L’acuità visiva nella pratica optometrica
Giorgio Parisotto Optometrista S.Opt.I., Istituto Zaccagnini sede di Cividale del Friuli (UD)
La visione è un processo sensoriale complesso, il suo
aspetto cognitivo ci porta a compiere dei giudizi
del mondo esterno che vanno dalla distanza degli
oggetti, ai colori, alla luminosità, al movimento.
L’apparente facilità con cui il sistema visivo trasforma
le informazioni retiniche in queste complesse
dinamiche, ci portano spesso a dimenticare tutti i
fattori connessi a livello cerebrale. In realtà questi
processi sono a tutt’oggi fonte di ricerche, e molti
aspetti sono ancora un mistero.
La nostra pratica clinica ci porta quindi a isolare le
specifiche funzioni visive, e a cercare test specifici
che ci permettano di misurare e confrontare
ognuna di esse. Nella routine clinica abbiamo test
che ci permettono di evidenziare problematiche
relative alla percezione cromatica, al contrasto, alla
risoluzione, alla profondità ecc. Nello specifico
i test della percezione cromatica, del contrasto
(inteso come sensibilità e come misura del campo
visivo), la stereopsi, sono i test più comunemente
usati. La misura dell’acuita visiva, nella fattispecie
quella eseguita con l’ottotipo si Snellen, è la
misura sensoriale più utilizzata, viene eseguita in
ogni studio optometrico, oftalmologico, in molti
ambiti occupazionali, nella medicina legale ecc.
Sicuramente l’acuità visiva è il test più comunemente
usato per evidenziare le performance del sistema
visivo. Nonostante l’acuità visiva da sola non rilevi
l’efficienza del sistema, questo test è di semplice
esecuzione e comunque l’acuità visiva è estremamente
correlata con il giudizio che le persone danno della
loro visione.
essere appena distinti è di 2’ si dice che l’acutezza
visiva di risoluzione è uguale a ½= 0,5. L’acutezza di
risoluzione si fonda sostanzialmente sulla possibilità
di percepire la differenza di luminanza, di contrasto
esistente nell’intervallo che separa i punti, le linee
o gli altri dettagli da distinguere. Perché questo
dettaglio sia percepito è necessario che sulla retina
si costituisca una differenza di illuminamento e che
questa differenza sia di entità e di dimensioni tali da
rappresentare uno stimolo adeguato almeno per una
unità percettiva retinica (vedi fattori neurologici).
Nella pratica optometrica non utilizziamo questa
metodologia di misurazione, ma quella definita di
risoluzione o morfoscopica, cioè quella definita dalle
minime dimensioni angolari necessarie a consentire
il riconoscimento della caratteristiche o della forma
di una figura. Questa capacità è derivata non solo
dalla capacità di risoluzione, ma anche da funzioni
cognitive come ad esempio il saper riconoscere le
lettere dell’alfabeto, di oggetti ecc. (Fig. 1).
Gli errori refrattivi, le opacità dei mezzi oculari,
degenerazioni maculari, deficit neurologici,
influenzano la capacità di risoluzione, mentre
problematiche della parte periferica della retina che
non si riflettono immediatamente nella funzionalità
visiva, hanno meno impatto sulla percezione della
propria visione.
Nonostante l’importanza del test, non sempre in
clinica vengono poste le dovute attenzioni alle
procedure di somministrazione, che possono essere
variate dalla distanza della tabella ottotipica,
dall’illuminazione, dalle istruzioni fornite al
paziente, dalle capacità cognitive.
Cos’è l’acuità visiva?
La più piccola distanza angolare alla quale due
punti o due linee possono essere ancora percepiti
come due linee o due punti, viene chiamato
angolo minimo di risoluzione (Minimal Angle of
Resolution MAR). Per convenzione quest’angolo
viene espresso in minuti primi, cioè sessantesimi
di grado. Il reciproco dell’angolo minimo di
risoluzione, espresso in minuti primi, rappresenta
l’acutezza visiva di risoluzione. Ad esempio se la
distanza minima alla quale due punti possono
Fattori che influenzano l’acuità visiva
Fattori Ottici
Anche in assenza di errori refrattivi, un punto
oggetto nello spazio, può non essere coniugato con
la retina. La diffrazione prodotta ai margini della
pupilla, può trasformare il punto nel cosiddetto
disco di Airy, che è determinato dal diametro
pupillare e dalla lunghezza d’onda della luce. Questo
fattore determina il primo limite fisico alla capacità
risolutiva/acuità del sistema visivo. Rayleigh propose
che due punti possono essere risolti quando i centri
dei rispettivi dischi di Airy sono separati dalla
metà del loro diametro. Per l’occhio questo pone il
limite fisico di risoluzione approssimativamente a
45 secondi d’arco (0,00125°). In altre parole questa
è la massima risoluzione che possiamo ottenere
in un occhio privo di errori refrattivi, assenza
di aberrazioni, e con una alta densità di coni.
Nella pratica il nostro sistema visivo è afflitto da
numerose aberrazioni (quelle più semplici, sferiche
e cromatiche), che assieme tendono a diminuire
la qualità dell’immagine retinica. Il pattern della
luce che incide sulla retina da un punto oggetto
è descritto dal cosiddetto PSF (Point Spread
Function). Errori refrattivi ed opacità dei mezzi,
dimensioni della pupilla (Fig. 2) incrementano la
grandezza e la forma del point spread function e
quindi abbiamo un effetto diretto sulla risoluzione.
dossier
Figura 1
DOSSIER
20
Figura 2
Una Acuità o più Acuità
In base al tipo di stimoli visivi usati possiamo
riconoscere almeno quattro tipi fondamentali di
acuità visiva:
1) l’acutezza di visibilità nella quale si tratta di accertare o escludere la presenza di un oggetto
2) l’acutezza di risoluzione nella quale si tratta di percepire i dettagli di un oggetto
3) l’acutezza di localizzazione nella quale si tratta di
valutare la localizzazione spaziale relativa di due
oggetti
4) l’acutezza di ricognizione o morfoscopica nella quale
si tratta di riconoscere le caratteristiche o la forma
di un oggetto; questa è l’acutezza che viene correntemente misurata con molteplici modalità
nella pratica quotidiana. È considerata standard
da norme del Regno Unito (BS4274) ed estremamente comune anche in Italia (Fig. 3).
Lettere
Le lettere maiuscole dell’alfabeto sono l’ottotipo più
diffusamente usato a causa della loro ineguagliabile
facilità di impiego; le istruzioni da impartire si
riducono all’invito a leggere le lettere e la prova del
Figura 3
DOSSIER
21
dossier
assoni vanno a formare il nervo ottico; ciò comporta
che gruppi di fotorecettori debbono far confluite i
loro segnali nella medesima cellula gangliare. Il
complesso dei fotorecettori retini funzionalmente
connessi con una cellula gangliare costituisce una
unità recettiva retinica. Come dicevamo il numero
di fotorecettori connessi con una cellula gangliare è
molto più elevato alla periferia che al centro della
retina; nella parte centrale della fovea ogni cono è
collegato con una sola cellula gangliare e costituisce
da solo una unità recettiva retinica.
Fattori neurologici
Quando osserviamo due spot di luce a distanza, per
poterne percepire effettivamente due, e non uno
solo, ogni spot deve cadere su un fotorecettore con
un fotorecettore non stimolato tra i due.
Nella fovea i fotorecettori sono separati
approssimativamente di 2 microns, e quindi, i
centri dei due spots devono essere separati di
almeno 4 microns. Questo è il limite teorico della
risoluzione, molto vicino a quello della diffrazione
(approssimativamente 45 secondi d’arco). Questo
assunto potrebbe essere considerato valido solo nel
caso in cui ogni cono fosse collegato direttamente
ad una cellula gangliare, in realtà nella periferia
retinica più coni convergono in una cellula gangliare,
per cui la risoluzione neurale viene compromessa.
Solo a livello foveale, non essendoci convergenza
dei coni, la risoluzione neurale è teoricamente
possibile. La percezione finale dei due spot dipende
inoltre da altri fattori connessi alla corteccia visiva.
Le informazioni ricevute da circa 125 milioni di
fotorecettori retinici (coni e bastoncelli) vengono
trasmesse ai centri visivi superiori attraverso
l’attività di circa un milione di cellule gangliari i cui
riconoscimento dell’ottotipo consiste nella lettura
corretta. L’acutezza visiva misurata con le lettere
rappresenta l’acuità di ricognizione, la quale si fonda
oltre che sull’acutezza di visibilità, di risoluzione,
e di localizzazione, anche sul concorso di altri
fattori di carattere percettivo e cognitivo, che sono
difficilmente classificabili. Non tutte le lettere
appaiono ugualmente riconoscibili in condizioni di
visibilità critica. Una V, che è l’unica lettera simile
ad un angolo con apice in basso, è certamente meglio
riconoscibile di una D, la cui forma può essere
confusa con quella delle lettere G, O, Q. Allo scopo
di definire le lettere più adatte sono state condotte
numerose ricerche con risultati spesso contrastanti.
Uno dei pochi punti di concordanza è costituito dalla
identificazione della L come la lettera più facile e
della B come una delle più difficili. Per questo motivo
non si utilizzano tutte le lettere indiscriminatamente
ma solo delle combinazioni di caratteri. Queste sono
state definite in serie sperimentali di pari difficoltà e
sono paragonabili ai parametri della C di Landolt.
Le serie più usate sono:
lettere di SLOAN = S O C D K V R H N Z
lettere secondo le norme (BS 4724) = D E H N F
PRUVZ
l’attendibilità di mire di risoluzione. La figura
presenta orientamento e zone di risoluzione
ben definite (la distanza tra i tratti della E è la
medesima, a differenza di quello che avviene
nei simboli alfabetici e permette di interpretare
l’errore nel caso di astigmatismo. Una sequenza di
figure simili ma di orientamento variabile risulta
più difficile da memorizzare rispetto ad una
sequenza alfanumerica.
Questo tipo di figura è utilizzabile anche con
bambini non scolarizzati, è sufficiente dare loro
un modello (di cartone o di plastica) e chiedere di
posizionarlo come la figura, un esercizio del genere
può venir fatto, preventivamente a casa. I problemi
sono i seguenti: l’acuità risulta leggermente
superiore, cioè la figura è comprensibile anche
se leggermente indistinta; le risposte errate
localizzano la lettera prevalentemente nella
posizione consueta; le figure vengono presentate
solo in quattro posizioni.
Costruzione delle mire
Le mire ottotipiche non sono disegnate con la
forma e la originalità dei caratteri di stampa
ma rispettano per convenzione un criterio ben
preciso: sono inscritte in una griglia 5x5 o 4x5
come nel caso della normativa British standard
(Fig. 4).
Numeri
Anche le cifre arabiche vengono talvolta utilizzate,
ponendo gli stessi problemi che pongono le lettere.
Il loro uso è accettato, ma non raccomandato.
dossier
Figure astratte con componente direzionale:
Anelli o C di Landolt, E di Snellen o Albini
C di Landolt
È la mira di risoluzione più comune, quella
considerata di riferimento nelle norme
standardizzate (Din o Iso).
Viene presentata in 4 o 8 orientamenti. Non
presenta i difetti tipici delle lettere, però il
test può risultare difficoltoso nei bambini per
la difficoltà di comprensione. A causa della
somiglianza con la lettera C, i soggetti tendono
a localizzare la mira nella posizione di C.
E di Snellen o di Albini
Una mira a forma di E posizionata con vari
orientamenti, rappresenta una buona soluzione
intermedia tra la praticità dell’alfabeto e
Figura 4
DOSSIER
22
L’angolo di risoluzione della lettera o meglio del
reticolo è dato dallo spessore del tratto e dal
dettaglio caratteristico che devono essere di un
quinto della grandezza totale del carattere.
La dimensione della mira è data dalla seguente
formula:
Hmira = tang α’ x d x 5
- H = altezza di tutta la mira (cioè 5 volte lo
spessore del tratto)
- α’ = angolo in primi sotteso dal tratto della
lettera (α’ = a/d x 3438 a = spessore mira, d
= distanza di osservazione, 3438 = costante =
360°x60/2r π)
- d = la distanza di osservazione
la dimensione della mira in relazione all’AV
possiamo calcolarla:
a spessore del tratto = d / (3438xAV) moltiplicato
per 5 per ricavare l’altezza della mira
m/M = distanza d’esame/dimensioni dell’ottotipo
in unita M
es: d = 4m AV = 1,0
H lettera = 4m / (3438x 1,0) x5 = 0,005817m
Progressione della grandezza delle lettere
Nei classici ottotipi di Snellen la progressione delle
dimensioni delle grandezze è irregolare. Per esempio
il passaggio dai 6/5 (vedi tabella per la conversione
in decimi) ai 6/6 rappresenta un incremento del
120% mentre il salto dai 6/36 ai 6/60 comporta
un incremento del 167%. Alcune case costruttrici
adottano una progressione geometrica delle
dimensione dei simboli, permettendo una notevole
linearità delle misura, che non si ha nelle tabelle che
presentano differenze di un decimo tra ogni riga, per
cui la variazione di acuità è estremanente variabile.
Specificazione dell’acutezza visiva
L’acutezza visiva di visibilità è rappresentata dal
reciproco dell’angolo visuale (espresso in minuti
primi) sotteso dal più piccolo oggetto di cui si
può percepirne l’esistenza; se l’oggetto sottende
un angolo visuale di 10 minuti primi, l’acutezza
visiva è uguale a 0.1. L’acutezza di risoluzione
e di ricognizione viene definita con l’inverso
dell’angolo minimo di risoluzione (MAR), cioè
dell’angolo visuale (espresso in minuti primi),
sotteso dal dettaglio del più piccolo ottotipo
riconosciuto. Quando il dettaglio critico
dell’ottotipo sottende un angolo di 5 minuti
primi, l’acutezza visiva è pari a 1/5 = 0.2; se il
MAR è 4’ , l’acutezza visiva è pari a 1/4 = 0.25
e così via. Il valore dell’acutezza visiva può essere
registrato sotto forma di frazione decimale:
invece di 0.2 si può scrivere 2/10.
L’impiego dell’inverso del MAR viene indicato
come notazione decimale dell’acutezza visiva.
Nei paesi anglossasoni si è conservato l’uso di
definire con la frazione di Snellen nella quale
il numeratore corrisponde alla distanza a cui è
stato effettuato l’esame (m) e il denominatore
indica la distanza alla quale i più piccoli ottotipi
riconosciuti sottendono un angolo visuale di 5’ o
i loro dettagli un angolo di 1’ (M).
Figura 5
DOSSIER
23
dossier
Pertanto la frazione 6/12 indica che l’esame è stato
effettuato a 6 metri e che il più piccolo ottotipo
riconosciuto sottende un angolo visuale di 5’ a 12
metri. Frazioni Snellen con numeratore uguale a 20
vengono largamente usate negli Stati Uniti.
per ogni riga di 0,1 unità logaritmiche, cioè i simboli
di ogni riga sono sempre 1,259 volte più grandi di
quelli successivi. Per avere un dimezzamento della
grandezza dei simboli, e quindi un raddoppiamento
dell’acuità visiva, si debbono scorrere sempre tre
righe di caratteri.
La registrazione dell’acuità visiva
Con le tabelle ottotipiche di Snellen, l’acuità visiva
registrata è rappresentata dalla più piccola linea che
il paziente può riconoscere. Il metodo è di per sé
accettabile se un paziente leggesse completamente
una linea e non riconoscesse nessuna lettera di quella
inferiore. Nella pratica clinica sappiamo molto bene
che questo non accade, i pazienti possono spesso
leggere alcune lettere di una riga e solo alcune di
una riga inferiore. Questo comporta una difficile
standardizzazione della notazione, portando il
professionista a registrate l’acuità nei modi più
disparati 10/10 -2 , 9/10 +3, o 10/10 in parte.
Figura 6
dossier
In questi casi si segue una progressione nota
come LogMAR (logaritmo del minimo angolo di
risoluzione), in cui la grandezza dei simboli decresce
Figura 7
DOSSIER
24
registrazione dei dati. Se l’incremento della scala è
pari a 0,1 e vi sono 5 lettere per ogni riga, ad ogni
lettera può essere assegnato un punteggio pari a 0,02
(0,1/5). Quindi se un paziente legge tutta la riga dei
10/10, il punteggio LogMAR è 0. Se il paziente
sbaglia la lettura di una lettera il suo punteggio sarà
0,02 - 2 lettere sbagliate 0,04 - 3 lettere 0,06 ecc.
Questo sistema elimina la confusione che si può
generare con la tabella di Snellen ed aumenta quindi
la precisione.
Lo svantaggio della notazione LogMAR è
che richiede alcuni calcoli aritmetici per la
determinazione esatta e che i valori con notazione
negativa sono contrariamente alle norme i valori che
rappresentano la migliore acuità. Per ovviare a questi
problemi Bailey, propose un metodo alternativo
per la notazione dell’acuità chiamato VAR (Visual
Acuity Rating).
Il calcolo del VAR è il seguente:
VAR = 100 – (50 * LogMAR)
Se il paziente legge tutte le lettere incluse nella linea
dei 10/10, il calcolo del punteggio VAR è pari a 100.
Se il paziente non legge correttamente una lettera
il punteggio è pari a 99, 2 lettere 98 ecc. Se invece
legge una lettera oltre la linea dei 10/10 (LogMAR
0) il punteggio è 101, 2 lettere 102 ecc.
Questa notazione mantiene i vantaggi del LogMAR,
ma richiede meno calcoli mentali da parte
dell’operatore. Nella figura 7 vediamo una tabella
di conversione dei vari sistemi.
La misura dell’acuità visiva con i sistemi
computerizzati
Attualmente in commercio esistono tabelle
ottotipiche composte da monitor LCD (Fig. 8) e
software appropriati che consentono una migliore
gestione della valutazione clinica nella pratica
optometrica. La particolarità di questi strumenti
è la estrema flessibilità che consentono nella
presentazione e nella tipologia di tests eseguibili.
Vediamo alcune caratteristiche prozie di questi
strumenti.
Modalità di presentazione
Presentazione “tradizionale”
Nella presentazione “tradizionale” la distanza fra
una lettera e l’altra (definita come affollamento)
è pari alla dimensione della lettera stessa; questo
mantiene una costanza di affollamento ma non crea
Figura 8
DOSSIER
25
dossier
Questa metodologia comporta una difficoltà di
giudizio nella valutazione di eventuali cambiamenti
da parte dell’acuità visiva del paziente.
Un metodo per risolvere questo problema è stato
proposto da Bailey (Fig. 5) utilizzando la BaileyLovie chart, con il sistema detto VAR (Visual
Acuity Rating).
La Bailey-Lovie chart (Fig. 6) è una tabella
ottotipica che presenta numerosi vantaggi:
- la presenza di 5 lettere per ogni riga, che assicura
una richiesta equivalente per ogni riga e una interzione dei contorni costante.
- Ci sono più lettere per le basse acuità, rispetto ad
altre tabelle.
- La spaziatura delle lettere è uguale alla larghezza
della lettera in ogni riga.
- La grandezza delle lettere segue una progressione
logaritmica, e gli step sono di 0,1 LogMAR.
LogMAR è l’acronimo composto da Log10 del
Minimo Angolo di Risoluzione (MAR). Una lettera
di 10/10, sottende 5 minuti d’arco, equivalente
al MAR di un minuto d’arco e al LogMAR 0
(Log10 (1)= 0). È evidente che lo svantaggio di
tale notazione è che l’acuità superiore ai 10/10 il
punteggio LogMAR risulta negativo. Molte delle
tabelle coprono un range che va da -0,3 (20/10)
a +1,00 (1/10). Per i pazienti con acuità visiva
inferiore a 1,00 LogMAR, si procede riducendo la
distanza di lettura. L’utilizzo della tabelle BaileyLovie consente anche una maggiore precisione nella
fenomeni di interferenza fra mira e mira; comunque
a discrezione dell’operatore il coefficiente di
affollamento può essere aumentato. Compatibilmente
con la dimensione dello schermo possiamo scegliere
di presentare da 1 a 7 lettere per riga (di norma
5). Le lettere presentate possono essere in ordine
fisso o randomizzato; quest’ultima opzione rende
impossibile la memorizzazione delle lettere.
Presentazione di mire ad alto affollamento
(crowding)
Questo test è particolarmente utile nei casi di
ambliopia funzionale in quanto il soggetto distingue
con più difficoltà le mire ad effetto crowding; queste
vengono presentate ad un affollamento di 0,5 cioè la
distanza fra una mira e l’altra è pari alla metà della
dimensione della lettera stessa.
Si visualizzano 3 righe di E di Snellen tutte allo
stesso livello di AV; il soggetto deve riconoscere
l’orientamento della riga centrale mentre le
righe prima e terza costituiscono l’elemento di
affollamento.
Le mire sono presentate in ordine randomizzato.
dossier
Presentazione ad affollamento costante
Altra modalità di presentazione delle mire è quella
ad affollamento costante generalmente nota come
“standard ETDRS” (dal nome del principale
centro di ricerca che adottò questo standard: Early
Treatment Diabetic Retinopathy Study).
In sintesi le principali caratteristiche sono:
A) le righe sono composte da 5 lettere secondo
Sloan;
B) lo spazio tra le lettere è uguale alla dimensione
delle lettere stesse (coeff. di affollamento = 1);
C) la distanza fra le righe è pari alla dimensione
della riga inferiore;
D) la scala adottata è quella geometrica (strettamente paragonabile a quella logaritmica);
E) sia nella prima e ultima riga che nella prima e
ultima lettera vengono adottati dei blocchi di
affollamento che mantengono costante l’affollamento anche ai margini della tavola.
Quando la dimensione del monitor limita la
visualizzazione delle 5 lettere per riga si considerano
solo le mire centrali e utilizzando la funzione di
“random” vengono modificati i caratteri fino ad
ottenere le 5 risposte per riga.
DOSSIER
26
Test acutezza visiva di risoluzione (metodo
staircase interattivo)
Un test di AV deve essere preciso (ripetibile)
accurato (il risultato deve essere il più
“oggettivo” possibile) sensibile (in grado di
apprezzare piccole variazioni) di facile gestione
e possibilmente veloce da eseguire.
La procedura ora descritta riunisce queste
caratteristiche come nessun altro test.
Sul monitor viene visualizzata una sola mira:
E di Snellen o C di Landolt con un
orientamento assolutamente casuale che dovrà
poi indicare il soggetto.
La mira può essere presentata con o senza barre
di affollamento e a tutti i livelli di contrasto.
numero di presentazioni vicine al limite di AV.
nella zona definita di transizione.
Il software dà la possibilità di modificare le
seguenti variabili:
- il numero di presentazioni di mire
- il range di visus
- il contrasto
- l’affollamento
L’operatore non deve far altro che agire sul
tasto “GO” del telecomando quando la risposta
è corretta o sul tasto “BACK” quando è errata,
il software memorizza le risposte e modulerà
la successiva presentazione aumentando la
dimensione quando viene data una risposta
sbagliata o viceversa quando questa è esatta.
Per velocizzare e ottimizzare la procedura
si inizia visualizzando un livello intermedio
di tutta la scala; se la risposta è corretta la
difficoltà viene aumentata di 3 “livelli” e
così fino al punto di inversione (cioè fino a
quando viene oltrepassata la soglia di AV); da
questo punto in poi si procede aumentando o
diminuendo di un livello per volta.
I vantaggi di questa particolare procedura
sono:
- nessuna possibilità di memorizzazione;
- massima standardizzazione e ripetitività del test;
- facilità di presentazione soprattutto con bambini
perché è evidente che con la mira singola si evitano equivoci di ogni genere;
- controllo del coefficiente di affollamento (le barre
di affollamento possono essere a diverse distanze
o assenti del tutto);
- velocità di esecuzione;
- le mire possono essere visualizzate a diverse condizioni di contrasto.
In questo grafico l’asse orizzontale riporta
il numero di presentazioni effettuate, l’asse
verticale invece il valore di A.V. relativo.
I punti verdi indicano le risposte esatte; i punti
rossi quelle errate.
È evidente che in poche battute ci troveremo
vicini a quella che possiamo definire come
soglia critica; questo consente il maggior
DOSSIER
27
dossier
Le risposte vengono successivamente analizzate
e visualizzate graficamente quantificando il
livello di soglia di acutezza visiva che viene
calcolato sulla media dei valori ottenuti
nella zona di transizione, escludendo dal
calcolo i dati che non sono significativi (zona
sopraliminare).
b) Capacità di rilassare l’accomodazione durante la
fissazione a distanza
c) La tendenza di alcune persone di strizzare le palpebre, per aumentare l’acuità
d) Presenza di aberrazioni oculari
e) Variazione nel gradiente retinico
Hirsc (1945) pubblicò alcuni dati della relazione tra
miopia e visus naturale a distanza, basati sull’analisi
clinica di 64 occhi di studenti di College con miopia
variabile da sf. -0,50 a sf. -13,50. Come si vede nella
tabella 1, l’acuità visiva (95% di limite di confidenza),
si esprimeva in un range da 20/13 a 20/60 per una
miopia di -0,50, da 20/30 a 20/150 per una miopia di
-1,00 e da 20/75 a 20/380 per una miopia di -2,00.
La relazione tra visus naturale e miopia ed
astigmatismo è stata investigata a tre diverse età
da Peters (1961). I dati sono stati ricavati dalla
registrazione clinica di 2542 occhi di pazienti dai 5
ai 15 anni, 2262 occhi di pazienti da 25-35 anni e da
2188 occhi di pazienti da 45-55 anni. Peters pubblicò
il lavoro dimostrando che per gli occhi miopi la
media dell’acuità visiva è in dipendenza dell’entità
della refrazione sferica ed astigmatica, ma non era
variabile nei tre gruppi di età. Come vediamo dalla
tabella 2 i valori sono leggermente diversi da quelli
pubblicati da Hirsc (1945), ma ogni 0,50 di valore
astigmatico, contribuisce alla diminuizione del visus
di due linee.
Oltre al valore di AV vengono forniti anche i valori
della deviazione standard (DS) e del limite di
confidenza (LC).
La deviazione standard definisce la variabilità di
una distribuzione di valori (in questo caso dell’AV)
e viene calcolata con la seguente formula:
deviazione standard =
dossier
Xi = singoli valori trovati espressi in LogMAR
X= valore medio
N= il numero di presentazioni considerate
Il limite di confidenza al 95% indica la distanza
dalla media del 95% dei valori considerati
L’acuità visiva nel bambino
Mentre il valore dei 10/10 o 20/20 sia uniformemente
accettato come valore di normalità nell’adulto, lo
stesso singolo criterio non può essere usato per i
bambini molto piccoli (da un mese a 5 anni).
LC= media +/- K* DevStd
Tabella 1 - Acuità visiva non corretta
MIOPIA
MEDIA
95% LIMIT
K = coefficiente proporzionale al numero di
presentazioni es: k per 5 presentazioni = 1.2416 per
8 = 0.8360 per 15 = 0.5538 ecc…
-0,50
20/25
20/13 a 20/50
-1,00
20/65
20/30 a 20/150
-1,50
20/110
20/50 a 20/250
Relazione tra miopia e Acuità Visiva a distanza
Per lo stesso valore di miopia, il visus naturale a
distanza tende ad essere estremamente variabile
da individuo ad individuo. Alcuni dei fattori che
determinano la variabilità sono:
a) Differenza nel diametro pupillare (la pupilla più
stretta permette una migliore profondità di fuoco)
-2,00
20/165
20/75 a 20/380
-2,50
20/215
20/100 a 20/500
-3,00
20/285
20/130 a 20/650
-4,00
20/420
20/200 a 20/950
MJ Hirsch. Relation of Visual acuity to myopia. Arch.
Ophtalmology 1945;24:418-421
DOSSIER
28
Tabella 2
ASTIGMATISMO
(CIL)
ACUITÀ NON
CORRETTA
-0,50
0,00
20/30
-0,50
20/45
-1,00
20/60
0,00
20/60
-0,50
20/70
-1,00
20/80
0,00
20/80
-0,50
20/100
-1,00
20/150
0,00
20/200
-1,00
-1,50
-2,00
HB Peters. The relationship between refractive errors and visual
acuity at three age levels. Am J Optom Arch Am Acad Optom
1961;38:194-197.
A partire dagli anni ´40 veniva considerato che un
bambino non raggiungeva un visus di 10/10 se non
a partire dai 5 anni. In realtà questo è un dato poco
significativo, l’acuità visiva per un bambino piccolo è
anche in stretta dipendenza dal metodo con cui essa
viene rilevata (Tab. 3).
Anche nei bambini più grandicielli i valori di acuità
sono variabili a seconda dell’età del soggetto ed il
metodo di misura utilizzato. Bambini della stessa
età possono mostrare marcate differenza di acutezza
Tabella 3
ETÀ
(MESI)
MOVIMENTI
OCULARI
PENDOLARI
NISTAGMO
OPTOCINETICO
VEP
1
20/300
20/300
2
20/150
20/200
3
20/150
20/60
4
20/150
20/50
5
20/60
20/40
Bibliografia
20/20
-
E
6
20/400
Si ringrazia Franco Fanton della Dueffe Tecno Vision per la
concessione delle immagini dei test del MOS www.2ftecnovision.it
12
20/140
20/200
20/40
24
20/48
20/100
20/30
36
20/46
20/50
20/20
48
20/40
-
60
20/33
-
-
Tratto da “Pediatric Optometry” Second Edition Jerome e Joy
Rosner.
-
DOSSIER
29
Irvin Borish “Clinical Refraction”
Theodore Grosvenor, David A. Goss “Clinical Management of
Miopia” Butterworth Heineann
G.P. Paliaga “L’esame del Visus” Edizioni Minerva Medica
Purghè, Stucchi, Oliviero “La percezione Visiva” Utet Università
Anto Rossetti, Pietro Gheller “Manuale di Optometria e
Contattologia” Zanichelli
Jerome Rosner, Joy Rosner “Pediatric Optometry” second editino
Butterworths
David Thompson “V a testing in optometria practice 1 e 2”
Optometry Today
Wilkinson Mark E. “A review of low vision Rehabilitation” corso on
line www.opt.pacific.edu
dossier
MIOPIA
(SF)
visiva a seconda della tipologia di stimoli impiegati,
cioè a seconda se la misurazione sia riferita a criteri di
visibilità, di risoluzione o di ricognizione.
È interessante notare come in bambini di età scolastica
possa essere variabile a secondo della strategia messa
in atto durante l’esame da parte del bambino stesso.
Nel caso in cui il bambino sia influenzato da
esperienze scolastiche, egli può anche decidere di
evitare di commettere errori, fornendo dei valori di
acuità più bassi. Questa strategia può essere messa in
atto tipicamente agli inizi della carriera scolastica.
Per l’esame di bambini di età inferiore a 3 anni
circa sono stati proposti ed utilizzati numerosi
ottotipi costituiti da figure di oggetti e di animali.
La riconoscibilità dipende molto dalla diffusione
di una data immagine e dal tipo di stilizzazione
adottato. Ad esempio il riconoscimento di una stella
dipende sostanzialmente da due fattori: dal fatto che
si continui ad inserire la nozione di stella nel bagaglio
di conoscenze che vengono insegnate nei primi anni
di vita e dal fatto che col nome di stella si designi una
figura stilizzata che non ha alcuna somiglianza con
le stelle visibili in cielo. Chi si occupa di elaborare
tavole ottotipiche per bambini costituite da figure
deve ricordare che queste debbono essere coerenti
con l’ambiente culturale. È possibile che le attuali
generazioni non siano più in grado d’identificare
animali da cortile come la gallina o l’ochetta, o
che non riconoscano la rappresentazione di un
transatlantico con tre fumaioli. Per ovviare a ciò con
i bambini si consiglia di utilizzare i sistemi interattivi
a singola immagine e qualora sia possibile evitare
l’uso di simboli. In caso contrario è sicuramente di
aiuto far riferimento ad una tavola comparativa che il
bambino tiene in mano.
Scarica

L`acuità visiva nella pratica optometrica