N
E U R O B I O L O G I A
Il craving nella dipendenza da
oppiacei, cocaina e alcol
(seconda parte)
di Mary Jeanne Kreek, Yan Zhou, Stefan D. Schlussman
Segue dal numero
precedente
Effetti delle sostanze d’abuso sul
sistema dopaminergico e degli
oppioidi endogeni
Nel nostro laboratorio e nel centro
di ricerca del NIH-NIDA, Inturrisi
e collaboratori hanno modificato
la tecnica di “solution hybridizationRNAse protection” per ottenere un test
con aumentata sensibilità e specificità
(Zhu et al., 1992). Branch e più
tardi altri hanno mappato il livello
di espressione genica all’interno
del sistema oppioide endogeno,
trovando una grande quantità di
mRNA codificante peptidi compresa
la proenkefalina, la predinorfina
nel caudato putamen così come nel
nucleus accumbens, nell’ipotalamo ed
in una regione molto importante per
l’apprendimento e per la memoria,
l’ippocampo (Branch et al., 1992).
Quando i geni per i recettori oppioidi
sono stati clonati per la prima volta,
all’inizio degli anni Novanta noi
abbiamo mappato le stesse regioni
e trovato che i recettori oppioidi
mu e kappa, così come i delta,
erano espressi abbondantemente
nel caudato putamen e nel nucleus
accumbens, cioé nelle regioni dove
sono abbondanti le terminazioni
dopaminergiche.
La cocaina interagisce con ciascuno
dei trasportatori delle monoamine, ma
il suo effetto più importante è a livello
del trasportatore della dopamina
dove previene la ricattura della
stessa. Ciò determina un’eccessiva
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
Studi futuri, rivolti in
particolare all’interfaccia
tra fattori genetici e fattori
ambientali, combinati con
le alterazioni indotte dalle
sostanze d’abuso,
possono consentirci di
sviluppare ulteriori
conoscenze sui substrati
biologici del craving
_________
concentrazione extracellulare di
dopamina (Figura 25) che attiva i
recettori dopaminergici postsinaptici
(D1 - D5) così come gli autorecettori
dopaminergici presinaptici D2/3, che
al contrario sono situati sui corpi
cellulari dei neuroni dopaminergici
nella substantia nigra e nell’area
tegmentale ventrale. Diversi anni
fa nel nostro laboratorio è stato
sviluppato un modello di studio
della somministrazione di cocaina
del tipo “binge”, ideato sulla base
del più comune modello umano
di abuso di cocaina e che riflette
il risultato comportamentale del
drug hunger e del craving. Il nostro
modello di “binge” consiste nella
39
somministrazione di dosi multiple di
cocaina a brevi intervalli di tempo
(un’ora tra una dose e l’altra), seguite
da un intervallo di ventidue ore prima
della somministrazione della dose
successiva. Maisonneuve, utilizzando
la tecnica della microdialisi in ratti
liberi di muoversi, ha osservato la
risposta della dopamina dopo una
somministrazione di cocaina di
tipo “binge” in acuto (Maisonneuve
and Kreek, 1994) ed in cronico
(Maisonneuve et al., 1995) (Figura
26). Ha dimostrato che nel modello
di somministrazione “binge” in
acuto (un giorno), ciascuna delle
tre iniezioni giornaliere di cocaina
aumentava in maniera significativa
i livelli di dopamina extracellulare
sia nel nucleus accumbens che nel
caudato putamen (Maisonneuve
and Kreek, 1994). Esaminando
gli effetti di somministrazioni
croniche (quattordici giorni) di tipo
“binge” di cocaina nei ratti egli ha
osservato che al quattordicesimo
giorno di somministrazione di
cocaina, ciascuna iniezione “binge”
aumentava i livelli extracellulari di
dopamina sia nel nucleus accumbens
che nel caudato putamen dei ratti,
proprio come il primo giorno di
somministrazione. Comunque, il
livello assoluto di dopamina in
queste regioni a seguito di ciascuna
iniezione era significativamente
più basso il quattordicesimo giorno
del primo giorno (Maisonneuve et
al., 1995). Maisonneuve ha anche
dimostrato che al tredicesimo
giorno di somministrazione “binge”
di cocaina, ma prima di ricevere la
cocaina del quattordicesimo giorno
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
Figura 25
(cioè quando la sostanza non è
presente nel sistema dell’animale),
i livelli basali di dopamina erano
significativamente ridotti se
confrontati con i controlli a cui era
stata somministrata una soluzione
salina (Maisonneuve et al., 1995).
In altre parole la somministrazione
cronica in “binge” di cocaina deprime
il tono dopaminergico di base. Non
è stato ancora determinato quanto
a lungo permangano questi effetti.
Recentemente Zhang, ha confermato
questi risultati in topi liberi di
muoversi dopo la somministrazione in
“binge” di cocaina in acuto (tre giorni)
(Zhang et al., 2001).
Sempre all’interno del nostro
laboratorio è stato intrapreso da
Unterwald e Ho un esperimento
per esaminare gli effetti
comportamentali del modello “binge”
di somministrazione di cocaina nei
ratti (Unterwald et al., 1994a). Nel
modello gli animali sono alloggiati
in gabbie singole all’interno di una
struttura che rende minimo lo stress.
L’animale resta nella gabbia per
ventiquattro ore al giorno e il suo
comportamento viene monitorato
per mezzo di una cornice che emette
dei raggi infrarossi che si incrociano
davanti, al centro e nella parte
posteriore della gabbia. Ogni volta che
l’animale attraversa un raggio, viene
registrato. Questo sistema consente
di monitorare per ventiquattro ore al
giorno il comportamento dell’animale
senza bisogno di spostarlo in un nuovo
ambiente per le registrazioni. Quando
agli animali veniva data la cocaina, il
primo giorno si osservava il previsto
aumento dell’attività locomotoria
(Figura 27) e questo effetto persisteva
per tutta la durata, di quattordici
giorni, dello studio (Figura 27). È
interessante notare che, quando ai
nostri ratti veniva somministrata la
cocaina in maniera intermittente
ma abbastanza regolare secondo il
modello “binge” per tredici giorni, essi
sviluppavano una sensibilizzazione agli
40
effetti di attivazione locomotoria della
cocaina (Unterwald et al., 1994a). In
altre parole, il tredicesimo giorno dello
studio la risposta locomotoria alla
cocaina risultava significativamente
maggiore di quella osservata durante il
primo giorno di iniezioni “binge”.
Recentemente, Schlussman ha
ripetuto questi studi in due ceppi di
topi (Schlussman et al., 2003a), il
ceppo C57BL/6J ed il ceppo 129/J
(a.k.a. 129P3/J) che in precedenza si
erano dimostrati differenti nella loro
risposta comportamentale a tre giorni
di somministrazione “binge” di cocaina
(Schlussman et al., 1998). Durante
il corso del quattordicesimo giorno
di somministrazione i topi C57BL/6J
mostravano un aumento dei livelli di
attività locomotoria e stereotipie in
risposta a ciascuna iniezione “binge” di
cocaina.
Similmente a quanto osservato nel
nostro studio in acuto (Schlussman
et al., 1998), i topi 129/J non
mostravano un aumento dell’attività
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
locomotoria in risposta alla cocaina
durante la somministrazione cronica.
Essi esprimevano stereotipie
comportamentali, ma ad un livello
significativamente più basso di
quanto espresso dai topi C57BL/6J
(Schlussman et al., 2003a).
Al contrario di ciò che Unterwald
e colleghi osservarono nei ratti
(Unterwald et al., 1994a), i topi
C57BL/6J non sviluppavano
sensibilizzazione agli effetti di
stimolazione locomotoria della
cocaina, ma piuttosto sviluppavano
tolleranza (Figura 28; Schlussman et
al., 2003a). È interessante notare che
Zhang ha dimostrato che, in risposta
a tre giorni di somministrazione di
cocaina secondo il modello “binge”, i
topi 129/J, non sensibili dal punto di
vista comportamentale, presentavano
un maggiore rilascio di dopamina nel
caudato putamen di quanto avveniva
nei topi C57BL/6J (Zhang et al.,
2001).
Diversi anni fa, abbiamo avuto
l’opportunità di esaminare gli effetti
della somministrazione di cocaina
secondo il modello “binge” sui recettori
dopaminergici D1 e D2 del cervello
di ratti vivi utilizzando la nuova
tecnica della tomografia a emissione di
positroni (PET) (Maggos et al., 1998;
Tsukada et al., 1996). Schlussman,
Maggos e Kreuter hanno avviato una
collaborazione con Hideo Tsukada del
Hamamatsu Photonics in Giappone,
il quale insieme ai suoi colleghi
ha recentemente messo a punto
un’apparecchiatura PET con una
sensibilità tale da misurare il legame di
specifici recettori in specifiche regioni
del cervello del ratto vivo utilizzando
ligandi altamente specifici marcati
[C11]. In precedenza il lavoro con la
PET si era limitato alla misurazione
del flusso ematico o dell’utilizzazione
del glucosio, tuttavia, l’aumentata
selettività dei ligandi radiomarcati
e l’aumento della sensibilità delle
apparecchiature PET ha permesso
di misurare il legame di specifici
recettori in specifiche regioni del
cervello del ratto, come lo striato (al
Figura 26
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
41
momento attuale la risoluzione della
PET non ci consente di distinguere
nel ratto tra lo striato dorsale e quello
ventrale). Abbiamo esaminato così
gli effetti della somministrazione
cronica della cocaina secondo il
modello “binge”, e dell’astinenza,
sui recettori dopaminergici D1 e D2
dello striato utilizzando l’SCH23390
marcato [C11] o il N-metilspiperone
(NMSP), ligandi selettivi
rispettivamente dei recettori D1 e D2.
Al contrario dei nostri precedenti
studi autoradiografici, abbiamo
potuto osservare una diminuzione
significativa nella densità di legame
dei recettori dopaminergici D1
striatali dopo sette giorni di “binge”
di cocaina (Tsukada et al., 1996), e
questa diminuzione persisteva sino al
quattordicesimo giorno (Figura 29 A;
Maggos et al., 1998; Tsukada et al.,
1996).
Negli stessi animali, il potenziale di
legame dei recettori dopaminergici
D2 non fu alterato nei sette giorni
che seguirono il modello “binge” di
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
Figura 27
somministrazione di cocaina (Tsukada
et al., 1996), ma il legame dei recettori
dopaminergici D2 risultava ridotto
significativamente dopo quattordici
giorni di “binge” di cocaina (Figura
29 B; Maggos et al., 1998; Tsukada
et al., 1996). In studi successivi
condotti dai nostri neuroscienziati e
da scienziati in Giappone abbiamo
investigato sul tempo di recupero
dei recettori dopaminergici D1 e D2
osservando che il legame dei recettori
dopaminergici D1 ritornava ai livelli
di controllo entro dieci giorni di
astinenza (Figura 29 A e B) mentre
il legame dei recettori dopaminergici
D2 non tornava ai livelli di controllo
sino, qualche volta, a dieci-ventuno
giorni di astinenza (Maggos et al.,
1998). Questi studi dimostrano che le
alterazioni neurochimiche indotte dal
“binge” di cocaina possono persistere
anche dopo lunghi periodi di astinenza
e possono persistere per un tempo
tanto lungo quanto quello necessario
a indurre questi cambiamenti, o anche
di più. Inoltre, questi risultati sono
molto diversi dalle nostre scoperte
iniziali fatte utilizzando metodi
autoradiografici, sia in termini di
sensibilità alla cocaina dei differenti
sottotipi di recettori dopaminergici
che in termini di alterazioni indotte
dalla cocaina.
In altri studi abbiamo utilizzato la
nostra soluzione di ibridizzazione
modificata per conoscere gli
effetti della somministrazione
“binge” di cocaina sul sistema degli
oppiodi endogeni nei ratti, e più
recentemente nei topi. Yuferov ed il
nostro gruppo di biologi molecolari
hanno mostrato che il modello di
somministrazione di cocaina “binge”
altera significativamente i livelli
dell’mRNA dei recettori oppioidi mu
in tre regioni specifiche del cervello
(Yuferov et al., 1999). È interessante
notare che le tre regioni nelle quali
abbiamo visto un effetto significativo
sull’mRNA dei recettori oppioidi mu,
il nucleus accumbens, la corteccia
42
frontale e l’amigdala, sono tutte parti
delle proiezioni dopaminergiche
mesolimbiche dall’area tegmentale
ventrale. In precedenza, Unterwald
e collaboratori, utilizzando
l’autoradiografia, avevano esaminato
gli effetti della somministrazione
cronica secondo il modello “binge”
di cocaina sul legame ai recettori
mu oppioidi ed avevano trovato un
aumento del legame in specifiche
aree del cervello, analoghe a quelle
in cui noi osservammo le alterazioni
dell’mRNA, cioè la corteccia del
cingolato anteriore, il nucleus
accumbens e i nuclei amigdaloidei
basolaterali (Unterwald et al., 1992;
Unterwald et al., 1994b).
Procedendo nell’esame degli effetti
della cocaina su altri componenti
del sistema oppioide endogeno,
Unterwald e colleghi, hanno
determinato che, proprio come nel
caso dei recettori mu, la densità dei
recettori oppioidi kappa era maggiore
nelle aree mesocorticolimbiche di
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
proiezione dopaminergica, quali la
corteccia del cingolo ed i tubercoli
olfattori (Unterwald et al., 1994b).
In una recente serie di esperimenti,
Unterwald ha studiato direttamente
a livello neurochimico gli effetti del
modello di somministrazione della
cocaina, esaminando il legame ai
recettori oppioidi o dopaminergici
nei ratti che ricevevano 30mg/kg di
cocaina per quattordici giorni secondo
un modello “binge”, o due iniezioni
giornaliere di cocaina di 15mg/kg,
o una singola dose giornaliera di
30mg/kg. Così come ipotizzato, la
somministrazione giornaliera ripetuta
di cocaina produceva effetti più
robusti rispetto alle singole iniezioni
giornaliere. Per esempio, singole o
doppie iniezioni quotidiane di 30mg/
kg di cocaina non avevano effetto
sulla densità dei recettori oppioidi
kappa, mentre la somministrazione
secondo il modello “binge” della stessa
dose di cocaina aumentava in maniera
significativa il legame dei recettori
oppioidi kappa nella corteccia del
cingolo, nel nucleus accumbens e nel
caudato putamen (Unterwald et al.,
2001).
Spangler e collaboratori nel nostro
laboratorio (Spangler et al., 1993;
Spangler et al., 1997) e quasi
simultaneamente Daunais e McGinty
(Daunais et al., 1993; Daunais and
McGinty, 1995) e Hurd e Herkenham
(Hurd and Herkenham, 1992), hanno
dimostrato che la cocaina aumentava
i livelli di mRNA della dinorfina
nel caudato putamen (Figura 30) e
andando avanti, in altri studi, si è
dimostrato che la somministrazione
acuta, sub-acuta e cronica di cocaina
provoca un aumento nel livello di
mRNA della dinorfina e che questo
effetto è intermittente, intendendo
che dopo ogni iniezione c’è un
aumento nei livelli di mRNA della
dinorfina nel caudato putamen, ma
questi livelli ritornano a quelli di
controllo entro ventiquattro ore
dall’ultima iniezione (Spangler,
1993). Negli esperimenti successivi,
utilizzando degli antagonisti selettivi
Figura 28
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
43
del recettore dopaminergico, Spangler,
insieme con Schlussman e Zhou,
ha mostrato che la risposta della
dinorfina al “binge” di cocaina è
mediata dai recettori dopaminergici
D1, ma non dai recettori D2 ,
confermando un’interazione diretta
tra il sistema degli oppioidi endogeni e
dopaminergico.
Recentemente, Schlussman nel
nostro laboratorio ha mostrato
lo stesso aumento nei livelli di
mRNA della dinorfina indotto
dalla cocaina secondo un modello
di somministrazione “binge” nel
caudato putamen dei topi C57BL/6J,
ma non nel caudato putamen dei
topi iporesponsivi dal punto di
vista comportamentale 129/J, ed ha
ipotizzato che questo sia correlato
all’aumentata risposta dopaminergica
nel caudato putamen dei topi 129/J
rispetto agli animali C57BL/66J
(Schlussman et al., 2003b).
Noi abbiamo esteso la nostra
analisi dell’mRNA ai ratti, per
esaminare gli effetti del modello di
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
Figura 29 A e 29 B
somministrazione “binge” di cocaina
sul recettore oppioide kappa, che è
il recettore per il peptide dinorfina.
Abbiamo determinato che non solo
il “binge” di cocaina regola i livelli
di mRNA nel caudato putamen,
ma regola anche i livelli di mRNA
del recettore oppioide kappa nella
substantia nigra (Spangler et al.,
1996b), una regione che contiene
i corpi cellulari dei neuroni
dopaminergici che proiettano al
caudato putamen, ma anche che
riceve innervazione dai neuroni che
producono dinorfina nel caudato
putamen, perciò esiste un ampio
circuito di feedback. Questo è un
esempio di regolazione coordinata
dell’mRNA peptidico e dell’mRNA
recettoriale.
Wang e collaboratori, assieme ai
neuroscienziati del nostro laboratorio,
hanno esaminato gli effetti a breve
termine della somministrazione
secondo un modello “binge” di
morfina, sulla preprodinorfina,
preproenkefalina e sui livelli di
mRNA del recettore oppioide
kappa. Dopo sei giorni di iniezioni di
soluzione salina per abituarli, i ratti
ricevevano o una somministrazione
“binge” di morfina (6.25 mg/kg
sottocute ogni due ore) o la soluzione
salina e venivano misurati i livelli
di mRNA nell’intero cervello dopo
la rimozione della corteccia, del
cervelletto e del tronco cerebrale
(brainstem). Wang e colleghi
riportarono che sia l’mRNA della
preprodinorfina che quello del
recettore oppioide kappa erano
stati significativamente aumentati
dalla morfina, sebbene non sia
stata possibile una localizzazione
regionale di questi effetti (Wang et
al., 1999). Questi studi dimostrano
che le sostanze d’abuso oppiacee
interferiscono in maniera significativa
anche con il sistema oppioide
endogeno e dimostrano inoltre che il
modello di somministrazione “binge”
di cocaina ha un impatto significativo
44
su due diverse componenti del
sistema oppioide endogeno, i recettori
oppioidi mu e kappa ed i loro ligandi,
e sul sistema dopaminergico.
Studi del nostro e di altri laboratori
hanno dimostrato che vi è
un’importante interazione tra il
sistema dopaminergico ed il sistema
del recettore oppioide kappa. Claye e
colleghi, hanno dimostrato nei ratti
che la dinorfina A1-17, diminuisce i
livelli basali di dopamina con effetto
dose-dipendente (Claye et al., 1996).
Noi abbiamo recentemente esteso
il lavoro di Claye e Shippenberg e
colleghi per esaminare la relazione
tra questi sistemi nei topi. Zhang
ha recentemente dimostrato che
l’aumento indotto dalla cocaina nella
dopamina extracellulare può essere
bloccato in modo dose-dipendente
dall’agonista naturale del recettore
oppioide kappa dinorfina A1-17
(Zhang et al., 2002; Figura 31) così
come da diversi agonisti sintetici del
recettore oppioide kappa e persino
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
dall’agonista recettoriale non oppioide
orfanina F/Q (Zhang et al., 2000).
Studi preclinici su cocaina e stress
La vulnerabilità all’abuso di sostanze
può essere aumentata dallo stress, e
la risposta dell’HPA allo stress può
essere uno dei fattori critici in grado di
influenzare la vulnerabilità individuale
alle sostanze d’abuso (Kreek, 1992)
(vedi Figure 11,12,13,14,15 nel
numero precente di Medicina delle
Tossicodipendenze “Craving 1”).
Lo stress ambientale può modulare
gli effetti delle sostanze d’abuso
sull’acquisizione del comportamento
di autosomministrazione, sull’attività
locomotoria ed anche sulla
ristabilizzazione dell’autosomministrazione dopo l’estinzione (Kalivas et al.,
1991; Shaham et al., 1996; Piazza and
LeMoal, 1997; Kreek and Koob, 1998).
Due gruppi di ricerca hanno riportato
che l’attenuazione della risposta allo
stress attraverso la surrenalectomia
farmacologica, usando ketoconazolo
o metirapone, inibitori della
sintesi dei glucocorticoidi, riduce
l’autosomministrazione di cocaina
nei ratti (Piazza et al., 1994; Goeders
et al., 1998). In contrasto con questa
affermazione, studi sui primati e sugli
esseri umani non sono stati in grado
di dimostrare effetti dose-dipendenti
del ketoconazolo o di correlate
manipolazioni dei glucocorticoidi nel
ridurre le risposte di rinforzo della
cocaina (Sonino, 1987; Ward et al.,
1998; Broadbear et al., 1999). Allo
stesso tempo, vi è anche evidenza
che l’attività persistentemente bassa
dell’HPA (con ridotta stimolazione
glucocorticoide) che segue la sindrome
d’astinenza dalle sostanze d’abuso, possa
contribuire agli effetti spiacevoli di
questa condizione (Kosten et al., 2002).
Nel ratto la cocaina aumenta
acutamente i livelli plasmatici di
ACTH, di beta-endorfine ed i livelli
di corticosterone (Moldow and
Fishman, 1987). Il pretrattamento
con antagonisti sia dei recettori D1
che D2 attenua l’attivazione dell’asse
HPA indotta dalla cocaina (Borowsky
Figura 30
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
45
and Kuhn, 1991; Spangler et al.,
1997), suggerendo che la stimolazione
acuta dell’attività dell’asse HPA da
parte della cocaina venga mediata
sia dai recettori D1 che D2. A
supporto di questa evidenza, i topi
carenti della proteina DARPP-32,
una molecola chiave nel regolare il
segnale intracellulare del recettore
dopaminergico nell’ipotalamo,
mostrano una ridotta risposta
ormonale dell’asse HPA alla cocaina
(Zhou et al., 1999a). Tra le altre
variabili, la frequenza e la durata della
somministrazione di cocaina, sono di
importanza critica nel determinare
gli effetti della cocaina sull’attività
dell’asse HPA (Rivier, 1994). Questa
è un’importante considerazione
neuroendocrina, dal momento che
gli abusatori di cocaina spesso “si
impegnano” in “binges” che durano
diverse ore (Gawin, 1991). I nostri
studi hanno utilizzato un regime di
“binge” di ripetute somministrazioni di
cocaina nel ratto per mimare il modello
osservato frequentemente negli
uomini abusatori di cocaina. Abbiamo
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
Figura 31
trovato che i livelli di ACTH e di
corticosterone nel plasma sono elevati
dopo la somministrazione acuta (un
giorno) in modalità “binge” di cocaina
(Tab.1). Tuttavia, i livelli degli ormoni
dell’asse HPA in risposta al “binge”
cronico (quattordici giorni) di cocaina
mostrano una significativa attenuazione
se paragonati agli effetti acuti, fatto
che sta ad indicare un adattamento o
tolleranza dell’attività dell’asse HPA
al “binge” cronico di cocaina nel ratto
(Zhou et al., 1996a; 2003) (Tab. 1).
Nell’uomo, la cocaina aumenta i
livelli plasmatici di ACTH, cortisolo
e beta-endorfine negli abusatori di
cocaina (vedi sezione clinica). In
maniera simile ai nostri risultati sul
ratto, un adattamento delle risposte alla
cocaina dell’asse HPA è stato trovato
nell’uomo: gli effetti di una dose di
cocaina sulla secrezione di ACTH
sono significativamente più bassi negli
individui dipendenti da cocaina che in
coloro che la usano occasionalmente
(Mendelson et al., 1998).
In nostri recenti studi atti ad
investigare gli effetti dell’astinenza da
cocaina nel ratto, abbiamo trovato
un aumento nei livelli plasmatici
sia di corticosterone che di ACTH
durante l’astinenza da cocaina a breve
termine (uno o due giorni). Questo
effetto ritorna ai livelli di controllo
dopo dieci giorni di astinenza (Zhou
et al., 2003a) (Tab. 2). I risultati sui
ratti sono in accordo con le precedenti
osservazioni, mostrando che i livelli
di corticosterone plasmatico sono
aumentati (Levy et al., 1994; Peltier
et al., 2001) durante l’astinenza da
cocaina a breve termine. Uno studio
precedente aveva mostrato più elevati
livelli basali plasmatici di ACTH e
cortisolo un giorno dopo la cessazione
dell’autosomministrazione di cocaina
(Vescovi et al., 1992).
L’effetto stimolatorio della cocaina
in acuto sulla risposta allo stress
dell’asse HPA nel ratto, deriva da
un meccanismo mediato dal CRH
(corticotropin-releasing hormone)
46
(Rivier and Vale, 1987; Rivier and Lee,
1994; Zhou et al., 1996a). Utilizzando
un modello di somministrazione
“binge” di cocaina nel ratto, nostri
precedenti studi hanno trovato un
significativo effetto stimolatorio sui
livelli di mRNA del CRH a livello
ipotalamico provocato in acuto dopo
un giorno di “binge” di cocaina (Zhou
et al., 1996a) (Tab.1). A differenza del
“binge” acuto di cocaina, l’adattamento
dell’asse HPA agli effetti stimolatori
della cocaina si sviluppa dopo
quattordici giorni di somministrazione
cronica in “binge” di cocaina, e questa
attenuazione dell’attività dell’asse HPA
è associata alla riduzione dei livelli di
mRNA del CRH nell’ipotalamo (Zhou
et al., 1996a) (Tab. 1). Questa relativa
deficienza di CRH indotta dalla
somministrazione ripetuta di cocaina è
mediata apparentemente dal recettore
dopaminergico D1 (Zhou et al., 1999a,
2001a).
La corteccia frontale mediale
è coinvolta nel meccanismo di
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
rinforzo della cocaina. Dopo tre
giorni di “binge” di cocaina, in questa
regione cerebrale è stato rilevato un
significativo aumento indotto dalla
sostanza dei livelli di mRNA del CRH
(Zhou et al., 1996a, 2001a) (Tab. 1).
L’aumento non viene alterato né dal
pretrattamento con antagonisti D1
(SCH23390) né con antagonisti D2
(sulpiride), suggerendo che i recettori
alla dopamina non sono coinvolti
nella “up-regulation” da cocaina.
Inoltre, non c’è alterazione
nell’espressione del gene CRH in
questa regione dopo quattordici giorni
di “binge” cronico di cocaina (Zhou et
Tabella 1
al., 2001a) (Tab.1).
In studi sull’espressione del gene
CRH-R1, non è stata osservata alcuna
modificazione nella corteccia frontale
durante una somministrazione “binge”
cronica di cocaina (Zhou et al.,
2003a) (Tab.1).
Una crescente mole di evidenze
suggerisce che l’aumentato rilascio
di CRH nel nucleo centrale
dell’amigdala (CeA) può essere alla
base delle conseguenze ansiogeniche
e simili allo stress dell’astinenza
comuni a tutte le sostanze d’abuso
(vedi la review di Weiss et al., 2001).
Una singola dose di cocaina induce
il rilascio di CRH dal CeA del ratto
(Richter et al., 1995). I nostri studi
hanno scoperto che il “binge” di
cocaina ha un effetto transitorio
sui livelli di mRNA del CRH
nell’amigdala. Il “binge” acuto (un
giorno) di cocaina aumenta l’mRNA
del CRH nell’amigdala, mentre non
si è osservata alcuna modificazione
in questa regione dopo quattordici
giorni di “binge” cronico di cocaina
(Zhou et al., 1996a) (Tab. 1). In studi
sull’espressione del gene CRH-R1,
non sono state osservate modificazioni
nell’amigdala dopo “binge” cronico di
cocaina (Zhou et al., 2003a).
Effetti del modello di somministrazione “binge” cronico di cocaina (3x15mg/kg/die i.p. a intervalli di
un’ora per la durata di 14 giorni), sui livelli plasmatici di ACTH e corticosterone e sui livelli di POMC,
CRH, CRH-R1 ed i livelli di ppEnk mRNA nell’ipofisi anteriore, nel NIL/PL, ipotalamo, corteccia frontale,
amigdala, tronco encefalico di ratto. I dati mostrati in tabella sono la media in trattamento ± SEM.
Saline Control
1-day Cocaine
3-day Cocaine
7-day Cocaine
14-day Cocaine
ACTH
17 ± 4
60 ± 10
↑145 ± 27
↑225 ± 27
50 ± 20 a
Corticosterone
10 ± 2
↑55 ± 7
↑90 ± 16
↑85 ± 19
↑47 ± 11 a
CRH in Hypo
0.39 ± 0.03
↑1.10 ± 0.20
0.34 ± 0.03
ND
↓0.26±0.02
CRH-R1 in Hypo
1.16 ± 0.13
1.10 ± 0.05
1.17 ± 0.05
1.09 ± 0.06
1.22 ± 0.05
POMC in Hypo
32.3 ± 3.5
↓26.0 ± 2.0
29.0 ± 1.2
31.8 ± 1.4
33.0 ± 1.5
CRH-R1 in AP
0.79 ± 0.03
0.74 ± 0.05
0.85 ± 0.04
0.84 ± 0.06
↑0.96±0.05
POMC in AP
260 ± 15
270 ± 12
310 ± 22
320 ± 20
↑350 ± 25
CRH-R1 in NIL/PL
2.4 ± 0.36
2.72 ± 0.14
2.09 ± 0.33
2.47 ± 0.35
2.26 ± 0.32
POMC in NIL/PL
3400 ± 600
2700 ± 500
↓2000±200
↓2100 ± 80
↓2250±350
CRH in FCx
0.21 ± 0.01
0.22 ± 0.02
↑0.29±0.02
ND
0.24 ± 0.02
CRH-R1 in FCx
0.57 ± 0.01
0.59 ± 0.01
0.63 ± 0.03
0.60 ± 0.01
0.62 ± 0.02
CRH in Amy
0.057±0.003
↑0.119±0.026
0.063±0.003
ND
0.063±0.002
CRH-R1 Amy
0.14 ± 0.01
ND
ND
ND
0.15 ± 0.01
CRH in Bstm
0.11 ± 0.01
ND
0.10 ± 0.01
ND
0.09 ± 0.004
CRH-R1 Bstm
1.21 ± 0.05
1.06 ± 0.05
1.04 ± 0.06
1.12 ± 0.06
1.10 ± 0.10
ppEnk in FCx
0.48 ± 0.015
ND
0.53 ± 0.04
ND
0.57 ± 0.01
ppEnk in Bstm
1.39 ± 0.06
ND
1.36 ± 0.16
ND
1.24 ± 0.08
Nota.ND: valore non determinato; ↑: aumento significativo rispetto al controllo; ↓: riduzione significativa rispetto al controllo;
a: 14° giorno di somministrazione di cocaina con valori significativamente più bassi del 3° giorno di somministrazione di cocaina.
Questi dati sono stati riassunti dalle seguenti pubblicazioni: Zhou et al., 1996a, 2001a, 2003a).
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
47
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
Tabella 2
Effetti di 10 giorni di astinenza dopo 14 giorni di “binge” cronico di cocaina (3x15mg/kg/die i.p. a
intervalli di un’ora) sui livelli plasmatici di ACTH e corticosterone e sui livelli di POMC, CRH, CRH-R1 ed i
livelli di ppEnk mRNA nell’ipofisi anteriore, nel NIL/PL, ipotalamo, corteccia frontale, amigdala, tronco
encefalico di ratto. I dati mostrati in tabella sono la media del gruppo in trattamento ± SEM.
1-day
1-day
2-day
2-day
4-day
4-day
10-day
10-day
Withdrawal Cocaine Withdrawal Cocaine Withdrawal
Cocaine Withdrawal
Cocaine
Control Withdrawal Control Withdrawal
Control
Withdrawal
Control
Withdrawal
ACTH
50±6
↑138±39
ND
ND
72±19
119±33
33±13
62±19
Corticosterone
4.9±0.7
↑14.0±4
6.2±0.6
↑14.6±1.6
7.0±1.7
11.6±4.6
7.0±1.7
6.2±1.3
0.33±0.06
0.34±0.04
0.44±0.05
0.43±0.07
0.29±0.02
0.27±0.02
ND
ND
0.76±0.21
1.02±0.19
ND
ND
0.96±0.11
0.99±0.18
ND
ND
33±4.0
a 42±5.0
ND
ND
31±2.0
30±3.0
ND
ND
0.85±0.08
1.13±0.25
ND
ND
0.59±0.07
0.70±0.10
ND
ND
213±18
a 307±62
ND
ND
182±15
183±7
ND
ND
3518±385
a 2702±285
ND
ND
3500±274
3470±338
ND
ND
CRF in frontal cortex
ND
ND
0.22±0.01
0.25±0.02
ND
ND
0.19±0.04
0.21±0.03
CRF in amygdala
ND
ND
0.055±0.003
↑
0.069±0.004
ND
ND
0.051±0.008
0.043±0.002
CRF in brainstem
ND
ND
0.105±0.005
0.107±0.006
ND
ND
0.084±0.012
0.070±0.002
ppEnk in frontal
cortex
ND
ND
0.45±0.02
0.54±0.04
ND
ND
0.51±0.03
0.51±0.04
ppEnk in brainstem
ND
ND
1.4±0.11
1.3±0.10
ND
ND
1.25±0.16
0.99±0.09
CRF in
hypothalamus
CRF-R1 in
hypothalamus
POMC in
hypothalamus
CRF-R1 in anterior
pituitary
POMC in anterior
pituitary
POMC in
neurointermediate
ND: valore non determinato;↑: aumento significativo rispetto al controllo;↓: riduzione significativa rispetto al controllo; a: aumenti o diminuzioni non statisticamente significativi (p<0.10). Questi dati sono stati riassunti dalle seguenti pubblicazioni: Zhou
et al., 1996a, 2003a,b).
È interessante notare che sono stati
trovati, nel CeA del ratto durante
l’astinenza acuta da esposizione cronica
alla cocaina, un aumento nei livelli
extracellulari di CRH (Richter et al.,
1999) ed una diminuzione nel legame
del CRH-R1 (Ambrosio et al., 1997).
Questo suggerisce che l’interazione
tra CRH e CRH-R1 rappresenta
un passo importante nei processi
neurobiologici dell’ansia correlata
all’astinenza acuta da cocaina. Anche
studi di neurochimica (Zorrilla et al.,
2001) e di immunoneutralizzazione
(Sarnyai et al., 1995) implicano che
il CRH amigdaloideo sia coinvolto
nella mediazione degli effetti
ansiogenici durante l’astinenza acuta
da cocaina. Recentemente abbiamo
scoperto che durante due giorni di
astinenza da cocaina, c’è un aumento
significativo nei livelli di mRNA del
CRH nell’amigdala. Questo effetto è
tessuto-specifico dal momento che non
si presenta nelle altre regioni esaminate
(Zhou et al., 2003b). Il risultato
48
suggerisce che il rilascio di CRH
indotto dall’astinenza acuta da cocaina
sia correlato all’aumento di mRNA del
CRH all’interno dell’amigdala.
Noi abbiamo identificato la presenza
di mRNA del POMC nell’amigdala
del ratto (Zhou et al., 1996b), in
accordo con un report precedente
(Civelli et al., 1982). Si è scoperto
che la densità del recettore oppioide
mu (MOR) aumenta nella amigdala
dopo un “binge” cronico di cocaina
(Unterwald et al., 1992) e questa
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
“up-regulation” del MOR è preceduta
da un aumento dei livelli di mRNA
nell’amigdala (Yuferov et al., 1999).
I recettori glucocorticoidi (GR) sono
espressi nella maggioranza dei neuroni
contenenti CRH nel CeA (Gray
and Bingaman, 1996). È chiaro che
l’espressione dell’mRNA del CRH
nell’ipotalamo è sotto il controllo di
un feedback negativo esercitato dai
glucocorticoidi e che l’inibizione è
mediata dai GR nel PVN (Zhou et
al., 1996b) (vedi Figure 16, 17, 18 nel
numero precente di Medicina delle
Tossicodipendenze “Craving 1”). I
nostri studi precedenti hanno trovato
che gli stessi glucocorticoidi non
influenzano l’espressione dell’mRNA
del CRH nelle diverse regioni extraipotalamiche quali l’amigdala e la
corteccia frontale nei ratti “cocainenaive” (Zhou et al., 1996b), in accordo
con altri reports (Jingami et al., 1985;
Imaki et al., 1991; Kasckow et al.,
1997). Nel nostro studio sull’astinenza
acuta da cocaina, abbiamo trovato un
incremento significativo di mRNA del
CRF nell’amigdala ed un aumento del
corticosterone plasmatico nel secondo
giorno di astinenza. Si è osservata
inoltre una significativa correlazione
negativa tra i livelli di mRNA del
CRH e quelli del corticosterone (Zhou
et al., 2003b), mentre non sono state
trovate correlazioni nei ratti “cocainenaive”. Le nostre ricerche suggeriscono
che: 1) l’attività di trascrizione del
gene CRH nell’amigdala sia in risposta
ai glucocorticoidi durante la fase acuta
dell’astinenza e
2) i glucocorticoidi indotti dalla
fase acuta dell’astinenza smorzino la
risposta dei neuroni CRF dell’amigdala
stimolati dalla fase acuta dell’astinenza.
Questo fatto supporta l’ipotesi
dell’associazione inversa tra attività
dell’asse HPA e comportamento di
ricerca della cocaina.
Studi preclinici su oppioidi e stress
Gli oppioidi sono importanti
nel controllo della secrezione
degli ormoni dello stress dell’asse
HPA (vedi Figure 12, 14 e 15 nel
numero precente di Medicina delle
Tossicodipendenze “Craving 1”).
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
Nel ratto, la somministrazione
acuta di morfina (uno o due giorni),
come fattore stressante, ha come
risultato l’aumento della secrezione
di ACTH e corticosterone, mentre
gli animali trattati per un periodo
più lungo con morfina (tre o quattro
giorni) mostrano attenuazione
nella risposta indotta dalla morfina
dell’ACTH e del corticosterone, con
lo sviluppo di tolleranza dopo cinque
giorni di trattamento con morfina
(Buckingham and Cooper, 1984;
Ignar and Kuhn, 1990). Per contro
nell’uomo, sia la somministrazione
acuta che cronica di morfina inibisce
l’attività dell’asse HPA. Per esempio,
i livelli basali di ACTH e cortisolo
sono significativamente alterati nei
tossicodipendenti attivi da eroina
[soppressione dell’ACTH e del
cortisolo e ritmi diurni anormali
(Kreek, 1973a; Kreek, 1973b; Kreek,
1978; Cushman and Kreek, 1974a;
Cushman and Kreek, 1974b)].
Nei ratti, la modulazione inibitoria
dell’attività ipotalamo-ipofisaria da
parte degli oppioidi o oppiacei in
vivo sembra avvenire principalmente
attraverso l’inibizione diretta del
rilascio di CRF dall’ipotalamo
(Plotsky, 1987). In studi condotti su
ipotalami di ratto isolati, gli agonisti
oppioidi che agiscono sui recettori
mu stimolano la secrezione di CRH
(Buckingham and Cooper, 1986a;
Buckingham and Cooper, 1986b). In
contrasto con quanto appena detto, gli
agonisti oppioidi in vitro hanno effetti
inibitori sul rilascio di CRH, stimolato
dai neurotrasmettitori (es. acetilcolina
e 5-HT), da parte dell’ipotalamo
(Buckingham, 1986). Queste ricerche
indicano che gli effetti della morfina
sulla secrezione di CRH possono
dipendere dalla presenza di altri
stimoli.
Recentemente, abbiamo esaminato
l’effetto della somministrazione
acuta intermittente di morfina
sulla funzione ipofisi-surrenalica
nel ratto in condizioni di stress
lieve da restrizione d’acqua (Zhou
et al., 1999b). Sia la morfina che
la restrizione idrica aumentavano
la secrezione di ACTH quando
49
agivano come stimoli indipendenti.
Quando gli animali ricevevano
morfina e stress da restrizione idrica,
come stimoli combinati, tuttavia,
non c’era un aumento dei livelli
plasmatici di ACTH. In accordo
con la ridotta risposta dell’ACTH, la
morfina inibisce anche gli aumenti
di mRNA del POMC stress-indotti
nell’ipofisi anteriore. Perciò, la
morfina attenua effettivamente
la classica attività dell’asse HPA,
causata dall’evento stressante della
restrizione idrica, probabilmente
indicando che gli oppioidi giocano
un ruolo di controregolazione sulla
risposta allo stress inibendo la cascata
ormonale della risposta allo stress.
Tuttavia, i meccanismi coinvolti
in queste interazioni tra la morfina
e lo stress da restrizione idrica non
sono ancora completamente chiariti.
I nostri risultati suggeriscono che
gli effetti inibitori della morfina
sull’aumentata secrezione di ACTH
in risposta allo stress, almeno in parte,
coinvolgevano la POMC a livello
dell’ipofisi anteriore. Lamberts e
collaboratori (1983) hanno mostrato
una inibizione diretta del rilascio
di ACTH dall’ipofisi del ratto in
vitro ad opera del derivato della
[Met5]enkefalina FK33824 (che non
è naloxone-reversibile), ma non da
parte della beta-endorfina. Questa
spiegazione è supportata anche da un
report di Rittmaster ed altri (1985),
che mostra come la morfina attenui la
risposta dell’ACTH al CRH esogeno
nell’uomo.
Uno studio precedente aveva
mostrato che settantadue ore, ma
non ventiquattro, di trattamento
con un pellet di 75 mg di morfina
sottocute, portavano ad un aumento
significativo dell’immunoreattività
delle beta-endorfine nell’ipotalamo
del ratto (Bronstein et al., 1990). La
maggioranza degli studi precedenti
sugli effetti degli agonisti oppioidi sul
contenuto cerebrale ed ipofisario di
beta-endorfine aveva riportato che il
trattamento cronico con oppiacei od
oppioidi non modifica il contenuto
di beta-endorfina immunoreattiva
nell’ipotalamo, talamo, mesencefalo,
amigdala ed ipofisi del ratto, e che non
c’è effetto sullo sviluppo del precursore
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
del POMC nel cervello del ratto.
Uno studio, di molto precedente, del
nostro gruppo, in collaborazione con
Ravagan e Warlaw, aveva mostrato
che la somministrazione cronica
(trentasei giorni) di metadone
non alterava le concentrazioni di
beta-endorfina immunoreattiva
nell’amigdala e nell’ipotalamo del
ratto (Ragavan et al., 1983). Tuttavia,
la somministrazione cronica (trentasei
giorni) di naltrexone riduceva in
maniera significativa i livelli di
beta-endorfina immunoreattiva sia
nell’amigdala che nell’ipotalamo
(Ragavan et al., 1983).
Le nostre ricerche recenti sulle
alterazioni dei livelli di mRNA del
POMC da parte della morfina in
un regime di dose acuta multipla
intermittente nell’ipotalamo, a
differenza dei report precedenti,
indicano che l’effetto degli oppioidi
sull’espressione del POMC sia
complesso, con effetti differenti in
differenti modelli di somministrazione
(Zhou et al., 1996b). Per esempio,
l’mRNA del POMC nell’ipotalamo
tendeva a diminuire dopo sette
giorni di trattamento con morfina
in pellet, sebbene siano state notate
alterazioni significative solo in uno
dei due esperimenti (Bronstein et al.,
1990). Wardlaw e collaboratori (1996)
hanno riportato che il trattamento
con morfina in pellet per dieci giorni
sopprimeva i livelli di mRNA del
POMC nell’ipotalamo del ratto
castrato. In un nostro studio recente,
la somministrazione di morfina in
maniera acuta intermittente, in
condizioni di stress da restrizione
idrica, non causava un aumento
nei livelli di mRNA del POMC
nell’ipotalamo, a differenza di un
aumento significativo osservato
quando i ratti ricevevano morfina
come stimolo indipendente (Zhou et
al., 1996b).
In passato è stato dimostrato che una
singola somministrazione giornaliera
sottocute di metadone (2.5mg/kg)
causa molteplici effetti oppiacei,
per esempio l’effetto analgesico
(Ziring et al., 1981). Uno dei
nostri primi studi mostrava che la
somministrazione “steady-state” di
metadone (10mg/kg/die) attraverso
pompe osmotiche comportava un
livello plasmatico medio di 123ng/ml
con un range di 100-150 ng/ml
(Zhou et al., 1996c), comparabile
ai livelli raggiungibili ventiquattro
ore dopo l’ultima somministrazione
in un trattamento di mantenimento
cronico con metadone nell’uomo
con dosi orali giornaliere di 60-120
mg/die, e un range di livelli plasmatici
di 74-732 ng/ml (Borg et al., 1995).
I livelli plasmatici di metadone
generalmente accettati per l’effetto
analgesico nell’uomo sono 100-400ng/
ml (Smithkline Beecham Clinical
Laboratories Report, NewYork).
50
Nel modello del ratto non abbiamo
osservato alcun effetto del trattamento
“steady-state” con metadone sui livelli
di mRNA ipotalamico di CRH o
POMC, di CRH-R1 o di POMC
dell’ipofisi anteriore o dei livelli di
corticosterone circolante (Zhou et
al., 1996c). Questo dimostra che
allo “steady-state”, l’occupazione dei
recettori oppioidi mu con metadone
non ha alcun effetto significativo
sui livelli di mRNA di CRH, CRHR1 o POMC nel ratto. È possibile
che ci sia una alterazione iniziale
dell’espressione genica da parte di
una somministrazione acuta di un
agonista oppioide come la morfina
o il metadone. Perciò, anche se
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
l’espressione genica è stata modificata
in un tempo precedente, si è
normalizzata durante il mantenimento
dello “steady-state” cronico con
metadone (Zhou et al., 1996c). I
nostri risultati supportano l’ipotesi
(Kreek, 1973a; Kreek, 1973b) che non
ci sia alterazione dell’attività dell’asse
HPA durante la somministrazione
“steady-state” dell’oppioide esogeno
metadone (vedi Figure 20, 21 e 22 nel
numero precente di Medicina delle
Tossicodipendenze “Craving 1”).
Per quanto riguarda l’uomo l’evidenza
dei report pubblicati è a sostegno
di un effetto oppioide inibitorio
sulla funzione dell’asse HPA. Il
nostro ed altri gruppi, basandosi
sulla ricerca clinica nel trattamento
della tossicodipendenza da eroina,
hanno trovato che i livelli di
ormone dello stress dell’asse HPA
sono profondamente alterati nei
tossicodipendenti da eroina in fase
attiva (sezione clinica). In breve,
queste alterazioni comprendono
la soppressione e la variazione
circadiana anormale dei livelli
di ACTH e cortisolo circolante,
indicando che la somministrazione a
lungo termine degli oppiacei a breve
durata d’azione, come è nel caso
della tossicodipendenza da eroina,
sembra inibire in maniera persistente
l’attività ipofiso-surrenalica (Kreek,
1973a). Quando gli oppiacei
vengono interrotti bruscamente,
c’è un’attivazione dell’attività HPA
con aumento sia della secrezione
di ACTH che di cortisolo (Kreek,
1973b). Al contrario, nei pazienti
in trattamento di mantenimento
con metadone che ricevono da
moderate ad elevate dosi di metadone
giornaliere (60-120 mg/die), i livelli
basali ed i ritmi diurni di ACTH e
cortisolo sono normalizzati e sono
confrontabili con quelli presenti nei
soggetti volontari sani (Kreek, 1973;
Kreek et al., 1983; 1984a; 1984b),
insieme con la riduzione del drug
hunger e la prevenzione dei sintomi
da astinenza da oppiacei (Dole et al.,
1966). In questi studi, si è mostrato
anche che la responsività dell’asse
HPA è normalizzata nei pazienti in
trattamento di mantenimento cronico
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
con metadone allo “steady-state”:
le loro risposte dell’asse HPA allo
stress indotto dal metirapone paiono
non essere differenti da quelle dei
soggetti volontari sani (Kreek, 1973;
Kreek et al., 1984). I nostri studi sugli
animali mostrano chiaramente che la
somministrazione cronica di metadone
attraverso una pompa ad infusione
allo “steady-state” non ha effetto
sull’espressione genica del CRH,
CRH-R1 o del POMC nel cervello
e nell’ipofisi del ratto, supportando
l’ipotesi che la somministrazione
di metadone allo “steady-state” non
altera i sistemi del CRF e delle betaendorfine (Zhou et al., 1996c).
Studi preclinici su alcol e stress
L’attivazione del CRH endogeno
può contribuire agli effetti della
somministrazione acuta di etanolo
sull’asse HPA sia nell’uomo che nei
roditori. Nel ratto, la secrezione di
ACTH indotta dalla somministrazione
acuta di etanolo è attenuata
dalla somministrazione periferica
dell’antisiero-CRH (Rivier et al.,
1984, 1990; Rivier and Vale, 1988;
Rivier and Lee, 1996). Queste
ricerche suggeriscono che gli effetti
acuti della somministrazione di
etanolo sull’asse HPA possano essere
conseguenza di un meccanismo
CRH-mediato. Nel modello
del ratto, l’esposizione cronica
all’etanolo mostra una ridotta risposta
dell’ACTH e del corticosterone alla
stessa sostanza d’abuso (etanolo),
cioè lo sviluppo della tolleranza
dell’asse HPA all’etanolo (Spencer
and McEwen, 1990; Lee and Rivier,
1997; Rasmussen et al., 2000;
Zhou et al., 2000). Sebbene non
sia chiaro il sito primario degli
effetti dell’etanolo sull’asse HPA, i
risultati di diversi precedenti studi
suggeriscono una diminuzione
persistente nell’attivazione ipofisaria
dopo l’esposizione cronica all’etanolo,
probabilmente a causa degli effetti
dell’etanolo direttamente sull’ipofisi
anteriore corticotropa. Nell’ipofisi
anteriore del ratto, dopo esposizione
cronica a etanolo, si è rilevata una
51
riduzione dei siti di legame ad alta
affinità del CRH ed una ridotta
attività dell’adenilato ciclasi CRHstimolata (Dave et al., 1986), con
un ridotto livello di mRNA del
POMC (Dave et al., 1986; Winkler
et al., 1995; Rasmussen et al.,
2000). Dopo esposizione cronica
ad alcol, si manifesta una leggera
diminuzione nel livello plasmatico
di beta-endorfine (Winkler et al.,
1995) o del livello di ACTH (Zhou
et al., 2000). L’esposizione acuta delle
colture di cellule ipofisarie allo 0.2%
di etanolo non altera il rilascio basale
o CRH-stimolato di ACTH, mentre
il pretrattamento delle cellule con
etanolo per ventiquattro ore comporta
una riduzione della secrezione di
ACTH sia basale, sia stimolata (Rivier
et al., 1984). Il trattamento con
etanolo a dosi tossiche (5-15mM) di
cellule AtT20 derivate dal tumore
corticotropo del ratto diminuisce
drammaticamente l’attività
trascrizionale del gene promotore del
POMC in maniera tempo e dosedipendente (Zhou and Roberts, 2003).
Inoltre, il CRH a concentrazione di
10nM aumenta l’attività trascrizionale
del gene POMC, e 15 mM di etanolo
attenuano l’effetto del CRH su questo
risultato (Zhou and Roberts, 2003).
Si ritiene che l’alterazione della
responsività dell’asse HPA allo stress
sia un importante fattore di rischio
per la ricaduta nei tossicodipendenti
(Kreek and Koob, 1998). Per
esempio, lo stress termico stimola
l’asse HPA nei soggetti normali ma
non nei tossicodipendenti da eroina
in astinenza, nei tossicodipendenti
da cocaina in astinenza e negli
alcolisti in astinenza (Vescovi and
Coiro, 1993). Perciò, la persistente
alterazione dell’asse HPA durante
l’alcolismo attivo o l’astinenza a lungo
termine può essere in accordo con
un meccanismo più generale nelle
sindromi d’astinenza da sostanze
d’abuso. Vi è una considerevole
evidenza che l’attività HPA basale
persistentemente bassa (diminuiti
ormoni ipofisari POMC e stimolazione
adreno-glucocorticoide) durante
l’astensione dopo l’astinenza cronica
da etanolo, potrebbe contribuire agli
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
effetti cronici avversivi della crisi da
astinenza da etanolo. Recentemente,
la modulazione del POMC cerebrale
e dei recettori oppioidi è stata
investigata nei topi transgenici
dopo ablazione condizionale delle
cellule POMC ipofisarie (Zhou et al.,
2001b). A differenza degli animali
adrenalectomizzati, che hanno
aumentati peptidi POMC-derivati
nell’ipofisi e in circolo, questo topo
transgenico con ablazione specifica
e condizionale delle cellule POMC
ipofisarie ha bassi livelli sia di
peptidi ipofisari POMC-derivati che
di corticosterone circolante. Dopo
l’ablazione ipofisaria delle cellule
POMC per due-tre settimane, vi è
un aumento nell’espressione del gene
POMC nell’ipotalamo, associato
ad una riduzione del legame dei
recettori oppioidi mu nelle regioni
del mesencefalo (compresa la sostanza
grigia centrale ed il rafe mediano).
Questi risultati suggeriscono che i
peptidi POMC-derivati di origine
ipofisaria possano esercitare un
effetto tonico di feedback negativo
sui neuroni POMC ipotalamici.
Per contro, la “down-regulation” dei
recettori centrali oppioidi mu in
questo modello può essere mediata
attraverso un meccanismo correlato
alla over expression ipotalamica
del POMC. Queste osservazioni
suggeriscono che bassi livelli di
ormoni ipofisari POMC con ridotti
livelli di glucocorticoidi possano
interessare l’attività del POMC
cerebrale/recettori oppioidi mu (Zhou
et al., 2001b).
L’uso dell’antagonista oppioide
naltrexone nel trattamento
dell’alcolismo ha riscosso successo (O’
Malley et al., 1992, 1995, Volpicelli
et al., 1992, 1997). Recentemente,
è stato approfondito il meccanismo
attraverso il quale il naltrexone
riduce il rischio di ricaduta nei forti
bevitori con dipendenza da alcol
(O’ Malley et al., 2002) ed è stato
osservato che il trattamento con
naltrexone per sei giorni riduce il
craving e l’autosomministrazione di
alcol nei soggetti alcoldipendenti.
La somministrazione cronica di
naltrexone comporta un aumento
persistente dell’ACTH e del
cortisolo plasmatico in soggetti
alcoldipendenti (Farren et al., 1999;
O’Malley et al., 2002). Si è ipotizzato
che il naltrexone possa ridurre
l’assunzione di alcol attraverso la
soppressione del craving per questa
sostanza e che tale effetto possa
essere correlato in parte all’abilità
del naltrexone di attivare l’asse HPA
(O’Malley et al., 2002). L’ipotesi è
supportata dalla vasta letteratura che
documenta una relazione inversa
tra asse HPA ed assunzione di alcol
negli alcolisti (Schuckit et al.,
1987, 1988; Schuckit, 1994; Wand
et al., 1999). Inoltre, recenti studi
clinici mostrano un’associazione
tra ricadute post-astinenza alcolica
e ridotti livelli plasmatici di
cortisolo e ACTH (Kiefer et al.,
2002), supportando l’ipotesi di una
associazione inversa tra attività HPA
e craving o autosomministrazione
di alcol. Risultati preliminari nelle
cellule AtT20 derivate dal tumore
corticotropo del topo (Zhou and
Roberts, 2003) suggeriscono che
l’etanolo abbia un effetto inibitorio
diretto sull’attività di trascrizione del
gene POMC nell’ipofisi anteriore
corticotropa, che può contribuire alla
persistente diminuzione dell’attività
ipofisaria dopo l’esposizione cronica
all’etanolo negli alcolisti. Se l’effetto
avversivo dell’uso cronico di etanolo
e della sua astinenza è attribuito,
almeno in parte, alla persistente
52
diminuzione del POMC ipofisario e
della funzione surrenale, allora nuove
terapie, stimolando direttamente
l’espressione del gene POMC a
livelli corticotropi (es. stimolando
la trascrizione del gene del POMC),
possono prevenire o rendere reversibili
alcune complicanze dell’abuso cronico
di alcol e la ricaduta.
Conclusioni
In questa overview abbiamo
sinteticamente incluso i nostri
studi clinici di base, così come
qualche studio molecolare,
neurobiologico e studi di laboratorio
comportamentali, ciascuno dei quali
ha fornito indicazioni sui possibili
fattori che contribuiscono alle
basi neurobiologiche del craving e
del drug hunger. Recentemente il
nostro gruppo ha anche proposto
che specifici farmaci possano essere
diretti verso ciascuna di queste
componenti fisiologiche alterate
per raggiungere uno “steady-state”
e cioè la normalizzazione della
funzione fisiologica. Anni fa abbiamo
ipotizzato il trattamento con agonisti
oppioidi di lunga durata per la
tossicodipendenza da eroina. Il
trattamento di mantenimento con
metadone in primo luogo, ma anche
più recentemente il trattamento
di mantenimento con LAAM e
MTD - It J Addict 40 - Settembre 2003
M.J. Kreek, Y. Zhou, S.D. Schlussman - Il craving nella dipendenza da oppiacei, cocaina e alcol
buprenorfina-naloxone, hanno
dimostrato che un individuo può
raggiungere la normalizzazione di
funzioni alterate con la riduzione o
eliminazione del drug hunger, del drug
craving, del comportamento di ricerca
delle sostanze d’abuso e
dell’autosomministrazione delle
sostanze d’abuso. Studi futuri, rivolti
in particolare all’interfaccia tra
fattori genetici e fattori ambientali,
combinati con le alterazioni indotte
dalle sostanze d’abuso, potranno
consentirci di sviluppare ulteriori
conoscenze sui substrati biologici del
craving, e perciò, aumentare la nostra
capacità di sviluppare sia interventi
precoci comportamentali che
farmacologici, così come trattamenti
per persone con specifiche malattie
croniche.
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