Videogiochi
Fenomeno culturale di massa
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Indice
Voci
Videogioco
Portale:Videogiochi
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11
Note
Fonti e autori delle voci
14
Fonti, licenze e autori delle immagini
15
Licenze della voce
Licenza
16
Videogioco
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Videogioco
Il videogioco è un gioco gestito da un dispositivo elettronico che
consente di interagire con le immagini di uno schermo. Il termine può
identificare un software oppure un dispositivo hardware dedicato a uno
specifico gioco. È detto anche, con anglismo, videogame, sebbene il
termine inglese corretto sia video game[1]. Colui che utilizza un
videogioco viene chiamato "videogiocatore" e si serve di una o più
periferiche di input quali il joystick, la tastiera, il joypad ecc.
Nato già a partire dagli anni cinquanta negli ambienti di ricerca
scientifica e nelle facoltà universitarie americane, ha avuto il suo
sviluppo a partire dalla seconda metà degli anni settanta.
Una versione moderna di Spacewar!, il primo
videogioco arcade
Storia
Un cabinato a gettoni per il videogioco Computer
Space
Per approfondire, vedi Storia dei videogiochi.
Nel 1952 nei laboratori dell'Università di Cambridge A.S. Douglas, come esempio per la sua tesi di dottorato,
realizzò OXO, la trasposizione del gioco Tris per computer. Questo non viene usualmente considerato il primo
videogioco per computer, dato che non venne sviluppato per intrattenere gli utenti ma per completare la tesi di
Douglas.
Nel 1958, il fisico Willy Higinbotham del Brookhaven National Laboratory, notando lo scarso interesse che avevano
gli studenti per la materia, realizzò un gioco (Tennis for Two) che aveva il compito di simulare le leggi fisiche che si
potevano riscontrare in un vero incontro di tennis: il mezzo utilizzato era un oscilloscopio. Questo viene ricordato
Videogioco
come un esperimento universitario più che come un gioco.
Nel 1961, sei giovani scienziati del MIT (Massachusetts Institute of Technology) riescono a dare movimento a
puntini luminosi sullo schermo di un PDP-1: nasceva Spacewar!, il primo videogioco che la storia ricordi. Ma il
grande sviluppo dei videogiochi si avrà solamente a partire dalla seconda metà degli anni settanta.
I primi videogiochi apparvero negli anni settanta ed erano limitati a console con video in bianco e nero allestite nei
locali pubblici. I giochi avevano una grafica essenziale (come il classico Pong).
Il gioco sviluppato da Higinbotham era una schematica simulazione di tennis in cui c'era una linea verticale sullo
schermo a rappresentare la rete vista dall'alto e un puntino sullo schermo per la pallina. Non c'erano segnalini per le
racchette e agendo sulla manopola di controllo un solo giocatore poteva far "rimbalzare" la palla da un lato all'altro
dello schermo: se non si ruotava la manopola prima della fine dello schermo la pallina continuava la sua corsa e il
gioco ricominciava senza assegnare alcun punteggio con una nuova pallina. In effetti, più che un gioco o un
videogioco era una dimostrazione su come si potesse interagire con un computer. Il gioco funzionava grazie ad una
serie di computer analogici Donner (enormi scatoloni da 50.000 dollari) a cui Higinbotham collegò dei relay che
tramite uno oscilloscopio DuMont modello 804 erano in grado di generare e gestire punti mobili sullo schermo (la
pallina).
Il nome di Higinbotham sarebbe oggi del tutto obliato oppure certamente non accostato ai videogiochi se non fosse
per il fatto che la Nintendo lo pose sotto la luce dei riflettori in tribunale alla fine del 1982 chiamandolo come
testimone in una causa (che Nintendo del Giappone perse) intentata nel tentativo di dimostrare che i videogiochi
fossero stati inventati prima del deposito dei brevetti detenuti, già a far data dal 1966, dalla Sanders and Associates e
per non pagare i diritti a quest'ultima.
Il progetto di Douglas, così come quello di Higinbotham, era sì un gioco ma non certo un videogioco. Si trattava più
un esperimento scientifico che una invenzione fruibile dalla gente comune: l'EDSAC o il Donner erano armadi che
occupavano interamente una stanza e assorbivano una quantità enorme, industriale di corrente elettrica, oltre ad
avere un costo decisamente proibitivo per qualunque famiglia dell'epoca (circa 60.000 dollari per l'EDSAC e 50.000
dollari per un singolo computer Donner).
Lo Space War di Russel invece era un videogioco vero e proprio basato sulla visualizzazione vettoriale (fu il primo
tentativo di simulazione dinamica che la storia ricordi). Ma per la complessità del progetto e gli elevati costi di
sviluppo sul PDP-1, nonché per la difficoltà poi di adattare tale videogioco su computer dai costi più "abbordabili" si
dovette attendere la fine del 1973 quando Space War raggiunse il grande pubblico come gioco da sala (coin-op). Tale
gioco ebbe scarsissimo successo e le sue vendite non coprirono neppure un terzo dei costi di produzione.
Il primo uomo che invece concepì l'idea di videogiocare, nel senso che in seguito sarebbe stato conosciuto, con i
normali schermi TV da salotto, fu Ralph Baer. Il concetto di un giocatore, un gioco, un televisore, e una scatola ad
essa collegata in cui inserire i videogiochi è suo.
Negli anni sessanta Ralph Baer era uno dei primi ingegneri televisivi al mondo e lavorava alla Sanders and
Associates (una società che sviluppava sistemi radar aerei e sottomarini). Nel 1966, durante un viaggio di lavoro,
annotò su un block notes alcuni schizzi e disegni tentando di schematizzare alcuni pensieri sul modo in cui si potesse
interagire (giocando) con un normale televisore da casa. Tali appunti convinsero la Sanders a sviluppare il progetto e
a depositare i brevetti di quella idea già nel 1966, inoltre la società incoraggiò Baer a continuarne lo sviluppo,
mettendogli a disposizione una stanza debitamente attrezzata su indicazione delle stesso ingegnere. Dopo pochi mesi
Baer aveva un puntino luminoso che si poteva muovere a piacimento sullo schermo di un normale televisore. Il
generatore di allineamento Heathkit IG-62, da egli stesso realizzato per testare i televisori, rendeva ora possibile
muovere il puntino bianco su schermo nero.
Benché all'inizio degli anni ottanta Atari rese famosi nel mondo i puntini neri su schermo bianco, la tecnologia
inventata da Baer fu la prima che venne utilizzata agli inizi degli anni settanta per la creazione della prima console
per videogiochi nella storia: il Magnavox Odyssey. Il prototipo del Magnavox Odyssey (chiamato in Sanders Brown
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Videogioco
Box oppure solo Odyssey) era già pronto nel 1970 e ne venne iniziata la commercializzazione in serie nel Natale del
1972 con un gioco di ping-pong. Si trattava in buona sostanza di una pallina (un punto bianco su schermo nero) che
veniva ribattuta orizzontalmente sullo schermo della TV da due racchette (due bastoncini bianchi su schermo nero),
controllabili dai giocatori (massimo 2) con due controller (attualmente li chiameremmo joypad) con rotelle, che
consentivano di muovere le racchette verticalmente. Nell'anno di lancio l'Odyssey vendette oltre 165.000 unità, e
grazie anche ad una estesa campagna pubblicitaria, l'unica e sola console casalinga per videogiochi, vendette nel
secondo anno (siamo alla fine del 1973) ulteriori 200.000 scatole.
Nel 1972 Nolan Bushnell, un giovane ingegnere che lavorava in Ampex (una società che progettava circuiti integrati
e nastri magnetici per la videoregistrazione), lasciò il suo impiego e fondò Atari. Bushnell con la sua nuova società si
prefiggeva in pochi anni di sostituire i flipper dei bar con videogiochi a gettoni (coin-op). Nei primi mesi di
produzione (siamo agli inizi del 1973) Atari vendette circa 2000 unità del coin-op "Pong". Un gioco molto simile al
ping-pong di Baer per l'Odissey. Sta di fatto che il coin-op Atari, nonostante sia stato commercializzato e sia apparso
al pubblico dopo il lancio della console Odyssey, è passato alla storia come il primo videogioco.
Pong di Atari era un gioco destinato ai luoghi pubblici e non alle quattro mura domestiche, così anche chi non
conosceva l'esistenza dei videogiochi ebbe il primo contatto con essi grazie a Pong. Per tale ragione Atari entrò
nell'immaginario collettivo come la casa che aveva generato quel nuovo mondo del divertimento elettronico, anche
se fu solo nel 1976 che Atari (grazie anche alla collaborazione di Activision) cominciò a commercializzare la sua
versione della console casalinga, che, per ragioni di una diversa e migliore capacità pubblicitaria di Atari (più che
per una effettiva qualità superiore) soppiantò immediatamente l'Odyssey della Sanders/Magnavox.
Nuovo fenomeno culturale
Divenuto ormai un fenomeno culturale di massa, il videogioco è un medium unico: infatti, come suggerisce James
Paul Gee[2], i videogiochi sono ben diversi dagli altri tipi di media (film, letteratura, teatro...), pur riprendendone i
vari linguaggi. Essi hanno diverse caratteristiche che li rendono unici e operano in modo diverso dagli altri, ad
esempio il linguaggio del gameplay è unico tra i media narrativi tradizionali e inoltre è stato autorevolmente
affermato che è l’interattività ciò che ha distinto i videogiochi dalle altre forme d’intrattenimento mediale di massa[3].
Proprio tale caratteristica permette al videogioco di esercitare un potenziale di immersività e attrazione che altri
media non hanno[4].
Il videogioco è un medium relativamente recente (soprattutto se
comparato con la storia degli altri media), e solamente negli ultimi
decenni ha conosciuto un rapido sviluppo, che gli ha permesso di
crescere e di superare in maniera prepotente, più degli altri media, le
critiche mosse contro di esso a torto o a ragione. Tutto ciò è stato
possibile grazie al fatto che il videogioco, più di ogni altro (anche più
di un film), è legato fortemente al progresso tecnologico. Quest’ultima
caratteristica dona al videogioco un potenziale enorme e infatti come
ha affermato il sociologo Alberto Abruzzese “i videogiochi sono la
Uno stand dell'Electronic Entertainment Expo
nostra più avanzata frontiera e il nostro più affascinante futuro” […].
2006, con molte postazioni dell'allora nuova
L'influenza di questo medium – anche come nuovo fenomeno culturale
console PlayStation 3. L'E3 si svolge dal 1995
di massa – viene da molti associata a quella del cinema degli albori o
solitamente a Los Angeles ed la più importante
fiera dedicata ai videogiochi del mondo.
della televisione al momento della sua massima espansione e
trasformazione in mezzo di comunicazione di massa vero e proprio.
Anzi, il videogioco rischia ora, o quanto meno rischierebbe, di surclassare lo stesso cinematografico, se è vero come
è vero che già è stato infranto un ipotetico quanto significativo break even point: statistiche alla mano, le vendite di
videogiochi hanno superato, almeno negli Stati Uniti, quelle di biglietti delle sale cinematografiche. E infatti tale
superamento è già in qualche modo avvenuto in quanto un videogioco come Halo 3 o il più recente Call of Duty:
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Black Ops hanno guadagnato rispettivamente 170 milioni di dollari in 24 ore (fu considerato il più grande incasso
per un prodotto d'intrattenimento) e l'altro 650 milioni di dollari in soli cinque giorni. Tutto ciò fa capire quanto il
mercato videoludico sia divenuto importante e possiede un enorme potenziale.
Ma con il cinema, il mondo dei videogiochi sembra aver stretto un patto: le trame di molti film prodotti oggi sono
dichiaratamente mutuate da videogiochi (vedi film tratti da videogiochi), così come molti videogiochi vengono in
tempi assai rapidi trasformati in film più o meno di successo.
Ai film si aggiungono serie televisive, fumetti, romanzi, riviste, mostre e fiere. Dagli anni 1990 sono comparsi
programmi televisivi dedicati al mondo dei videogiochi, quali X-Play, e interi canali televisivi dedicati ai
videogiochi, come Game Network e G4. Vengono organizzati inoltre gli sport elettronici, competizioni di
videogiochi, anche a livello professionistico.
Il riconoscimento dell'importanza culturale dei videogiochi si sta manifestando con l'ingresso della materia nelle
Università e con il proliferare di pubblicazioni scientifiche, anche in italiano, sull'argomento.
Peculiarità del medium
« Un game designer non crea tecnologia. Un game designer crea un’esperienza. »
(Katie Salen e Eric Zimmerman - Rules of Play.)
Il videogioco presenta diverse unicità se comparato con i media tradizionali come cinema e romanzo. Per questo
motivo non può essere considerato come semplice “film o romanzo interattivo” visto che un tale approccio di
decostruzione risulta improduttivo. Infatti un gioco non racconta una storia ma sono i giocatori a “raccontarla” e a
crearla attraverso le loro performance[5].
Ad esempio in un dipinto, una canzone, un film, un libro o un episodio TV, il pubblico non può modificare l’esito di
un episodio e quindi non può intervenire attivamente sull'opera artistica. In un buon gioco invece il giocatore
modifica l’esito con ogni sua azione, poiché in un videogioco l’utente è spettatore e attore allo stesso tempo.
D'altronde Jesper Juul nella sua opera A Clash between Game and Narrative afferma che non può esistere
interattività e narrazione nello stesso tempo perché è impossibile influenzare qualcosa che è già successo[6]. Nel
corso della Game Developers Conference 2010, Warren Spector ha ribadito che i videogiochi non sono dei film (“Se
vuoi realizzare il tuo gioco come un film, tu dovresti fare film”) e che questi dovrebbero offrire al giocatore sempre
una grande libertà di espressione creativa; poiché l’intervento del giocatore è una delle unicità del videogioco e i
giocatori sono i veri protagonisti che dovrebbero vivere la loro personale storia[7].
Anche Ivan Fulco, giornalista e traduttore, ha sottolineato questa peculiarità del medium affermando che i
videogiochi non sono storie spaziali ma luoghi dove vivere altre vite, ovvero brandelli della nostra vita per quanto
virtuale[8]. Inoltre se una storia è lineare, un videogioco è l’opposto visto che è un sistema dinamico, uno spazio di
possibilità[9]. Nella fattispecie una partita in un gioco è un continuo divenire, tutto è in costante mutamento, basti
pensare alle migliaia di video che affollano YouTube che mostrano sequenze di gameplay sempre diverse. Tutto ciò
è dovuto dal fatto che le possibilità offerte da un videogioco e l’interazione dell’utente con quest’ultimo garantiscono
partite uniche, originali e mai uguali per ogni giocatore[10].
In definitiva un videogioco può essere paragonato a un triangolo di possibilità, con la situazione iniziale a un vertice
e le conclusioni possibili lungo il lato opposto, con una miriade (idealmente un’infinità) di percorsi tra lo stato
iniziale e il risultato finale[11]. Attraverso l’intervento del giocatore queste possibilità si concretizzano in una
sequenza di eventi e azioni ben precisa che può essere trasformata in una storia, ovvero l’esperienza di gioco può dar
vita a una storia da raccontare[12]. Tra l’altro Apple ha depositato (intorno al 2010) il brevetto di una tecnologia in
grado di estrapolare dati da un videogioco per creare un fumetto. L’idea di base è un’applicazione in grado di
connettersi al videogioco, da cui prendere immagini, dialoghi e azioni per poi organizzarli in una struttura logica per
realizzare un fumetto o anche un e-book personalizzato[13]. Tale idea non fa altro che evidenziare la dinamicità
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propria dei videogiochi in cui gli eventi del gameplay dipendono dalle scelte, dalle azioni del giocatore,
dall’intelligenza artificiale e dalle possibilità che vengono offerte.
Età dei videogiocatori
La fascia anagrafica più cospicua di coloro che praticano il videogioco
è tra i 16 e i 29 anni, sebbene in alcuni paesi, come il Regno Unito,
l'età media sia più alta, arrivando comunque ad un massimo di 49 anni;
in Italia l'età media è di 28 anni.
Oggi nel mondo i videogiochi sono praticati da almeno 130-145
milioni di persone di tutte le età. In Italia nel 2008 il numero dei
possessori di una console era di 8 milioni.
Sala giochi dei primi anni 2000.
Internet e "intelligenza connettiva"
La massiccia diffusione di Internet negli anni novanta ha favorito una diffusione altrettanto massiccia dei
videogiochi. Sul web è possibile infatti giocare allo stesso videogioco anche in gruppi composti da più persone
situate in diverse postazioni sparse per il globo.
Questa possibilità di dare vita ad una intelligenza connettiva (data appunto dalla interconnessione di più persone fra
loro comunicanti), sembra destinata ad essere presa in considerazione anche dal mondo della scuola. Si starebbe
cercando, in altre parole, di dare al videogioco una funzione pedagogica, ovviamente senza destrutturarlo troppo e
pur tuttavia sostituendone la componente competitiva con una meramente collaborativa. Un esempio di questo
tentativo è rappresentato da Stopdisasters, un videogioco on line lanciato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite
con l'intento di sensibilizzare i più piccoli sugli accorgimenti per costruire città e villaggi più sicuri dal rischio di
calamità e disastri ambientali.[14]
Generi
Come qualsiasi gioco, il videogioco può rappresentare oggetti astratti o riprodurre simbolicamente determinati
contesti culturali, astraendoli dal loro ambito ed applicandoli a contesti e situazioni che possono andare dalla
simulazione più fedele fino alla parodia.
Dalla nascita, i videogiochi si sono costantemente evoluti formando man mano dei generi completamente diversi tra
loro, con meccaniche di gioco differenti e differenti abilità richieste al giocatore. Oltre ad una naturale crescita
tecnica dei giochi, l'uscita di un titolo innovativo può essere talmente diverso dal punto di vista concettuale da creare
un tipo di videogioco a sé.
I principali gruppi nei quali si possono dividere i videogiochi sono due: simulativo o arcade. Un gioco simulativo è
un gioco basato sulla simulazione delle regole del mondo reale, chi opta per programmare un gioco orientato su
questo genere sa che il giocatore vuole investire anche ore del proprio tempo giocando a qualcosa di inedito e molto
difficile. Un gioco di guida con la reale rappresentazione della fisica, oppure un gioco di guerra dove con un solo
colpo la partita finisce, sono ottimi esempi. Il gioco arcade invece ne è l'esatto opposto. Chi sceglie un gioco arcade
non ha voglia di cimentarsi nell'apprendimento delle meccaniche di un gioco troppo complicato, ed il suo unico
desiderio è avviare il gioco e divertirsi all'istante, evitando se possibile di leggere il manuale.
Segue una lista (in ordine alfabetico) dei generi più comuni. Tra parentesi il termine inglese con cui sono spesso
conosciuti:
• Videogioco d'avventura (Adventure)
Videogioco
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• Avventura testuale (Textual adventure)
• Avventura grafica (Graphical adventure game o Point-and-click)
• Avventura a diapositive o Punta e clicca in prima persona (Slide-show adventure o Myst-like adventures)
• Scappa dalla stanza (Escape the room)
• Avventura dinamica (Action adventure): simile ai giochi d'azione, ma con più enigmi
• Alternate reality games
• Survival horror
• Videogioco d'azione: (Action)
• Videogioco a piattaforme (Platform)
• Picchiaduro (Beat 'em up)
• Picchiaduro a scorrimento
• Picchiaduro ad incontri
• Sparatutto (Shoot 'em up)
• Sparatutto in prima persona (First Person Shooter – FPS)
• Sparatutto in prima persona tattico (First Person Tactical
Shooter – FPTS)
• Sparatutto in terza persona (Third Person Shooter – TPS)
OpenArena, un tipico sparatutto in prima persona,
basato sulla rapidità di azione
• Sparatutto con light gun
• Splatter Game
• Videogioco stealth
• Videogioco di divinità (God game)
• Simulatore di vita (Life simulation game oppure Sim game)
• Videogioco musicale
• Videogioco di ballo (Rientra anche nella categoria: Exergaming)
• Videogioco di canto
• Videogioco di ritmo
• Videogioco a quiz
• Videogioco rompicapo (Puzzle game)
Battle for Wesnoth, un tipico videogioco
strategico a turni, basato sul ragionamento
• Rompicapo online (Enigma online)
• Videogioco di ruolo, GdR (Computer Role Playing Game – CRPG)
• Action RPG
• Videogioco di ruolo alla giapponese (Japanese Role Playing Game – J-RPG)
• Gioco di ruolo online
•
•
•
•
MMORPG (Massively Multiplayer Online Role Playing Game)
MUD (Multi-User Dungeon o Multi-User Dimension)
MUSH (Multi-User Shared Hallucination)
MOO (MUD Object Oriented)
• Videogioco di simulazione (Simulation video game): simulatore del modo di funzionare di macchine
• Simulatore di volo: aeroplani, elicotteri o astronavi civili e militari
• Simulatore di guida: carri armati o robot mech
• Altri simulatori, quali quello di treni, di sottomarini, di navi ecc.
• Erogame
• Videogioco sportivo
Videogioco
7
• Videogioco sportivo agonistico
• Videogioco di calcio
• Videogioco di guida: automobilismo e motociclismo
• Altri sport: atletica, golf, hockey, ippica, pallacanestro, tennis, vela
• Videogioco sportivo manageriale
• Gioco di strategia (Videogioco di strategia)
•
•
•
•
Videogioco gestionale
Videogioco di strategia in tempo reale (Real Time Strategy – RTS)
Videogioco tattico in tempo reale (Real Time Tactics – RTT)
Videogioco strategico a turni (Turn Based Strategy – TBS)
• Videogioco di educazione (Edutainment)
• Videogioco educativo (Edugame)
• Videogioco d'apprendimento
• Videogioco matematico
• Videogioco grammaticale e ortografico
• Videogioco di esercizi (Exergaming)
• Serious game
Studi sulle conseguenze psicologiche
Istigazione a comportamenti aggressivi
« I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac-Man avesse influenzato la nostra generazione, staremmo tutti
saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva. »
[15]
(Marcus Brigstocke.
)
Il videogioco viene spesso colpevolizzato attraverso i mass media[16], specie quando si verificano efferati episodi di
cronaca nera. Alcuni ritengono infatti che la ripetuta simulazione di sparatorie o atti di violenza, presenti in alcuni
videogiochi, possa in qualche modo avere influenzato precedentemente l'autore o gli autori di tali efferate gesta; altre
fonti sostengono invece che i bambini siano normalmente capaci di distinguere finzione e realtà e che questi singoli
episodi siano da ricondurre a sintomatologie pre-esistenti di tipo psicologico o di altra natura.
Una ricerca[17][18] dell'università dello Iowa, pubblicata sul Journal of Experimental Social Psycology, è giunta alla
conclusione che chi gioca con videogiochi violenti diventa meno sensibile alla violenza presente nel mondo reale. La
"desensibilizzazione" viene spiegata come "una riduzione delle emozioni in reazione ad atti violenti reali". Utilizzare
i giochi più violenti porterebbe non solo ad essere più violenti ma più aggressivi, intolleranti e meno altruisti.
Nella ricerca sono stati scelti 257 studenti di College (124 uomini e 133 donne) ai quali è stato chiesto di giocare a
videogiochi scelti casualmente: alcuni violenti (Carmageddon, Duke Nukem 3D, Mortal Kombat e Future Cop) e
altri non violenti (Glider Pro, 3D Pinball, 3D Munch Man e Tetra Madness). Ai soggetti per tutta la durata
dell'esperimento sono stati controllati i battiti cardiaci e la reattività epidermica. Dopo la "prova" ai volontari è stato
chiesto di sedersi a guardare un video di 10 minuti contenente scene di violenza reali.
I ricercatori hanno evidenziato che coloro che avevano giocato con videogiochi violenti avevano avuto una reazione
fisiologica analoga rispetto a quelli che avevano interagito con giochi non violenti durante la fase di gioco, ma
presentavano una reazione assai minore alle immagini di violenza reale mostrate loro successivamente. Raccolti tutti
i dati dell'esperimento gli psicologi affermarono che sarebbero stati sufficienti 20 minuti di videogiochi violenti per
diventare meno sensibili alle brutalità del mondo reale. Ma gli psicologi si sono spinti oltre nelle loro conclusioni,
Videogioco
definendo l'intera società del divertimento multimediale come una «macchina per la desensibilizzazione sistematica
dell'individuo»[19].
Bisogna altresì ricordare che la ricerca potrebbe essere interpretata anche come una desensibilizzazione rispetto ad
immagini fittizie di elementi reali: essere più tolleranti verso un filmato o ad una fotografia che mostrano scene
violente non è la stessa cosa (sia a livello conscio che inconscio) del trovarcisi direttamente davanti come spettatori
(il lettore può facilmente immaginare come reagirebbe se assistesse ad un omicidio commesso proprio davanti ai
suoi occhi e come reagirebbe invece se vedesse le immagini di un omicidio trasmesse ad esempio in un notiziario,
difficilmente nel secondo caso si rimarrebbe turbati quanto nel primo). Inoltre la stessa ricerca è una delle
innumerevoli che sono state fatte sul mondo e sugli effetti dei videogiochi, le quali hanno portato ai risultati più
disparati e contrastanti. Il dibattito è molto animato e ricco di interessamenti da parte di vari studiosi, e sta
proseguendo avanti con studi sempre più approfonditi.
Il 4 luglio 2013 è stata condotta una ricerca, nota come Failure to Demonstrate That Playing Violent Video Games
Diminishes Prosocial Behavior, da Morgan Tear e Mark Nielsen, dell'Università del Queensland in Australia. In
questo studio circa 160 studenti, tra i 17 e i 43 anni, sono stati impegnati giocando per un periodo di 20 minuti a
quattro tipi differenti di giochi: Grand Theft Auto IV, Call of Duty, Portal 2 e World of Zoo.[20] Successivamente
sono stati eseguiti dei semplici sondaggi d'apprezzamento dei videogiochi provati, che però inconsapevolmente per
gli studenti erano determinanti per capire e comprendere i loro comportamenti dopo l'esposizioni ai videogiochi
violenti e non. La conclusione è stata che non ci può essere alcun collegamento tra i giochi violenti e la violenza
stessa in essi contenuta e i comportamenti del giocatore in seguito alla sua esperienza con essi.[21][22]
Stimolazione del cervello
A parere di molti sociologi e psicologi, il videogioco favorisce una stimolazione del cervello dei giocatori,
inducendolo ad agire in maniera differente rispetto all'usuale grazie alla immediatezza del messaggio visivo fornito
dalle immagini. Steven Johnson, nel suo libro "Tutto quello che fa male ti fa bene" (Mondadori, 2006) cita recenti
studi di neurologia su come viene stimolata l'attivazione dei circuiti dopaminergici durante l'interazione con un gioco
elettronico. Citando quello che James Paul Gee chiama "ciclo indaga, ipotizza, reindaga, verifica" Johnson paragona
l'attività conoscitiva che un giocatore svolge all'interno di un videogioco al metodo scientifico. Questo aspetto,
tuttavia, viene talvolta considerato un ostacolo per un giocatore in età infantile o adolescenziale e quindi in fase di
apprendimento: la comunicazione che proviene da un insegnante può risultare non sempre recepibile da un giovane
abituato a messaggi prettamente visivi.
Secondo altri studiosi della materia, il videogioco sta contribuendo perciò a introdurre in questo inizio di III
millennio – a dispetto del massiccio uso delle immagini che fa – un nuovo tipo di cultura che contrasta le precedenti,
ossia quella orale e quella scritta. Questo dato di fatto si tramuta in timore davanti ad un altro genere di
considerazione: se cioè l'effetto di questo intrattenimento si limiti semplicemente a rivedere (ridisegnare?) gli stilemi
culturali esistenti oppure se possa portare – interessando così una sorta di roboetica – alla creazione di un modello
esistenziale di uomo-gioco.
Nel 2013 uno studio londinese ha messo in evidenza come alcuni giochi possono stimolare in modo diverso e
maggiore il cervello degli utilizzatori.[23]
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Industria dei videogiochi
Dagli anni novanta in poi l'industria dei videogiochi ha acquisito sempre più importanza, la produzione di
videogiochi moderni richiede investimenti per decine di milioni di euro ma può determinare incassi per centinaia di
milioni di euro. La sola GameStop, nel 2007, ha fatturato 5,56 miliardi di dollari. Nello stesso anno, per la prima
volta nella storia, l'industria dei videogiochi ha superato come volume d'affari l'industria musicale.
Note
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
WordReference.com (http:/ / www. wordreference. com/ definition/ video game)
Messages and Mediums: Learning to Teach With Videogames - David Thomas | ETC Press (http:/ / www. etc. cmu. edu/ etcpress/ node/ 202)
La Plante, Alice – Seinder, Rich, 1999, Playing for Profit, J. Wiley & Sons, New York, p. 231
Fulco 2002 in Bittanti et al. 2002a: 47-48
A Unique Medium (http:/ / finegamedesign. com/ fun_is_fine. html#_edn8)
Jesper Juul, A Clash between Game and Narrative, M.A. Thesis, 1999, pagina 4
Warren Spector: Game Developers Need to Embrace The Uniqueness of Their Medium (http:/ / news. softpedia. com/ news/
Warren-Spector-Game-Developers-Need-to-Embrace-The-Uniqueness-of-Their-Medium-152481. shtml)
[8] I videogiochi sono storie o esperienze da vivere? - Game Defenders - Paladini del Videogioco | Game Defenders – Paladini del Videogioco
(http:/ / paladinidelvideogioco. it/ i-videogiochi-sono-storie-o-esperienze-da-vivere/ )
[9] Rules of Play di Katie Salen e Eric Zimmerman, Capitolo 6: Interattività, Spazio di possibilità, Summary.
[10] Conti 2000 in Morcellini et al. 2000 (http:/ / www. aesvi. it/ cms/ view. php?dir_pk=505& cms_pk=62)
[11] Rules of Play di Katie Salen e Eric Zimmerman, Narrative Tension Greg Costikyan
[12] Rules of Play di Katie Salen e Eric Zimmerman, Retelling Game Stories
[13] Apple vuole creare fumetti dai videogiochi - Tom's Hardware (http:/ / www. tomshw. it/ cont/ news/
apple-vuole-creare-fumetti-dai-videogiochi/ 26595/ 1. html)
[14] Il video game “Stop Disasters” (http:/ / www. onuitalia. it/ events/ vg_sd. php)
[15] Come spiegato nel sito (http:/ / www. marcusbrigstocke. com/ pacman. php) di Brigstocke, è una sua battuta dell 1989, che fece il giro del
mondo e venne attribuita ad un certo «Kristian Wilson» presunto CEO di Nintendo.
[16] Una frase inguaia le ragazzine: "Uccidere? È un videogame" - IlGiornale.it (http:/ / www. ilgiornale. it/ news/ interni/
frase-inguaia-ragazzine-uccidere-videogame-905651. html)
[17] Nicholas L. Carnagey, Craig A. Anderson and Brad J. Bushman, The effect of video game violence on physiological desensitization to
real-life violence, Journal of Experimental Social Psychology (in stampa, doi: 10.1016/j.jesp.2006.05.003). Disponibile nella homepage
dell'autore: http:/ / www. wfu. edu/ ~carnagnl/ pubs/ 06CAB. pdf
[18] Pagina web dell'università dello Iowa sulla ricerca citata (http:/ / www. iastate. edu/ ~nscentral/ news/ 06/ jul/ desensitized. shtml)
[19] Articolo di (http:/ / www. repubblica. it/ 2005/ i/ sezioni/ scienza_e_tecnologia/ videogiochi/ videogames-e-violenza/
videogames-e-violenza. html) La Repubblica
[20] Failure to Demonstrate That Playing Violent Video Games Diminishes Prosocial Behavior (http:/ / www. plosone. org/ article/ info:doi/ 10.
1371/ journal. pone. 0068382)
[21] Evereye.it - Videogiochi: secondo uno studio australiano non hanno alcun legame con i comportamenti anti-sociali (http:/ / www. everyeye.
it/ multi/ notizia/
videogiochi-secondo-uno-studio-australiano-non-hanno-alcun-legame-con-i-comportamenti-anti-sociali_163191?no_interstitial=1)
[22] La Stampa.it: I videogiochi violenti non aumentano i comportamenti antisociali (http:/ / www. lastampa. it/ 2013/ 07/ 05/ tecnologia/ giochi/
i-videogiochi-violenti-non-aumentano-i-comportamenti-antisociali-dQ8tXpI5Uz3M85EgU4YwBO/ pagina. html)
[23] Alcuni videogiochi aumentano la potenza del cervello (http:/ / www. lastampa. it/ 2013/ 08/ 22/ scienza/ benessere/
alcuni-videogiochi-aumentano-la-potenza-del-cervello-jkL4MoEuc3GBoL6CrHsoAL/ pagina. html)
Bibliografia
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Domenico Carzo; Marco Centorrino. Tomb Raider o il destino delle passioni. Per una sociologia del videogioco.
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• James Paul Gee. Come un videogioco. Insegnare e apprendere nella scuola digitale. Cortina Raffaello.
• Massimo Maietti. Semiotica dei videogiochi. Unicopli.
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Videogioco
• Jane McGonigall. La realtà in gioco. Perché i giochi ci rendono migliori e come possono cambiare il mondo.
Apogeo.
• Luca Papale. Estetica dei videogiochi. Percorsi, evoluzioni, ibridazioni. UniversItalia.
• Gianfranco Pecchinenda. Videogiochi e cultura della simulazione. Laterza.
• Gino Roncaglia. Videogiochi. Intervista Video per RAI Filosofia (http://www.filosofia.rai.it/articoli/
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• Stefano Triberti; Luca Argenton. Psicologia dei videogiochi. Come i mondi virtuali influenzano mente e
comportamento. Apogeo.
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Ninja Gaiden Shadow (忍 者 龍 剣 伝GB 摩 天 楼 決 戦 Ninja Ryūkenden GB Matenrō Kessen?, "Legend of the Ninja
Dragon Sword GB: Skyscraper Showdown"), pubblicato come Shadow Warriors nella versione PAL, è un gioco d'azione
per Nintendo Nintendo Game Boy del 1991, creato e distribuito dalla Tecmo. Il protagonista è Ryu Hayabusa, ed è parte
della serie Ninja Gaiden. Si crede che questo gioco non sia altro che un versione modificata del gioco Shadow of the Ninja,
un gioco della Natsume, che la Tecmo modificò per adeguarlo alla trilogia di Ninja Gaiden.
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Fonti e autori delle voci
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