma di un peso superiore ai 1200 kg, che finisce per riflettersi sulle prestazioni: sia con i due 1400, benzina e turbodiesel, sia con il 1600 benzina da 110 Cv la 1007 non mostra un particolare brio, in accelerazione come in ripresa. Non mostra di soffrire il peso invece il comportamento in curva, che nonostante il baricentro alto si rivela sostanzialmente esente dal rollio e piacevolmente preciso e agile. Così come appare nel complesso convincente il comfort, grazie anche all’efficacia dell’insonorizzazione. SUZUKI SWIFT Peugeot 1007 Mitsubishi COLT Chevrolet MATIZ Suzuki SWIFT CARROZZERIA Tre porte, 4 posti, lung. 373 cm, larg. 183, alt. 162 cm CARROZZERIA Berlina 3-5 porte, 5 posti. Lung 381-389 cm larg. 170 CARROZZERIA Berlina 5 porte, 5 posti, lung. 350 cm, larg 150 cm, CARROZZERIA Berlina 3-5 porte, 5 posti, lung 370 cm, larg 170 cm MOTORI 1.4 e 1.6 benzina (75 e 110 Cv) 1.4 turbodiesel (68 cv) MOTORI 1.1, 1.3 e 1.5 benzina (75, 95 e 109 Cv) 1.5 Td (95 Cv) MOTORI 800 e 1000 cc benzina (52 e 66 Cv) MOTORI 1.3 benzina (92 Cv) e turbodiesel (70 cv) PREZZI Da 14.600 a 17.650 euro PREZZI da 9920 a 16.800 euro PREZZI Da 7.750 a 9.850 euro PREZZI Da 12.400 a 14.650 euro DANIELE P. M. PELLEGRINI L NOME è quello solito, già noto per la sua regolare (se non assidua) frequentazione dei mercati occidentali come rappresentante delle “piccole” Suzuki, ma la macchina è tutta un altra cosa; infatti il salto generazionale fra la vecchia e la nuova Swift è molto più di un semplice avvicendamento perché corrisponde a un più significativo e consistente salto culturale della casa giappone- I PEUGEOT 1007 se nei confronti dell’Europa, della sua importanza, e delle strategie commerciali future della marca. Questa Swift è il frutto di un progetto molto più “globale” ed è destinata ad essere prodotta in diverse parti del mondo (oltre al Giappone in Ungheria, India e Cina) ma con una caratterizzazione europea che ha messo in risalto gli aspetti più importanti per la clientela del vecchio continente: estetica, dimensioni, temperamento di CHEVROLET MATIZ guida e l’inevitabile motorizzazione diesel, resa disponibile fin dal momento del lancio. Lo stile grintoso ha avuto origine dal prototipo Concept S che la Suzuki aveva presentato al Salone di Parigi del 2002 e che era stato accolto favorevolmente per la sua architettura e l’evidente impronta sportiva. Il successivo sviluppo ha conservato gli elementi fondamentali del design che conferiscono a questa piccola una personalità distintiva, basata sull’importanza dei passaruota, sporgenti e raccordati fra loro, sul parabrezza avvolgente e sulla parte frontale molto corta. L’interno, meno spettacolare, è però ravvivato dalla scelta dei tessuti e dei materiali di rivestimento e, in generale, esprime la tradizionale accuratezza giapponese che inquadra di diritto la Swift nella categoria delle cittadine chic. La vettura verrà prodotta con entrambe le versioni di carrozzeria, ma inizialmente in Italia ci sarà soltanto la 5 porte; per la 3 porte occorrerà attendere l’ulteriore evoluzione della gamma che comprenderà fra l’altro un modello sportivo di alte prestazioni e (come nelle Swift precedenti) la versione a quattro ruote motrici. Le due motorizzazioni offerte inizialmente si adattano adeguatamente alle esigenze del mercato e si rivolgono a due settori ben distinti: il benzina è un vivace 1300 con 92 Cv che sposa il lato divertente della Swift; il diesel, che è il popolare 1300 multijet di origine FiatGM, va invece incontro ai sostenitori del gasolio e compensa la potenza sensibilmente inferiore (70 Cv) con una coppia che è superiore di quasi il 50% rispetto al benzina. Con le versioni a tre porte, CZ3 e CZT, la gamma è ora completa Design più attuale e dinamico e soprattutto una maggiore affidabilità Prendi la Colt e scappa la sfida della Mitsubishi Pronta la Matiz firmata Chevrolet prima riscossa dell’ex coreana VALERIO MONACO ITSUBISHI Colt ha mesM so in listino le versioni a 3 porte CZ3 e CZT, e si prepara, con una nuova carrozzeria e due diverse vocazioni per le prestazioni, ad affrontare la sfida del mercato, favorita da un listino di partenza che ha pochi rivali. Soprattutto se si tiene conto che la versione d’attacco, in listino a 9.920 euro chiavi in mano, dispone di un brillante motore a 3 cilindri da 1.1 litri e ben 75 Cv. Con l’arrivo della tre porte, dunque, la Mitsubishi chiude il ciclo di rinnovamento della Colt e si scrolla di dosso l’immagine anonima e poco personale della generazione precedente. La nuova vettura misura 3,81 metri di lunghezza, 1,69 metri di larghezza, 1,52 metri di altezza, e offre, con la stessa carrozzeria, soluzioni di utilizzo così diverse da trovare posto nella nuova e un po’ stravagante classe di mercato dei “crossover”. Vocabolo che, nel caso della Colt 3 porte, significa un’auto un po’ coupé, un po’ sportiva, un po’ berlina e un po’ monovolume. Tanti stili e vocazioni. La nuova Colt, insomma, rappresenta una proposta diversa, ove ad attrarre sono, soprattutto, la personalità del modello, un favorevole rapporto prezzo qualità, la presenza di un valido motore diesel. A tutto ciò si aggiungono ricche dotazioni, fin dall’allestimento più economico. La compatta della marca giapponese, in pratica, costa meno di una Smart Fortwo ma offre, di serie, servosterzo elettrico, tre anni di garanzia generale e 12 anni sulla corrosione. E poi il filtro aria per l’abitacolo, gli specchietti regolabili e riscaldabili elettricamente, i sedili posteriori con schienale divisibile e regolabile, i sedili anteriori ripiegabili a tavolino, il bagagliaio illuminato e la strumentazione con il display centrale multifunzione. Sul fronte della sicurezza, poi, la Colt offre una struttura protetta dalla cellula di sicurezza RISE (Rinforced Impact Safety Evolution). E su strada non è da meno: la tenuta è impeccabile e l’impianto frenante è completo di ABS ed EBD sull’intera gamma. Tutti i modelli, infine, hanno il doppio airbag e attacchi Isofix per i sedili dei bambini. Non ci sembra poco, per una piccola di qualità che ha costi di gestione irrisori, e che viene offerta a meno di diecimila euro chiavi mano. Le auto cinesi rappresenteranno una sfida per il mercato europeo da prendere sul serio proprio come è accaduto per l'invasione di quelle giapponesi GUENTER VERHEUGEN, COMMISSARIO UE ALL’INDUSTRIA EBUTTERÀ a giorni, la D nuova Matiz, esibendo con una punta di orgoglio la firma MITSUBISHI COLT Chevrolet. Ma oltre a fare suo uno dei marchi nobili della General Motors, la piccola ex coreana si è rifatta il vestito, ha reso più dinamico e attuale il design mantenendo un listino che oscilla intorno ai 7.500 euro. Un prezzo che ne fa una delle auto più competitive ed accessibili, nel nuovo mercato delle piccole. Forse le manca la patina un po’ snob che caratterizza le concorrenti d’alto bordo ma la più piccola delle Chevrolet non si fa intimorire, perché sa di poter offrire tanta concretezza a prezzo contenuto. A cui si aggiunge un carattere che non lascia indifferenti, come il look, una brillante anticipazione di Giugiaro sul concetto di utilitaria del nostro tempo. Un look che ha indotto il centro stile Chevrolet a non azzardare cambiamenti radicali ma a firmare solo pochi ritocchi per renderla più in linea con l’agguerrito esercito delle concorrenti. A trarre maggior giovamento dal lavoro dei designer è soprattutto il frontale. I gruppi ottici più armonici e moderni, il cofano di diverso profilo, il paraurti e le prese d’aria imprimono alla Matiz un’immagine più dinamica. Sulla fiancata, c’è una nuova nervatura che ne sveltisce l’andamento e che è anche un accorgimento che serve a rafforzare la struttura e a renderla più robusta del 24%. Per quel che riguarda la meccanica, la piccola Chevrolet sceglie la tecnologia di qualità, con un buon 80% di componenti rinnovati: ad esempio, è stato installato un sistema frenante completo di ABS a 4 canali, più rapido e preciso nella risposta. 11 Così come l’assale posteriore completamente ridisegnato, per ottenere una guida più divertente e una tenuta di strada ancora più sicura. «Matiz ha un design che piace», dice John Passadis, presidente di Chevrolet Italia, «ha un’affidabilità sperimentata, buone prestazioni e un eccellente rapporto prezzo — qualità. Una piccola Chevrolet di sostanza, pronta a rinnovare i successi del passato. Soprattutto in Italia, suo mercato di riferimento». Per concludere , si tratta di un’auto concreta, con due motorizzazioni a benzina: un 3 cilindri da 800 cc e 52 Cv di potenza, e un 4 cilindri da 1000 cc che ne eroga 66. Motori affidabili, che garantiscono percorrenze di oltre 18 chilometri con un litro di benzina e bassi livelli di inquinamento. (v. m.) Matiz ha giocato un ruolo fondamentale nella nostra crescita. E con il suo aspetto simpatico, ha anche avuto un’influenza positiva sulla nostra immagine ERHARD SPRANGER, AMMINISTRATORE DELEGATO CHEVROLET EUROPA l’intervista Le “tre sorelle” risveglieranno il mercato delle mini TOMMASO TOMMASI EUGEOT e Citroen, P insieme a Toyota, dopo l’estate metteranno in vendita tre nuove piccole auto prodotte nello stabilimento di Kolin, nella Repubblica Ceca. Come reagirà il mercato a questa proposta di tre vetture molto simili fra loro? «Credo che una parte dei clienti di auto piccole prenderà in considerazione queste novità — dice Christophe Bergerand, l’amministratore delegato di Peugeot Italia — e penso che potrà generare, come alternativa, anche una reazione a livello di usato. Ci sarà molto movimento nell’area di mercato fra i 6.500 e i 9.000 euro». Voi scendete in campo nell’area delle piccole con due novità: la 107 e la 1007. Qual è la straBergerand tegia di vendi(Peugeot) ta? «Intanto, la 1007 arriverà per prima, inserendosi nel mercato delle piccole monovolume con un prezzo di 14.600 euro. Pensiamo di venderne 15.000 quest’anno. La 107, invece, sarà commercializzata subito dopo l’estate, con un prezzo che si aggirerà fra gli 8.500 e i 9.000 euro. Si tratta, dunque, di due offerte molto diverse fra loro». E non bisogna dimenticare che in listino avete anche la 206. «Esatto. E farà la sua parte. Non è più giovanissima ma tiene assai bene il mercato. Ecco, Peugeot propone dunque ben tre prodotti nella parte bassa della domanda». Quante 107 contate di vendere in Italia quando avrete da Kolin la fornitura completa? «Stiamo parlando del 2006, quando pensiamo di immatricolarne fra 15 e 20.000. Quest’anno ne venderemo più o meno 5.000 perché questa sarà la nostra disponibilità». Auto L’ANNIVERSARIO ● 50 MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Nel 1955 a Desio nasceva l’Autobianchi, una delle più interessanti avventure industriali. Ecco il racconto anni Incredibile Bianchina IL MODELLO Dal 1957 al 1969 sono state prodotte circa 320.000 Autobianchi Bianchina (fino al ‘74 venne prodotta la 500 Giardiniera con mascherina Autobianchi e nome Bianchina). Nel primo anno ne vennero vendute ben 10 mila esemplari. La piccola Autobianchi venne prodotta nei seguenti modelli: trasformabile (1. 2. 3. serie, Special) in 40.000 unità; Cabriolet (1. 2. e 3. Serie) 9.000 unità; Berlina (D, F, Special D e Special F) in 120.000; Panoramica (D, F, tetto apribile, furgoncino) in 150.000. CARLO CAVICCHI E PICCOLE utilitarie di lusso L che sono in questo momento tanto in voga, quasi mezzo secolo fa hanno avuto una madre che oggi non può essere dimenticata, l’Autobianchi Bianchina che pur nelle sue nano-misure condensava tutti i simboli del lusso in voga in quegli anni: luccicanti cromature, gomme con i fianchi bianchi, carrozzeria bicolore, il tetto apribile, lo sbrinatore di serie e persino le pinne che scimmiottavano le Cadillac che si vedevano solo al cinema. Il prezzo di listino? 565.000 lire. Sarebbe sbrigativo affermare, come nelle favole, che una vettura così nacque quasi per caso, ma non fu assolutamente il caso, anzi: fu figlia di una visione strategica che alla luce dei tempi attuali ci dimostra come l’industria automobilistica italiana fosse allora accorta, lungimirante e tecnologicamente all’avanguardia. Tutto partì dalla voglia di 13 Storia e curiosità dell’auto simbolo della casa, la madre delle piccole utilitarie di oggi simbolo del lusso in voga in quegli anni Dalla coupé cabriolet alle tantissime versioni costruite dal 1957 al 1969 Edoardo Bianchi di voler continuare a produrre automobili anche se nei primi anni cinquanta ormai non aveva più le forze per farlo. Si trovò allora un mutuo accordo a tre tra lui, che in fondo possedeva soltanto lo stabilimento di Desio alle porte di Milano, la Pirelli, che trovava il modo di aggiungere un fornitore alle sue coperture, e la Fiat che aveva un disegno ben chiaro su come sfruttare (e controllare) questa curiosa nascente società. A Torino non si era ancora negli anni nel boom economico, ma si lavorava sodo per arrivarci, quindi bisognava produrre e bisognava sperimentare, ma questo era meglio farlo senza correre troppi rischi. Perché no, allora con un marchio che se avesse funzionato avrebbe prodotto utili, ma che se invece avesse fallito non avrebbe inquinato l’immagine della grande Fiat? L’Autobianchi nacque così l’11 gennaio 1955, proprio cinquant’anni fa, e subito si mise in piedi il primo modello, la Bianchina Trasformabile che in pratica era in tutto e per tutto una Fiat 500 vestita a festa. Oggi che si parla tanto di piattaforme comuni non si inventa quindi nulla, semplicemente si riscrive la storia e tutto quello che adesso va per la maggiore, che è considerato dagli analisti il futuro dell’auto, lo si ritrova pari pari nel progetto Bianchina che Villaggio con il suo Fantozzi elesse a vettura da barzelletta ma che invece fu uno strepitoso condensato di genialità. La prima versione era in pratica un coupé-cabriolet come lo si intende ai giorni nostri: aveva il tetto in tela che si apriva completamente fino ad arrivare al baule ma manteneva la struttura in ferro ai lati come fenomenale arco di sicurezza, e anche se ci si stava normalmente in due, c’era dietro una panchetta rigida, scomoda e inospitale, perché se si doveva mai caricare qualcuno… A quell’epoca da un modello a quello successivo passava tanto tempo, ma la Bianchina seppe crescere e moltiplicarsi a raffica. Nell’arco di appena quattro anni uscirono la Special, versione sportiva e potenziata (una sorta di Gti ante litteram), poi la cabriolet, quindi la quattro posti berlina, poi ancora la Panoramica che oggi chiameremmo station wagon, infine la versione furgonetta con il tetto più alto nella parte posteriore. Dunque, quello che adesso ogni marca sbandiera come gamma allargata c’era già tutto e se si considera che nello stabilimento di Desio veniva prodotta anche la Fiat 600 Multipla, quindi il primo vero monovolume della storia dell’auto, ecco che non mancava proprio nulla. Nemmeno la volontà sin dall’inizio di mettere in produzione un’automobile capace di fare l’occhiolino alle donne. Sì, negli anni ‘50, quando il sesso debole in Svizzera non aveva ancora il diritto di andare a votare, anticipando quella che sarebbe diventata in questi ultimi dieci anni quasi una missione quando non proprio una vera ossessione. Micra, Polo, Yaris, forse adesso anche la recente Peugeot 1007 hanno parlato o parlano dichiaratamente al femminile. Questioni di numeri e di ricavi. Ma qualcuno ci aveva già pensato molto prima magari senza nemmeno rendersi conto di quanto fosse all’avanguardia, a riprova che quella Fiat, avviata ad anni d’oro e purtroppo più avanti ad anni duri, aveva davvero una marcia in più. IL MARCHIO Il prossimo incontro è fissato per il 5 giugno a Fiorenzuola D’Arda, in provincia di Piacenza: i possessori di vetture Autobianchi si ritroveranno per festeggiare il mezzo secolo della fondazione di un’azienda che nel corso della sua storia di modelli ne avrà anche fatti pochi, ma sempre originali. Iscritti a un apposito registro, affiliato all’Asi, i proprietari di Bianchina, A111 e A 112 si incontrano periodicamente, e non solo in Italia: la festa internazionale del cinquantenario si terrà infatti a fine agosto in Olanda. Auto I MODELLI ● MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 15 Una crescita del 30% l’anno in America grazie al successo dei modelli Honda, Subaru e Dodge Ecco cosa sta per arrivare sui nostri mercati nei prossimi mesi rossover C l’intervista Tante tendenze in una sola Croma ora siamo avanti noi ELL’AUTO è semN pre più guerra delle forme. La nuova Croma riassume alcune delle più recenti tendenze. Qual è la sua unicità? «Abbiamo messo insieme gli spazi interni di una monovolume, la capacità di carico di una station wagon e l’eleganza, il feeling di guida e le prestazioni di una berlina - dice Luca De Meo, responsabile del brand Fiat - È nato così un concetto di automobile “inclusivo”. Con la Croma affrontiamo il mercato come innovatori e non come inseguitori che copiano idee di altri». E cosa si aspetta dalla De Meo commercia- (Fiat) lizzazione? «Un successo, ovviamente. Abbiamo molto lavorato in termini di qualità e riteniamo che possa competere sul mercato sfidando Peugeot 407, Renault Laguna, Opel Zafira, Ford Mondeo». - Qual è la previsione globale di vendita? «In Europa, fra le 55 e 60 mila l’anno». Qual è la priorità assoluta, irrinunciabile? «Riportare al più presto il marchio Fiat nella posizione che si merita nel mercato e nella testa del consumatore. A volte c’è un gap che ritengo ingiustificato fra ciò che si pensa di Fiat e la realtà odierna». (t.t.) CHRYSLER PACIFICA Dagli Usa all’Europa, storia di una categoria emergente di vetture FLAVIO POMPETTI NEW YORK — All’inizio c’erano le ibride. Prima ancora che il termine venisse usato per definire la doppia alimentazione di un’auto, ibrida era una vettura che corrompeva il codice genetico dei segmenti che erano fino ad allora conosciuti, e che sconfinava tra l’uno e l’altro. La Toyota Rav4 che debuttò nel 1998 e la Honda CR-V dell’anno successivo erano costruite su telai di automobili, ma nell’aspetto ambivano a somigliare alla classe già regnante dei SUV. Un compromesso insomma, o un salto fuori delle righe (crossover appunto in inglese) come di lì a poco venne definita la PT Cruiser che la Chrysler inserì opportunisticamente nella categoria fiscale dei truck. Negli Stati Uniti vengono calcolati ogni anno i consumi medi dell’intera flotta di una data casa nelle due categorie: automobili e trucks. Se risultano più bassi di quelli fissati dal governo, il costruttore guadagna crediti; se sono più alti paga una penale. La PT Cruiser che dei truck non aveva né il peso né la cilindrata media, veniva cosi’ a bilanciare i conti di Un po’ station, un po’ Suv compromesso delle forme Ford Sav una casa che distribuisce generosamente motori da cinque litri e trasmissioni integrali assetate di benzina. Il successo immediato delle tre vetture dimostrò comunque che il pubblico le apprezzava ben oltre i benefici fiscali. Le crossover venivano a riempire il vuoto lasciato dalle classiche station wagon degli anni ‘60, che vengono spesso citate come antenate del nuovo segmento. Stessa base del telaio larga che permette di disegnare un abitacolo spazioso, e che si re- IL PROTOTIPO La strada dei crossover sembra interessare anche i costruttori di massa. Come la Ford che al salone di Ginevra del marzo scorso ha presentato l’originale Sav stringe poi in prossimità del tetto con delle curve convergenti. Stessa compressione della parte posteriore della vettura, che termina con un largo portellone di accesso. La familiare per eccellenza che era scomparsa sotto la pressione degli emergenti monovolume alla metà degli anni ‘80 si rincarnava finalmente a beneficio di famiglie il cui stile di vita era diventato troppo opulento per essere compresse in una tradizionale vettura, ma il cui ego non era cresciuto a tal punto da pretendere un Suv. Per capire quanto netta sia la demarcazione basta guardare alla frustrazione della Ford, che nel 1999 al momento di lanciare la Escape, una vettura di dimensioni ridotte rispetto al suo popolarissimo Explorer, decise di presentarla come un piccolo Suv. Il mercato non ha mai risposto positivamente e oggi la gamma della casa di Dearborn comprende un veicolo, il Freestyle, disegnato sulla stessa base delle Volvo S60 e S80, così come della berlina americana Five Hundred, e propriamente pubblicizzato come un crossover. Lo sviluppo della categoria è stato tumultuoso negli ultimi tempi con una crescita media del 30% l’anno, grazie alla progressiva uscita di vetture molto diverse tra loro. Alcune hanno fallito clamorosamente come la Pontiac Aztec che ha guadagnato la palma di una delle vetture più brutte degli ultimi decenni. Altre hanno stentato a lungo prima di trovare una collocazione, come è capitato alla Chrysler Pacifica che per il primo anno di commercializzazione ha dovuto ritoccare il prezzo in basso ben tre volte. Altre hanno centrato in pieno immagine e successo di vendite. Sono la Honda Pilot, la Subaru Forester e la Dodge Magnum, tre vetture non altrimenti assimilabili tra loro se non sotto il concetto della “violazione” delle categorie esistenti. 16 MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 I MODELLI ● Fiat Croma MASSIMO NASCIMBENE N MOLTI la chiamano crossover, ma a Torino preferiscono parlare di Comfort Wagon, a sottolineare la vocazione di vettura in grado di offrire elevata qualità della vita a bordo. Al di là degli appellativi, è comunque difficile incasellare la nuova Croma negli schemi in cui viene abitualmente diviso il mercato. Cosa che di per sé costituisce un’ottima premessa per il modello destinato a riportare il marchio Fiat nelle zone alte del mercato, visti i favori accordati dal pubblico europeo alle soluzioni che rifuggono dalle formule convenzionali. Si obietterà che, in fondo, la ricetta Croma non si scosta molto da quella delle classiche station: cinque posti “fissi” e un gran volume di coda. Poco a che spartire con le monovolume, l’altra categoria con cui la neonata vettura torinese intende incrociare i cromosomi. Eppure, basta avvicinarsi alle sue porte per rendersi conto che le cose non s t a n n o esattamente così: questione di statura innanzitutto, visto che dall’alto del suo metro e sessanta la Croma consente di prender posto a bordo senza dover piegare la testa. Come sulle Mpv insomma, ma senza che per altro verso la soglia di accesso sia eccessivamente rialzata rispetto al suolo, e imponga dunque un minimo di scalata per raggiungere l’abitacolo: un movimento poco impegnativo per i giovani ma spesso ostico per coloro che tanto giovani non sono più, e che per questa ragione vedono le monovolume come il fumo negli occhi. D’altronde, la Croma deve mettere d’accordo un I CROSSOVER l’intervista L’auto alta si nota di più e gratifica IUGIARO, nel preG sentare la Croma lei ha parlato di comfort wagon. In che senso? «Nel senso che abbiamo cercato di realizzare una vettura di grande comfort. Ma che non fosse né una wagon né una monovolume. Il risultato è un veicolo differente nelle proporzioni, attento all’ergonomia, che offre particolari attenzioni all’accesso e al carico». Sono più di vent’anni, dai tempi della Panda e della Uno, che lei va sostenendo le vetture alte. Giorgetto Adesso sembra Giugiaro che ne siano convinti tutti. «A me è sempre sembrata una scelta logica. In primo luogo per questioni di immagine: una vettura alta si nota di più, acquista rilievo, che si tratti di una piccola come la Matiz o di una Suv. E chi viaggia su una macchina alta si sente più gratificato. E’ un effetto ottico in primo luogo, e ne beneficerà anche la Croma, quando la si vedrà accanto alle normali station wagon. Poi ci sono i vantaggi pratici, a cominciare dall’accesso: per prendere posto sulle berline bisogna chinarsi, sulle monovolume bisogna arrampicarsi. Sulla Croma ho cercato di tenere il piano di seduta a un’altezza naturale, quella che consente di sedersi il più agevolmente possibile». Che cambiamenti vede nelle architetture del futuro? «Credo che a cambiare debbano essere soprattutto le ammiraglie. Che, per quanto lussuose, sono ancora scomode, si viaggia incastrati fra un tunnel e un volante. No, non ha senso spendere un mucchio di soldi per stare tanto scomodi: l’auto, a tutti i livelli, deve acquisire una nuova sensibilità ergonomica». Più spazio per tutti, insomma. «Certo, la gente ha capito che un appartamento grande è meglio di uno piccolo...». (m.n.) Auto Dopo dieci anni il ritorno fra le ammiraglie della casa torinese. Edizione moderna della “familiare” E ora chiamatela Comfort wagon nuova generazione e tante sorprese po’ tutti, dal momento che si propone come edizione moderna di quelle che un tempo erano chiamate “familiari”. Ma anche questa denominazione, a ben guardare, le andrebbe stretta. Perché quelle erano sempre e comunque versioni derivate dalle berline, mentre la Croma nasce così: con forme che raccordano in un unico arco padiglione e bagagliaio, a garantire il massimo utilizzo dello spazio per passeggeri e baga- gli. E i suoi cinque posti di spazio ne offrono davvero tanto: in lunghezza, con valori record per la distanza che separa il divano posteriore dagli schienali anteriori, e in altezza, con il padiglione a oltre un metro di di- stanza dal piano di seduta. Altrettanto generoso è il vano di carico, capace di offrire sino a 1600 litri di volume utile, pur con il limite della possibilità di ribaltare il solo schienale posteriore, e non l’intero divano. In compenso, non solo il piano di carico è allineato alla battuta del portellone, ma cela sotto di sé un ripostiglio di altezza ragguardevole, utile a nascondere alla vista oggetti preziosi, tipo computer portatili. Oltre che nella generosità degli spazi, la Croma si presenta con le credenziali di vettura per famiglia anche nel comportamento su strada, che mette da parte assetti irrigiditi all’eccesso in favore di risposte progressive. La guida insomma non richiede particolare impegno anche quando si utilizzano per intero le doti dinamiche della vettura, all’altezza delle attese indipendentemente dalla scelta fatta in tema di propulsori: i turbodiesel disponibili all’esordio, a fine mese, sono i due 1900 da 120 e 150 Cv, che da settembre verranno affiancati dell’inedito cinque cilindri 2400 da 200 Cv, previsto con la sola trasmissione automatica. Una pattuglia che si annuncia agguerrita anche in considerazione di un listino che spazia fra i 23.200 euro della 120 Cv fino ai 31.500 euro del 2400 abbinato al migliore dei livelli di equipaggiamento previsti, che sono ben cinque. Cifre non esagerate, insomma, visto che si collocano più o meno sulla stessa linea di quelle richieste dalle wagon di lunghezza analoga. Che però, nei confronti della Croma, finiranno per soffrire un certo complesso di inferiorità. Non foss’altro che per una questione di statura. Prodotta in 450 mila esemplari fino al ’94. La formidabile soluzione del portellone e il taglio rialzato della coda CARLO CAVICCHI BEN guardare, dietro a A tutte le Fiat di maggior successo degli ultimi trent’anni c’è sempre la firma di Giugiaro. C’era quindi anche sulla prima Croma (lanciata sul mercato nel 1985 e prodotta fino al 1994 in oltre 450 mila esemplari), una vettura davvero fantastica e probabilmente mai veramente apprezzata quanto avrebbe meritato, figlia dell’avveniristico progetto “Tipo 4” che aveva messo assieme quattro Il segno di Giugiaro, avveniristica già nell’85 marchi, Fiat, Lancia, Alfa Romeo e Saab, per realizzare assieme (e dividere i costi) una vettura con molte parti in comune. Quelle quattro auto, la Fiat Croma, la Lancia Thema, la Saab 9000 e l’Alfa 164, quest’ultima arrivata due anni dopo le altre, hanno avuto tutte una storia molto importante. Ma se la Thema è stata quella che forse ha raccolto il maggior successo, la Croma è stata in ogni caso la più interessante, sia per le soluzioni tecniche che ha presentato, sia perché per la Fiat significò il ritorno a vetture di gamma alta dopo l’insuccesso della 130, che era nata nel lontano 1969. In realtà Fiat, Lancia e Saab si tennero strettamente ai patti (stesso pianale, stesso anello porte, stesso parabrezza e stessa sezione frontale) mentre l’Alfa con Pininfarina si prese qualche libertà in più. Ma è indubbio che Giugiaro, anche allora, seppe inventarsi soluzioni formidabili, come il portellone posteriore che arrivava a incernie- rarsi al tetto, così che l’accessibilità al bagagliaio si rivelò stupefacente. Di fatto, e non si è mai saputo se fosse stato per un precisa volontà progettuale o per conseguenza finale, la Croma si rivelò una vettura molto disinvolta e abbastanza sportiva: oltretutto, di tutte e quattro era quella che teneva meglio la strada, la più divertente da guidare. Esteticamente aveva le portiere molto avvolgenti e il taglio rialzato della coda, che in seguito diventeranno un tema stilistico copiato e abu- sato, ma nel caso della Fiat era tutto in funzione di un coefficiente di penetrazione aerodinamico (0,32) decisamente molto basso per l’epoca. Ma quella vettura, peraltro, fu anche la prima “tutto avanti” mai tentata a Torino su modelli di grande cilindrata, e diventò da subito un vero laboratorio per sperimentare soluzioni all’avanguardia. Sin dalla sua prima apparizione, per esempio, montava il motore a benzina 2.0 CHT (ad alta turbolenza controllata) che riduceva drastica- I MODELLI ● Auto mente il consumo di carburante. Ma la sua più grande innovazione arrivò nel 1988, cioè dopo tre anni dall’inizio delle vendite, quando ai due motori a gasolio tradizionali si aggiunse la versione a iniezione diretta, il primo motore siffatto mai installato su un’auto di grande serie. Era il segnale di quanto in Fiat fossero all’avanguardia sul diesel, come si capì (ma non si sfruttò a dovere) con la geniale ideazione del common rail, che prese corpo pochi anni dopo. La Croma in cifre 500 milioni L’INVESTIMENTO Per lo sviluppo della Croma la Fiat ha investito 500 milioni di euro: meno di quanto costi un modello interamente nuovo, grazie all’utilizzo della piattaforma Epsilon della General Motors Quante rivali tra station e berline ma il mercato è sempre più in crisi L MERCATO delle vetture meIcome die, quello conosciuto anche segmento D, è in calo sia in 50.000 5 23.200 200Cv 450 mila I MOTORI Sono cinque i motori disponibili per la Croma: due a benzina (1800 e 2200) e tre turbodiesel, due quattro cilindri di 1,9 litri e un cinque cilindri di 2,4 litri. Per tutti i diesel, il cambio è a sei marce IL PREZZO È di 23.200 euro il prezzo d’attacco della Fiat Croma 1900 TD da 120 Cv. Già nel primo livello di allestimento è disponibile il climatizzatore, l’ESP e sette airbag. La versione di punta sfiora i 30 mila euro LA POTENZA Il cinque cilindri turbodiesel di 2,4 litri, con distribuzione a quattro valvole per cilindro e alimentazione Multijet, dispone di ben 200 Cv, un valore record per i motori a gasolio di questa categoria LA PRIMA CROMA In quasi dieci anni di vita, la prima generazione della Croma è stata venduta in 450mila unità. Fra i suoi punti di forza figuravano la versatilità di impiego e i motori sovralimentati, sia a benzina sia a gasolio 17 Dalla Mondeo alla Zafira, monovolume e crossover: la sfida difficile dell’italiana TOMMASO TOMMASI LE VENDITE La Fiat conta di vendere almeno 50 mila unità all’anno, in Europa. Peraltro lo stabilimento di Cassino, dove la Croma viene prodotta assieme alla Stilo, consentirebbe volumi superiori MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Italia, sia in Europa. Colpa (o merito?) delle alternative, costituite da Suv compatti, monovolumi medi e Crossover, vetture che vengono proposte come funzionali evoluzioni delle classiche berline e station wagon. E colpa anche delle nuove proposte del segmento C, quello della Golf, per intenderci, che rispondono in pieno alle esigenze del mercato delle vetture più grandi: il tutto, a prezzi evidentemente più convenienti. In sostanza, anche fra i segmenti delle compatte e delle medie si va verificando quanto sta da tempo accadendo nell’ambito delle piccole (Punto, Corsa, Yaris & C.) rispetto alle compatte. In Europa, il segmento D vale 2.300.000 immatricolazioni, ovvero il 15% di tutte le vendite. Questo almeno prevede, per il 2005, la JDPower-LMC. Lo scorso anno, la vendite delle medie avevano raggiunto il 17% e, sempre nelle previsioni della società angloamericana specializzata in analisi di mercato, la quota scenderà sino al 14% nel 2007 per poi prendere un po’ di fiato negli anni subito successivi. In Italia, le medie, nel 2004, con 178.000 immatricolazioni hanno chiuso al 7,8% dell’in- tero mercato, in discesa dal 9,2% dell’anno precedente. In Europa, nel 2004, la media più diffusa è stata la Bmw Serie 3 e in Italia l’Alfa 156. In effetti, oggi affidarsi a classificazioni molto rigide non ha più tanto senso. Nell’area delle vetture di classe media, infatti, si sono inserite proposte che tendono a soddisfare più compiutamente i diversi stili di vita della potenziale clientela. Luca De Meo, responsabile del brand Fiat, nel presentare la Croma, ha indicato come potenziali concorrenti la Ford Mondeo, la Opel Vectra, la Renault Laguna, la Peugeot 407, la Opel Zafira. Si tratta di vetture tutto som- LAGUNA GRAND TOUR La station della Renault è indicata come una delle rivali della Fiat Croma. Insieme ci sono: Ford Mondeo, Opel Vectra, Peugeot 407 e Opel Zafira mato convenzionali, mentre Croma appare più un incrocio fra monovolume medio e crossover. Forse la sola Zafira, con i suoi sei posti, esprime una tipologia di vettura a se stante, cosa espressa ancor più compiutamente dalla Opel Signum che però non ha ottenuto, con 23.000 vendite in Europa, il successo che la GM si aspettava. C’è dunque anche nell’ambito delle vetture di classe media una certa confusione di ruoli. Analizzando le proposte presenti in quest’area di mercato, troviamo quattro berline della categoria cosiddetta “premium” perché prodotte da marche di prestigio: Audi A4, Bmw Serie 3, Mercedes Classe C, Volkswagen Passat. E, guarda caso, sono proprio queste le vetture — tutte berline classiche — ad aver conquistato, messe insieme, una significativa fetta del mercato europeo di riferimento, con circa 700.000 vendite nel corso del 2004. Dietro a questa cifra che potrebbe far pensare al successo, ci sono però dei segni di flessione preoccupanti: Serie 3 è sotto del 18% rispetto alle vendite dell’anno prima, Audi A4 (-10%), Classe C (-4%), Passat (-19%). È dunque crisi. La conferma viene da altri prodotti presenti nello stesso segmento, tutti in netta flessione: Ford Mondeo (-14%), Renault Laguna (-30), Alfa 156 (16), Nissan Primera (-27). 18 I MODELLI ● MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Auto Mercedes Classe B Mercedes Classe B Il nuovo modello della casa di Stoccarda per anticipare tutti nell’evoluzione delle forme CROSSOVER “Sport Tourer”, prima generazione DANIELE P. M. PELLEGRINI A CONSOLIDATA immagiL ne Mercedes è quella di un marchio tedesco secondo lo l’intervista Oggi ci vuole l’auto che faccia un po’ di tutto EONARDO Fioravanti, L dopo aver disegnato tante Ferrari, ha affrontato il tema dell’innovazione da diversi punti di vista, compresa l’invenzione del tetto apribile rotante applicato sulla Ferrari Superamerica. Come giudica questa tendenza verso vetture sempre più alte e spaziose? «La moda delle crossover, e in generale la tendenza alle carrozzerie a tetto alto, non rappresenta realmente un’innovazione dell’architettura dell’auto ma essenzialmente una variante che mira a superare le classificazioni rigide esistite per molto tempo: berli- Leonardo ne, station wa- Fioravanti gon, coupé e così via. Oggi il cliente, dopo aver dovuto scegliere fra un’offerta molto diversificata, si è orientato verso un auto che faccia un po’ di tutto e vada bene un po’ per tutto. Poi su questo il marketing gioca a enfatizzare il senso di novità». Questa tendenza potrà contaminare anche le sportive? Diventeranno anche loro più alte e spaziose? «No, si può usare il termine sportiva o coupé, come è stato fatto nel caso, per esempio, della Avantime, ma è un controsenso. Perché una sportiva è tale perché ha il baricentro basso, e questa è una condizione irrinunciabile per avere quelle caratteristiche dinamiche che giustificano il termine sportiva. Si possono fare delle Suv con prestazioni mostruose ma non saranno mai vetture sportive. Si può invece fare ancora moltissima innovazione, rimanendo nell’ambito delle architetture attuali, ideando cose moderne e originali. Basta vedere cosa si è fatto negli ultimi anni riguardo i tetti apribili e, in generale, la funzionalità del padiglione. Per innovazioni più radicali bisognerà modificare l’intera architettura del veicolo ma questo si potrà fare soltanto quando saranno disponibili nuovi sistemi di propulsione (fuel cell o altro) che avranno ingombri ed esigenze tecniche del tutto differenti». (d. p. m. p.) stereotipo più classico: un costruttore accurato, sostanzialmente conservatore, scrupolosamente dedicato alla realizzazione dei propri piani con i tempi dettati dall’ingegneria piuttosto che dal mercato. Così può sorprendere vedere la particolare vivacità nell’evoluzione dei modelli che la casa di Stoccarda sta esibendo negli ultimi anni, con particolare riguardo allo sviluppo di tipologie innovative e del tutto differenti dalle tradizionali berline. L’osservatore comune potrebbe vedere nella comparsa, in tempi relativamente brevi, di SUV e di quasi-monovolume, la ricerca di nuove aree di mercato sull’onda della moda coltivata da marche meno prestigiose. A sentire gli uomini Mercedes, invece si scopre (come c’era da aspettarsi) una strategia precisa e programmata per tempo, che guarda oltre le mode e che invece intende anticipare i concorrenti diretti sulla strada di una prevista ed inevitabile evoluzione del mercato. Alla base di tutto c’è la considerazione che le berline classiche sono avviate, se non all’estinzione, a una fase di “crescita zero” che inevitabilmente seguirà l’evoluzione degli stili di vita. Quindi, per andare incontro alle esigenze del proprio pubblico, la strada scelta da Stoccarda passa attraverso modelli meno standardizzati, quelli che sinteticamente vengono definiti crossover, con una terminologia di moda e abbastanza vaga al punto da essere buona per tutte le stagioni. Questa strategia, pensata già ai tempi della nascita della Classe A, si è successivamente precisata e sviluppata, come hanno dimostrato i prototipi presentati negli ultimi anni, ed entra ora nella fase esecutiva con la commercializzazione in rapida successione della nuova generazione della Classe A, dell’inedita Classe B e della prossima Classe R. I tre modelli complessivamente compongono un panorama di veicoli non convenzionali per i quali la Mercedes ha creato la specifica denominazione Sports Tourer, un po’ per trovare una formula originale e molto per esorcizzare il pericolo che venissero chiamati genericamente monovolume. A Stoccarda infatti pensano che queste vetture, a parte l’architettura generale, non siano delle monovolume in senso stretto, ma piuttosto il naturale sviluppo delle berline e delle station wagon di lusso al quale tutti i marchi di prestigio dovranno prima o poi adattarsi. La Classe B rappresenta quindi il primo gradino nella scalata al nuovo prestigio chiamato “sport tourer” e nasce come evoluzione tecnica della Classe A, con la quale condivide l’ingegneria di base e la sede produttiva, nell’impianto di Rastatt. Grazie a questi due elementi il progetto è anche industrialmente conveniente perché esiste una notevole co- I MODELLI ● Auto munanza di componenti (da parte del pianale ai sistemi di bordo, dai motori sino ai cambi) e inoltre sarà possibile contare su una grande flessibilità produttiva fra i due modelli nell’ambito della capacità produttiva totale che è di trecentomila vetture all’anno. la prova Visibilità e controllo ma poca flessibilità CARROZZERIA Monovolume 5 porte, 5 posti lunghezza 427 cm, larghezza 178, altezza 160 MOTORI Turbodiesel 2.0 (109 e 140 Cv), benzina 1.5 (95 Cv) 1.7 (116 Cv), 2.0 (136 Cv) e 2.0 Turbo (200 Cv) PREZZI Versioni benzina da 22.530 a 29.280 euro, turbodiesel da 25.530 a 28.900 euro MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 19 il mercato Monovolume ma compatta è questo il “dopo Scenic” TOMMASO TOMMASI A VERA rivoluzione nel moL do di proporre l’automobile ha preso corpo con la nascita delle monovolume medie. Gli automobilisti europei avevano già intuito la validità del concetto di monovolume, ma le poche proposte iniziali, tutte di grandi dimensioni e di prezzo elevato (Chrysler Voyager, Renault Espace), ne avevano limitato la diffusione. Poi apparve la Scénic e fu subito un grande successo, che dura ancora oggi, con la seconda generazione di questa indovinata vettura che continua ad essere la best seller europea della categoria, con 308.000 unità vendute nel corso del 2004 (39.200 solo in Italia). All’inizio non ci credevano tanto nemmeno in Renault, poi la travolgente richiesta dei consumatori, che finalmente avevano a portata di portafoglio la tanto desiderata monovolume, fece cambiare idea anche alle concorrenti: e così il segmento delle Mpv medie è cresciuto a dismisura. In Italia costituiscono poco meno dell’8% delle vendite totali, con un volume stimato in 200.000 unità per l’anno in corso. Nel 2004 la quota fu del 7,6%, pari a oltre 175.000 immatricolazioni. In Europa il segmento assorbe circa 1,5 milioni di unità, poco più del 10% del mercato. Antesignana della categoria e ancora oggi protagonista sia in Europa che in Italia, Scenic deve vedersela anche con concorrenti aggressive, come la Opel Zafira (186.000 vendite in Europa, 19.000 in Italia), la Citroen Picasso (187.000 e 25.000), la Volkswagen Touran (183.000 e 15.000) e la Ford C-Max (155.000 e 19.000). In questo quadro di grandi cifre, gioca un ruolo modesto la Fiat Multipla, per la quale a suo tempo fu stilato un piano industriale (e quindi commerciale) molto contenuto, che non avrebbe mai superato le 50.000 unità l’anno. Oggi la monovolume media della Fiat naviga attorno alle 20.000 immatricolazioni annue in tutta Europa, poco più della metà di quante la Scenic ne ottiene solo in Italia. Il futuro delle monovolume di taglia media nel nostro mercato ora è condizionato dal successo delle compatte, come Opel Meriva, Fiat Idea, Lancia Musa: non è escluso che proprio l’effetto dimensione e prezzo, che dette vita al grande successo delle Mpv medie, diventi l’arma vincente di quelle di taglia minore. L’offerta peraltro resta effervescente: Volkswagen ha recentemente introdotto la Golf Plus, Mercedes arriva con l’elegante Classe B, Opel ha pronta la nuova Zafira. Insomma, la gara continua. NCHE se le dimensioni e la categoria di riA ferimento sono quelle delle monovolume compatte, le ambizioni della Classe B sono sostanzialmente differenti e quindi la valutazione non può prescindere da quel plus che il cliente si aspetta da una vettura di prezzo più alto e con il marchio Mercedes. Da questo punto di vista la Classe B si presenta con il biglietto da visita di una linea sicuramente riuscita, apprezzabile sia nel design sia nella razionalità dell’impostazione. Lo slancio sportiveggiante conferisce una piacevole presenza su strada e la particolare struttura del pianale (con il pavimento a sandwich che ospita in parte il gruppo motopropulsore) favorisce l’ottimo sfruttamento degli ingombri esterni. Considerando la lunghezza totale di 4 metri e 27, l’abitacolo offre spazio per 5 posti comodi con una capacità di carico che parte da un minimo di 544 litri: valori che corrispondono a quelli di una berlina convenzionale sensibilmente più ingombrante. E’ limitata invece la disponibilità di quegli accorgimenti che caratterizzano le monovolume in cerca della massima flessibilità interna: c’è il baule sdoppiato, con doppio fondo al livello della soglia di carico, ma il sedile posteriore è fisso e solo come optional è prevista la possibilità di smontarlo e di ripiegare quello anteriore del passeggero. Il concetto di “sports tourer” si rivolge piuttosto all’impostazione del posto guida che privilegia la visibilità e l’ampia possibilità di regolazione di sedile e volante, a beneficio della sensazione di controllo. Questo aspetto introduce a caratteristiche di guida che sono intermedie fra quelle di una monovolume e quelle di una berlina compatta: ci sono cose buone, come la sostanziale facilità di guida e la progressività delle reazioni anche nelle manovre brusche, ma, se si intende la guida in chiave effettivamente sportiva compaiono anche dei limiti, a partire dalla relativa sensibilità del servosterzo elettrico. Quest’ultimo si fa perdonare, dal punto di vista della sicurezza, perché dispone del sistema steer control che, quando interviene il controllo di stabilità, agisce sulla servoassistenza in modo da favorire le manovre corrette da parte del pilota e contrastare quelle errate. La gamma di motorizzazioni è tanto vasta da proporre numerosi gradi di brillantezza con differenze anche notevoli: basti pensare che si va dai 95 Cv del 1500 a benzina ai 193 del 2000 turbo. E anche sul versante diesel si può spaziare, scegliendo fra i 109 e i 140 Cv. (d. p. m. p.) HONDA FR-V Classe R Ispirazione automobilistica, linea da station e un pizzico di sport utility Tanto lusso in una crossover ecco la wagon “allungata” FLAVIO POMPETTI NEW YORK — Quando la Mercedes introdusse la Classe M il segmento dei Suv era ben ancorato alle radici del fuoristrada cui era appartenuto fino ad allora, con carrozzerie spigolose e interni spartani, e nessuna casa automobilistica aveva sognato uno sconfinamento nel campo del lusso. La Classe M ebbe l’effetto di spingere l’intero settore verso la nuova direzione, e di aprire il varco ad una tendenza che dura ancora oggi. Un decennio dopo la Mercedes ci riprova con un altro debutto inconsueto per la casa di Stoccarda: la Classe R rappresenta infatti il tentativo di conquistare la supremazia tra i moderni crossover. E’ un compito complicato visto che sul mercato ci sono altri concorrenti: Cadillac, Infinity e Dodge hanno già esplorato questa nuova nicchia rispettivamente con l’SRX, il FX35/45 e il Magnum, tre vetture che brillano per il successo di pubblico e per il margine di profitto che garantiscono. La Mercedes entra in lizza rilanciando la posta con un prezzo di listino entro i 50.000 dollari per le versione a passo lungo del mercato americano, ma soprattutto con un modello che ancora una volta si incunea con efficacia tra quelli esistenti. La sua ispirazione è puramente automobilistica, visto che la piattaforma è quella della Classe S con l’aggiunta di un paio di centimetri di lunghezza. E pur rispettando quella violazione di canoni che è obbligatoria per un crossover, l’eredità annunciata e percepita è quella delle station wagon, con un corpo che si allunga con un profilo elegante piuttosto che gonfiarsi muscolarmente in direzione SUV. All’interno un rigoroso studio dello spazio e delle forme impedisce pericolosi accostamenti alle monovolume che ne deprezzerebbero l’immagine, o ai truck, la cui vicinanza è limitata alla semplice adozione della trazione integrale. La R è piuttosto la carlinga di un moderno sistema di trasporto, con poltrone di prima classe davanti, business in seconda fila e una turistica nobilitata dalla pelle in terza. Una breve leva a destra del canotto dello sterzo aziona il cambio automatico a sette marce, e due pulsanti sul volante richiamano il comando manuale. Lo spazio così liberato nel tunnel può ospitare un centro di comando del condizionatore d’aria, navigatore, sistema audio/telefono e presa per un lettore MP3. La dizione “Sport Tourer” con la quale la Mercedes introduce la R appare chiara nella scelta dei motori: V6 e V8 da 3 fino a 5,5 litri, ai quali si aggiungerà un 6,3 litri AMG da 496 cavalli. Una dotazione adeguata alle ambizioni sportive della vettura, la cui sicurezza di guida è protetta dal controllo elettronico della stabilità e da un arco di airbag che si estende fino alla terza fila di sedili. Sia la versione a passo lungo per il mercato americano sia quella a passo corto destinata all’Europa saranno costruite nella fabbrica dell’Alabama, ampliata per l’occasione. Auto I MODELLI ● MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 21 Lo strano mercato dei Suv, dove il modello conta più del marchio Tanto che fra le dieci più vendute ben tre sono coreane port utility S l’intervista Sono come le auto non c’è motivo per discriminarle ALVATORE Pistola è S presidente dell’Unrae, l’associazione delle case estere in Italia, nonché presidente ed amministratore delegato di Land Rover Italia. E’ dunque doppiamente in prima linea nella difesa dei Suv, da tempo sotto accusa per il loro impiego in città. «Intanto vorrei evidenziare che nel Codice della Strada il Suv non ha una sua classificazione tecnica. Esistono solo automobili e autocarri. Quindi, già un attacco specifico ai Suv è assai discutibile». Ma a Firenze fanno sul serio: i Suv non possono circolare. « A t t e n d i a - Pistola mo l’8 luglio (Land Rover) per conoscere l’esito dell’udienza sulla richiesta di sospensiva avanzata dall’Unrae, basata sull’illegittimità di un provvedimento discriminatorio». Perché parla di discriminazione? «Semplice: i veicoli oggetto del divieto di circolazione hanno le stesse caratteristiche di berline, wagon e monovolume di analoghe dimensioni». Quale segnale coglie da quanto sta accadendo ai Suv? «Siamo preoccupati per i continui attacchi portati all’automobile. Ricordo che in Italia l’auto resta l’unico mezzo di trasporto in grado di garantire la mobilità». (t. t.) NISSAN MURANO Sono i nuovi fuoristrada. Ecco come in pochi anni hanno cambiato pelle CARLO CAVICCHI ARÀ anche perché certe S versioni montano le gomme tassellate, fatto sta che adesso i Suv sollevano un polverone inusitato. I gipponi, come ancora mezza Italia li identifica con un bel calcio alla sintesi di Sport Utility Vehicle, sono entrati nel cuore degli automobilisti sulla scia di un successo che muove dall’America e che qui, soltanto dieci anni fa, pareva impossibile che potesse attecchire. Grandi e grossi, spesso usati senza troppo criterio da proprietari che si credono in diritto di poter fare tutto visto che il mezzo permette loro quasi tutto, sono ormai il bersaglio fisso di chi li inquadra per le loro peggiori caratteristiche (dimensioni, motori grossi, tenuta di strada in certe situazioni un po’ critica) ma sono anche la passione di chi ne apprezza le indubbie qualità (robustezza, moda, tenuta di strada eccezionale in certe altre condizioni). Di sicuro non sono più quelli di una volta, cioè dei veri mezzi per il fuoristrada. Oggi a bordo regna il lusso, mentre fuori comanda un design sempre più estremo e attento a colpire l’immaginario dei possibili proprietari. Poi, certo, sulla neve alta se la cavano bene, nel fango ci si ficcano già un po’ meno bene (quelli più trendy, soprattutto) e nel traffico faticano assai per via di dimensio- Grandi, grossi e lussuosi Inarrestabili quei gipponi ni non troppo adatte alle città europee. Però non vanno criminalizzati indiscriminatamente perché non tutti inquinano allo stesso modo, non tutti sono nelle mani di maleducati, e perché si vanno sempre più avvicinando al gusto europeo, che è meno sfacciato di quello oltre Atlantico. In più, non si può fare di tut- GIGANTE PATHFINDER Dimensioni molto generose e aria muscolosa per la Pathfinder, che completa la gamma di Suv Nissan. Utilizza un 2500 turbodiesel forte di ben 177 Cv e dispone di tutto il corredo tecnico delle vere 4x4, marce ridotte comprese ta un’erba un fascio, perché ormai sono Suv sia veicoli di dimensioni ridotte, con motorini diesel estremamente efficienti e risparmiosi, sia dei mezzi di derivazione bellica o con potenze e prestazioni da F.1. In mezzo, tra un minimo e un massimo legato al prezzo di listino, ci sono anche tante giuste misure, capaci di soddisfa- re tutte le tasche e che hanno nei prodotti coreani la miglior sintesi: dimensioni generose, motori furbi, costi contenuti. Comunque sia hanno molta personalità, quella che li fa amare od odiare con la stessa vivacità perché dividono in maniera manichea (o di qua o di là) l’opinione pubblica. In pratica non ci sono spostamenti progressivi del piacere, ma succede che una bella mattina un tale che diceva “io mai lì sopra” si scopre folgorato e non solo si converte, ma diventa missionario. E’ accaduto a tanti e sta accadendo sempre di più, anche perché i costruttori su questi mezzi ci guadagnano, ci fanno i soldi veri, e fiutato l’affare non lo mollano più. Ecco perché, nel giro di quattro o cinque anni, sono usciti Suv sempre più cuciti addosso al gusto corrente, come quelli più lussuosi e modaioli, ed anche perché arriva adesso un veicolo estremamente attento all’ambiente come il magnifico ibrido della Lexus che zittisce anche i più tenaci oppositori. «Al cuore, Ramon», sibilava Clint Eastwood uscendo dalla nuvola di fumo nel memorabile duello finale con Gian Maria Volontè, nel film “Per un pugno di dollari”. E al cuore del mercato ci vanno un po’ tutti e chi non ci va (o non è capace d’andarci) può solo urlare e strepitare, in attesa di arrivare in fretta con un modello che sicuramente ha già nel cassetto. 22 I MODELLI ● MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Auto I MODELLI ● Auto ENRICO VIOLI N ALTRO giro di giostra: davvero non vorresti più scendere dalla nuova Grand Cherokee impegnata sul breve percorso artificiale che simula alcuni passaggi degni del Camel Trophy. Un bel divertimento, ma sotto l’aspetto tecnico è la prova che il nuovo modello resta una fuoristrada autentica. Come del resto ben scolpito nel DNA di Jeep. Una dimostrazione accademica, tuttavia, perché la nuova generazione della Grand Cherokee ha orizzonti ben più ampi. I responsabili del marchio americano di DaimlerChrysler non hanno infatti nascosto l’ambizione di riguadagnare i vertici di quel mercato dei Suv di lusso che procura sostanziosi guadagni alle case e fa venire l’acquolina in bocca ai facoltosi clienti. Gli italiani poi, che l’hanno adottata fin dalla metà degli anni Novanta, sono particolarmente sensibili al suo fascino. Con il suo stile così yankee, un cocktail di grinta e raffinatezza, la vecchia Grand Cherokee ha infranto molti cuori, anche femminili. E la nuova, per non essere da meno, cerca la sua strada puntando proprio sul mutamento di pelle e carattere: la carta obbligata da giocare per competere con successo in un sottosegmento nel quale la concorrenza è qualificata, agguerrita e sempre più numerosa. La metamorfosi è compiuta: la Grand Cherokee, perfetta figlia del suo tempo, diventa una sport utility a tutti gli effetti. Le linee perdono un po’ di personalità e di fascino, specie nella parte posteriore, ora più anonima, mentre le dimensioni guadagnano qualche centimetro. Il lusso, nell’abitacolo, si adegua alle aspettative di una clientela molto esigente: pelle e alluminio sono abilmente accostati e ricordano, per l’eleganza e la solidità che trasmettono, quanto sia stretta la parentela con Mercedes. La maggior disponibilità di spazio a bordo, specie in altezza, e le dotazioni hi-tech sono già un valido biglietto da visita. Ma una sport utility si giudica soprattutto da come si comporta su strada. Specialmente se punta ai vertici. Bene, la Grand Che- U SUV l’intervista Un grande rilancio grazie al diesel E adesso l’ibrido TOMMASO TOMMASI TTENZIONE alA l’ambiente e primo fuoristrada diesel Euro4. Bel colpo per la Honda rimasta tanto tempo senza auto a gasolio. «Il nuovo motore diesel 2.2 è stato accolto decisamente bene — dice Umberto Furlan, vicepresidente di Honda Italia — L’F-RV che con il solo benzina raccoglieva 2-300 ordini al mese ora è schizzato a 600. E va molto bene anche il C-RV, che è il primo sport utility ad offrire in Italia un diesel Euro4». L’impiego di questo prop u l s o r e s i Furlan e s a u r i s c e (Honda) qui? «No. Intanto, è già offerto sulla Accord nelle versioni berlina e station wagon e poi sarà una delle proposte di punta della ottava generazione della Civic». Come sarà questa nuova Civic? «Abbiamo esposto un prototipo al salone di Ginevra di marzo scorso e sarà la stessa che vedremo a settembre a Francoforte come prodotto di serie, destinata ad arrivare sul mercato italiano a fine anno». Quale sarà la strategia commerciale? «E’ prematuro parlare di prezzi, ma di certo collocheremo la Civic nella parte alta del segmento C, quello della Golf, per intenderci. Per sfidare proprio i modelli più attraenti, i cosiddetti prodotti “premium”. Con un’arma in più: la motorizzazione ibrida benzina-elettrica, che verrà offerta sulla Civic in Italia già nel corso del prossimo anno». Un atto di fede nei confronti dell’ibrido, insomma. «Si, perché il diesel è vicino alla saturazione e non costituisce la soluzione ecologica per il traffico cittadino». Quali le tempistiche di diffusione dell’ibrido sui prodotti Honda? «Il 2007 sarà un anno molto importante, in questo senso». Jeep Grand Cherokee Look di sempre, meccanica più raffinata e un nuovo diesel 3.0 Ancora tanto yankee ma avanza lo stile europeo rokee, anche sotto questo aspetto ha le carte in regola perché la rivoluzione è stata di quelle epocali per un marchio conservatore come Jeep. Il ponte rigido anteriore, presente fino all’ultima serie, è finito nell’album dei ricordi: le sospensioni indipen- denti e lo sterzo più diretto consentono adesso di affrontare tanto i tornanti di montagna quanto i curvoni delle autostrade con naturalezza, senza combattere troppo col sottosterzo. Perfino la guida in città risulta meno stressante, una volta fatto l’occhio alle dimensioni che sono pur sempre importanti. Bisogna però riconoscere che queste inedite attitudini del telaio sarebbero poco apprezzate se non avessero il supporto di un paio di partner formidabili. Il motore 3.0 Crd, un 6 cilindri tur- Hummer H3 bodiesel common rail che parla con l’accento di Stoccarda, dà le ali ai piedi alla Grand Cherokee, facendo quasi dimenticare che è tutt’altro che un peso piuma. Ma se volete provare emozioni decisamente più forti, anche quando si fa il pieno, la scelta obbligata è il poderoso 4.7 Hemi a benzina: questo 8 cilindri parla invece un perfetto americano e, manco a dirlo, è gettonatissimo in patria. L’altro prezioso partner, la trasmissione, è la più recente evoluzione della Quadra Drive, ovviamente a gestione elettronica, e viene costruita, come del resto l’intera vettura, negli stabilimenti Magna Steyr di Graz. Proprio quelli che da anni collaborano con Mercedes e che sono una referenza nel campo della trazione integrale. Così non sorprende che, anche senza usare il cambio automatico in sequenziale, se ne apprezzi la capacità di scegliere sempre il rapporto giusto e la dolcezza degli innesti. Honda C-RV “RISTRETTO” SECONDO ATTO Anche la più esagerata delle Suv, la Hummer, si presenta in un’edizione un po’ meno estrema: è in arrivo la H3, che si “accontenta” di un cinque cilindri 3500 in luogo del V8 5300 della H2. E la lunghezza scende a 474 cm, contro i 517 dell’originale Seconda giovinezza per la Honda CR-V, sul mercato dal lontano 1995: merito di un consistente restyling e soprattutto dell’arrivo del brillante turbodiesel di 2,2 litri da 140 Cv, il primo motore a gasolio sviluppato in casa dal costruttore giapponese Mercedes Classe M A COSA che colpisce subito, L a bordo della nuova Mercedes ML, è la mancanza della leva del cambio sulla console tra i due sedili. La sua funzione è assolta dalla levetta che spunta dietro il volante, sulla destra, e che con brevissimi movimenti dà gli impulsi elettrici per inserire le marce: che in questo cambio automatico sono ben sette. Ma questa è solo una delle tante novità perché la ML è il primo modello tutto nuovo da quando la sport utility tedesca venne presentata nel 1997, insieme allo stabilimento in Alabama dove sarebbe stata prodotta. Allora, tra i Suv di fascia alta c’era solo la Range Rover e, un gradino più in basso, la Grand Cherokee. Dopo qualche stagione di gloria, l’immagine della ML fu messa un po’ in ombra da rivali più moderne, dallo stile più aggressivo e dalle prestazioni più elevate. Adesso, con la seconda generazione, il recupero sembra compiuto. A cominciare Abitacolo che ricorda un’ammiraglia, cambio a comando elettrico. E persino le ridotte Interni di classe e meccanica hi-tech ecco la tedesca nata in Alabama dall’“occhio”: le linee sono più intriganti, slanciate ma inconfondibilmente Mercedes. L’abitacolo è un sontuoso salotto in cui ci si accorge di essere a bordo di un Suv solo quando si guarda fuori dai finestrini. Finiture e dotazioni sono adeguate alla classe della vettura e il rollio, tipi- ca spina nel fianco delle sport utility, in pratica è scomparso, per merito anche delle sospen- sioni pneumatiche semi-attive che, con vari settaggi, consentono alla Mercedes ML un assetto automobilistico. Alle prestazioni ci pensano i motori che, come tradizione Mercedes, offrono so- lo l’imbarazzo della scelta. Pochi dubbi comunque che, almeno in Italia, il best seller sarà il diesel V6 3.0 a iniezione diretta common rail: tutt’al più l’alternativa si porrà tra la 280 Cdi da 190 Cv e la 320 Cdi da 224 Cv, una appena sotto la soglia dei 50.000 euro, l’altra sopra. Riservati ovviamente a una nicchia i due motori a benzina, un V6 3.5 da 272 Cv e un V8 5.0 da 306 Cv, in attesa di altre unità ancora più potenti. La trasmissione, in ogni caso di tipo integrale permanente, non prevede, al contrario del modello precedente, le ridotte come dotazione standard. Le marce corte sono infatti prerogativa di una versione speciale, denominata Offroad Pro, che comprende un pacchetto di accessori dedicati, dalle sospensioni pneumatiche specifiche alle protezioni per la carrozzeria. Ma chi avrà cuore di portare l’algida Stella a inerpicarsi su una mulattiera o a guadare un fiume? (e. v.) ON aveva certo nascosto le N sue intenzioni, Land Rover, quando al salone di Detroit 2004 presentò il prototipo Range Rover Stormer. Un ardito esercizio di stile che esibiva muscoli e suggeriva vortici di potenza. Poi, come sempre succede con il passaggio alla produzione di serie, la concept car è diventata molto più tranquilla nell’aspetto. E anche più banale nel nome, mutato in Sport. Con la nuova Range Rover Sport, al debutto sui mercati proprio in queste settimane, Land Rover spera di creare grandi problemi alle concorrenti. Perché la risposta alla Porsche Cayenne e alla Bmw X5, almeno per quelle versioni più dotate di cavalli, è appunto la Land più sportiva, potente e veloce mai costruita. Ormai lontana parente della classica Range Rover nata più di 30 anni fa per portare a spasso i lord inglesi nei viottoli delle loro tenute di campagna. Era l’an- Range Rover Sport Linee più snelle e alte prestazioni per l’antesignana delle 4x4 d’alto bordo Nel segno dell’elettronica la regina diventa sportiva tesignana dei Suv, quella. E la Sport è un tipico, forse estremo prodotto dell’evoluzione della specie. Una nuova candidata al ristretto club delle GT 4x4, una categoria che sta conoscendo un successo crescente, dalla quale un marchio specialistico come Land Rover non poteva certo restare assente. Tanto più in quanto appartenente al Premier Automotive Group di Ford, quindi con un’immagine da difendere e una sua missione ben precisa da compiere. La Sport è una Range Rover, la si riconosce a prima vista, ma a un esame più attento non sfuggono il passo più corto — il pianale su cui nasce è quello della Disvovery 3 — e soprattutto gli enormi cerchi da 20 pollici di diametro, più eloquenti del ruggito del motore. L’obiettivo di MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 dare una connotazione sportiva a un modello classico, impresa non facile, sembra comunque raggiunto senza cadute di stile. A bordo si percepisce immediatamente l’attenzione dei progettisti per il pilota, vero dominus della Sport. L’atmosfera è, ovviamente, sportiva, con un design in cui si fondono nostalgia e aperture allo stile hi tech. E di tecnologia, questa volta senza compromessi, ne ritroviamo tanta sotto la pelle tirata dagli spigoli decisi, in contrasto con le rivali che esibiscono vestiti più morbidi. Il motore V8 sovralimentato di origine Jaguar, tanto per cominciare: è il più potente della gamma con i suoi 390 Cv (ma c’è anche un più abbordabile diesel 2.7 Td V6 che di cavalli ne ha quasi la metà e vanta una coppia robusta). Motori di questa caratura, abbinati a un passo abbastanza corto e a specifiche geometrie delle sospensioni, promettono spiccate doti dinamiche, sia in agilità sia in prestazioni pure. Tanto da meritarsi un pingue corredo di elettronica per garantire sicurezza e comfort all’altezza del marchio e, soprattutto, delle rivali. Così, la veloce guida su asfalto, terreno d’elezione della nuova Sport, oltre che sui sistemi di controllo trazione, stabilità e frenata, può contare anche sulle versatili sospensioni Dynamic Response per ottimizzare l’assetto e permettere elevate velocità di percorrenza delle curve. Se poi qualche incorreggibile purista volesse provare il brivido dell’off road, sappia che la Range Rover Sport non si tirerà indietro. Dal suo repertorio tecnico estrarrà quell’altra diavoleria che si chiama Terrain Response, la stessa della nuova Discovery, nota per la sua versatilità. E poi via dalla pazza folla come le antenate, anzi molto meglio, con il comfort frutto di mezzo secolo di progresso. I prezzi sono adeguati al blasone: si parte da 50.000 euro ma con le versioni più potenti e accessoriate si superano tranquillamente gli 80.000. (e. v.) 23 RX400 , l’ibrida con tre motori così Lexus taglia le emissioni NELLA California di Schwarzenegger cominciano a circolare le prime Lexus Rx 400h, ma anche in Europa, dove sono d’attualità le problematiche della compatibilità urbana dei Suv, sta finalmente per debuttare la sport utility del brand di lusso di Toyota. Che, grazie alla propulsione ibrida, garantisce infatti emissioni di anidride carbonica simili a quelle di un’utilitaria. Merito della tecnologia Hybrid Synergy Drive, che combina un motore a scoppio molto efficiente con una coppia di motori elettrici, uno per assale, per assicurare una trazione integrale “intelligente”. I risultati arrivano non soltanto nei consumi, paragonabili a quelli di una due litri, ma anche nelle prestazioni. Chi ha già guidato la Rx 400h è rimasto impressionato soprattutto dall’accelerazione senza strappi tra le marce grazie anche alla trasmissione a variazione continua ma anche, cronometro alla mano, dai tempi di notevole rilievo. Con una carta d’identità tecnologica eccellente, uno stile in bilico tra il raffinato e l’understatement, un abitacolo dove lusso e praticità vanno a braccetto, la Rx 400h si è insomma già guadagnata i galloni di ammiraglia della gamma, della quale dovrebbe anche favorire il rilancio. (e. v.) 24 I MODELLI ● MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Auto OPO tanti racconti e trionD fanti apparizioni nei motor show, la Chrysler 300 C Touring Lusso Respinto l’attacco dei Suv e dei costruttori stranieri le berline d’alto bordo made in Germany continuano a crescere su tutti i mercati. Ecco gli ultimi scenari I MODELLI ● Auto arriva finalmente sul mercato. È un’auto ricca di fascino, le cui linee raccontano lo stile e la potenza con cui l’America dell’auto continua ad immaginarsi unica ed eterna. Grande wagon. Moderna icona di una classe di vetture con cui è cresciuta e ha viaggiato la famiglia americana. Una 300 C Touring che sarà ambasciatrice del messaggio Usa visto che è nata per l’Europa, per sfidare un mercato ricco in cui le familiari, derivate dalle più lussuose berline rappresentano circa il 40% del segmento di appartenenza. Un confronto non facile che la 300 C Touring combatte con la personalità dello stile, con spazi interni da riferimento, con tecnologie e motorizzazioni che hanno poco da invidiare a quelle della vecchia Europa. Con in più un fascino ben più intrigante. Perché se non si è solo maestri dell’apparire e si ha la passione nel sangue, è difficile restare indif- Chrysler 300 C Ambasciatrice del messaggio Usa: super motori e linea muscolosa Tutto il fascino americano ecco la touring più intrigante MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 ferenti al sound profondo che emette un motore Hemi 8V da 5.7 litri. Basta il nome per evocare la potenza delle grandi berline che si sfidano sugli ovali americani. E che dire del design? La 300 C Touring affascina con la linea da wagon sportiva e filante. Una linea muscolosa ma non prepotente, accentuata da un frontale in cui si sposano grinta ed eleganza. Ma l’essenza della vettura va ben oltre il design. Il volume del bagagliaio, ad esempio, parte da 630 litri con 5 persone a bordo per arrivare a 1.602 litri con gli schienali posteriori ribaltati, e con 2,07 metri di pianale a disposizione. E poi si può scegliere tra tre diverse motorizzazioni, e con la trazione posteriore (RWD) o con quella a quattro ruote motrici (AWD). A partire dal 2.7 litri V6 da 193 Cv per passare al 3.5 litri da 249 Cv, fino al leggendario Hemi da 5.7 litri e 340 Cv. Senza dimenticare finiture e allestimenti da far impallidire un’europea. Il lusso in tutte le sue declinazioni. (v. m.) Tedeschi sempre più padroni MASSIMO NASCIMBENE ATTACCO sferrato dalle L’ grandi Suv, che si sono conquistate buona parte del pubblico più attento alle mode, ha colpito soprattutto loro. Ma le berline e le station wagon d’alto bordo non sembrano affatto intenzionate a sparire, anzi, le nuove proposte fioccano in continuazione. Anche se i consensi che riescono a raccogliere mostrano un evidente calo, e se tutti i tentativi sin qui condotti dai costruttori generalisti per andare all’attacco della triade Audi-Bmw-Mercedes non sono riusciti a scalfire in alcun modo l’assoluto predominio delle marche tedesche. Ci hanno provato un po’ tutti, ma con risultati poco confortanti sia per le marche che hanno affrontato la sfida con prodotti originali, come la Renault Vel Satis, sia per quelle che hanno puntato su formule più convenzionali, quali la Lancia Thesis o la Peugeot 607. La stessa Jaguar, che pure di blasone ne ha da vendere, di clienti alle tre superstar tedesche ne ha rubati ben pochi. Quanto ai giapponesi, al di là di qualche tentativo sporadico finora sono rimasti alla finestra. Compresa quella Lexus che pure è nata per accreditarsi quale marca “premium” a tutti gli effetti, ma la cui presenza in Europa, sin qui, non è andata oltre la semplice testimonianza. Peraltro l’impressione è che, anche quando il colosso Toyota si deciderà finalmente a spingere sull’acceleratore, troverà difficoltà ben maggiori di quelle incontrate negli Usa, almeno su un mercato italiano che a contenuti e razionalità sembra continuare a privilegiare il valore del marchio. Piuttosto, le berline tedesche dovranno guardarsi dalle avversarie che si ritroveranno in casa. Non bastassero le Suv, la Mercedes sta lanciando un’intera generazione delle cosiddette Sports Tourer, delle quali la Classe R non rappresenta che il primo passo. Allo stesso modo, la Bmw ha deciso di allargare la sua offerta affiancando alle carrozzerie classiche una formula capace di offrire di più in termini di abitabilità e versatilità. E altrettanto si appresta a fare il gruppo VW. Del resto, un po’ com’è già successo nelle piccole e nelle medie, anche nell’alto di gamma i costruttori stanno mettendo a profitto la possibilità di realizzare più varianti di carrozzeria partendo dalla medesima base tecnica, e modificando non più del 30-40% delle parti. Che significa, in pratica, poter dar vita a tre modelli diversi, nel prezzo e nella formula, spendendo gli stessi soldi richiesti da un singolo progetto interamente nuovo. Ed è dunque inevitabile che, man mano che si amplia il ventaglio dell’offerta, i numeri di quelle che un tempo erano le regine incontrastate dell’alto di gamma siano destinati a diminuire. Lexus Gs Audi A6 avant Numeri e segreti della nuova berlina del marchio di lusso della Toyota Così il marchio, “terzo incomodo” tedesco, si è inserito tra Mercedes e Bmw L’auto che corre sul velluto il silenzio viene dal Giappone La sfida più difficile in nome di stile e tecnologia VALERIO MONACO ORRERE sul velluto. ViagC giare nel silenzio senza percezione della velocità e delle asperità della strada. Ma con l’auto sotto controllo e in piena sicurezza. Sono le prime impressioni al volante della nuova Lexus, sia che abbia sotto il cofano il nuovo, silenzioso e fluido V6 della GS 300, sia l’esuberante V8 della GS 430. La Lexus GS della terza generazione è nuova nello stile, nella meccanica, nella componentistica. Ma contiene, soprattutto, quanto di più avanzato i giapponesi dell’auto sanno offrire in fatto di lusso, prestazioni, piacere di guidare, comfort e sicurezza, attiva e passiva. Tra i salotti del lusso a quattro ruote, insomma, non poteva mancare l’icona del perfezionismo nipponico: una nuova Lexus GS, pensata per competere a testa alta con le ammiraglie tedesche. Shigetoshi Miyoshi, ingegnere capo del progetto Lexus, sostiene che la nuova Lexus GS è un’auto unica capace di offrire un piacere inedito di trovarsi a bordo e al volante. Lo afferma con serenità, e con altrettanta sicurezza. E chi conosce il rigore giapponese sa che affermazioni del genere sono il risultato di un lavoro che non concede spazio all’improvvisazione. Già a guardarla da fuori, parcheggiata in strada, la Lexus GS fa subito sentire l’appeal dell’auto di lusso. Una volta all’interno a stupire è il calore delle essenze, la qualità delle finiture e la morbidezza delle linee che sanno conquistare sia l’amante del classico sia chi predilige il fascino discreto della semplicità. Ma oltre alle finiture è la tecnologia d’avanguardia a fare la differenza. La strumentazione analogica Optitron, ad esempio, regola automaticamente l’intensità dell’illuminazione con il mutare della luce esterna. Al centro della plancia c’è un monitor da 7 pollici per il controllo dello stereo, del climatizzato- re e del navigatore. Sistemi che possono essere comandati anche vocalmente. Il sistema di assistenza al parcheggio mostra l’immagine della strada sul monitor interno e sposta la visuale con il movimento del volante. Tutto è lusso e tecnologia d’avanguardia ma espresso con discrezione e con un linguaggio facile da comprendere. Sotto la carrozzeria, poi, c’è un nuovo telaio, e un elenco infinito di sistemi per rendere la guida più facile e sicura. Tra cui il servosterzo (EPS) a rapporto variabile, la gestione elettronica della stabilità e il controllo attivo dello sterzo, 10 airbag e la sospensione Adattiva Variabile (AVS) che offre velocità in curva e sicurezza. La Lexus GS, infine, ha due motorizzazioni a benzina silenziose e potenti: un nuovo V6 3.0 litri da 249 Cv e un V8 4,3 litri da 283 Cv. Tutto ciò che serve, insomma, per puntare in alto. Citroen C6 Bmw serie 7 Vettura imponente ma raffinata. In uscita a settembre Aggiornamento stilistico. Cambiano cinque motori su sei Ritorno all’ammiraglia senza dimenticare la “CX” “La più discussa” si rinnova dopo quattro anni da record A CITROEN torna all’ammiraglia con la C6, L che si presenta con un corpo vettura imponente, ma al tempo stesso affilato e raffinato, a ONO passati quasi quattro anni, dall’esordio delS la Serie 7. Anni passati a discutere se il nuovo corso stilistico Bmw, di cui proprio l’ammiraglia fu l’an- contornare un abitacolo tutto spazio e comfort. Le linee, sobrie ed eleganti, esprimono lo status della vettura: spiccano il lungo sbalzo anteriore e l’andamento del padiglione, accompagnato dal lunotto posteriore arcuato all’interno. Una sequenza di linee in cui non mancano i richiami alla CX del passato, così come non mancano le particolarità tecniche tipiche delle ammiraglie Citroen: dai fari orientabili introdotti dalla DS alle sospensioni pneumatiche, oggi accompagnate dalla gestione elettronica. Quanto ai motori, dominano i sei cilindri: il turbodiesel 2.7 litri HDI da 208 Cv, con un nuovo filtro per il particolato e il tre litri a benzina da 215 Cv. (v.m.) tesignana, fosse destinato a cogliere nel segno. Un dibattito che ancora continua, anche se le cifre record fatte registrare nel frattempo della Serie 7 (160 mila unità vendute) dovrebbero bastare a mettere tutti d’accordo. L’odierno aggiornamento stilistico, puntuale all’appuntamento con la metà del ciclo di vita del modello, si traduce in alcuni dettagli ingentiliti, che peraltro non intaccano l’immagine della berlinona bavarese. Che nella circostanza provvede anche ad aggiornare il suo corredo tecnico: si rinnovano cinque motori su sei, a partire dai due turbodiesel, a sei e otto cilindri, ormai divenuti l’elemento portante della gamma. (m.n.) DANIELE P. M. PELLEGRINI ON è più il caso di disquisiN re sul valore del marchio Audi e sulla sua collocazione nei piani alti del prestigio automobilistico, certo è che il marchio di Ingolstadt ha saputo inserirsi stabilmente fra Bmw e Mercedes costituendo il “terzo incomodo”. In questa operazione di immagine, le berline di gamma alta, ossia le attuali A6, sono un elemento particolarmente significativo, non nei numeri (ovviamente a favore dei modelli compatti), ma perché rappresentano la quint’essenza della “germanicità” secondo Audi. A6 significa contemporaneamente berlina di prestigio e Avant, ossia station wagon con un particolare mix di lusso e di sportività raffinata. Due modelli identici nella meccanica e molto vicini nell’impostazione stilistica, ma nettamente distinti nell’immagine e nell’ap- proccio della rispettiva clientela. In comune hanno i valori forti della sofisticazione tecnologica, sparsa a piene mani su tutta la gamma, con particolare riguardo ai motori e alle trasmissioni: nel settore dei propulsori a benzina si spazia dai quattro, ai sei, agli otto cilindri, passando dalle 4 e 5 valvole per cilindro alla iniezione diretta; i diesel a 4 e 6 cilindri sono considerati ormai un riferimento e poi c’è il jolly della trazione integrale e la scelta fra diverse soluzioni per i cambi automatici. Il gusto per l’esibizione tecnologica non ha tuttavia contagiato lo stile, che rimane sostanzialmente ragionato, elegante quanto coerente con quello che il pubblico si aspetta da un’Audi di questa categoria. La berlina ha slancio quanto basta a mascherare i quasi 5 metri di lunghezza e la personalità che le deriva dal caratteristico frontale che ha tenuto a battesimo la soluzione “single frame”, poi estesa a tutte le altre gamme di modelli Audi. Se questo “chiacchierato” frontale è l’elemento chiave della berlina, la firma della Avant è invece la linea del padiglione e della parte posteriore; in questo caso con l’aggiunta dell’illuminazione a LED per i gruppi ottici posteriori che crea un effetto grafico molto caratterizzante e tale da attirare irresistibilmente chi cerca una station come questa per distinguersi. Sono proprio queste piccole attenzioni e in generale l’accuratezza costruttiva a costituire i punti forti “non tecnici” della A6 che, da un certo punto di vista, si accompagnano al gusto di una scelta “non allineata” come sarebbe invece quella di una Mercedes o di una Bmw; sul piano pratico invece a guidare la scelta è molto più spesso la consolidata tradizione delle quattro ruote motrici e i potenti diesel fra i quali emerge il V6 3 litri da 225 Cv per le prestazioni assolute e l’analogo propulsore da 180 Cv per la piacevolezza e l’eccellente fluidità di marcia. 25 l’intervista Il doppio petto è la berlina mai fuori moda L MONDO dell’automobile sembra ormai Ideciso a rompere tutti gli schemi, anche quelli più consolidati. Se una volta auto di lusso significava automaticamente un’ammiraglia a tre volumi, oggi le cose vanno ben diversamente. «In effetti oggi il lusso è più che mai un’attitudine mentale», conferma Gian Leonardo Fea, direttore generale di Mercedes Italia. «Un’attitudine che è il riflesso di un mondo in cui regna la libertà di scelta. Se negli anni Ottanta si viveva di status symbol, e nel decennio successivo ha poi prevalso il miFea nimalismo, (Mercedes) ora ci troviamo di fronte a forme di espressione quanto mai variegate, a stili di vita segnati da un’estrema libertà, che sfuggono agli stereotipi, ai canoni consolidati. Sono il riflesso del superamento di tutte le barriere, che è l’elemento dominante del nostro tempo. Di conseguenza lusso, oggi, vuol dire innanzitutto possibilità di scegliere». Per chi fa automobili, questo significa dover offrire molte più alternative. «Significa in primo luogo continuare a offrire vetture di qualità e di stile, ma che al tempo stesso sappiano vantare una forte capacità espressiva. Vetture capaci di superare i concetti tradizionali, come abbiamo fatto noi a suo tempo con la Classe M, che è stata la prima, parecchi anni fa, a ingentilire le 4x4. E come stiamo facendo adesso con modelli come la CLS o la Classe B». Ma allora la grande berlina, tradizionale simbolo dell’eleganza più classica, è destinata a sparire? «Assolutamente no. E’ vero che oggi c’è molta più libertà di porsi anche nel vestire, ma questo non significa che il doppio petto sia fuori moda. E poi, la berlina ha tuttora dei plus ineguagliati, per esempio quanto a doti dinamiche. L’importante è proporre dei modelli forti di nuove valenze espressive». Nell’immagine o nei contenuti? «Che un modello di lusso sia tecnologicamente evoluto, ormai, è dato per scontato. A far la differenza, invece, è lo stile. E per tornare ad affascinare il pubblico, la berlina ha bisogno di un’immagine distintiva, fortemente caratterizzata. Che sappia farsi notare, insomma». (m.n.) I MODELLI ● Auto Serve fascino senza rinunciare alle prestazioni OSTANO tanto, ma si venC dono sempre di più. Sono le sportive, quelle auto molto potenti, abbastanza inaccessibili, mediamente scomode che almeno una volta nella vita di ognuno si sono infilate in un sogno e lo hanno trasmesso a colori. A loro modo, pur con tutti i limiti che i listini impongono, sono le regine del nuovo millennio. Lo dicono i numeri, mica i giornalisti: in Europa, dove i mercati stagnano e in molti casi crollano, la categoria delle sportive alto di gamma segna dal 2000 in avanti un +15% che è uno schiaffo all’euro che ci ha resi tutti più poveri. Vanno a gonfie vele la solita Ferrari, ma anche la Lamborghini, l’Aston Martin, la Bentley, la Porsche e pure le giapponesi Mazda e Nissan grazie alle potenti, nervose e sfacciate RX-8 e 350Z, sigle da codice fiscale ma documenti in regola per chi vuole aggredire la strada senza spendere una fortuna. Due posti secchi e capelli al vento sublimano in particolare questa passione, perché partire è un po’ soffrire ma anche tanto farsi vedere. Tirano le spider, eccome se tirano. Però debbono essere potenti anche se poi vanno guidate a passo d’uomo perché ci si spettina, perché ti viene la cervicale e soprattutto perché è con il gomito fuori che si acchiappa, magari anche solo l’attenzione. Dai centocinquantamila euro in su è tutto un brindisi: Aston Martin +36%, Dodge Viper +118%, Lamborghini +183%, Bmw Serie 6 +1183%, Porsche Carrera Gt +1.477%, Mercedes McLaren SLR +2.075%. Il panorama è quello del Vecchio Continente ma anche in Italia il trend è molto simile. La lingua batte dove il dente vuole (se può) e la tendenza è chiara: queste auto apparentemente improponibili, per l’uso comunque limitato che se ne può fare, piacciono sempre, mentre le auto upper premium, le berline più prestigiose che pur costano carissime ma offrono in proporzione tanto di più, sono in netto trend negativo. Questo perché un’Audi A8, una Bmw serie 7, una Mercedes Classe S o anche una sofisticata Jaguar Xj sono dei veri capolavori ma non fanno sognare. Soprattutto non a colori. (c. c.) MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 portive S CARLO CAVICCHI IVISE da un oceano ma uniD te dallo stesso mercato per eccellenza, cioè quello americano, Ferrari F430 Spider e Corvette C6 Convertibile si affacciano alla bella stagione puntando sul fascino dei loro abitacoli spalancati sul cielo. Da sempre queste due marche, che nel mondo esportano non solo gioielli della meccanica ma anche un modo molto esclusivo di interpretare la sportività, hanno saputo mescolare sui loro modelli più venduti quattro valori: prestazioni eccelse, linee inconfondibili, successi nelle competizioni e le immancabili versioni senza tetto. La tradizione Ferrari d’altronde è una garanzia: se con le coupé si rafforza l’immagine, con le spider si fanno i numeri. Più di metà della produzione globale del Cavallino sarà bottino incontrastato della F430 con il tettuccio in tela, non certo il modello più costoso della casa, ma di sicuro il più amato come lo sono state in precedenza le versioni analoghe dei modelli oggi già fuori produzione. E la Corvette? Nata mezzo secolo fa proprio come vettura scoperta si è chiusa e riaperta continuamente fino a questa versione che è la sesta in ordine di tempo e che, assieme alla prima, è probabilmente la più bella nella felice combinazione tra il muso forte e deciso e la coda troncata di netto. Già, perché queste sportive a metà (nel senso che manca loro il soffitto) non sono soltanto piene di fascino e di vento, ma sono proprio ben riu- CORVETTE C6 CONVERTIBILE F430 spider e C6 Convertibile: divise dall’oceano,unite dallo stesso mercato Supercar a cielo aperto Sfida Ferrari-Corvette scite, persino esageratamente belle come le definiscono i cultori del genere. Sul loro aspetto finale gli stilisti hanno cercato di dare il meglio, mescolando con molta maestria i colpi ad effetto a una tecnologia sofisticatissima per l’apertura e la chiusura della capote, soprattutto risolvendo l’alloggiamento in spazi ristret- tissimi che non tolgono nulla al volume del bagagliaio (nel caso dell’americana) oppure alla sistemazione del motore (nel caso di quella italiana). Soluzioni ge- 27 Da sempre queste due marche esportano nel mondo non solo gioielli di meccanica ma anche un modo esclusivo di interpretare la sportività niali e molto meno semplici di quanto potrebbe sembrare a lavoro finito, e che sulla Ferrari si sposano allo spettacolare finestrone trasparente che nel posteriore mette in vetrina il prodigioso otto cilindri da 490 Cv che è il vero orgoglio dei modenesi. Poi, va detto, i tettucci in tela così understatement sono proprio azzeccati perché hanno quell’aria di emergenza che è tipica delle supercar più esclusive. Non ci passa un filo d’aria, non ci entra un filo di pioggia però sembrano appoggiati lì per caso, un po’ come i foulard annodati al collo delle dive di Hollywood. Belle di fuori, la Ferrari e la Corvette si rivelano dentro i due mostri che ti aspetti. Lì, dove l’anima non bara, alloggiano due otto cilindri di ultima generazione che sono il meglio delle scuole di pensiero motoristico mano a mano evolute di qua e di là del mare. Un 4000 in alluminio capace di ruggiti mozzafiato quello realizzato a Maranello, un sei litri Small Block quello a stelle e strisce, separati sì da 100 Cv di potenza a vantaggio dell’italiano ma pur sempre capaci di prestazioni esagerate. In più, sulla Ferrari c’è la spettacolarità del manettino sul volante che fa tanto F.1 e permette al guidatore di scegliere l’assetto preferito (e anche il grado di difficoltà della guida se ama complicarsi la vita…) mentre sulla Corvette ci sono le sospensioni “Magnetic Selective Ride Control” che rilevano le condizioni del manto stradale e regolano di conseguenza gli ammortizzatori. Sofisticazioni che incidono sul prezzo finale (attorno ai 175.000 euro la F430 Spider, circa 64.000 la C6 Convertibile) ma che non spaventano i loro estimatori che sono storicamente disposti a tutto pur di poterle sfoggiare sulle spiagge che contano. FERRARI F430 SPIDER 28 I MODELLI ● MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Auto Bmw M6 Oltre 500 cavalli e 5000 di cilindrata: numeri e segreti del bolide SPORTIVE l’intervista Altro che tedesca quanta emilianità in questa Lambo E DA un lato l’acquisiS zione da parte dell’Audi ha risolto le vicissitudini proprietarie della Lamborghini e dato certezza al suo futuro, dall’altro non ha chiuso l’altro motivo di discussione fra i “puristi” sull’italianità dell’azienda e dei suoi prodotti. Una querelle del tutto accademica, ma che a Sant’Agata ha quasi il sapore di un’offesa e sulla quale vale la pena di sentire l’opinione del presidente Stephan Winkelmann che, a dispetto delle origini, si esprime perfettamente nella nostra lingua. «Abbiamo sintetizzato i valori del marchio Lamborghini con le espressioni: estremo, senza Winkelmann compromessi, (Lamborghini) italiano. Proprio perché l’italianità, e in particolare “l’emilianità”, è e rimane una caratteristica fondamentale. Il capitale e l’organizzazione societaria sono solo degli strumenti, mentre a tutti noi preme pensare e produrre automobili esattamente come la gente si aspetta dalla Lamborghini. Per tutti i nostri clienti Sant’Agata rappresenta e continuerà a rappresentare il punto di riferimento: lo confermano l’arricchimento del Museo e la creazione della boutique dedicata agli accessori e alla personalizzazione». Quindi la parentela con Audi non influisce su alcuna scelta tecnica o di contenuti? «Il contributo di Ingolstadt è essenzialmente rappresentato dai 350 milioni di euro che sono stati investiti in questa azienda; c’è poi ovviamente un vantaggio tecnico, perché ci consente di avere accesso a tecnologie e a sistemi che non sono alla portata di una piccola struttura. In cambio, Lamborghini per il gruppo è un centro d’eccellenza del design e della sportività ai massimi livelli. Per dirla in numeri: in una Gallardo il contenuto di origine Audi rappresenta il 20% del totale e questo contributo va a beneficio della qualità e dell’affidabilità della vettura, che è già diventata la Lamborghini più prodotta di tutti i tempi». (d. p. m. p.) VALERIO MONACO NA sportiva ad altissime prestazioni che di più non si può. Così è la nuova M6 Coupé di casa Bmw. Un’auto con prestazioni da atleta, ma anche una lussuosa coupé con cui passeggiare in città, andare al lavoro, accompagnare i bambini a scuola. Ancora una volta, dopo le berline M3 e M5, Bmw ha messo a punto una super sportiva in grado di rispettare i più avanzati standard di sicurezza e ambientali. Con gli spazi interni del modello di serie. Ma che per prestazioni e resa su strada ha davvero ben poche concorrenti. Merito di un’operazione di alta chirurgia, sulla meccanica e sull’elettronica. La M6, ad esempio, è la prima auto di serie ad avere il tetto in carbonio. Nel reparto trasmissione, domina il cambio sequenziale SMG a 7 velocità (avete capito bene, sette marce), rapido e preciso come quello di un’auto da competizione. Con il sistema Drivelogic, si può scegliere la velocità di “cambiata”, passando per 11 possibilità di regolazione. E poi, con i sistemi di controllo DSC (Dina- U I due volti della coupé che vuol sfidare la Porsche mic Stability Control) e EDC (Electronic Damper Control) si può scegliere l’assetto preferito: dal massimo livello di stabilità, fino all’emozione dello slittamento controllato. Basta un pulsante, infine, per “imprigionare” la potenza facendola scendere da oltre 500 a circa 400 Cv. E la super coupé Bmw si trasforma: da rabbiosa supercar diventa auto di lusso. Come la berlina M5, la Bmw M6 Coupé nasce intorno al motore 10 cilindri a V (la stessa architettura di una Formula Uno attuale) che con circa cinque litri di cilin- drata (4.999 cc), eroga 507 Cv di potenza e gira a 8.250 giri, contro i circa 7000 di una normale sportiva. Ma anche con una coppia di 520 Nm. Un tiro da diesel, insomma. E senza l’aiuto di turbocompressori o simili. Il motore della M6 è un gioiello che consente di marciare in città a 40 chilometri orari, nel silenzio più ovattato e con il comfort di una berlina di serie. Ma bastano un paio di re- golazioni sulle pulsantiere, per trasformare la coupé Bmw in una supercar, capace di accelerare da zero a 100 Km/h in 4,6 secondi. Di impiegarne 14, per andare da zero a 200 Km/h. E di raggiungere, in un battere di palpebre, la velocità massima di 250 Km/h. Limitati elettronicamente, è ovvio. Perché senza limitatore, la M6 potrebbe superare agevolmente la soglia dei 330 km/h. La Bmw M6 sa impressionare il pilota più navigato. Ha una potenza inesauribile. Le accelerazioni e l’intensità dei freni sono brutali. La ripresa dalle basse velocità lascia senza parole, come la capacità di restare sempre incollata all’asfalto. Anche se il controllo perfetto si paga con un comfort un po’ rigido. A velocità limite, la M6 digerisce dossi, buche e imperfezioni del fondo senza scomporsi. Ancora un gioiello dell’ingegneria Bmw, dunque, in vendita a 114.050 euro chiavi in mano. Neanche una follia, tutto sommato, per una tecnologia da navicella spaziale. MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 DANIELE P. M. PELLEGRINI NCHE se nessuno oserà A mai definirle world car, non si può negare che le sportive autentiche, e fra queste in primo piano le classiche spider, sono auto che si fanno amare in tutte le parti del mondo indipendentemente dalle tradizioni e dalla cultura locale. Il gusto della guida all’aria aperta e delle prestazioni brillanti, oltre ad essere vecchio come l’automobile, non conosce confini se non quelli della passione e sembra inossidabile alle mode e ai mutamenti delle altre tipologie di vettura; lo sanno bene quei costruttori che sono stati capaci di coltivare la sportività classica su scala globale creando automobili conosciute in tutto il mondo e che, quindi, riescono a raggiungere discreti volumi di vendita. Proprio questa situazione ha permesso alla Nissan di mettere in cantiere e sviluppare un’ulteriore generazione di sportive Z, sapendo di poter contare su una solida immagine presso una clientela appassionata quanto selettiva, disposta ad accogliere favorevolmente un’auto in linea con le tradizioni e le aspettative, an- Capote in tela e trazione posteriore per la scoperta giapponese Com’è bello il classico nel segno della Zeta che in termini di prezzo di vendita, come la 350Z Roadster. L’importante era tenere fede allo stile della spider classica, con la tradizionale capote in tela, grintosa ed elegante, ma anche proporre standard prestazionali da supercar di razza ottenibili soltanto con un’impostazione tecnica molto sofisticata. Per questo motivo la Roadster non è nata come derivazione della coupé, ma è stata progettata contestualmente in modo da non dover patire di nessun compromesso rispetto alla versione con carrozzeria chiusa. Lo si avverte molto bene dalle caratteristiche dello sterzo e dall’assenza di vibrazioni della struttura anche nelle condizio- ni di guida più esasperata e questa particolarità, molto apprezzata dai puristi della guida veloce, ha la sua rilevanza anche dal punto di vista del comfort e della silenziosità. La dote fondamentale della 350Z Roadster è proprio quella di abbinare con pari efficacia l’attitudine essenzialmente sportiva con quella più tran- quilla della spider da passeggio, da godere senza fretta e con il cuore e la mente in vacanza. In entrambi i casi, pennellando le curve in pista con il volante fra i denti o passeggiando pigramente sul lungomare, il generosissimo 6 cilindri 3500 è un puntuale interprete dello spirito di chi guida, esprimendo l’esuberanza dei 280 Cv (accelerazione da 0 a 100 km/h in 6,4 secondi) o la fluidità che gli deriva dalle sue origini di motore da berlina di lusso; il tutto da sfruttare “all’europea”, attraverso il cambio manuale a 6 marce o “all’americana”, con la trasmissione automatica a 5 rapporti. La 350Z Roadster ha una linea elegante, soprattutto quando è aperta ma il look dell’abitacolo è dominato più dal rigore che dalla ricchezza; la sola concessione al superfluo è, come nella coupé, la possibilità di scegliere fra due livelli di equipaggiamento, con quello superiore che si distingue essenzialmente per i sedili in pelle. Per tutte invece la capote (blu o nera) ha il comando elettrico automatico di apertura e chiusura. 29 Mazda ci prova anche in Cina in arrivo la supercoupè RX-8 LA MAZDA punta a crescere sul mercato cinese, dove già produce la Mazda6 e dove conta di esportare, nei prossimi mesi, la sportiva Rx8 e, più avanti, una sw e lo sport utility Tribute. La casa giapponese, che sta realizzando nel paese insieme alla Ford (da cui è controllata) una fabbrica di motori, nei primi tre mesi del 2005 ha venduto in Cina 30.000 auto (più 22%) ma l’obiettivo, molto più ambizioso, è di realizzare otto nuovi modelli in loco portando le vendite a quota 300.000. Subito premiata la Birdcage nata per i 75 anni di Pininfarina IL PROTOTIPO Birdcage 75th di Pininfarina, presentato in anteprima al salone di Ginevra, è stato inserito nella classifica della rivista Forbes tra le 10 “coolest concept cars” del 2005. Il prototipo, che nasce anche per festeggiare il settantacinquesimo compleanno dell’azienda, ha già ricevuto il premio “Best Concept” dalla rivista americana Autoweek ed è stato realizzato su meccanica Maserati. La Birdcage 75th è un concept stradale estremo, basato sul telaio da corsa della Maserati MC12. La scocca è in carbonio. Il motore è un 12 cilindri di 6.0 litri, in grado di erogare 700 Cv. Chrysler Crossfire INIZIA IL TERZO ATTO FUORI I MUSCOLI E’ annunciato per fine anno l’arrivo della terza generazione della Mazda MX-5. La roadster più venduta di tutti i tempi si ripresenta con un abitacolo più spazioso, ma la formula resta quella di sempre, rivolta al piacere della guida L’originale coupé Crossfire ha deciso di sfoderare tutti i muscoli. Adesso è offerta anche con i 334 cavalli della SRT-6: una bella differenza rispetto ai 218 delle versioni per così dire tranquille. Tocca i 255 orari e raggiunge i 100 in 5” Porsche 911 Cabrio pello e diventa cabriolet. Una super sportiva di classe, che nasce per soddisfare gli appassionati d’oltre oceano, da sempre particolarmente sensibili al fascino dell’auto scoperta. Nel caso della 997, sigla che caratterizza l’ultima versione 911 Carrera, il delicato intervento per l’eliminazione del tetto è stato eseguito dai tecnici Porsche con la particolare perizia tecnica che, nel tempo, è divenuta l’orgoglio di marca. Anche nella versione cabrio, dunque, la Carrera mantiene le qualità sportive e la capacità di regalare emozioni che fanno parte del DNA Porsche. Mai come nell’ultima 997, poi, la cabriolet della casa tedesca sa mantenere intatte le eccellenti doti di guidabilità della versione coupé. Di solito, la maggiore rigidità del corpo vettura con la carrozzeria chiusa è il fattore che, più di ogni altro, consente l’eccellenza nelle prestazioni su strada. Basta osservare di lato, invece, un’auto scoperta con gli sportelli aperti, per accorgersi che a unire muso e coda resta il solo pavimento. Nell’ultima 911 I MODELLI ● Nissan 350 Z Roadster Mazda Mx-5 OME vuole la tradizione, C anche l’ultima delle Porsche 911 Carrera si toglie il cap- Auto Due motori e tanta elettronica per continuare una leggenda che dura da 40 anni Ma da Stoccarda la regina rilancia ecco la scoperta che dà i brividi Carrera a cielo aperto, però, i tecnici della Porsche hanno messo a punto una vettura con i fiocchi, in grado di divertire anche l’automobilista più esigente. Superata la barriera tecnica, rimane la delizia di una del- le più affascinati cabriolet super sportive presenti sul mercato. L’ultimo modello, tra l’altro, ha migliorato la già ot- tima qualità e velocità di manovra della capote (20 secondi). Delle due versioni disponibili, l’allestimento standard ha il classico motore boxer di 3.6 litri da 325 Cv, e raggiunge la velocità massima di 285 km/h, mentre la “S” adotta il propulsore di cilindrata incrementata a 3.8 litri da 355 Cv, e supera i 293 km/h. Il passaggio in accelerazione da 0 a 100 km/h si risolve, rispettivamente, in 5,2 e 4,9 secondi. Entrambe le cabrio dispongono del controllo della Stabilità (PSM). Nella versione S, poi, c’è di serie il sistema di controllo attivo delle sospensioni PASM, che permette di variare la rigidità dell’assetto in funzione delle condizioni di impiego. Più che completa la dotazione di sicurezza, che fa perno sul sistema Side Impact Protection (POSIP), con tanto di airbag laterali inseriti nei pannelli porta. E non manca il roll bar ad attivazione rapida, in caso di ribaltamento. La 911 cabrio offre tutte le consuete sensazioni positive che si provano al volante delle vetture di Zuffenhausen. Decisivo il salto di qualità che distingue la versione S, mentre un netto miglioramento, arriva dal cambio manuale, più rapido e preciso che in passato. Senza contare che, a fronte di tanti progressi tecnici, i prezzi delle nuove cabrio sono rimasti vicini a quelli del passato. E parlano, rispettivamente, di 73.951 euro per la 911 e di 82.551 per la S. (v. m.) Auto MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 ● Il Salone di Barcellona Rimarrà aperta fino a domenica 15 maggio la 33a edizione della rassegna spagnola Seat la regina assoluta con l’anteprima dell’ultima vettura disegnata da de’ Silva MASSIMO NASCIMBENE TRETTO com’è nella morsa di S ferro fra la principale rassegna di primavera, Ginevra, e quella “Auto emocion” in scena tutti gli occhi sulla Leon d’autunno a Francoforte, il salone dell’auto di Barcellona non può certo esibire numeri altisonanti: inutile attendersi le novità a decine che puntualmente si registrano in Svizzera, e ancor meno appuntamenti che permettano di leggere stato di salute e strategie future dei big dell’auto europea. Eppure, non è solo lo status di salone internazionale dell’auto che gli è riconosciuto, né la salutare alternanza con la rassegna che si tiene a Madrid negli anni pari, a permettere all’esposizione che va in scena sulla collina del Montjuich di non fare la fine che ha fatto ToLE PRESENZE LE MARCHE LA SUPERFICIE Nell’ultima Sono 40 le Gli stand di rino, anzi: graedizione, quella marche costruttori di zie anche all’adel 2003, oltre un automobilistiche auto e accessori stuto abbinamilione di che espongono i coprono un’area mento tempopersone ha propri prodotti espositiva di rale con il Gran visitato il salone alla rassegna 250mila metri Premio di Cataallestito nel catalana quadrati. lunya di Formuparco del Numerosi gli la Uno, BarcelMontjuich spazi all’aperto lona è in crescita sia quanto a visitatori sia nelle presenze dei costruttori, che arrivano ormai a coprire l’intero panorama continentale. Del resto, la frizzante Spagna un salone dell’auto se lo merita tutto, anche se i numeri del suo mercato restano ben distanti da quelli dei big three europei, e se la sua industria automobilistica non va oltre la monomarca, la Seat. Questo se ci si limita a considerare la nazionalità dei prodotti, perché per quanto riguarda la produzioFRA DINAMISMO E FUNZIONALITÀ ne, la penisola Pur conservando la classica architettura iberica è notoa cinque porte, la nuova Seat Leon riamente una si annuncia forte di un’immagine delle terre più caratterizzata in chiave sportiva frequentate d’Europa. E la Casa di Martorell conserva l’apprezzabile anni fa dalla Ibiza, e continuato potenzialità, da questo punto di abitudine di onorare l’appuntapoi attraverso Altea e Toledo. Civista: un po’ per la taglia, che a dimento con la rassegna domestica clo che aveva il compito di conspetto del sensibile incremento riservandole un’anteprima: quecretizzare la trasformazione della della lunghezza (13 centimetri in st’anno tocca alla Leon, che a GiSeat in marca sportiva del gruppo più che in passato, per un totale di nevra si è concessa solo in parte, VW, come dichiarato a suo tempo 431) resta quella della berlina celata sotto le vesti di una concept da Ferdinand Piech, prima di lacompatta, un po’ perché già nella proprio per lasciare alla manifesciare il vertice del colosso tedeserie precedente non erano manstazione catalana il privilegio delsco. E a ben guardare, la Leon è il l’esordio. modello che vanta le maggiori Arriva, la Leon, a chiudere il ciclo di nuovi prodotti aperto tre I numeri dell’Expò 1 milione 40 250mila 9 IL BIGLIETTO E’ di 9 euro il prezzo del biglietto di ingresso al salone: sale a 12 nei giorni festivi 33 LE EDIZIONI Per la capitale catalana, che si alterna con Madrid, è la 33° esposizione automobilistica internazionale Seat Leon Ford Mondeo LOOK PIÙ ATTUALE A più di quattro anni dal debutto la Ford rinfresca la Mondeo: cambiano calandra, paraurti e gruppi ottici, si arricchiscono le dotazioni interne e soprattutto la pattuglia dei motori turbodiesel. Che presenta al vertice un quattro cilindri di 2,2 litri, con potenza massima di 155 Cv e coppia superiore ai 40 kgm. Si allarga anche l’offerta, con la versione Titanium che, da edizione limitata, si trasforma nell’allestimento di punta 31 cate le versioni particolarmente “cattive”. Quello che mancava, casomai, era un’immagine all’altezza delle circostanze, lacuna che il disegno sfoderato da Walter de’ Silva provvede opportunamente a colmare: il tema resta quello classico della berlina a due volumi, ma proporzioni e trattamento estetico vi aggiungono una buona dose di dinamismo. E senza rinunciare a qualche citazione di carattere “personale”, che magari per qualcuno suonerà come una provocazione: come le maniglie delle porte posteriori trasferite sul montante, soluzione che lo stesso de’ Silva aveva a suo tempo escogitato per l’Alfa 156, e poi trapiantato sulla 147. Al di là dei dettagli, l’immagine della Leon appare finalmente carica di quel briciolo di auto emocion che la Seat da tempo rivendica alla propria produzione. E quanto ai contenuti tecnici, può naturalmente spendere il patrimonio messo a disposizione dall’ossatura della Golf5, a partire dalla sospensione posteriore a bracci multipli e, per quanto riguarda i motori, dal due litri a benzina a iniezione diretta (150 Cv) e dal turbodiesel da 140 Cv di analoga cilindrata, entrambi abbinati a un cambio a sei rapporti. Per le versioni d’attacco sono invece disponibili il 1600 benzina da 102 Cv e il 1900 turbodiesel da 105 Cv. Completano il quadro l’impianto frenante a quattro dischi, la dotazione di sicurezza interna imperniata sugli ormai irrinunciabili sei airbag, e l’offerta di quattro allestimenti, due dei quali, manco a dirlo, di chiara intonazione sportiva. Leon a parte, la rassegna di Barcellona torna anche utile per una prima occhiata agli aggiornamenti di stagione. Che riguardano per esempio la Ford Mondeo, rivista tanto nell’immagine quanto nel corredo tecnico, con l’introduzione del quattro cilindri turbodiesel di 2,2 litri da 155 Cv: un motore che nella circostanza fa la sua prima apparizione anche sotto il nobile cofano della Jaguar X Type. Una piccola prima infine riguarda un’altra delle marche che possono definirsi “catalane d’adozione”, la Nissan, che nell’occasione porta al debutto la nuova generazione del pick-up Navara, nella versione a cabina singola. Un veicolo strettamente imparentato con la Suv Pathfinder: nella meccanica come nella produzione che, per l’una come per l’altra, avviene a pochi chilometri di distanza dal parco fieristico del Montjuich. 32 MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Auto ● L’inchiesta Nella nazione senza costruttori nazionali Auto MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 ● l’intervista dove si produce più del doppio che in Italia Le idee, i progetti e le sentenze di Walter de’ Silva, creatore delle auto più belle degli ultimi anni “È qui il vero centro del design tradizione e mercato globale” OPO il Salone di ShanD gai e alla vigilia di quello di Barcellona, Walter de’ Silva, responsabile e coordinatore dei Centri stile Audi, Seat e Lamborghini, ha fatto tappa al suo studio di Monaco per la messa a punto della presentazione della nuova Seat Leon. E ha voglia di parlare, tanto per cambiare, di automobili: delle “sue”, ma anche di quelle che si vedono e si vedranno in giro per il mondo. Cominciamo dalla nuova Leon: adesso il rinnovamento stilistico della Seat è completo? «Dopo l’Altea e la Toledo, la Leon porta a compimento un ciclo importante. La considero l’espressione più sportiva della gamma Seat, la più direttamente ispirata al prototipo Salsa, che nel DANIELE P. M. PELLEGRINI ER molti anni si è discusso se P la “colonizzazione” industriale debba essere considerata un pericolo o un’opportunità, un danno per la forza dell’industria nazionale o piuttosto una fortuna per l’occupazione e l’economia. Da questo punto di vista il “caso Spagna” rappresenta un esempio, un laboratorio molto interessante per stabilire quali sono gli elementi che hanno stimolato in questo Paese la presenza massiccia dell’industria motoristica. La realtà ci mostra oggi una Spagna che è fra i maggiori produttori mondiali, indipendentemente dai numeri del mercato interno, e dove operano quasi tutti i protagonisti dell’industria automobilistica, con una varietà di presenze che non ha paragoni nel resto del mondo; tanto da rappresentare, accanto al turismo, l’altra gamba dell’economia iberica. Non solo vacanze, quindi, ma anche automobili; tante e di tutti i tipi, compresa una marca “nazionale” come la Seat, che gli spagnoli continuano a considerare tale a dispetto della proprietà Volkswagen e del management in buona parte tedesco. Pragmatismo o un particolare senso dell’accoglienza? Alla base c’è uno storico amore tutto mediterraneo per i motori, ma anche una altrettanto storica convinzione politica che l’automobile è L’auto globale abita in Spagna come “sfruttare” l’industria straniera un business importante per il Paese, da qualsiasi parte venga. Poco importa se nell’arco del secolo scorso, in coincidenza con eventi drammatici come i due conflitti mondiali e la stessa guerra civile, su questo tema si sono scontrati e succeduti atteggiamenti oscillanti fra l’apertura e l’isolazionismo, la liberalizzazione selvaggia e le velleità autarchi- I tentativi falliti di creare gruppi nazionali fin dagli anni Trenta e Quaranta sarebbero all’origine della grande disponibilità nei confronti dei costruttori esteri CITROEN C4 che. Quel che conta è che, sempre e comunque, in Spagna l’automobile è rimasta un tema alla ribalta, che ha visto coinvolti capitali e industrie straniere fin da epoche remote: la Ford Motor Iberica (dagli anni Venti), la General Motors Peninsular o la Fiat Hispania. Si può forse dire che gli spagnoli si sono abituati da tempo a vedere altre industrie agire sul loro territorio e, sicuramente, hanno anche imparato qualcosa dai sistematici fallimenti dei tentativi di far nascere un’industria autenticamente e esclusivamente nazionale o “nazionalizzata”. Basta citare i casi Siat (Sociedad Iberica de Automoviles de Turismo) alla fine degli anni Trenta o la Eucort negli anni Quaranta: la prima destinata alla produzione di piccole vetture in collaborazione con Fiat e la seconda pensata per riprendere progetti della tedesca Dkw, entrambi senza successo. In pratica proprio la consapevolezza di non riuscire a combinare autonomamente qualcosa di buono sarebbe all’origine di un atteggiamento più disponibile il caso Conquista sempre di più la berlina tradizionale. Anche se piccola Gusti e tendenze meno europei piace il modello “a tre volumi” DISPETTO della sostanziale integrazione con l’industria A automobilistica europea e della sua importanza dal punto di vista della produzione, il mercato spagnolo non è del tutto omologato al resto del continente per quel che riguarda la tipologia di vetture preferite dalla clientela locale. Infatti la Spagna ha una particolarità che la distingue nettamente dal resto d’Europa e che riguarda la predilezione per le “tre volumi”. Si tratta di una preferenza storica, che non è venuta meno nemmeno quando in tutti gli altri Paesi occidentali le “due volumi” hanno decisamente preso il sopravvento, e neppure la progressiva diffusione delle station wagon ha ottenuto il risultato di distrarre la clientela locale dalla berlina tradizionale. La passione per le macchine “con il baule” anche nei segmenti inferiori, si è dimostrata così resistente che in molti casi i costruttori più coinvolti, con in primo piano quelli presenti da più tempo nel Paese, hanno adattato la produzione locale alle richieste del mercato, spesso approfittando del fatto che si tratta di una tendenza analoga (forse non a caso) a quella tradizionale nei paesi del Sud America. In molti casi si è trattato di carrozzerie modificate rispetto al design originario a due volumi, che magari non aveva neppure previsto la soluzione a tre volumi, e questo ha comportato un risultato estetico non sempre impeccabile. Basti pensare alla modifica in questo senso di vetture come la Renault R5 e la Clio, oppure la Opel Corsa. Peraltro accolte senza difficoltà dal mercato iberico, a conferma che si tratta di una scelta dettata da motivazioni culturali ed essenzialmente pratiche. (d. p. m. p.) verso gli stranieri, e più attento e preparato a sfruttarne la presenza: per esempio imponendo già dagli anni Trenta un elevato contenuto locale attraverso l’utilizzo di fornitori e componenti di origine spagnola. Il tutto ha comunque prodotto un ambiente favorevole all’intervento di costruttori esteri (e fra questi anche la Fiat, per la nascita della Seat) quando Molto apprezzate da chi ha installato fabbriche e attività in Spagna la vivacità socio economica del paese, la disciplina e le infrastrutture efficienti presenti sul territorio 33 si è trattato di raccogliere i cocci, alla fine degli anni Quaranta, e lo ha mantenuto anche quando, in epoca relativamente recente, è venuto meno il vantaggio del costo del lavoro inferiore a quello del resto dell’Europa industrializzata. A sentire i diretti interessati, le ragioni dell’attuale forte presenza di impianti produttivi in Spagna sono legate solo marginalmente all’eredità storica: gli elementi di base più apprezzati sono invece la vivacità socio-economica, la disciplina, la presenza di infrastrutture efficienti, e soprattutto la possibilità di organizzare il lavoro contando su una flessibilità maggiore che in altri Paesi. Vale per tutti l’esempio dell’accordo raggiunto dal Gruppo VW per la Seat, che prevede la possibilità di adeguare la produzione ai cali di richiesta del mercato (riducendo proporzionalmente le giornate di lavoro) senza modificare il salario, ma con la possibilità di recuperare i giorni non lavorati quando se ne presenti la necessità. La lettura che si può dare oggi del caso-Spagna porta quindi a considerare superata la distinzione fra Paesi produttori e Paesi non produttori, così come, alla luce della globalizzazione, si è andato sminuendo il concetto stesso di produttore nazionale, che una volta era considerato il primo indice della forza dell’industria, automobilistica e non. RENAULT SCENIC I MODELLI Dopo Altea e Toledo la Leon chiude un ciclo: la sua formula coupé a cinque porte troverà spazio in un segmento affollato grazie alla diversità I LUOGHI DALL’ALFA ALLA SEAT Walter de’Silva, responsabile del centro stile Audi, Seat e Lamborghini. A Barcellona presenta la “sua” Seat Leon Barcellona sul piano sociale ed economico è un fenomeno che non ha confronti col resto dell’Europa Si avvicina Berlino Peccato per Torino... 2000 aveva anticipato il nuovo stile di marca. E siamo tutti convinti che la sua formula “coupé a 5 porte” possa trovare spazio in un settore che è difficile perché affollato. Proprio per questo la ricerca stilistica è andata verso un prodotto diverso dagli altri». La Leon viene presentata in casa, a Barcellona, e la Spagna è diventata una realtà importante in campo automobilistico: quali sono le ragioni della sua esplosione? «Credo che una parte sia legata all’accelerazione che ha avuto la Spagna, e la zona di Barcellona in particolare, sul piano sociale ed economico, un fenomeno che non ha confronti con quanto accade in altri Paesi. Una crescita del genere si sente in termini di architettura, di design, di arte, ma anche in pratica, nell’urbanistica o nell’industria: quando hai la possibilità di vivere in un mondo effervescente, dove ogni giorni si aprono 20 ristoranti e negozi, dove nascono continuamente nuove idee, iniziative, marchi, anche tu sei sollecitato in termini creativi. La gente ha un’attitudine più istintiva a fare le cose, a essere ottimista, a cercare di risolvere i problemi. E’ più aperta al confronto, rispetto a chi vive in una situazione statica. Si parla anche del clima e della spiaggia, ma non c’entrano: a Berlino non c’è il mare eppure oggi si percepisce lo stesso feeling, anche lì sembra di essere a Barcellona». Barcellona, Berlino... e le capitali storiche dell’auto come Torino? «Torino... C’è una situazione congiunturale che dipende dalla crisi generale del mercato dell’auto e in particolare dalla crisi della Fiat: tutte cose che alla mattina, quando ti svegli e vai in ufficio, finiscono per essere un bagaglio che ti porti dentro. Torino è stata all’avanguardia nel design dell’auto, grazie all’esistenza di un’azienda trainante; quando l’effetto locomotiva è venuto meno, anche il resto ha rallentato». Oggi esistono tante capitali del design: che importanza ha per un costruttore avere centri stile sparsi in vari continenti? «E’ fondamentale: il design è sempre di più l’incontro di varie discipline, come la cultura generale del progetto, la storia del marchio, e diventa l’espressione finale di una filosofia aziendale. E lavorando in un mercato globale, abbiamo bisogno di stare in contatto con differenti culture. Così, nel nostro gruppo abbiamo in Italia designer italiani che lavorano in Lamborghini, in Spagna spagnoli che lavorano alla Seat e in Germania tedeschi che lavorano in Audi: tutti cercano di assorbire la maggior quantità di informazioni da trasferire nei prodotti, che devono mantenere la “domesticità” del luogo di origine, ma nello stesso tempo giocare sul mercato globale». A Shangai si è vista l’automobile cinese, a Barcellona vedremo quella europea: e l’automobile globale? «L’idea della “world car” è morta e sepolta: non si potranno mai superare i confini delle tradizioni e delle culture locali, sono nel DNA delle singole persone. Un conto è operare delle sinergie, ma non si può prescindere dalle caratterizzazioni locali». (d. p. m. p.) Auto I blocchi del traffico e la nuova normativa non frenano lo smog Dossier Cos’è Euro 4 ? Particelle piccolissime e pericolose emesse da qualunque tipo di combustione presenti in maggiore quantità nel caso di motori diesel Monossido di carbonio E’ un gas velenoso e mortale se inalato direttamente. Viene emesso da combustibili contenenti carbonio. In maggiore quantità nei “benzina” Anidride carbonica Principale gas serra. Emesso in quantità proporzionale al consumo di combustibile. Un’auto ne produce in media circa 2 tonnellate ogni anno LEONARDO COEN U NELLA prima settimana di F febbraio che sui quotidiani e durante i telegiornali la locuzio- E’ la soluzione definitiva? No, perchè comunque inquina. E sono quasi pronte le future norme Euro 5, la cui entrata in vigore è attesa per il 2010. La rincorsa continuerà finchè non ci sarà per davvero sul mercato l’auto con zero emissioni Inquina la metà rispetto a un’auto Euro 3 e circa un terzo rispetto ad una Euro 1. Anche dieci volte meno rispetto ad auto acquistate prima del 1993, quando non esistevano ancora le norme anti-inquinamento Euro 4 ne Euro 4 — assai nota tra gli addetti ai lavori del mondo automobilistico — uscì dal ghetto linguistico degli specialisti per imporsi definitivamente nell’immaginario collettivo, associandosi ai problemi della circolazione, alle grandi battaglie contro l’inquinamento e ai sempre più vigorosi blocchi del traffico. L’auto dotata di dispositivi Euro 4 «rispondenti alle direttive comunitarie entrate in vigore lo scorso luglio» avrebbe avuto via libera nelle giornate dei blocchi, questo capì o credette di capire la gente. E tuttavia, Euro 4 continuava a restare una sigla misteriosa. Di che si trattaOCCHIO ALLA LETTERA Per avere la certezza che va veramente? un’auto sia omologata secondo Avremmo dola normativa Euro 4 bisogna vuto rottamare districarsi nel nugolo di sigle che le nostre vecfigurano sulla carta di chie quattrocircolazione. E verificare che la ruote? Era un sigla che compare alla riga trucco delle carelativa alle norme sulle se automobiliemissioni termini con la lettera stiche per far B. La stessa sigla (che può fronte alla crisi? essere per esempio UE 98/69 Oppure un rioppure 2003/76 CE) medio ecologiseguita dalla lettera A sta invece camente india indicare l’omologazione in spensabile? base alle norme Euro 3. Incombeva, l’Euro 4, sulle teste degli automobilisti già ipertartassati la bibbia mensile delanche da fermi. Un tormentone. l’automobilista giunta E tanti dilemmi. Dove vai se l’Euormai al suo cinquantero 4 non ce l’hai? Quanto ci sasimo anno d’età aveva adeguato rebbe costato? Perché non è posla popolare “guida al mercato” sibile convertire i nostri disposisegnando con quadratini i motivi ecologici in Euro 4? Improvvidelli equipaggiati di Euro 4 e coi samente quanto virtuosamente triangolini quelli provvisti di Eusi cominciava a parlare di aria puro 3. Dei 2800 modelli e delle loro lita e di scappamenti con filtri aninnumerevoli versioni presenti tiparticolati (traduco: i filtri che nei listini del mercato, meno deltrattengono la polvere emessa la metà poteva e può vantare quel dal gasolio polverizzato quando prezioso quadratino. brucia). Scoprimmo che persino Spiammo la tendenza delle vendite: nel 2003 già 477.808 italiani avevano comprato auto Euro 4, dimostrando buon fiuto. Una quota del 21,26 per cento. faceva Milano. E Roma non si allineava alla capitale lombarda Sono passati tre mesi. Le bizze del clima hanno cambiato ben poco. L’aria delle nostre città è rimasta mefitica nonostante i motori Euro 4 siano in aumento: si addossa la colpa alle altre auto, al loro uso sfrenato. Si penalizza gli automobilisti, caricandoli di colpe esagerate, spremendoli come limoni: dimenticando che i problemi della mobilità non si risolvono coi divieti, ma con le infrastrutture ed il potenziamento dei trasporti pubblici. Invece i quattrini di multe, tasse e bolli spariscono chissà dove. Anzi, sappiamo dove. Si sventola il vessillo dell’Euro 4 in attesa del futuro Euro 5, illudendoci che in questo modo si risolva l’avvelenamento ambientale. Dicono che ci stiamo «responsabilizAGGIORNAMENTO IN CORSO Per le auto nuove, la questione zando». Ci pisi esaurirà nel giro di qualche gliano in giro. mese. Come è noto, le norme Una cosa è Euro 4 diventano obbligatorie certa. Di nuovo, per le auto immatricolate da uno spettro gennaio 2006, ma è prevedibile s’aggira per che già da settembre la l’Europa. Un maggioranza dei modelli sarà modo di dire faaggiornata nell’omologazione. miliare, vero? I costruttori possono peraltro Beh, stavolta il chiedere alla UE delle proroghe, famoso incipit ma limitate allo smaltimento di del Manifesto alcuni modelli. Non è dunque di Carlo Marx escluso che delle vetture Euro 3 non c’entra siano in vendita anche nel 2006. nulla. Ma lo spettro esiste. E’ l’incubo di tutti gli automobilisti che ta vertiginosa. Ma poi sono non hanno comprato auto a moarrivati i dubbi. Davvero Euro 4 tore Euro 4. E’ la normativa che sarebbe stato il passepartout per obbliga i costruttori di automoaggirare il blocco del traffico? bili a fabbricare vetture con moNon tutti i Comuni, infatti, hantori ad emissioni inquinanti dino adottato le stesse ordinanze. A mezzate, rispetto ai modelli preTorino il sindaco, per esempio, cedenti: nel 2006 tutte le auto non prevedeva la circolazione nuove dovranno essere Euro 4. E’ delle vetture omologate Euro 4, il lento, inesorabile avvicinarsi mentre lasciava tale privilegio verso il giorno della tolleranza solo ed esclusivamente alle auto zero, quando cioè i blocchi sacon dispositivo Fap (in dotazioranno totali e pure l’Euro 4 smetne ad una marca francese.). Il che terà di illuderci. suscitava l’indignazione dei torinesi: la nostra città è o non è la capitale dell’auto italiana? Perché favorire i concorrenti stranieri? Quel che decideva Torino, non lo Incubo o salvezza? Italia ancora divisa Uno su cinque. Nel 2004 le Euro 4 vendute furono 718.065 (il 31,73 per cento). Percentuale che è salita oltre il 43 per cento nei primi due mesi del 2005. In meno di due anni, più del doppio. Una cresci- GUIDA AL MERCATO Di 2800 modelli e versioni varie presenti sul mercato solo la metà è Euro 4 35 I limiti imposti diventano il tormentone dell’anno Con tanti dubbi per il futuro Quanto inquina ? L’auto Euro 4 non è molto diversa dalle altre. Ma rispetta i limiti di inquinamento imposti dalle attuali norme europee. Limiti già in vigore per omologare nuovi modelli e che saranno obbligatori dal primo gennaio 2006 Polveri sottili MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 ● Zolfo Contenuto nella benzina e gasolio causa la produzione degli ossidi di zolfo, che diventano dannosi per la salute, nel corso della combustione Idrocarburi La presenza nei gas di scarico è dovuta alla loro non completa combustione nel motore. Gli idrocarburi incombusti sono dannosi per l’uomo Filtro anti particolato Attuale tecnologia per la riduzione delle polveri sottili dai gas di scarico. imprigionate in un filtro e bruciate nella marmitta 36 MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Quanto inquina ? Il motore a benzina produce nella combustione sostanze chimiche dannose per l’uomo e l’ambiente. Il livello di inquinamento è quello delle norme di omologazione (Euro 3 ed Euro 4) grazie a controllo elettronico del motore, marmitta con catalizzatore e qualità del combustibile Vantaggi o svantaggi ? Il motore a benzina è il più semplice e il meno costoso al momento dell’acquisto, anche dopo le recenti evoluzioni elettroniche. La benzina però è il combustibile più caro e i consumi, colpevole l’appesantimento e la maggiore complessità delle auto, non sono scesi significativamente nell’ultimo decennio Quanto inquina ? La riduzione di emissioni inquinanti delle auto a gas in generale rispetto a quelle a benzina è dell’ordine del 20 – 40% per il Gpl e del 50 – 60% per il metano. Con le maggiori riduzioni proprio negli inquinanti più critici, come monossido di carbonio e polveri sottili Vantaggi o svantaggi ? Il Gpl è ben distribuito e si trova in quasi tutte le regioni. Ma non è un combustibile risolutivo, in quanto legato alla raffinazione del petrolio ed alla stessa produzioni di benzina e diesel. Il metano ha ancora problemi di disponibilità in varie regioni ma è decisamente il combustibile più pulito Quanto consuma ? Il consumo di combustibile dipende fortemente dalla tipologia e dall’utilizzo dell’auto. Secondo i dati più recenti, ogni auto europea consuma in media otto litri ogni cento chilometri di percorrenza, che portano ad un consumo per unità di mille litri di benzina l’anno Le auto a benzina sono di gran lunga le più diffuse sul mercato mondiale. Negli Stati Uniti e in Giappone, come anche nei mercati emergenti del pianeta, le auto sono pressochè totalmente a benzina. La tecnologia è semplice e poco costosa, comfort e affidabilità sono molto elevate Dossier Euro 4 L’unico grande mercato mondiale per le auto diesel è l’Europa. Ed europee sono tutte le principali tecnologie che hanno fatto della macchina a gasolio un mezzo potente ed affidabile. Quindi sono enormi gli interessi in gioco per le case europee ogni volta che si “tocca”il diesel Quali prospettive ? L FUTURO è online. Non basta vendere auto nuove che inquiInino il meno possibile, la sfida è mantenerle rispettose dell’ambiente nell’uso di tutti i giorni. E la risposta sta per arrivare direttamente dalle case: le vetture di domani, infatti, saranno in grado di dialogare con l’esterno e, tra le altre possibilità, la comunicazione permetterà anche di verificare a distanza, in un dialogo con il centro assistenza, tutti i parametri di funzionamento. Non si accenderà più soltanto una spia rossa sul cruscotto, ma arriverà a bordo anche la voce gentile di un’operatrice, in grado di spiegare cosa si sta guastando e dove ci si può fermare per la riparazione. Lo stesso avverrà per i livelli di emissione di sostanze inquinanti. Già oggi a bordo delle auto c’è un sistema, detto Eobd (European on board diagnostic) che fa acquisire ad una centralina le informazioni relative alla qualità Il livello di inquinamento all’acquisto dipende dalla norma di omologazione (Euro 3 o Euro 4) ed è limitato da controllo elettronico, sistema postcombustione e qualità del combustibile. Con il filtro antiparticolato emette già oggi molte meno polveri di quanto previsto dalla norma Euro 4 Quanto inquina ? Il rendimento del motore è minore nel caso di funzionamento a gas rispetto al funzionamento a benzina se si parla in termini rigorosamente energetici. Ma quello che cambia è il costo e la disponibilità di combustibile. Quindi il consumo in “chilometri per euro” risulta vantaggioso La diffusione di auto a Gpl e metano sembra destinata ad aumentare, anche se i numeri – specialmente per il metano – sono ancora ininfluenti sul totale. Una differenza la potrà fare l’adozione del metano come combustibile per i bus urbani, con notevoli miglioramenti per l’ambiente Quanto inquina ? Uno dei vantaggi storici è il minor prezzo del gasolio rispetto alla benzina, differenza che però tende sempre più a livellarsi. Gli svantaggi riguardano il maggior prezzo d’acquisto, dovuto al più alto costo di produzione del motore, e sono in arrivo anche ulteriori costi per i sistemi antiinquinamento. Quanto consuma ? Quali prospettive ? Auto Vantaggi o svantaggi ? La prossima tappa tecnologica è rappresentata dall’iniezione diretta, dal funzionamento “parziale” di solo alcuni dei cilindri del motore in certe condizioni di marcia e dalla combustione magra. Questo sia per limitare il consumo che le emissioni, entrambi migliorabili del 5 – 10% FABIO ORECCHINI DUE RUOTE Per le moto, la scaletta delle norme sulle emissioni viaggia con qualche anno di ritardo, rispetto a quella delle auto. La prima direttiva, Euro 1, è stata introdotta soltanto nel ’99, e attualmente sono in vigore le norme Euro 2 che riguardano i motocicli immatricolati dal 2003 in poi. Come per le auto, la prossima scadenza è in calendario per l’anno venturo. Quando, con l’arrivo della normativa Euro 3, le emissioni delle due ruote dovranno essere dimezzate Auto ● La tecnologia dei “due motori al posto di uno” può essere declinata secondo molte modalità che risultano diverse anche come livello di emissioni, oltre che, naturalmente, di prestazioni. La limitazione delle emissioni ottenibile è comunque molto elevata e arriva al livello dell’auto a metano L’auto a gas è praticamente uguale a quella a benzina, tanto che può essere resa a doppia alimentazione anche da installatori privati e dopo l’acquisto. Il Gpl è un derivato del petrolio esattamente come benzina e gasolio. Il metano è invece un combustibile completamente diverso IL PARCO CIRCOLANTE Le auto ibride hanno un sistema, con uno o più motori elettrici e delle batterie, che collabora” con il motore a combustione interna (benzina, diesel o, in alcuni casi, a gas). Grazie alla soluzione tecnologica più raffinata, utilizzano meglio il combustibile rispetto alle auto convenzionali La lunga battaglia antismog nel 2010 “zero emissioni” della combustione e al funzionamento del catalizzatore o del filtro anti-particolato, che permettono di valutare con grande esattezza quanto si sta inquinando attimo per attimo. Nel prossimo passaggio i dati verranno spediti alla centrale operativa ad intervalli regolari, in modo da avere una vera e propria “certificazione” a distanza sulla qualità delle emissioni dell’auto. E in caso di cattivo funzionamento e di inquinanti fuori norma, la centrale farà fermare “ai box” l’automobilista. Il controllo in diretta e a di- stanza dei dati è molto più vicino di quanto non lo si possa immaginare ed è già tra i servizi possibili con sistemi come il Connected Drive della Bmw. Il passaggio mancante è la presa di responsabilità da parte dell’assistenza esterna rispetto alla qualità ed alla quantità delle emissioni dell’auto monitorata. Questo passaggio prevede norme ad hoc, che sarebbero quanto mai opportune. Il legislatore, preso atto della tecnologia, deve pretendere che venga usata anche per la salute di tutti, oltre che per i servizi (a pagamento) rivolti al sin- golo. Certo, di passi avanti ne sono stati fatti tanti. Un’auto venduta oggi inquina venti volte meno di una sua progenitrice degli anni Ottanta quando era nuova. Dal cosiddetto livello Euro zero in poi, non solo sono arrivate delle norme a tutela della salute generale, ma soprattutto è arrivata la coscienza che l’auto, inquinando, rischia di autodistruggersi. Il primo passaggio importante è stato il varo delle norme Euro 1 nel 1993, con le quali è stato fissato un limite per le emissioni di sostanze inquinanti consentite per un’auto nuova. Allora è arrivata a bordo la marmitta catalitica ed è anche iniziata l’evoluzione dei combustibili, rimasti fino ad allora sempre uguali a se stessi. La forza per un passo in avanti così deciso è stata messa in campo dalla Commissione Europea, alla quale da Bruxelles è delegata la responsabilità di varare regole comuni a tutti i paesi dell’Unione. Un ulteriore grande passo avanti è datato 2000, con l’applicazione del livello Euro 3, e del successivo Euro 4. Con Euro 3 ed Euro 4 il catalizzatore è diventato un oggetto Vantaggi o svantaggi ? Lo svantaggio più noto è la maggiore complessità e costo del sistema con due o più motori invece che uno soltanto. Il vantaggio più evidente è un’evoluzione tecnologica che permette risultati significativi immediati e, soprattutto, sviluppi possibili che arrivano fino alle emissioni zero controllato elettronicamente e deve essere efficiente, nella sua opera di abbattimento degli inquinanti, prima per 80.000, poi per 100.000 chilometri. Per i diesel è iniziata una vera e propria rincorsa, alimentata finanziariamente dal parallelo successo di mercato. Nonostante questo, sono ancora molti i modelli a gasolio non Euro 4, che da gennaio 2006 non potranno più essere immatricolati in Europa. Per le future norme Euro 5 è grande battaglia, perché mentre tutti dicono di voler arrivare al livello zero di emissioni ed indicano la strada dell’idrogeno per raggiungere la meta, per l’anno 2010 — data presunta di entrata in vigore delle nuove norme — difendono strenuamente ogni decimale di possibile abbattimento degli inquinanti. Purtroppo non tutti sono orientati a rispondere con nuove tecnologie all’evidenza: chi riuscirà per primo a fare l’auto più pulita, a costi di mercato, vincerà. MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 ● Quanto consuma ? Il consumo limitato è uno dei punti forti dei motori diesel. Il principio stesso di funzionamento rende l’auto a gasolio meno assetata di quella a benzina, anche se le sempre maggiori potenze e prestazioni offerte dai modelli di punta riducono notevolmente questo vantaggio nominale Quali prospettive ? L’iniezione diretta ad alta pressione con sistemi common rail ha fatto dei motori diesel dei piccoli gioielli tecnologici, brillanti e semplici allo stesso tempo. Per ridurre le emissioni inquinanti, però, le soluzioni fin qui proposte aggiungono complessità e costi al sistema Quanto consuma ? Le auto ibride sul mercato raggiungono riduzioni dei consumi che vanno dal 10 al 30%, in funzione sia della potenza della parte elettrica del sistema, sia dell’uso che se ne fa, con prevalenza di percorsi urbani o extra-urbani. Con i maggiori vantaggi ottenibili proprio nel primo caso Quali prospettive ? In Usa e Giappone, si sta diffondendo velocemente. In Europa c’è chi mette in concorrenza i vantaggi dell’ibrido in termini di consumo con le già buone prestazioni dei motori diesel. Dietro c’è una vera e propria guerra industriale che però non pare destinata a poterne frenare lo sviluppo I MEZZI PESANTI Il progressivo inasprirsi dei limiti sulle emissioni riguarda anche i veicoli commerciali e industriali. Che però possono contare su qualche anno di “tolleranza” in più: in pratica, soltanto nel 2008 i loro motori dovranno rispettare vincoli comparabili a quelli già applicati alle autovetture a uso privato. Oltre a limiti più severi per gli inquinanti, ogni nuovo step delle norme europee comporta anche cicli di prova più completi, che meglio replicano l’impiego quotidiano dei veicoli Euro Euro Euro Euro Euro 1 2 3 4 5 1993 E’ la prima normativa emessa per la limitazione delle emissioni inquinanti delle auto vendute in Europa. Naturalmente, porta cambiamenti epocali per l’auto e per i combustibili, con l’arrivo della benzina verde e della marmitta catalitica 1997 Si tratta di un’evoluzione delle norme Euro 1 del 1993 che riduce i limiti per tutti i principali inquinanti ma senza imporre cambiamenti tecnologici alle auto. Inizia, però, la differenziazione tra vetture a benzina e quelle a gasolio 2000 La norma europea impone con i suoi nuovi limiti di emissione la riprogettazione del catalizzatore ed il suo avvicinamento all’uscita dei fumi dal motore. Gli standard stabiliti dalla legge vengono raggiunti con un largo anticipo da tutti i costruttori 2005-2006 I limiti alle emissioni inquinanti rimangono diversi per auto benzina e diesel. Il rispetto della norma è impegnativo soprattutto per le vetture a gasolio. Pochi costruttori hanno listini completamente Euro 4 per i diesel 37 2010 Ancora in discussione la possibilità di rendere uniformi i limiti per modelli a benzina e diesel. La sfida per le auto a benzina è la riduzione del monossido di carbonio, per quelle a gasolio, invece, gli ossidi di azoto e il particolato L’analisi del parco circolante. Nel 2004 meno del 10 per cento le auto omologate Euro 4 o alimentate a Gpl e metano Otto milioni di vetture non catalizzate CI VOGLIONO decenni, prima che le disposizioni relative alle caratteristiche dei nuovi motori si trasformino in realtà per il parco di veicoli in circolazione. Come si vede dal grafico, infatti, a ben 12 anni di distanza dall’introduzione del catalizzatore allo scarico per le vetture di nuova immatricolazione (norme Euro 1, 1993) quasi un’auto su quattro fra quelle in circolazione ne è ancora sprovvista. E’ vero che fra le vecchie auto molte sono utilizzate di rado, e spesso solo nelle zone rurali, mentre fra le vetture effettivamente circolanti nelle grandi città le “non kat” arrivano sì e no al 10% del totale. Ma è anche vero che i tempi di trasformazione del circolante sono comunque biblici: basti pensare che ci sono voluti 10 anni per far superare la quota del 50% alle vetture a norme Euro 2 e successive, e solo grazie a frequenti campagne di in- EURO 4 SOTTO IL 5% La suddivisione del circolante italiano in base alla omologazione sulle emissioni centivazione alla rottamazione delle auto sostituite. La fotografia del parco circolante (i dati si riferiscono a fine 2004) ci dice anche che sono meno del 10% le vetture omologate Euro 4 o alimentate a Gpl o metano, quelle che permettono di evitare i blocchi del traffico nelle città dove le amministrazioni locali si sono rivelate più elastiche. Anche se, per inciso, non è detto che lo siano altrettanto in futuro: in altri termini, è difficile pensare che le Euro 4 beneficeranno ancora di un trattamento di riguardo quando (presumibilmente fra tre-quattro anni) avranno raggiunto all’incirca il 30% delle vetture in circolazione. Meglio sperare che, nel frattempo, qualcuno sia riuscito a trovare la formula magica capace di far sparire le polveri sottili che, blocchi o non blocchi, continuano ad aleggiare sopra il cielo delle nostre città. Auto Nei primi tre mesi 2005 scelta dal 45% degli italiani MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 ● Dossier Euro 4 La strategia i modelli e le alternative l’intervista\1 l’intervista\2 Attenti alle truffe l’Euro 3 non si modifica La vera svolta il filtro antiparticolato L FILTRO anti-particoIdiffuso lato per auto diesel più al mondo si chia- FABIO ORECCHINI APPLICAZIONE di L’ norme europee ha portato i progettisti a sviluppare moltissimo i sistemi di controllo e abbattimento delle emissioni delle auto nell’ultimo decennio. Guido Rossignoli, responsabile relazioni istituzionali ed ambiente di Fiat Auto, segue per il gruppo l’evoluzione delle normative e lo sviluppo delle tecnologie necessarie a rispettarle. Com’è cambiata l’auto per effetto delle norme europee? «È cambiata moltissimo. Soprattutto all’arrivo delle norme Euro 1 nel 1993, con la marmitta catalitica. E all’arrivo delle Euro 3 nel 2001, che ha portato l’obbligatorietà del sistema elettronico di bordo Eobd per il controllo della qualità della combustione e dell’abbattimento delle emissioni, e ha imposto una garanzia per il catalizzatore di 80.000 chilometri». E adesso, con le Euro 4? «L’auto Euro 4 ha un catalizzatore più sofisticato e che deve durare perlomeno 100.000 chilometri. E ha migliori strategie di controllo elettronico delle emissioni, soprattutto a freddo. Il grosso delle emissioni, infatti, è concentrato nei primi minuti di funzionamento dell’auto. Da Euro 3 è previsto che dopo 100 secondi di funzionamento, circa 500 metri di percorrenza, il sistema arrivi alla temperatura di attivazione». Ma quali sono le differenze tra un’auto Euro 3 ed una Euro 4? «Le differenze sono nella centralina di controllo dell’iniezione e nel catalizzatore, posizionato molto più vicino rispetto all’uscita dei gas dal cilindro, per lavorare più velocemente a temperatura superiore». Un’auto Euro 3 può diventare Euro 4 con un intervento in officina? «Decisamente no. L’auto deve essere omologata come Euro 4 fin dall’inizio. Se anche si realizzassero degli interventi tecnici, mancherebbe l’omologazione». E ci sono consigli pratici per chi guida un’Euro 4? «Assoluto divieto di accensione a spinta. Se l’auto non parte, meglio chiamare l’assistenza. Spingendo si rischia di pompare benzina nella marmitta e poi bruciarla lì, rovinando completamente il catalizzatore e facendo centinaia di euro di danni». 39 Il “boom” dell’auto pulita così è cambiato il mercato TOMMASO TOMMASI URO 4, una sigla entrata di E prepotenza nella testa degli automobilisti non perché rappresenti il nuovo traguardo dei motori “puliti” ed ecologicamente rispettosi dell’ambiente, ma perché solo con le macchine dotate di motori Euro 4 durante i mesi invernali in alcuni comuni era possibile muoversi liberamente, nei giorni di divieto alla circolazione. Il risultato di questa sorta di grande campagna pubblicitaria gratuita lo ritroviamo nelle cifre del mercato dei primi tre mesi del 2005: secondo i dati forniti dall’Unrae (l’organizzazione dei costruttori esteri) delle 645.395 vetture immatricolate fra gennaio e marzo, 291.905 disponevano di motori Euro4. In percentuale, si tratta del 45,6%. Un’accelerazione notevole, passata attraverso il 42,7% di gennaio, il 44,2% di febbraio e il 49,3% di marzo, benché condizionata dalla mancanza di prodotto di alcune case, i cui concessionari hanno i piazzali pieni di vetture Euro3, oggi non proprio gradite da un cliente che si è fatto più scaltro (“compro Euro3, ma solo se mi fate un maxisconto”) e più attento alle esigenze legate alla libertà di circolazione. L’ulteriore conferma della crescita di vendite delle motorizzazioni più “pulite” viene dai dati riguardanti le immatricolazioni registrate nel primo trimestre dell’anno in alcune grandi città. Unica perplessità il fatto che a Roma, do- ve solo le Euro 4 avevano la libera uscita nei giorni di blocco della circolazione, la quota di vendita di queste motorizzazioni supera di pochissimo il 43%: un valore sostanzialmente equivalente a quello di Milano, dove invece le Euro 4 non godevano di alcun beneficio. Il vero “boom”, però, si è registrato a Bologna e a Firenze, dove la metà del mercato è stato già superato, con punte vicine al 60% se prendiamo in esame il solo mese di marzo. Inutile dire che ormai il processo è iniziato, e a questo punto non c’è che da registrare la costante crescita, mano a mano che si avvicina il 31 dicembre, ultima data utile (salvo deroghe) il suv CR-V, primo diesel al traguardo A VOLTE succede davvero che gli ultimi diventino i primi. Rimasta per anni ai margini del mercato dei Suv causa assenza di motori diesel, adesso la Honda CRV non solo beneficia delle grandi qualità dinamiche del quattro cilindri 2200 da 140 cv. Ma al momento è la sola 4x4 disponibile con un motore a gasolio già in linea con le norme Euro 4. Per il semplice motivo che il propulsore giapponese, fresco di progettazione, è stato pensato anche in funzione di quei limiti alle emissioni che molti suoi concorrenti stanno ancora inseguendo. E che si sono rivelati non proprio facilissimi da rispettare: soprattutto per i veicoli di peso elevato come i Suv, che necessitano di accelerazioni più violente per rispettare tempi e velocità previste dai cicli di verifica delle emissioni. HONDA CR-V DIESEL per la vendita di vetture Euro 3. Peraltro va sottolineato che, con la bella stagione, il problema dell’inquinamento atmosferico è divenuto meno assillante, grazie anche allo spegnimento degli impianti di riscaldamento domestico. Nel frattempo però, da un punto di vista puramente commerciale, il mercato dell’auto sta cambiando. Le case che dispongono di motorizzazioni Euro 4 possono contare su un argomento promozionale in più. D’altronde, sul fronte delle statistiche di vendita, aprile non dovrebbe riservare sorprese, poiché una buona parte delle auto Euro4 ordinate nel corso del mese di marzo s0no state immatricolate solo durante il mese successivo. Come strumento di marketing, le Euro 4 hanno acquisito un ruolo ben preciso, essendo considerate un argomento premiante nella lotta senza quartiere per conquistare il cliente. Ne stanno facendo largo uso alcune case costruttrici che possono offrire alla propria clientela numerosi modelli dotati dei motori più attuali. E’ il caso della Opel, che con l’Astra è al 99,9% delle vendite nei primi tre mesi, della Volkswagen, che con la Golf è all’87,3%, della Toyota che con la Yaris è all’80,1%, della Lancia che con la Ypsilon è al 68,7%. Esaminando il quadro delle sole marche cosiddette generaliste, quelle presenti in quasi tutti i segmenti di mercato, svetta la Opel con un solido 99,1%, seguita a distanza da Toyota e Volkswagen, appaiate al 68,5%. ma “Fap” ed è quello del gruppo Psa Peugeot Citroen. Il sistema è arrivato sulle auto di serie dei due marchi a partire dal 2000 e ha fatto la fortuna dei modelli delle due case anche da un punto di vista commerciale. Gerard Bedot è il capo ingegnere del gruppo per tutto quello che riguarda i combustibili, i processi di combustione ed i processi di trattamento dei gas di scarico. Chi è il papà del Fap? «Jean Martin Folz, il nostro presidente. È lui che ha voluto a tutti i costi che arrivasse velocemente sulle auto di serie». E da un punto di vista tecnico? «Lo sviluppo è opera di un team di circa settanta persone, tra ricercatori, chimici e ingegneri». Da quando ci lavorate? «Lo sviluppo risale agli anni Settanta, anche se i passi più importanti dal punto di vista concettuale sono stati fatti negli anni Ottanta e la vera svolta è arrivata nel 1998, con il sistema common rail. L’iniezione common rail ci ha permesso di controllare la temperatura e la composizione dei gas di scarico, quindi di rendere efficace e duraturo il filtro». Ma come funzione il filtro anti particolato Fap? «Il funzionamento avviene in due fasi completamente distinte, l’intrappolamento e la combustione delle polveri. Il filtro ceramico trattiene nei suoi minuscoli cunicoli il 99% delle particelle emesse dal motore. Quando però il filtro è pieno, il sistema procede in modo automatico a realizzare una vera e propria combustione all’interno della marmitta, che elimina le polveri accumulate e le trasforma in sostanze gassose». E come avviene la combustione? «Nel filtro viene iniettato un additivo chimico, contenuto in un piccolo serbatoio e sufficiente per oltre duecentomila chilometri. Grazie a questo additivo avviene la combustione e il filtro viene rigenerato». Questo però non è l’unico sistema presente sul mercato. «Altre case utilizzano sistemi senza additivo, ma secondo noi quei sistemi non garantiscono la stessa efficacia del nostro in tutte le situazioni di marcia». (f. o.) DUE RUOTE ● Auto Alla presentazione della Breva Colaninno annuncia il piano per far ripartire un marchio glorioso MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 41 Dal rinnovamento della fabbrica di Mandello “inadeguata alle sfide del mercato globale” ai nuovi modelli Breva LA NOVITÀ PIÙ ATTESA La Guzzi Breva V 1100 è l’ultima nata della casa di Mandello del Lario. È una naked modellata intorno al motore bicilindrico a V di 86 Cv. La moto è in vendita a 11.590 euro 1921 LA FONDAZIONE Il 15 marzo 1921 viene fondata a Mandello del Lario da Carlo Guzzi e Giorgio Parodi la “Società Anonima Moto Guzzi” 1935 LA VITTORIA PIÙ BELLA Moto Guzzi entra nel mito: 250 e 500 bicilindrica vincono il Tourist Trophy la corsa più prestigiosa del mondo 1950 GALLETTO E FALCONE Nascono due miti: il Galletto 160 (primo scooter a ruote alte della storia) e l’indimenticabile Falcone 500 1971 LEONARDO COEN ARRIVA LA V7 SPORT MILANO — Quando hanno presentato la bella V1100 Breva, ultima nata della Guzzi, scegliendo non a caso la Triennale di Milano (ossia il tempio del design tricolore) c’erano tanti giornalisti stranieri e questo non meravigliava più di tanto visto che la Guzzi, quanto a fascino e mito, è seconda al mondo solo alla Harley Davidson. Però, in prima fila, spiccava anche il ministro della Giustizia Roberto Castelli, e all’inizio non si capiva perché fosse intervenuto: era lì per motivi istituzionali, in sostituzione del ministro competente? Per amicizia di Roberto Colaninno, il gran padrone del gruppo Piaggio, sospettato di voler cedere la gloriosa azienda di Mandello del Lario ai dragoni cinesi? O erano solo meschine ragioni elettorali quelle che lo avevano portato ad omaggiare la Gran Turismo “naked” dal tribolato passato (due anni fa il prototipo fu bocciato al Salone di Milano dagli appassionati perché troppo goffo e massiccio)? E se invece Castelli fosse semplicemente un fanatico della “rossa”? Mentre Colaninno liquidava con un paio di battute la questione cinese («mi sembra una favola alla Cappuccetto Rosso: ho investito tanti soldi non per andarmene via domani mattina perché viene Pasqualino Maragià, ma perché il nostro è un progetto industriale serio»), il ministro faceva giustizia di ogni illazione: «Sono guzzista, è vero. E sono di Mandello. Ho lavorato trent’anni come ingegnere alla Guzzi e il V7 è stato il primo motore sul quale ho trafficato. Non nascondo che le sorti di quest’azienda mi sono molto care: per noi lecchesi, Mandello del Lario è la Maranello del- È l’anno della V7 Sport che rilancia la moto sportiva italiana. In Usa ci sono le versioni Special, California e Ambassador 2000 LA PROPRIETÀ PASSA AD APRILIA Beggio (Aprilia) acquista la Moto Guzzi Vengono prodotte il V11 Sport Rosso Mandello, la Breva 750 e il concept Griso 2005 IL NUOVO CORSO PIAGGIO Da dicembre 2004 la Guzzi è nelle mani del gruppo Piaggio. A marzo di quest’anno debutta la Breva 1100 Guzzi, adesso o mai più “Ecco il nostro progetto” le due ruote. E’ un marchio glorioso. C’è un’aquila. Facciamola volare», chiosava infine e si capiva che era pure un messaggio diretto ai vertici della Piaggio, perché non smontassero il mito per traslocarlo altrove, o magari per svenderlo con qualche ardita triangolazione finanziaria al nemico d’Oriente. «So benissimo che la Guzzi viene considerata in qualche modo l’università della moto. Proprio per questo l’abbiamo acquisita», cercava Colaninno di tranquillizzare gli scettici, «però devo pur dire che la fabbrica in cui viene prodotta è invecchiata, inadeguata alle sfide del mercato globale», continuava poi impietosamente, «noi investiremo un sacco di quattrini nella Guzzi, 25 milioni di euro per i prossimi quattro anni, ossia il 10 per cento del fatturato, ma lì dentro così come è ora, le cose non sono quelle che vogliamo. Bisogna cambiare, modernizzare, rendere la produzione competitiva e concorrenziale. Il nostro è il quar- to gruppo al mondo, per quel che riguarda la produzione motociclistica, il primo in Europa. Dobbiamo e possiamo evitare quello che è successo all’auto italiana. Dobbiamo perciò proporre modelli concorrenziali ed unici, progettati nelle nostre università, nei nostri laboratori di ricerca (la Piaggio ne ha sei, ndr.)». Un conto è la fabbrica museo di Mandello, un altro è produrre moto per guadagnare quote di mercato e portare denaro nelle casse v u o t e , profondamente vuote come quelle della Guzzi. Ristrutturare? O delocalizzare, per dirla con un orribile neologismo industriale? La paura tra i 260 dipendenti serpeggia da tempo, le autorità provinciali sono allarmate, vorrebbero che la Guzzi restasse in zona. I sindacati sono perplessi: la Piaggio, accusano, ha già comprato la Gilera, altro marchio storico delle due ruote italiane, senza rilanciarlo. I terreni su cui si trova lo stabilimento di Mandello valgono un fracco, dovesse chiudere la Guzzi, raccontano in paese, «ci sarebbe già il piano per edificare un quartiere di villette e un centro commerciale». La diceria è un tormentone che innervosisce da mesi i dirigenti della Piaggio: «Preferiamo investire in macchinari e uomini non in mattoni». L’amministratore delegato della Moto Guzzi, Daniele Bandiera (ex presidente della business unit Alfa-Romeo), spiega come: «Piani di produzione da 10-12 mila moto l’anno, strategia commerciale più aggressiva, un occhio particolare al life style. E poi svilupperemo la qualità del prodotto e dei servizi post vendita, oltre a rafforzare la rete di vendita, in particolare all’estero (Usa ed Europa) e nei confronti delle pubbliche amministrazioni di tutti i paesi». Nella mitologia Guzzi, si comincia con Omobono Tenni che in sella alla 250 conquistava il Tourist Trophy del 1937 «scalando il cielo», scrissero i giornali dell’epoca (fu il primo a straniero a vincere sul circuito dell’isola di Man) e si prosegue con la Guzzi California utilizzata dai poliziotti Usa. Perché non ritentare il colpaccio? L’INVESTIMENTO IL PIANO In questa azienda spenderemo 25 milioni di euro nei prossimi 4 anni: il 10 per cento del fatturato. Bisogna cambiare e modernizzare Produzione da 10 a 12 mila moto l’anno, strategia commerciale più aggressiva e sviluppo della qualità del prodotto e dei servizi post vendita ROBERTO COLANINNO DANIELE BANDIERA Presidente gruppo Piaggio AD della Moto Guzzi 42 MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Suzuki Bandit DUE RUOTE ● Auto DUE RUOTE ● Auto MOTORE NUOVO, BANDIT NUOVA MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 PIU’ PICCOLA MA SENZA COMPLESSI Squadra vincente non si cambia. Così la Bandit resta se stessa, ma sale di cilindrata. Diventa più elastica e godibile. E conquista un discreto sprint in più. Cavalli da maximoto, dunque, a prezzo d’attacco Nonostante la cilindrata inferiore, la Multistrada 620 non mostra complessi di inferiorità nei confronti della sorella maggiore. Spesso, infatti, si dimostra più maneggevole ed efficace. 43 Ducati Multistrada Il tempo delle nude Honda Hornet Yamaha MT-01 Si rinnova la più venduta in Europa Motore bicilindrico da 1700 cc e tanta classe Essenziale e grintosa segreti di una regina Il debutto della maxi scolpita nell’acciaio TEMPO di naked. Ma è anche un’era laÈ boratorio, transitoria, in cui le case sono in cerca di nuove idee. È la Yamaha ad avere FRANCESCO CALVO STATA la moto più venduta in Europa dal È 2001 al 2003, ma non nel 2004. Non era abbastanza “fun” con quelle sue sospensioni un po’ troppo morbide, quelle linee e quel motore piacevoli e rassicuranti, ma non abbastanza grintosi. Honda non ha perso tempo e ha corretto quel che c’era da correggere, rivisitando la Hornet 600, divenuta già una capostipite di una generazione di moto essenziali ma efficaci, versatili ma non prive di personalità. Adesso la brava ragazza rivuole il trono e ha messo da parte le buone maniere; non è diventata terribile, ma si fa rispettare. A partire dall’aspetto, che non stravolge quel molto di buono che c’era, ma enfatizza il carattere dinamico che una rivisitazione del motore ha tirato fuori dal quattro cilindri. Ora c’è più “schiena” ai “medi” e una progressione più decisa fin dai bassi regimi e questa vena da streetfighter andava evidenziata. C’è un accenno di cupolino, dalle linee decise, nuovi indicatori di direzione più piccoli e dal vetrino chiaro, la strumentazione mista analogico-digitale compattissima, ma completa (finalmente è arrivato anche l’indicatore del livello del carburante). Poi, fra gli accessori, ci sono un coprisella che nasconde la parte destinata al passeggero e trasforma la Hornet in monoposto e un puntale, entrambi in tinta. La principale novità, dal punto di vista estetico, è la forcella a steli rovesciati da 41 millimetri di diametro. Fa scena, non c’è dubbio, ma funziona anche bene, pur mancando di regolazioni. Deriva da quella montata sulla CBR600RR e ha richiesto una modifica alle piastre e al canotto di sterzo per essere adottata dalla Hornet. Parte bene, senza impuntature, ed ha un primo tratto morbido il giusto per rendere confortevole la marcia di riposo, ma la progressione è ben tarata e, al crescere della velocità e delle sollecitazioni, sostiene con maggior decisione. Pur non essendo cambiati i freni e l’ammortizzatore posteriore, il comportamento sembra diverso, più rassicurante. Il merito è proprio della forcella, che fa lavorare meglio il doppio disco anteriore in frenata e mantiene l’avantreno al giusto grado di “galleggiamento”. Su strada, però, quello che si apprezza è la fluidità dell’insieme, con una risposta all’acceleratore pronta e una reattività ai comandi immediata e mai nervosa. Quanto ai colori, tutti metallizzati, il compito di sottolineare l’aspetto tecnologico è affidato all’argento e all’azzurro; mentre il nero si rivolge a chi veste alla moda. Di nuovo c’è un Bombay orange, perfetto per dar luce all’anima trasgressiva della Hornet. La moto è già in vendita a 7.490 euro, 60 in più rispetto al modello precedente, un’altra ragione per apprezzarla. L’inarrestabile fenomeno delle moto naked. Prestazioni e fascino degli ultimi modelli già in testa alle classifiche VALERIO MONACO EMPRE più nude e senza S tabù. Le moto naked sono un fenomeno consolidato. Al punto di dare aiuto a un mercato delle due ruote con il fiato grosso. I dati forniti dall’Ancma (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori), parlano chiaro. Mentre le vendite degli scooter nei primi tre mesi dell’anno perdono il 18,01%, la classifica generale dei 20 modelli più venduti vede le moto naked, come la Yamaha FZ6 600, la Honda Hornet 600 e la Kawasaki Z750, in posizione più che solida. Tre modelli che, in un momento di vacche magre, si prendono il lusso di vendere circa 5000 unità in novanta giorni. Nel primo periodo dell’anno, quello del grande freddo, la classifica delle medie cilindrate (500-750 cc) più vendute, registra 8 modelli di naked tra le prime 10 moto. Mentre tra le maxi cilindrate (1000 cc e oltre), ci sono 5 naked tra le prime 10 della top ten. Se poi si allarga lo sguardo, e si esce dal rigore delle gabbie dei segmenti di mercato, il successo delle nude appare ancora più prepotente. Ci sono moto come la Bmw R1200GS, ad esempio, che la maggior parte dei clienti acquista e usa con lo spirito con cui si sceglie una nuda, anche se è un modello imprigionato nel ruolo della enduro. Chi vuole la vera off road, infatti, sceglie una protagonista nelle grandi maratone africane come la KTM Adventure. Che piaccia o no, quello delle naked è ormai un mercato allargato, a cui appartengo- no le R Bmw, la Harley Davidson Sportster e la MV Brutale, tanto per citare qualche esempio. Modelli fuori dal coro, insomma, ma tutti con un forte spirito naked. Motociclette di fascino che non aspirano a velocità da primato. Ma che finiscono per rosicchiare numeri alle ipersportive. Moto riservate ai soli patiti della pista. Troppo potenti e pericolose per l’uso stradale. Lo zoccolo duro dei nuovi motociclisti, tra l’altro, è fatto di professionisti di tutte le età. Molti vengono dallo scooter, o tornano alla moto dopo anni. Non se la sentono, insomma, di raccogliere la sfida di oggetti “monstre” da 180 Cv di potenza e 170 chili di peso. Timori a cui si aggiunge la nuova paura dell’Autovelox. E poi, diciamolo, andare a 90 all’ora con una moto che raggiunge i 160 Km/h in prima, è un supplizio insopportabile. Provare per credere. Così, ci si orienta al mercato delle nude. Sono belle, confortevoli anche in coppia, facili e divertenti da guidare, e a 100 all’ora fanno sentire la carezza del ven- to. Considerazioni che indirizzano anche l’industria, come raccontano le new entry. Gran parte delle nuove proposte, infatti, è in stile naked. Come le inedite e originali maxi Yamaha MT 01 e Harley Davidson Street Rod. O come la nuova Moto Guzzi Breva 1100, classica naked della migliore scuola italiana. Oppure come l’altrettanto nuova Aprilia Pegaso, versione più accessibile delle grintose moto supermotard. Nuova passione dei giovani e di chi sa guardare avanti. Aprilia Pegaso Kawasaki Z 750 La trasformazione di uno dei modelli più di successo della casa di Noale Personalità e prestazioni della versione con il cupolino Supermotard all’ultima moda Aggressiva ma facile da guidare MAURILIO RIGO ELLA moto presentata nel 1990 è rimasto soltanto il nome. L’Aprilia Pegaso 650 D Strada, che fino a oggi è stata venduta in 50.000 unità, si è trasformata da enduro stradale a supermotard all’ultima moda. E non poteva essere altrimenti, visto che al suo esordio nel mondiale Supermoto 2004, la casa di Noale aveva conquistato subito il titolo. Quindi, cavalcando l’onda dei successi e della moda, i progettisti Aprilia hanno realizzato una moto, divertente, facile da guidare e adatta a tutti. Il look, grintoso e compatto, ha preso spunto dalla concept “Mana”, sviluppata dal designer Maurizio Carbonara ed esposta al Motor-show di Bologna nel 2001. Il design della Pegaso è filante e compatto con un inedito frontale che incorpora il cupolino autoportante e fanale con doppia lampada ispirata all’elmo dei guerrieri greci. Nella parte superiore del serbatoio (da 16 litri) troviamo poi un comodo vano portaoggetti che si apre elettricamente. Sempre in tema di spazi trova posto sotto la sella un altro vano che può ospitare una tuta antipioggia. Da segnalare poi l’altezza della sella contenuta a 780 mm per facilitare il contatto dei pie- di con il terreno ai guidatori di tutte le taglie. La ciclistica è affidata a un telaio monotrave in acciaio, ammortizzatore posteriore a gas, cerchi in lega di alluminio anodizzato da 17”. Il propulsore invece è il monocilindrico di derivazione Minarelli/Yamaha 4 valvole a iniezione elettronica da 50 Cv, Euro 2. Un’ampia gamma di accessori permette di personalizzare la Pegaso Strada, in vendita, nei colori rosso o nero, a 6.990 euro. OTORE generoso, design aggressivo e sella M comoda per fare chilometri con a bordo il guidatore e il passeggero. Caratteri che fanno della nuova Kawasaki Z750S una moto facile, con cui si fa amicizia in fretta. Derivata dalla nuda Z750 che ha lanciato Kawasaki nella zona alta della classifica (5.869 unità vendute nel 2004, e terza tra le moto), la nuova “S” si mette il topless. Un cupolino succinto ma elegante che veste faro e manubrio. E in più, al posto della sella due pezzi “formato biki- ni” della Z750, una intera, più bassa e confortevole. Accessori forse un po’ “borghesi”, per lo sportivo duro e puro. Ma che offrono ben altra protezione nei trasferimenti a lungo raggio, e più comfort nella marcia in coppia. Con la “S”, dunque, la Kawasaki Z750 cambia personalità. Acquisisce novità e affinamenti che non si limitano all’aggiunta della semi carenatura. I tecnici Kawasaki sono andati oltre, insomma. A conferma della voglia di perfezionismo che è nel DNA di famiglia. La “Kawa S”, ad esempio, ha una diversa inclinazione della forcella anteriore (+3 mm). Un variazione che si traduce in una moto meno reattiva e nervosa. Su strada, la Kawasaki Z750S ha confermato le qualità raccontate sulla carta. Impegnato nelle 1500 curve dell’insidioso percorso della leggendaria Targa Florio siciliana, il motore 4 cilindri 16V Kawasaki, da 748 cc e 110 Cv, ha mostrato un comportamento impeccabile, per potenza erogata e fluidità di funzionamento. Ma anche con una posizione di guida accogliente e una sella confortevole. Una moto di livello, insomma, che convince per il prezzo accessibile (7.650 euro), le ottime prestazioni e i consumi contenuti. (v. m.) più coraggio. Ad uscire dall’anonimato, con l’intrigante maxi MT 01. Due cilindri a V grandi come le colonne di un tempio greco. Due scarichi a tromba che corrono ai lati della sella. Al centro del manubrio, un gigantesco contagiri circolare con incastonato un display per la velocità, il chilometraggio, e le informazioni. E sotto, l’originale faro sagomato. Poi il serbatoio importante ma non prepotente, la coppia di enormi collettori di scarico cromati. Ma c’è anche la meccanica di pregio, come il telaio in lega, da supersportiva, le sospensioni regolabili, i freni presi in prestito dalla superbike R1, con tanto di pinze radiali, e un forcellone posteriore da far invidia alle moto da corsa. Ma non creiamo confusione perché la Yamaha MT 01 è, e vuol essere una naked. Una stradale pura. È l’espressione della moto “post moderna”, sintesi del classico e dell’avanguardia. Nata per piacere e divertire. Il design della Yamaha MT 01 è armonia di forme. Scultura nell’acciaio di un muscolo da atleta. E quando si avvia il motore l’emozione acquista forza. I 1700 cc del bicilindrico Yamaha dominano la scena con suoni e vibrazioni. Musica e fitness per chi ha dentro la passione. Chi non ha fantasia, invece, e vive imprigionato dai numeri dell’arida scheda tecnica, potrebbe arricciare il naso. Tanta cilindrata per soli 90 Cv di potenza. Ma chi ha cultura sa guardare oltre. Gioisce per i 15 Kgm di coppia. Numero importante, che significa girare la manopola del gas, e partire come la palla di un cannone. E a gestire i 240 Kg basta il buon equilibrio della moto. Superati i 30 chilometri l’ora, la maxi naked offre sicurezza. Si lascia condurre come un elegante alano ben addestrato. Se poi si esce dalla città la MT 01 distende le marce. Bastano poco più di 3000 giri e un sottile filo di gas per arrivare a 130, cullati dal piacere di assaporare un nuovo modo di andare in moto. Di godere delle accelerazioni brutali ad ogni uscita di curva. Di lasciare che la precisione del telaio disegni curve perfette. La posizione in sella è comoda e naturale. Anche per il passeggero che, una volta tanto, non è appollaiato come su un trespolo. E, per finire, le marmitte non scottano mai. Neanche stando in fila in città. Anche se 14 mila euro può sembrare un prezzo esagerato, la Yamaha MT 01 ha un listino corretto, perché è un capolavoro di meccanica e creatività. Un prodotto di qualità impeccabile, capace di esprimere un’immagine destinata a lasciare il segno nel tempo. (v. m.) 44 MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 Vertex Green Go DUE RUOTE ● Auto DUE RUOTE ● Auto ELETTRICO E MAXI MARTEDÌ 10 MAGGIO 2005 RESTYLING DOPO 4 ANNI Si chiama Vectrix ed è il primo maxiscooter elettrico di ultima generazione. Interessanti le prestazioni: velocità massima 100 km/h, autonomia di 100 km e tempo di ricarica di sole 2 ore. Costa 8.400 euro A quattro anni dal lancio sul mercato il Beverly della Piaggio si rinnova. Maggiori le modifiche sul 500 che monta una nuova frizione. Invariati i prezzi: 3.680 euro per il 125, 3.990 il 250 e 5.290 il 500 45 Beverly 500 Più potenti ma anche più compatti e leggeri: sembrano quasi delle moto ma... Vespa LX Sostituisce la ET4. Modifiche dentro e fuori La leggenda si rinnova in 60 anni 139 modelli VALERIO MONACO ESPA, sempre Vespa, fortissimamente VeV spa. La leggenda si rinnova. E non è un modo di dire, perché dopo quasi sessant’anni e 139 modelli alla Vespa spetta sicuramente un posto di rilievo nella storia. Delle tante testimonianze, basta la più recente. Nei padiglioni dell’Expo Universale 2005 di Aichi, in Giappone, tra i 120 robot del futuro, i 12 prototipi di personal mover I-Unit, lo stravagante I-Foot e il pullman intelligente Imts, l’icona scelta per rappresentare l’immagine dell’industria del nostro tempo era proprio lei, la Vespa. C’è poco da fare, i tempi e le abitudini cambiano, ma la scooter Piaggio rimane sempre fedele al suo progetto originale. Una scocca portante in acciaio, una carrozzeria, sempre in lamiera, anch’essa fedele al concept d’origine, e una gamma di motori semplici, economici e con bassi costi di gestione. Così era l’idea di Corredino D’Ascanio, ingegnere aeronautico e inventore dell’elicottero. Non si può cambiare un concetto geniale che ha sempre trovato un pubblico attento. Si affina. Si allinea a gusti e tendenze di una società in costante evoluzione. È così che la carrozzeria della nuova LX si allinea. Ritorna a qualche accenno di spigolo sui globi posteriori della carrozzeria, mentre il faro assume un garbo diverso e torna tondo. Quattro centimetri più lunga e tre più larga della precedente ET4, la nuova LX è più confortevole, ha il vano sotto alla sella più spazioso e lo scudo frontale leggermente più protettivo. Ma le differenze più sostanziose riguardano la meccanica. La ruota anteriore, per cominciare, acquista qualche centimetro in altezza (e diventa da 11 pollici). Una diversità, rispetto al passato, che migliora in maniera sostanziosa il comfort sui fondi stradali dissestati di molte città italiane. La ruota più alta, inoltre, migliora la tenuta di strada e rende più affidabile e sicuro un avantreno che era il tallone d’Achille della precedente ET4. Anche la taratura delle sospensioni è migliorata. La Vespa LX, insomma, sembra assorbire il cattivo carattere del fondo stradale con più fair play. Più interessanti anche le motorizzazioni, con il 50 cc che può arrivare a percorrere circa 45 chilometri con un litro di carburante. Mentre i più brillanti 125 e 150 erogano, rispettivamente 10,3 e 11,7 Cv e raggiungono le velocità di 91 Km/h (125) e 96 (150). La nuova Vespa è prodotta in quattro versioni. Le 50 sono a due tempi (2.110 euro) e a quattro tempi (2.310). Le 125 e 150, entrambe a quattro tempi, vanno in vendita, rispettivamente a 2.910 e 3.070 euro. Come abbiamo accennato, la nuova LX sostituisce la serie ET, prodotta dal 1996 in oltre 460.000 esemplari, e si prepara a scrivere un altro capitolo della storia Vespa. Sono sempre maxi scooter FRANCESCO CALVO L NUOVO corso dei maxi scooIneter prevede una motorizzaziopoderosa in una struttura agile. Quello che si cerca è un superiore rendimento dinamico globale, quindi non necessariamente la migliore velocità di punta, ma un insieme di caratteristiche che rendano la guida più efficace. A parità di motorizzazione e dotazione ciclistica, un veicolo più leggero ha un rapporto pesopotenza più favorevole, quindi senza intervenire su altri parametri avrà migliore accelerazione, migliore frenata, consumi ridotti, superiore agilità. Ovviamente soltanto facendo salva la qualità della dotazione, poiché se si alleggerisce il veicolo risparmiando anche sui componenti, è ovvio che la teoria va a farsi bene- dire. In un mercato che consente di guadagnare solo con le economie di scala (modo elegante per dire che si deve vendere in grandi quantità), diventa necessario puntare sui segmenti che “fanno i numeri” e le vendite di scooter oltre i 250 cc. sono in impetuoso crescendo. Chiuso il 2004 con un raddoppio rispetto al 2003, i maxi rappresentano oltre il 40% delle vendite e molto di più del fatturato. Già, perché quelli che piacciono di più costano parecchio. Va detto che, per prezzi di listino che viaggiano allegramente oltre i 5.000 euro, la dotazione media è davvero ricca, ma è pur vero che si tratta di strutture relativamente semplici, per le quali la razionalizzazione industriale ha consentito di abbattere in maniera significativa i costi produttivi. Honda SH La nuova sfida della casa giapponese Dopo i record si cambia per la prima volta Euro 3 ACILE facile. Il nuovo SH della Honda, F che è già in vendita, ambisce a rendere la guida delle due ruote rassicurante ed intuiti- Con qualche ricaduta negativa, come l’esosità delle spese di carrozzeria anche in caso di banali scivolate, nel corso delle quali si innesca un “effetto domino” in cui i pannelli della carena, generalmente assai semplificati nelle giunzioni, quando non addirittura monolitici, trasferiscono le spaccature da una parte all’altra del mezzo con una facilità impressionante. Dall’apripista, il TMax della Yamaha, in avanti, c’è stata una rapida diffusione del decalogo del maxiscooter di successo e l’offerta è ormai variegata. Gli ultimi arrivi sono l’interessante Kymco Xciting 500 e il GreenGo della Vertex. Il maxi della Kymco si propone a meno di 5.000 euro, con una dotazione più che notevole e alcune scelte tecniche di sorprendente raffinatezza, come la forcella da 40 mm. di diametro e la doppia piastra di sterzo. L’Xciting nasce con alimentazione a carburatore, ma è prevista l’omologazione Euro3 per il motore dotato di iniezione elettronica, che arriverà prossimamente. Ora, se il costruttore di Taiwan ha già una discreta reputazione, sono in pochi a conoscere l’americana Vertex, che propone un maxi a batteria che promette 100 km/h di velocità massima e 110 km. di autonomia. Le batterie si ricaricano all’80% in sole due ore e dovrebbero assicurare 10 anni di vita utile. Il prezzo, senza gli incentivi previsti per i veicoli elettrici, è di oltre 8.000 euro, ma i produttori assicurano che, in un ciclo vitale di 4 anni, consente di risparmiare il 25% rispetto a un 400 tradizionale, utilizzato per 4.000 chilometri l’anno. Atlantic 500 Xciting 500 Il rilancio Aprilia con il restyling del vecchio modello. Ora più maneggevole Il debutto tra i maxi della Kymco (otto fabbriche nel sud est asiatico) Ecco il “midi”, prestazioni e qualità La sorpresa arriva da Taiwan SUOI punti forti sono riassumibili in prestaIstino zioni e rapporto qualità-prezzo. Con un lia 5.500 euro e finiture di classe superiore, l’Aprilia Atlantic 500 Sprint interpreta il ruolo di midi-scooter in maniera egregia. Le dimensioni compatte, unite al motore Master 500 della Piaggio, lo rendono un mezzo molto piacevole nel commuting quotidiano: spostamenti rapidi, maneggevolezza, consumi contenuti. Il prezzo si spiega con il “carry over”, quel sistema produttivo che prevede la condivisione di materiali e componenti con altri prodotti della gamma. A dire il vero, l’Atlantic non denuncia parentele scomode con mezzi obsoleti; infatti, a parte il quadro strumenti e il numero di serrature (quattro), che rimandano al recente passato degli scooter, è moderno e innovativo sotto molti riguardi. Il telaio deriva da quello dell’Atlantic 250, opportunamente rivisitato. Sospensioni specifiche e impianto frenante più che adeguato, con l’aggiunta della frenata combinata. Plastiche ben accoppiate e verniciatura impeccabile danno una immedia- ta sensazione di qualità, confermata anche dagli altri componenti. Gradita la presenza di un antifurto con telecomando, mentre dispiace non trovare il freno di stazionamento, utile in caso di parcheggio in forte pendenza. Lo spazio non è regale ma si sta comodi anche in due. Abbastanza capiente il vano retroscudo, mentre il sottosella è tormentato nella forma; c’entra un casco jet, ma è consigliabile acquistare il bauletto da 45 litri (198 euro) se si ha la necessità di portare oggetti ingombranti. (f. c.) MAURILIO RIGO UE anni per non commettere errori. E’ stato D questo infatti il tempo necessario per sviluppare il progetto Xciting 500, il nuovo mezzo della Kymco che segna l’ingresso della casa taiwanese nel settore dei maxiscooter. Un passo importante per il marchio nato nel 1963 e che può contare su otto stabilimenti nel Sud Est asiatico con ua capacità produttiva superiore al milione di unità l’anno. Fino a oggi la gamma Kymco, rappresentata in Italia dalla Padana Ricambi, comprendeva veicoli da 50 a 250 cc e ATV. Per il maxi gli ingegneri hanno puntato a creare un mezzo che fosse un giusto mix tra utilizzo cittadino, turistico e sportivo. Una sfida difficile da realizzare e infatti il comfort urbano risente dell’impostazione sportiva dello scooter dal telaio rigido accoppiato a una forcella idraulica a doppia piastra con steli da 41 mm, una coppia di ammortizzatori regolabili posteriori e ruote da 15” all’anteriore e 14” dietro. Anche il vano sottosella è penalizzato della linea filante anche se non originale della carrozzeria riuscendo a contenere un solo casco integrale e poco altro. Buona invece la protezione aerodinamica completata dalla possibilità, un po’ macchinosa di regolare il parabrezza su due posizioni. L’Xciting monta un propulsore monocilindrico, Euro 2, 4 tempi, 4 valvole, da 498 cc con potenza di 38 Cv, dalla risposta pronta e fluida. Da segnalare la presenza del freno di stazionamento manuale, luce di cortesia e presa per la ricarica del telefonino nel vano sottosella, blocchetto di accensione multifunzione smart lock che comanda l’apertura della sella e del tappo del serbatoio nonché la copertura di sicurezza anti intrusione della serratura. Concorrenziale il prezzo fissato a 4.995 euro. va. Ruote grandi, frenata combinata, sospensioni controllate. Con la sella più stretta rispetto al modello precedente, sembra un poco più basso e, grazie alla pedana ampia, fornisce un buon appoggio e anche una maggiore protezione alle gambe. E’ anche rassicurante per il design sobrio, per la verniciatura spessa dai colori “adulti”, per quell’aria che vuole essere importante senza per questo suggerire un peso esagerato, per la silenziosità del motore e l’assenza di scricchiolii della carrozzeria. Sembra proprio solido e ben fatto. Pronto all’accensione, sussurra anche quando si ruota con decisione la manopola del gas e accelera con regolarità. Non ci sono differenze sostanziali nelle prestazioni fra le due motorizzazioni, e quel briciolo di potenza in più offerta dal motore di 150 cc si fa apprezzare soprattutto in ripresa. Sempre morbido e consistente, l’SH della Honda ha un modo pacato di rispondere alle sollecitazioni che mette a proprio agio anche il neofita, ma, in mani più esperte, trasforma l’inerzia in solidità, quindi regala un buon appoggio anche nei percorsi cittadini più veloci e tormentati. È davvero una vita facile, quella che si fa con questo scooter a ruote alte, comodo in città e quasi indifferente alle scie sulle strade aperte, dove altri ciclomotori subiscono lo spostamento d’aria di mezzi più grandi. Intuitivo il cruscotto, con le informazioni belle chiare, e sicuro il nuovo faro, dal fascio luminoso più largo e profondo. La frenata CBS agisce in maniera intelligente su entrambe le ruote, quindi è davvero difficile scomporre l’assetto dell’SH, anche negli interventi d’emergenza. Nel 2004, cumulando le due cilindrate in cui viene offerto, è stato il veicolo a due ruote più venduto in Europa, con 45.000 unità (ben 35 mila gli esemplari che sono stati consegnati in Italia sempre nel 2004, circa 6 mila nei primi tre mesi di quest’anno). Per il 2005, l’obiettivo della casa giapponese è di mettere sul mercato cinquantamila SH fra 125 e 150 cc. I clienti di riferimento sono adulti, fra i 30 e i 40 anni, donne per quasi la metà, nella cilindrata inferiore. Primo veicolo a due ruote ad essere omologato nel rispetto della normativa Euro3, dispone di iniezione elettronica e catalizzatore, quindi di un motore moderno e tecnologicamente avanzato. I prezzi del nuovo SH sono 2.845 e 2.995 euro, rispettivamente per le versioni 125 e 150 cc. Con 100 euro in più, si può ordinare ed avere il bauletto apribile con la chiave di avviamento. (f. c.)