San Domenico Maggiore
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La chiesa di San Domenico Maggiore è una chiesa basilicale di Napoli; è tra le più interessanti
dal punto di vista storico ed artistico.
Voluta da Carlo II d'Angiò ed eretta, inizialmente in stile gotico, tra il 1283 e il 1324, divenne la casa
madre dei Domenicani nel Regno di Napoli.
Fa parte di un complesso conventuale che si trova nel centro antico della città nei pressi di una
delle più belle piazze napoletane, piazza San Domenico Maggiore appunto.
La chiesa
Nel 1231 i Domenicani, con a capo Tommaso Agni da Lentini, giunsero a Napoli, e non disponendo
di una sede propria, si stabilirono nell'antico monastero della chiesa di San Michele Arcangelo a
Morfisa, gestita dai padri benedettini, prendendone possesso.
La consacrazione della chiesa a San Domenico avvenne nel 1255 per volere di papa Alessandro
IV, come attestato da una lapide posta alla destra dell'ingresso principale.
La costruzione della chiesa fu voluta da Re Carlo, per un voto fatto alla Maddalena durante la
prigionia patita nel periodo dei vespri siciliani, e la prima pietra fu posta il 6 gennaio del 1283,
con i lavori che si protrassero sino al 1324, seguiti nella fase definitiva dagli architetti francesi
Pierre de Chaul e Pierre d'Angicourt.
La chiesa, fu eretta secondo i classici canoni del gotico, con tre navate, cappelle laterali, ampio
transetto e abside poligonale, e fu realizzata in senso opposto alla chiesa preesistente, vale a dire
con l'abside rivolta verso la piazza, alle cui spalle fu aperto, in periodo aragonese, un ingresso
secondario.
Numerosi interventi succedutisi nei secoli ne hanno alterato la struttura e le originarie forme
gotiche: nel periodo rinascimentale terremoti e incendi avviarono i primi rifacimenti (malgrado ciò
nel 1536 Carlo V fu accolto nel tempio), mentre ancora più incisivi furono i rifacimenti barocchi del
Seicento, tra i quali spiccano la sostituzione del pavimento (poi completato nel XVIII secolo) con
quello progettato da Domenico Antonio Vaccaro.
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Con l'avvento a Napoli di Gioacchino Murat, il complesso fu destinato ad opera pubblica (18061815) e ciò provocò danni alla biblioteca che al patrimonio artistico, mentre un tentativo di ripristino
fu messo in atto con i restauri ottocenteschi di Federico Travaglini, che tuttavia portarono ad un
complessivo snaturamento dell'originale spazialità della chiesa.
Ulteriori danni furono subiti dal complesso durante il periodo della soppressione degli ordini
religiosi, quando i padri Domenicani dovettero nuovamente abbandonare il convento (1865-1885),
a causa di alcuni adattamenti discutibili che si intese dare alle strutture (palestre, istituti scolastici,
ricovero per mendicanti e sede tribunalizia).
I restauri del 1953 eliminarono i segni dei bombardamenti del 1943, ripristinando il soffitto a
cassettoni, i tetti le balaustre delle cappelle, la pavimentazione e l'organo settecentesco e
riportando alla luce anche gli affreschi del Cavallini, mentre interventi piu recenti (1991) vi sono stati
sulla scala in piperno che conduce all'abside e sulla porta marmorea.
L'ingresso
Sulla piazza che dalla chiesa prende il nome, non si apre l'ingresso principale, ma un piccolo
ingresso sottostante l'abside e rinforzato da pilastri, con le originarie finestre ad arco acuto
deturpate da una serie di artefatti architettonici che si sono susseguiti nei secoli.
L'ingresso principale è rivolto a nord e vi si accede, attraverso un ampio cortile, dal vicolo San
Domenico, mediante un portale con numerosi elementi gotici; sulla parte alta esterna dell'arcata
vi è un affresco raffigurante La Vergine che offre lo scapolare domenicano al beato Reginaldo
della scuola di Pompeo Landulfo (pittore vissuto nella seconda metà del XV secolo).
Il lato interno del portale presenta una iscrizione che testimonia la munificenza di Carlo II d'Angiò
nei confronti dei frati; lo stesso sovrano è raffigurato in una statuetta di marmo posta in una
nicchia.
L'ingresso della basilica è attraverso il pronao settecentesco, mentre tra il portale marmoreo gotico
(ad arco acuto) e la porta lignea
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L'interno della chiesa è ricco di opere d'arte sia scultoree che pittoriche, nonostante i numerosi furti
che si sono susseguiti nel corso del tempo.
Un quadro raffigurante San Domenico è esposto sulla controfacciata, opera di Tommaso De Vivo,
mentre il soffitto a capriate originario fu sostituito da quello di epoca barocca (1670).
All'ingresso vi sono due cappelle laterali, quella dei Muscettola e quella dei Carafa, in cui sono
conservate alcune opere interessanti.
San Tommaso d'Aquino studiò ed insegnò in San Domenico Maggiore
Nella cappella a sinistra, è visibile una copia della * Madonna col Bambino, San Giovannino e
Santa Elisabetta dipinta da Fra' Bartolomeo della Porta nel 1516 e sottratta ed inoltre un dipinto del
Redentore di scuola leonardesca, mentre in quella a destra (dedicata a San Martino) si trovano la
Tomba di Galeotto Carafa di Romolo Balsimelli e la Tomba di Filippo Saluzzo di Giuseppe Vaccà,
oltre le quattro grandi tele del De Vivo di inizio Ottocento e, sull'altare una tela attribuita al pittore
fiammingo Cornelius Smet.
Lungo la navata destra vi è la cappella dedicata alla Maddalena che presenta tracce di un affresco,
coevo alla costruzione della chiesa, raffigurante la Madonna col Bambino attribuito alla scuola
pittorica della fine del XIV secolo, la Tomba di Tommaso Brancaccio e la tela di Francesco
Solimena Madonna col Bambino e santi domenicani (1730).
Di grande rilievo, per la qualità dei colori e l'impianto architettonico, sono senza dubbio gli affreschi
della Cappella Brancaccio ad opera di Pietro Cavallini, che operò a Napoli nel periodo in cui fu
ospite remunerato di re Carlo II; gli affreschi, commissionati dal cardinale Landolfo Brancaccio nel
1309, raffigurano: Storie di San Giovanni Evangelista, Crocifissione, Storie della Maddalena e gli
Apostoli Pietro, Paolo e Andrea.
Nella Cappella di San Antonio Abate, oltre alla tela che raffigura il santo (attribuita per un certo
tempo erroneamente a Giotto), vi è, alle pareti laterali, un Battesimo di Cristo del senese Marco
Pino della seconda metà del Cinquecento con evidenti influssi michelangioleschi e una Ascensione
del fiammingo Teodoro d'Errico (Dirk Hendricksz, 1577-1604).
Vi è poi il Cappellone del Cocifisso, con affreschi di Michele Regolia sulla volta e, all'interno diversi
sepolcri fra cui quello di Ferdinando Carafa (morto nel 1593), mentre l'altare settecentesco vi è una
riproduzione del Crocifisso della metà del secolo XIII
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(ora conservato in deposito) che, secondo la tradizione avrebbe parlato a San Tommaso d'Aquino,
apostrofandolo con le seguenti parole: «Tommaso tu hai scritto bene di me. Che ricompensa vuoi?»
alle quali il santo replicò «Nient'altro che te, Signore».
Sul lato sinistro del Cappellone vi è la Cappella dei Carafa di Ruvo, decorata in marmo dal Malvito
ed, a seguire la Cappella del Doce di epoca rinascimentale e all'interno della quale era collocata la
Madonna del Pesce di Raffaello, ora al Museo del Prado di Madrid.
La sagrestia
La sagrestia è un salone rettangolare decorato in stile barocco (secolo XVIII) con le pareti in legno
di noce intagliate e finemente decorate e l'affresco Trionfo della Fede nell'Ordine Domenicano di
Francesco Solimena che decora la volta, restaurato di recente e forse tra i più imponenti dell'artista.
Sul pavimento vi è la lapide sepolcrale di Richard Luke Concanen che fu il primo vescovo cattolico
di New York e che morì a Napoli nel 1810, mentre sulle altre porte vi sono un altro affresco del
Solimena (San Filippo Neri) e un bassorilievo di epoca trecentesca raffigurante la Maddalena
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San Domenico Maggiore
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San Domenico Maggiore is a church in Naples, southern Italy,
located in the square with the same name. The square is one of
the most interesting in Naples and is on the street popularly
called "Spaccanapoli" (namely via Benedetto Croce at this
particular section of its considerable length) in the historic
center of Naples. It was one of the three main east-west streets
of the original Greek city of Neapolis.
In the center of the square is an obelisk—a so-called "plague
column"—topped by a statue of Saint Dominic, founder of the
Dominican Order, erected after the plague of 1656. The original
designer of the spire was the Neapolitan architect, Cosimo
Fanzago. Construction on the spire was started after the plague
of 1656 and was finally finished in 1737 under Charles III, the
first Bourbon monarch of Naples.
The Church of San Domenico Maggiore incorporates a smaller,
original church built on this site in the 10th century, San Michele
Arcangelo a Morfisa.
Charles II of Naples began the rebuilding that produced the new
Church of San Domenico Maggiore. The work was done
between 1283 and 1324, but the church has undergone
modifications over the centuries, including one in 1670 that
recast the structure in the style of the Baroque. In the 19th
century, however, the church was restored to its original Gothic
design.
The monastery annexed to the church has been the home of
prominent names in the history of religion and philosophy. It was
the original seat of the University of Naples, where Thomas
Aquinas, a former monk at San Domenico Maggiore, returned to
teach theology in 1272. As well, the philosopher monk,
Giordano Bruno, lived here.
Artistically, the most notable feature are the frescoes by Pietro
Cavallini in the Brancaccio Chapel (1309), depicting Stories of
St. John the Evangelist, Crucifixion, Stories of Magdalene and
the Apostles Peter, Paul and Andrew. A 13th century crucifix
tradionally spoke to Thomas Aquinas. The sacristy houses a
series of 45 sepulchres of members of the royal Aragonese
family, including that of King Ferdinand I.
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chiesa di San Domenico Maggiore