Vetro
SOMMARIO
INTRODUZIONE
4
CHIMICA DELVETRO
4
Composizione
Miscela vetrificabile
Materie prime del vetro
Fondenti
Stabilizzanti
Affinanti
Decoloranti
Coloranti
PROPRIETA’ MECCANICHE
11
Trazione e compressione
ISOLAMENTO TERMICO
13
Sollecitazione di origine termica
IL VETRO E L’ISOLAMENTO ACUSTICO
Indice di attenuazione acustica
Uso indice unico Rw
Indice di attenuazione ponderato Rw
Termini di adattamento ad uno spettro C e Ctr
Indice R
Comportamento del vetro
Vetro singolo – vetro monolitico
Vetro stratificato di sicurezza
Uso di intercapedini di grande spessore – grandi finestre
Vetrate isolanti
Installazione reversibili
Effetto dimensione intercapedine
20
Effetto del riempimento con gas
ISOLAMENTO ELETTRICO
24
TIPI DI VETRO
25
Quarzo fuso
Silicato sodico
Silicato sodico calcico
Vetri borosilicati
Vetri al piombo
Vetri per l’ottica
Vetri speciali
Invetratura smalti
PRODUZIONE DEL VETRO
27
Forni fusori
Forni a crogiolo e a vasca
Forni a bacino
Forni di ricottura
Forni a muffola
Forni a tunnel
PRODUZIONE DEL VETRO PIANO
30
La fusione delle materie prime
Il float
La ricottura
La squadratura
La laminazione
Il vetro tirato
La tempra
Lo stratificato
LA PRODUZIONE DEL VETRO CAVO
33
LE LANE DI VETRO
37
I FILATI DI VETRO
38
Il fibraggio
L’applicazione dell’appretto
Il vetro E
Il vetro AR
Il vetro R
Il vetro D
Il vetro C
LA PRODUZIONE DEI TUBI DI VETRO
40
LAVORAZIONE E FINITURA DEL VETRO
42
Trattamenti termici
Curvatura
Argentatura
Trasformazione del vetro cavo
VETRI SPECIALI
45
Vetro autopulente
Vetro retinato
Vetro cemento
Vetri stratificati
Vetri anti-infortunio
Vetri antivandalismo
Vetri anticrimine
Vetro antiproiettile
Tecnologie produttive e assemblaggio dei vetri multistrato
I vetri nella prevenzione degli incendi
IL RICICLAGGIO
I conferimenti impropri: origine, caratteristiche, effetti
Il vetro “pronto al forno”
Stato attuale delle tecnologie di selezione dei corpi opachi
Riduzione del vetro perso nelle fasi di selezione e trattamento
55
INTRODUZIONE
In senso fisico il vetro è un materiale solido amorfo, solitamente prodottosi quando un adatto
materiale viscoso viene solidificato rapidamente, in modo tale che non abbia il tempo di formare una
regolare struttura cristallina. Comunemente si intende con il termine vetro uno specifico tipo, il vetro siliceo,
comunemente utilizzato negli edifici, come contenitore, in elementi decorativi ecc…
In forma pura, il vetro è trasparente, relativamente duro, pressoché inerte dal punto di vista chimico e
biologico e presenta una superficie molto liscia. Queste caratteristiche fanno del vetro un materiale molto
utilizzato in molti settori, ma nello stesso tempo è fragile e tende a rompersi in frammenti taglienti. Questi
svantaggi possono essere modificati in parte o interamente con l'aggiunta di altri elementi o per mezzo di
trattamenti termici.
Il vetro comune è costituito quasi esclusivamente da biossido di silicio (SiO2), chiamato anche silice,
lo stesso componente del quarzo e la sua forma policristallina, la sabbia. In forma pura, la silice ha un punto
di fusione di circa 2000°C ma spesso durante la produzione del vetro vengono aggiunte altre sostanze per
abbassare questa temperatura. Una di queste è la soda (carbonato di sodio Na2CO3) oppure la potassa
(carbonato di potassio) che abbassano il punto di fusione a circa 1000°C. Purtroppo la presenza di soda rende
il vetro solubile in acqua (caratteristica certo non desiderabile), per cui viene aggiunta anche calce (ossido di
calcio, CaO) per ripristinare l'insolubilità.
CHIMICA DEL VETRO
Noi sappiamo che i solidi presentano in scala microscopica un reticolo cristallino e quindi le molecole
che compongono il solido stesso sono arrangiate in strutture ordinate. Se in questa condizione il solido viene
riscaldato aumenta lo stato di agitazione delle molecole attorno alla loro precisa posizione nel reticolo
fintanto che non si raggiunge il punto di fusione; la struttura cristallina viene meno e le molecole cominciano
a scorrere le une rispetto alle altre. Al contrario, raffreddando “lentamente” un liquido al di sotto della sua
temperatura di fusione si cominciano a formare gradualmente i cristalli che quindi daranno origine al solido
con la sua struttura ben ordinata.
Il raffreddamento veloce dallo stato liquido o sottoraffreddamento fa sì che le molecole rimangano
allo stato liquido (disordinato) al di sotto della temperatura di fusione visto che la velocità del processo non
rende possibile la formazione di nuclei di accrescimento per iniziare la cristallizzazione. Visto che la
viscosità cresce molto col diminuire della temperatura si raggiungerà una situazione per cui non sarà più
possibile la formazione di un reticolo cristallino. All’aumentare della viscosità le molecole si aggregano per
formare prima la pasta di vetro e quindi il solido amorfo. In questo stato le molecole sono distribuite in
maniera disordinata ma sufficientemente coesa per mantenere la rigidezza. Questo è quello che si definisce
stato vetroso.
Per questo motivo, la 'storia tecnica' (durata e intensità della fusione, durata e curva termica del
raffreddamento) ha una notevole influenza sulle qualità fisiche e chimiche del vetro risultante.
Di seguito viene proposta in 2d la differenza tra la struttura solida cristallina, l’arrangiamento
molecolare in un vetro ed uno schema delle modificazioni strutturali locali 2d e 3d.
Nella seguente immagine si vede la struttura in presenza del modificatore Na+. I modificatori sono in
genere la principale causa della fragilità dei vetri.
Secondo la sua composizione e la sua storia termica, il vetro può essere trasparente, translucido o
opaco, incolore o colorato. A temperatura ambiente è durissimo (ha durezza 5-6 nella scala Mohs) e fragile,
non è poroso, rifrange in modo notevole i raggi luminosi, dilata solo leggermente al calore, di cui è un
cattivo conduttore; non si scioglie nell'acqua e negli acidi, anche se concentrati, eccettuato l'acido fluoridrico,
pur cedendo loro, in minima misura, e maggiormente a caldo, ioni modificatori dalla propria superficie. Si
scioglie invece nelle soluzioni basiche. Non brucia, non si lascia calcinare; sotto l'azione di forte calore passa
attraverso vari stati di viscosità: all'incandescenza bianca è fluido, alla rossa è molle e pastoso. E' in
quest'ultimo stato di viscosità che il vetro può essere modellato.
Transizione
vetrosa
Non avviene
transizione
vetrosa
In questo grafico vediamo il calore scambiato da un fuso in fase di raffreddamento. In rosso si vede la
fase liquida, in nero la cristallina che si genera alla temperatura di fusione Tm e in arancio la fase liquida
metastabile di liquido sottoraffreddato. In blu abbiamo diverse fasi vetrose che si generano alle temperature
di transizione vetrose Tg, dipendenti dalla velocità di raffreddamento. Si può osservare la diversa dipendenza
del calore dalla temperatura nella fase liquida e nelle fasi solide.
Nelle seguenti immagini si vedono a sinistra l’omogeneità della struttura vetrosa confrontata con
quella cristallina.
Composizione
Il vetro è composto da una miscela omogenea di ossidi in proporzioni variabili, distinti in formatori e
modificatori del reticolo vetroso. I principali formatori di reticolo (per questo detti anche vetrificanti) sono la
silice (SiO2) e l'anidride borica (B2O3), ma numerosi altri ossidi tri o tetravalenti (di fosforo, germanio, ecc.)
hanno queste caratteristiche.
I modificatori si distinguono in fondenti (ossidi alcalini, principalmente di sodio e potassio) e
stabilizzanti (ossidi alcalino-terrosi di calcio, magnesio, bario, ...).
Gli ossidi di alcuni elementi come il piombo possono essere sia formatori che modificatori del
reticolo. I vetri silicatici, i più numerosi, sono costituiti da un reticolo nel quale atomi di silicio e di ossigeno
sono legati tra loro da forti legami chimici covalenti. Altri elementi interrompono la continuità del reticolo
(per questo sono detti modificatori ) creando legami di tipo ionico.
Nella seguente tabella sono riportate le composizioni chimiche percentuali dei vetri commerciali più
comuni.
COMPOSIZIONI TIPICHE DI VETRI COMMERCIALI
Costituenti
Vetro piano
(float)
Vetro per
contenitori
Vetro per
usi
domestici
(boemia)
Cristallo al
piombo
Vetro per
illuminazione
(opale)
Vetro per
industria
chimica
Vetro per
ottica
(crown)
Fibre tessili
Vetri Tv
(piombo bario)
SiO2
72,8
73,3
74
60
60
67,5
80,4
53,2
59,68
Al2O3
0,7
1,5
0,18
0,08
0,08
5
2,27
14,2
2,5 - 4
Fe2O3+TiO2
0,09
0,06
0,02
0,02
0,02
0,15
0,03
0,34
0,03 - 0,08
CaO
8,6
9,8
5,3
-
-
9,4
-
22,6
0 - 3,6
MgO
3,61
0,34
-
-
-
-
-
0,42
0 - 1,6
PbO
-
-
2,8
24
24
-
-
-
0 - 15
Na2O
13,7
14,2
5
1
1
13,6
3,8
0,26
7,95
K2O
0,2
0,6
12,7
14,9
14,9
1,8
0,6
0,21
6-8
SO3
0,3
0,2
-
-
-
0,2
-
-
-
F
-
-
-
-
-
4
-
-
0 - 0,6
B2O3
-
-
-
-
-
-
6-20
8,55
-
BaO
-
-
-
-
-
-
-
-
0,14
Miscela vetrificabile
Il vetro si ottiene per fusione in un forno ad alta temperatura di una miscela omogenea di minerali
(miscela vetrificabile), detti materie prime, mescolati in opportune proporzioni in peso, e di rottame di vetro.
Le aggiunte delle materie prime sono calcolate in peso, facendo riferimento a 100 kg di sabbia. Tutti i
componenti la miscela sono in polvere e le dimensioni dei grani hanno una grande importanza per la riuscita
della fusione. Se le polveri sono troppo fini vi sono problemi di spolverio, cioè di dispersione del prodotto
nella camera fusoria e nell'ambiente attraverso i fumi, prima che abbia avuto il tempo per reagire. Se, invece,
sono troppo grossolane, vi sono problemi di omogeneità della miscela; la silice, la materia prima più
altofondente, è la più delicata da questo punto di vista. Grani troppo grossi non riuscirebbero a fondere; grani
troppo fini si possono segregare (impaccare) e, non miscelandosi omogeneamente con le altre materie prime,
risulterebbero anch'essi infusibili. L'omogeneità della miscela è importantissima e, per favorirla, oltre alla
dimensione dei grani delle singole materie prime (granulometria), è fondamentale la buona qualità della
miscelazione e l'aggiunta di piccole quantità di acqua (2÷4%) che impedisce la separazione tra le fasi.
MATERIE PRIME DEL VETRO
La silice (SiO2, biossido di silicio) è il più comune formatore del reticolo vetroso ed è quindi la più
importante materia prima per la produzione del vetro. Circa metà della crosta terrestre è formata da minerali
di silice (silicati e quarzo), il maggior costituente di rocce e sabbie. Tuttavia la silice naturale non ha, in
generale le caratteristiche necessarie per la produzione del vetro, sia perché forma dei minerali complessi con
altri ossidi (come ad esempio nelle argille e nei feldspati con l'allumina, Al2O3), sia perché contiene degli
elementi come il ferro che, anche in piccola quantità, danno al vetro una colorazione indesiderata. Solo silice
che contiene meno dello 0,1% di ossido di ferro (Fe2O3) può essere usata per la produzione di lastre; ma, per
produrre vetro da tavola e artistico, tale percentuale scende al 0,01% e solo pochi giacimenti di quarzo
garantiscono questi limiti. Per il vetro usato nell'ottica la quantità accettabile è ancora più bassa, meno dello
0,001%. E' una quantità piccolissima, equivalente a 10 milligrammi per chilo di sabbia! Ancora minore deve
essere il contenuto di altri minerali, come gli ossidi di cromo, cobalto, rame, ecc.. che hanno un potere
colorante maggiore di quello del ferro. Nessuna sabbia naturale è in grado di rispondere ai requisiti del vetro
per l'ottica; per questo, anche le sabbie dei migliori giacimenti devono essere ulteriormente purificate con
speciali trattamenti.
A lato vari modi in cui si può
presentare la SiO2: sabbia,
minerale di quarzo, e la sua forma
più compatta tridimite. La
cristobalite rappresenta invece il
termine estremo di compattazione
della silice ed è nota quasi
esclusivamente in crateri da
impatto.
Fondenti
Per abbassare la temperatura di fusione del quarzo (circa 1700 °C) si aggiunge un fondente,
generalmente l'ossido di sodio. Nella produzione attuale esso viene aggiunto sottoforma di carbonato (soda)
o nitrato. Qualunque sia la sua origine, naturale o artificiale, la soda, a circa 800°, si decompone in anidride
carbonica (gas) ed ossido di sodio. Quest'ultimo ha la capacità di reagire, allo stato solido, con la silice
trasformando il quarzo in silicati di sodio che fondono a più bassa temperatura.
Allo stesso modo si comporta la potassa o carbonato di potassio (K2CO3), anch'essa prodotta oggi
industrialmente. Oltre a rendere più fusibile la silice, la soda (o potassa) ha la proprietà di allungare
l'intervallo di temperature entro il quale il vetro solidifica (intervallo di lavorazione), e rende, come si dice in
gergo, il vetro più lungo.
Stabilizzanti
Il vetro silico-sodico o silico-potassico non è stabile; basta l'umidità atmosferica per rovinarne la
superficie, formando strati biancastri e corrosi. In acqua questi vetri sono perfettamente solubili e sono usati
oggi come detersivi per lavastoviglie. Per avere un vetro stabile si sostituisce parte della soda con altri
composti che rinforzano il reticolo vetroso, migliorandone le proprietà chimiche. Questo effetto lo esercitano
gli ossidi bivalenti di calcio (CaO), magnesio (MgO), bario (BaO), piombo (PbO) e zinco (ZnO), che per
questo sono detti stabilizzanti. Un ulteriore miglioramento si ha introducendo nel vetro altri ossidi come
l'allumina (Al2O3) e l'anidride borica (B2O3).
Il carbonato di calcio si trova in natura sotto forma di marmo o calcare. Si decompone, a circa 1000°C
in anidride carbonica e ossido che entra a far parte del vetro. La dolomite, carbonato misto di calcio e
magnesio, è usata per sostituire, in parte o completamente, il carbonato di calcio. L'allumina viene aggiunta,
generalmente, sottoforma di feldspati alcalini (composti di silice, allumina e ossidi di sodio o potassio),
minerali abbondanti nella crosta terrestre e facilmente fusibili. Serve a migliorare la resistenza chimica del
vetro ed a controllare la viscosità del fuso. Il piombo viene aggiunto sotto forma di ossido prodotto
industrialmente (minio, Pb3O4 oppure litargirio, PbO).
Alte percentuali di piombo abbassano la temperatura di fusione, diminuiscono la durezza del vetro e
ne aumentano la brillantezza. Il vetro è un materiale totalmente reversibile. Esso può essere rifuso e
modellato un numero infinito di volte senza perdere o modificare le sue proprietà. Per questo il rottame di
vetro è divenuto, per certe produzioni, una delle più importanti materie prime.
Nei forni fusori per la produzione di bottiglie colorate, oltre il 60% (in certi casi quasi il 100%) della
miscela vetrificabile è costituita da rottame riciclato cioè da vetro recuperato attraverso la raccolta pubblica
(rottame da riciclo o esterno). Tutte le miscele vetrificabili devono contenere un po' di rottame, in quanto
esso accelera la fusione della miscela vetrificabile e consente di risparmiare energia e materie prime. Ogni
vetreria conserva e riutilizza nella miscela i propri scarti di lavorazione (rottame interno).
Affinanti
La miscela vetrificabile non è ancora completa. Il fuso è un fluido viscoso nel quale si trovano
disperse numerose bolle gassose formatesi per decomposizione dei carbonati o per altra origine. Per
eliminarle, vengono aggiunti dei composti detti affinanti, come gli ossidi di arsenico (As2O5) e di antimonio
(Sb2O3) associati a nitrati. Fino all'era industriale era usato quasi esclusivamente il biossido di manganese
(MnO2). Nei moderni forni continui gli affinanti principali sono solfati associati a piccole quantità di
composti riducenti (carbone, loppa d'altoforno, ...).
Questi composti si decompongono ad alta temperatura (oltre 1200°C) liberando bolle di ossigeno che,
risalendo nel fuso, assorbono le bollicine che incontrano fino a raggiungere la superficie. Attraversando le
stratificazioni di vetro a diversa densità, le bolle svolgono anche una azione di omogeneizzazione del fuso.
Decoloranti
Il vetro, così ottenuto, non è ancora il vetro puro trasparente ed incolore o colorato delle vetrerie
artistiche. Non basta usare materie prime di sintesi o scegliere quelle più pure; alcuni elementi, come il
ferro ed il cromo, sono sempre presenti anche se in piccolissima quantità, comunque sufficiente a colorare
leggermente. Si deve aggiungere un altro componente alla miscela: un decolorante. Si tratta di alcuni
elementi che in piccola quantità correggono la tonalità di colore secondo un principio fisico
(sovrapposizione di un colore complementare che annulla quello ad esempio del ferro) o chimico
(ossidazione o riduzione dell'elemento colorante; il ferro, per esempio, a parità di concentrazione nel
vetro, colora molto più intensamente se si trova allo stato ridotto che non allo stato ossidato).
Il decolorante più noto, che agisce in tutti e due i modi, è il biossido di manganese che, per questa
sua proprietà, era chiamato il sapone dei vetrai. Tuttavia il manganese, fissato nel vetro, ha ancora la
capacità di catturare l'energia della luce solare e quindi di ossidarsi, dando al vetro una colorazione gialloviola. Ne sono un esempio i lampioni che illuminano piazza San Marco a Venezia. Inizialmente incolori, a
causa del manganese sono diventati viola, liberando così una luce soffusa che è divenuta una caratteristica
della piazza di sera. Per questa sua instabilità oggi il manganese è sostituito da una miscela di elementi
come il selenio, il cobalto e terre rare che, dosate singolarmente, danno un risultato più completo e stabile.
Coloranti
Per la produzione di vetri colorati si ricorre all'impiego nella miscela vetrificabile di opportune
sostanze. L'intensità della colorazione dipende dalla quantità di colorante introdotto nella composizione del
vetro, dalla presenza o meno di sostanze ossidanti o riducenti nell'atmosfera del forno, dalla conduzione
termica della fusione e dal tipo di colorazione (ionica o colloidale).
Nella seguente tabella vengono elencati alcuni dei principali elementi e composti coloranti con i
relativi effetti distinti a seconda delle condizioni operative ossidanti o riducenti.
Elemento/composto
Colorazione prodotta
Colorati ionici
Condizioni ossidanti
Condizioni riducenti
Cobalto ossido
Blu
Blu
Rame ossido
Acquamarina
Verde
Manganese
Viola
Cobalto-Manganese
Ametista, nero
Ametista, nero
Ferro
Giallo
Verde-blu
Zolfo-Ferro
Coloranti colloidali
Giallo-Ambra
Condizioni ossidanti
Condizioni riducenti
Zolfo-Cadmio
Giallo
Zolfo-Cadmio-Selenio
Rosso
Rame
Rosso rubino
Oro
Rosso rubino
Argento
Giallo
PROPRIETÀ MECCANICHE
Prova di compressione e trazione
I materiali fragili come i vetri vengono generalmente provati a compressione in quanto anche il loro
impiego pratico avviene di solito in queste condizioni. In questa prova si sottopone un provino a
compressione crescente e si valuta la deformazione di esso fino a rottura. Il vetro, come già detto, è un
materiale fragile quindi la rottura avviene improvvisamente senza deformazione plastica, peraltro il suo
comportamento prima della rottura è lineare, quindi facilmente descrivibile.
Da questa prova si riescono a conoscere caratteristiche fondamentali come il carico a rottura e il
modulo di elasticità.
Grafici tensione - deformazione per il vetro e acciaio
Nella prova di trazione un campione viene allungato sotto tensione, mentre vengono registrati con
continuità il carico e l'allungamento. La rottura del vetro non è preceduta da strizione come avviene per altri
materiali come l'alluminio, l'acciaio dolce e il rame, e la sua rottura risulta in corrispondenza di un carico
molto basso dato che l'innescarsi di una microfrattura non viene contrastata da una plasticizzazione locale,
per cui la presenza di imperfezioni locali inevitabili determinano un comportamento poco favorevole.
Le caratteristiche meccaniche del vetro float sono riportate nella seguente tabella:
Densità:
2.5 kg/dm3
Durezza:
6.5 Scala Mohs
Modulo elastico:
750000 kg/cm2
Coefficiente di Poisson:
0.23
Carico di rottura a compressione:
10000 kg/cm2
Carico di rottura a trazione:
400 kg/cm2
Carico di rottura a flessione:
400 kg/cm2
Coefficiente dilatazione termica:
9x10-6 °C-1
Conducibilità termica:
1 kcal/hm0C
I dati riportati mostrano un altissima resistenza a compressione del vetro; paragonato ad un acciaio
Fe360 o ad un calcestruzzo Rck 300 (materiali da costruzione ordinariamente usati) risulta evidente la
superiorità di tale materiale sottoposto a compressione.
Il modulo elastico è di un ordine inferiore a quello dell'acciaio e praticamente uguale a quello
dell'alluminio:
Modulo di Young [kg/cm2]
Acciaio:
2.100.000
Allumini:
700.000
Vetro:
750.000
Risulta quindi un'affinità tra la rigidezza dell'alluminio e quella del vetro, è evidente che un
accoppiamento di questi materiali sarà più idoneo che non con l'acciaio. È fondamentale infatti evitare
concentrazioni di sforzi e rendere il più uniforme possibile il fluire delle forze attraverso elementi di contatto.
È da notare anche il basso valore del coefficiente di dilatazione termica e quindi un ottimo comportamento
agli sbalzi termici per le strutture iperstatiche. È fondamentale ribadire come soltanto oggi, grazie allo
sviluppo di una tecnologia adeguata, si inizi a sfruttare le potenzialità di questo materiale che, per la sua
fragilità e per la sua bassa lavorabilità, è stato usato solo come materiale secondario. Un uso consapevole
permette di ovviare le inadempienze del vetro e sfruttare al meglio i suoi indubbi pregi.
ISOLAMENTO TERMICO
Data la scarsa conduttività termica del vetro, il riscaldamento o il raffreddamento parziale di una
vetrata determina in questa delle sollecitazioni che possono provocare rotture cosiddette termiche. L'esempio
più comune di rischio di rottura termica è quello rappresentato dai bordi coperti di un vetro ad elevato
assorbimento energetico, che in presenza di forte irraggiamento solare si riscalderanno più lentamente della
superficie esposta. Nei casi in cui le condizioni di utilizzo o di posa in opera rischiano di determinare in un
vetro considerevoli differenze di temperatura, sarà necessario adottare delle precauzioni in fase di posa o di
lavorazione. Con un trattamento termico complementare, come la tempra, si consente al vetro di sopportare
delle differenze di temperatura sino ai 200°C.
Proprietà isolanti negli edifici
In considerazione delle sempre più pressanti normative vigenti in tematiche ambientali e
dell’importanza che ricopre la progettazione intelligente dei nuovi edifici per limitare il più possibile gli
sprechi energetici, il vetro occupa certamente un posto di primo piano nella nuova ingegneria dell’edificio.
Per effetto della sua natura, il vetro non soltanto produce degli effetti visivi gradevoli, ma anche notevoli
effetti sul comportamento termico generale dell’edificio.
L’utilizzo incontrollato di ampie superfici vetrate porta ad avere forti dispersioni termiche in inverno
ed altrettanto forti rientrate di calore in estate portando conseguentemente a dei veri e propri disastri
energetici.
Le superfici vetrate, infine, modificano sensibilmente la temperatura media radiante dell’ambiente e
pertanto hanno influenza negativa sulle condizioni di benessere ambientale interna agli edifici.
Le normative base di riferimento in tematiche energetiche e limitazione dei consumi sono le seguenti:
• Protocollo di Kyoto
• Direttiva 2002/91/CE
• Decreto Legislativo del 19 agosto 2005 n° 192
• Decreto Legislativo del 29 dicembre 2006 n° 311
In Italia ci sono oltre 12 milioni di edifici; l’88% contiene abitazioni, ed il 94% di queste abitazioni è
dotato di impianti di riscaldamento.
Questi impianti consumano il 13,2% dell’energia consumata in Italia per cui abbattere dispersioni nei
nuovi edifici e in quelli esistenti è fondamentale.
Il vetro è chiamato a confrontarsi con i flussi di calore invernali, dall’interno degli ambienti riscaldati
verso l’esterno e rappresenta sempre il punto debole di una facciata in termini di isolamento termico.
Il calore si disperde all’esterno attraverso le vetrate per:
- conduzione termica
- convezione termica
- irraggiamento termico
Le vetrate disperdono molta energia secondo tutte 3 le
tipologie di trasmissione.
Per un normale vetro float di 4mm di spessore valgono in
genere le seguenti proporzioni: del 100% della radiazione solare
il 13% viene rimandata verso l’esterno (il 7% per riflessione e il
6% per adduzione e convezione) ed il restante 87% penetra
all’interno dell’edificio (l’85% per trasmissione diretta e il
restante 2% per adduzione e convezione)
L’introduzione della vetrocamera consente di ridurre molto
il calore disperso per convezione e conduzione termica.
Nell’immagine seguente è possibile vedere come
l’introduzione di una vetrata isolante a camera singola ed ancor di
più a camera doppia permette, abbassando i valori delle varie trasmittanze, di contenere di molto le
dispersioni energetiche. Questo semplice risultato ci suggerisce già di utilizzare queste soluzioni più evolute.
Le vetrate isolanti tuttavia non diminuiscono il calore disperso per irraggiamento dall’ambiente
riscaldato.
L’effetto serra negli edifici è generato dalla trasparenza non simmetrica dei vetri delle finestre. Il vetro
comune presenta una finestra fra 0,3 e 3 μm e pertanto lascia passare quasi la totalità della radiazione solare
che ha il suo massimo a 0,55 μm. La radiazione solare che penetra all’interno degli ambienti viene da questi
assorbita e contribuisce ad innalzare la temperatura di equilibrio.
Le pareti e gli oggetti interni emettono a loro volta una radiazione termica nel campo dell’infrarosso
lontano; supponendo una temperatura media di 27 °C si ha, per la legge di Wien, una lunghezza d’onda di
massima emissione di:
Ne segue che il vetro non lascia passare la radiazione infrarossa proveniente dall’interno e quindi si ha
una sorta di intrappolamento di energia all’interno degli ambienti. Ricordando la relazione:
Ne segue che se l’ambiente non disperde la potenza entrante aumenta l’accumulo e quindi cresce la
temperatura interna. E’ proprio quello che succede in estate: la radiazione solare surriscalda gli ambienti,
specialmente quelli eccessivamente vetrati, e quindi si ha la necessità di avere un impianto che fa l’esatto
opposto: estrae il calore accumulato dagli ambienti per raffrescarli.
Le vetrate con rivestimenti magnetronici o pirolitici basso emissivi sono in grado di ridurre fortemente
le perdite di calore per irraggiamento.
Con rivestimenti pirolitici intendiamo la deposizione superfiale ad alta temperatura (coating) di ossidi
metallici in uscita dal forno prima di effettuare la ricottura. Il processo di pirolisi introduce legami forti tra
deposito e vetro e la resistenza superficiale del rivestimento è pari a quella del vetro.
I rivestimenti neutri applicati alle lastre riducono l’emissività fino al 13% contro il 90% del consueto
vetro nudo. Nella seguente figura si vede lo schema della pirolisi.
Il coating magnetronico prevede il deposito di ioni metallici (prevalentemente Ag+) sulle lastre di
vetro secondo il seguente procedimento:
In genere si applicano diversi strati (silver based) ma possono essere soggetti a deteriorabilità. Questo
risultato suggerisce di utilizzare tali protezioni nelle facce interne delle vetrocamere. Si possono applicare
successivamente strati metallici la cui ossidazione si completa in successivi trattamenti termici. Il
procedimento permette di realizzare superfici con emissività estremamente ridotta (2% contro il 90% delle
vetrate non protette). Le superfici che si generano con questo procedimento riflettono la radiazione solare
infrarossa, con trasmissione della luce pressoché inalterata.
L’utilizzo congiunto di vetrate isolanti a camera doppia e del rivestimento superficiale porta dunque le
seguenti importanti conseguenze:
- ridurre le emissioni di gas inquinanti in atmosfera
- migliorare il comfort
- ridurre i costi per il riscaldamento invernale
- ridurre/evitare fenomeni di condensa
Il vetro è il migliore materiale che possiamo utilizzare per far entrare la radiazione solare nella misura
più adatta per ottenere un ambiente confortevole.
Il modo più immediato per parlare di radiazione solare è distinguerla in luce e calore.
Dal punto di vista dell’isolamento termico possiamo distinguere i vetri secondo le seguenti tipologie:
-
vetri chiari o extrachiari: massima trasmissione;
vetri colorati: radiazione solare ridotta, elevato assorbimento energetico;
vetri riflettenti: radiazione solare ridotta, elevata riflessione luminosa;
vetri selettivi: trasmissione luminosa elevata, fattore solare contenuto.
Nelle successive figure si evidenziano le configurazioni esatte in cui porre le vetrate isolanti in modo
da ottenere gli effetti protezione desiderati sia per il caso estivo che per quello invernale.
Nella seguente figura è possibile apprezzare come dalla vetrata monolitica a quella a doppio strato e
quindi a quella a doppio strato con gas argon si realizzi un isolamento crescente verso quest’ultima
soluzione.
IL VETRO E L'ISOLAMENTO ACUSTICO
INDICE DI ATTENUAZIONE ACUSTICA
L'indice di attenuazione acustica si misura secondo la norma EN ISO 140; rappresenta le
caratteristiche di un elemento (finestra, parete divisoria, ecc...) per ciascuna banda di 1/3 di ottava centrata
tra i valori 100 e 3150 Hz (16 valori). È prevista la possibilità di effettuare misurazioni per le frequenze
comprese tra 50 e 100 Hz e tra 3150 e 5000 Hz.
Partendo dai 16 valori di attenuazione acustica in funzione della frequenza, i calcoli consentono di
esprimere in modo diverso le proprietà acustiche dell'elemento in esame. I valori correntemente in uso sono
quelli globali definiti dalla norma EN ISO 717-1 per una curva di riferimento adattata a due spettri di rumore
dato:
- il rumore detto "rose" di riferimento contiene la stessa energia acustica in ciascun intervallo di
frequenza di misura,
- il rumore stradale detto "route" definisce un rumore esterno proprio del traffico urbano.
USO DELL'INDICE UNICO RW (C, Ctr)
L'intensità del rumore esterno percepito dagli occupanti di un edificio costituisce l'elemento
determinante di valutazione, a finestra chiusa, della protezione dai rumori esterni. L'isolamento acustico
ottenuto grazie alla costruzione è definito da un indice che rappresenta la differenza tra il rumore interno e
quello esterno.
La caratteristica fonoisolante di un elemento di costruzione è rappresentata dall'indice di attenuazione
(detto R). Nella progettazione della costruzione si scelgono gli indici di attenuazione R di ciascun elemento
costruttivo in modo da ottenere il valore richiesto di DnT (isolamento acustico normalizzato).
INDICE DI ATTENUAZIONE PONDERATO Rw
L'indice di attenuazione acustica R è funzione della frequenza. I dati corrispondenti sono riportati in
una tabella (16 valori per 16 bande di terzi di ottava, da 100 Hz a 3150 Hz). Il valore determinato RW tiene
conto di questi 16 valori e rappresenta il valore acustico standard del manufatto.
TERMINI DI ADATTAMENTO AD UNO SPETTRO C E Ctr
A seconda del montaggio e della realizzazione, una finestra potrà avere dei punti deboli in
corrispondenza delle frequenze basse, medie o alte. Il risultato ottimale per una finestra isolante è
rappresentato da un buon isolamento acustico a tutte le frequenze in cui la sorgente di rumore è più forte.
Attraverso la scelta del tipo di vetro e di una configurazione appropriata, è possibile ottimizzare le
caratteristiche per un rumore specifico.
Fino ad oggi, un vetro veniva valutato in base ad un solo indice, senza tenere conto delle
caratteristiche della sorgente di rumore e questo poteva indurre ad errori di investimento o ad insoddisfazione
per le prestazioni del prodotto.
Per evitare questo tipo di situazioni, si è creato un indice comune per tutti: RW (C, Ctr).
L'indice "tr" trae il suo nome da "traffico" e quindi la correzione Ctr verrà applicata preferibilmente in caso di
rumori dovuti al traffico. Per altri tipi di rumore, verrà invece adottata la correzione C. Queste due correzioni
sono generalmente rappresentate da valori negativi; la loro applicazione consiste nell'abbassamento di un
valore troppo vantaggioso di isolamento acustico.
Le due correzioni sono indicate dai laboratori di misura ed appaiono accanto al valore RW.
Questo metodo rende possibile la scelta delle finestre più adatte ad un'applicazione molto specifica.
Un'informazione migliore si ottiene confrontando i valori per terzi di ottava con l'indice di attenuazione R
della finestra e dello spettro di rumore.
INDICE R
Il vetro viene applicato nelle costruzioni incorporato in un telaio. La vetrata e il telaio formano
insieme l'elemento che determina l'isolamento acustico di tutta la finestra e, in alcuni casi, della facciata.
Non è possibile definire le caratteristiche della finestra partendo solo dalle prestazioni del vetro. L'indice di
attenuazione acustica può essere quindi calcolato solo dopo aver effettuato le misure opportune sulla finestra
finita. E' opportuno armonizzare il tipo di vetrata con il telaio e con il tipo di giunti. Le vetrate di alta gamma
devono essere montate in telai di buona qualità.
COMPORTAMENTO DEL VETRO
Ogni lastra di materiale presenta una frequenza critica in corrispondenza della quale vibra molto di più
e trasmette il rumore molto più facilmente. Per una vetrata dello spessore di 4 mm, questa frequenza critica
corrisponde a 3000 Hz, mentre per una lastra di gesso dello spessore di 13 mm, corrisponde a 3200 Hz.
Il trattamento acustico delle facciate sottoposte a numerosi rumori di elevata intensità a bassa frequenza
(rumori stradali) si presenta estremamente difficile. Fino a non molto tempo fa, il miglioramento delle
prestazioni acustiche delle vetrate era ottenuto soprattutto attraverso un aumento degli spessori e l'asimmetria
delle lastre di vetro nelle vetrate isolanti e i vetri stratificati di sicurezza avevano un comportamento quasi
uguale a quello dei vetri monolitici dello stesso spessore.
Oggi, grazie alla progettazione del vetro stratificato fonoisolante, l'effetto della frequenza critica è del
tutto eliminato. In media, è possibile ottenere un guadagno compreso tra 1 e 3 dB per composizioni vetrarie
simili e soprattutto assicurare una omogeneità di prestazione fonoisolante attraverso tutte le frequenze.
Vetrata singola - Vetro monolitico
Considerazioni teoriche sulla massa indicano che raddoppiando lo spessore di una lastra monolitica, il
risultato dovrebbe essere un incremento di circa 6 dB nel potere fonoassorbente. In realtà i fenomeni di
risonanza interferiscono con questa tendenza e nella pratica l’aumento è ridotto a circa 4 dB.
I dati raccolti nei numerosi studi effettuati mostrano una risonanza significativa – in corrispondenza
della quale è visibile un netto abbassamento del potere fonoisolante secondo il fenomeno definito “effetto di
coincidenza” – la cui frequenza, in Hertz (Hz), è inversamente proporzionale allo spessore della lastra.
La frequenza critica di coincidenza (fc) è definita dalla formula:
dove d è lo spessore della lastra in millimetri.
Da un punto di vista acustico il vetro temprato, il vetro armato ed il vetro coatizzato si comportano
allo stesso modo del vetro float semplice di pari di spessore.
Il vetro stampato si comporta – sempre da un punto di vista acustico – come un vetro float avente lo
stesso spessore medio.
Vetro stratificato di sicurezza Pilkington
Invece di utilizzare un unico vetro monolitico ordinario, lo spessore totale della lastra può essere
diviso in componenti più sottili, separati fisicamente tra loro ed incollati tramite un intercalare meno rigido,
ottenendo un vetro stratificato. Se in genere questo prodotto viene utilizzato per le sue caratteristiche
antinfortunio e di sicurezza, il processo di laminazione può portare anche a benefici in termini acustici dal
momento che consente di eliminare la risonanza di coincidenza.
Due sono le tipologie di intercalare comunemente utilizzate: polivinilbutirrale (PVB) sotto forma di
fogli, e resine “Cast In Place” (CIP), entrambe con i loro pregi caratteristici.
Le resine CIP utilizzate per i prodotti laminati possono essere studiate appositamente per incrementare
il potere fonoassorbente della vetrata, e differenziarsi dai laminati standard prodotti con PVB. Dal momento
che le resine CIP sono più “morbide” rispetto ai fogli di PVB, la risonanza avviene a frequenze che
corrispondono all’incirca a quelle dei singoli componenti del laminato. Con l’utilizzo del PVB invece la
risonanza si verifica alla frequenza corrispondente a quella dello spessore totale del laminato (quindi a
frequenze più basse). Di conseguenza un prodotto laminato con resine CIP trasla le risonanze a frequenze più
alte dove generalmente influiscono meno sul potere fonoisolanete della vetrata. Il laminato acustico
Pilkington utilizza una variante speciale di PVB.
Uso di intercapedini di grande spessore - Doppie finestre
Dove un elevato valore di isolamento acustico venga richiesto, un’intercapedine di spessore maggiore
di 100 mm può essere utilizzata con buoni risultati. In questa applicazione, così come nel caso delle comuni
vetrate isolanti, l’utilizzo di due vetri di diverso spessore (uno dei quali spesso almeno 6 mm e
preferibilmente 10 mm) può migliorare il comportamento acustico.
Un eventuale rivestimento interno con materiale fonoisolante risulta positivo in quanto riduce il
riverbero all’interno dell’intercapedine generando un incremento del potere fonoassorbente compreso tra 2 e
6 dB a seconda dell’area e delle caratteristiche di assorbimento del materiale utilizzato.
L’incremento dello spessore dell’intercapedine produce un miglioramento dell’isolamento acustico ma
non direttamente proporzionale. Oltre i 200 mm non è solitamente economico installare doppie finestre dal
momento che l’incremento delle proprietà acustiche è ridotto.
E’ importante puntualizzare come queste finestre raggiungano le loro performance ottimali in termini
di isolamento acustico solo quando le intercapedini siano opportunamente sigillate. In pratica questo
significa che i telai che sostengono il vetro devono essere entrambi fissi o a battenti, e devono incorporare
guarnizioni a tenuta tutto intorno e prevedere sistemi di chiusura su più punti per ridurre i giochi ed impedire
il movimento.
Le finestre scorrevoli non sono in grado di assicurare una tenuta ermetica per l’intercapedine e le
conseguenti performance acustiche non differiscono generalmente da quelle di una semplice vetrata isolante.
Vetrate isolanti
Le vetrate isolanti furono inizialmente introdotte per ridurre le perdite di calore attraverso la finestra.
E’ però possibile, attraverso una scelta corretta del vetro, ottenere delle buone caratteristiche acustiche. Il
principio di massima sta nell’utilizzo di una lastra di forte spessore, associato ad un'altra lastra che differisca
di almeno un 30% in spessore dalla prima (esempi di composizioni ottimizzate dal punto di vista acustico
possono essere un 4 + 6 mm o un 6 + 10 mm) in maniera da compensare le risonanze individuali
(soppressione delle risonanze simpatiche).
La laminazione di una delle due lastre produce un ulteriore piccolo miglioramento nelle prestazioni
fonoisolanti, indipendentemente dal vetro che viene stratificato.
Installazioni reversibili - (utilizzo di vetrocamere asimmetriche)
Vale la pena di ricordare che il comportamento acustico non dipende dal verso di montaggio della
vetrocamera nel caso di composizioni asimmetriche. Ciò significa che una vetrata isolante 10/12/6 offre le
stesse performance in termini di potere fonoassorbente di una vetrata isolante 6/12/10.
Effetto delle dimensioni dell’intercapedine
Nel campo dei valori più comuni di spessore delle intercapedini per vetrocamera, compreso tra i 6 e i
20 mm, ci sono piccole variazioni nelle proprietà di isolamento acustico a fronte di sensibili variazioni delle
proprietà di isolamento termico.
Questa uniformità di comportamento è dovuta alla compattezza dell’insieme delle due lastre della
vetrata isolante.
Effetto del riempimento con gas
Le vetrate isolanti sono spesso realizzate con vetri basso emissivi per aumentarne l’isolamento termico
fino a valori simili a quelli del vetrate triple. In aggiunta un ulteriore piccolo miglioramento può essere
ottenuto riempiendo l’intercapedine con gas argon.
Queste vetrate isolanti hanno esattamente lo stesso comportamento acustico delle medesime
composizioni di vetro riempite con aria.
Per applicazioni in cui si vogliano ottenere elevate performance acustiche alle medie frequenze
(esempio, rumore da conversazione) le vetrate isolanti possono essere riempite con una miscela si
esafluoruro di zolfo (SF6). L’utilizzo di questo gas incrementa il corrispondente indice Rw. Allo stesso tempo
però l’esafluoruro di zolfo introduce una risonanza significativa a 200 ÷ 250 Hz e, per rumore con
prevalenza delle basse frequenze (traffico stradale, ferroviario, aereo, ecc.) questo rappresenta un fattore
peggiorativo, tanto che vetrate isolanti riempite con questo tipo di gas offrono prestazioni acustiche peggiori
rispetto alle tradizionali vetrocamere con intercapedine in aria.
ISOLAMENTO ELETTRICO
I filati di vetro usati da soli in forma di filati singoli o ritorti possono dar vita a tessuti, materiali
intrecciati o rivestimenti di protezione; possono essere avvolti intorno ai conduttori elettrici creando
rivestimenti isolanti; infine, tramite la tecnica della trecciatura e grazie ad appositi macchinari è possibile
creare foderi di protezione tubolari. La tessitura dei filati di vetro possiede alcune caratteristiche che la
distinguono dalle tecniche impiegate nell'industria tessile tradizionale, che utilizza materiali naturali o
sintetici. La resistenza meccanica e la stabilità termica sono i fattori che hanno favorito l'uso dei filati di
vetro come isolanti per conduttori elettrici, mentre combinati con vernici e rivestimenti di vario tipo, sono
usati per ricoprire cavi e fili elettrici.
Le ottime caratteristiche meccaniche ed elettriche consentono di realizzare rivestimenti molto sottili e
quindi di ridurre notevolmente il volume dei materiali.
I tessuti realizzati con filati di vetro occupano una posizione importante nell'industria elettronica, dove
sono usati per produrre laminati in rame e per realizzare circuiti stampati.
L'impiego dei materiali compositi nel mercato dell'elettronica e dell'elettrotecnica include: pali della
luce, circuiti stampati, muffole elettriche, binari. I materiali compositi, infatti, sono resistenti, leggeri e
stabili, consentono di progettare in maniera flessibile e di ridurre i costi e sono resistenti alla corrosione.
TIPI DI VETRO
Il vetro esiste anche allo stato naturale. Il più abbondante è l'ossidiana, un materiale lucido scuro,
molto duro, formatosi nelle rocce vulcaniche e che l'uomo imparò a lavorare per preparare manufatti (lame,
punte di freccia, ecc.) oltre un milione di anni fa.
Le tectiti sono piccoli ciottoli vetrosi formatisi per impatto di meteoriti con la superficie terrestre.
Basta anche un fulmine improvviso su una spiaggia per trasformare la silice in fili, o blocchi di vetro, le
folgoriti.
Tra i materiali artificiali, il vetro è uno dei più utilizzati e certamente il più versatile, con tante
proprietà talmente uniche (facile da modellare, trasparente, durevole, poco costoso), che difficilmente sarà
sostituito, in molte applicazioni, da altri materiali.
Esistono numerosi tipi di vetro che possono essere classificati in diversi modi in base:
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alla tecnica di lavorazione (soffiato, pressato, stampato...);
all'impiego (per uso farmaceutico, alimentare, per l'edilizia, per ottica...);
all'aspetto (colorato, incolore, trasparente, opaco...);
a particolari proprietà (neutro, biocompatibile, atermico...);
alla resistenza chimica (inerte, durevole, poco durevole, solubile...);
alla composizione chimica (quarzo, silico-sodico-calcico, borosilicato, al piombo...).
Il vetro trova impiego sia da solo che in associazione ad altri materiali (smalti per metalli, vetrine
ceramiche...).
Di seguito si riporta una descrizione delle principali classi composizionali.
I. QUARZO FUSO
Il quarzo fuso (vetro di silice) è una sostanza vitrea ideale per caratteristiche chimiche e fisiche, ma di
produzione costosa per le difficoltà della sua fusione ad altissima temperatura (oltre 1700°C).
II. SILICATO SODICO
Il silicato sodico (vetro solubile) è un prodotto trasparente, facilmente solubile nell'acqua, che trova
larga applicazione in molte industrie. La maggior quantità viene utilizzata come detersivo per lavastoviglie
ma trova impiego, con opportuni impasti, anche nella produzione di pietre d'arte artificiali; serve per
indurimento di cementi, marmi, pietre arenarie, per la preparazione di intonaci e colori murali, per colori da
stamperie; come mezzo sbiancante nelle lavanderie di lana, nella fabbricazione di adesivi, di smalti, di
fiammiferi ecc.
III. SILICO-SODICO-CALCICO
Al gruppo del vetro silico-sodico-calcico (vetro comune), appartiene la più vasta produzione vetraria
come le lastre per edilizia, arredamento e auto, le bottiglie, il vetro da tavola, ecc… commercialmente viene
distinto in base al colore in bianco (perfettamente decolorato), mezzo bianco, colorato ( verde, ambra...).
L'ossido di calcio, che nella miscela vetrificabile non supera, in peso, il 12-13%, viene, in parte,
sostituito da altri ossidi bivalenti quando si vuole ottenere vetro con particolari proprietà chimico-fisiche.
L'ossido di magnesio (MgO), oltre a migliorare la fusibilità e la lavorabilità del vetro, riduce la
tendenza alla denitrificazione.
L'ossido di bario (BaO) migliora la lavorabilità, impartisce brillantezza e influisce sulle caratteristiche
dielettriche e di resistenza elettrica del vetro.
L'ossido di zinco (ZnO) riduce il coefficiente di dilatazione e migliora la resistenza chimica dei vetri.
Un suo impiego consistente è previsto nelle composizioni dei vetri opale e in quelle dei vetri colorati al
solfo-seleniuro di cadmio in cui è determinante per lo sviluppo del colore rosso.
Infine l'allumina (Al2O3), introdotta nel vetro al posto della silice, agisce sulla viscosità, sul
coefficiente di dilatazione, sulla resistenza meccanica e chimica del vetro.
IV. VETRI BOROSILICATI
Sono vetri di elevata resistenza chimica (per questo detti neutri) e di composizione molto varia:
contengono, in genere quantità relativamente elevate di allumina (Al2O3) e anidride borica (B2O3). Questi tipi
di vetro vengono usati per la fabbricazione di contenitori per medicinali (flaconi e fiale), per apparecchiature
da laboratorio chimico, per inertizzare le scorie radioattive, ecc. Per le loro proprietà (modesta dilatazione
termica) sono resistenti al calore e trovano numerosi impieghi per manufatti da forno (vetro Pyrex) o per
particolari applicazioni.
V. VETRI AL PIOMBO
Con questo termine si indicano i vetri trasparenti che per la loro elevata qualità imitano il cristallo di
rocca naturale. A questo gruppo appartengono vetri particolarmente puri con quantità di ossido di piombo
superiori al 24%. Esigono materie prime di grande purezza e sono caratterizzati da una grande lucentezza
(elevato indice di rifrazione). Sono usati nel settore artistico, da tavola e nella realizzazione di schermature
per proteggere da radiazioni ionizzanti. La necessità di sostituire l'ossido di piombo per motivi ecologici, ha
portato allo sviluppo negli ultimi anni di vetri con proprietà ottiche analoghe, contenenti potassio, bario,
zinco e zirconio. Il termine cristallo è riferito anche a vetri silico-sodico-calcici (cristallo veneziano,
inventato nel XV secolo) e potassico-calcici (cristallo di Boemia).
VI. VETRI PER OTTICA
Fra tutti i vetri è il più pregiato; la sua composizione è molto varia e questo per conseguire i molteplici
rapporti tra rifrazione e dispersione necessarie. Alcuni tipi di vetro per ottica sono: il flint (vetro piombico
con anidride borica e ossido di bario), il crown (vetro calcico con anidride borica, ossido di bario, di zinco e
fosfati) ed i borosilicati con elevato tenore di boro.
VII. VETRI SPECIALI
Vi sono un'infinità di vetri con composizioni diverse, usati per applicazioni particolari come i vetri
allumino-silicatici (vetro E per fibre, manufatti da sottoporre a tempra chimica), vetri fosfatici (vetri privi di
silice dove il vetrificante è l'anidride fosforica, usati per i biovetri ed i vetri fertilizzanti), vetri privi di
ossigeno come i calcogenuri (arseniuri, solfuri) che trovano impiego in optoelettronica ed i vetri alogenuri
(fluoruri,...) utilizzati per speciali fibre ottiche che trasmettono nell'infrarosso, ecc.
VIII. INVETRIATURE O SMALTI
Vetri di diversa composizione sono infine utilizzati in strato sottile applicati per cottura come
rivestimento di altri materiali come i metalli (smalti) o corpi ceramici (invetriature o smalti). Si tratta in
genere di vetri al piombo o borici, con dilatazione termica compatibile con il supporto, relativamente
bassofondenti.
PRODUZIONE DEL VETRO
FORNI FUSORI
Poco o nulla sappiamo dei forni fusori per vetro fino all'invenzione della canna da soffio nel I secolo
a.C. Da quel momento e fino al VII-VIII secolo, la produzione vetraria crebbe in modo quasi industriale.
Furono utilizzati grandi forni a vasca (i resti di alcune strutture sono state trovate in Palestina ed Egitto) in
grado di produrre fino a 10 tonnellate di vetro. Terminata la fusione, che doveva durare diversi giorni se non
settimane, il forno veniva spento, demolito, e la grande lastra di vetro grezzo (raggiungeva lo spessore di
alcune decine di cm) era rotta in blocchi. Questi ultimi venivano trasportati verso i centri secondari dove il
vetro era rifuso in crogioli posti in piccoli forni per essere modellato. Nel medioevo e fino all'avvento dell'era
industriale, la miscela veniva preventivamente calcinata a circa 800°C in forni a riverbero, trasformata in
fritta che era quindi fusa in forni a crogiolo.
Forni a Crogiolo e a Vasca
Nei forni a crogiolo si trovano uno o più contenitori in materiale refrattario (argilla e sabbia silicea, ma
anche pietra ollare in epoca romana) nei quali, alla fusione della miscela (o della fritta o del vetro grezzo)
segue la lavorazione del vetro e quindi nuovamente il caricamento (processo discontinuo).
Ancora oggi, nella produzione del vetro artistico, il forno a crogioli è costruito con mattoni resistenti al
calore, in materiale silico-alluminoso (le pareti) o di silice (la volta). I crogioli hanno la forma di un cilindro
aperto nella parte superiore oppure ellittica i più piccoli. Hanno capacità variabile da qualche decina di kg ad
oltre una tonnellata di vetro. Il crogiolo è posto al centro del forno, sostenuto da appositi mattoni appoggiati
sul banco, in modo che la fiamma del bruciatore lo riscaldi uniformemente. Una volta posto nel forno, il
crogiolo deve essere riscaldato lentamente fino a raggiungere la temperatura di esercizio di oltre 1000°C nel
giro di diversi giorni, per evitare che si fessuri a causa della dilatazione troppo rapida dei materiali cristallini
che lo costituiscono. Una volta a regime, il crogiolo può continuare ad essere usato per diversi mesi prima di
essere sostituito. Il forno rimane sempre acceso e la temperatura oscilla tra i 1400°C (fusione) e 1000°C
(lavorazione).
Nella seguente figura si distinguono il crogiolo 2 inserito attraverso la bocca 1, ed il bruciatore 3. In
caso di rottura del crogiolo (che ha una vita utile di 50 fusioni), la carica esce dalla condotta di emergenza 4.
Nelle vetrerie artigianali più grandi si usano anche vasche, forni senza crogiolo con le pareti ricoperte
da parallelepipedi perfettamente squadrati (per evitare l'infiltrazione di vetro tra i giunti) di materiale
refrattario elettrofuso a base di silice-allumina-zirconio, molto resistenti alla corrosione. Nelle vasche, che
hanno una capacità anche di alcune tonnellate, la fiamma riscalda il vetro per irraggiamento, passando sopra
il bagno fuso. La fiamma è alimentata da metano (il combustibile meno inquinante), o olio combutibile ed
aria. Per ridurre il consumo di energia, quest'ultima viene preriscaldata in un recuperatore di calore (tubo
metallico riscaldato dai fumi in uscita dal forno).
L'impiego del metano non è sufficiente a ridurre l'inquinamento entro i limiti richiesti dalle norme
antinquinamento europee per la presenza nella fiamma di ossidi di azoto in quantità superiore a quanto
consentito. Per questo in futuro si dovrà ricorrere all'ossicombustione (l'ossigeno sostituisce l'aria nelle
fiamma) oppure ai forni elettrici. Questi ultimi sono già oggi diffusi nei paesi in cui è basso il costo
dell'energia elettrica o sono utilizzati nella fusione delle miscele più inquinanti (come quelle contenenti
composti del piombo o del fluoro).
Vi sono due sistemi per fondere elettricamente: irradiare il crogiolo con resistenze fissate alle pareti
del forno o fondere la miscela in vasche dove viene riscaldata da elettrodi di molibdeno immersi direttamente
nel vetro.
Forni a Bacino
I forni a bacino sono di realizzazione ed impiego piuttosto recenti: è alla fine del XIX secolo, con
l'avvento delle macchine formatrici in sostituzione della fabbricazione manuale, che il bacino ha fatto la sua
prima comparsa. Questo forno è realizzato per la produzione continua di vetro; le varie fasi che nel forno a
crogioli avvengono nel tempo, qui avvengono nello spazio.
Il caricamento della miscela avviene in continuo ad un estremo di una grande vasca rettangolare, la cui
superficie varia da pochi m2 fino a quasi un centinaio di m2, nel caso di forni per lastre float e lo spessore del
bagno di vetro fuso da 80 a oltre 150 cm. Avanzando verso l'estremo opposto, la miscela fonde formando un
liquido che si affina ed omogeneizza e quindi esce dalla vasca attraverso un foro sommerso (gola) per
raggiungere la zona di lavorazione.
Questi forni producono da 100 fino 1000 tonnellate di vetro al giorno. Un forno per bottiglie può
produrre un milione di pezzi al giorno! Ed un forno float produce lastre sufficienti a ricoprire una superficie
uguale a dieci campi da calcio!
Tutto il processo, dalla pesata e miscelazione delle materie prime fino all'imballaggio del prodotto
finito, è completamente automatizzato.
I forni a bacino sono costruiti con blocchi di materiale refrattario di varia natura. Si tratta in genere di
composti a base di allumina ed ossido di zirconio. Nelle zone a contatto del fuso, si usano blocchi di tipo
elettrofuso particolarmente resistente alla corrosione essendo compatti e privi di porosità. La volta è in
refrattari di silice (elettrofuso per la produzione di vetri fusibili ad alta temperatura) e le pareti in genere in
materiale silico-alluminoso.
L'energia necessaria per raggiungere la temperatura di fusione, è fornita, generalmente, da bruciatori a
gas o olio combustibile ed il riscaldamento avviene per irraggiamento. Si vanno però sempre più affermando
i forni a bacino misti, in cui parte dell'energia viene fornita attraverso elettrodi immersi nel fuso (boosting
elettrico). L'attivazione di questi elettrodi avviene solo in particolari momenti per aumentare la quantità di
vetro prodotta.
In relazione alla disposizione dei bruciatori, i forni a bacino possono essere così suddivisi:
•
•
forni a fiamma ad U o a ferro di cavallo (di piccole dimensioni, con produzioni inferiori a 200
tonnellate al giorno). In questi forni l'energia viene recuperata preriscaldando l'aria in recuperatori
metallici preriscaldati dai fumi in uscita.
forni a fiamma trasversale (i più grandi, alimentati da 4 ÷ 6 bruciatori per lato, regolabili
indipendentemente in modo da ottenere, lungo l'asse del forno, la distribuzione voluta di temperatura ).
Il recupero del calore avviene mediante rigeneratori, impilaggi di mattoni refrattari posti ai lati del
forno, riscaldati alternativamente dai fumi.
A seconda del tipo di produzione i forni possono essere a vasca unica (forno cosiddetto aperto) di
forma rettangolare, allungata nel senso dello scorrimento del vetro, oppure a due vasche: nella prima più
grande avviene la fusione e l'affinaggio, dalla seconda, detta di lavorazione, si dipartono i canali (feeders)
che portano alle macchine di formatura (bottiglie, vasi, bicchieri). Le due vasche sono collegate tra di loro
dalla gola.
FORNI DI RICOTTURA
Il vetro formato (soffiato, stampato, ecc.) conserva ancora una elevata temperatura (500-600°C) e non
potrebbe resistere ad un rapido raffreddamento spontaneo. Essendo un cattivo conduttore termico, la
superficie si raffredderebbe rapidamente a differenza della massa e l'insorgere delle tensioni interne
determinerebbe la rottura dell'oggetto. Si procede perciò ad un lento raffreddamento, chiamato
impropriamente tempera o ricottura con speciali forni che si distinguono in due tipologie.
Forni a Muffola
Sono ormai poco usati e solo per piccole produzioni: sono delle camere rettangolari costruite con
blocchi di materiale refrattario. I manufatti di vetro appena formati, si introducono in questi forni riscaldati
circa 550°C. Terminata la produzione, il forno viene chiuso, si spegne il riscaldamento e si lascia raffreddare
spontaneamente fino al giorno successivo quando viene aperto, vuotato e riacceso per ricevere la nuova
produzione.
Forni a Tunnel
E' una specie di galleria a temperatura degradante da 550°C fino a temperatura ambiente; gli oggetti
appena formati vengono appoggiati all'estremità calda, su un nastro metallico che avanza lentamente
attraversando tutta la galleria, con velocità variabili a seconda delle dimensioni dei manufatti. Nei forni da
lastra, quest'ultima avanza su dei rulli a velocità variabile a seconda dello spessore e, all'uscita, viene tagliata
in lastre di circa 4 metri di lunghezza. Alla fine del tunnel di ricottura sono posti vari sistemi automatici per il
controllo della qualità dei prodotti.
PRODUZIONE DEL VETRO PIANO
La tecnica di produzione, attualmente utilizzata per la fabbricazione di vetro piano, è stata messa a
punto negli anni sessanta, consiste nel far galleggiare il vetro fuso di provenienza dal forno fusorio su di un
bagno di stagno liquido. Così realizzato, il vetro non ha più bisogno di levigatura superficiale e di ulteriore
ricottura.
Il vetro può subire delle trasformazioni che gli conferiscono le prestazioni termiche, estetiche,
meccaniche, elettriche, ecc. volute. Tra queste possiamo ricordare:
• la modifica della composizione, per la produzione di vetri colorati, di vetri speciali, vetroceramici;
• la associazione con altri materiali, che permette la realizzazione di prodotti compositi quali: vetro e
polivinilbutirrale PVB (sicurezza), vetro e resina (isolamento acustico), i vetri e gel (antifuoco), vetro e vetro
con particolari funzioni estetiche (decorazione);
• la trasformazione della superficie, attraverso trattamenti come la molatura o la satinatura dei vetri
utilizzati nell'architettura di interni e la decorazione;
• il deposito superficiale di strati sottili per la fabbricazione di specchi, di vetri smaltati, di vetri a
controllo solare o di vetri che permettono il risparmio energetico;
• l'indurimento meccanico attraverso la tempra termica o chimica per la produzione di vetri di
sicurezza.
L'intero processo di produzione è quello rappresentato nello schema di seguito riportato, che consta
delle seguenti fasi:
LA FUSIONE DELLE MATERIE PRIME
Le materie prime, contenute in silos, vengono elettronicamente pesate con una precisione pari ad
1/1000 ed opportunamente miscelate ed umidificate. Si ottiene così la miscela vetrificabile che viene
convogliata, mediante nastri trasportatori, nel forno fusorio, all'interno del quale la temperatura raggiunge i
1550 °C, la più alta dell'industria.
IL FLOAT
A 1100°C il vetro fuso cola dal forno su di un bagno di stagno fuso. Il vetro galleggia sulla superficie
liquida e piana e viene tirato sino a divenire un nastro a facce parallele. Sui bordi del nastro le ruote dentate
(toprolls) distendono o retraggono il vetro lateralmente, per ottenere lo spessore desiderato. Gli spessori
ottenuti sono compresi tra 1,1 e 19 mm.
LA RICOTTURA
Deposto a 600°C sui rulli di un tunnel di raffreddamento, lungo 100 metri, il nastro di vetro si
raffredda sotto controllo fino alla temperatura ambiente. Il nastro di vetro acquista intorno ai 500°C le
proprietà di un solido perfettamente elastico.
LA SQUADRATURA
Raffreddato all'aria libera, il nastro di vetro è controllato e, successivamente, tagliato in lastre dalla
dimensione massima di 6 x 3,21 m, con taglio dei bordi longitudinali. Gli elementi sono successivamente
posizionati verticalmente su dei cavalletti per mezzo di elevatori a ventosa.
LA LAMINAZIONE
All'uscita dal forno, il vetro passa tra due rulli metallici che gli conferiscono lo spessore ed il disegno
desiderati. In tal modo sono prodotti i vetri stampati, utilizzati nell'architettura di interni, nell'arredamento,
nella decorazione.
IL VETRO TIRATO
La lastra di vetro viene "tirata" verticalmente in continuo, partendo da un bagno di vetro fuso. Con
questo processo si ottengono i vetri per le vetrate artistiche.
LA TEMPRA
Frutto di una intensa ricerca di laboratorio, la tecnica della tempra risale al 1959 quale adeguata
risposta alla domanda dell'industria automobilistica. Questo procedimento consiste in un raffreddamento
assai rapido del vetro mediante un soffio d'aria - in pochi secondi il vetro passa da 600° a 300° - che aumenta
la resistenza del vetro. E' utilizzato per la fabbricazione dei vetri per le automobili, per l'edilizia e per quelle
applicazioni speciali in cui è richiesto un particolare grado di sicurezza. Sotto un colpo violento il vetro
temprato, se si rompe, si frantuma in una moltitudine di piccoli frammenti di vetro non taglienti.
LO STRATIFICATO
Nel 1909 un chimico francese, Edouard Benedictus, inventò il vetro stratificato, al quale diede il nome
di TRIPLEX. Questo procedimento, che consiste nell'inserire tra due o più lastre di vetro un foglio di plastica
(il polivinilbutirrale), conferisce al vetro particolari caratteristiche di sicurezza. Se in caso di urto il vetro
dovesse rompersi, il foglio di plastica trattiene i frammenti di vetro. E' utilizzato per la fabbricazione di
parabrezza delle automobili e nell'edilizia.
PRODUZIONE DEL VETRO CAVO
I contenitori in vetro cavo prodotti industrialmente si ottengono da un procedimento di soffiatura del
materiale fuso in stampi.
Le fasi di produzione si possono così sintetizzare:
• Le materie prime, contenute in silos, vengono opportunamente dosate, miscelate ed immesse nel
forno fusorio per mezzo di nastri trasportatori.
• Il forno, costruito in materiale refrattario in grado di resistere per anni alle elevate temperature di
fusione (1.600°C), è prevalentemente alimentato con gas metano e autoregolato in tutte le sue funzioni.
Attivo 24 ore su 24, è controllato da monitor e calcolatori di processo che consentono di verificare
costantemente i parametri di funzionamento e di ottenere la corretta vetrificazione delle materie prime.
• Il liquido fuso in uscita dal forno, entra in canali di condizionamento termico e, raggiunta l'opportuna
viscosità, viene "tagliato" in gocce di dimensione e peso proporzionale all'oggetto che si vuole realizzare. La
goccia di vetro incandescente (1.200°C circa) giunge, per caduta verticale guidata, allo stampo della
macchina formatrice.
• Il processo tradizionale di "formatura" di un contenitore con il procedimento "soffio-soffio" ha
trovato le sue evoluzioni nel processo "presso-soffio" dapprima applicato a contenitori con imboccatura di
grande dimensione e recentemente anche nei più difficili contenitori con imboccatura stretta. Queste nuove
tecnologie consentono di ottenere contenitori più leggeri con migliori prestazioni meccaniche.
• Alla formatura segue la fase di "ricottura", procedimento che consente di eliminare le tensioni del
vetro mediate riscaldamento preliminare e successivo raffreddamento graduale dell'oggetto fino a
raggiungere la temperatura ambiente. Dopo l'avvenuta formatura il contenitore è infatti sottoposto a
fortissime tensioni poiché la superficie esterna, a contatto della temperatura ambiente, tende a raffreddarsi
più velocemente della superficie interna. Le tensioni generate da questo squilibrio termico potrebbero
compromettere la resistenza meccanica del contenitore.
Segue un accurato controllo qualitativo automatico che sottopone a verifica tutte le caratteristiche di
ogni singolo pezzo prodotto: dimensioni, forma, spessore, calibratura delle bocche, integrità, resistenza. I
contenitori non considerati idonei vengono espulsi automaticamente dalla linea di imballaggio ed
immediatamente riciclati nel medesimo processo produttivo per essere rifusi.
L'impiego delle più recenti tecnologie consente la gestione e il monitoraggio di tutto il ciclo produttivo
per mezzo di apparecchiature computerizzate, mentre strumenti altamente sofisticati e specializzati
assicurano il controllo su base statistica, al fine di ottenere il livello qualitativo del prodotto finito
rispondente alle esigenze degli imbottigliatori, della distribuzione fino al consumatore.
Dopo i dovuti controlli, i contenitori vengono accuratamente imballati per consentirne la
"pallettizzazione" ed il trasporto.
Il contenitore in vetro - in Italia si producono 10 miliardi di pezzi all'anno - è il più adatto per
confezionare alimenti e bevande perché è sano ed inerte, non determina reazione con le sostanze con cui
viene a contatto, conservandone meglio caratteristiche chimiche ed organolettiche (gusto e profumo). Oltre a
ciò la sua trasparenza consente di controllare "a vista" la qualità e lo stato di salute del prodotto.
Ulteriori innovazioni concernenti tutto il processo, (nuove composizioni e colorazioni, sistemi di formatura
più evoluti, trattamenti superficiali più efficaci, controlli automatici più sofisticati), sono attualmente in fase
di avanzata ricerca.
Mentre nel settore degli alimenti, delle bevande e della cosmetica vengono impiegati contenitori
stampati in vetro sodico-calcico, nel confezionamento dei farmaci è previsto l'utilizzo non solo di flaconi,
nello stesso tipo di vetro ma di stabilità chimica superiore, per iniettabili a preparazione estemporanea e per
bevibili, ma anche contenitori sia stampati che ottenuti da tubo di vetro (fiale e flaconi) in vetro borosilicato
di elevata resistenza chimica, noto come "vetro neutro" per prodotti iniettabili liquidi.
Una citazione particolare deve essere riservata al confezionamento di iniettabili liquidi di maggior
volume (soluzioni fisiologiche e glucosate di dosaggio da 50 a 500 ml), per i quali è stato studiato un
apposito trattamento della superficie interna del contenitore che ne incrementa la resistenza chimica al livello
di quella del vetro neutro.
Questa applicazione tecnica di miglioramento della resistenza idrolitica superficiale di un contenitore
in normale vetro sodico-calcico ha consentito di fornire all'industria farmaceutica, ad un costo ragionevole
(inferiore a quello di un recipiente in vetro borosilicato), un "imballaggio" di grande valore, che ha
consentito la notevole diffusione della metodologia terapeutica di somministrazione parentale dei farmaci
sotto forma di cocktail di principi attivi e soluzioni fisiologiche, con buona "compliance" da parte di pazienti.
LA LANE DI VETRO
Il procedimento di fabbricazione della lana di vetro si avvale delle seguenti fasi:
• Composizione del vetro nel forno (sabbia, carbonato e solfato di sodio, solfato di potassio, dolomite,
più altri materiali in precise proporzione e con mescolazione perfettamente omogenea).
• Fusione: il composto viene introdotto in un forno a riscaldamento elettrico alla temperatura di
1400°C circa, dove fonde. Successivamente, il magma sfuso, attraversi i canali di alimentazione del forno
raggiunge le unità di fabbricazione.
• Produzione delle fibre: la trasformazione del vetro fuso in fibre avviene mediante il passaggio
attraverso i fori di una coppa rotante. Dopo un primo stiramento meccanico orizzontale dovuto alla forza
centrifuga, le fibre sono tirate verticalmente sotto l'azione termica e meccanica di un fluido.
• Realizzazione dei prodotti: dopo il fibraggio, le fibre vengono apprettate con particolari resine e
convogliate su nastri trasportatori. Vengono poi passate in stufa ad aria calda, alla temperatura di circa
250°C, dove avviene la polimerizzazione delle resine. La velocità di marcia dei nastri trasportatori ed il loro
distanziamento regolabile all'interno della stufa permettono di definire la densità e lo spessore dei manufatti.
• Fase finale di accoppiamento con eventuali sopporti di rivestimento, di taglio, rifinitura ed
imballaggio.
Il processo di produzione della lana di vetro è fortemente automatizzato e prevede un severo controllo
di qualità sulle materie prime, in fase di produzione e sul prodotto finito.
La tecnologia attuale di produzione della lana di vetro consente di ottenere un prodotto ottimizzato
sotto molteplici aspetti. Oltre ai noti requisiti di isolamento termico ed acustico, la lana di vetro possiede
altre caratteristiche essenziali strettamente legate alla sua origine, composizione e struttura. Fra queste,
ricordiamo:
• ottimo resistenza al fuoco;
• stabilità dimensionale e funzionale al variare della temperatura e dell'umidità relativa;
• idrorepellenza e resistenza all'umidità;
• elevato range di temperature di utilizzo.
FILATI
Il vetro è prodotto in un forno speciale a circa 1.550 °C (vetro E) con materie prime di qualità scelte
con cura. All'uscita dal forno, il vetro ad alte temperature va ad alimentare filiere in lega di platino. La
maggior parte dei prodotti si basa su vetro di tipo E; tuttavia vengono utilizzati anche altri tipi di vetro, come
il vetro R (alto rendimento meccanico), il vetro D (alto rendimento dielettrico), il vetro AR (resistente agli
alcali e alla corrosione).
Il fibraggio
Il filo di base è ottenuto con la tecnica del fibraggio che prevede la stiratura del vetro fuso che scorre
ad alta velocità attraverso i fori della filiera.
Questo processo dà origine ad alcuni filati (da 50 unità a diverse migliaia) definiti in base al diametro
(da 5 a 24 micron).
L’applicazione dell’appretto
In fase di fibraggio, all’uscita della filiera, ciascun filato viene trattato con appretto; l’appretto è
costituito da materiali organici dispersi in acqua ed è concepito per conferire al filo di vetro le caratteristiche
necessarie per la lavorazione finale. Ciascun tipo di appretto è progettato per un processo di stampaggio o
composizione specifico e per un determinato tipo di matrice; solitamente contiene un elemento chimico tipo
silano e un ”agente di pontaggio”, che contribuisce a migliorare le proprietà meccaniche dei materiali
compositi e la loro resistenza all’invecchiamento. I prodotti sono confezionati immediatamente, non appena i
filati escono dalla filiera (roving diretto, mat unifilo, fili tagliati), oppure successivamente, dopo che i filati
semplici sono stati sottoposti a operazioni di finitura più o meno complicate (ritorcitura per i filati,
assemblaggio per i tessuti, taglio per i fili tagliati, taglio e formazione per i mat a filo tagliato).
Caratteristiche dei 4 tipi di vetro: E, D, R e AR
Il vetro E: il pioniere
Dal 1930 il filato di vetro è considerato uno dei materiali del futuro grazie alle sue caratteristiche
dielettriche (viene utilizzato per isolare i conduttori elettrici alle alte temperature); queste caratteristiche
hanno determinato l’impiego industriale su vasta scala del filato di vetro di tipo E, da solo o in combinazione
con resine sintetiche o verniciate. Il vetro E è il più usato, sia nell’industria tessile sia nei materiali compositi,
dove rappresenta il 90% dei materiali rinforzati utilizzati.
Il filato di vetro AR: resistente agli alcali
Il vetro AR è stato concepito come materiale rinforzante per il cemento; contiene molto ossido di
zirconio che gli conferisce un’ottima resistenza ai composti alcalini generati dalle operazioni di asciugatura. I
filati di vetro AR migliorano la resistenza ai carichi e la durevolezza del cemento, ed inoltre, i getti di
cemento rinforzato con filato di vetro sono di conseguenza più leggeri.
Le sue applicazioni principali sono: sostituzione dell’amianto presente nelle coperture e nei
rivestimenti; produzione di pannelli e componenti per l’edilizia.
Il vetro R: alto rendimento meccanico
Questo tipo di filato è stato creato su specifica richiesta dei settori “di punta” (aviazione, industria
spaziale e armamenti) e rispetta i requisiti in materia di resistenza alla fatica, alle variazioni termiche e
all’umidità. Grazie al suo alto rendimento tecnico, è usato per rinforzare le pale degli elicotteri, le
pavimentazioni degli aerei, i serbatoi dei razzi, i missili e i dispositivi di lancio, inoltre, oggi è impiegato
anche nell’industria dello sport, del tempo libero e dei trasporti.
Il vetro D: ottime proprietà dielettriche
I materiali compositi basati su vetro D sono caratterizzati da perdite elettriche molto basse e, quindi,
sono utilizzati come materiali permeabili alle onde elettromagnetiche, con considerevoli vantaggi in termini
di rendimento elettrico. Il filato di vetro D è usato per produrre finestre elettromagnetiche e circuiti stampati
ad alte prestazioni.
Il vetro C
Il vetro C è usato per la produzione di mats di vetro resistenti alla corrosione (rivestimenti esterni
anticorrosione per tubature o tubi compositi).
PRODUZIONE DEL TUBO DI VETRO
Il tubo di vetro trova la sua prioritaria applicazione nella realizzazione di contenitori per uso
farmaceutico. Per tale motivo il vetro è un "borosilicato" ("vetro neutro") che risponde ampiamente a quanto
richiesto dalle Farmacopee Ufficiali.
Le materie prime sono scrupolosamente selezionate e provengono dai fornitori più qualificati da ogni
parte del mondo; le loro caratteristiche granulometriche, i titoli ed i livelli di impurezze sono tenuti
costantemente sotto controllo e testati nel laboratorio chimico della vetreria produttrice. La pesatura e la
miscelazione delle materie prime avvengono con moderne apparecchiature computerizzate, tali da garantire
la costanza delle ricette, presupposto fondamentale per assicurare la qualità del prodotto. L'industria
farmaceutica richiede un vetro con elevata stabilità chimica, resistente agli sbalzi di temperatura ed a basso
coefficiente di dilatazione, con tolleranze dimensionali costanti e rigorosamente controllate per garantire i
massimi rendimenti quantitativi e qualitativi nella fabbricazione di Fiale, Flaconi, Siringhe, etc. Per taluni
farmaci è richiesto anche l'assorbimento selettivo delle radiazioni luminose (vetro giallo).
Di seguito le caratteristiche chimiche e fisiche dei tubi di vetro borosilicati bianchi e ambra:
Dati Fisici
°C
Composizione Chimica
Punto di lavorabilità
1150
SiO2
73 %
Punto di rammollimento
770
B2O3
11,2 %
Punto di ricottura
545
A12O3
6,8 %
Punto di tensione
515
Na2O
6,5 %
50°C-1
K2O
1,2 %
Densità g/cc
2,34
CaO
1,2 %
Indice di rifrazione
1,49
BaO
< 0,2 %
Resistività di volume
6,9 ohm/cm
Coeff. di dilatazione (a x10-7)
(espressa in log. Alla T = 250°C)
Dati Fisici
°C
Composizione Chimica
Punto di lavorabilità
1140
SiO2
70,2 %
Punto di rammollimento
760
B2O3
10,5 %
Punto di ricottura
535
A12O3
5,8 %
Punto di tensione
505
Na2O
5,8 %
50°C-1
K2 O
1,3 %
2,36
CaO
<1,0 %
Coeff. di dilatazione (a x10 -7)
Densità g/cc
Indice di rifrazione
1,51
BaO
< 2,0 %
Resistività di volume
7,0 ohm - cm
Fe2O3
1
TiO2
3
(espressa in log. alla T = 250°C)
La fusione della miscela vetrificabile avviene in bacini di fusione a temperature molto elevate
(superiori a 1600°C), con il ricorso alla ossicombustione e con l'impiego di "Booster" elettrici.
Il vetro fuso è successivamente sottoposto ad operazioni di affinaggio e di condizionamento prima di
giungere al processo di formatura vera e propria, la quale avviene nell'impianto "Danner" che presenta un
mandrino rotante in una muffola di formatura, termicamente controllata.
Il flusso di vetro, in uscita dal canale di distribuzione del forno deve avere temperatura e viscosità
predeterminate e costanti, affinché il vetro possa scorrere regolarmente verso la parte più bassa di un
mandrino rotante, dove un soffio costante d'aria produce la formatura del tubo.
Il tubo incandescente, ma già formato e di adeguata consistenza, è "tirato" da una macchina installata a
qualche decina di metri (50 ÷ 100m) di distanza dalla muffola di formatura, sostenuto e guidato da rulli di
grafite, fino alla macchina di tiro e taglio. Il bilanciamento dell'intero processo è garantito dal controllo
dell'aria di soffiaggio attraverso l'asse del mandrino e dalla regolazione della velocità della macchina
tiratrice.
In un tale sistema, a fronte di una velocità costante della macchina tiratrice, un aumento di aria
produrrà tubi di diametro maggiore e di minor spessore, mentre un aumento della velocità della macchina
tiratrice con aria costante produrrà tubi di minor diametro e di maggiore spessore. In definitiva con la
combinazione di questi due parametri può essere prodotta una infinita gamma di diametri e spessori.
LAVORAZIONI E FINITURE DEL VETRO
Il vetro piano viene consegnato ai trasformatori sotto forma di lastre in "grandi dimensioni", pronte per
essere tagliate nelle misure di impiego.
Il taglio avviene manualmente o automaticamente mediante impianti a programmazione
computerizzata.
I principali tipi di molatura consistono nella:
•
•
•
•
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sfilettatura: eliminazione meccanica o manuale del filo o degli spigoli taglienti al bordo delle
lastre;
molatura a filo greggio: abrasione dei bordi di una lastra ottenuta con nastri o mole di pietra,
di carborundum o diamantate, di grana piuttosto grossolana per eliminare le irregolarità del
taglio;
molatura a filo lucido: fase successiva alla precedente consistente nell'eliminazione di ogni
minuta asperità dei bordi e una lucidatura degli stessi con mole diamantata e grana finissima o
polveri di pomice o di ossido di cerio.
molatura a filo lucido industriale: ottenuto dalla molatura del bordo delle lastre con mole di
adeguata finezza, senza successive lavorazioni. L'aspetto è semiopaco, ma il bordo ha una
buona finitura.
molatura a smussi e a bisello: lavorazione dei bordi di una lastra che, essendo eseguita con un
angolo qualunque inferiore ai 90° rispetto alla superficie della lastra, interessa, oltre che il
bordo, la stessa superficie. Lavorazione molto delicata e appariscente, viene ancora oggi usata
per prodotti di pregio nell'arredamento di interni.
In alcuni casi si procede alla foratura per applicare maniglie, viti, bulloni, per produrre porte, box
doccia, facciate sospese, mobili e ad incisioni da eseguirsi con apparecchiature automatiche o montate su
flessibili manuali, come pure con getti di sabbia o con acido specifico.
Le decorazioni possono essere realizzate attraverso i seguenti procedimenti:
•
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•
•
•
•
sabbiatura: decorazioni a getto di sabbia abrasiva con un compresso d'aria che permette di ottenere
dei veri e propri disegni;
satinatura: decorazioni all'acido con le quali si possono ottenere effetti di luce diffusa o parziale, di
opacizzazione della lastra, come pure incisioni, più o meno profonde;
givrettatura: eseguita per strappo di particelle da una superficie di una lastra (ormai in disuso);
verniciatura o laccatura: per uso di arredamento e architettura di interni le lastre di vetro possono
essere verniciate con prodotti ad essiccazione naturale o accelerata mediante lampade a raggi IR;
smaltatura: processo mediante il quale si colora completamente la faccia di un vetro per effetto
dell'applicazione a rullo o a spruzzo; può essere stabilizzata con ulteriore trattamento termico;
serigrafia: usato per la riproduzione con vernici e smalti su lastre piane o curvate, disegni, scritte,
decorazioni a scopo artistico o funzionale con l'uso di telai e appropriata tecnica. Può essere
stabilizzata con ulteriore trattamento termico;
opacizzazione: procedimento che, assicurando l'inalterabilità del deposito opacizzante anche se
esposto agli agenti atmosferici, consente anche l'incollaggio di pannelli coibentati;
Si ottiene attraverso:
•
l'applicazione di films plastici, incollando sulla lastra delle sottilissime pellicole in poliestere o
in polietilene ;
•
•
la siliconatura, spruzzando sulla lastra, con impianti specifici a pressione, dei granuli di
silicone diluiti al fine di ottenere, dopo adeguata polimerizzazione, una pellicola gommosa
perfettamente aderente;
laccatura a freddo o a caldo, depositando sulla lastra speciali lacche poliuretaniche.
Trattamenti termici
La tempra del vetro viene effettuata al termine di tutte le lavorazioni richieste (messa in misura,
molatura, foratura, serigrafia) e consiste in un processo termico mediante il quale si inducono particolari
tensioni in una lastra di vetro, allo scopo di conferire migliori, più elevate caratteristiche di resistenza, in
particolare alla flessione.
Al raggiungimento della temperatura prossima al rammollimento, la lastra viene estratta dal formo e
bruscamente raffreddata. Le tensioni indotte in questa azione risultano di trazione all'interno e di
compressione allo stato superficiale esterno, quindi di più elevata resistenza meccanica. La lastra temprata ha
la caratteristica di ridursi in minuti frammenti non taglienti quando si rompe, perciò considerata di sicurezza.
Per dare un’idea del miglioramento delle caratteristiche di resistenza che la tempra gli conferisce, basti
dire che la resistenza alla trazione è pari a 4-7 kg/km2, in un vetro comune, mentre il temprato arriva fino a
12-20 kg/mm2. Per ambedue i tipi la resistenza alla compressione raggiunge addirittura i 100 Kg/mm2
Per ottenere il vetro indurito si procede come per la tempra, con la differenza che il raffreddamento
viene eseguito più lentamente rispetto ad un pari spessore di vetro temprato. Il vetro indurito ha il vantaggio
di non avere problemi di rottura spontanea, di mantenere una resistenza meccanica maggiore del vetro ricotto
e di avere una minore deformazione dell'immagine riflessa. A differenza del temprato la rottura avviene in
pezzi grossolani e, per tale motivo, non è classificato come vetro di sicurezza.
Il vetro stratificato si ottiene interponendo materiale plastico tra due o più lastre di vetro, sotto
l'azione combinata di calore e pressione. Variando il numero delle lastre e degli strati di plastico, si ottiene
una vasta gamma di stratificati in grado di coprire tutti i livelli di sicurezza e protezione verso le persone ed i
beni. Anche se colpito con violenza il vetro stratificato si può incrinare, ma difficilmente sfondare.
Curvatura
La curvatura o bombatura delle lastre, adottata nel campo dell'edilizia e dell'arredamento, si ottiene
mediante un processo di fabbricazione complesso che implica una attenta precisione delle misure sia nella
realizzazione della lastra che del telaio di contenimento. Infatti la lastra di vetro verrà tagliata con le
dimensioni dello sviluppo che assumerà una volta curvata.
Argentatura
Trattamento di deposito su una superficie del vetro, di argento metallico (per precipitazione di nitrato
d'argento) al fine di renderla perfettamente riflettente (a specchio). La protezione della superficie si ottiene
mediante successiva verniciatura finale.
TRASFORMAZIONE DEL VETRO CAVO
Il vetro cavo, rappresentato da bottiglie, vasi, flaconi, bicchieri e calici, può essere lavorato per scopi
estetici o funzionali, al fine di fornire un valore aggiunto al contenitore.
Da un alto, l’obiettivo è renderlo più riconoscibile rispetto alla concorrenza nell’offerta al
consumatore; un articolo per la tavola, se decorato, diventa molto piacevole perché dà un tono gradevole e
creativo alla nostra casa.
Dall’altro, lo scopo è puramente funzionale: i contenitori farmaceutici, infatti, possono riportare le
modalità d’uso direttamente sul flacone, evitando in questo modo che l’etichetta possa rovinarsi e risultare
illeggibile. Per questo stesso motivo le bottiglie di birra (e non solo) pubblicizzano sulla loro superficie il
nome del produttore e garantiscono l’integrità della scritta anche dopo molti riutilizzi (ricordiamo, infatti,
che il ciclo di vita di una bottiglia è molto lungo, potendo essere recuperata, riciclata ed utilizzata infinite
volte).
Le seconde lavorazioni, cui è trattato il vetro dopo le fasi iniziali di fusione, formatura e tempera,
avvengono direttamente nella stessa vetreria, in linea con la formatura o, molto più spesso, in aziende esterne
molto specializzate, trattandosi di processi produttivi estremamente sofisticati, tra i quali ricordiamo:
•
•
•
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•
•
•
La decorazione;
La tampografia;
L’incisione con punte imbevute di acido fluoridrico ;
La verniciatura;
L’incisione mediante utensili abrasivi ;
La sabbiatura;
La satinatura;
La decorazione (anche serigrafia) viene effettuata con un processo automatico o semiautomatico
serigrafico da macchine decoratrici, mediante applicazione dei colori, fino ad un massimo di 8, attraverso
telai piani. Una volta applicato il colore si procede ad una cottura in forno a temperature dai 200° ai 600° a
seconda del colore impiegato, che fondendosi con la superficie del vetro, lo rendono indelebile. La
decorazione può realizzarsi anche con l'applicazione di metalli preziosi, quali oro e platino, disposti su
rilievo e su articoli opacati, oppure di materiali fosforescenti e fluorescenti.
La tampografia è un procedimento tecnico che utilizza tamponi flessibili (anziché telai piani, come la
serigrafia) per trasferire un film di inchiostro da una piastra incisa (cliché) direttamente sulla superficie di un
oggetto, qualunque siano le sue forme (superfici irregolari, lisce o rugose, sferiche, concave, convesse,
scalinate, ecc…).
La verniciatura consiste nell'applicare un rivestimento liquido di tipo organico o polveri di ossidi
inorganici agli oggetti in vetro.
La sabbiatura consiste nell'erosione superficiale del vetro, effettuata esponendo l'oggetto, od una parte
di esso, ad un getto di sabbia di opportuna calibratura, ottenendo così un aspetto semitrasparente e ruvido al
tatto.
La satinatura ottiene un aspetto simile al precedente (sabbiatura), ma meno rugoso, esponendo il vetro
all'azione erosiva dell'acido fluoridrico o acido cloridrico.
Nelle operazioni di verniciatura e satinatura gli scarichi fognari e quelli in atmosfera devono essere
opportunamente trattati per evitare l'inquinamento ambientale, secondo le normative vigenti.
VETRI SPECIALI
Vetro autopulente
Questo tipo di vetro rappresenta certamente lo stato dell’arte nella tecnologia dei vetri attuali. È in
grado di:
• rimuovere o decomporre lo sporco organico;
• ridurre l’aderenza dello sporco sulla superficie del vetro;
• ridurre la frequenza di lavaggio;
• respingere l’acqua piovana per avere una maggiore visibilità;
EFFETTO FOTOCATALITICO: il rivestimento riflette la radiazione solare UV provocando la
decomposizione dello sporco organico sulla superficie del vetro.
EFFETTO IDROFILO: il rivestimento crea una superficie perfettamente liscia che attira l’acqua, che
forma una pellicola sottile sulla superficie del vetro. Lo scorrimento a gocce viene ridotto.
Il vetro retinato
Il vetro retinato, denominato anche "armato", è un vetro colato, traslucido, ossia che lascia passare la
luce pur non risultando perfettamente trasparente, nel quale viene incorporata una armatura costituita da fili
metallici cromati, formanti una rete metallica a maglia saldata di forma quadrangolare con i lati di 12,5 mm.
la cui funzione principale è quella di trattenere le schegge, in caso di rottura della lastra, per cui questo vetro,
dal punto di vista della sicurezza, serve unicamente a limitare i danni alle persone.
Il vetro armato, nel tipo riflettente, è validamente impiegato, in edilizia, per la protezione contro
l’irraggiamento solare di persone e cose, contribuendo a rendere più confortevoli i luoghi di lavoro, durante
il periodo estivo, senza togliere luminosità agli ambienti nei mesi invernali. Ha inoltre un effetto ritardante
nella propagazione dell’incendio, poiché la rete metallica assicura la coesione del manufatto sino a
temperature dell’ordine di 600 / 700°C. (temperatura di rammollimento), nonostante la fessurazione del vetro
che si dovesse verificare in tali condizioni.
Ai fini antincendio, la lastra di vetro deve essere montata nell’infisso incastrandone almeno un bordo
in una apposita scanalatura, per contrastarne lo scivolamento, la cui profondità sarà determinante per
raggiungere un adeguato margine di sicurezza.
E’ utile ricordare che lastre di vetro di questo tipo, di spessore adeguato e aventi una superficie di circa
1m , sono risultate RE 60 e talvolta addirittura RE 90, purché messe in opera nei modi opportuni. (Per
conoscere il significato delle sigle R, RE e REI, si veda l'apposita tabella, più avanti, nel capitolo "I vetri
nella prevenzione dell’incendio")
2
Il vetrocemento
Si tratta di un manufatto costituito da un’intelaiatura in cemento armato con tondino di ferro di almeno
6mm di diametro, che costituisce la struttura portante da inserire perimetralmente e ad ogni interasse, nella
quale vengono inseriti elementi denominati "vetromattone".
L’elevata resistenza alle sollecitazioni meccaniche, nonché la capacità illuminante, permette al
vetrocemento di trovare largo impiego nell’edilizia industriale e civile di tipo residenziale. E' importante non
incastrare questo manufatto nella struttura muraria ma semplicemente poggiarlo a questa, per evitarne la
rottura a seguito di sollecitazioni esterne quali, ad esempio, assestamenti, torsioni o deformazioni della
struttura portante.
Elementi di spessore adeguato, inseriti in pareti di calcestruzzo, possono avere valori di resistenza
all’incendio RE120-180 od anche REI 15.
I vetri stratificati
E’ giunto il momento di parlare dei vetri stratificati, ossia di quel particolare manufatto che interessa
più da vicino la sicurezza anticrimine in generale.
Le norme UNI prevedono la suddivisione di tali vetri in quattro categorie che esamineremo una per
una:
Sicurezza semplice o antinfortunio: vetro con caratteristiche principalmente antinfortunistiche, tali da
minimizzare il rischio di ferite in caso di rottura accidentale della lastra e prevenire il rischio di caduta nel
vuoto.
Antivandalismo: vetro in grado di resistere all’urto di oggetti contundenti scagliati con forza.
Anticrimine: vetro in grado di opporsi, a vari livelli di resistenza, ad urti ripetuti portati
intenzionalmente allo scopo di superarlo a scopi criminali.
Antiproiettile: vetro in grado di resistere all’azione di proiettili sparati da armi da fuoco.
Tali denominazioni sono riferite ai risultati delle prove previste dalle norme UNI e non debbono essere
confuse con vecchie denominazioni commerciali. In particolare, il termine "antisfondamento", anche se
largamente impiegato nel frasario commerciale, non trova alcun riscontro nel livello di prestazione di tali
lastre, pertanto è da ritenersi, in pratica, privo di significato.
Le quattro categorie di vetro appena citate sono regolamentate dalle norme UNI 7172, 9186 e 9187,
che classificano caratteristiche, dimensioni e relative tolleranze, modalità di misurazione e, soprattutto,
metodologie di prova per attribuire a ciascun tipo la relativa classe di resistenza.
Prima di proseguire, riteniamo sia utile dare un'occhiata alla tabella che segue, che definisce
univocamente le denominazioni e le caratteristiche dei vari tipi di vetro:
Vetri antisfondamento
Vetro stratificato in cui la scelta del numero, dello spessore, della sequenza di montaggio delle lastre di
vetro e dei fogli di leganti in PVB, è scelta in modo da ottimizzare le caratteristiche di resistenza allo
sfondamento. In genere si usano numerose lastre di vetro di modesto spessore e fogli di PVB di spessore
relativamente elevato. La classificazione dei vetri antisfondamento è guidata dalla norma UNI 9186 che
prevede tre classi di resistenza.
Tra i vetri stratificati antisfondamento utilizzati prima dell’approvazione della norma UNI era popolare la
serie "Visarm" (nome depositato dalla Saint Gobain) che però non è un vetro antiproiettile, anche se il nome
può lasciarlo credere.
Vetri stratificati
Si tratta di lastre di vetro piano, sovrapposte e rese monolitiche grazie all’interposizione di fogli più o meno
sottili di un legante plastico chiamato PVB (polivinilbutirrale). La cottura in autoclave rende la struttura
estremamente robusta ed in grado di resistere a tentativi di sfondamento o colpi di arma da fuoco. Si parla di
vetri stratificati anche se tra le lastre di vetro vengono intercalate lastre di policarbonato, che accresce in misura
sensibilissima le proprietà antisfondamento ed antiproiettile di tali vetri.
Vetro antinfortunistico
Tipologia di vetro stratificato o temperato che non ha caratteristica antisfondamento o antiproiettile. E’ un
vetro che, sotto l’uso di un corpo molle (ad esempio il corpo umano), si infrange ma non produce schegge che
possono produrre lesioni. Viene usato in porte a vetro ed in altre applicazioni non di sicurezza anticrimine
(security), ma di sicurezza antinfortunistica.
Vetro antiproiettile
Vetro stratificato in cui la scelta del numero dello spessore della sequenza di montaggio delle lastre di vetro
e dei fogli di leganti in PVB, è scelta in modo da ottimizzare le caratteristiche di resistenza ai proiettili. In
genere si usano poche lastre di vetro di elevato spessore e fogli di PVB di spessore relativamente modesto. La
classificazione dei vetri antisfondamento è guidata dalla norma UNI 9187, che ne prevede cinque classi di
resistenza.
Vetro temperato
Vetro ottenuto mediante un particolare processo di riscaldamento e di raffreddamento. E’ utilizzabile solo
in applicazioni antinfortunistiche , in quanto non ha alcuna proprietà anticrimine.
Vetro anti-infortunio
La prova consiste nel sottoporre i provini di vetro, della dimensione di 194 x 88 cm tenuti per almeno
24 ore ad una temperatura compresa fra 15 e 25°C, all’urto di un sacco di cuoio riempito di pallini di piombo
del peso di 45 kg in caduta pendolare da un’altezza di 45 o 120 cm.
L’altezza di 120 cm viene richiesta quando sussiste il pericolo di caduta nel vuoto e nelle vetrate
esterne che abbiano la base a meno di 90 cm dal piano di calpestio.
L’altezza di 45 cm viene invece adottata per i manufatti destinati semplicemente ad evitare infortuni
derivanti dalla rottura della lastra.
In entrambi i casi è ammessa la rottura del provino purché il
sacco non fuoriesca dal lato opposto della lastra.
La EN 12600 definisce il concetto di rottura sicura facendo
riferimento ai risultati del test d’impatto del pendolo.
Il vetro temprato si rompe in maniera sicura quando i
frammenti sono sufficientemente piccoli dopo la prova, cioè i 10
pezzi più grandi esenti da fessurazioni hanno un peso totale inferiore
a quello equivalente di 6500 mm2 del campione di prova originale.
Il vetro laminato, dopo la prova, deve impedire il passaggio di
una sfera di diametro 76 mm sollecitata da una forza di 25 N, e il
peso totale dei frammenti staccatisi dal campione per effetto
dell’impatto, non deve superare quello equivalente di 10000 mm2
del campione di prova originale. Il frammento più grande staccatosi
non deve comunque avere un peso superiore a quello equivalente di
4400 mm2 del campione di prova originale.
Vetro antivandalismo
La prova consiste nel sottoporre 5 provini, della dimensione di cm 50 x 50, tenuti per 24 ore ad una
temperatura compresa fra 15 e 25°C, montati in un apposito telaio, posto in posizione orizzontale, all’urto di
una sfera di acciaio del diametro di 100 mm e del peso di 4,1 kg in caduta libera da un’altezza di 6,22 m e
generante un’energia di 250 Joule.
Il punto di impatto della sfera, che sarà lasciata cadere una sola volta, deve coincidere con il centro
geometrico dei provini in esame e la prova si riterrà superata se tutti e cinque gli stratificati relativi allo
stesso prodotto, pur rompendosi, non saranno stati oltrepassati dalla sfera entro 25" dal momento
dell’impatto.
Vetro anticrimine
La prova consiste nel sottoporre 5 provini, della dimensione di cm 60 x 90, tenuti a temperatura come
nelle prove precedenti, montati in un apposito telaio fissato ad un’apparecchiatura conforme, all’urto di una
mazza di acciaio cementato e temprato di tipo C40 del peso di 10 kg in caduta pendolare da un’altezza di
1,53 m generante un’energia di 150 Joule.
Nella seguente figura si mostra lo schema della prova eseguita per testare la resistenza di questi tipi di
vetri.
La massa battente deve colpire il centro geometrico di ciascun provino, con una tolleranza di +/- 1 cm,
con la faccia piatta per i primi 10 colpi e con la faccia a cuneo per i colpi successivi, fino a rottura dello
stratificato con fuoriuscita della mazza per almeno 1 cm, dal lato opposto a quello di impatto.
La norma prevede 3 classi di resistenza, in relazione all’energia complessiva sopportata dal provino.
Vediamole nella seguente tabella, ricordando che la prova è da ritenersi superata quando tutti e cinque gli
stratificati hanno resistito per il numero minimo di colpi previsto per ogni classe.
Colpi lato piatto
Colpi lato a cuneo
Energia complessiva
A
10
≥6
2.400 Joule
B
10
≥ 16
4.000 Joule
C
10
≥ 30
6.000 Joule
Classe
Vetro antiproiettile
I vetri stratificati aventi la denominazione antiproiettile si distinguono nei seguenti due tipi:
•
•
antiproiettile semplice: quando il manufatto, pur risultando in grado di arrestare i proiettili, dà
origine, sul lato opposto a quello di impatto, ad una proiezione di schegge che, perforando il
"testimone", ossia un foglio di cartoncino posto ad una distanza determinata dalla lastra, possono
produrre delle lesioni;
antiproiettile ed antischegge: quando lo stratificato risulta in grado di arrestare i proiettili senza
originare schegge che perforino il testimone.
I vetri di questi ultimi due tipi vengono classificati in base alla resistenza che sono in grado di offrire e
non già in base al loro spessore o alla composizione dei vari strati.
Poiché i proiettili sparati dai vari tipi di armi da fuoco portatili sono compresi in una ampia gamma di
energia cinetica, gli stratificati sono suddivisi in classi di resistenza che identificano le armi e le relative
munizioni che sono in grado di arrestare.
Nella tabella che segue, denominata "classi di resistenza degli stratificati antiproiettile", possiamo
vedere in dettaglio le caratteristiche di ciascuna di queste nonché l’energia cinetica generata dal relativo
proiettile, la sua velocità, il calibro ecc. La prova consiste nel sottoporre 3 provini, della dimensione di mm
500 x 500, bloccati rigidamente in un telaio metallico la cui inerzia sia tale da far assorbire allo stratificato in
prova tutta l’energia cinetica del proiettile. La temperatura ambientale deve essere compresa fra i 10 ed i
25°C.
Sulla faccia opposta a quella di sparo, alla distanza di cm 5, deve essere posto il "testimone", costituito
da un foglio di cartoncino dello spessore di 0,2 mm oppure da un foglio di alluminio da 0,02 mm di spessore.
L’arma da fuoco deve essere posizionata in modo che la traiettoria dei proiettili sia esattamente
perpendicolare alla faccia del provino. La distanza fra la bocca della canna dell’arma ed il vetro, deve essere
di 3 m per le classi "A","B" e "C" e di 10 m per le restanti classi.
Dovranno essere sparati in successione tre proiettili che dovranno colpire i vertici di un triangolo
equilatero avente lato di 100 mm con una tolleranza di 10mm solo in eccesso e non in difetto. Il triangolo
bersaglio in questione dovrà essere disegnato al centro geometrico del provino in esame.
Inoltre, l’energia cinetica media dei tre proiettili non dovrà essere inferiore a quella indicata nella
suddetta tabella con singoli valori di tolleranza di +/- 5%.
I vetri antiproiettile rispondenti ai requisiti sopraindicati verranno designati indicando sia la classe di
appartenenza sia il riferimento UNI.
Di seguito si riportano le classi di resistenza degli stratificati antiproiettile (Dalla norma UNI 9187):
Classe
Resistenza
Arma
Tipo
A
B
C
D
E
F
Proiettile
Calibro
Massa
velocità
Energia
Tipo
Vetri resistenti alla
penetrazione di proiettili
dotati di energia cinetica di
500 J
Pistola
semiautomatica
9
Parabellum
7,45 gr.
367 m/s
(*)
500 Joule
blindato ordinario
Vetri resistenti alla
penetrazione di proiettili
dotati di energia cinetica di
1.000 J
Revolver
357
Magnum
10,24
gr.
442 m/s
(*)
1.000 Joule
blindato
Vetri resistenti alla
penetrazione di proiettili
dotati di energia cinetica di
1.500 J
Revolver
44
Remington
magnum
15,6 gr.
439 m/s
(*)
1.500 Joule
blindato
Vetri resistenti alla
penetrazione di proiettili
dotati di energia cinetica di
2.000 J
Fucile
automatico
leggero
7,62 X 39
7,95 gr.
710 m/s
(**)
2.000 Joule
blindato ordinario
Vetri resistenti alla
penetrazione di proiettili
dotati di energia cinetica di
3.300 J
Fucile
automatico
leggero
7,62 NATO
9,45 gr.
836 m/s
(**)
3.300 Joule
blindato ordinario
Vetri resistenti alla
penetrazione di proiettili
dotati di energia cinetica di
3.200 J
Fucile
automatico
leggero
7,62 X 39
9,75 gr.
811 m/s
(**)
3.200 Joule
perforante
(*) velocità misurata a 2,5 metri dalla bocca della canna. (**) velocità misurata a 9 metri dalla bocca
della canna.
Tecnologie produttive e di assemblaggio dei vetri multistrato
I vetri stratificati si ottengono accoppiando una o più lastre di vetro con una o più lastre di
policarbonato. Il problema più arduo da risolvere nella realizzazione di questi manufatti deriva dalla notevole
differenza fra il coefficiente di dilatazione del vetro e quello del policarbonato (sigla PCB) che è di circa 7
volte quello del primo.
La soluzione è stata la messa a punto di un film appartenente alla grande famiglia chimico-organica
dei poliuretani che, interposto, non solo unisce saldamente il vetro con il PCB, ma permette anche di
compensare validamente la differenza di dilatazione che altrimenti avrebbe potuto provocare scollamenti fra
gli strati. Il polimero usato in questo caso presenta una peculiare caratteristica detta "termoplastica" che ne
provoca una diminuzione del modulo di elasticità al crescere della temperatura ossia, in parole semplici, un
graduale e contenuto rammollimento.
In generale, comunque, gli stratificati vengono realizzati attraverso le seguenti fasi: lavaggio e
sgrassaggio chimico delle lastre di vetro, formazione del pacco con la stesura dei vari strati alternati alle
lastre di PCB con interposizione del film poliuretanico, adesione dei vari strati tramite il passaggio in un
forno a raggi infrarossi che, riscaldando il tutto ad una temperatura di 70 ÷ 80°C, provoca l’espulsione di
quasi tutta l’aria.
Da ultimo lo stratificato viene riscaldato a circa 140°C e sottoposto, in autoclave, ad una pressione di
10 bar in modo da consolidare il "sandwich" espellendo tutta l’aria residua fra gli strati. Al termine del
processo, che ha una durata complessiva compresa fra le 3 e le 12 ore, si ottiene un manufatto monolitico che
verrà poi sottoposto al taglio mediante seghe a disco diamantato.
La resistenza ai proiettili può essere esaltata attraverso l’adozione di adeguati sistemi di assemblaggio
quali, ad esempio, la sostituzione di una delle lastre di PCB del "sandwich", con un foglio di
polivinilbutirrale, (sigla PVB) rivolto verso il lato da cui si presume possa provenire l’attacco, poiché questa
combinazione è in grado di frantumare l’eventuale blindatura dei proiettili, sfruttando le caratteristiche di
plasticità del PVB che contribuiscono a disperdere su una superficie più ampia l’energia cinetica del
proiettile.
Lo stratificato avrà poi sul lato opposto, quello rivolto verso l’interno, uno strato finale di PCB per
opporre una elevata resistenza alla frammentazione causata dall’impatto del proiettile sulla lastra, evitando in
tal modo la violenta proiezione di schegge che potrebbero determinare il ferimento di chi si trovasse nei
pressi della vetrata.
E’ utile ricordare che il PCB, introdotto sul mercato da non molti anni, conosciuto anche con le
denominazioni commerciali di "Lexan" e "Macrolon", è una resina poliestere che presenta una resistenza agli
urti elevatissima, al punto da potersi considerare virtualmente infrangibile. Questa resilienza elevata si
mantiene stabile anche a temperature molto basse (-75°C) dove altre materie plastiche diventano assai fragili.
Possiede inoltre una trasparenza e qualità ottica molto elevate, un fattore di trasmissività per la luce
del 92%, pari a quelle di un buon vetro, una elevata resistenza all’ingiallimento provocato dalla luce solare e,
soprattutto, un ampio intervallo di temperatura all’interno del quale il PCB mantiene inalterate le sue qualità
fisiche, tipicamente fra -75 e +135°C in servizio continuo, mentre per brevi periodi sono ammesse
temperature anche superiori.
Il carico di rottura, in trazione, si aggira sui 550 ÷ 700 kg/cm con un fattore plastico di allungamento
elevatissimo: fra il 100 ed il 130%. In caso di incendio è autoestinguente (classe 1) presentando una modesta
emissione di gas tossici. Infine il suo basso peso specifico di 1,18 kg/m2 per mm di spessore gioca a favore
del manufatto finito, contribuendo a contenere il peso totale, vera bestia nera dei vetri stratificati.
Non per nulla il policarbonato trova largo impiego nella costruzione di finestrini e tettucci per uso
aeronautico. Sorprende, a questo punto, che il PCB non abbia sostituito in toto il vetro nell’edilizia ed in
molti altri campi. Un ostacolo a ciò è il suo prezzo relativamente elevato e, soprattutto, la sua modesta
resistenza all’abrasione, anche nel tipo con trattamento superficiale antigraffio.
I vetri nella prevenzione dell’incendio
Può sembrare a prima vista un paradosso usare dei vetri come barriere per limitare la propagazione di
un eventuale incendio, laddove nella normale edilizia civile o industriale non è possibile evitare l’impiego di
elementi come finestre, lucernari porte od elementi divisori che debbono essere trasparenti per non rendere
troppo buio un locale, una zona di lavoro ecc…
Purtroppo il vetro presenta diversi inconvenienti, quando esposto all’incendio. Innanzitutto la sua
trasparenza permette il passaggio del calore per irraggiamento diretto, provocando pericolosi rialzi termici
negli ambienti limitrofi fino al raggiungimento della temperatura di autoaccensione dei materiali
combustibili ivi presenti, originando altri focolai. Lo stesso calore può, nondimeno, ostacolare l’evacuazione
dei locali e complicare l’azione di spegnimento dell’incendio.
Inoltre, la necessità di montare le vetrate su un apposito telaio e, conseguentemente, l’impiego di
guarnizioni e fermavetri in materiali plastici che tendono, sotto l’azione del calore, a fuoriuscire dalla loro
sede, permette il passaggio dei fumi generati dalla combustione che in tal modo possono invadere anche i
locali non ancora interessati dall’incendio.
Come se non bastasse le lastre di vetro, se investite direttamente dalle fiamme, si rompono nel volgere
di pochi istanti, mentre possono resistere fino ad una temperatura di 100 ÷ 170°C se riscaldate per
irraggiamento. Una volta però che sia raggiunta la temperatura di rammollimento, inevitabilmente la lastra
tenderà ad uscire dalla sede.
Tutto questo, ovviamente, nel caso di lastre di vetro "normali", mentre in questo articolo si parla di
ben altro: vetri con caratteristiche tecniche speciali montati su telai con guarnizioni aventi anch’esse
caratteristiche adeguate, come vedremo fra breve.
Nella seguente figura è possibile apprezzare delle prove di resistenza al fuoco condotte su dei vetri
antifuoco.
Le applicazioni di tali manufatti sono numerosissime, in particolar modo laddove la necessità di
un’adeguata protezione passiva dal rischio d’incendio si accompagna ad esigenze estetiche particolari come,
ad esempio, ospedali, locali di pubblico spettacolo, alberghi, banche, centri commerciali ecc…
Questo tipo di soluzione presenta innegabili vantaggi, fra i quali voglio sottolineare l’ottimale
controllo visivo delle aree a rischio e la possibilità di avvicinarsi in modo abbastanza sicuro alla vetrata che,
dalla faccia opposta a quella dell’incendio, rimarrà ad una temperatura più bassa, consentendo ai Vigili del
Fuoco di prendere decisioni meglio calibrate dopo aver valutato l’entità e l’ubicazione delle fiamme.
Nella seguente tabella potremo avere un’idea più precisa della valutazione della resistenza dei
materiali al calore.
R
Con il simbolo "R" si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato periodo di tempo, la sua stabilità
RE
Con il simbolo "RE" si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato periodo di tempo, la sua stabilità e la
tenuta
REI
Con il simbolo "REI" si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato periodo di tempo, la sua stabilità, la
tenuta e l’isolamento termico
In relazione ai suddetti requisiti, gli elementi costruttivi vengono inoltre classificati con un numero che
esprime i minuti primi per i quali la resistenza in questione si esplica ossia: 15, 30, 60, 90, 120 e 180. E’
evidente che, per quegli elementi costruttivi che non hanno funzione portante, il criterio "R" (resistenza) è
automaticamente soddisfatto qualora lo siano i criteri "E" (tenuta) ed "I" (isolamento termico).
IL RICICLAGGIO DEL VETRO
La miscela di materie prime tradizionali, utilizzata nella produzione del vetro, è sostituibile con il
rottame di vetro che può essere riciclato, cioè reimmesso nel ciclo produttivo, un numero illimitato di volte.
Il rottame proveniente dalle raccolte differenziate urbane ed industriali del vetro viene processato in appositi
impianti di trattamento, ove dopo le fasi di eliminazione dei rifiuti e materiali metallici, la frazione vetrosa è
sottoposta ad un'ulteriore cernita automatica finalizzata alla separazione degli inerti opachi (ceramica,
porcellana e pietre).
L'impianto di trattamento viene alimentato da una pala meccanica che carica una tramoggia polmone.
Un vibroalimentatore ed un nastro trasportatore provvedono a caricare, in continuo, il materiale da trattare.
La prima lavorazione consiste in una cernita manuale, volta ad eliminare i corpi estranei di grosse
dimensioni. Successivamente, il vetro viene vagliato per suddividerlo in 2 o 3 frazioni che vengono
sottoposte ad una nuova cernita manuale per rimuovere frammenti di ceramica, porcellana, pietre, corpi
metallici, plastica, etc…
Nella fase successiva avviene la frantumazione delle frazioni grossolane su impianti che devono
operare senza produrre eccessive quantità di polvere di vetro e garantendo la completa assenza di frammenti
di grosse dimensioni. Quindi, il materiale viene trattato con elettrocalamite e/o con magneti al neodimio, per
rimuovere i corpi magnetici presenti.
Il rottame viene di seguito sottoposto ad una ulteriore selezione tramite aspirazione per allontanare i
corpi leggeri (carta, alluminio, legno, ecc…) che vengono raccolti ed abbattuti da un ciclone. Il materiale è
poi ulteriormente selezionato da macchine automatiche in serie capaci di individuare e scartare i corpi
metallici non ferrosi (alluminio, piombo, rame) e i corpi opachi presenti, consentendo lo scarto di prodotti
non fusibili quali ceramica, vetroceramica, porcellana, sassi, etc…
L'ultima fase del processo è una definitiva cernita manuale per eliminare i piccoli residui di ceramica,
pietre e metalli ancora presenti malgrado le precedenti operazioni.
I conferimenti impropri: origine, caratteristiche, effetti
Nella produzione del vetro la presenza di sostanze estranee o di sostanze non completamente fuse per
insufficienza di tempo e/o temperatura, può danneggiare sia il forno che il prodotto finito. Le più comuni
fonti di inquinamento del rottame che producono inconvenienti in vetreria sono, tipicamente:
I MATERIALI CERAMICI, provenienti da stoviglierie e vasellame in ceramica che erroneamente
vengono introdotti nei cassonetti di raccolta, anche in pezzature ridotte (inferiori ai 10mm), possono
originare infusi sul contenitore poiché, essendo prodotti con impasti di argille caolinitiche e sabbie
feldspatiche, sono altofondenti alla stregua dei materiali refrattari e quindi solo parzialmente eliminabili
durante il processo di fusione.
LE PIETRE, possono inquinare il rottame durante le varie movimentazioni nei piazzali e trasferimenti
via camion, prima di giungere in vetreria. Sono difficilmente fusibili anche se in granulometria fine (1-2 mm
per sabbia e granito, 0,1÷0,2 mm per le cromiti) quindi, pur essendo presenti in quantità modeste, possono
causare preoccupanti ondate di infusi e colorazioni indesiderate sul prodotto finito.
IMPUREZZE METALLICHE MAGNETICHE, sfuggite al separatore magnetico, provenienti
soprattutto dalla rete metallica contenuta all'interno del vetro retinato e dalle capsule metalliche dei
contenitori per bibite.
IMPUREZZE METALLICHE NON MAGNETICHE provenienti dalle etichette metalliche a base di
piombo, dalle capsule in alluminio o rame dei flaconi per medicinali.
Il danno più grave che arrecano gli inquinanti metallici introdotti nel forno con il rottame, oltre al
difetto sul contenitore, è costituito dalla corrosione, esercitata dalle leghe metalliche che si depositano sul
fondo, nei confronti dei materiali refrattari della suola della vasca di fusione che, a causa di ciò, può talvolta
venir forata da parte a parte in più punti.
La percentuale di rottame utilizzabile nella miscela e la qualità dei prodotti lavorati finiti dipendono
perciò dallo standard qualitativo di partenza del rottame e dalla fase di trattamento che lo stesso materiale
subisce per arrivare ad essere utilizzato in vetreria.
Se il primo aspetto conduce inevitabilmente a considerazioni in merito alle modalità della raccolta il
secondo ha spinto le aziende del settore vetrario (riciclatori e vetrerie) a richiedere la collaborazione di
società operanti nel campo dell'elettronica applicata ai processi di cernita (industria mineraria, alimentare,
materie plastiche) per risolvere l'annoso problema della separazione dei diversi inquinanti dal vetro di
recupero ed, in particolare, dei corpi opachi (ceramica, vetro-ceramica, pietre). Infatti, mentre lo stato
dell'arte delle attrezzature di separazione di metalli magnetici ed amagnetici non costituisce un limite
tecnologico alla nobilitazione del rottame, discriminante è invece l'efficienza di cernita dei corpi opachi.
Il vetro "pronto al forno"
Le specifiche merceologiche che consentono di definire il vetro trattato non più un rifiuto ma una
materia prima seconda, denominata commercialmente "pronto al forno", sono definite dal D.M. 5.2.98 e
costituiscono una condizione necessaria ma non sufficiente per l'accettazione in vetreria di tale materiale,
come si evince dalle specifiche del Capitolato riportate nella tabella a seguire. Inoltre, è da prevedere che tali
specifiche diventino sempre più restrittive, adattandosi così agli standard europei (molto più stringenti), sia
per poter raggiungere l'obiettivo di riciclo assegnato dal decreto "Ronchi", sia per essere competitivi sui
mercati internazionali (certificazione dei propri processi produttivi e, in futuro, dei prodotti stessi).
A tale scopo, le aziende vetrarie dovranno poter confidare su approvvigionamenti di rottame di vetro
caratterizzati da elevati e costanti standard qualitativi.
Specifiche merceologiche minime del vetro pronto Capitolato per l'accettazione del vetro in vetreria
al forno DM 5.2.98
Vetro
99,86%
99,93%
Metalli magnetici
<0,002%
0,00%
Metalli amagnetici
<0,01%
0,00%
Ceramica e porcellana
<0,01%
0,01%
Pietre
<0,02%
0,01%
Materiali organici
<0,1%
0,05%
Pertanto, i progressi che le aziende che operano nel trattamento dovranno assolutamente fare nel breve
periodo sono notevoli visto che dovranno disporre delle apparecchiature di tecnologia adeguata per
assicurare l'eliminazione dei metalli magnetici ed amagnetici; la separazione della frazione fine (inferiore a
10 mm) e la successiva lavorazione separata della stessa; la selezione della ceramica e dei residui organici.
Ciò premesso, è bene rammentare che, comunque, sarà impossibile raggiungere i livelli minimi di qualità
partendo da un materiale che ha circa l'1,2% di ceramica e l'8,7% tra altre impurità e rifiuti, se teniamo
presente che il vetro pronto al forno non deve avere presenza di ceramica superiore allo 0.008% (cioè, 150
volte inferiore) e rifiuti non superiori allo 0,05% (cioè, 174 volte inferiore).
Stato attuale delle tecnologie di selezione dei corpi opachi
Alcune aziende hanno sviluppato delle macchine capaci di individuare la presenza di questi inquinanti
e di espellere gli stessi con la massima precisione possibile; va puntualizzato comunque che, allo stato
attuale, tali apparecchiature garantiscono un buon rendimento di eliminazione dei corpi opachi quando questi
presentano dimensioni superiori a 10 mm.
I modelli oggi disponibili sul mercato possono essere suddivisi in due grandi famiglie: quelli che non
richiedono in modo tassativo il lavaggio preliminare del rottame. II principio di funzionamento di tali
apparecchiature è molto simile, tutte infatti sfruttano la mancanza di trasparenza alla luce tipica degli
inquinanti che si vuole individuare e rimuovere (ceramica, pietre, metalli ed altro).
Quello che le differenzia, anche all'interno della stessa famiglia, è il tipo di luce utilizzato, il sistema di
rilevazione adottato, le possibilità di regolazione ed il meccanismo di espulsione. Il rottame di vetro
alimentato alla macchina viene omogeneamente distribuito, mediante un dispositivo vibrante, su di un piano
inclinato costituito da una lastra di vetro. Scivolando su questa lastra il materiale "attraversa" la linea degli
emettitori luminosi e dei sensori. La presenza di corpi opachi viene immediatamente segnalata all'elettronica
della macchina che provvede ad attivare il sistema di espulsione ad aria compressa, costituito da una serie di
ugelli posizionati lungo la traiettoria di caduta del materiale. Allo stato attuale, tali apparecchiature
garantiscono un buon rendimento nell'eliminazione dei corpi opachi quando questi presentano dimensioni
comprese nell'intervallo 15 ÷ 40mm. Tuttavia, la capacità di separazione si riduce fortemente con il
diminuire delle dimensioni degli inquinanti.
La sorgente luminosa può essere costituita da normali tubi al neon o da lampade alogene connessi a
una serie di obiettivi capaci di focalizzare le immagini del flusso di rottame su appositi sensori. Con questo
sistema il vetro con etichette viene normalmente scartato e la stessa sorte subisce anche il vetro opale e
quello con colorazione molto intensa. Altri dispositivi utilizzano una sorgente laser, che risulta circa 250
volte più intensa rispetto ad altri sistemi di illuminazione e consente una maggiore capacità discriminatoria
nei confronti di quegli inquinanti non particolarmente pericolosi, la cui eliminazione provocherebbe anche
un aumento dello scarto di vetro buono (es. etichette di carta aderenti ai frammenti di vetro, vetri con
colorazioni molto intense, etc.).
La corretta gestione delle macchine e una limitata presenza di inerti opachi nel rottame di vetro
consentono di ottenere buoni risultati di selezione con limitate perdite di vetro (4÷5% circa dell'immesso).
Tali apparecchiature però, non sono mai totalmente selettive e, gli scarti tipici che decadono da tale
lavorazione sono funzione del tipo di materiale con cui viene alimentato l'impianto.
Riduzione del vetro perso nella fase di selezione e trattamento: ottimizzazione del
sistema di raccolta
Per incrementare i risultati quantitativi, e soprattutto i risultati qualitativi, della raccolta differenziata
nazionale degli imballaggi in vetro la strada migliore è quella della raccolta differenziata monomateriale del
vetro a mezzo delle campane stradali, sistema peraltro considerato come ottimale anche dal DM. 4.8.99 che
fissa le condizioni di ritiro del rottame di vetro raccolto dai Comuni da parte di CO.RE.VE./Aziende Vetrarie
consorziate. E' questo il sistema più semplice, meno costoso e che consente di ottenere una qualità del
materiale adeguata, già in fase di raccolta, alle necessità tecnologiche delle successive fasi di trattamento e
riciclo (cosa fondamentale per incrementare i quantitativi riciclati); metodo confermato dalle più importanti
esperienze europee che si basano ormai da anni sulla raccolta del vetro separata per colore: traguardo al
quale anche il nostro Paese dovrà puntare quanto prima.
Le analisi merceologiche svolte in questi anni assieme ai gestori locali della raccolta hanno sempre
confermato che il livello qualitativo del vetro raccolto peggiora al crescere delle variazioni apportate al
modello ottimale: le impurità aumentano passando dalla raccolta monomateriale al conferimento congiunto
di due o più materiali, ovvero passando dalla campana al cassonetto domiciliare utilizzato nella raccolta
"porta a porta". Nella lavorazione del vetro grezzo si producono degli scarti (frazioni estranee più vetro perso
con la selezione) la cui quantità è funzione della qualità del vetro grezzo in ingresso all'impianto di
recupero/trattamento; la qualità del vetro grezzo è a sua volta condizionata dal tipo di sistema utilizzato dal
gestore per la raccolta del vetro.
Di seguito si riportano dei dati relativi alle varie tipologie di raccolta utilizzati. È immediato
riconoscere che il vetro raccolto in una campana di solo vetro offre delle garanzie superiori rispetto a
qualsiasi altro tipo di raccolta e quindi è certamente da preferire.
Presenza di frazioni estranee in
peso ai sensi del DM 4.8.99
(materiali diversi dal vetro
raccolti assieme a quest'ultimo) in
% sul totale raccolto
Scarti della fase di selezione e
trattamento in % sul totale raccolto
SISTEMA
TOTALE
Campana
vetro
solo
Vetro a buon fine in % sul
totale del vetro raccolto
di cui VETRO
1,75%
5,80%
4,05%
96%
Campana vetro
e metallo
4,45%
12%
7,55%
92%
Porta a porta
vetro e metallo
9,90%
28,60%
18,70%
79%
Contenitore
stradale
per
vetro, metallo e
plastica
27,20%
52,80%
25,60%
65%
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