Relazione terzo anno
Studi cristallografico dei complessi di Timidilato sintasi
L'indagine sui complessi di inibizione dell'enzima Timidilato sintasi (TS) è il progetto più corposo ed impegnativo di questi tre anni di Dottorato. La finalità dello studio, svolto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, è quello di guidare la sintesi di inibitori originali della TS mediante l'analisi delle strutture cristallografiche del complessi enzima­inibitore. L'applicazione della cristallografia al drug design1,2,3 è piuttosto inusuale, in quanto l'avvento della meccanica e dinamica molecolare e degli studi di modelli farmacoforici hanno fornito un'alternativa più rapida all'indagine strutturale sperimentale. In questo caso, però, le simulazioni informatiche delle interazioni enzima­inibitore non forniscono risultati soddisfacenti a causa delle caratteristiche intrinseche del sito attivo della TS. Infatti, questa cavità catalitica presenta delle ampie zone idrofobiche ed è carente di siti di attacco specifici.
In una fase iniziale, sono stati studiati principalmente i complessi della TS di E. coli (EcTS) e L. casei (LcTS), successivamente lo studio è stato esteso anche allo stesso enzima di P.carinii (PcTS) ed E.faecalis (EfTS)4,5,6. Le TS di L.casei e di E. coli, sono state prese in esame in uno stadio embrionale del progetto, perchè mostrano due siti attivi molto simili fra loro e simili a quelli di molte altre specie batteriche, e questo è un dato di primaria importanza in uno studio di progettazione di farmaci antibatterici originali, che abbiano come target la TS. Successivamente alcuni saggi biologici hanno mostrato un'interessante selettività nei composti in studio nei confronti della TS di P.carinii (PcTS), che presenta un sito molto vicino a quello delle TS fungine.
Sono stati utilizzati diversi scaffolds molecolari, dopo aver superato gli iniziali problemi di solubilizzazione del composto da cocristallizzare con l'enzima e dopo aver individuato un protocollo di cristallizzazione idoneo per i complessi di LcTS ed EcTS, sono state raccolte decine di sets di dati, utilizzando le strumentazioni dei sincrotroni di Grenoble (ESRF) ed Amburgo (DESY). Dopo aver processato i dati raccolti ed ottenuto le mappe di densità elettronica ed i modelli molecolari, è stato possibile delineare almeno tre diversi tipi di conclusioni:
 I complessi EcTS­2’­deoxyuridine­5’­monophosphate (dUMP) con i composti naftalen derivati hanno permesso di definire un meccanismo di inibizione diverso ad quello ipotizzato per questo tipo di ligandi. Infatti i suddetti scaffolds molecolari sono stati sintetizzati al fine di progettare degli inibitori della TS competitivi con il cofattore N5,N10­methylenetetrahydrofolate (THF). Le strutture cristallografiche hanno mostrato che questo tipo di composti non compete con i cofattore, bensì con il substrato stesso. Infatti la presenza dell'inibitore determina uno spostamento dall'usuale sito di legame del substrato dUMP, che sembra ruotare di 180°, facendo perno sul gruppo fosfato, saldamente ancorato ai residui di Arg21 e Arg166.Alcune zone poco chiare della densità elettronica relativa agli inibitori, rivelano per queste molecole un multiple binding mode, confermato dai risultati di alcuni studi di docking molecolare condotti su questi complessi, usando il software AutoDock7,8.
 L'analisi delle strutture dei complessi LcTS­dUMP con i composti ftalimmidici, ha permesso di guidare il percorso di complicazione molecolare al fine di incrementarne l'attività. In particolare, sono state prese in esame le strutture con tre diversi inibitori. Per due di questi sono state analizzate più di una struttura cristallografica. Il confronto fra strutture diverse dello stesso complesso ha dimostrato, anche in questo caso un multiple binding mode del ligando. Uno studio attento delle interazioni e dell'orientazione di tutti i residui nel sito catalitico, ha permesso di individuare dove sarebbe stato utile inserire un particolare gruppo funzionale nel ligando o incrementare l'idrofobicità o la mobilita della molecola stessa. Gli inibitori sintetizzati, seguendo queste linee guida hanno mostrato in due casi su tre un incremento della costante di inibizione nei confronti della LcTS.
 Nel corso dell'analisi strutturale sui complessi ternari LcTS­dUMP­composti ftalimmidici, sono state effettuate delle sovrapposizioni con i complessi LcTS­dUMP­CB3717 (codice PDB 1LCA) e EcTS­dUMP­THF (codice PDB 1KZI). Le strutture di EcTS ed LcTS presentano un elevato grado di analogia strutturale nel sito attivo (rmsd 1 A). Questi studi di sovrapposizione hanno permesso di definire la tasca idrofobica, definita da Ile81, Lue224 e Phe228, come il principale sito di approdo dell'anello ftalimmidico, ma anche della porzione para­ammino benzoica di CB3717 e di THF. Questi ultimi due composti sono, entrambi, costituiti da una porzione para­amminobenzoica ed una pteridinica. Pertanto si è pensato di adottare una strategia fragment­based drug design, progettando la sintesi di molecola costituita da una porzione ftalimmidica ed una pteridinica. In modo di sfruttare l'evidente presenza nel siti catalitico di due siti di interazione per questi due gruppi funzionali. Attualmente, si stanno effettuando esperimenti tesi alla ricerca di protocolli di cristallizzazione per i complessi di PcTS e per la EfTS. I complessi di PcTS sarebbero particolarmente interessanti per via delle analogie strutturali fra la Ts di questo protozoo e quelle fungine. Mentre della TS di E.faecalis non esiste una struttura nel Protein Data Bank.
Studio del meccanismo enzimatico della Fosfatasi acida di classe B (Apha)
L'Apha è un enzima appartenente alla classe delle fosfatasi acide, la cui struttura è stata recentemente risolta presso l'Università di Siena9,10. Sulla base dei dati raccolti dai saggi di attività enzimatica e delle analogia strutturali con altre fosfatasi11, è stata avanzata una proposta di meccanismo d'azione12. Al fine di validare questa proposta si è cercato si riprodurre i tre intermedi di reazione:
 Lo stadio iniziale in cui il substrato è legato nel sito attivo;
 Lo stato di transizione pentavalente;
 Lo stato intermedio fosfo­enzima.
Eccetto 5’­citidina­monofosfato e la 5’­deossi­citidina­monofosfato, tutti i 3’­ e 5’­ mononucleotidi e 3’­ e 5’­ mondeossinucleutidi sono substrati dell'Apha13, usando l'acido 2­(6­amminopurin­9­il)­
etossimetilfosfonico (PMEA)14, un derivato aciclico dell'adenosina, è stato prodotta una “istantanea” del momento in cui il substrato si dispone nel sito catalico prima che inizi la reazione. Questo modello strutturale ha permesso di confermare l'importanza del sistema Phe56/Tyr193 nella ricognizione dei gruppi aromatici dei substrati; inoltre le considerazioni geometriche fatte su questa struttura confermano il ruolo dell'Asp44 nell'attacco nucleofilo sull'atomo di fosforo. Lo stato di transizione pentavalente è stato mimato da un complesso Apha­AlF3. Il trifluoruro di alluminio, ottenuto in situ da una miscela di AlCl3 e NaF in eccesso in realtà è una miscela di AlF3/AlF4­. Infatti nelle strutture cristallografiche è possibile osservare un sistema in cui i tre atomi di fluoro e l'Al sono disposti in posizione equatoriale in una bipiramide trigonale, ai cui vertici si trovano l'atomo O 1 del residuo Asp44 ed un altro atomo, di cui è impossibile definire con certezza la natura. Infatti la mappa di densità elettronica relativa a questo atomo potrebbe essere ascrivibile e ad un atomo di ossigeno, appartenente ad una molecola di acqua, e ad un atomo di fluoro. In ogni caso la geometria di interazione dell'AlF3 ricalca perfettamente quella dell'intermedio pentavalente rappresentato nella proposta di meccanismo d'azione.
Infine la struttura dell'Apha complessata con il BeF3 ha fornito un ottimo modello dell'intermedio fosfo­enzima. L’ atomo di berillio, infatti, è legato covalentemente all'atomo O 1 del residuo Asp44 e la posizione dei tre atomi di fluoro, ricalca perfettamente quella degli atomi di O del gruppo fosfato nel meccanismo d'azione proposto.
I cristalli di tutti e tre i complessi sono stati ottenuti per cocristallizzazione, nelle stesse condizioni della proteina nativa, variando solo la temperatura in cui sono cresciuti i cristalli. Tutti i dati sono stati raccolti al Sincrotrone di Grenoble.
Cristallizzazione di ILM­1 e SIM­1
ILM­1 e SIM­1 sono due Beta­lattamasi di classe B. Questi enzimi vengono prodotti da organismi batterici ed hanno la funzione di inattivare gli antibiotici beta­lattamici. Al fine di progettare inibitori sempre più potenti, da somministrare in associazione con gli antibiotici, è molto utile poter disporre delle strutture di queste proteine.
Com'è noto la fase di cristallizzazione rappresenta un vero e proprio “collo di bottiglia” nell'ottenimento di una struttura proteica attraverso la metodologia della cristallografia a raggi X, pertanto la ricerca metodologica in questo campo è in continua evoluzione.
La ricerca del protocollo di cristallizzazione per ILM­1 e SIM­1, rappresenta un caso molto interessante. Infatti dopo studi preliminari sulle due sequenze primarie, fra le quali un’analisi delle cariche e il calcolo del peso molecolare e del punto isoelettrico; sono stati effettuati degli allineamenti, che hanno rivelato una percentuale di identità fra le due sequenze del 60%15. L’approccio iniziale alle prove di cristallizzazione è stato quello classico dell’utilizzo dello screens. Inizialmente sono stati usati: • Nextal JCSG+; • Hampton Index1; • Hampton Peg/Ion. In tutti i casi non sono state usate comuni piastre di cristallizzazione, ma piastre hanging drop Nextal con pozzetti con chiusura a vite. La scelta di queste piastre è stata effettuata in vista di operare un controllo sulla cinetica di cristallizzazione16. Le piastre sono state sottoposte ad un monitoraggio giornaliero, e dopo dieci giorni i pozzetti sui quali c’erano ancora gocce pulite sono stati aperti per diciotto ore, prolungabili di altre diciotto, qualora la goccia fosse stata ancora pulita. In questo modo, è stato indotto un aumento delle concentrazioni degli agenti cristallizzanti e un conseguente spostamento in prossimità della zona di supersaturazione del diagramma di fase17.
Tutto ciò ha permesso di selezionare alcune condizioni di cristallizzazione da ottimizzare solo per ILM­1.
Non avendo trovato leads per SIM­1, sono stati condotti altri screens:
• Hampton Index2; • Nextal PACT suite. L’ottimizzazione delle condizioni di cristallizzazione di ILM­1 è stato condotta usando i diagrammi di fase come linea guida nella scelta delle condizioni da cambiare nelle varie prove. Inoltre in parallelo, sono stati effettuati alcuni esperimenti con tecniche un po’ più raffinate:
• la cristallizzazione under oil in microbatch18; • trasferimento della goccia dopo un certo periodo di tempo su soluzioni meno concentrare in modo da favorire la crescita dei cristalli e bloccare la nucleazione; • l’uso di agenti nucleanti nella goccia19,20.
Proprio quest’ultima metodologia sperimentata ha permesso di ottenere ottimi risultati. Infatti, l’uso di agenti nucleanti solidi, nelle migliori condizioni di cristallizzazione trovate, ha consentito di ottenere un miglioramento sostanziale nella forma e nelle dimensioni dei cristalli.
Ovviamente, sono state effettuate prove in diverse condizioni di temperatura, di concentrazione di proteina, di volume della goccia e del pozzetto, di porosità e composizione dei nucleanti. Tutta questa analisi ha permesso di ottenere dei cristalli utilizzabili al sincrotrone.
Nel frattempo gli altri screens effettuati su SIM­1 sono stati monitorati, ma, ancora una volta, non erano state trovate condizioni appettibili ad uno studio di ottimizzazione. Visto il successo ottenuto con gli agenti nucleanti, si è pensato di selezionare alcune condizioni dagli screens, nelle cui gocce di cristallizzazione provare ad introdurre un agente nucleante. In due di queste condizioni questa pratica si è rivelata vincente, perchè laddove la normale soluzione cristallizzante dava luogo ad aggregati disordinati o a gocce di cristallizzazione limpide, l’uso di agenti nucleanti può catalizzare la nucleazione e indurre la formazione di cristalli. Una piccola procedura di ottimizzazione è stata condotta anche in questo caso. In pieno accordo con l’alto grado di identità di sequenza, le condizioni di cristallizzazione per le due proteine della stessa classe sono molto vicine.
In conclusione sono state trovate le condizioni di cristallizzazione per entrambe le beta­lattamasi di classe B su cui erano stati concentrati gli sforzi sperimentali. Si procederà con delle raccolte dati al sincrotrone, nel tentativo di risolverne la struttura.
Referenze bibliografiche
1. Costi M.P., Tondi, D., Rinaldi, M., Barlocco, D., Pecorari, P. , Soragni, F., Venturelli, A., Stroud, R. , 2002, Bioch. Et Bioph. Acta, 1587, 206­214.
2. Stout,T. J., Tondi, D., Rinaldi, M., Barlocco, D., Pecorari, P., Santi, D. V., Kuntz, I. D., Stroud, R. M., Shoichet, B. K., Costi, M. P., 1999, Biochemistry, 38, 1607­1617.
3. Fritz, T. A., Tondi, D., Finer­Moore, J. S., Costi M. P., Stroud, R. M.,2001, Chem. Biol., 8, 981­995. 4. Matthews, D. A., Appelt, K., Oatley, S. J., Xuong, Ng. H., 1990, J. Mol. Biol., 214, 923­936.
5. Hardy, L. W., Finer­Moore, J. S., Montfort, W. R., Jones M. O., Santi, D. V., Stroud R. M., 1987, Science, 235, 448­455.
6. Finer­Moore J., Fauman E. b., Foster P. G., Perry K. M., Santi, D. V., Stroud R. M., 1993, J. Mol. Biol., 232, 1101­1116.
7. Morris, G.M., Goodsell, D.S., Halliday, R.S., Huey, R., Hart, W.E., Belew, R.K., Olson, A.J., 1998, J. Comput. Chem., 19, 1639­1662.
8. Finer­Moore, J., Anderson, A., O’Neil, R., Costi, M.P., Ferrari, S., Krucinski, J., Stroud, R., 2005, Acta Cryst. Sect. D, 61, 1320­1334.
9. Forleo, C., Benvenuti, M., Schippa, S., Thaller, M.C., Rossolini, G.M. & Mangani, S., 2003, Acta Cryst.. Sect. D, 59, 1058­1060.
10. Calderone, V., Forleo, C., Benvenuti, m., Thaller, M.C., Rossolini, G.M. & Mangani, S.2004, J. Mol. Biol., 335, 761­773.
11. Wang, W., Cho, H. S., Kim, R., Jancarik, J., Yokota, H., Nguyen, H.H., Grigoriev, I.V., Wemmer, D.E., Kim, S., 2002, J. Mol. Biol., 319, 412­431.
12. Calderone, V., Forleo, C., Benventi, M., Thaller, M.C., Rossolini, G.M., Mangani, S. 2006, J Mol Biol. 365, 708­721.
13. Passariello, C., Forleo, C., Micheli, V., Schippa, S., Leone, R., Mangani, S., Thaller, M.C., Rossolini, G.M. 2006, Bioch. et Bioph. Acta, 1764, 13­19.
14. Holy A. 2003, Current Pharmaceutical Design., 9, 2567­2592.
15. www.expasy.ch
16. Chayen, NE., 2005, Bioph. Mol. Biol., 88 , 329­337.
17. Chayen, NE., 2004, Curr. Opin. Struct. Biol., 14, 577­583.
18. Chayen, NE., 1999, J. Cryst. Gr., 196 , 434­441.
19. Chayen, NE, Saridakis, E., El­Bahar R., Nemirovsky, Y., 2001, J. Mol. Biol., 312, 591­595.
20. Chayen, NE, Saridakis, E., Sear, R., 2006, PNAS, 103, 597­601. 
Scarica

Relazione terzo anno